psichiatria migliorata

45
1 PSICHIATRIA La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei pazienti con disturbi mentali, dal punto di vista teorico e pratico. In psichiatria si distinguono numerosi indirizzi: - Medico biologico; - Fenomenologico esistenziale; - Psicodinamico. L’indirizzo medico biologico, o somatologico, o organicista, si occupa dei disturbi psichiatrici inquadrandoli in maniera rigida tramite l’utilizzo dei capisaldi della medicina biologica classica (fisiopatologia, clinica, decorso etc) e tratta i fattori organici della malattia psichica con l’impiego delle metodiche biochimiche e strumentali. L’indirizzo medico biologico è dunque quello che si basa sull’oggettività e sulla oggettivazione della fenomenologia psichiatrica. Da questa analisi derivano la diagnosi e la terapia. L’indirizzo fenomenologico esistenziale si pone all’esatto opposto del’indirizzo biologico, dando rilievo esclusivamente o principalmente alla soggettività del malato, a quello che vive, a quello che percepisce, alla qualità della sua esperienza alla luce della condizione patologica. L’indirizzo psicodinamico si basa sull’assunzione che alla base dei comportamenti umani ci sia un forte simbolismo e un grossissimo complesso di associazioni inconsce che, una volta riconosciute e modificate possono portare al miglioramento della clinica o addirittura alla guarigione del paziente psichiatrico. PSICOPATOLOGIA GENERALE La psicopatologia è lo studio delle alterazioni patologiche che si possono manifestare a livello psichico e comportamentale; consiste nella descrizione e classificazione degli eventi psichici abnormi e studia l’esperienza soggettiva del paziente e i comportamenti che ne conseguono. PERCEZIONE: viene definita percezione il processo attraverso il quale le informazioni provenienti dal mondo che ci circonda (attraverso la stimolazione degli organi di senso) vengono organizzate ed integrate nell’esperienza dell’individuo in modo che esso possa essere consapevole dell’ambiente. I caratteri della percezione sono l’obiettività, la localizzazione nello spazio esterno al proprio sé fisico e psichico e la non modificabilità da parte della volontà. DISTURBI DELLA PERCEZIONE: comprendono le distorsioni percettive e le false percezioni. - Distorsioni percettive : disturbi costituiti dalla deformazione di percetti reali; all’interno di questa classe di disturbi distinguiamo alterazioni dell’ intensità e della qualità delle percezioni, alterazioni dei caratteri delle percezioni e dissociazione delle percezioni. a) alterazioni di intensità delle percezioni – l’intensità può risultare diminuita (ipoestesia) o aumentata (iperestesia); l’ipoestesia è tipica del paziente depresso (colori sempre sbiaditi, cibi insipidi, rumori attenuati, ecc.), mentre l’iperestesia è riscontrabile in particolari stati d’ansia, prima dell’attacco epilettico ed in caso di intossicazione da alcuni tipi di sostanze esogene. b) alterazioni della qualità delle percezioni – si possono avere nell’intossicazione da mescalina e digitalici (cambiamenti dei colori, es: eritropsia e xantopsia) e nelle lesioni del lobo temporale (percezioni falsate delle dimensioni degli oggetti, micropsia e macropsia). c) alterazioni dei caratteri delle percezioni – sono alterazioni delle qualità accessorie che accompagnano i percetti come i sentimenti di familiarità – estraneità, o piacevolezza - spiacevolezza: i pazienti riferiscono che le persone e gli oggetti hanno un aspetto strano, diverso dal normale; riferiscono la realtà come se la vedessero attraverso un velo (sintomo delle esperienze di depersonalizzazione). d) dissociazione delle percezioni – è un disturbo raro, descritto nella schizofrenia, in cui il paziente non riesce a unire diversi input sensoriali simultanei in un evento unico (guardando la televisione percepisce l’immagine in maniera indipendente dal sonoro). - False percezioni : disturbi costituiti dall’elaborazione di percetti non reali; comprendono illusioni, allucinazioni, pseudoallucinazioni, allucinosi. a) illusioni – sono percezioni distorte in cui uno stimolo sensoriale reale viene involontariamente elaborato e trasformato in maniera erronea; si possono descrivere tre tipi di illusioni: I. da disattenzione, possibili nell’individuo sano in caso di stanchezza o affaticamento; I. affettive, conseguenti ad un particolare stato emotivo (vedere in un estraneo la persona attesa);

Upload: vala-bellamy

Post on 12-Dec-2014

75 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

Page 1: PSICHIATRIA MIGLIORATA

1

PSICHIATRIA

La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei pazienti con disturbi mentali, dal punto di vista teorico e pratico. In psichiatria si distinguono numerosi indirizzi:

- Medico biologico;- Fenomenologico esistenziale; - Psicodinamico.

L’indirizzo medico biologico, o somatologico, o organicista, si occupa dei disturbi psichiatrici inquadrandoli in maniera rigida tramite l’utilizzo dei capisaldi della medicina biologica classica (fisiopatologia, clinica, decorso etc) e tratta i fattori organici della malattia psichica con l’impiego delle metodiche biochimiche e strumentali. L’indirizzo medico biologico è dunque quello che si basa sull’oggettività e sulla oggettivazione della fenomenologia psichiatrica. Da questa analisi derivano la diagnosi e la terapia. L’indirizzo fenomenologico esistenziale si pone all’esatto opposto del’indirizzo biologico, dando rilievo esclusivamente o principalmente alla soggettività del malato, a quello che vive, a quello che percepisce, alla qualità della sua esperienza alla luce della condizione patologica. L’indirizzo psicodinamico si basa sull’assunzione che alla base dei comportamenti umani ci sia un forte simbolismo e un grossissimo complesso di associazioni inconsce che, una volta riconosciute e modificate possono portare al miglioramento della clinica o addirittura alla guarigione del paziente psichiatrico.

PSICOPATOLOGIA GENERALE

La psicopatologia è lo studio delle alterazioni patologiche che si possono manifestare a livello psichico ecomportamentale; consiste nella descrizione e classificazione degli eventi psichici abnormi e studia l’esperienza soggettiva del paziente e i comportamenti che ne conseguono.

PERCEZIONE: viene definita percezione il processo attraverso il quale le informazioni provenienti dal mondo che ci circonda (attraverso la stimolazione degli organi di senso) vengono organizzate ed integrate nell’esperienza dell’individuo in modo che esso possa essere consapevole dell’ambiente. I caratteri della percezione sono l’obiettività, la localizzazione nello spazio esterno al proprio sé fisico e psichico e la non modificabilità da parte della volontà.DISTURBI DELLA PERCEZIONE: comprendono le distorsioni percettive e le false percezioni.

- Distorsioni percettive : disturbi costituiti dalla deformazione di percetti reali; all’interno di questa classe di disturbi distinguiamo alterazioni dell’ intensità e della qualità delle percezioni, alterazioni dei caratteri delle percezioni e dissociazione delle percezioni. a) alterazioni di intensità delle percezioni – l’intensità può risultare diminuita (ipoestesia) o aumentata (iperestesia); l’ipoestesia è tipica del paziente depresso (colori sempre sbiaditi, cibi insipidi, rumori attenuati, ecc.), mentre l’iperestesia è riscontrabile in particolari stati d’ansia, prima dell’attacco epilettico ed in caso di intossicazione da alcuni tipi di sostanze esogene. b) alterazioni della qualità delle percezioni – si possono avere nell’intossicazione da mescalina e digitalici (cambiamenti dei colori, es: eritropsia e xantopsia) e nelle lesioni del lobo temporale (percezioni falsate delle dimensioni degli oggetti, micropsia e macropsia). c) alterazioni dei caratteri delle percezioni – sono alterazioni delle qualità accessorie che accompagnano i percetti come i sentimenti di familiarità – estraneità, o piacevolezza - spiacevolezza: i pazienti riferiscono che le persone e gli oggetti hanno un aspetto strano, diverso dal normale; riferiscono la realtà come se la vedessero attraverso un velo (sintomo delle esperienze di depersonalizzazione). d) dissociazione delle percezioni – è un disturbo raro, descritto nella schizofrenia, in cui il paziente non riesce a unire diversi input sensoriali simultanei in un evento unico (guardando la televisione percepisce l’immagine in maniera indipendente dal sonoro).

- False percezioni : disturbi costituiti dall’elaborazione di percetti non reali; comprendono illusioni, allucinazioni, pseudoallucinazioni, allucinosi. a) illusioni – sono percezioni distorte in cui uno stimolo sensoriale reale viene involontariamente elaborato e trasformato in maniera erronea; si possono descrivere tre tipi di illusioni: I. da disattenzione, possibili nell’individuo sano in caso di stanchezza o affaticamento; I. affettive, conseguenti ad un particolare stato emotivo (vedere in un estraneo la persona attesa);

Page 2: PSICHIATRIA MIGLIORATA

2

I. pareidoliche, elaborazioni costruttivo-fantastiche di stimoli ambigui e non ben definiti (es. vedere forme di animali, oggetti, facce in macchie o nelle nuvole). Le illusioni non sono per forza indice di patologia ed hanno uno scarso interesse clinico; sono passibili di correzione ad una successiva verifica. Sono sensibili alla critica. b) allucinazioni – sono percezioni del tutto immaginarie con caratteri di corporeità, di oggetti NON reali. Per il paziente sono del tutto indistinguibili dall’esperienza percettiva normale, per cui riconosce loro le stesse caratteristiche di concretezza, obiettività spazialità sensoriale. Caratteristica distintiva delle allucinazioni rispetto alle illusioni è la totale impossibilità di critica razionale alle stesse. In base a diversi parametri, le allucinazioni vengono classificate in diverso modo.In base alla sfera sensoriale interessata vengono divise in visive, uditive, olfattive, gustative e somatiche. In base alla qualità dell’oggetto dell’allucinazione distinguiamo invece tra a. elementari (percezione di uno stimolo sensoriale relativamente semplice) e complesse (percezione di stimoli molto più strutturati). In base alla modalità d’insorgenza vengono divise in funzionali (compaiono solo se l’organo di senso relativo è in funzione es: allucinazioni visive solo ad occhi aperti) o riflesse (si manifestano in risposta ad uno stimolo reale particolare: frequenti in caso di abuso di sostanze). In relazione allo stato affettivo che le accompagna si dividono in congrue o incongrue con l’umore. Forme particolari di allucinazioni sono le ipnagogiche o ipnopompiche (che si verificano nell’addormentamento o al risveglio rispettivamente, non hanno significato patologico), negative (mancanza della percezione di qualcosa di reale), autoscopiche o autoscopiche negative (vedere sé stessi dall’esterno o in uno specchio o, in quest’ultimo caso, non percepire la propria immagine riflessa). Le allucinazione elementari isolate sono più che altro indice di una patologia cerebrale organica, tossica o metabolica definita. Le allucinazioni visive possono essere piane o tridimensionali e dotate di movimento; le allucinazioni uditive vengono riferite come il “sentire rumori o voci” e queste voci possono essere maschili o femminili, conosciute o sconosciute, chiare o bisbigliate e generalmente riguardano tematiche di minaccia, giudizio, critica o religione; le allucinazioni olfattive sono generalmente accompagnate da allucinazioni gustative ed hanno solitamente contenuto spiacevole (schizofrenia, epilessia, stati confusionali); le allucinazioni somatiche si distinguono in superficiali (termiche o tattili, es.: formicazione – sensazione spiacevole che insetti o animali stiano camminando sopra e sotto la pelle, tipica di intossicazione da cocaina e astinenza da alcool), chinestesiche (si ha la sensazione di muoversi pur essendo immobili, tipica delle psicosi schizofreniche) e viscerali (percezioni falsate degli organi interni, che danno luogo a deliri di controllo negli schizofrenici e deliri ipocondriaci nei gravi depressi psicotici). c) Pseudoallucinazioni – sono percezioni allucinatorie visive, uditive o tattili, situate nello spazio interno soggettivo (mente), vissute passivamente e riconosciute dal soggetto come prive di un correlato esterno. Si riscontrano soprattutto nella schizofrenia e sono generalmente di tipo visivo. d) Allucinosi – sono percezioni allucinatorie di cui il paziente riconosce la natura patologica; generalmente sono elementari e di tipo uditivo e visivo. Nell’allucinosi il paziente non si vede come protagonista dell’allucinazione, ma come spettatore.

PENSIERO: il pensiero è la capacità di formare e articolare le idee. I DISTURBI DEL PENSIERO vengono classificati come disturbi della forma e disturbi del contenuto.

- Disturbi della forma: a) Accelerazione idetica - le idee si succedono l’una all’altra senza interruzione con conseguente perdita del pensiero iniziale; l’eloquio è fluido e abbondante in quanto il paziente sente una incontrollabile necessità di parlare (episodio maniacale, intossicazione da alcuni tipi di sostanze d’abuso); b) Inibizione e rallentamento idetico: il paziente è lento nell’elaborazione di pensieri con povertà del contenuto ideativo; l’eloquio è formulato con difficoltà e lentezza (depressione maggiore); c) Circostanzialità: il pensiero e l’eloquio sono ricchi di dettagli insignificanti per incapacità del paziente di distinguere gli elementi di sfondo da quelli centrali (epilessia, psicosi primarie); d) Perseverazione: ripetizione di parole, idee, contenuti enunciati poco prima (schizofrenia, demenza);

Page 3: PSICHIATRIA MIGLIORATA

3

e) Concretismo: ridotta o assente capacità di operare astrazioni, come l’interpretazione di un proverbio, o generalizzazioni (insufficienza mentale, schizofrenia); f) Pensiero dissociato: perdita dei nessi associativi tra le singole idee con la risultante di un pensiero dai contenuti bizzarri e incomprensibile da parte dell’ascoltatore (schizofrenia, scompenso maniacale). Ne sono esempi: il deragliamento (passaggio a pensieri totalmente privi di legame coi pensieri precedenti), tangenzialità (la risposta ad una domanda appare solo parzialmente correlata alla stessa e se si insiste con domande sull’argomento le risposte se ne allontanano sempre di più), fusione (due o più idee non correlate vengono fuse in maniera incomprensibile), iperinclusione (comparsa, in un discorso logico, di concetti inappropriati), blocco (interruzione del pensiero per suo ritiro dal campo di coscienza; viene riferito dai pazienti come “furto del pensiero”); g) Illogicità: nell’ambito di un normale pensiero associativo, il paziente utilizza una logica alternativa e deviante che porta a conclusioni incondivisibili e talvolta indecifrabili (“io sono un uomo, Cristo era un uomo, io sono Cristo”); (schizofrenia); h) Pensiero ossessivo: il pensiero viene invaso da idee irrazionali e ripetitive, riconosciute dal soggetto come proprie, ma rifiutate per la loro estraneità e intrusività.

- Disturbi del contenuto: a) Idea prevalente: è una idea accessibile alla critica, con connotazione affettiva e non giudicata assurda dal paziente, la cui caratteristica patologica è la predominanza su ogni altro pensiero, con sofferenza e interferenze con la normale vita dell’individuo; b) Delirio: è una convinzione erronea che non cede né al ragionamento né all’evidenza e non è giustificata dal retroterra socioculturale del paziente. Ha tre caratteri peculiari: 1) convinzione della validità dell’idea con assoluto senso di certezza; 2) non influenzabilità da parte del ragionamento o dall’evidenza; 3) manifesta assurdità del contenuto. I contenuti dei deliri sono molto vari e sono influenzati dall’esperienza emozionale, sociale e culturale del paziente. In base ai contenuti si riconoscono: a) deliri di persecuzione – sono i più comuni e sono caratterizzati dalla convinzione del paziente di essere circondato da un ambiente ostile; i persecutori possono essere animati, per esempio persone e organizzazioni, o inanimati. (Schizofrenia, psicosi maniaco-depressive, alcune patologie cerebrali organiche). b) deliri di trasformazione – possono riguardare l’ambiente esterno, il proprio corpo o alcune sue parti; il paziente può ad esempio essere convinto di vivere nel corpo di un’altra persona (delirio metempsicosico) oppure credere che il proprio corpo si sia trasformato inquello di un animale (delirio zooantropico). c) deliri religiosi. d) deliri depressivi. e) deliri di grandezza – alcuni rimangono nell’ambito del possibile, come il delirio erotomane (convinzione, senza supporto di fatti, che una persona di ceto maggiore a quello del paziente, se ne sia innamorata), altri prescindono totalmente dalla realtà, come il delirio di potenza (identificazione con un personaggio famoso) e quello di genealogia (convinzione di appartenere a famiglie illustri). (Episodio maniacale, schizofrenia). f) delirio di gelosia – convinzione, senza dati di fatto, di essere traditi dal partner; è frequente negli alcoolisti sia maschi che femmine (paranoia alcoolica); si sviluppa in soggetti con alto grado di dipendenza dal partner che, generalmente, hanno avuto in passato una condotta sessuale promiscua. g) delirio di influenzamento – il paziente crede che i propri sentimenti, pensieri e volontà vengano influenzati da altri mediante, ad esempio,particolari raggi, messaggi subliminali, ipnosi.

ATTENZIONE: capacità di cogliere selettivamente determinati contenuti, inibendo possibili stimoli interferenti esterni o interni. L’attenzione può essere volontaria (attiva) quando il soggetto focalizza volontariamente la propria attenzione verso un determinato evento percependo un grado variabile di sforzo, o involontaria (passiva) quando richiamata da certi stimoli in virtù di una particolare caratteristica, indipendentemente dallo sforzo soggettivo. DISTURBI DELL’ATTENZIONE: possiamo distinguere disturbi per difetto (ipoprosessia o disattenzione) e per eccesso (iperprosessia). La disattenzione patologica ha solitamente una origine organica, ma può anche essere psichica. L’iperprosessia è comune nelle intossicazioni da allucinogeni, nei disturbi fobici, nel DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) e nel disturbo delirante. Nell’episodio maniacale aumenta l’attenzione involontaria e si perde quella volontaria.

COSCIENZA: lo studio della coscienza si suddivide in tre parti: vigilanza, coscienza propriamente detta e coscienza dell’Io.

Page 4: PSICHIATRIA MIGLIORATA

4

Vigilanza: è lo stato di veglia, cioè il grado di attivazione delle funzioni di comunicazione con l’ambiente esterno. Lo stato di vigilanza può cambiare negli stati d’ansia, paura, divertimento e noia; dal punto di vista del comportamento il livello di vigilanza può variare dall’eccitazione alla sonnolenza, al sonno, al coma.Coscienza propriamente detta: è lo stato di consapevolezza di sé e dell’ambiente in un determinato istante; il campo di coscienza include la totalità delle esperienze psichiche coscienti. Coscienza dell’Io: è la capacità di distinguere l’Io dal non Io, cioè se stessi dall’ambiente circostante; si compone di quattro caratteristiche che consentono all’Io di prendere coscienza di se stesso. DISTURBI DELLA COSCIENZA:

- Disturbi della vigilanza: a) Letargia (sonnolenza): è caratterizzata dall’incapacità del soggetto di mantenere la veglia in assenza di stimoli esterni; b)Stupore (semicoma): stato in cui il soggetto non mantiene la veglia e può essere risvegliato solo con stimoli uditivi o dolorifici intensi, a cui reagisce con movimenti o borbottii di disturbo e dolore, per poi tornare allo stato semicomatoso; c) Coma: stato di totale assenza di veglia, in cui il soggetto non è risvegliabile; compaiono riflessi primitivi e c’è compromissione dell’attività respiratoria fino alla totale assenza dei movimenti respiratori volontari e automatici; d) Stato confusionale acuto: riduzione della vigilanza con ipoattività e letargia nei pazienti anziani; disturbo della vigilanza con iperattività motoria e agitazione nel delirium tremens tipico dello stato di astinenza da alcoolici; e) Stupore isterico: diminuzione della vigilanza di breve durata, senza segni neurologici positivi; f) Stupore catatonico: è uno stato di semicoma di lunga durata che può presentare crisi di agitazione psicomotoria; spesso sono presenti ipertermia e catalessia (mantenimento della posizione imposta anche se innaturale e scomoda).

