origini del gelato -...

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1 IL GELATO Il gelato viene comunemente definito una "preparazione alimentare ottenuta con una miscela di ingredienti portata allo stato solido o pastoso mediante congelamento e contemporanea agitazione per insufflazione di aria". Le origini In origine il gelato non era certamente quello che noi conosciamo. Nell'antichità, probabilmente, si refrigeravano frutta, latte e miele per farne cibo nutriente. Esiste uno studio europeo sui cibi conservati tra i ghiacci da parte di popolazioni Neanderthaliane, le quali nascondevano tra le nevi, allo scopo di preservare la loro durata, bacche e pezzi di carne di cervide, nonché frutti secchi. In seguito popoli più evoluti conobbero attraverso l'allevamento quello che era il latte ghiacciato, alimento tutt'altro che raro nei periodi invernali. Alla fine del IX secolo gli Arabi occuparono la Sicilia dove trovarono i nevaroli dell'Etna e le neviere, che per secoli rappresentarono la sola soluzione sia per il piacere dei prodotti freddi, sia per la conservazione. Poiché con il miele, unico dolcificante noto allora, non sarebbe stato possibile creare una granita, è grazie alla canna da zucchero che gli Arabi rinvennero in Sicilia che fu possibile creare le prime granite. Lo scrittore arabo Ibn Ankal scrive: « Lungo la spiaggia, nei dintorni di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il suolo; da essa il sugo si estrae per pressione. » Inoltre in Sicilia si trovava abbondantemente il sale marino e la neve (sull’Etna, sui monti Iblei, sulle Madonie). Nell'isola di Sardegna nascevano prodotti come la carapigna, ottenuto confezionando latte di ovino e frutta secca (in tempi a noi più vicini sostituita con scorze di limone) con neve di montagna e che entreranno, ma solo in epoca rinascimentale, sui banchetti di sovrani d'Occidente come Carlo V re di Spagna. Riferimenti a tale pratica si incontrano sia in testi antichi sia nelle cronache d'epoca più note. Già durante il Medioevo, in Oriente, si scoprì il modo di congelare i succhi di frutta ponendoli in recipienti circondati da ghiaccio, modalità di preparazione che fu appresa anche in Toscana, Aosta, Sicilia e in altre regioni della penisola. Notizie più certe riguardo al gelato si hanno sul trezzoto di Francesco Procopio dei Coltelli, un cuoco siciliano, che nel 1686 riuscì a preparare la miscela che tutti noi conosciamo oggi. Egli riuscì a introdurre alcune tecniche di refrigerazione presso le cucine dei re di Francia prima, e in seguito presso il Café Procope di Parigi, dove veniva servita una grande varietà di gelati. Secondo altri, il gelato fu preparato per la prima volta da un certo Ruggeri di Firenze, macellaio e appassionato di cucina, che grazie a un preparato che comprendeva panna, zabaione e frutta divenne ben presto famoso, tanto che fece fortuna a Parigi. Egli preparò il gelato in occasione delle nozze di Caterina de' Medici ed Enrico d'Orleans. Tra le varie scuole che si sono distinte nel tempo nella fabbricazione del gelato merita senz'altro citazione quella veneta, in particolare quella della Val di Zoldo e della provincia di Belluno, che ha saputo farsi apprezzare in tutto il mondo. La nascita della gelateria Il gelato come "impresa" deve nuovamente le sue origini a Francesco Procopio dei Coltelli, cuoco siciliano. Procopio utilizzò un'invenzione del nonno Francesco, un pescatore che nei momenti di

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IL GELATO

Il gelato viene comunemente definito una "preparazione alimentare ottenuta con una miscela di ingredienti portata allo stato solido o pastoso mediante congelamento e contemporanea agitazione per insufflazione di aria".

Le origini

In origine il gelato non era certamente quello che noi conosciamo. Nell'antichità, probabilmente, si refrigeravano frutta, latte e miele per farne cibo nutriente. Esiste uno studio europeo sui cibi conservati tra i ghiacci da parte di popolazioni Neanderthaliane, le quali nascondevano tra le nevi, allo scopo di preservare la loro durata, bacche e pezzi di carne di cervide, nonché frutti secchi. In seguito popoli più evoluti conobbero attraverso l'allevamento quello che era il latte ghiacciato, alimento tutt'altro che raro nei periodi invernali.

