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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE

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Alle radici dell'escursionismo. Magazine di natura, ambiente, escursionismo, mountainbike.

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OUTDOORLIFE WEB-MAGAZINENATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE

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ANCORA UNA VOLTA

COME FOSSE LA PRIMA VOLTA

non posso chefermarmi e contemplare

lo spettacolo della naturache faticosamente resiste ai mostri

e dalle viscere si rigenera

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EDITORIALETu sei colpevole. Se noi di Outdoor Life web-magazine oggi siamo di nuovo qui a banchettare insieme, la colpa è solo tua. Perché in questo primo mese di esi-stenza, hai contribuito ad allevare il neonato con le tue cure e la tua edu-cazione.Continueremo così, come abbiamo iniziato, con l’intento di migliorarci e il miraggio della perfezione. Continueremo a giocare con le parole e con le immagini, mischiando ironia e sdegno, senza prenderci troppo sul serio ma urlando sottovoce ciò che deve essere perché i protagonisti non siamo nè noi nè voi.Saremo vampiri assetati di semplicità e valori genuini, come il sapore puzzo-lente di un formaggio d’alpeggio: mor-dendo il quale, ricorderemo in un istante ciò che fu e ciò che vorremmo torni ad essere.

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SOMMARIOIO ESCURSIONO. IO PRESIDIO?Escursionisti e biker per la difesa del territorio

SCAMBIARSI TRACCE GPS SUL WEB

ALL’OMBRA DEL LEGNONEL’anello della Val Lesina

L’ISTINTO DI FERMARE L’ATTIMOQuando a decidere un “click” non è solo il cervello

GIÙ A CANNONE DAL TREMEZZOIn MTB nella Storia

IMPREVISTI IN MTBLa vignetta di Paolo Deandrea

Graziano De Maio di Turbolince.com ci racconta come nacque l’idea

ALPENCROSSAttraverso le Alpi. Attraverso sé stessi

È L’ISTANTE IN CUIQualcuno forse ha deciso per te oppure hai deciso tu ma non puoi sapere

INTRUSO IN ALTA QUOTALa prova inconfutabile dell’esistenza dello Yeti

TERZO INCOMODO TRA BIKER E CINGHIALEUn nuovo attore si aggiunge alla saga dello scontro biker vs cinghiale

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IO ESCURSIONO. IO PRESIDIO?

Lorenzo Bassi

"...Quattro ciclisti in mountain bike lo hanno notato verso le 16.30 mentre accovacciato dava fuoco al sottobo-sco, macchia mediterranea, ai mar-gini di un sentiero sterrato". Corriere Fiorentino - 20 agosto 2012

Uno di quei "quattro ciclisti" in mountainbike avrei potuto essere io visto che lungo quel sentiero in quei giorni ci passavo spesso. Cosa avrei fatto? Non so, forse non mi sarei ac-corto di nulla o forse avrei salutato quell'uomo (uomo?) con cortesia, come sempre deve fare il biker con l'escursionista, l'avrei fatto col sorri-so, senza sospettare. Oppure avrei chiesto, come altre volte ho fatto di fronte ad un uomo (uomo?) in atteggiamenti sospetti o palesemente col-pevoli. Non so...

È in queste sistuazioni che emerge un ruolo in cui tutti noi escursionisti e biker dobbiamo sentirci coinvolti, quello di "presidio umano" sul territo-rio: perchè noi siamo osservatori e fungiamo da sentinelle inconsapevo-li di boschi, foreste, montagne e paludi, là dove l'autorità non riesce-non può-non vuole intervenire.Solo così potremo contribuire a difendere l'ambiente che amiamo: lo spettacolo della natura che faticosa-mente resiste ai mostri e visceral-mente si rigenera.