- Disturbi della coscienza: 1) Alterazioni quantitative: a) ampliamento dello stato di coscienza – sentimento soggettivo di percezioni più ricche e maggiori capacità intellettuali e mnesiche; si può verificare in soggetti sani, soprattutto giovani sottoposti a stress emotivo o sociale, o sotto l’effetto di allucinogeni o sostanze stimolanti il SNC. Più raramente si può verificare negli episodi maniacali e nei disturbi psicotici acuti. b) alterazione ipnoide della coscienza - condizione in cui il paziente mostra psichismo (fenomeno psichico di regressione e ritorno all’istintualità) e comportamenti torbidi, pur mantenendo la capacità di differenziare la fantasia dalla realtà ed il sé dal resto del mondo; è segno di una compromissione cerebrale acuta e indicatore di un quadro patologico severo, ma può essere anche fisiologica in dormiveglia e all’addormentamento. 2) Alterazioni qualitative: si associano sempre a un certo grado di deficit quantitativo. a) stato crepuscolare – è un restringimento del campo di coscienza su un numero limitato di rappresentazioni, idee e sentimenti, in cui il paziente è cosciente del tempo e dello spazio, ma è totalmente assorto sull’oggetto di polarizzazione della propria coscienza, e non si accorge degli avvenimenti circostanti. Insorgenza e risoluzione sono acute e residua amnesia dell’episodio; si può osservare in seguito a trauma cranico, nell’epilessia e nei disturbi dissociativi secondari a stress emotivi. Esempio fisiologico di tale alterazione è il sonnambulismo. b) alterazione onirica – stato in cui la coscienza del paziente va sempre più destrutturandosi fino a configurare il quadro della confusione mentale, caratterizzato da disorientamento e fenomeni allucinatori e illusionari o alternativamente stupore e agitazione; con l’evolvere del disturbo, il pensiero si fa sempre più incoerente assumendo caratteri angosciosi e persecutori e distaccandosi sempre di più dalla realtà del paziente. c) stato confusionale acuto (delirium) – disturbo mentale organico a insorgenza acuta e di breve durata caratterizzato da una riduzione del livello di coscienza associata a deficit cognitivi, aumento o riduzione dell’attività psicomotoria e disturbi del ritmo sonno-veglia; l’eziologia è organica e comprende intossicazione o astinenza da farmaci o sostanze d’abuso, patologie dismetaboliche e infettive, traumi cranici e neoplasie cerebrali. Una volta uscito dallo stato confusionale acuto, il paziente riporta amnesia parziale o totale dell’accaduto. d) stati confusionali secondari – sono conseguenti a disturbi psichici di tipo associativo, Schizofrenico, affettivo:

Page 5: PSICHIATRIA MIGLIORATA

5

Disturbi dissociativi – condizioni in cui si verifica perdita della funzione integrativa della coscienza, fenomeno che si può verificare in gravi situazioni di stress personale; un esempio è la fuga dissociativa, disturbo raro e transitorio in cui il paziente si allontana dal suo ambiente assumendo una nuova identità. Disturbi schizofrenici – disturbi acuti caratterizzati da perplessità e confusione mentale, che rappresentano un indice prognostico positivo per l’evoluzione in una schizofrenia vera e propria. Disturbi affettivi – sono disturbi legati alla sfera affettiva che si manifestano soprattutto nell’anziano con depressione, disorientamento e alterazione ipnoide della coscienza.Disturbi della coscienza dell’Io: a) Sentimento di attività (personalizzazione) – è il sentimento che connota come propri gli eventi che hanno l’Io per protagonista. È alterato nei deliri nichilistici (deliri di negazione verso la propria realtà corporea o verso il mondo esterno) delle sindromi depressive psicotiche, organiche e funzionali. b) Unitarietà dell’Io – consapevolezza che in ogni istante, tutte le manifestazioni dell’individuo sono espressione del nucleo unitario dell’Io. È compromessa nel disturbo dissociativo dell’identità, nell’autoscopia (alterazione della percezione per la quale ci si vede come riflessi in uno specchio -a. positiva- o allo specchio non si riconosce la propria immagine -a. negativa-) e nella sindrome del sosia (convinzione delirante di avere un altro sé oltre al sé reale). c) Sentimento di identità – consapevolezza di essere sempre se stessi in tempi diversi. È alterato nella schizofrenia. d) Sentimento di delimitazione – capacità di delimitare l’Io dal mondo esterno. È alterato nel furto del pensiero (schizofrenia), nello stato d’estasi e nelle sindromi mentali organiche dovute all’uso di allucinogeni. e) Depersonalizzazione: è la perdita del sentimento di familiarità che l’individuo ha per se stesso e il mondo esterno. Esistono tre tipi di depersonalizzazione che variano a seconda che l’individuo senta come estranei il proprio Io psichico (depressione autopsichica), il proprio corpo (d. somatopsichica) o la realtà esterna (d. allopsichica o derealizzazione). Le esperienze di depersonalizzazione sono sempre associate ad una tonalità affettiva angosciosa in cui il paziente avverte se stesso come un manichino emotivamente staccato dalla realtà circostante, che gli appare irreale; questi pazienti sono privi di empatia nei confronti degli altri e spesso non sono in grado di spiegare all’esaminatore le loro sensazioni. A tal fine provano a utilizzare frasi del tipo “Io non sono più io” o “Tutto è irreale” oppure “Ho perso i miei sentimenti” o ancora “Sono diverso ma non so come”. Freud interpretava la depersonalizzazione come una difesa dell’Io verso il riaffiorare alla coscienza di un conflitto rimosso; oggi, sulla base di svariate ricerche biologiche, si ipotizza che invece tale disturbo sia dato da una alterazione della corteccia temporale e del sistema limbico: è infatti un fenomeno tipico dell’epilessia temporale. La depersonalizzazione può anche verificarsi in stati tossici da alcool, allucinogeni, cannabinoidi, nei disturbi dell’umore e nei disturbi d’ansia.

MEMORIA: è la capacità di conservare traccia di esperienze passate, riconoscerle e localizzarle nel tempo e nello spazio. In base al tempo durante il quale viene conservata l’informazione, si distingue una Memoria Immediata (MI). L’informazione è mantenuta per meno di un secondo; questo tipo di m. non è alterata nei disturbi organici), Memoria a Breve Termine o primaria (MBT. L’informazione è conservata in un “archivio momentaneo” con la possibilità di rievocarla per pochi minuti dopo l’apprendimento), Memoria a Lungo Termine o secondaria (MLT. Dura nel tempo per la maggior parte della vita di un individuo). Il processo di memorizzazione è scomponibile i quattro fasi: 1) acquisizione dell’informazione, 2) immagazzinamento e consolidamento dell’informazione, 3) rievocazione dell’informazione alla coscienza in un determinato momento, 4) riconoscimento e identificazione di una informazione attuale con una precedentemente immagazzinata, associata a sentimento d familiarità. DISTURBI DELLA MEMORIA

- Disturbi quantitativi della memoria: a) Ipermnesia: ipertrofia permanente o transitoria delle capacità mnesiche che può verificarsi come conseguenza a stati emotivi pregnanti per il tipo di ricordi e in stati di coscienza alterata. b) Amnesia: deficit di memoria che può comparire nel corso di disturbi psichiatrici o essere secondario a patologie cerebrali organiche; può essere anterograda se riguarda gli eventi successivi

Page 6: PSICHIATRIA MIGLIORATA

6

all’avvenimento patogeno scatenante, o retrograda se riguarda gli avvenimenti accaduti prima (comune dopo i traumi cranici). Il deficit di memoria può essere generalizzato se coinvolge tutti i ricordi, selettivo se ne riguarda solo alcuni, sistematizzato se interessa ricordi legati a determinati fatti o persone.

- Disturbi qualitativi: a) Alloamnesie (illusioni della memoria): ricordi incompleti, falsati in funzione della tematica affettiva o di particolari contenuti di pensiero. b) Pseudoamnesie (deja-vù): impressione di aver già vissuto situazioni in realtà nuove; sono possibili in soggetti sani e affaticati, nella schizofrenia e nell’epilessia temporale.

INTELLIGENZA: è il complesso delle capacità che permettono di riconoscere, impostare e risolvere i problemi posti dall’esistenza. Nel concetto di intelligenza si distinguono tre diverse funzioni: 1) premesse dell’intelligenza (requisiti basilari per l’espressione dell’intelligenza, come la memoria, il linguaggio e l’integrità delle funzioni sensoriali), 2) patrimonio psichico (riserva delle conoscenze accumulate, dipendente dalle capacità di apprendimento, da fattori affettivo-volitivi, dall’influenza dell’ambiente), 3) intelligenza propriamente detta (capacità di indirizzare le premesse verso un fine preciso; è scomponibile in una componente intellettiva -capacità di giudizio- ed una affettivo-volitiva).DISTURBI DELL’INTELLIGENZA:

1) Ritardo mentale: deficit dell’intelligenza dovuto ad un mancato sviluppo, causato da vari fattori agenti in un periodo molto precoce dell’esistenza; nella maggior parte dei casi l’eziologia è sconosciuta ma è comunque riscontrabile un danno cerebrale organico. La povertà intellettuale è spesso associata a disturbi della percezione e dell’ideazione, ad alterazioni dello stato timico e ad anomalie comportamentali. Sulla base del Quoziente Intellettivo (QI) vengono distinti quattro gradi di ritardo mentale: a)r. lieve (QI da 50/55 a 70) che consente una certa autonomia di vita, b) r. moderato (QI da 35 a 55) in cui i pazienti hanno bisogno di un ambiente protetto sia nel lavoro che nella vita quotidiana, c) r. grave (QI da 20 a 40) con limitate capacità di comunicazione e bisogno di assistenza continua, d) r. gravissimo (QI<25) caratterizzato da una notevole riduzione delle capacità psicomotorie ed una aspettativa di vita media di 20 anni.

2) Demenza: deficit intellettivo che esordisce in età avanzata (picco dopo i 65 anni), in cui si ha un progressivo decadimento delle capacità intellettive e della memoria; la demenza può essere primaria (ad eziologia ignota) o secondaria a qualche altra patologia cerebrale o sistemica.

3) Intelligenza e disturbi psichiatrici: stati depressivi, schizofrenia

AFFETTIVITA’: capacità di rispondere in maniera soggettiva ad eventi della realtà interna o esterna. L’affettività può essere considerata come il complesso di sentimenti, emozioni e umore. Le emozioni sono stati affettivi di breve durata e insorgenza brusca, accompagnati da reazioni somatiche; i sentimenti sono componenti duraturi e stabili dell’affettività che descrivono il modo in cui si vive il proprio corpo, la propria psiche e la propria socialità; l’umore è lo stato affettivo basale che influenza costantemente la propria esistenza. Quando l’umore è elevato influenza l’individuo verso un senso di euforia e facilità nel compimento degli impegni, mentre quando è abbassato l’individuo si sente pervaso da un senso di tristezza, inerzia e difficoltà nel compiere anche azioni elementari. L’umore di base (fondo dell’umore) è condizionato da fattori costituzionali (ritmi circadiani, condizioni fisiche, ecc.) e biografici, che spesso sfuggono all’introspezione, ed anche da quei fattori contingenti (avvenimenti particolari) che influenzano la reattività dell’individuo e determinano lo sfondo dell’umore.DISTURBI DELL’AFFETTIVITA’: sono caratterizzati dalla perdita del controllo sui propri sentimenti e sulle proprie emozioni.

- Umore depresso (depressione): diminuzione del tono dell’umore caratterizzata dalla prevalenza di sentimenti di tristezza, dolore e pessimismo; può essere reattiva ad un avvenimento (esogena) o insorgere per una alterazione del fondo dell’umore (endogena) senza una causa esterna. La depressione è accompagnata da rallentamento psicomotorio (ma in alcuni casi agitazione), disturbi del ritmo sonno-veglia, anomalie del comportamento alimentare (soprattutto inappetenza, ma in alcuni casi anche iperfagia), rallentamento delle idee, deficit di memoria, della capacità di

Page 7: PSICHIATRIA MIGLIORATA

7

apprendimento e di attenzione. Ci sono anche disturbi del pensiero con tematiche di perdita, autosvalutazione e colpa, affrontate dai pazienti con pessimismo e disperazione e che si possono manifestare con deliri congrui (di colpa, rovina, malattia fisica) o incongrui (d. di persecuzione) col tono dell’umore. Rari sono i fenomeni allucinatori che, quando presenti, possono interessare tutti i sensi. La conseguenza più grave della depressione è il suicidio, dato dall’incapacità del paziente di immaginare un possibile miglioramento della propria condizione.

- Disforia: sentimento spiacevole che si associa a irritabilità e scarsa capacità di controllo; quando si accompagna a iperattività motoria e si verifica la contemporanea presenza delle due polarità depressiva e maniacale, dà il quadro di stato misto.

- Umore ipertimico: è caratterizzato da un innalzamento del tono dell’umore che può essere modesto (u. ipomaniacale) o marcato (mania franca). L’umore ipomaniacale, oltre che un disturbo dell’affettività, può anche essere un tratto di personalità del soggetto sano che si caratterizza per gaiezza, euforia, prevalenza di sensazioni piacevoli; questi soggetti appaiono brillanti, stringono facilmente amicizie e difficilmente si stancano nello svolgimento dei loro compiti. Nella mania franca l’attività perde ogni finalità logica e degenera in uno stato di accelerazione ideativa (fino alla fuga delle idee) che ricorda lo stato confusionale: l’umore da gioioso può diventare irritabile e degenerare in un vero e proprio comportamento aggressivo, il pensiero diventa incoerente con frequenti deliri megalomanici, viene riferita un’aumentata energia e l’insonnia (grave o totale) viene vissuta in modo positivo.

- Labilità affettiva: è caratterizzata da un continuo mutare di umore per stimoli non del tutto adeguati, con frequenti crisi di pianto e riso; è comune nella demenza e spesso associata a lesioni del ponte e dei lobi frontali e temporali.

- Apatia: condizione caratterizzata da totale distacco e indifferenza affettiva; è tipica delle forme negative di schizofrenia e si associa sempre a perdita della volontà di agire (abulia).

- Dissociazione affettiva: atteggiamento affettivo non corrispondente allo stimolo oggettivo; è comune nella schizofrenia.

- Ambivalenza affettiva: contemporanea presenza di sentimenti opposti verso lo stesso oggetto; è uno dei sintomi primari della schizofrenia.

- Ansia: stato emotivo spiacevole associato ad una condizione di allarme e paura. - Fobia: paura duratura di una situazione, un oggetto, un essere vivente, immotivata, eccessiva e tale

da sfuggire al controllo dell’individuo che pure la giudica irragionevole; la conseguenza più temibile è data dall’evitare del tutto lo stimolo fobico, interferendo in tal modo con la normale vita sociale e lavorativa del soggetto.

ISTINTUALITA’: stato attivo dell’Io non appreso, spontaneo, avente come fine ultimo la conservazione della vita del singolo o della specie e come scopo immediato la riduzione dello stato di tensione indotto da uno stimolo biologico. Le pulsioni istintive sono state classificate come istintivo-somatiche (fame, sete, sonno, sessualità) e spinte psichiche (tendenza istintiva verso potere, valore, ricchezza, onore, successo, bellezza, dovere, umiltà, purezza, santità).DISTURBI DELL’ISTINTUALITA’: l’istintualità è aumentata nei pazienti schizofrenici acuti, nella fase maniacale del disturbo bipolare e nei prodromi della demenza, mentre è ridotta nelle fasi residue della schizofrenia, negli stadi avanzati delle sindromi cerebrali organiche e nella depressione maggiore. 1) Disturbi sessuali: includono parafilie e disfunzioni sessuali.

a) parafilie – disturbi caratterizzati da ricorrente e intensa attrazione sessuale verso oggetti non umani, bambini, persone non consenzienti, spesso associata a piacere nella provocazione di sofferenza o umiliazione verso se stessi e/o verso il partner; le parafilie più comuni sono pedofilia, zoofilia, travestitismo, voyeurismo, feticismo, sadomasochismo ed esibizionismo. b) disfunzioni sessuali – condizioni in cui si ha inibizione delle modificazioni appetitive o psicofisiologiche che caratterizzano la risposta sessuale; esistono in tal senso disturbi del desiderio, disturbi dell’eccitazione sessuale, disturbi dell’orgasmo e dolore sessuale. Questi disturbi riguardano nel maschio la disfunzione erettile (impotenza) ed i disturbi dell’orgasmo (ritardo, assenza, eiaculazione precoce), nella femmina l’incapacità di raggiungere e mantenere una adeguata lubrificazione della vagina, l’assenza dell’orgasmo e il dolore genitale; questi disturbi possono causare ansietà e diminuzione dell’autostima, e spesso sono secondari ad ansia, depressione o condizioni di affaticamento psicofisico.

Page 8: PSICHIATRIA MIGLIORATA

8

2) Disturbi dell’alimentazione: sono l’anoressia nervosa (AN), la bulimia nervosa (BM) e il disturbo da alimentazione incontrollata (DAI).

3) Suicidio.

VOLONTA’ E PSICOMOTILITA’: la volontà è la possibilità di scegliere tra due o più diverse tendenze. Lapsicomotilità è l’espressione motoria del mondo affettivo-pulsionale dell’individuo. DISTURBI DI VOLONTA’ E PSICOMOTILITA’: i disturbi della psicomotilità sono dovuti ad alterazioni delle tendenze che la attivano e ad una riduzione della volontà.

1) Abulia: inibizione della volontà tipica della depressione, schizofrenia, casi gravi di DOC e lesioni cerebrali in sede frontale e temporale.

2) Impulsività: incapacità di inibire l’impulso o la tentazione di compiere atti nocivi per se stessi e per gli altri; ne sono esempi la piromania e la cleptomania (epilessia, schizofrenia).

3) Rallentamento psicomotorio. 4) Arresto psicomotorio: pur rimanendo lucido, il soggetto non reagisce a nessuno stimolo. 5) Stereotipie: ripetizioni monotone, rigide e afinalistiche di atteggiamenti, posizioni, espressioni

verbali e scrittura (schizofrenia). 6) Manierismi: comportamenti motori artificiosi, goffi e involontariamente caricaturali che, pur

essendo esagerazioni dei comportamenti naturali, sono adeguati alle circostanze (schizofrenia). 7) Negativismo: consiste nella resistenza agli stimoli esterni che può essere di tipo passivo col

rifiuto di eseguire un ordine, o attivo col compimento dell’azione contraria all’ordine impartito (schizofrenia catatonica, depressione).

8) Automatismo: esecuzione passiva e acritica di un ordine impartito (schizofrenia catatonica).

Page 9: PSICHIATRIA MIGLIORATA

9

SCHIZOFRENIA

La schizofrenia è una forma di malattia psichiatrica caratterizzata, secondo le convenzioni scientifiche, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, con una gravità tale da limitare le normali attività della persona. È da tenere presente che schizofrenia è un termine piuttosto generico che indica non una entità nosografica unitaria, ma una classe di disturbi, tutti caratterizzati da una certa gravità e dalla compromissione del cosiddetto "esame di realtà" da parte del soggetto. A questa classe appartengono quadri sintomatici e tipi di personalità anche molto diversi fra loro, estremamente variabili per gravità e decorso. In casi molto gravi i sintomi possono arrivare alla catatonia, al mutismo, provocare totale inabilitazione. Nella maggioranza dei casi di schizofrenia vi è qualche forma di apparente disorganizzazione o incoerenza del pensiero. Vi sono però certe forme dove questo sintomo non compare, e compaiono invece rigide costruzioni paranoidi.

La schizofrenia si caratterizza, secondo la tradizione medica, per due tipi di sintomi:- sintomi positivi: sono comportamenti o esperienze del soggetto "in più" rispetto all'esperienza e al

comportamento dell'individuo normale. Si possono perlopiù includere sotto il termine più generale di psicosi. Questi sintomi possono essere: le idee fisse, i deliri, le allucinazioni e il disturbo del pensiero (per la diagnosi non occorre che si manifestino tutti questi sintomi, a seconda dei casi è sufficiente che ve ne siano uno o due).

- sintomi negativi: sono chiamati così quelli che sono diminuzione, declino o scomparsa di alcune capacità o esperienze normali del soggetto. Possono includere inadeguatezza nel comportamento della persona, distacco emotivo o assenza di emozioni, povertà di linguaggio e di funzioni comunicative, incapacità di concentrazione, mancanza di piacere (anedonia) e mancanza di motivazione.

Alcuni modelli descrittivi nella schizofrenia includono un terzo tipo di sintomi (schizofrenia di terzo tipo detta sindrome disorganizzata) dove compaiono soprattutto disturbo del pensiero e problemi di pianificazione. I sintomi possono prendere la forma di deficit neurocognitivi: si tratta dell'indebolimento di alcune funzioni di base quali la memoria, l'attenzione, la risoluzione di problemi, la funzione esecutiva e la cognizione sociale.

EpidemiologiaLa schizofrenia è una malattia ubiquitaria, riscontrata in ogni epoca e cultura. Il suo tasso d'incidenza per un'unità di popolazione, in un dato periodo di tempo, è del 15-25% dei casi all'anno per 100.000 abitanti. Mentre il tasso di prevalenza varia tra lo 0,6% e lo 0,8%. Nel 75% dei casi l'esordio avviene in età giovanile (tra i 15 e i 35). Dopo i 35 anni sembra più frequente nella donna che nell'uomo. Alcuni studi dimostrano che non esistono differenze nella distribuzione tra i sessi; altri, invece, sostengono una maggiore prevalenza nell'uomo. I pazienti sono spesso non coniugati, o se lo sono hanno maggiori probabilità di divorziare. Si evidenzia una maggioranza del disturbo nelle classi socio-economiche più basse e tra gli individui con un livello d'istruzione inferiore. Questo potrebbe essere attribuito a quel fenomeno descritto dagli autori inglesi come "downdrift", conseguente alla malattia.

EziologiaGli psicologi e gli psichiatri sono ormai concordi nell'attribuire la causa di questo disturbo a un complesso mix di fattori genetico - biologico - psicologici. Un aumento della produzione della dopamina sembra giocare un ruolo chiave nell'eziologia di questa sindrome tanto che è stata chiamata in causa l'ipotesi dopaminergica: i neuroni dopaminergici dell'area tegmentale ventrale scaricano molta più dopamina sui neuroni gabaergici situati nel sistema mesocorticale (corteccia prefrontale) e nel sistema mesolimbico (nucleo striato ventrale). Nel primo caso essendo presente sulla membrana post sinaptica dei neuroni gabaergici il recettore D1 per la dopamina si ha una iperattivazione di quest'ultimi i quali scaricando il neurotrasmettitore GABA sui neuroni glutammatergici porta ad una inibizione di quest'ultimi con conseguente rallentamento dell'attività prefrontale e comparsa dei classici sintomi negativi. Nel secondo caso essendo presente sulla membrana post sinaptica dei neuroni gabaergici il recettore D2 per la dopamina si ha una inibizione dell'attività gabaergica lasciando in questo modo il sistema limbico disinibito che porta alla comparsa dei sintomi positivi della schizofrenia. Nella popolazione cosiddetta sana la probabilità di sviluppare ex novo la schizofrenia si avvicina all' 1% del campione. Infine, non sono da sottovalutare le

Page 10: PSICHIATRIA MIGLIORATA

10

esperienze soggettive e il contesto familiare in cui il paziente affetto da schizofrenia viene allevato e in cui vive, poiché è dimostrato che l'ambiente è determinante nello sviluppo della malattia.Ipotesi alternative in corso di studio:

- alterazioni della metilazione del DNA; - anormalità nella trasmissione glutaminergica - alterazioni della funzione mitocondriale - deficit di folati - iperomocisteinemia materna.