Alla fine del IX secolo gli Arabi occuparono la Sicilia dove trovarono i nevaroli dell'Etna e le neviere, che per secoli rappresentarono la sola soluzione sia per il piacere dei prodotti freddi, sia per la conservazione. Poiché con il miele, unico dolcificante noto allora, non sarebbe stato possibile creare una granita, è grazie alla canna da zucchero che gli Arabi rinvennero in Sicilia che fu possibile creare le prime granite. Lo scrittore arabo Ibn Ankal scrive:

« Lungo la spiaggia, nei dintorni di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il suolo; da essa il sugo si estrae per pressione. »

Inoltre in Sicilia si trovava abbondantemente il sale marino e la neve (sull’Etna, sui monti Iblei, sulle Madonie). Nell'isola di Sardegna nascevano prodotti come la carapigna, ottenuto confezionando latte di ovino e frutta secca (in tempi a noi più vicini sostituita con scorze di limone) con neve di montagna e che entreranno, ma solo in epoca rinascimentale, sui banchetti di sovrani d'Occidente come Carlo V re di Spagna. Riferimenti a tale pratica si incontrano sia in testi antichi sia nelle cronache d'epoca più note.

Già durante il Medioevo, in Oriente, si scoprì il modo di congelare i succhi di frutta ponendoli in recipienti circondati da ghiaccio, modalità di preparazione che fu appresa anche in Toscana, Aosta, Sicilia e in altre regioni della penisola. Notizie più certe riguardo al gelato si hanno sul trezzoto di Francesco Procopio dei Coltelli, un cuoco siciliano, che nel 1686 riuscì a preparare la miscela che tutti noi conosciamo oggi. Egli riuscì a introdurre alcune tecniche di refrigerazione presso le cucine dei re di Francia prima, e in seguito presso il Café Procope di Parigi, dove veniva servita una grande varietà di gelati. Secondo altri, il gelato fu preparato per la prima volta da un certo Ruggeri di Firenze, macellaio e appassionato di cucina, che grazie a un preparato che comprendeva panna, zabaione e frutta divenne ben presto famoso, tanto che fece fortuna a Parigi. Egli preparò il gelato in occasione delle nozze di Caterina de' Medici ed Enrico d'Orleans. Tra le varie scuole che si sono distinte nel tempo nella fabbricazione del gelato merita senz'altro citazione quella veneta, in particolare quella della Val di Zoldo e della provincia di Belluno, che ha saputo farsi apprezzare in tutto il mondo.

La nascita della gelateria

Il gelato come "impresa" deve nuovamente le sue origini a Francesco Procopio dei Coltelli, cuoco siciliano. Procopio utilizzò un'invenzione del nonno Francesco, un pescatore che nei momenti di

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libertà si dedicava allo studio di una macchina per la produzione di gelato la quale ne perfezionasse la qualità fino ad allora esistente. Un giorno riuscì nel suo intento, ma ormai anziano decise di lasciarla in eredità al nipote. Procopio, tempo dopo, stanco della vita da pescatore prese la sua macchinetta e cominciò a sua volta a studiarla, fece diverse prove e alla fine decise di partire in cerca di fortuna.

Arrivò, dopo tanti insuccessi e successivi perfezionamenti, fino a Parigi. Scoprendo l'uso dello zucchero al posto del miele, e il sale mischiato con il ghiaccio (eutettico) per farlo durare di più, fece un salto di qualità e venne accolto dai parigini come geniale inventore: aprì nel 1686 un locale, il Café Procope. Dopo poco, dato l'enorme successo ottenuto, si spostò in una nuova e più grande sede (oggi in rue de l'Ancienne Comédie), di fronte alla "Comédie Française" (il teatro, fondato nel 1680, si sarebbe poi spostato nella sede attuale nel 1799).