Escursionisti e biker per la difesa del territorio

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TECNOLOGIA

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SCAMBIARSI TRACCE GPS SUL WEB

turbolince.comGraziano De Maio

Graziano De Maio di Turbolince.com ci racconta come nacque l’idea

Gli alboriEra una normale sera, era inverno, era il 2007. Da qualche tempo ero riuscito a caricare sul mio Nokia 6630 un programmino che si chia-mava Smarcomgps con cui potevo tracciare i miei percorsi e scaricarli sul Pc.Grazie all'uso di un altro software riu-scivo a visualizzare la traccia su una mappa di Google map e questo era fantastico.Il passo successivo fu riuscire a fare il contrario, disegnavo una traccia su una mappa e poi la caricavo sul cel-lulare e poi potevo seguirla esploran-do nuovi posti in tutta sicurezza.Dicevo era una normale sera, era inverno, era il 2007 quando mi misi in testa che dovevo trovare il modo di poter caricare le tracce tramite un form sul mio sito web e condividerle con altri.Non solo, una volta caricata la trac-cia volevo che si generasse un marker sulla mappa generica.Allora non c'erano tanti servizi che lo facevano, ricordo Giscover in Italia.Investii molte sere e presto ebbi il mio rudimentale sistema di upload tracce gps con descrizione e possibi-lità di fare il download della traccia se

l'utente era iscritto al sito.In breve riuscii a raccimolare decine e decine di tracce gps che andavano a creare una mappa bellissima piena di marker che, come addobbi di natale, adornavano tutto l'arco Alpino e la brianza.Negli anni successivi perfezionai lo script e il sito divenne famoso e arri-varono tracce da tutta Italia.Negli ultimi 3 anni il fenomeno del caricamento e condivisione di tracce divenne popolare e una moltitudine di siti offrono oggi questo servizio.

Il problema della frammentazioneI percorsi per Mtb sono una risorsa inestimabile per gli appassionati e per il turismo, oggi chiunque, prima di partire per una vacanza può scari-carsi le tracce del luogo dove andrà e farsi bellissimi giri in bici. Chi vuole trascorrere un weekend in Mtb in qualsiasi posto può facilmente repe-rire informazioni su percorsi e tracce gps effettuando in tutta sicurezza i percorsi. Il fatto che ogni piccolo sito, associazione, ente turistico abbia la sua pagina con i percorsi e le tracce è stupendo ma questo è diventato un problema per la frammentazione delle informazioni.

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Data la semplicità con cui oggi si possono caricare le tracce consiglie-rei a tutti di caricare le tracce anche sui grossi portali in modo da dare valore e visibilità ai vostri percorsi sopratutto se coinvolgono zone famose per il turismo in Mtb.

Il futuro?Secondo me, grazie al gps che si dif-fonderà sempre più, nasceranno nuovi servizi. Ho visto di recente una cosa molto carina su un sito ameri-cano, gli utenti possono partecipare a delle gare virtuali, cosa vuol dire?L'utente si iscrive ad una gara virtua-le su un percorso, l'utente ha fatto il percorso e ha registrato col suo gps la performance. Ora carica la sua traccia gps, anche altri caricano la loro e cliccando "via" è possibile vedere il proprio marker muoversi insieme agli altri, parte quindi una vera e propria gara dove si vedono i marker alternarsi al comando, stac-care gli altri e tagliare il traguardo.Questa è un applicazione interes-sante del gps, non trovate? Immagi-nate una gara famosa come il Sella Ronda Hero e vedere voi contro il campione che l'ha vinta e scoprire che mentre voi attaccata la prima salita lui sta già iniziando la seconda!

TuttaviaMolti hanno il gps, ormai tutti anche i più scetticci ne comprendono il lato utile e il valore, tuttavia tutti dicono la stessa cosa che condivido anche io ... non c'è niente di più bello di una mappa del Cai e una bussola!