Esordio e decorsoEsordisce solitamente tra i 15 ed i 25 anni nei maschi e fra il 25 ed i 35 nelle femmine; sono rari i casi di esordio infantile. L’età d’esordio si riferisce la primo contatto con i servizi psichiatrici, anche se i primi sintomi possono essere comparsi prima ed essere progrediti lentamente (schizofrenia a insorgenza subdola). La schizofrenia inizia a manifestarsi con una fase prodromica caratterizzata da una progressiva riduzione dei contatti interpersonali, peggioramento delle performance scolastiche e lavorative, e marcato senso di insicurezza e diversità; il paziente inizia a sviluppare idee strane o bizzarre e può manifestare convinzioni di tipo magico mostrando un particolare interesse per lo studio della telepatia e della chiaroveggenza. Il processo di elaborazione del pensiero e la modalità di ragionamento si modificano radicalmente ed i risultati sono in netto contrasto con il livello culturale del paziente; anche l’eloquio subisce un cambiamento diventando vago, povero di contenuti, eccessivamente prolisso oppure estremamente concreto. Nella fase prodromica compare una forte componente ansiosa associata a difficoltà diconcentrazione, insonnia e forte distraibilità; può inoltre comparire depersonalizzazione di tipo allopsichico,autopsichico o somatopsichico. È tipica dell’esordio della schizofrenia, una esperienza terrificante e minacciosa detta “umore delirante”, in cui l’individuo sente che qualcosa di indefinibile che lo riguarda sta per accadere: un senso di vuoto, di angoscia e di insicurezza pervade il paziente che, sconvolto dal cambiamento, dalla perdita di familiarità delle cose e dell’ambiente circostante, si aggrappa ad un’idea, un significato (qualunque esso sia), un’elaborazione della propria mente che gli permetta di dare un significato rassicurante a questa nuova realtà: il paziente ha elaborato un delirio che è per lui rasserenante.La fase prodromica ha una durata molto variabile ed è spesso difficile datarne l’inizio; il suo andamento è progressivo e, più o meno presto, sfocia nella fase attiva.Nella fase attiva compaiono eventi psicopatologici che sconvolgono le caratteristiche del soggetto e non possono più essere semplicemente spiegate come un transitorio cambiamento di personalità. Si riscontrano frequentemente disturbi della percezione che possono riguardare tutti sistemi sensoriali: le allucinazioni sono soprattutto di tipo uditivo e vengono riferite come voci mormorate, sussurrate o di tono normale; queste voci sono state definite “voci dialoganti” e commentano, criticano o minacciano il paziente. Nelle fasi iniziali le voci sono fonte di ansia per il paziente e ne influenzano il comportamento; successivamente alla cronicizzazione invece c’è un certo distacco affettivo per cui il paziente è poco coinvolto emotivamente. Più rare sono le allucinazioni visive, olfattive e gustative, e generalmentehanno una connotazione sgradevole. Le allucinazioni cenestesiche sono caratterizzate da sensazioni spiacevoli e dolorose in tutto il corpo, come punture di spillo, bruciature, stiramenti e torsioni dei fasci muscolari e trafitture del cervello; vengono anche riportati fenomeni pseudoallucinatori. Sono comunissimi, nel paziente schizofrenico, vari tipi di delirio come: idea delirante (idea non corrispondente a realtà basata su interpretazioni erronee di percezioni ed esperienze), percezione delirante (interpretazione erronea di una percezione reale), intuizione delirante (-illuminazioneimprovvisa ed assoluta certezza della veridicità di un’idea delirante), deliri di persecuzione, deliri di riferimento (il paziente crede che determinati gesti, commenti, articoli di giornale, siano riferiti a lui), inserzione del pensiero (il paziente è convinto che i pensieri vengano inseriti nella sua mente da terzi), delirio di controllo (il paziente crede che il suo corpo e le sue azioni siano manovrati da forze esterne), delirio di lettura del pensiero, furto del pensiero; più rarisono i deliri di tipo erotomane, mistico, di grandezza, di colpa e somatico (convinzione di essere affetti da gravi malattie, generalmente di tipo infettivo). La caratteristica più rilevante della schizofrenia è l’elaborazione di un pensiero disturbato, il cui risultato è una alterata sequenza logica nella costruzione del periodo ed una grave compromissione della capacità comunicativa fino alla totale incomprensibilità del messaggio; i disturbi più frequenti sono tangenzialità e deragliamento. Nello schizofrenico si rilevano anche notevoli alterazioni del comportamento che determinano un progressivo deterioramento della cura e dell’igiene personale. Il paziente può cadere in uno stato catatonico in cui si osserva disinteresse per la realtà esterna e riduzione delle risposte agli stimoli; all’estremo opposto si può osservare l’eccitamento catatonico con iperattività motoria fino alla violenza clastica e atteggiamenti auto- ed eteroaggressivi. Fra

Page 11: PSICHIATRIA MIGLIORATA

11

i sintomi negativi, che indicano atrofia in alcune aree cerebrali, annoveriamo appiattimento affettivo (ridotta o assente reattività emozionale davanti ad eventi anche estremamente stressanti), alogia (eloquio dallo scarso contenuto, non fluente e con aumento della latenza di risposta), avolizione (mancanza di energia, iniziativa, interesse con scarsa cura dell’igiene personale e inerzia).Alla fase attiva segue una fase residua, in cui prevalgono i sintomi negativi, simile alla prodromica.Alcuni indici sono associati a prognosi favorevole e sono l’esordio acuto, quello tardivo (40 anni), una buona storia sociale premorbosa, prevalenza di sintomi positivi e un buon sistema familiare e sociale di supporto.In base al tipo di sintomi predominanti al momento della diagnosi, vengono distinti alcuni sottotipi di schizofrenia; bisogna però tenere sempre presente che tale classificazione si basa su sintomi presenti al momento della valutazione e che quindi la diagnosi può variare nel tempo.Tipo paranoide: presenta frequenti deliri di persecuzione o grandezza, accompagnati da allucinazioni uditive senza gravi alterazioni cognitive o dell’affettività; sono osservabili anche ansietà, collera, distacco e litigiosità. Rispetto agli altri tipi di schizofrenia presenta una buona prognosi.Tipo disorganizzato: presenta comportamento e linguaggio disorganizzati con affettività appiattita o inadeguata e incapacità o incompletezza nello svolgere normali attività quotidiane come lavarsi e vestirsi. Il decorso è cronico senza remissioni significative.Tipo catatonico: il paziente è affetto da una grave alterazione psicomotoria che può comportare immobilità o eccitamento motorio, negativismo, mutacismo, posture obbligate, ecolalia (ripetizione di parole appena pronunciate, senza un senso e senza un fine), ecoprassia (ripetizioni di movimenti appena effettuati, senza un fine). Durante l’eccitamento catatonico, lo schizofrenico necessita di stretta sorveglianza per evitare che ferisca se stesso o gli altri.Tipo indifferenziato: presenta deliri, allucinazioni, disorganizzazione del pensiero o del comportamento concaratteri diversi dal tipo catatonico, disorganizzato e paranoide.Tipo residuo: vengono così classificati quei pazienti che hanno alle spalle almeno un episodio di schizofrenia, ma che attualmente non presentano rilevanti sintomi psicotici.

TerapiaLa terapia può essere effettuata con farmaci neurolettici (antipsicotici), i quali agiscono soprattutto sui deliri e sulle allucinazioni, diminuendo il senso di angoscia e le reazioni aggressive. Alcuni antipsicotici specifici possono essere d'ausilio anche in una moderata riduzione dei sintomi negativi. Tra le terapie farmacologiche di supporto, recenti lavori scientifici confermano un ruolo per l'assunzione di acido folico. È indicata anche la psicoterapia, che può coinvolgere o meno familiari e conoscenti, allo scopo di individuare eventuali difficoltà relazionali col malato e gestire il suo isolamento. Inoltre la psicoterapia può aiutare il paziente a contestualizzare il problema e le risposte dell'ambiente, rendendolo maggiormente autoconsapevole, facilitando il contatto di realtà e rinforzando l' io.Le ultime ricerche ed esperienze sia in campo psichiatrico che psicoterapico dimostrano che un approccio integrato (farmacologico + psicoterapeutico) ottiene un controllo migliore della patologia. È stato ipotizzato che potrebbero a volte risultare utili anche tecniche come il training autogeno, tutte le tecniche di rilassamento muscolare e respiratorio, lo yoga e la meditazione.I principali componenti per il trattamento della schizofrenia sono tre:

- Farmaci, per alleviare i sintomi e prevenire le ricadute.- Interventi educativi e psicosociali, per aiutare i pazienti e le loro famiglie a risolvere i problemi,

confrontarsi con gli stress, rapportarsi con la malattia e le sue complicanze, ed aiutare a prevenire le ricadute.

- Riabilitazione sociale, per aiutare i pazienti a reintegrarsi nella comunità e riguadagnare le capacità sociali ed occupazionali.

Page 12: PSICHIATRIA MIGLIORATA

12

DELIRIUM

Definizione e sintomi Il delirium è un disturbo della coscienza, accompagnato da un cambiamento del funzionamento cognitivo o da un disturbo percettivo che si sviluppa tipicamente in breve tempo (disturbo acuto, nell'arco di ore o giorni, meno spesso settimane); - Disturbo della coscienza: - riduzione consapevolezza ambiente - grande difficoltà a concentrarsi e a focalizzare l'attenzione - non riesce a mantenere coerente e finalizzato il flusso dei suoi pensieri.- Disturbo cognitivo: -deficit memoria (spt recente) - disorientamento spaziale e temporale, falsi riconoscimenti -disturbi del linguaggio (disnomia e disgrafia, incoerenza, deragliamento)- Disturbi percettivi: - illusioni e allucinazioni visive -convinzioni deliranti frammentarie e non sistematizzate FASE PRODROMICA: irritabilità, ipersensibilità agli stimoli, ansia, depressione, malessere, sonnolenza.Andamento fluttuante: fasi di lucidità si alternano a grave compromissione della coscienza(spt di notte).Gli individui che soffrono di delirium sono molto instabili dal punto di vista emozionale e possono passare con rapidità estrema da uno stato emotivo all'altro: ansia, depressione, paura, collera, euforia e irritabilità.Associato spesso a disturbi del ciclo sonno-veglia e disturbi del comportamento psicomotorio (varianti iperattiva e ipoattiva), talvolta vi è un' iperattivazione del sistema nervoso autonomo (aumento pressorio, tachicardia, sudorazione, vomito, midriasi).

EpidemiologiaE' il più frequente disturbo psichiatrico. Le categorie più a rischio sono:anziani, bambini, postoperati, alcolisti.

EziologiaE' una manifestazione aspecifica di un disturbo cerebrale, che che ne danneggia il metabolismo, determinando così la tipica sintomatologia.- Da condizione medica generale:infezioni sistemiche, disordini metabolici (ipoglicemia e ipossia), disordini elettrolitici (sodio, potassio, calcio, acidosi, alcalosi), encefalopatie epatiche e renali, deficit vitaminici(tiamina), disturbi endocrini, disturbi cerebrovascolari.- Da intossicazione: alcol, anfetamine, cannabinoidi, cocaina, allucinogeni, inalanti, oppioidi, ansiolitici, anestetici, litio, levodopa, digitale, steroidi, cimetidina, anticonvulsivanti..)- Da sospensione: alcol(delirium tremens), sedativi, ipnotici, ansiolitici.-Multifattoriale- a eziologia ignotaPatogenesiIn generale è multifattoriale. Deficit colinergico associato a riduzione del metabolismo cerebrale.

Diagnosi e diagnosi differenzialeEsame delle funzioni cognitive: MMSE, lista standardizzata di prove, permette di associare un punteggio obiettivo allo stato di coscienza. Insorgenza acuta, decorso fluttuante sono alterazioni patognomoniche del delirium.L'EEG completa la diagnosi, anche se non sempre è anomalo: può esserci una riduzione del ritmo alfa e un aumento dei ritmi theta e delta.Esami di laboratorio (cause ->elettroliti, ipoglicemia, screening tossicologico, vitamina B12, folati)Esame del liquor: (meningite?)DD con demenza: alterazione memoria tipica di entrambi, ma i disturbi della coscienza sono tipici del delirium, così come l'insorgenza acuta, l'andamento fluttuante.Terapia: - CAUSALE: rimozione cause (alcune sono tra l'altro emergenze mediche, vedi ipoglicemia) - SINTOMATICA(importante): Aloperidolo, risperidone e olanzapina. Se delirium tremens, benzodiazepine.

Page 13: PSICHIATRIA MIGLIORATA

13

DEMENZA: questo disturbo, impropriamente chiamato comportamento senile, consiste in un graduale deterioramento delle capacità intellettive fino al punto in cui risultano compromessi il funzionamento sociale e lavorativo. La difficoltà a ricordare le cose, specialmente gli eventi recenti, è il sintomo più rilevante della demenza. Alcuni individui che soffrono di demenza possono lasciare incompiuti dei compiti poiché dopo un'interruzione dimenticano di tornare a quello che stavano facendo. Può accadere che un genitore non ricordi più il nome di un figlio, o dimentichi addirittura di avere dei figli, e quando questi lo vanno a trovare può non riconoscerli. I soggetti con demenza possono perdersi in un ambiente familiare. Inoltre la loro capacità di giudizio risulta spesso alterata, e hanno difficoltà a comprendere le situazioni, a pianificare delle attività o a prendere delle decisioni.Essi non si comportano più nel modo abituale e perdono il controllo deli loro impulsi; possono usare un linguaggio volgare, raccontare barzellette sconvenienti, rubare nei negozi e fare proposte sessuali a estranei. La capacità di pensiero astratto si deteriora, mentre le alterazioni nella sfera emozionale sono comuni e comprendono i sintomi della depressione, l'appiattimento dell'affettività e sporadiche crisi emozionali. Risulta possibile che essi presentino anche un deterioramento delle funzioni del linguaggio, che si manifesta in un eloquio vago o vuoto e nell'incapacità di ricordare il nome di oggetti familiari. Possibili sono anche alterazioni delle capacità motorie, come lavare i denti con lo spazzolino o vestirsi. La demenza può essere progressiva, statica o remittente, a seconda della causa. Molte persone affette da demenza progressiva rimangono isolate e apatiche. Nella fase terminale della malattia la personalità perde in vivacia e integrità; i parenti e gli amici riferiscono che la persona non è più la stessa. Nelle ultime fasi la persona non è più consapevole di ciò che la circonda. La prevalenza della demenza aumenta con l'avanzare dell'età. Uno studio svolto negli Stati Uniti ha rilevato una presenza dll'1% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 74 anni, del 4% tra i 75 e gli 80 anni e del 10% dopo gli 80 anni.

DISTURBO DELIRANTE

Il disturbo delirante è una forma di delirio cronico basato su un sistema di credenze illusorie che il paziente prende per vere e che ne alterano la percezione della realtà. Queste credenze sono in genere di tipo verosimile, come la convinzione di essere traditi dal proprio partner o di essere infettati da una malattia contagiosa. Escludendo l'incapacità di valutare oggettivamente il sistema di credenze illusorie che danno origine al delirio, il paziente mantiene le proprie facoltà razionali e in genere le sue capacità di relazione sociale non sono compromesse. Alcune forme di disturbo delirante vengono tradizionalmente indicate come casi di paranoia, termine che oggi è in disuso nella comunità scientifica internazionale.

Tipologie Un disturbo delirante può essere basato su qualunque sistema di credenze erronee, ma alcune forme sono più frequenti di altre. I pazienti con disturbi di tipo erotomaniaco credono di essere segretamente amati da qualcuno, un individuo di sesso opposto e di ceto significativamente più elevato; in alcuni casi il presunto amante è un personaggio famoso (sindrome di de Clerambault). Questi pazienti riorganizzano la loro vita in accordo col delirio, cercando costantemente un contatto con la persona amata attraverso l’invio di lettere, regali, telefonate o pedinamenti. Gli esiti fallimentari dei tentativi portano il paziente ad elaborare delle teorie giustificanti gli stessi. In un primo momento il soggetto tenderà a prendersela con gli ostacoli che si pongono tra lui e l’oggetto delle sue attenzioni (eventuali partner etc), e in seguito con la persona amata, verso la quale sono possibili anche atti di violenza. Nei deliri di tipo megalomaniaco, il paziente è convinto di essere depositario di una capacità o di una conoscenza di grandissima importanza (per esempio, di avere una missione affidatagli direttamente da Dio), di essere un individuo molto importante etc. Nei deliri di tipo somatico il paziente è convinto di avere una deformità, una malattia o un altro difetto fisico grave, come un cattivo odore o parassiti.

Page 14: PSICHIATRIA MIGLIORATA

14

I deliri di tipo persecutorio (spesso genericamente indicati come paranoia) sono caratterizzati dal fatto che il paziente è convinto di essere vittima di un complotto o di una persecuzione (per esempio di essere spiato, di stare venendo avvelenato, o di stare per essere assassinato). I soggetti vivono in una costante angoscia, alla quale spesso reagiscono con episodi di violenza.I deliri di gelosia consistono nella certezza assoluta senza prove significative di essere tradito dal partner. Questi deliri possono avere un’insorgenza brusca o graduale. Il palesarsi del disturbo prevede l’inizio di accuse esplicite, argomentate da “prove” assolutamente insignificanti. Segue la fase in cui il soggetto tende a limitare l’infedeltà del partner limitandone la libertà, attuando dei comportamenti aggressivi che raramente coinvolgono il presunto amante. Paradossalmente queste relazioni restano in piedi a lngo, in quanto si instaura un rapporto di tipo sadomasochistico in cui il ruolo sadico del paziente e masochistico del partner tendono a scambiarsi.

TerapiaBenché non vi siano particolari indicazioni di tipo farmacologico per il trattamento del disturbo delirante, spesso vengono impiegati antipsicotici per una cura sintomatica. Il trattamento psichiatrico ha in genere lo scopo di allontanare il paziente dalle sue credenze ossessive cercando di interessarlo a qualcos'altro, per esempio affidandogli un obiettivo da raggiungere difficile ma gratificante, e quindi in grado di indirizzare altrove le sue energie mentali.

DISTURBI D’ANSIA

L'ansia è connotata da varie sensazioni per lo più spiacevoli fra cui il timore, la paura, l'apprensione, la preoccupazione, la sensazione che le cose possano sfuggire di mano, il bisogno di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, la frustrazione e la disperazione. Si tratta di un'emozione naturale e universale; è generata da un meccanismo psicologico di risposta allo stress, il quale svolge la funzione di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima ancora che quest'ultimo sia chiaramente sopraggiunto, mettendo in moto specifiche risposte fisiologiche che spingono da un lato all'esplorazione per identificare il pericolo ed affrontarlo nella maniera più adeguata e, dall'altro alla eventuale fuga. L'ansia ha altre funzioni fondamentali oltre a quella sopraccitata; essa ci consente di impegnarci nei compiti che svolgiamo quotidianamente, in particolar modo in quelle attività che non svolgiamo con interesse ma che dobbiamo portare a termine. Questi tipi di ansia sono costruttivi, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza. Tuttavia può accadere che non siamo capaci di superare del tutto una situazione di pericolo, oppure allo stato d'allarme e attivazione non corrisponde un pericolo reale da fronteggiare e risolvere; in tal caso l'ansia si trasforma da risposta del tutto naturale e adattiva ma sproporzionata, divenendo un elemento di disgregazione della personalità. Questa evenienza può presentarsi per diversi motivi, spesso difficilmente identificabili; in generale accade poiché vi è una valutazione errata delle percezioni che riceviamo da parte dei nostri processi cognitivi.Quando ciò accade la persona tende a sviluppare varie tipologie di comportamento, in genere di tipo patologico, al fine di tenere sotto controllo le forti angosce che la attanagliano continuamente. Un esempio è il comportamento evitante, attraverso il quale la persona evita volontariamente e ripetutamente il contatto con la fonte d'ansia, alimentando in maniera sempre maggiore la paura verso di essa. Nei casi più gravi può accadere che la persona perda la consapevolezza della fonte della propria ansia, rimuovendola a livello inconscio. Il meccanismo di difesa della rimozione agisce come una sorta di censura della mente, relegando i pensieri e i ricordi spiacevoli e minacciosi ad una parte inconscia della psiche. Questi elementi non vengono

Page 15: PSICHIATRIA MIGLIORATA

15

più ricordati, tuttavia restano presenti e continuano, di tanto in tanto, a generare angoscia. A questo punto l'ansia diventa generalizzata e non ha apparentemente una causa visibile.Un tipo di ansia disfunzionale molto diffuso è, per esempio, l'ansia da prestazione. Da un punto di vista cognitivo, l'ansia da esame determina sentimenti di fragilità ed inadeguatezza. La vulnerabilità dello studente che soffre di questo tipo di ansia è legata alla prestazione, ovvero alla paura di ricevere un voto basso, di perdere la stima dei propri genitori o del partner, o di vedere compromesso il proprio giudizio sociale. L'ansia da separazione può colpire sia gli adulti che i bambini. La caratteristica principale del disturbo è l'ansia eccessiva manifestata quando ci si deve separare da qualcuno a cui si è profondamente legati.

I disturbi d'ansia sono stati per lungo tempo considerati forme di nevrosi (vedi glossario), ovvero un insieme molto vasto di disturbi caratterizzati da ansia non legata a ragioni obiettive e da altri problemi associati. Col trascorrere del tempo diversi psicopatologi iniziarono a mettere in discussione l'opportunità di mantenere in vita il concetto di nevrosi, dato che era diventato talmente esteso e onnicomprensivo da svuotarsi di ogni significato quale categoria diagnostica. A partire dalla terza versione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), e specialmente nella quarta (ed ultima, allo stato presente), le vecchie categorie delle nevrosi vengono ridistribuite tra nuove e più precise categorie diagnostiche; fra queste i disturbi d'ansia.

Classificazione. Il DSM propone sei categorie principali:

- fobie, - disturbo di panico, - disturbo d'ansia generalizzato, - disturbo ossessivo-compulsivo, - disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress.

Accade di frequente che un persona che soffre di un disturbo d'ansia manifesti anche sintomi considerati parte di un altro disturbo d'ansia; in questo caso si parla di comorbilità.

LE FOBIELa fobia viene definita come un comportamento di evitamento determinato dalla paura e in grado di interferire significativamente con le normali attività dell'individuo. Tale condotta inoltre, è sovradimensionata rispetto al pericolo rappresentato dall'oggetto o dalla situazione specifici, e l'individuo ne riconosce l'irragionevolezza. Tra le fobie più diffuse sono presenti la paura delle altezze (acrofobia), la paura dei ragni (aracnofobia), la paura dei serpenti (ofidiofobia), la paura del sangue e delle ferite (emofobia), la paura degli spazi chiusi (claustrofobia), la paura dei luoghi pubblici (agorafobia), la paura di essere sepolti vivi (tafofobia) e la paura dei cani (cinofobia). Per un elenco completo delle fobie più diffuse vedere il glossario delle fobie.Le fobie specifiche sono paure ingiustificate, causate dalla presenza o dall'attesa di un oggetto o di una situazione specifici. Il tasso di prevalenza di tali disturbi si aggira attorno al 7% negli uomini e al 16% nelle donne. Il contenuto delle fobie specifiche varia notevolmente da una cultura all'altra; in Cina per esempio comune è una fobia del freddo in cui la persona teme che la perdita di calore corporeo possa minacciare la sua esistenza. Si definisce invece fobia sociale, detta anche disturbo d'ansia sociale, una paura irrazionale e persistente, generalmente collegata alla presenza di altre persone. Questa condizione può essere estremamente debilitante, in quanto chi ne soffre cerca di evitare una particolare situazione in cui potrebbe essere oggetto di valutazione da parte di altri e rivelare segni di ansietà o manifestare un comportamento imbarazzante. Le fobie sociali sono piuttosto comuni, con un tasso di prevalenza nell'arco della vita pari all'11% negli uomini e al 15% nelle donne. Il loro esordio è spesso localizzato durante l'adolescenza, quando la consapevolezza sociale e l'interazione con gli altri assumono un'importanza molto maggiore nella vita della persona. Non è raro tuttavia che queste paure si manifestino anche tra i bambini. Come per le fobie specifiche, il contenuto delle fobie sociali varia in base alla cultura di appartenenza. In Giappone, per esempio, ha un ruolo di primo piano la paura di recare offesa agli altri; negli Stati Uniti è più comune la paura di essere valutati negativamente dagli altri.