Quel "Café" offriva: "acque gelate" (granite), gelati di frutta, "fiori d'anice", "fiori di cannella", "frangipane", "gelato al succo di limone", "gelato al succo d'arancio", "sorbetto di fragola", in una "patente reale" (una concessione) con cui Luigi XIV aveva dato a Procopio l'esclusiva di quei dolci. La fama di "più celebre Caffè letterario d'Europa" deriva dal fatto che i suoi clienti non erano soltanto gli attori, le attrici e gli altri componenti della Comédie Française, ma anche e soprattutto degli intellettuali, filosofi, letterati, Voltaire, George Sand, Balzac, Victor Hugo, Diderot, D'Alembert, De Musset, il Dottor Guillotin che diede la ghigliottina alla Francia, il tenente Napoleone che una sera lasciò in pegno il suo Bicorno per non avere avuto il denaro necessario a pagare le consumazioni offerte ai suoi amici. Il "Café Procope" esiste ancora, anche se non più esercente la brillante attività che lo rese famoso in tutta Europa. Dunque la diffusione su scala "industriale" del gelato nel mondo partì dalla Sicilia e più precisamente da Catania. Nel 1773 lo scozzese Patrick Brydone scriveva: "L'Etna fornisce neve e ghiaccio non solo a tutta la Sicilia, ma anche a Malta e a gran parte dell'Italia, creando così un commercio molto considerevole". A prescindere dalla verità storica di questi fatti, l'origine italiana del gelato viene riconosciuta in gran parte del mondo (non è inusuale, nelle gelaterie estere, vedere indicazioni come "vero gelato italiano").

Una delle prime rivendite commerciali di gelato italiane, realizzato tramite raffreddamento di gelato, zucchero e addensanti come la farina di carrube, risale circa al 1928 e cominciò la sua attività a Varese: consisteva in un carretto ambulante con un macchinario discendente da quello del caffè Procope. Tale rivendita fu certamente la prima nel nord Italia a portare il gelato a un livello popolare. Dal punto di vista produttivo e della lavorazione, esistono due varietà ben distinte di gelato: il gelato artigianale e il gelato industriale.

Gelato artigianale o gelato artificiale

Questo tipo di gelato è caratterizzato dall'uso di materie prime fresche. Rispetto a quello industriale può presentare le seguenti differenze:

il prodotto è solitamente fresco e prodotto dallo stesso rivenditore minor quantità di grassi (6-10% in quello prodotto artigianalmente 8-12% in quello

industriale) minor quantità d'aria (max 35% negli artigianali, min 70% in quelli industriali)

Nel gelato artigianale propriamente detto, l'ingrediente presente in maggiore quantità è il latte (almeno il 60 percento) seguito dagli zuccheri (14~24 percento) e dalla panna (5~20 percento). Spesso è presente anche una certa quantità di latte magro in polvere per garantire un adeguato apporto di proteine e solidi del latte, di vitale importanza per il mantenimento della struttura: il lattosio presente in circa 50% serve per assorbire l'acqua libera mentre le proteine per dare corpo e stabilità.

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La ricetta di un buon gelato artigianale, oltre alla selezione di ingredienti di alta qualità, dovrà presentare un corretto bilanciamento dei componenti solidi dei vari ingredienti. Tali componenti sono il grasso vaccino, unito talvolta a quello del tuorlo d'uovo di gallina, gli zuccheri, i solidi magri del latte. Si trovano anche altri ingredienti solidi, quali stabilizzanti dell'emulsione acqua-grasso, addensanti di legame per l'acqua, solidi diversi da grassi, zuccheri e magri del latte e presenti nella ricetta per effetto di determinati ingredienti, come per esempio i prodotti derivati dal cacao, semi a guscio (nocciola, pistacchio, mandorla, noce, pinoli).

La miscela base per i gusti deve essere sottoposta a pastorizzazione al fine di renderla igienicamente sicura e di ottenere un miglior legame tra componenti solidi e acqua, risultante in una struttura più stabile e una tessitura più cremosa nel prodotto finale. Nel gelato artigianale di frutta all'acqua, noto popolarmente come sorbetto, sono tipicamente assenti ingredienti quali latte e suoi derivati (laddove presenti il prodotto perde le sue caratteristiche di dessert freddo privo di grassi e di lattosio); taluni operatori ne fanno comunque uso in base a usi alimentari locali o per sopperire all'incapacità tecnica di ottenere un prodotto ugualmente cremoso. I rimanenti ingredienti sono la frutta (dal 25 al 60 percento in peso sul totale) e gli zuccheri aggiunti (intorno al 25 percento). Dal momento che il sorbetto è in media meno cremoso del gelato, alcuni gelatieri aggiungono comunque grassi o latte per migliorarne la consistenza e rendere così il prodotto finito apprezzabile da una più vasta gamma di consumatori. I gelatieri che invece prediligono un più rigoroso rispetto della tradizionale formula del sorbetto non ne fanno uso, riuscendo, in taluni casi e in virtù di conoscenze tecniche più spinte o più semplicemente grazie alla disponibilità di migliori materie prime (frutta di migliore qualità, di stagione e matura) e all'utilizzo di tre o quattro tipi di zuccheri semplici invece del solo saccarosio (con peso molecolare più alto dando più compattezza al gelato finito e con potere dolcificante più basso ottenendo un gelato più delicato), a ottenere un prodotto dalle caratteristiche simili a quello con la presenza di grassi aggiunti.