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Lorenzo Bassitesti e fotografie

ALL’OMBRA DEL LEGNONEL’anello della Val Lesina

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Passo dopo passo stabilizzo il ritmo cardiaco e mi arrampico sul piede del Monte Legnone, lentamente; il profumo resinoso di conifere mi penetra umido nei polmoni mentre respiro profondamente e cerco di non farmi distrarre troppo dalle parole dei miei compagni di gita. Non sono mai stato qui e voglio imparare e assorbire ogni metro che percorro. Appena fuori dalla pecceta, s’aprono improvvisamente i prati della Val Lesina, così colorati d’agosto, tumefatti dalle ombre del Legnone. Mi giro verso valle: in un solo sguardo mi impossesso del Lago di Como, della Val Chiavenna, della Valtellina. Il tempo di sorseggiare un po’ d’acqua fresca e riprendo a salire lungo i sentieri lastricati, ricordo della Grande Guerra che qui non fu mai combattuta ma che tanto incise sul paesaggio della Val Lesina. Ma i manu-fatti della Frontiera Nord (meglio nota con il nome di Linea Cadorna) non sono gli unici a caratterizzare la valle: lunghi mu-retti di sassi, costruiti nel corso di decine d’anni dai pastori che qui venivano a pascolare il bestiame, danno regolari geometrie ai pascoli. Insieme ai numerosi alpeggi che incontro lungo il mio cammi-no, sono la testimonianza di un’antica tradizione che va spegnendosi.Compiuto l’anello intorno alla valle, prima di scendere di nuovo verso il punto di par-tenza, io e miei compagni di gita siamo costretti dai gestori del Rifugio Alpe Legnone ad accomodarci al tavolo con loro per pappardelle ai funghi e funghi impanati. Purtroppo non abbiamo altra scelta e ci immoliamo: l’eroico sacrificio e l’immonda abbuffata chiudono una splen-dida giornata di pura natura.

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RIF. ALPE LEGNONE

CORTE DELLA GALIDA

Partenza: Delebio (SO)Arrivo: Delebio (SO)Distanza totale: 18 kmAltitudine massima: 1768 mAltitudine minima: 286 mTotale salita: 1509 mTotale discesa: 1509 mDifficoltà: EE

Visualizza il percorsosul tuo smartphone

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DELEBIO

PIAZZA CALDA

0 5 10 15

500100015002000

18km

Il percorso proposto attraversa la Foresta di Lombardia “Val Lesina”, area demaniale facente parte del complesso delle “Fore-ste di Lombardia” di proprietà di Regione Lombardia e gestito da ERSAF, l’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Fore-ste.www.ersaf.lombardia.it www.forestedilombardia.it

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L’ISTINTO DI FERMARE L’ATTIMO

mountainclick.itDavide Grimoldi

Quando ero un bambino mi dicevano tutti che ero davvero bravo a dise-gnare. Poi, con gli anni, questa dote si è trasformata nella capacità di co-gliere quello che vedevo attraverso l’occhio di una fotocamera. Ero solo un ragazzo quando ho co-minciato ad andare in montagna ed è stato facile unire la passione per le vette con quella per l’immagine. Da allora non ho più smesso.Il passaggio da pellicola a digitale però ha generato un problema: oggi infatti si tende a fare decine di scatti perché non costa nulla. Ma nono-stante questo, sto imparando (non è mai troppo tardi!) quanto sia comun-que importante prima osservare e valutare con estrema accuratezza quello che ho di fronte e poi scattare. Così facendo, alla fine avrò meno scatti ma molto più validi.Infatti ciò che mi guida a scattare una foto è il desiderio di comunicare le emozioni che ho provato davanti a quella forma, quel colore, quella luce. Spesso penso a una frase di uno dei miei miti, Ansel Adams, che diceva: “La fotografia non è solo quello che vedete, ma anche e so-prattutto quello che sentite”. Tanti luoghi che ho visitato sono di