Page 16: PSICHIATRIA MIGLIORATA

16

DISTURBO DI PANICONel disturbo di panico vi il ripetersi, nel tempo, di episodi detti “attacchi di panico”. Un attacco di panico è un attacco improvviso e spesso inspiegabile, caratterizzato da un numero elevato di sintomi: dispnea (difficoltà di respiro, senso di affanno), palpitazioni, nausea, dolore al petto, sensazioni di soffocamento e asfissia, nausea, dolore al petto, capogiri, sudorazione e tremori, intensa apprensione, terrore e sensazione di disastro incombente. Inoltre la persona può essere assalita e sopraffatta da un senso di depersonalizzazione e di derealizzazione. La depersonalizzazione consiste nel percepirsi come distaccati da se stessi e dal proprio corpo; la derealizzazione è costituita invece da un senso di irrealtà del mondo. Altri sintomi frequenti sono la paura di perdere il controllo, di diventare pazzo o persino di morire.Nel disturbo di panico gli attacchi di panico possono verificarsi di frequente, per esempio una volta alla settimana o persino più spesso; in genere durano qualche minuto, raramente si protraggono per ore; a volte risultano associati a situazioni specifiche, per esempio guidare l'auto. Quando sono fortemente associati a fattori scatenanti di tipo situazionale, vengono definiti attacchi di panico causati dalla situazione (o provocati dalla situazione); quando tra l'esposizione allo stimolo e l'attacco esiste sì una relazione, ma meno forte rispetto al caso precedente, si parla di attacchi di panico sensibili alla situazione. Molto spesso tra un attacco di panico e l'altro è presente una forte ansia da anticipazione. Infine, gli attacchi possono verificarsi anche in presenza di stati mentali in apparenza benigni, come durante il rilassamento o il sonno, oppure in situazioni in cui paiono essere del tutto ingiustificati; in questi casi si parla di attacchi di panico inaspettati (non provocati).Il tasso di prevalenza del disturbo di panico nell'arco della vita è del 2% circa negli uomini e di oltre il 5% nelle donne. Il disturbo insorge tipicamente nell'adolescenza e la sua comparsa è associata ad esperienze di vita particolarmente stressanti.Il disturbo di panico è molto frequente fra coloro che soffrono già di un altro disturbo d'ansia; molto comune è anche la coesistenza del disturbo di panico e del disturbo depressivo maggiore.

DISTURBO D'ANSIA GENERALIZZATOLa persona affetta da disturbo d'ansia generalizzato è preda di un'ansia persistente, spesso concernente piccole cose. Il carattere distintivo di questo disturbo è una preoccupazione cronica, incontrollabile, per qualsiasi genere di circostanza o attività.Sono inoltre frequenti sintomi somatici come sudorazione, vampate di rossore, batticuore, nausea, diarrea, sensazione di freddo, mani appiccicose, bocca secca, nodo alla gola, respiro poco profondo, pollachiuria (aumento della frequenza delle urine). Tutte queste manifestazioni somatiche riflettono l'iperattività del sistema nervoso autonomo (vedi sezione ansia e stress). Anche la frequenza del polso e la respirazione possono essere elevate. A volte vengono lamentati disturbi alla muscolatura scheletrica: tensione e dolenzia muscolare, soprattutto nella zona della nuca e delle spalle; tic alle palpebre e in altre parti del corpo; tremori; facile affaticabilità e incapacità a rilassarsi.Coloro che soffrono di questo disturbo sussultano facilmente e sono agitati e irrequieti; in genere sono apprensivi e spesso si tormentano immaginando qualche disgrazia incombente, come la morte. Molto comuni sono anche l'impazienza, l'irritabilità, gli scoppi d'ira, l'insonnia e la distraibilità, dovuti allo stato di continua tensione che la persona vive.La prevalenza del disturbo d'ansia generalizzato è abbastanza elevata, dato che lo si riscontra nel 5% circa della popolazione generale. Esordisce tipicamente durante l'adolescenza, benché molte delle persone che ne soffrono riferiscano di averne sempre sofferto. Gli eventi di vita stressanti (vedi stress) sembrano avere qualche ruolo nella sua insorgenza e la sua frequenza è due volte maggiore fra le donne che fra gli uomini. Inoltre presenta un alto grado di comorbilità con altri disturbi d'ansia o con disturbi dell'umore.

IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVOLe ossessioni sono pensieri, impulsi, o immagini a carattere invasivo e ripetitivo, che si presentano non voluti alla mente e appaiono irrazionali e incontrollabili all'individuo che li subisce. Se è vero che molti di noi possono avere fugaci esperienze di questo genere, per chi è afflitto da un'ossessione esse possono essere di tale intensità e frequenza da interferire pesantemente con il suo normale funzionamento. Clinicamente, le

Page 17: PSICHIATRIA MIGLIORATA

17

ossessioni più frequenti riguardano le paure di contaminazione che esprimono qualche impulso sessuale o aggressivo, oppure le paure ipocondriache di disfunzioni fisiche. Le ossessioni possono presentarsi anche come una forma estrema di dubbio, indecisione e procrastinazione.Una compulsione è un comportamento ripetitivo o un'azione mentale che la persona si sente costretta ad eseguire per ridurre il disagio causato dai pensieri ossessivi o per scongiurare il verificarsi di una qualche calamità. Tale azione non ha alcun legame realistico con il suo scopo apparente, oppure è chiaramente eccessiva. Spesso la persona che soffre di questo disturbo continua a ripetere sempre la stessa azione perché teme che se mancasse di eseguirla ne deriverebbero conseguenze terribili. La frequenza con cui un'azione compulsiva viene ripetuta può essere elevatissima.Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo d'ansia in cui la mente è invasa da pensieri persistenti e incontrollabili, o in cui la persona è spinta irresistibilmente a ripetere di continuo certi atti; ne conseguono un notevole disagio psicologico e una rilevante interferenza con le attività della vita quotidiana. Il disturbo ossessivo-compulsivo affligge dal 2 al 3% della popolazione americana e più frequentemente le donne che non gli uomini. Per quanto riguarda la popolazione italiana non esistono ancora dati certi e generalizzabili.Di solito insorge agli inizi dell'età adulta, spesso in seguito a qualche evento stressante, come una gravidanza, il parto, un conflitto familiare o difficoltà sul lavoro. L'esordio precoce è più comune fra gli uomini ed è associato a compulsioni di controllo, ovvero alla ripetizione di gesti e comportamenti che hanno la funzione di tenere costantemente sotto controllo l'ambiente circostante. L'esordio tardivo è più frequente fra le donne e si associa a compulsioni di pulizia, come ad esempio lavarsi frequentemente le mani, fare molte docce durante la giornata o pulire in continuazione le casa. A volte il disturbo è preceduto da un episodio depressivo, altre volte è il disturbo stesso ad essere seguito da depressione. Il disturbo ossessivo-compulsivo può risultare associato ad altri disturbi d'ansia, in particolare a quello di panico e alle fobie, nonché a vari disturbi di personalità.

DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESSQuesto disturbo si verifica in seguito ad un trauma molto forte subito dalla persona. Nel disturbo post-traumatico da stress si ha una risposta estrema ad un fattore fortemente stressogeno, risposta che comprende un aumento notevole del livello di ansia, l'evitamento degli stimoli associati al trauma e un indebolimento della reattività emozionale. Il disturbo post-traumatico da stress, o PTSD (dall'inglese post-traumatic stress disorder), risulta definito da una costellazione di sintomi; ma a differenza di quanto avviene per altri disturbi psicologici, nella definizione di questa condizione è compresa anche la parte riguardante l'origine della stessa, ovvero un evento traumatico che la persona ha vissuto direttamente, o a cui ha assistito, e che ha implicato morte, minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all'integrità fisica propria o di altri. L'evento deve avere creato una paura intensa, orrore e un senso di impotenza.Si parla di disturbo quando la persona, a causa dei sintomi provocati dal trauma, vede il proprio funzionamento sociale o lavorativo compromesso in maniera significativa. I principali sintomi sono tre:

- chi soffre del disturbo rivive persistentemente l'evento traumatico, anche attraverso incubi notturni. Il fatto di rivivere l'esperienza traumatica è un aspetto la cui importanza non può essere sottovalutata, dato che è la fonte probabile delle altre categorie di sintomi.

- l'evitamento degli stimoli associati con l'evento stressante e l’attenuazione della reattività generale. La persona cerca di evitare di pensare al trauma o di essere esposta a stimoli che possano riportarglielo alla mente; a volte può essere incapace di ricordare aspetti importanti dell'evento traumatico. L'abbassamento della reattività generale si manifesta nel diminuito interesse per gli altri, in un senso di distacco e di estraneità, e nell'incapacità di provare emozioni positive. Questi sintomi sembrano essere contraddittori con quelli esposti poco più su; in realtà il disturbo post-traumatico da stress è caratterizzato da fluttuazione, ovvero dal passaggio attraverso fasi alterne in cui la persona dimentica l'esperienza traumatica e altre in cui essa raffiora violentemente.

- Infine sono presenti sintomi di aumentata attivazione fisiologica. Questi sintomi comprendono la difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, la difficoltà a concentrarsi, l'ipervigilanza ed

Page 18: PSICHIATRIA MIGLIORATA

18

esagerate risposte di allarme. Studi di laboratorio hanno confermato questi sintomi clinici documentando l'aumento della reattività fisiologica nei pazienti affetti da disturbo post-traumatico da stress, aumento finalizzato a combattere le immagini prodotte dalla loro mente e la notevole intensità delle loro risposte di allarme.

Altri problemi che si associano spesso a questo disturbo sono ansia, depressione, rabbia, senso di colpa, abuso di sostanze, problemi coniugali e sul lavoro. Comuni sono anche i pensieri e i progetti di suicidio, e così pure episodi esplosivi di violenza e problemi di natura psicofisiologica connessi con lo stress, come dolori lombari, cefalea e disturbi gastrointestinali.Molte persone si ritrovano a vivere esperienze traumatiche, ma non tutte sviluppano il disturbo post-traumatico da stress. Da un recente studio, per esempio, è emerso che solo il 25% delle persone passate attraverso un evento traumatico con conseguenti lesioni fisiche aveva in seguito sviluppato il disturbo. Si può quindi concludere che l'evento in sé non può essere l'unica causa del disturbo.

FOCUS: DISTURBO ACUTO DA STRESSIl disturbo acuto da stress è simile a quello post-traumatico. In entrambi i casi la persona ha vissuto un evento traumatico che ha implicato la morte o la minaccia di morte, o gravi lesioni fisiche o una minaccia all'integrità fisica propria o altrui. La persona ha reagito all'evento con intensa paura, sentimenti di impotenza e di orrore. Sono presenti sia il rivivere persistentemente l'esperienza traumatica, l'evitamento degli stimoli che possono ricordarla e i sintomi di aumentata attivazione fisiologica.Le uniche differenze con il disturbo post-traumatico da stress sono la durata dei sintomi e la presenza di sintomi dissociativi. Infatti il disturbo acuto da stress ha una durata che varia da pochi giorni a un mese circa, mentre il disturbo post-traumatico ha una durata maggiore; inoltre il disturbo acuto da stress presenta sintomi dissociativi quali l'amnesia dissociativa (incapacità di ricordare dati personali importanti, compreso l'episodio traumatico, per periodi di tempo brevi ai quali segue una scomparsa improvvisa del sintomo), la fuga dissociativa (allontanamento inaspettato dai luoghi in cui la persona abitualmente risiede, con incapacità di ricordare il proprio passato), la depersonalizzazione (provare un forte senso di irrealtà o di distacco dalla realtà )e la de realizzazione (senso di distacco e di estraneità da se stessi, come se la mente si trovasse al di fuori del proprio corpo). Queste sensazioni sono dovute ad un tentativo estremo di prendere una distanza emotiva dall'evento traumatico e di rendersi estranei ad esso.

DISTURBI DELL’UMORE

Con il termine Disturbo dell’Umore si designa la vasta classe di patologie e sintomi che consistono in alterazioni o anomalie del tono dell’umore dell’individuo, che siano di entità tale da causare alla persona problemi o disfunzioni persistenti o ripetute, oppure disagio marcato. Più in particolare, identifichiamo come Disturbi dell’Umore, o Affettivi quel gruppo di malattie eterogenee, tipicamente ricorrenti, che comprende i disturbi monopolari (depressivi) e quelli bipolari (maniaco-depressivi), caratterizzati da alterazioni pervasive dell'umore, disfunzioni psicomotorie e sintomi vegetativi.

Il concetto di tono dell’umore indica il correlato emotivo di fondo della nostra attività mentale. Ogni persona ha un proprio tono dell'umore che può essere considerato come caratteristico del soggetto, e che può essere definito come normale (normotimia), elevato (ipertimia) o depresso. Si pone diagnosi di depressione o di mania quando la tristezza o l'euforia sono eccessivamente intense e permangono oltre l'impatto prevedibile di un evento vitale stressante oppure insorgono in assenza di un fattore stressante. I sintomi e i segni spesso si raggruppano in sindromi distinte che di solito recidivano o, più raramente, perdurano senza remissione. La depressione e la mania cliniche, a differenza delle reazioni emotive normali, causano una marcata compromissione delle funzioni fisiche, sociali e della capacità lavorativa.

Epidemiologia.Una determinata forma di disturbo dell'umore che può richiedere attenzione clinica colpisce il 20% delle donne e il 12% degli uomini. La depressione colpisce con un'incidenza doppia le donne rispetto agli uomini; il disturbo bipolare ha incidenza uguale nei due sessi, ma le forme depressive prevalgono nelle donne e quelle maniacali negli uomini. Il disturbo bipolare di solito esordisce nell'adolescenza, tra i 20 e i 30 anni, o tra i 30 e i 40; i disturbi monopolari esordiscono, in media, tra i 20 e i 30 anni, tra i 30 e i 40, o tra i 40 e i 50. Fattori di rischio: giovane età, il sesso femminile, l’appartenenza alle classi socioeconomiche più elevate.

Page 19: PSICHIATRIA MIGLIORATA

19

I disturbi dell'umore sono i disturbi psichiatrici a più alta prevalenza, poiché contribuiscono al 5% dei pazienti nei servizi pubblici di salute mentale, al 65% dei pazienti psichiatrici ambulatoriali, e al 10% di tutti i pazienti visitati in strutture mediche non psichiatriche.

Eziologia.Disturbi dell'umore primari: l'interazione di numerosi fattori contribuisce all'insorgenza di questi disturbi. L'ereditarietà è il fattore predisponente più importante. La modalità ereditaria precisa è incerta, ma in alcune forme di disturbo bipolare possono essere implicati geni dominanti (legati al cromosoma X o autosomici). L'ereditarietà poligenica, come substrato genetico comune per il disturbo bipolare e per quello monopolare ricorrente, è l'ipotesi più diffusa. Ciò che si eredita non è noto. Tuttavia si ritiene che la via finale comune dei disturbi dell'umore sia una compromissione della funzionalità limbico-diencefalica; studi recenti di neuroimmagine coinvolgono inoltre le strutture extrapiramidali sottocorticali e le loro connessioni prefrontali. La neurotrasmissione colinergica, catecolaminergica (noradrenergica o dopaminergica) e serotonergica (5-HT) appare soggetta a disregolazione. L'eredità può anche accrescere la probabilità di una depressione attraverso l'esposizione dei bambini agli effetti negativi dei disturbi dell'umore dei loro genitori (p. es., rottura di legami affettivi).La perdita di un genitore nell'infanzia non accresce il rischio di sviluppare un disturbo dell'umore da parte di una data persona. Tuttavia, se tale persona sviluppa un disturbo dell'umore, la depressione tende a insorgere in età più precoce e segue un decorso cronico intermittente, che porta a un marcato disturbo della personalità e a tentativi di suicidio.Sebbene possano essere affetti da una depressione clinica i soggetti con ogni tipo di personalità, questa é più comune nelle persone con temperamento predisposto alla distimia e alla ciclotimia. La depressione monopolare é di insorgenza più probabile nelle persone con introversione e tendenze ansiose. Tali persone spesso non hanno le abilità sociali necessarie per adattarsi a richieste vitali significative e guariscono con difficoltà da un episodio depressivo. Le persone con disturbo bipolare tendono a essere estroverse e competitive; utilizzano spesso l'attività come mezzo per combattere la depressione.Il fatto che il sesso femminile sia un fattore di rischio per depressione viene solitamente spiegato con la presunta natura maggiormente affiliativa delle donne, con i loro tratti di dipendenza e con l'impossibilità di controllare il loro destino nelle società maschiliste. Tuttavia, anche fattori di vulnerabilità biologica risultano rilevanti. Avere due cromosomi X è un fattore importante nei disturbi bipolari, se in essi è implicato un linkage-X dominante. In confronto agli uomini, le donne hanno livelli più elevati di monoaminossidasi (l'enzima che degrada i neurotrasmettitori considerati importanti per l'umore). La funzionalità tiroidea è più spesso alterata nelle donne. Le donne possono usare contraccettivi orali contenenti progesterone, ritenuto una sostanza depressogena, e subire alterazioni endocrine premestruali e post-partum. Le donne depresse manifestano con maggiore probabilità lo stile di personalità introverso, rimuginante-inibito tipico dei disturbi monopolari, mentre gli uomini depressi hanno con più probabilità lo stile estroverso, orientato all'azione, tipico dei disturbi bipolari.Disturbi dell'umore secondari: spesso, un disturbo dell'umore insorge in associazione a un disturbo non affettivo attraverso un meccanismo che può essere fisiologico, psicologico o di ambedue i tipi. Alcuni disturbi, come la depressione mixedematosa, sono causati da fattori fisio-chimici e sono considerati depressioni sintomatiche. Altri, come la depressione che accompagna disturbi cardiopolmonari debilitanti, vengono intepretati di solito come reazioni depressive al disturbo di base. Spesso sono in gioco ambedue i meccanismi (p. es., nei pazienti con AIDS che hanno una disfunzione cerebrale e una profonda tristezza). Il disturbo bipolare è raramente la complicanza di un altro disturbo psichiatrico; se è preceduto da abuso di alcol o di sostanze, ciò rappresenta più probabilmente un tentativo di curare da sé le manifestazioni prodromiche del disturbo.

Rischio di suicidio.Il suicidio, la complicanza più grave nei pazienti con disturbi dell'umore, è la causa di morte nel 15-25% dei pazienti con tali disturbi senza trattamento; la depressione non diagnosticata o trattata in modo inadeguato contribuisce al 50-70% dei suicidi. Il suicidio, che ha la maggiore incidenza nei giovani e negli anziani che non hanno un buon supporto sociale, tende a verificarsi entro 4-5 anni dal primo episodio clinico. I periodi maggiormente a rischio sono la fase precoce di remissione della depressione (quando l'attività psicomotoria sta tornando normale, ma l'umore è ancora flesso), gli stati misti bipolari, la fase premestruale e gli anniversari personali significativi. Anche l'abuso concomitante di alcol e di sostanze accresce il rischio di suicidio.

Page 20: PSICHIATRIA MIGLIORATA

20

DiagnosiLa diagnosi si basa sul quadro sintomatologico, sul decorso, sull'anamnesi familiare e sulla risposta a volte inequivocabile ai trattamenti somatici. Devono essere escluse cause mediche o neurologiche secondarie, soprattutto dopo i 40 anni.Non vi sono esami di laboratorio patognomonici per i disturbi dell'umore.

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE: ll disturbo depressivo maggiore si caratterizza da uno stato emotivo di grande tristezza e apprensione, da sensi di colpa, abulia (vedi glossario), isolamento sociale, insonnia o ipersonnia, alterazione del livello di attività (nella direzione di un rallentamento psicomotorio o dell'agitazione), perdita di appetito e conseguente calo ponderale, oppure aumento dello stesso e incremento del peso, perdita del desiderio sessuale, mancanza di energia, stanchezza, concezione di sé negativa, autobiasimo, autoriprovazione, autosvalutazione, sensazione che nulla abbia più valore, perdita di interesse nei confronti delle attività che si svolgevano precedentemente, incapacità di provare piacere per qualunque attività, pensieri di morte o di suicidio.Le persone depresse non sono in grado di concentrare l'attenzione su qualcosa: questo per loro costituisce uno sforzo estenuante e insopportabile; non riescono a ricordare ciò che viene loro detto o che apprendono attraverso la lettura, così come risulta loro faticoso fare conversazione. Essi infatti si esprimono generalmente attraverso poche parole, facendo lunghe pause e parlando lentamente, e il tono di voce è basso e monotono. Il comportamento motorio può variare: alcuni siedono in disparte per ore rimanendo in silenzio, mentre altri sono molto agitati e non riescono a stare seduti, preferendo camminare avanti e indietro, stropicciarsi le mani, sospirare o lamentarsi. Il disturbo colpisce anche la capacità di affrontare i problemi: gli individui che ne sono affetti risultano essere totalmente privi di idee e strategie circa la sua risoluzione, e vivono ogni momento con un sentimento di oppressione. Possono giungere a trascurare la propria persona al punto di non curarsi dell'igiene e dell'aspetto.A volte si lamentano in modo ipocondriaco (vedi disturbi somatoformi) riguardo a dolori senza alcuna apparente causa organica. Nell'arco dell'esistenza i sintomi depressivi variano: nei bambini essi assumono la forma di disturbi somatici, mentre negli anziani si manifestano attraverso calo dell'attenzione e amnesia. Nella maggior parte dei casi la depressione tende con il tempo a scomparire, ma può anche cronicizzarsi, nei casi in cui il soggetto non riesca a recuperare il suo stato mentale normale nei periodi che intercorrono tra un episodio depressivo e l'altro. Il disturbo depressivo maggiore risulta essere tra i disturbi più diffusi, e sembra essere più frequente nelle donne che negli uomini. Colpisce maggiormente nella prima età adulta, ma nel corso degli ultimi anni l'età di insorgenza si sta progressivamente abbassando.

DISTURBO BIPOLARE: Il disturbo bipolare si caratterizza per lo stato emotivo chiamato 'mania', che consiste in intensa ma infondata euforia accompagnata da irritabilità, logorrea (vedi glossario), iperattività, scarsa capacità di attenzione, creazione di piani grandiosi e inattuabili. La mania si può presentare in persone che soffrono di episodi di depressione, raramente è stata riscontrata in soggetti che non ne soffrissero. L'episodio maniacale può durare da alcuni giorni a mesi, si manifesta attraverso il flusso incessante di commenti di cui sopra, espressi a voce molto alta e pieni di battute, giochi di parole, rime ed esclamazioni. È molto difficile interrompere un simile eloquio, e questo porta ad un ulteriore sintomo, il deragliamento. Nei soggetti affetti da mania il bisogno maniacale di attività si manifesta anche attraverso una inopportuna e invadente socievolezza, così come nella tendenza a ad essere indaffarati senza un vero scopo, e nell'incapacità di realizzare che tutte le idee sono destinate a fallire. I tentativi di tamponare gli impeti di questo genere provocano rabbia e a volte reazioni furiose. All'interno di questa patologia si verificano anche un aumento del livello dell'attività, in ambito lavorativo, sociale e/o sessuale, una diminuzione del bisogno di dormire, un'ipertrofia dell'autostima, che comporta la convinzione di avere capacità e poteri al di fuori dal comune, coinvolgimento eccessivo in attività piacevoli, le quali però generalmente hanno conseguenze spiacevoli, come ad esempio fare spese folli.Oltre agli episodi maniacali, nel disturbo bipolare possono trovarsi anche episodi misti, comprendenti sia i sintomi della mania che quelli della depressione. La maggior parte dei soggetti affetti da tale disturbo esperisce entrambi gli episodi. Il disturbo insorge generalmente tra i 20 e i 30 anni e presenta la stessa frequenza nei due sessi; esso ha la tendenza a ripresentarsi più volte. Sembra inoltre esserci un ruolo di questo disturbo nel processo creativo, per mezzo dell'euforia, della grande quantità di energia e del succedersi rapido dei pensieri, che permette di cogliere connessioni tra idee che normalmente appaiono slegate.

Page 21: PSICHIATRIA MIGLIORATA

21

Si prevede per entrambi i disturbi, unipolare e bipolare, la sottocategoria di 'disturbo stagionale', nel caso in cui sia evidente una relazione regolare tra la comparsa degli episodi e una particolare stagione dell'anno.

DISTURBO CICLOTIMICO: il soggetto presenta frequenti periodi di depressione e altri di ipomania. L'ipomania è più lieve della mania e presenta gli stessi suoi sintomi, solo leggermente meno evidenti. Questi periodi possono essere misti o alternati a periodi di umore normale che durano fino a due mesi. Nelle fasi di depressione e ipomania i ciclotimici presentano coppie polarmente opposte di sintomi, passando, ad esempio, dall'inadeguatezza della depressione all'esorbitante autostima dell'ipomania.

DISTURBO DISTIMICO: a differenza del disturbo depressivo maggiore, si riscontra la presenza di un umore cronicamente depresso per almeno due anni, quasi ogni giorno, con una presenza giornaliera che coinvolge la maggior parte della giornata. All'umore depresso si possono associare uno o più dei seguenti sintomi: insonnia o ipersonnia, un pensiero di bassa stima di sé, una difficoltà nella concentrazione, sentimenti di disperazione, scarso o molto appetito e scarsa energia. Il disturbo distimico è spesso associato al disturbo di dipendenza da sostanze, al disturbo di personalità bordeline, istrionico, narcisistico, evitante e dipendente. Nei bambini tale disturbo può essere associato ai disturbi della condotta, ai disturbi d'ansia, ai disturbi dell'apprendimento, al ritardo mentale ed anche al disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività.

FOCUSEpisodio Depressivo: l’episodio depressivo ha come sintomo principale l’umore depresso, uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, pessimismo e disperazione, che duri più di due settimane per tutto il giorno, senza che alcuno stimolo possa far uscire, anche per un tempo limitato (distrazione) il paziente dal suo stato (in questo caso si tratterebbe di un normale stato di tristezza non patologica). La perdita di piacere (anedonia) o di interesse (apatia) conduce spesso a comportamenti di ritiro sociale ed a compromissione del funzionamento lavorativo, sociale e familiare. Un sintomo frequente è la perdita dell’appetito a cui consegue calo ponderale associato ad astenia e facile affaticabilità; il paziente può riferire un calo di energie e se ciò accade bisogna assolutamente evitare frasi come “tirati su”, in quanto egli manca dell’energia fisica e mentale per riprendere di colpo una normale attività psicomotoria; usando quel tipo di espressioni si può solo alimentare il già presente e predominante senso di colpa. Il paziente depresso tende ad autosvalutarsi ed è pervaso da un totale pessimismo verso il futuro. Altri sintomi costanti nella depressione sono l’inversione graduale del ritmo sonno-veglia con sonno disturbato o l’insonnia, deficit di concentrazione e memoria, e calo della libido. L’episodio depressivo non trattato dura mediamente 6-8 mesi e può risolversi con una graduale remissione che può essere totale o parziale (permane sintomatologia depressiva residua); l’esito più tragico della depressione maggiore è il suicidio. A questo proposito è importante sapere che il momento in cui il paziente è più a rischio di suicidio, è la prima fase di miglioramento: in questo frangente c’è ripresa dell’attività psicomotoria, ma permangono i sentimenti di colpa e autosvalutazione; il paziente è in grado di trovare la forza ed il coraggio per fuggire definitivamente dai sentimenti negativi e pessimistici che lo attanagliano. Episodio Maniacale: l’episodio maniacale ha come sintomo principale un umore inusualmente ed esageratamente elevato, con un esordio più rapido rispetto alla depressione. Spesso è preceduto da alcuni giorni di espansività, loquacità, iperattività o irritabilità che gradualmente si intensificano dando luogo al quadro conclamato. L’umore elevato di un episodio maniacale può essere descritto come euforico ed è spesso riconosciuto come eccessivo da coloro che conoscono il soggetto; il paziente invece riferisce di trovarsi semplicemente in uno stato di completo benessere e non è consapevole della sua reale situazione. La qualità espansiva dell’umore è caratterizzata da un entusiasmo eccessivo e indiscriminato per le relazioni interpersonali e sessuali o per attività ricreative e occupazionali. L’umore maniacale è marcatamente instabile, bastano infatti modeste frustrazioni o contrasti con l’ambiente esterno a far emergere sentimenti di rabbia e aggressività. All’elevazione del tono dell’umore si associa un aumento della disponibilità di energie che si esprime con una aumentata attività motoria, un incremento dell’attività lavorativa, el’impegno di ulteriori energie in attività multiple anche mai svolte dal paziente. All’osservazione esterna il soggetto appare irrequieto e impulsivo e presenta una mimica mutevole ed una spiccata gestualità L’eloquio è accelerato, ricco di citazioni, giochi di parole e volgarità; questo aumento dell’attività verbale (logorrea) determina, nei casi più gravi, fuga delle idee ed allentamento dei nessi associativi; ne risulta un linguaggio incoerente che non trasmette informazioni comprensibili, con parole spesso accostate solo per assonanza. Il contenuto del pensiero è dominato da idee di grandezza con ipervalutazione delle proprie capacità fisiche e

Page 22: PSICHIATRIA MIGLIORATA

22

intellettive e, nei casi più gravi con deliri congrui (megalomanici o di grandezza) o incongrui (persecuzione, inserzione del pensiero, trasmissione del pensiero, deliri di influenzamento) col proprio stato d’animo. Il quadro può presentare anche allucinazioni visive e uditive coerenti con letematiche maniacali, e illusioni. L’ottimismo ingiustificato e la mancanza di giudizio inducono il paziente a cimentarsi in attività pericolose e sconvenienti (guida spericolata, eccessi negli acquisti, investimenti avventati, comportamento sessuale promiscuo). Anche se l’individuo riferisce aumentate doti intellettive, in realtà le funzioni cognitive sono alterate e si riscontrano deficit dell’attenzione, distraibilità, difficoltà di sintesi e carente capacità di giudizio. Insonnia (vissuta come fattore positivo) e aumento dell’appetito (senza aumento di peso per la maggiore attività fisica) sono caratteristiche costanti dell’episodio maniacale. L’episodio maniacale non trattato può durare da alcuni giorni a 4-6 mesi e in genere si risolve bruscamente o nel giro di qualche giorno con ritorno all’eutimia o col passaggio ad un episodio depressivo.

DISTURBI DELLA PERSONALITA’

Definizione. I disturbi di personalità non sono caratterizzati da specifici sintomi o sindromi, come ad esempio il DOC pd, la depressione o gli attacchi di panico, ma dalla presenza esasperata e rigida di alcune caratteristiche di personalità. La personalità (o carattere) è stata definita in molti modi, ma si può dire che sia l'insieme delle caratteristiche, o tratti stabili, che rappresentano il modo con il quale ciascuno di noi risponde, interagisce, percepisce e pensa a ciò che gli accade. Si può anche dire che la personalità sia il modo stabile che ciascuno di noi si è costruito, con le proprie esperienze ed a partire dal proprio temperamento innato, di rapportarsi con gli altri e con il mondo. I tratti che la compongono rappresentano le caratteristiche del proprio stile di rapporto con gli altri: così esiste per esempio il tratto della dipendenza dagli altri, o della sospettosità, o della seduzione, oppure quello dell'amor proprio. Normalmente questi tratti devono essere abbastanza flessibili a seconda delle circostanze: così in alcuni momenti sarà utile essere più dipendenti o passivi del solito, mentre in altri sarà più funzionale essere seducenti.I disturbi della personalità sono caratterizzati dalla rigidità e dalla presentazione inflessibile di tali tratti, anche nelle situazioni meno opportune. Ad esempio, alcune persone tendono sempre a presentarsi in modo seducente indipendentemente dalla situazione nella quale si trovano, rendendo così difficile gestire la situazione; altre persone, invece, tendono ad essere sempre talmente dipendenti dagli altri che non riescono a prendere autonomamente proprie decisioni.Solitamente tali tratti diventano così consueti e stabili che le persone stesse non si rendono conto di mettere in atto comportamenti rigidi e inadeguati, da cui derivano le reazioni negative degli altri nei loro confronti, ma si sentono sempre le vittime della situazione e alimentano il proprio disturbo.

Page 23: PSICHIATRIA MIGLIORATA

23

Così, ad esempio, una persona che presenta un disturbo paranoide di personalità, non capisce che, con il suo comportamento sospettoso, non dà fiducia agli altri, e si "tira addosso" fregature e reazioni aggressive, confermandosi l'idea che non ci si può fidare di nessuno.

Classificazione. I disturbi di personalità sono stati classificati, secondo la più diffusa classificazione psicopatologica, in tre categorie:

1) Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro o Cluster A: Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso. Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri. Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.

2) Disturbi caratterizzati da un'alta emotività o Cluster B: Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell'idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita. Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare l'attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni.Disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l'ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l'importanza che si attribuisce. Disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa per i crimini commessi.

3) Disturbi caratterizzati da una forte ansietà o Cluster C:Disturbo evitante di personalità: chi ne soffre tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza. Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi tutte le proprie decisioni. Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade.

CLUSTER A Personalità paranoide: le persone con questo disturbo di personalità sono generalmente fredde e distanti nelle relazioni interpersonali, oppure sono controllanti e gelose se sviluppano un attaccamento. Tendono a reagire con sospetto ai cambiamenti situazionali e a trovare motivazioni ostili e malevole sotto gli atti futili, innocenti o persino positivi degli altri. Spesso queste motivazioni ostili rappresentano le proiezioni della loro stessa ostilità verso gli altri. Quando ritengono che i propri sospetti siano confermati, a volte reagiscono in modi che sorprendono o spaventano gli altri. Essi quindi utilizzano la conseguente collera o rifiuto da parte degli altri (cioè, l'identificazione proiettiva) per giustificare i loro sentimenti originari. I soggetti paranoidi hanno la tendenza a intraprendere azioni legali contro gli altri, specialmente quando provano un senso di legittima indignazione. Tuttavia, non riescono ad accorgersi del proprio ruolo in un conflitto. Nelle varie occupazioni, questi soggetti possono essere altamente efficienti e coscienziosi, sebbene di solito abbiano bisogno di lavorare in un relativo isolamento.Tra le persone che si sentono particolarmente estraniate a causa di un difetto fisico o di un handicap possono svilupparsi tendenze paranoidi. Per esempio, un soggetto con sordità cronica può erroneamente pensare che si parli o si rida di lui.

Personalità schizoide: i soggetti con questo disturbo di personalità sono introversi, tendenti al ritiro, solitari, emotivamente freddi e distanti. Appaiono il più delle volte assorbiti nei propri pensieri e nelle proprie sensazioni e hanno paura dell'amicizia o dell'intimità con gli altri. Sono reticenti, sognano a occhi aperti e preferiscono la speculazione astratta all'azione pratica.

Page 24: PSICHIATRIA MIGLIORATA

24

Personalità schizotipica: come gli schizoidi, i soggetti con questo disturbo di personalità sono isolati socialmente e distaccati emotivamente, ma inoltre manifestano stranezze di pensiero, percezione e comunicazione, come pensiero magico, chiaroveggenza, idee di riferimento o ideazione paranoide. Queste stranezze ricordano la schizofrenia, ma non sono mai abbastanza gravi da soddisfarne i criteri. Si ritiene tuttavia che i soggetti con questo disturbo di personalità abbiano un'espressione fenotipica attenuata (variante di spettro) dei geni che causano la schizofrenia.

CLUSTER B Personalità borderline: le persone con questo disturbo di personalità (prevalentemente donne) sono caratterizzate da instabilità dell'immagine di sé, dell'umore, del comportamento e delle relazioni interpersonali. Questo disturbo di personalità si rende evidente nella prima età adulta, ma tende a divenire più lieve o a stabilizzarsi con l'età. Queste persone ritengono di aver subito una deprivazione di cure adeguate nell'infanzia e di conseguenza si sentono vuote, in collera, in diritto di ricevere attenzioni. Come risultato, ne sono sempre alla ricerca. Questo disturbo di personalità è il tipo largamente più riscontrabile nei servizi sanitari psichiatrici e di ogni altro tipo. Quando i soggetti con personalità borderline sentono che ci si prende cura di loro, assumono le parvenze di persone sole e abbandonate che chiedono aiuto per depressione, abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare e precedenti maltrattamenti. Tuttavia, quando temono la perdita della figura curante, il loro umore cambia sensibilmente e si manifesta spesso una rabbia intensa e inappropriata. Il cambiamento d'umore è accompagnato da drastici mutamenti nella visione del mondo, di se stessi e degli altri, dal bianco al nero, dall'odio all'amore o viceversa. Il loro punto di vista non è mai neutrale. Quando si sentono abbandonati (cioè, completamente soli), si dissociano o diventano disperatamente impulsivi. Talora, il loro giudizio sulla realtà è così inadeguato che hanno brevi episodi di pensiero psicotico, come p. es., idee paranoidi e allucinazioni. Queste persone hanno relazioni interpersonali di gran lunga più drammatiche e intense rispetto a quelle con disturbi di personalità del gruppo A. I loro processi di pensiero sono più disturbati di quelli dei soggetti con personalità antisociale e l'aggressività è più spesso rivolta contro se stessi. Sono più collerici, più impulsivi e più confusi riguardo la propria identità rispetto a quelli con personalità istrionica. Tendono a evocare reazioni intense, inizialmente di accudimento, nelle figure curanti. Ma dopo le crisi recidivanti, le lamentele vaghe e infondate e le inosservanze ripetute delle raccomandazioni terapeutiche, le figure curanti (medico compreso) spesso si sentono molto frustrate, e iniziano a considerarli come persone che si lamentano e poi rifiutano l'aiuto. La scissione, il passaggio all'atto, l'ipocondria e la proiezione sono i comuni meccanismi di difesa.

Personalità antisociale (precedentemente definita psicopatica o sociopatica): le persone con questo disturbo di personalità calpestano i diritti e i sentimenti degli altri. Sfruttano gli altri per ottenere vantaggi materiali o gratificazione personale (a differenza dei soggetti narcisistici, che sfruttano gli altri perché pensano che la propria superiorità lo giustifichi). Caratteristicamente, mettono in atto i propri conflitti in maniera impulsiva e irresponsabile, a volte con ostilità e violenza grave. Sono scarsamente tolleranti alle frustrazioni. Spesso non prevedono le conseguenze negative dei propri comportamenti antisociali e poi, generalmente, non provano rimorso o sensi di colpa. Molti di essi hanno una buona capacità di razionalizzare con disinvoltura il proprio comportamento o di darne la colpa agli altri. La disonestà e l'inganno permeano le loro relazioni. La punizione raramente modifica il comportamento o migliora il loro giudizio o la prudenza; di solito conferma la loro visione del mondo come crudelmente privo di sentimenti.Il disturbo di personalità antisociale spesso si associa all'alcolismo, alla tossicomania, all'infedeltà, alla promiscuità, al fallimento professionale, a trasferimenti frequenti e a reclusioni. Nelle società occidentali, questo disturbo di personalità è più comune negli uomini che nelle donne, e in queste ultime è più comune la personalità borderline; questi due disturbi hanno molto in comune. Nelle famiglie dei pazienti con ambedue i tipi di personalità, la prevalenza di familiari antisociali, abuso di sostanze, divorzi e abuso infantile è alto. Spesso i genitori del paziente hanno un cattivo rapporto, ed egli ha subito una grave deprivazione emotiva negli anni dello sviluppo. La previsione di sopravvivenza è più bassa, ma tra chi sopravvive il disturbo tende a migliorare o a stabilizzarsi con l'età.

Personalità narcisistica: i soggetti con questo disturbo di personalità sono megalomani; hanno cioè un esagerato senso di superiorità. Le loro relazioni con gli altri sono caratterizzate dal bisogno di ammirazione e sono estremamente sensibili alle critiche, ai fallimenti o alle sconfitte. Quando si trovano di fronte a un fallimento nel soddisfare la loro alta opinione di sé, possono andare in collera o deprimersi profondamente.

Page 25: PSICHIATRIA MIGLIORATA

25

Poiché si ritengono superiori, spesso credono che gli altri li invidino, e si sentono in diritto di esigere che ci si occupi dei loro bisogni senza aspettare. Quindi possono giustificare lo sfruttamento degli altri, i cui bisogni o le cui convinzioni sono per loro meno importanti delle proprie. Queste caratteristiche spesso sono offensive per le persone con cui hanno a che fare, compresi i medici. Questo disturbo di personalità si manifesta in persone che fanno carriera, ma può anche osservarsi in persone con scarsi successi.

Personalità istrionica (isterica): i soggetti con questo disturbo di personalità ricercano in modo accentuato l'attenzione, sono manierati e teatrali. Le loro espressioni emotive spesso appaiono esagerate, infantili e superficiali e, come altri comportamenti teatrali, spesso evocano un'attenzione di tipo empatico o erotico negli altri. Le relazioni, quindi, vengono spesso allacciate con facilità, ma tendono a essere superficiali e transitorie. Queste persone possono associare degli atteggiamenti sessuali provocanti o un'erotizzazione delle relazioni non sessuali, a inibizioni e insoddisfazioni sessuali sorprendenti. Sotto i loro comportamenti sessualmente seduttivi e sotto la tendenza a esagerare i problemi somatici (cioè l'ipocondria) spesso si nascondono desideri più profondi di dipendenza e protezione.

CLUSTER CPersonalità dipendente: le persone con questo disturbo affidano la responsabilità degli aspetti principali delle proprie vite agli altri, e consentono che i bisogni di coloro da cui dipendono abbiano il sopravvento sui propri. Mancano di fiducia in se stessi e hanno una grande insicurezza circa la propria capacità di provvedere a sé stessi. Spesso reclamano di non poter prendere decisioni e di non sapere cosa fare e come farlo. Questo comportamento è dovuto in parte alla convinzione che gli altri siano più capaci e in parte alla riluttanza a esprimere le proprie opinioni per paura di offendere con la loro aggressività le persone di cui hanno bisogno (cioè una forma di aggressività verso se stessi). La dipendenza è presente in altri disturbi di personalità dove può essere nascosta da problemi comportamentali manifesti; p. es., i comportamenti istrionici o borderline nascondono una dipendenza soggiacente.

Personalità evitante: le persone con questo disturbo di personalità sono ipersensibili al rifiuto e hanno paura di intraprendere nuove relazioni o altre novità, perché possono fallire o restarne delusi. Questo disturbo di personalità è una variante di spettro della fobia sociale generalizzata. A causa del proprio intenso desiderio conscio di affetto e di essere accettati, le persone con un disturbo di evitamento di personalità, a differenza di quelle con un disturbo di personalità schizoide, soffrono in modo evidente a causa del proprio isolamento e per l'incapacità di relazionarsi in modo soddisfacente con gli altri. A differenza dei soggetti con un disturbo di personalità borderline, rispondono al rifiuto con il ritiro, non con gli accessi d'ira. I soggetti con un disturbo di evitamento di personalità rispondono in maniera incompleta o scarsa ai farmaci ansiolitici.

Personalità ossessivo-compulsiva: le persone con questo disturbo di personalità sono coscienziose, ordinate e affidabili, ma la loro rigidità spesso le rende incapaci di adattarsi ai cambiamenti. Poiché sono prudenti e soppesano tutti gli aspetti di un problema, possono avere difficoltà nel prendere decisioni. Prendono sul serio le responsabilità ma, poiché odiano gli errori e l'incompletezza, possono perdersi nei dettagli e dimenticare lo scopo dei propri compiti o avere problemi a portarli a termine. Come risultato, le responsabilità provocano ansia ed essi sono raramente soddisfatti dei propri successi.

La maggior parte dei tratti ossessivo-compulsivi è di carattere adattativo e, finché non sono troppo marcati, le persone con tali tratti ottengono risultati degni di nota, specialmente nel campo scientifico e in altri campi accademici in cui sono necessari ordine, perfezionismo e perseveranza. Tuttavia, possono sentirsi a disagio con ciò che coinvolge i sentimenti, le relazioni interpersonali e le situazioni di cui non hanno il controllo, in cui devono affidarsi agli altri o in cui gli eventi sono imprevedibili.

ALTRI DISTURBI DI PERSONALITA’I disturbi di personalità passivo-aggressivo, ciclotimico e depressivo non sono inclusi nel DSM-IV. Tuttavia, si tratta di diagnosi potenzialmente utili.

Personalità passivo-aggressiva (negativista): i soggetti con questo disturbo di personalità appaiono tipicamente incapaci o passivi, ma queste condotte mirano nascostamente a evitare le responsabilità o a controllare oppure punire gli altri. Il comportamento passivo-aggressivo si rende spesso evidente attraverso la procrastinazione, l'inefficienza o attraverso lamentele non realistiche di incapacità. Spesso, queste persone

Page 26: PSICHIATRIA MIGLIORATA

26

accettano di eseguire compiti che non vogliono svolgere e poi compromettono il completamento degli stessi. Tale comportamento di solito serve a negare o a nascondere l'ostilità o i contrasti.