una bellezza tale che la capacità di realizzare un buono scatto passa in secondo piano: ogni fotografia risulta comunque splendida! Altri posti e altri momenti sono invece difficili da restituire nella loro pienezza ed è qui che mi aiuta la post-produzione delle immagini. Non vuole essere un semplice a tec-nologico lavoro di rielaborazione, correzione o aggiustamento, ma piuttosto uno sforzo di una nuova realizzazione, per restituire all’immagine quei valori originari di nitidezza, colore, vividezza e lumino-sità che con il digitale si possono perdere.Quando voglio dedicarmi alla foto-grafia preferisco viaggiare solo, non fa differenza se si tratta di una facile escursione o di un viaggio interconti-nentale. Se devo restituire quello che ho visto a un pubblico ignoto e ignaro di tanta bellezza, devo poter decidere i tempi e le modalità dei miei scatti, sceglie-re luci e ombre, momenti e le perso-ne, paesaggi e oggetti, orari e spo-stamenti senza rendere conto a nes-suno che non sia la mia macchina fotografica e quell’istinto di fermare l’attimo...

Quando a decidere un “click” non è solo il cervello

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È L’ISTANTE IN CUIQualcuno forse ha deciso per te,oppure hai deciso tu ma non puoi sapere

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Fotografie Davide GrimoldiTesto il Monko

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Nel momento in cui non so e non mi aspetto, accade. Semplice, perché così doveva essere. Qualcuno forse ha deciso per me, oppure ho deciso io ma non posso sapere.Entro in Basilica, come tante volte ho fatto e, come nessuna volta è capitato, non c’è nessuno. Mi avvio, passo lento dopo passo lento, verso il sistema di illu-minazione: una moneta cade nella scato-la e la scultura s’accende di ombre e riflessi, imponente.Siamo soli io e il Mosè di Michelangelo. Io e lui. Vado a cercare il suo sguardo rivolto altrove finché incrocio quegli occhi mar-morei carichi di potenza. Siamo soli come mai mi era capitato in tanti anni. Per un istante il mio IO sfugge senza che possa controllarlo e scivolo nel delirio. Mi pervade una strana sensazione: mi sento ladro e al contempo geloso, padro-ne ed egoista. Mio e soltanto mio: questo pezzo di Storia dell’Arte e dell’Universo ora è mio e soltanto mio. È l’istante in cui mi perdo nell’immenso.È l’istante in cui percepisco l’infinito.È l’istante in cui provo potenza.È però anche l’istante in cui miliardi di giapponesi sbucati chissà da dove mi circondano, scavalcano, sommergono, abbagliano, spingono, assalgono, urlano, uccidono, bruciano, distruggono.“Buongiòlno e buonasèla...”Cosicché l’incantesimo svanisce in un soffio: io, Mosè e Michelangelo. Rimangono solo pudore e voglia. Chino la testa e come un ladro colto in flagrante esco di soppiatto.Forse proprio questo è il bello.

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L’INTRUSO IN ALTA QUOTA

Redazione

Tutti lo cercano. Dall’estremo emi-sfero nord all’estremo emisfero sud, basta che ci siano dieci centimetri di neve e squadre super attrezzate e cani dal fiuto infallibile cercano le sue tracce da anni per stanarlo. Numero-se prove sono state presentate per testimoniarne inconfutabilmente la sua esistenza ma il tempo e la tecno-logia le hanno irrimediabilmente smontate una dopo l’altra. Oggi vi presentiamo in assoluta an-teprima le prove che lo “Yeti” esiste. Purtroppo nessuna fotografia o ripre-sa della sua sfuggevole figura ma un’immagine a testimonianza asso-luta del suo passaggio. Infatti, durante una ciaspolata a 1600 m di quota, l’amico Stefano, esimio montanaro, con il suo fiuto ha trovato la traccia ben evidente sul candido ed intonso manto nevoso. Si presen-tava in modo evidente e fuoriusciva dal suolo con prepotenza; il suo colore metallico e i caratteri numerici enormi impressionavano il panora-ma. Vi era anche una freccia, enorme e ben evidente.Ci siamo emozionati, eravamo felici di essere i primi veri testimoni e solu-tori di un mistero così antico. Davanti a noi, il totem informativo metallico si