Personalità ciclotimica: nelle persone con questo disturbo di personalità, un buonumore vivace si alterna a tristezza e pessimismo; tali stati d'animo durano sett. o più. Caratteristicamente, le variazioni cicliche dell'umore sono regolari e avvengono senza cause esterne giustificabili. Questo disturbo di personalità è una variante di spettro della malattia maniaco-depressiva (disturbo bipolare), ma la maggior parte dei soggetti ciclotimici non sviluppa tale disturbo. La personalità ciclotimica è considerata un temperamento, presente in molte persone creative e dotate.

Personalità depressiva (masochistica): le persone con un disturbo depressivo di personalità sono sempre cupe, preoccupate e sofferenti. La loro prospettiva pessimistica compromette le iniziative e scoraggia le persone che passano molto tempo con essi. Per loro, essere contenti di se stessi è qualcosa di immeritato che genera senso di colpa. Hanno la convinzione inconscia che le sofferenze siano un segno di merito, e che siano necessarie a guadagnare l'amore o l'ammirazione degli altri. Questo disturbo di personalità è considerato un temperamento che di solito non causa disfunzione sociale.

TerapiaIl trattamento di un disturbo di personalità richiede molto tempo. I tratti di personalità quali i meccanismi di difesa, le convinzioni e gli schemi di comportamento richiedono molti anni per instaurarsi, e cambiano lentamente. I cambiamenti di solito si verificano secondo una sequenza prevedibile e per facilitarli sono necessarie diverse modalità di trattamento. La riduzione degli stress ambientali può eliminare rapidamente sintomi come l'ansia o la depressione. Comportamenti come l'imprudenza, l'isolamento sociale, la mancanza di assertività o gli accessi di collera possono essere modificati nel corso di svariati mesi. La terapia di gruppo e quella comportamentale, a volte nel contesto di un'assistenza diurna o di strutture residenziali apposite, sono efficaci. Anche la partecipazione a gruppi di auto-aiuto o la terapia familiare possono aiutare a cambiare i comportamenti socialmente indesiderabili. La modificazione comportamentale è importante soprattutto per i pazienti con disturbo di personalità borderline, antisociale o di evitamento.I problemi interpersonali come la dipendenza, la diffidenza, l'arroganza o la manipolatività, di solito necessitano di più di un anno per cambiare. L'unico modo per ottenere dei cambiamenti nei rapporti interpersonali è una psicoterapia individuale che aiuti il paziente a comprendere le fonti dei suoi problemi interpersonali nel contesto di una profonda relazione medico-paziente collaborativa e non manipolativa. Il terapeuta deve puntualizzare ripetutamente le conseguenze sgradevoli degli schemi di pensiero e di comportamento del paziente, e talvolta deve porre dei limiti al suo comportamento. Questa terapia è fondamentale per i pazienti con disturbo di personalità istrionico, dipendente o passivo-aggressivo. Per alcuni pazienti affetti da disturbi di personalità che influenzano il modo di strutturare mentalmente gli atteggiamenti, le aspettative e le convinzioni (cioè i tipi narcisistico o ossessivo-compulsivo) è indicata la psicoanalisi, di solito per 3 anni.Principi generali: sebbene il trattamento sia variabile a seconda del tipo di disturbo di personalità, alcuni principi generali sono applicabili a tutti. I familiari possono comportarsi in modi che rinforzano o riducono i comportamenti o i pensieri problematici del paziente, quindi il loro coinvolgimento è utile e spesso fondamentale.I farmaci hanno effetti limitati. Possono essere assunti in modo improprio o usati nei tentativi di suicidio. I farmaci hanno solo una efficacia modesta nel caso di un disturbo di personalità che causa ansia e depressione. Nei soggetti con disturbi di personalità, l'ansia e la depressione possono avere un significato positivo, cioè che la persona sta sperimentando le conseguenze indesiderate del suo disturbo o sta intraprendendo alcune necessarie riflessioni su di sé.Poiché i disturbi di personalità sono particolarmente difficili da trattare, è importante che i terapeuti abbiano esperienza, entusiasmo e capacità di comprensione delle prevedibili aree di sensibilità emotiva del paziente e delle sue modalità abituali di coping. La gentilezza e la direttività da sole non cambiano i disturbi di personalità.

Page 27: PSICHIATRIA MIGLIORATA

27

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

Definizione.Coi termini Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), o Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP), si indicano tutte quelle problematiche, di pertinenza principalmente psichiatrica, che concernono il rapporto tra gli individui e il cibo.I DCA sono argomento di trattazione non solo in psichiatria, ma anche in endocrinologia, in gastroenterologia etc, in quanto comportano, nei soggetti in cui si instaurano, tutta una serie di alterazioni primarie o secondarie (complicazioni)che vanno a colpire numerosi organi e apparati.

Classificazione. I DCA sono stati didatticamente suddivisi in tre tipologie principali:

- Anoressia Nervosa, AN- Bulimia Nervosa, BN- Disturbo da alimentazione incontrollata

Ogni tipologia ha diverse varianti e sottotipologie. E' importante sottolineare che questa classificazione non è rigida, e che i pazienti tendono a muoversi più o meno facilmente da un tipo (o da un sottotipo) a un altro, in relazione alla risposta alla terapia, alla natura del loro carattere etc.

Epidemiologia generale. I DCA sono molto più diffusi di quanto si pensi: si tratta al giorno d'oggi di problemi ancora parzialmente sommersi, dei quali i pazienti non parlano volentieri o non parlano affatto. La prevalenza è più elevata nei Paesi Industrializzati rispetto ai PVS. L'incidenza è maggiore nelle fasce giovani della popolazione:

Page 28: PSICHIATRIA MIGLIORATA

28

adolescenti e giovani adulti sono i soggetti più a rischio. Per l'AN e la BN, l'incidenza è maggiore nelle donne, mentre il disturbo da alimentazione incontrollata presenta un'incidenza maggiore negli uomini.

EziologiaL'eziologia sembra essere multifattoriale. Sembra infatti che si stia dimostrando una certa familiarità in questo tipo di disturbi, cosa che dimostra, accanto ad un'importante influenza ambientale, una importanza variabile della predisposizione genetica.

ANORESSIA NERVOSA L'anoressia nervosa (AN) è, insieme alla bulimia, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare. Ciò che contraddistingue l'AN è il rifiuto del cibo da parte del soggetto e la paura ossessiva di ingrassare. Nelle forme più gravi e protratte possono svilupparsi malnutrizione, inedia, amenorrea ed emaciazione. L'anoressia nervosa è una malattia, e non deve essere confusa con il sintomo chiamato anoressia, la cui presenza invece è indice di un differente stato patologico dell'individuo.

Epidemiologia. L'anoressia e i disturbi alimentari in generale sono una vera e propria emergenza sanitaria nei paesi occidentali industrializzati e, secondo molti autori, sono in continuo aumento. Il rapporto uomini-donne secondo alcune ricerche è di 1:10. La percentuale di maschi anoressici sembra in aumento, ma ciò potrebbe derivare dal semplice fatto che oggi un maggior numero di uomini si rivolgono ad un medico per curare tale disturbo. Nonostante questo dato, l’AN è a oggi considerata un disturbo prettamente femminile: circa il 90% dei casi, infatti, si sviluppa nel sesso femminile. Nel sesso maschile è maggiormente espresso un altro problema collegato all'immagine del corpo (Anoressia Nervosa Riversa o Bigoressia), per cui l'ideale non è quello di apparire magri ma il più muscolosi possibile: in questo caso si parla di dismorfia muscolare, che è stata considerata come un fenotipo dell'anoressia. In Italia l'AN ha attualmente una prevalenza che va dallo 0,2% allo 0,8%.

Eziologia.Le cause dell'anoressia nervosa non sono del tutto chiare. Esistono dei fattori predisponenti di natura sia biologica, sia sociale, sia psicologica ai quali si sovrappongono dei fattori scatenanti che portano allo sviluppo della malattia.

Page 29: PSICHIATRIA MIGLIORATA

29

Cause biologiche: recenti studi mostrano l'influenza che gli ormoni gastrointestinali (in particolar modo la grelina), i neuropeptidi della tiroide e la diminuzione della leptina, hanno sul manifestarsi dell'anoressia.Cause sociali: tra i fattori predisponenti è rilevante il fatto di avere un familiare che soffre, o ha sofferto, di un disturbo del comportamento alimentare. Altra causa che può portare allo sviluppo di tali problemi è il crescere in una famiglia dove esiste una grave difficoltà nella comunicazione interpersonale e nell'espressione delle proprie emozioni; in tal caso l'anoressia può assumere il senso di una "comunicazione senza parole" alla famiglia, nella famiglia e per la famiglia (con vari aspetti di protesta, di richiesta di attenzione, di manifestazione di un disagio individuale o del sistema familiare nel suo complesso). In altri casi il disturbo può dipendere da significativi problemi di autostima, legati eventualmente anche a feedback negativi e reiterati dal sistema sociale, familiare o amicale. Disturbi dell'alimentazione possono insorgere anche in seguito a marcate delusioni affettive, o gravi problemi relazionali nella coppia. Altri fattori di rischio sono l'appartenenza a determinati gruppi sociali in cui è rilevante la tematica del controllo del peso (ad es. ballerine/i, ginnaste/i, cicliste/i o altri sportivi professionisti); il vivere in un'area urbana di un paese occidentale, dove la magrezza viene enfatizzata come un valore sociale positivo; il fatto di soffrire di un disturbo della personalità. Un ruolo importante viene svolto anche dai mass media, mostrando alle donne più giovani canoni di bellezza non corrispondenti al loro fisico.Cause psicologiche: oltre ai fattori sociali e familiari, vi sono importanti fattori di rischio legati al forte desiderio di sottoporsi (spesso ripetutamente) a diete ferree per il raggiungimento di uno standard estetico; la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e agli eventi stressanti; fallimenti amorosi; gravi difficoltà scolastiche o lavorative; alterazione della normale condizione familiare o anche una forzata separazione da essa; lutti o gravi incidenti occorsi ad amici o parenti; abusi sessuali e fisici.Processo importante di mantenimento del disturbo è quello della dismorfofobia: le persone con questa difficoltà non solo non sono soddisfatte del loro aspetto, ma non riescono ad osservarlo e percepirlo con obiettività, bensì lo vedono distorto e peggiore di quello che in realtà è. La dismorfofobia non è solo un'errata valutazione "razionale" del dato percettivo (ad esempio, davanti allo specchio): è un disturbo psicopatologico che va a coinvolgere la rappresentazione del proprio "schema corporeo", e che richiede un intervento specifico. Il fenomeno è stato confermato anche da studi di neuroimaging: dei pazienti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale ed i loro pattern di attivazione neurale sono stati messi a confronto con quelli di persone senza patologie alimentari, rivelando alcune differenze significative.Da non trascurare anche il rischio di effetti di circolo vizioso: il soggetto vive uno stato di ansia e depressione in relazione alla sua situazione, che lo portano a digiunare; la malnutrizione facilita a sua volta uno stato di disforia nell'individuo, intensificando la sua depressione.Cause psichiatriche: nella letteratura scientifica è avanzata l'ipotesi che all'origine dell'AN vi sia una pregressa positività psichiatrica, od una relativa comorbilità, con disturbi della sfera ossessivo-compulsiva; tale comorbilità spiegherebbe la struttura compulsiva ed ossessiva presente soprattutto in una delle due forme della malattia.Cause genetiche: negli ultimi anni si è spostata l'attenzione nel campo della genetica e in tal senso gli studiosi cercano di stabilire le possibili cause della malattia. Gli studi si sono concentrati sul 5-HT(2A) (un sottotipo recettoriale della serotonina), la cui funzione può risultare alterata durante la fase della pubertà. Un tale funzionamento anomalo si ritiene possa essere possibile causa di anoressia, ma i risultati sono contrastanti.Familiarità: già in passato si ipotizzò una forma di familiarità della malattia. Gli ultimi studi sull'ereditabilità, mostrano che i sintomi della malattia hanno ognuno un diverso grado di diffusione e ultimamente, grazie a tali studi, si è presupposto un coinvolgimento per alterazione dei cromosomi 1, 2 e 13, con specifiche localizzazioni.

Clinica. I criteri standard raccomandati dai manuali psichiatrici per una corretta diagnosi di anoressia nervosa sono:

- una magrezza estrema (non costituzionale ma volontaria), con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale (anoressico è un soggetto con l'indice di massa corporea - BMI - inferiore a 17,5);

- una forte paura di ingrassare anche in presenza di evidente sottopeso;- una preoccupazione estrema per il peso e l'aspetto fisico, che includa sia un'alterazione del vissuto

corporeo, sia un'importanza eccessiva data al peso a scapito dell'autostima; - il rifiuto di ammettere la gravità delle proprie condizioni fisiologiche; - il non essere soddisfatti del proprio corpo (costituisce il fattore di rischio più elevato);

Page 30: PSICHIATRIA MIGLIORATA

30

- nei pazienti di sesso femminile, un'amenorrea (sospensione del ciclo mestruale) da almeno tre cicli consecutivi dopo il menarca.

Manifestazioni minori- diminuzione della densità minerale ossea che porta all'osteopenia, e alla sua forma più grave,

l'osteoporosi, presente dal 20 al 50% dei pz;- diminuzione del desiderio sessuale (arrivando alla disfunzione erettile per gli uomini) dovuto a

deficit di testosterone;- eccesso di cortisolo o sindrome di Cushing; - deficit di zinco, la cui somministrazione è prevista come terapia sostitutiva;- cefalea;- carie dentaria;- diminuzione della capacità di concentrazione sotto stress, soprattutto nei casi di lunga durata, mentre

in condizioni normali non si notano alterazioni; - ipoglicemia, derivante da un'anomala secrezione dell'ormone peptidico glucagone;- pancreatite cronica o acuta, correlate all'AN e alla malnutrizione in genere, anche se non è chiara la

natura di questa connessione; - leucopenia, dovuta alla diminuzione del IGF-I.

Manifestazioni psichiatricheDate le loro caratteristiche, diventa impossibile una quantificazione percentuale precisa dei sintomi psichiatrici riscontrati nelle persone affette dall'anoressia nervosa. Molti studi in proposito sono stati effettuati elencando le varie possibili manifestazioni:

- Depressione, a seconda dello studio la sua incidenza varia dal 25% dei casi arrivando a sfiorare anche l'80%, che può anche perdurare dopo la guarigione dalla malattia.

- Ansia, la cui coesistenza è difficile da comprendere. - Disturbi correlati all’abuso sostanze.- Disturbo di personalità. Nel caso dell'anoressia nervosa il disturbo riguarda il cluster C o il cluster B. - Disturbo ossessivo-compulsivo. Secondo alcuni autori tale manifestazione sarebbe una sottospecie

dei disturbi alimentari. Per quanto riguarda l'espressione della rabbia e dell'aggressività diretta verso gli altri, la mancanza di tale fattore è proprio una caratteristica che contraddistingue l'anoressia nervosa dalla bulimia nervosa.Manifestazioni dermatologicheVi sono molte manifestazioni a livello dermatologico nell'anoressia nervosa, che sovente colpiscono le mani della persona, anche se nessuna di esse è patognomonica. Fra esse si ritrovano:

- xerosi cutanea, l'anormale mancanza di umidità nella pelle; - gengivite, l'infiammazione dei tessuti gengivali; - fragilità e conseguente lesione delle unghie;- acne;- cheilite, infiammazione del labbro; - "segno di Russel", una formazione callosa di forma numulare sul dorso della mano, causata dal

ripetuto sfregamento con gli incisivi superiori durante l'introduzione delle dita nel cavo orale, per l'induzione del vomito.

Manifestazioni cardiacheSi è svolto uno studio approfondito per comprendere a cosa fosse dovuto l'arresto cardiocircolatorio che ha portato alla morte diversi soggetti affetti dall'anoressia senza riuscire a comprendere quale fosse il motivo. Le manifestazioni maggiormente riscontrate a livello cardiaco sono:

- bradicardia, che si manifesta più facilmente quando vi è una notevole perdita di peso;- aritmie cardiache a livello ventricolare.

Fattori di rischioAlcuni studi hanno rilevato diversi fattori di rischio che aumentano la possibilità di sviluppare AN:

- cefaloematoma, un'emorragia a livello del cervello dei neonati, da cui potrebbe nascere un danneggiamento dell'encefalo;

- parto pretermine: una nascita prematura predispone maggiormente il nascituro al rischio di sviluppare in seguito anoressia nervosa, rispetto a una nascita normale. Vi sono molte manifestazioni

Page 31: PSICHIATRIA MIGLIORATA

31

correlate a una nascita anticipata, come il ritardo conoscitivo, che a loro volta possono influenzare i problemi del comportamento, comprese le difficoltà legate all'assunzione di cibo.

TipologiaÈ possibile individuare due sottotipi di anoressia nervosa, a seconda che il paziente presenti o meno condotte di eliminazione che esulino dal normale rifiuto di cibo (quali vomito autoindotto, uso esagerato di lassativi, diuretici, o clisteri):

- restrittivo, se non mostra elementi di tal genere; - con alimentazione compulsiva/autoliberatoria se invece manifesta tali comportamenti.

È stato effettuato uno studio articolato su 10 anni per comprendere quali siano le differenze a livello socio-demografico tra i due tipi di anoressia. Da tale studio è emerso che:

- le ragazze affette dal tipo restrittivo hanno un rapporto migliore con la famiglia e soprattutto con la madre;

- le persone affette dalla forma compulsiva sono state vittime, con maggiore frequenza rispetto ai pazienti con forma restrittiva, di abuso fisico o sessuale spesso da parte del padre;

- "anoressia cronica di Meyer", descritta in letteratura, si differenzia dalle due precedenti in quanto compare esclusivamente nell'infanzia ed è di tipo cronico, al punto da comportare un ritardo e un iposviluppo del corpo.

Esami diagnosticiPer accertarsi che una persona sia affetta da anoressia nervosa non esistono esami specifici ma vengono redatti dei questionari, degli indici rivelatori, che la persona compila:

- Eating Attitudes Test, (EAT-26) un questionario composto da 26 domande, per controllare i disturbi dovuti alla dieta, alla bulimia e alla preoccupazione del cibo;

- Eating Disorder Symptom Severity Scale, (EDS3) per studiare i sintomi che accompagnano l'anoressia: la preoccupazione dell'immagine del proprio corpo, la paura di ingrassare, l'ansia dovuta al cibo;

- Eating Disorders Symptom Impact Scale (EDSIS), creata ultimamente, esamina la nutrizione, il comportamento della persona e l'isolamento sociale.

TerapiaLa terapia dell'anoressia mira al raggiungimento del tetto minimo del 90% del peso corporeo rispetto a quello ideale. Il trattamento, data la diversità delle cause, è molteplice: psicologico, nutrizionale e farmacologico.Terapia nutrizionale.È necessaria l'introduzione nel corpo di 1500-1800 kcal al giorno. Per ridurre la perdita ossea si utilizzano vitamina D e calcio.Terapia farmacologica.Sono stati provati molti farmaci: attualmente vengono utilizzati corticosteroidi, discusso è l'utilizzo degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, che non hanno ancora dato i risultati sperati. Vengono inoltre utilizzati anche altri farmaci antidepressivi. Terapia psicologica. Negli ultimi anni è stata data molta importanza, nel piano di intervento, anche alle forme di sostegno psicologico-clinico e di psicoterapia; si è dimostrata efficace l'azione di sostegno psicologico e soprattutto quella psicoterapeutica, finalizzata ad indagare e rielaborare le conflittualità emotive e relazionali che si traducono nel rifiuto del cibo. Le psicoterapie possono essere individuali, familiari e di gruppo. Le terapie familiari, spesso desiderate dagli stessi componenti del gruppo familiare, chiamano in causa l'intero sistema relazionale del gruppo famigliare, che è ritenuto avere un importante ruolo patogeno e patoplastico nella nascita, evoluzione e mantenimento del disturbo; tale forma di intervento clinico solitamente porta a buoni risultati. Negli ultimi anni queste forme terapeutiche si sono giovate anche del contributo dato dai gruppi di auto-mutuo-aiuto, nei quali non esiste la figura del "terapeuta" intesa in senso classico, dove il clinico assume invece il ruolo del "facilitatore", che stimola i componenti del gruppo al dialogo e alla condivisione delle difficoltà emotive e pratiche. I pazienti diventano così i "co-terapeuti" di sé stessi.Ricovero.

Page 32: PSICHIATRIA MIGLIORATA

32

In casi in cui la vita può essere in pericolo, come ad esempio nella magrezza estrema con conseguenze cliniche significative, il ricovero ospedaliero può essere indispensabile, anche se manca la volontà o la consapevolezza di malattia della persona coinvolta. Questo particolare tipo di ricovero si chiama TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Spesso le persone affette da anoressia nervosa rifiutano ogni tipo di aiuto e di terapia. In campo medico esiste il dilemma dell'etica medica e dell'accanimento terapeutico, della possibilità da parte dei pazienti di rifiutare ogni cura offerta, rendendo attuabile l'intervento solo quando si perde la propria capacità di ragionare. Nel caso dell'anoressia nervosa esistono diverse correnti di pensiero, che si traducono nelle seguenti posizioni:

- Da una parte si afferma l'impossibilità di un approccio efficace, di una collaborazione della persona affetta da malattia, per via della costrizione stessa che porta ad un desiderio di disubbidienza;

- dall'altra c'è chi afferma che i risultati si vedrebbero soltanto nell'immediato e che nel lungo termine andrebbero scomparendo per tornare a situazioni critiche.

PrevenzioneEsiste un programma di controllo tedesco, denominato "PriMa", effettuato sulle ragazze dai 12 anni in su. Tale programma viene svolto durante l'anno scolastico tramite gli insegnanti.

PrognosiAnche se fra tutti i disturbi alimentari è quello che registra la più alta mortalità, raramente l'anoressia conduce al decesso. La maggior parte delle donne, dopo cinque anni di cure cliniche, riesce a superare lo stato di malattia cronica, arrivando in seguito al recupero completo. Quando lo stato di anoressia è completamente scomparso le persone hanno ottime probabilità di riuscire a condurre una vita normale e superare altri disordini psichiatrici. Spesso, però, il reinserimento sociale, professionale e relazionale non è semplice; chi ha avuto gravi decorsi di anoressia nervosa può rischiare fenomeni di stigmatizzazione sociale. La prognosi cambia a seconda dell'età della persona coinvolta, e nelle persone più adulte risulta peggiore.