stagliava nel cielo come un enorme simbolo fallico. L’uomo incide sulla Natura con la sua presenza e costruisce il “pae-saggio”, sia esso urbano o montano o agreste o industriale. Ogni paesag-gio ha, nella sua bellezza o bruttez-za, “armonia”. Immaginiamo le periferie urbane: solitamente sono ritenute posti orribili però sono armoniose perché ogni pezzo che costituisce il paesaggio contribuisce alla loro bruttezza. Se in mezzo a palazzoni di periferia venisse costrui-to uno chalet di montagna, la sua bellezza assoluta verrebbe meno perché in disaccordo con il paesag-gio circostante. Parallelamente, un palazzone di 15 piani in un paesino di montagna distruggerebbe l’armonia del pae-saggio montano. Tutto ciò vale anche per gli arredi: una bacheca informativa di legno, costruita dalle mani esperte dei boscaioli, in prossimità della fermata del tram sarebbe così fuori luogo così com’è fuori luogo un totem infor-mativo d’acciaio alto due metri su un sentiero di montagna.Lo Yeti esiste ed è l’uomo che si ostina a sfigurare sè stesso.

La prova inconfutabile dell’esistenza dello Yeti

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TERZO INCOMODO TRA BIKER E CINGHIALE

LBFree - Guida MTBEnrico Frumento

Lo scontro biker vs cinghiale è un tormentone destinato a far storia: infatti biker e cinghiale si contendono sentieri che nessun'altro essere vivente frequenta, spaventandosi e mettendosi in fuga a vicenda. Con-cordano una tregua quando entra nella contesa il terzo incomodo, nemico di entrambi: il cacciatore.La domenica mi capita sempre più spesso di imbattermi in battute di caccia ai cinghiali, composte da decine di cacciatori, tutti con la loro bella giubba colorata e fosforescen-te, gli auricolari per riconoscersi ed i cani gioiosi/rabbiosi. Questo a noi poveri biker che pedaliamo sereni e pacioccosi per il sentiero pone una serie di problemi: primo, mentre loro sono colorati e fosforescenti, noi siamo tipicamente neri e bianchi o comunque poco visibili. Secondo, se è vero che loro hanno gli auricolari per trovarsi e non spararsi addosso, a noi cosa rimane? Terzo, i cani ecci-tati spesso si avventano contro le nostre caviglie ipnotizzati e rimbecil-liti dal ciclico movimento della peda-lata. Non si dimentichi poi il cinghiale che, braccato ed impaurito, scappa ed inevitabilmente finisce per imbat-tersi nel biker appena sopravvissuto

ai tre ostacoli precedenti. E poiché il cinghiale, seppur intelligente, è pur sempre un animale, non è che faccia troppa distinzione tra biker e caccia-tore. E la tregua di cui sopra si spezza. Quindi ho pensato di stilare alcune semplici regole di sopravvivenza.1. stare lontanissimi o vicinissimi ai cacciatori. Evitare distanze interme-die, a tiro di schioppo…2. fare il verso del cinghiale mentre si pedala potrebbe non essere una buona idea3. avere una bici che fa casino è meglio (freni a dischio muggianti, o rotazione con ruota libera modello trattore)3. nel dubbio, cantare a voce alta per disinguersi dai cinghiali.4. se incontrate un cinghiale state immobili, magari si stufa e se ne va. Ho visto biker rimanere immobili per ore.5. se incontrate un cacciatore man-datelo mentalmente a quel paese, ricordate che il fucile lo hai lui.In generale però un vantaggio per noi biker c'è: i cacciatori ed i cinghiali sono gli unici a tenere mediamente puliti i sentieri, i primi per arrivare a sparare, i secondi per scappare...

Un nuovo attore si aggiunge alla saga dello scontro biker vs cinghiale

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ALPENCROSSAttraverso le Alpi. Attraverso sé stessi.

Massimo Capobiancotesti e fotografie

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"Se ce l'ha fatta Annibale con gli elefanti, vuoi che non possa farcela io in bicicletta?".La sfida a me stesso iniziò da questa considerazione.Ero un mountainbiker "attempato" che iniziò ad andare in MTB solo dopo aver compiuto 50 anni, peraltro senza prima essere mai salito seria-mente su una bicicletta.Mi accontentavo di girare per la Brianza e ricordo, come se fosse ieri, la soddisfazione provata quando, un paio di mesi dopo aver iniziato, superai, per la prima volta, i 1.000 metri di dislivello.Allora, il solo pensare al dislivello e alla distanza chilometrica dell'Alpen-cross (non sapevo neppure esistes-se) non era cosa concepibile dal mio cervello e soprattutto dalle mie gambe.Dopo un percorso triennale di avvici-namento durante il quale, appena potevo, pedalavo quasi tutte le setti-mane almeno una volta, iniziò a farsi largo nella mia testa l'idea di attra-versare le Alpi in bicicletta in solitaria portandomi tutto l'occorrente nello zaino. Decisi.Tra i numerosi percorsi, scelsi quello denominato “Joe Route” (dal suo tracciatore, Joe Serac) che si svilup-pa da Oberstdorf in Baviera a Riva del Garda: 7 giorni, attraverso Ger-mania, Austria, Svizzera ed Italia; 15.000 metri di dislivello su una distanza di circa 500 chilometri, con 9 passi oltre i 2.000 metri.

Una cavalcata attraverso le Alpi che prende il via tra paesaggi montani della Bassa Baviera per terminare sulle spiagge del Lago di Garda, tra la gente in costume da bagno.Pochi giorni prima della partenza un caro amico mi disse che andare in bicicletta, immersi nella natura ed ancor più in solitaria, è un esercizio zen, in cui ci si confronta in continua-zione con sé stessi. Al momento non avevo negato del tutto questa ipotesi ma in sostanza pensai che lui, ex ciclista agonista e appassionato di meditazione dinami-ca e altre pratiche ginnico-esoteriche, volesse a tutti i costi codificare, secondo i suoi “credo”, la pratica della mountainbike.Dopo l’Alpencross, cominciai a pensare che la sua teoria avesse maggior fondamento di quanto rico-nosciutogli in precedenza.Fu infatti un'esperienza profonda ed appagante. Un viaggio che mi confermò come la bicicletta possa essere un mezzo di trasporto ed al tempo stesso uno strumento di conoscenza: conoscenza non limita-ta ai luoghi visitati ed alle persone incontrate ma soprattutto di sé stessi.Oggi posso dire che l’Alpencross, se fatto in solitaria e senza appoggio esterno, è un lungo viaggio di una sola settimana attraverso sé stessi alla fine del quale si arriva con un più ampio bagaglio di conoscenze e maggiore consapevolezza dei propri limiti e capacità.

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"Se ce l'ha fatta Annibale con gli elefanti, vuoi che non possa farcela io in bicicletta?".La sfida a me stesso iniziò da questa considerazione.Ero un mountainbiker "attempato" che iniziò ad andare in MTB solo dopo aver compiuto 50 anni, peraltro senza prima essere mai salito seria-mente su una bicicletta.Mi accontentavo di girare per la Brianza e ricordo, come se fosse ieri, la soddisfazione provata quando, un paio di mesi dopo aver iniziato, superai, per la prima volta, i 1.000 metri di dislivello.Allora, il solo pensare al dislivello e alla distanza chilometrica dell'Alpen-cross (non sapevo neppure esistes-se) non era cosa concepibile dal mio cervello e soprattutto dalle mie gambe.Dopo un percorso triennale di avvici-namento durante il quale, appena potevo, pedalavo quasi tutte le setti-mane almeno una volta, iniziò a farsi largo nella mia testa l'idea di attra-versare le Alpi in bicicletta in solitaria portandomi tutto l'occorrente nello zaino. Decisi.Tra i numerosi percorsi, scelsi quello denominato “Joe Route” (dal suo tracciatore, Joe Serac) che si svilup-pa da Oberstdorf in Baviera a Riva del Garda: 7 giorni, attraverso Ger-mania, Austria, Svizzera ed Italia; 15.000 metri di dislivello su una distanza di circa 500 chilometri, con 9 passi oltre i 2.000 metri.