RischiDurante la fase di cura i più alti rischi sono dovuti al rifiuto del paziente di collaborare e alla interruzione volontaria del trattamento. Studi approfonditi hanno individuato sei "obiettivi da raggiungere" per ridurre il rischio di ricadere nell'anoressia:

- acquisire una motivazione intrinseca nel voler cambiare;- valutare la cura ed il recupero come un "work in progress";- percepire l'importanza dell'esperienza del trattamento;- sviluppare relazioni di supporto sociale;- acquisire consapevolezza e tolleranza delle proprie emozioni negative, e riuscire a gestirle;- riuscire ad acquisire autostima.

Mortalità per suicidioL'"ideazione suicidaria", seguita o meno dall'effettivo tentativo di porre fine alla propria vita, è molto diffusa nei disturbi dell'alimentazione; l'anoressia si pone seconda, preceduta soltanto dalla bulimia nervosa. I tentativi reali di suicidio non sono però molto diffusi nelle persone affette da anoressia: studi effettuati in passato su larga scala hanno mostrato che la percentuale supera di poco l'1% dei casi.

Page 33: PSICHIATRIA MIGLIORATA

33

BULIMIA NERVOSA La bulimia nervosa è un grave disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da unatendenza autolesionista per mezzo di una alimentazione smodata unita ad una ricorrente ossessionedi tenere sotto controllo il proprio peso. Si può manifestare in concomitanza con altre patologiepsichiatriche come “disturbo bipolare”, autolesionismo, “disturbo ossessivo”, “disturbi dissociatividell’identità”. L’alimentazione smodata si può definire come la tendenza ad assumere grandiquantità di cibo in breve tempo. Si tende spesso a prediligere i dolci, cibi ipercalorici e con unaconsistenza che ne faciliti l’ingestione in breve tempo. Lo “sconveniente comportamentocompensativo” a controllarsi continuamente il peso si accompagna a volte a pratiche “liberatorie”(vomito procurato, abuso di lassativi, diuretici, clisteri) o pratiche “non liberatorie” (come eccessivepratiche ginniche). Per coloro che praticano un’alimentazione smodata a volte qualsiasi quantità dicibo, anche mezza mela o in insalata, viene percepita come smodata e vomitata.Le persone affette da bulimia nervosa spesso mancano di autocontrollo quando mangiano in modosmodato. Quasi sempre assumono i pasti in segreto trangugiando e con poca masticazione. Altermine dell’abbuffata si manifestano spesso dolori di ventre. Al termine del pasto i bulimiciprovano un senso di colpa e si liberano dall’eccesso di calorie.Si può ipotizzare la presenza della bulimia quando una persona assume almeno due pasti smodatialla settimana per almeno tre mesi. Le maggiori problematiche che caratterizzano i disturbi delcomportamento alimentare sono l’importanza assegnata al cibo ed al proprio peso con priorità sututti gli altri problemi personali.

Classificazione.

Page 34: PSICHIATRIA MIGLIORATA

34

Si distinguono due tipi di bulimia:- con condotte di eliminazione, che vede il soggetto ricorrere regolarmente a vomito autoindotto

oppure all'uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.- senza condotte di eliminazione, che vede il soggetto bulimico adottare regolarmente comportamenti

compensatori inappropriati, ma non dedicarsi al vomito autoindotto o all'uso di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Eziopatogenesi. Di certo la presenza nella nostra cultura di una mania per la magrezza ha la sua influenza. Esiste qualche indizio che l’obesità infantile e quella dei genitori predispongano gli individui a sviluppare la bulimia. A volte la preoccupazione dei genitori per un figlio eccessivamente grassottello può costituire una causa. Alcuni bulimici percepiscono una sorta di euforia quando vomitano. A volte i bulimici non riescono a controllare l’assunzione di alcool e droghe. I disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia e la bulimia tendono ad essere ereditari e le ragazze risultano essere più soggette. A seguito di studi recenti i ricercatori hanno accertato in alcuni bulimici la diminuzione di alcuni neurotrasmettitori (serotonina e noradrenalina). Molto probabilmente la combinazione di fattori ambientali con quelli biologici porta allo sviluppo di questo disturbo. Come per l’anoressia nervosa, i comportamenti associati alla bulimia consentono un temporaneo sollievo dalle tensioni e permettono ai malati di allontanare la loro attenzione da altre problematiche percepite come irrisolvibili, concentrandosi invece sui problemi del peso e del cibo.

Epidemiologia.La Bulimia nervosa si manifesta in genere nell’adolescenza e nella prima fase dell’età adulta. Come per l’anoressia nervosa colpisce principalmente il sesso femminile. Solo dal 10 al 15 % della popolazione affetta è di sesso maschile. Si stima che il 2-3 % delle giovani sia affetta da bulimia contro lo 0,5 / 1 % affette da anoressia. Ricerche hanno stabilito che circa il 50 % delle persone sofferenti di anoressia tendono poi ad essere affette da bulimia. Da qui nasce la necessità di un’opera di prevenzione soprattutto nelle scuole, prevenzione particolarmente rivolta alla popolazione femminile. Tuttavia attualmente i dati in nostro possesso, riguardanti la frequenza di questo disturbo, non sono completamente affidabili: i soggetti con BN tipicamente si vergognano delle loro abitudini alimentari patologiche e tentano di nasconderle. I bulimici sono ossessionati dalla linea e dal loro peso. Fanno continui tentativi di tenere sotto controllo il peso per mezzo di diete. Le fluttuazioni di peso sono una loro caratteristica, a causa dell’alternarsi di pasti smodati e pasti ridotti. A differenza di chi soffre di anoressia i bulimici mantengono un peso entro limiti di normalità. Nondimeno molte persone sovrappeso che si sono sottoposte ad una dieta iniziano a vomitare per mantenere il peso raggiunto.

Clinica.Le crisi bulimiche avvengono in solitudine: quanto più segretamente possibile. L'episodio può essere più o meno pianificato, ed è di solito caratterizzato (anche se non sempre) dalla rapidità dell'ingestione del cibo. L'abbuffata spesso continua finché l'individuo non si sente "così pieno da star male", ed è precipitata da stati di umore negativo, condizioni interpersonali di stress, intensa fame a seguito di una restrizione dietetica, oppure da sentimenti di insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo. Una crisi bulimica è inoltre accompagnata da sensazione di perdere il controllo. La perdita di controllo associata alle abbuffate, però, non è assoluta: il soggetto può continuare l'abbuffata a dispetto del telefono che squilla, ma interromperla bruscamente se il coniuge o il compagno di stanza entra inaspettatamente nella stanza.Un'altra caratteristica essenziale della Bulimia Nervosa è il frequente ricorso a inappropriati comportamenti compensatori per prevenire l'incremento ponderale, neutralizzando gli effetti dell'abbuffata: tra i metodi, quello più frequentemente adottato è l'autoinduzione del vomito. Il vomito riduce la sensazione di malessere fisico, oltre alla paura di ingrassare. In alcuni casi il vomito rappresenta l'effetto ricercato: la persona si abbuffa per poter vomitare, oppure vomita anche per piccole quantità di cibo. In genere, nelle fasi avanzate del disturbo questi soggetti riescono a vomitare a comando. Altre condotte di eliminazione sono rappresentate dall'uso inappropriato di lassativi e diuretici; l'uso di lassativi è presente in un terzo dei soggetti con Bulimia Nervosa. Raramente è presente anche uso di clisteri subito dopo l'abbuffata, ma non è mai la sola condotta di eliminazione. Altre misure compensatorie per le abbuffate sono il digiuno nei giorni successivi o l'esercizio fisico eccessivo. Raramente viene fatto uso di ormoni tiroidei per accelerare il metabolismo ed evitare l'aumento di peso.

Page 35: PSICHIATRIA MIGLIORATA

35

NB: Non vengono considerati episodi bulimici quei casi in cui vi è un'elevata assunzione di cibo saltuariamente e in contesti e situazioni particolari, né il continuo "spiluccare" durante la giornata.

Complicazioni.Il frequente ricorso a condotte di eliminazione può produrre alterazioni dell'equilibrio elettrolitico e dei fluidi, tra cui i più frequenti sono: ipopotassiemia, iponatriemia, ipocloremia. La perdita di succo gastrico acido attraverso il vomito può produrre alcalosi metabolica (aumento del bicarbonato sierico), mentre l'abuso di lassativi per indurre diarrea può provocare acidosi metabolica. Alcuni individui con Bulimia Nervosa presentano una lieve elevazione dell'amilasi nel siero, probabilmente legata all'incremento dell'isoenzima salivare. Il vomito ripetuto può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente a livello delle superfici linguali dei denti incisivi. Questi denti diventano scheggiati, intaccati, e "tarlati". Inoltre si può avere un aumento della frequenza delle carie. In alcuni individui le ghiandole salivari, in special modo le parotidi, possono marcatamente ingrossarsi.

Semeiotica. Una costante ossessione di tenere sotto controllo il peso ed il cibo sono i sintomi primari della bulimia. L’erosione dello smalto dei denti (dovuto all’acido del vomito) e l’abrasione del dorso delle mani ( causato dalla ripetuta introduzione delle dita nella gola) sono indicatori comuni della tendenza a procurarsi il vomito. Una modesta percentuale di bulimici mostrano un gonfiore delle ghiandole paratiroidi vicino alleguance. I bulimici possono anche soffrire di irregolarità nei cicli mestruali e di una diminuzione dell’attività sessuale. Vengono spesso rilevate delle forme di depressione così come mal di gola e dolori addominali.Nonostante questi sintomi rivelatori, risulta difficile accorgersi dell’insorgere della bulimia. Il mangiare smodato e il purgarsi o il vomitare viene spesso fatto in segreto e può essere facilmente tenuto nascosto da una persona con un peso nella norma che si vergogna del proprio comportamento ma che si sente costretta a continuare per tenere sotto controllo il proprio peso. Questa preoccupazione e questo comportamento consentono alla persona di spostare la propria attenzione da sensazioni di dolore e ridurre la tensione e l’ansia perpetuando la necessità di questi comportamenti.

Diagnosi differenzialeLe cause sono di varia natura, sia psicologica che sociale o biologica. Per la sua natura deve essere differenziato dall'anoressia nervosa, che in una delle sue forme mostra lo stesso desiderio di ingurgitare al momento una smisurata quantità di cibo, nell'altra malattia si assiste più ad un rituale che ad un qualcosa di improvvisato, e la differenzazione maggiore è quella del rapporto dei pazienti verso il loro peso: sottopeso negli anoressici ma peso normale o anche in sovrappeso per quanto riguarda i bulimici.Il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) ne trova le caratteristiche in:

- Ricorrenti abbuffate: dove per abbuffate si intende il mangiare in un determinato periodo di tempo, una quantità di cibo decisamente maggiore a quello che la maggior parte della popolazione mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili. Durante queste abbuffate si ha la sensazione di non poter controllare le proprie azioni (si sente di non riuscire a smettere di mangiare e a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

- Atti compensatori ricorrenti ed inappropriati: per evitare l'aumento di peso, vengono utilizzate tecniche come quella del vomito autoindotto (dita in gola), abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.

- Le abbuffate, assieme alle condotte compensatorie, devono manifestarsi mediamente almeno due volte la settimana per tre mesi.

- Valutazione dell'autostima decisamente influenzata dalla forma e dal peso corporeo.

TerapiePer quanto concerne le terapie consigliate per la bulimia si fa riferimento a quelle impiegate per l'anoressia, tranne ovviamente per il regime alimentare. L'approccio terapeutico pluridisciplinare con l'ausilio dello psicoterapeuta, del neuropsichiatra, del nutrizionista, e spesso di altre figure diverse da caso a caso, è attualmente consigliato per contrastare tale patologia. In alcuni casi sono stati riscontrati dei risultati positivi ricorrendo alla chemioterapia. D'ausilio alle varie forme terapeutiche elencate si evidenzia spesso il ricorso ai gruppi di auto-mutuo-aiuto presenti attualmente anche all'interno di alcune strutture ospedaliere.

Prognosi

Page 36: PSICHIATRIA MIGLIORATA

36

In caso di trattamento della patologia si registrano migliorie anche nel 50% dei casi, di casi studiati anche a distanza di anni dall'avvenuta "guarigione". Da notare che il disturbo è molto incline a recidive. Il 20% dei casi mostra fallimento delle terapie.

Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI):I pazienti sono sovrappeso od obesi e hanno caratteristiche simili ai bulimici dai quali si differenziano perché le abbuffate non sono facilmente delimitabili e possono durare anche intere giornate. Tra una abbuffata e l’altra non ci sono diete ferree, non ci sono comportamenti di compenso (i pazienti sono generalmente molto pigri) e la magrezza non ha un valore positivo così assoluto come nella BN, perciò l’affetto da DAI vive e accetta con molta meno angoscia la sua condizione di soprappeso.

ABUSO DI SOSTANZE

Definizione. Per abuso di sostanze si intende l'assunzione di sostanze per scopi diversi da quelli terapeutici, al fine di produrre una sorta di "alterazione dello stato mentale". Comprende sia l'impiego di sostanze illegali, sia l'uso di sostanze legali in modo diverso da quello consentito. Spesso comporta l'assunzione di una sostanza in quantità eccessive. L’abuso di sostanze può, se reiterato nel tempo, condurre alla dipendenza. La dipendenza è uno stato di dipendenza fisica o psicologica da una sostanza. La dipendenza fisica determina lo sviluppo di tolleranza farmacologica (ossia il bisogno di consumare quantità sempre maggiori di quella sostanza, per ottenere gli stessi effetti) e di sintomi da astinenza.

Natura degli abusi.Si può abusare di diversi tipi di sostanze: non solo di droghe illegali, quali marijuana, eroina, cocaina o ecstasy, ma anche di farmaci, come i tranquillanti, gli analgesici (antidolorifici) e i sonniferi. Si può abusare anche di farmaci da banco (ad esempio i preparati per la tosse o a base di erbe). Il problema più rilevante riguarda tuttavia l'abuso di alcol.

Conseguenze. Alcuni dei rischi correlati all'abuso di sostanze comprendono:

- Rischi per la sicurezza personale (pericolo di morte o infortunio per overdose, incidente)- Rischi per la salute (danni cerebrali, insufficienza epatica, disturbi mentali ecc.)

Page 37: PSICHIATRIA MIGLIORATA

37

- Conseguenze legali (rischio di carcerazione, multe e fedina penale sporca).- Comportamento distruttivo (nei propri confronti, della famiglia o di altri).

La dipendenza da sostanze è spesso causa di problemi finanziari, lavorativi e scolastici. Le persone arrivano a mentire o a rubare per poter continuare a usare la sostanza in questione, con la conseguenza che amici e famiglia perdono la fiducia in loro. Si sentono in colpa o si vergognano del fatto che non riescono a controllare il proprio bisogno. Nonostante tutte le difficoltà, le persone dipendenti da sostanze tendono a negare l'esistenza del problema e lo fanno anche se si rendono conto e si rammaricano dell'effetto che la loro dipendenza ha su se stessi, sulla famiglia e sugli amici. Nonostante gli effetti negativi, si sentono costrette a continuare a usare quella sostanza.

Epidemiologia. È stato osservato che alcune persone sono più a rischio di altre per abuso di sostanze, in quanto ereditano la predisposizione alla dipendenza dai genitori. Tuttavia, sono importanti anche la pressione sociale e altri fattori esterni (stress, povertà e altre malattie) come la pressione esercitata da persone di pari condizione, il disagio emotivo e la scarsa autostima, la facilità di reperimento delle sostanze etc .

Cause.Le persone possono abusare di alcol o di sostanze per ragioni diverse. Comprendere le motivazioni della persona contribuisce a spiegare il motivo per cui la persona fa abuso. Le cause dell'abuso sono assolutamente varie.

Eziopatogenesi del problema.Fase 1. Le persone che abusano occasionalmente di sostanze non hanno intenzione di diventare dipendenti. Inizialmente le droghe vengono assunte per varie ragioni (per esempio curiosità, pressione di amici, bisogno di far fronte a una crisi emotiva) e l'effetto della droga può risultare piacevole e fornire un aiuto effettivo. Può far sentire sicuri di sé, oppure rilassati, oppure pieni di energia. Avendo avuto un'esperienza piacevole, il soggetto assume di nuovo la droga per cercare di ritrovare quell'effetto, e continua ad assumere la sostanza sempre più spesso. A un certo punto però, diventa dipendente a livello fisico o psicologico.Fase 2. La persona non è più in grado di interrompere o di ridurre il consumo di quella sostanza con le proprie forze. Non ha scelta, se non quella di continuare ad assumere la sostanza per sentirsi normale. Quando si rende conto di esagerare con la stessa, tenta di ridurne l'assunzione riducendo la quantità assunta ogni volta, o limitandosi a farlo solo in giorni specifici o sostituendola. Tuttavia questi sforzi finiscono per fallire. Una volta che ha realizzato che non è più in grado di autolimitarsi, il soggetto diventa confuso e angosciato.Fase 3. Insorge quindi la dipendenza vera e propria, percepita come tale anche dal paziente. Alcune sostanze provocano modificazioni fisiche tali per cui la persona deve continuare ad assumerle per poter mantenere una funzionalità normale (tolleranza farmacologica). Se non si assume la sostanza, si manifestano spiacevoli sintomi da astinenza, e l'unico modo per evitare questo effetto è di assumerne dosi sempre maggiori. Altre sostanze possono determinare dipendenza psicologica se la persona avverte un desiderio spasmodico di consumarla. La persona arriva a dipenderne per provare sensazioni quali il rilassamento, l'autostima, la fiducia in se stessa e l'assenza di ansia. Il bisogno di assumerla non è più un desiderio, bensì un impulso irresistibile.

ADOLESCENTIL'abuso di sostanze è molto diffuso tra i giovani e provoca serie conseguenze. La maggior parte dei decessi (per incidenti, omicidi o suicidi), e buona parte dei reati violenti tra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni è a questo correlabile. Alcuni adolescenti assumono regolarmente droghe o alcol per combattere l'ansia, la depressione o la mancanza di attitudini sociali. L'uso di tabacco e di alcol tra gli adolescenti è spesso il primo passo che porta verso sostanze tra cui marijuana, cocaina, allucinogeni, inalanti ed eroina.Gli adolescenti con precedenti in famiglia di abuso di alcol o droghe (fattore anamnestico molto importante) e con personalità poco sviluppate sono quelli più a rischio di avere un'evoluzione da una fase sperimentale alla fase di abuso, e quindi di dipendenza vera e propria. I segni che fanno presupporre un abuso di droghe o alcol nei giovani comprendono:

Page 38: PSICHIATRIA MIGLIORATA

38

- Calo del rendimento scolastico- Frequentazione di gruppi di amici diversi- Comportamento delinquenziale- Peggioramento dei rapporti familiari.

I sintomi fisici dell'abuso di sostanze stupefacenti sono: occhi arrossati, tosse persistente, alterazione dell'appetito e del sonno. La dipendenza da alcol o da droghe può provocare vuoti di memoria, sintomi da astinenza e altri seri problemi in famiglia, a scuola e al lavoro.

SOSTANZE STIMOLANTIGli stimolanti sono sostanze che stimolano il SNC e tendono ad aumentare l'attenzione e l'attività fisica. Comprendono amfetamine, cocaina, crack (e alcune sostanze da inalare come i nitriti di amile e di butile). Anche la caffeina (presente nel tè, nel caffè e in alcune bevande analcoliche) è una sostanza leggermente stimolante (la caffeina provoca dipendenza, tanto che le persone che smettono di bere caffè manifestano sintomi da astinenza). Le sostanze stimolanti agiscono in modi diversi. Gli inalanti determinano la dilatazione dei vasi sanguigni; la cocaina e il crack alterano il livello del neurotrasmettitore serotonina nel cervello; le amfetamine influiscono sul rilascio di un altro composto chimico, l'adrenalina. In generale, tutti questi stimolanti hanno un effetto simile, quello di stimolare le attività mentali e/o fisiche, aumentando l'energia e/o la lucidità e la velocità di pensiero. In particolare, la cocaina porta a esaltazione o abbassamento del tono dell’umore, stato di ipervigilanza, tachicardia, midriasi, ipertensione arteriosa, freddo, perdita di peso, debolezza muscolare, aritmie, confusione mentale fino al coma. Nelle situazioni più gravi l’individuo và incontro al delirium da cocaina caratterizzato da allucinazioni tattili e comportamenti violenti e aggressivi. Alla sospensione dell’assunzione il soggetto può andare incontro a stati depressivi, ansia, irritabilità, astenia e desiderio di sonno.

ALLUCINOGENIGli allucinogeni sono sostanze che provocano allucinazioni e, in alcuni casi, oscillazioni rapide ed intense nelle emozioni. Gli allucinogeni interferiscono nelle interazioni fra le cellule nervose e la serotonina presente nel SNC, con alterazione nel controllo del comportamento, della sensibilità, dell’umore, della fame, della temperatura, degli istinti sessuali, e del movimento. L’LSD è la droga che viene maggiormente associata al termine “allucinogeno” ed è la più usata in questa classe di sostanze.L’LSD è una sostanza trasparente o bianca, inodore, solubile in acqua e sintetizzata dall’acido lisergico. L’LSD, tra le droghe conosciute, è la più potente per le sue capacità di alterare le percezioni: dosi orali di soli 30 microgrammi possono produrre effetti che durano 6-12h. Generalmente gli effetti dell’LSD cominciano da 30 a 90 minuti dopo l’ingestione. I consumatori chiamano le esperienze con “trips”, e le esperienze avverse e acute vengono chiamate “bad trips”. Anche se la maggior parte dei trip includono sia aspetti piacevoli che sgradevoli, gli effetti della droga sono imprevedibili e possono variare a seconda della quantità ingerita, della personalità del soggetto, del suo umore, delle sue aspettative e dell’ambiente. I consumatori di LSD possono provare degli effetti parafisiologici quali aumento della pressione, tachicardia, vertigini, anoressia, bocca asciutta, sudorazione, nausea, intirizzimento e tremori; ma gli effetti più notevoli di questa droga riguardano le emozioni e i sensi. Le emozioni del soggetto possono oscillare rapidamente dalla paura all’euforia, con transizioni così rapide da avere la sensazione di provare molte emozioni simultaneamente. I colori, gli odori, i suoni etc sembrano essere estremamente intensificati. In certi casi le percezioni sensoriali possono mescolarsi, in un fenomeno noto come “sinestesia” nel quale la persona sembra udire o sentire i colori e vedere i suoni.L’LSD induce rapidamente un elevato grado di tolleranza e dopo un uso ripetuto si ha bisogno di dosi crescenti per produrre gli stessi effetti. La tolleranza per l’LSD è di breve durata e scompare se il soggetto smette di assumere la droga per diversi giorni, senza che si manifestino sintomi d’astinenza.Ci sono due effetti a lungo termine associati all’uso di questa droga: il disturbo psicotico indotto da allucinogeni ed il disturbo percettivo persistente da allucinogeno. Le cause di questi disturbi, che in certi individui possono comparire dopo una sola esperienza con la droga, sono sconosciute.DISTURBO PSICOTICO INDOTTO DA ALLUCINOGENI.Distorsione della capacità di riconoscere la realtà, di pensare in modo razionale o di comunicare con gli altri. Alcuni consumatori di LSD riportano effetti psicologici devastanti che persistono dopo la fine del trip, con la produzione di uno stato simile ad un disturbo psicotico di lunga durata. La psicosi persistente indotta da LSD può manifestarsi con oscillazioni d’umore drammatiche, dalla mania alla depressione profonda con forti disturbi della percezione visiva e allucinazioni. Questi effetti possono durare per anni anche in soggetti con

Page 39: PSICHIATRIA MIGLIORATA

39

assenza di una storia clinica positiva per fenomeni psichiatrici.DISTURBO PERCETTIVO PERSISTENTE DA ALLUCINOGENO (HPPD).Alcuni ex consumatori di LSD riportano esperienze conosciute in gergo come “flashback”: ritorni periodici spontanei, ripetuti, e talvolta continui, delle distorsioni sensoriali originariamente prodotte dall’LSD. L’esperienza può includere allucinazioni, ma generalmente consiste in disturbi visivi, come vedere movimenti illusori sui limiti del campo visivo, bagliori brillanti o colorati e aloni o scie attaccate agli oggetti in movimento. Questa condizione è tipicamente persistente e in alcuni casi rimane immutata per anni anche dopo che le persone hanno smesso di usare la droga.