Una cavalcata attraverso le Alpi che prende il via tra paesaggi montani della Bassa Baviera per terminare sulle spiagge del Lago di Garda, tra la gente in costume da bagno.Pochi giorni prima della partenza un caro amico mi disse che andare in bicicletta, immersi nella natura ed ancor più in solitaria, è un esercizio zen, in cui ci si confronta in continua-zione con sé stessi. Al momento non avevo negato del tutto questa ipotesi ma in sostanza pensai che lui, ex ciclista agonista e appassionato di meditazione dinami-ca e altre pratiche ginnico-esoteriche, volesse a tutti i costi codificare, secondo i suoi “credo”, la pratica della mountainbike.Dopo l’Alpencross, cominciai a pensare che la sua teoria avesse maggior fondamento di quanto rico-nosciutogli in precedenza.Fu infatti un'esperienza profonda ed appagante. Un viaggio che mi confermò come la bicicletta possa essere un mezzo di trasporto ed al tempo stesso uno strumento di conoscenza: conoscenza non limita-ta ai luoghi visitati ed alle persone incontrate ma soprattutto di sé stessi.Oggi posso dire che l’Alpencross, se fatto in solitaria e senza appoggio esterno, è un lungo viaggio di una sola settimana attraverso sé stessi alla fine del quale si arriva con un più ampio bagaglio di conoscenze e maggiore consapevolezza dei propri limiti e capacità.

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Spero che queste poche righe, ma ancor più le immagini che le corredano, possa-no essere uno stimolo per chi deciderà di intraprendere uno dei numerosi percorsi di Alpencross o semplicemente di passa-re all’uso della mountainbike, al di fuori della “confort zone” dei sentieri di casa.Preparatevi bene e per tempo e scegliete il percorso adeguato alle vostre capacità; come me, o magari meno di me, farete fatica, porterete la bicicletta in spalla per lunghi tratti, ma vi assicuro che vi diverti-rete tantissimo, vedrete luoghi spettaco-lari, incontrerete della bella gente e vivrete emozioni che vi rimarranno dentro per sempre.Parafrasando M. Twain dico che un viag-gio lungo 500 chilometri inizia con il primo colpo di pedale e darlo non è poi così difficile.

Per qualsiasi informazione su tracciato, attrezzatura, punti d'appoggio, aspetti logistici, contattami via e-mail; il mio indi-rizzo è: [email protected]

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Spero che queste poche righe, ma ancor più le immagini che le corredano, possa-no essere uno stimolo per chi deciderà di intraprendere uno dei numerosi percorsi di Alpencross o semplicemente di passa-re all’uso della mountainbike, al di fuori della “confort zone” dei sentieri di casa.Preparatevi bene e per tempo e scegliete il percorso adeguato alle vostre capacità; come me, o magari meno di me, farete fatica, porterete la bicicletta in spalla per lunghi tratti, ma vi assicuro che vi diverti-rete tantissimo, vedrete luoghi spettaco-lari, incontrerete della bella gente e vivrete emozioni che vi rimarranno dentro per sempre.Parafrasando M. Twain dico che un viag-gio lungo 500 chilometri inizia con il primo colpo di pedale e darlo non è poi così difficile.