CANNABINOIDI Si tratta di droghe derivanti dalla canapa indiana, che hanno in comune la sostanza psicoattiva (THC). La marjuana (foglie) e l’hashish (resina) sono le più diffuse. Gli effetti della cannabis dipendono dalla quantità assunta, dalla sua potenza, dalle circostanze e dalle aspettative del soggetto. Gli effetti desiderati sono la loquacità, l'allegria, il rilassamento e l'aumento della capacità di percepire suoni e colori. Chi ne fa uso ha spesso riscontrato un aumento delle prestazioni di carattere creativo (arte, musica ecc.), episodi di euforia, spesso seguiti da comportamento maniacale, aumento dell'appetito. Gli effetti fisici immediati dell'assunzione di cannabis comprendo tachicardia, occhi arrossati e secchezza della bocca e della gola. Gli attacchi di ansia acuti sono reazioni negative abbastanza diffuse. Questo effetto viene descritto come una paura estrema di "perdere il controllo", che causa il panico. Di solito questi sintomi tendono a scomparire dopo qualche ora. In alcuni soggetti sono stati riscontrati apatia, letargia, confusione, paranoia lieve e allucinazioni, nonché aggravamento dei sintomi psicotici nelle persone che soffrono di disturbi mentali. La cannabis può deteriorare o ridurre la memoria a breve termine, alterare la percezione del tempo e ridurre la capacità di eseguire attività che richiedano concentrazione, reazioni rapide e/o coordinamento motorio. Dosi elevate possono provocare allucinazioni e distorsioni sensoriali, che possono risultare molto angoscianti. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che l'uso prolungato di elevate quantità di cannabis causa danni al cervello e può provocare una perdita della memoria a breve termine. L'inalazione frequente del fumo può determinare bronchite e altri disturbi polmonari, fino al cancro. In alcune donne ha determinato irregolarità del flusso mestruale, e nelle donne in gravidanza produce gli stessi danni del fumo di sigaretta, sia sul feto che sulla madre. La cannabis non determina dipendenza fisica ma, come per le altre droghe, chi ne fa uso sviluppa una dipendenza psicologica. Si possono avere difficoltà nel limitare l'uso, oppure necessitare di quantità più consistenti per ottenere gli stessi effetti.

OPPIOIDISi tratta di sostanze derivate dall’oppio. Conferiscono a chi ne fa uso una marcata dipendenza psichica e una tolleranza farmacologica, con una dipendenza fisica che cresce di intensità con l'aumentare delle dosi e della durata d'uso. La dipendenza fisica porta alla necessità di un uso continuativo dello stesso oppiaceo o di una sostanza simile per prevenire l'astinenza. La sospensione del farmaco o la somministrazione di un antagonista porta alla comparsa di una caratteristica sindrome da astinenza autolimitante.L'overdose da oppiacei è caratterizzata da euforia, rossore, prurito cutaneo, miosi, sonnolenza, diminuzione della frequenza e dell'ampiezza del respiro, ipotensione, bradicardia, diminuzione della temperatura corporea. La sindrome da astinenza lieve, comprende dei sintomi che passano quasi inavvertiti o sono descritti come casi di influenza. La sindrome da astinenza vera e propria in genere include segni e sintomi di ipereccitabilità del SNC. La gravità della sindrome cresce con l'aumentare della dose di oppiaceo e con la durata della dipendenza. I sintomi compaiono già 4-6 h dopo la sospensione e, per l'eroina, raggiungono il massimo tra 36 e 72 h. Uno stato d'ansia e un desiderio impellente per la droga vengono seguiti da tachipnea, sbadigli, sudorazione, lacrimazione e rinorrea. Altri sintomi sono la midriasi, la piloerezione, i tremori, le contrazioni muscolari, gli accessi di caldo e di freddo, i dolori muscolari e l'anoressia. Tra gli oppioidi il più diffuso composto destinato ad uso voluttuario è l’eroina. L'eroina è un potente analgesico che riduce l'attività cerebrale, producendo una sensazione di rilassamento, sicurezza e benessere. L'eroina pura si presenta sotto forma di polvere bianca, dal sapore amaro, che viene prodotta dalla linfa del papavero. Molti di coloro che attualmente ne fanno uso la inalano o la fumano per ottenere l'effetto desiderato. Appena assunta suscita uno stato di rilassamento e di benessere. Il dolore fisico

Page 40: PSICHIATRIA MIGLIORATA

40

ed emotivo è completamente annullato. Una delle ragioni per cui viene ancora impiegata come sostanza d'abuso è che induce una sensazione di sicurezza e tranquillità. Gli effetti collaterali dovuti all'assunzione di eroina (particolarmente nei neofiti) comprendono irrequietezza, nausea e vomito; si alternano stati di vigilanza e stati di sonnolenza.L'overdose è il rischio più prevedibile per chi assume eroina. Il fenomeno si verifica con qualsiasi modalità di assunzione, sebbene l'iniezione endovenosa sia quella più pericolosa. L'eroina deprime il sistema nervoso centrale e inibisce le funzioni vitali, quali le attività intellettive superiori, la respirazione e la frequenza cardiaca. L'assunzione di una dose elevata (specialmente se l'eroina è pura) può provocare uno stato comatoso, caratterizzato da un calo della temperatura corporea e da rigidità. La respirazione rallenta e diventa intermittente e può sopraggiungere la morte.Gli altri rischi associati all'uso di eroina sono rappresentati dal rischio di contrarre infezioni quali HIV ed epatite B o C, e l’effetto sinergico con altre sostanze inibenti il SNC.

Trattamento dell'abuso e della dipendenzaIl primo passo è il riconoscimento del problema da parte del soggetto. Il medico di famiglia può quindi consigliare la terapia più adeguata e consigliare al paziente di rivolgersi a uno specialista.Le terapie devono essere adattate alle esigenze dell'individuo, poiché non esiste un unico trattamento valido per tutti i casi. La scelta del trattamento dipende anche dal tipo di droga assunta. Il trattamento comprende le terapie psicologiche, come la terapia comportamentale, e la prescrizione di farmaci che aiutino ad alleviare i sintomi da astinenza. Le aree in cui si interviene comprendono:

- la disintossicazione (processo nel quale si interrompe l'assunzione della sostanza e si tratta la dipendenza fisica)

- la prevenzione della ricaduta- la gestione della ricaduta- la riabilitazione a lungo termine.

ALCOLISMO Definizione.L'alcolismo è una sindrome determinata dall'assunzione acuta o cronica di grandi quantità di alcol. La dipendenza può essere primaria (80% dei casi) o secondaria ad altre affezioni psichiatriche.

Eziopatogenesi.Le persone con una concentrazione di recettori dopaminergici D2 cerebrali inferiore alla norma (determinata geneticamente), hanno un rischio più elevato di sviluppare una forma di dipendenza.

Classificazioni. Classificazione di Jellinek (1960) sulla base di aspetti sociali, psicologici, medici del bere:

- Bevitore alfa: consumatore che beve per disinibirsi, per allentare i propri freni.- Bevitore beta: bevitore occasionale.- Bevitore gamma: bevitore incapace di controllarsi nel momento in cui inizia a bere.- Bevitore delta: è l'etilista soggetto a crisi di astinenza. - Bevitore epsilon: il soggetto è un bevitore episodico, con periodi di eccesso (per es. sobrio durante

tutta la settimana, ubriaco nel weekend). Comprende anche quei soggetti che possono astenersi dal bere anche per lunghi periodi, poi improvvisamente ricominciano in modo incontrollato.

Classificazione di Cloninger (1987) in base all’eziopatogenesi del problema:

Page 41: PSICHIATRIA MIGLIORATA

41

- Tipo I: l’esordio dell’alcoldipendenza e dei problemi alcolcorrelati è tardivo (dopo i 30 anni) e raramente accompagnato da comportamenti aggressivi o da complicazioni legali o sociali dovute all’abuso di alcol.

- Tipo II: è più frequente nei maschi; ha un esordio più precoce (prima dei 25 anni) ed è legato a problemi sociali e legali. Il contatto con i Servizi Sanitari è precoce; spesso in questi soggetti si riconoscono disturbi antisociali di personalità e casi di alcolismo e depressione nei familiari di primo grado.

Altre classificazioni sono basate sulle caratteristiche di personalità del bevitore- Bevitore compulsivo: beve ogni giorno fino ad ubriacarsi; dopo aver iniziato a bere, non riesce più a

controllarsi. Smette soltanto perché lo stato di incoscienza, la fine del denaro o interventi esterni lo costringono ad arrestarsi. Riesce a trascorrere brevi periodi di astinenza o intervalli fra le bevute, ma il primo sorso di alcol fa immediatamente scattare il comportamento compulsivo. Questo tipo di bevitore tende a colpevolizzarsi, talvolta è aggressivo e desideroso di affetti, ma in fase di intossicazione alcolica può trasformarsi completamente alternando l'aggressività alla depressione.

- Bevitore gregario: di rado perde totalmente il controllo. In questa categoria rientrano coloro che consumano alcol prevalentemente all’interno di un gruppo, del quale l’alcol funziona da elemento unificante. In genere il gregario non soffre di particolari frustrazioni o conflitti in quanto delega al gruppo i suoi sentimenti repressi e i suoi problemi. La prognosi è favorevole nei confronti del bere.

- Bevitore autistico: sono in genere persone emarginate dalla società o per rifiuto o per costrizione. Vivono grazie all'assistenza o a un'attività minima che consente loro di sopravvivere. L'alcol potrebbe essere il mezzo di consolazione per la situazione vissuta, oppure potrebbe essere stato la causa di questo tipo di vita. L'alcolismo autistico può anche rappresentare il punto di arrivo di altre forme di alcolismo. L'appartenente a questa tipologia è difficile da curare e da disintossicare.

- Bevitore solipsistico: questo tipo di bevitore sfoga nell'alcol le tensioni della vita quotidiana, la sua paura di non farcela e di non essere all'altezza. Può essere definito un alcolismo da successo, e si può manifestare in tutte le classi sociali quando il punto d'arrivo non è in sintonia con i reali investimenti personali. L'alcolista solipsistico nega la sua dipendenza, la nasconde, se ne vergogna e la giustifica.

- Bevitore regressivo: è colui che beve periodicamente, intervallando mesi di eccessi a mesi di bevute normali. È un soggetto che cerca di controllarsi, ma in situazioni a rischio difficilmente riesce a mantenere i buoni propositi. La ricaduta lo riempie di vergogna, d'impotenza e di aggressività.

- Bevitore reattivo: incontra l'alcol in conseguenza di una situazione dolorosa, come un lutto. Non essendo in grado di reagire diversamente, beve e questo accentua la disperazione che ha scatenato la situazione. La battaglia contro l'alcol diventa particolarmente fallimentare e destinata a cocenti sconfitte, perché l'alcol diviene il mezzo per sopportare, per lenire le paure e il dolore, diventando così un sostituto affettivo gratificante e soddisfacente.

- Bevitore pulsionale: è colui che, consapevole della sua dipendenza, cerca l'alcol volontariamente perché questo assume il significato di sedativo e diventa una fonte di piacere. Anche se è consapevole dei danni che si procura, preferisce bere per affrontare situazioni di tensione o di noia quotidiana. La pulsione di bere è intimamente accettata e lo smettere viene vissuto come un tremendo dispiacere e un progetto sempre futuro.

Cinica.L'alcolismo è una minaccia per la vita e spesso porta alla morte, specialmente come causa di malattie del fegato ed emorragie interne. Ci sono anche altri rischi di morte derivanti dall'assunzione di alcol, come gli incidenti alcol-correlati (sul lavoro, stradali, ecc.) o il suicidio.La dipendenza da alcol è più dura da spezzare e molto più dannosa di molte altre. I sintomi fisici durante l'astinenza da alcol sembrano essere uguali a quelli sperimentati nella fase di astinenza dall'eroina.L'alcol agisce direttamente sui neuroni. Aumenta la funzione del GABA, che è il principale amminoacido inibitorio del sistema nervoso centrale, aumenta il rilascio di dopamina, stimola il rilascio di sostanze oppioidi, ed ha proprietà anestetiche.

Astinenza.Sintomi frequenti al mattino dopo l'astinenza notturna, costituiti da tremori, senso di angoscia, irritabilità, nausea, vomito, inappetenza. I sintomi regrediscono appena l'alcolista inizia a bere. Con il tempo la

Page 42: PSICHIATRIA MIGLIORATA

42

sintomatologia peggiora e sopraggiungono anche tachicardia, arrossamento del viso e delle congiuntive, illusioni, allucinazioni uditive e visive (zoopsie, di visione persone, naturali e piacevoli oppure terrificanti). Convulsioni da astinenza.Sopraggiungono tra le 13 e 24 ore dopo aver smesso di bere e di solito si risolvono spontaneamente.Delirium tremens. Si tratta di un delirio causato dalla deprivazione alcolica. Si manifesta con delirio, agitazione, allucinazioni, convulsioni, tachicardia, febbre, disidratazione, sudorazione profusa, insonnia. La fase acuta dura circa tre giorni e si risolve poi con un lungo sonno profondo.

Degenerazione cerebellare alcolica. Associata ad atassia agli arti inferiori, tremore a riposo ed intenzionale, caratterizzata dalla degenerazione delle cellule del Purkinje. Questa malattia è diagnosticata attraverso la TAC e la RMN, che permettono di individuare la degenerazione. La terapia consiste nella somministrazione di Tiamina.Encefalopatia acuta di Wernicke e Sindrome di Korsakoff. L'encefalopatia acuta di Wernicke è dovuta ad una carenza di Tiamina. Si manifesta con un'alterazione dello stato mentale, atassia, ed oftalmoplegia. Il ritardo della terapia può portare a demenza anamnestica cronica permanente (psicosi di Korsakoff). Il trattamento consiste nella somministrazione di Tiamina.Neuropatia alcolicaCausata da deficit delle vitamine B1 (Tiamina) e B12 (Cobalamina) (per mancata alimentazione adeguata), e danno tossico assonale che causa neuropatia sensitivo-motoria distale, con ipoestesia, parestesie, deficit sensibilità profonda di tipo tabetico, deambulazione steppante, areflessia osteotendinea.Idiosincrasia alcolicaQuesta patologia può sfociare in un comportamento aggressivo, spesso associato a fenomeni psicopatici e criminali.Demenza alcolica e atrofia cerebraleè la via finale comune di tutti gli alcolisti che non rinunciano all'alcol. Si ha una progressiva perdita dell'integrità della persona.Malattia di Marchiafava e Bignamiè rappresentata da una degenerazione della mielina delle fibre del corpo calloso con relativa conservazione degli assoni. Vi è uno stato di demenza, apatia, aumento dell’istintività.

TerapieI trattamenti per l'alcolismo includono programmi di disintossicazione gestiti da istituzioni mediche. Questi possono richiedere il ricovero di un paio di settimane in reparti ospedalieri specializzati dove possono essere somministrati farmaci per evitare i sintomi dell'astinenza. Dopo la disintossicazione, si usano diverse forme di terapia di gruppo o di psicoterapia, per occuparsi dei problemi sottostanti. Queste terapie possono essere supportate da farmaci, come quelli che causano un forte e rapido malessere dopo anche la più piccola dose di alcool ingerita. Qualora si riprendesse il consumo di alcol (in presenza di questo farmaco) possono avvenire conseguenze assai gravi e persino la morte.Un altro programma di trattamento è basato sulla terapia nutrizionale. La maggior parte degli alcolisti accusano problemi nel trattamento degli zuccheri, con resistenza all'insulina, che può essere trattata con una dieta ipoglicemica. L'ipoglicemia causa un livello discontinuo di zuccheri nel sangue ed il relativo apporto al cervello. Ciò coinvolge il comportamento e gli stati emotivi spesso riscontrati fra gli alcolisti in trattamento.Aspetti socialiI problemi sociali derivanti dall'alcolismo possono includere la perdita del lavoro, problemi finanziari, condanne per crimini come la guida in stato di ebbrezza o problemi di ordine pubblico, perdita dell'alloggio e perdita di rispetto da parte di chi vede il problema come un vizio facilmente evitabile. I figli degli alcolisti possono essere influenzati anche da grandi, generando quella che comunemente viene definita la sindrome dei figli adulti degli alcolisti, e anche prima della nascita, generando la cosiddetta sindrome fetale da alcol nei bimbi nati da madri alcoliste.

Page 43: PSICHIATRIA MIGLIORATA

43

CONDOTTE SUICIDARIE

Le condotte suicidarie sono comportamenti definiti come atti diretti contro se stessi con l’intento di porre fine alla propria vita, a prescindere dal risultato effettivo. Si differenziano tra loro per gravità e letalità. Tra questi ricordiamo:

- Equivalenti suicidari: sono quelle condotte che espongono in maniera volontaria o involontaria al rischio di morte (guidare ad alta velocità, fare sport estremi, ecc).

- Comportamenti autolesivi propriamente detti: sono degli attacchi severi all’integrità del corpo dove la volontà espressa non sempre è quella suicidaria, anzi quasi mai. Sembrano piuttosto un mezzo per scaricare tensioni ed eccitazioni incontenibili, per constatare che si è vivi e sensibili o al contrario insensibili e tolleranti al dolore, per danneggiare se stessi in modo da poter essere medicati amorevolmente o anche per tentare di trasformare un dolore psichico pervasivo in dolore fisico localizzato e circoscritto.

- La velleità suicidaria o Parasuicidio: costituisce un tentativo appena abbozzato di suicidio che spesso si manifesta sotto forma di atti autolesivi non molto gravi, che sottende più alla voglia di “dormire” e/o “allontanarsi” piuttosto che alla voglia di “morire”. Non va sottovalutata perché potrebbe avere il significato di “prova generale”.

- Tentato suicidio: atto autolesivo realizzato con modalità poco pericolose e intenzionalità suicida ambivalente.

Page 44: PSICHIATRIA MIGLIORATA

44

- La suicidosi: si tratta di tentamen ripetuti più volte tanto da configurare una condotta suicidaria cronica.

- Mancato suicidio: si tratta di un suicidio mancato, quindi con un’effettiva volontà di togliersi la vita, ma che ha fallito per una circostanza del tutto improvvisa e non valutata.

- Suicidio.

SUICIDIODefinizione. Col termine suicidio si intende l’atto col quale il soggetto si procura volontariamente e consapevolmente la morte. Si tratta dell’atto autolesivo più estremo.

Classificazione di Durkeim. Secondo questa classificazione il fenomeno suicida si può inquadrare in relazione alle circostanze che l’hanno generato, in uno dei seguenti tipi:

- Egoistico: il soggetto non ha o perde le capacità di relazionarsi con la società, e si uccide per la sofferenza e il malessere che questo scontro costante porta;

- Altruistico: il soggetto si convince che il mondo che lo circonda trarrà un qualche beneficio dalla sua scomparsa. Tipico dei suicidi collettivi;

- Anomico: il soggetto perde i punti di riferimento e i propri valori. Mentre nel suicidio egoistico e altruistico si può riconoscere una certa gradualità degli atteggiamenti che portano al suicidio stesso, nel suicidio anomico questa può mancare, e di conseguenza è più difficile da prevenire e da evitare.

Epidemiologia.Si tratta di un fenomeno che avviene con più frequenza nei maschi che nelle femmine, e che vede in termini di incidenza due picchi fondamentali, uno legato alla giovane età (si tratta della terza causa di morte tra i giovani) e uno all’età geriatrica.

Eziopatogenesi.Sembra che il fenomeno suicida possa essere inquadrato tra le complicanze di patologie psichiatriche spesso a genesi multifattoriale. Una certa predisposizione genetica può indurre una variazione nella regolazione della secrezione di alcune neurotrasmettitori, con la creazione di un substrato neurologico predisponente, sul quale possono incidere fattori ambientali. Tra questi sembra abbiano una notevole influenza l’ambiente familiare e quello lavorativo. Fattori di rischio:

- età (giovane o avanzata);- sesso maschile;- episodi di stress acuto e improvviso che possono svincolare gli istinti suicidi (delusioni amorose, in

ambito professionale etc); - anamnesi positiva per condotte suicidarie; - disturbi psichiatrici uni e bipolari; - tossicodipendenza o altre forme di dipendenza fisica e psichica; - isolamento sociale; - malattie croniche e degenerative; - particolare sensibilità nei confronti dei messaggi dei mass media e dei film (effetto Werther).

Trattamento: - Ospedalizzazione immediata per il trattamento delle lesioni fisiche indotte dal tentativo di suicidio;

Page 45: PSICHIATRIA MIGLIORATA

45

- Terapia di supporto, costituita da psicoterapia e chemioterapia, correlata a interventi sulla famiglia e sull’ambiente;

- Terapia stabilizzante; - Analisi delle cause.