Per qualsiasi informazione su tracciato, attrezzatura, punti d'appoggio, aspetti logistici, contattami via e-mail; il mio indi-rizzo è: [email protected]

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Partenza: Oberstdorf (GER)Arrivo: Peschiera del Garda (ITA - Bs)Distanza totale: 512 kmAltitudine massima: 2841 mAltitudine minima: 58 mTotale salita: 15000 mTotale discesa: 16000 m

Visualizza il percorsosul tuo smartphone

PRIMA TAPPAOberstdorf - Freiburger Hütte (A)SECONDA TAPPAFreiburger Hütte - Neue Heidelberger Hütte (A)TERZA TAPPANeue Heidelberger Hütte - Sesvenna Hütte (BZ)QUARTA TAPPASesvenna Hütte - Trafoi (BZ)

QUINTA TAPPATrafoi - Santa Caterina Valfurva (SO)SESTA TAPPASanta Caterina Valfurva - Dimaro (TN)SETTIMA TAPPADimaro - Ponte Arche (TN)OTTAVA TAPPAPonte Arche - Peschiera del Garda

0

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2000

3000

100 200 300 400

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PESCHIERA DEL GARDA

OBERSTDORF

Ponte Arche

Dimaro

Trafoi

Santa Caterina

Sesvenna Hütte

Neue Heidelberger Hütte

Freiburger Hütte

400 500km

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GIÙ A CANNONE DAL TREMEZZOIn MTB nella Storia

Lorenzo Bassitesti e fotografie

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Guardare avanti, per uno come me che non ha mai avuto nulla in cui cre-dere, è pressochè obbligatorio. La speranza di intuire quel che cerco mi spinge a bruciare passato e presen-te con ingordigia anche se, spesso, ciò che cerco è qui, splendido, da-vanti ai miei occhi spenti.Accade stamattina che, mentre espleto le solite azioni (doccia, cola-zione, defecata e viaggio) che sepa-rano la levata dal letto al timbro del cartellino, riflesso nel finestrino di una fetida metropolitana piena di fetida gente, intuisco: 15 secondi di fuoco, 5 per l’intuizione, 5 per la messa a fuoco, 5 per possederla. Sono fetido anch’io.Scendo alla prima fermata e prendo la metrò in senso inverso.A casa carico la MTB in auto; la vicina di casa si lamenta del giardi-niere. Parto sgommando; la vicina di casa si lamenta del vicino di casa.Un’ora d’auto, poi MTB, funivia e sono in quota.La salita è costante, lunga, senza respiro ma non sufficientemente ripida da togliermelo definitavamen-te. Al mio fianco i cippi odometrici

vecchi di 97 anni sfilano man mano che mi avvicino alla vetta; sotto le ruote scorre la strada militare che conduceva in quota cannoni, stru-menti di morte costruiti per vivere.Giunto in cima, ciò che mi appare come meraviglioso fotogramma che si perde da Alpi ad Appennini, 95 anni fa era solo pericolo.Batterie di cannoni, sentieri militari, gente che aveva paura di perdere i propri sogni e perdeva la vita per difenderli.Scendo in picchiata lungo il sentiero militare e nel buio della galleria sca-vata a colpi di piccone e tritolo rim-bombano i rumori della catena e delle guaine contro il telaio; mentre la velocità aumenta, lungo i tornanti percepisco l’odore della gente che ha calpestato 97 anni fa queste pietre, odore di forza e sacrificio.Mi fermo solo in fondo alla discesa, appoggio la bici alla staccionata e mi siedo.Devo solo imparare a cogliere e non dimenticare l’istante in cui il presente diventa passato.Devo solo imparare a vivere più len-tamente.

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In MTB nella Storia

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ARGEGNO

RIF. BOFFALORA

ALPE DI LENNO

ALPE DI COLONNO

ALPE DI OSSUCCIO

Partenza: Argegno - funivia (CO)Arrivo: Argegno (CO)Distanza totale: 37kmAltitudine massima: 1574 mAltitudine minima: 233 mTotale salita: 1059 mTotale discesa: 1652 m

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RIF. BOFFALORA

RIF. VENINI

TREMEZZO

0 10 20 30 37km

500

1000

1500

2000

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72

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dpacartoons.itPaolo Deandrea

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