Nei gelati artigianali possono essere impiegati ingredienti composti, altrimenti detti semilavorati: una miscela di componenti del gelato preparata con modalità industriali. Questo è dato dal fatto che negli ultimi anni sono aumentati molto il numero dei gusti esposti e si è cercato di semplificare il processo produttivo partendo da un gusto bianco (fiordilatte) a cui aggiungere le paste. Fino a oggi, la maggioranza delle gelaterie italiane, storiche e non, fanno uso di basi per gelato, senza che questo costituisca di per sé un elemento distintivo del prodotto finale, la cui qualità viene invece influenzata dai singoli ingredienti così come dai processi produttivo e conservativo. L'aromatizzazione viene fatta con prodotti naturali (vaniglia in bacche, buccia di limone, liquori) o con aromi artificiali. La preparazione del gelato avviene mediante l'uso di apposite macchine che consentono la gestione delle varie fasi. L'Italia è l'unica nazione al mondo dove il gelato artigianale copre il 55% del mercato[5], grazie alla copertura capillare, la storia, la tradizione, l'abitudine del gelato da passeggio e la professionalità degli addetti. Oltre alle numerose piccole gelaterie artigianali esistono catene di locali in franchising. Tra le più diffuse sul territorio italiano segnaliamo Grom, Gelaterie Barbera, La Romana e Bellamia. Negli ultimi anni, l'aumento di allergie, intolleranze alimentari e celiachia, ha favorito la diffusione di gusti vegetali senza glutine e soprattutto senza lattosio (usando latte di riso o di soia), o a base acqua (frutta).

Gelato industriale

Questo tipo di gelato è caratterizzato dal fatto di essere prodotto molti mesi prima del consumo, con l'impiego preparati e di materie prime come latte in polvere, succhi di frutta concentrati, e di additivi come coloranti, emulsionanti, stabilizzanti e aromi. I gelati industriali vengono detti anche soffiati, perché prodotti con l'introduzione di aria, durante la fase di gelatura, fino al 100-130 per cento, per cui diventano molto soffici e leggeri.

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Poiché vengono distribuiti anche in zone lontane dal luogo di produzione, i gelati industriali necessitano il supporto di una efficace catena del freddo. La mantecazione consente la trasformazione di una miscela liquida in gelato tramite l'azione del freddo, l'inclusione di aria, e la continua agitazione. I gelati "mantecati" vengono proposti al consumatore nel classico cono, in coppette o in coppe, e i principali tipi sono alla frutta (incluso il sorbetto), alle creme, allo zabaione e allo yogurt.

Tipi di gelati in base agli ingredienti

Coppa di gelato alla nocciola con panna

A seconda degli ingredienti impiegati, i gelati si dividono in: Gelato al latte se i grassi sono fino al 5% Gelato di latte se i grassi sono fino al 6% Ice-cream se i grassi sono al 7% Ice-cream americano) se i grassi sono al 8%

gelati alla crema di latte se il latte o i suoi derivati sono presenti per almeno il 7% in grassi, l'8% in residuo secco magro, il 13% in zucchero o infine il 32% in sostanza secca totale;

gelati al latte contenenti il 32% di sostanza secca totale; gelati di frutta se composti da almeno il 15% di frutta (10% per gli agrumi), il 18% di

zuccheri, il 28-31% di residuo secco totale.

Gli ingredienti principali del gelato sono: latte, panna, zucchero, uova, grassi vegetali, frutta, frutta secca, cacao o cioccolato, caffè, ecc. Tra i gusti più noti ricordiamo la crema, il fiordilatte, il cioccolato e il cioccolato con nocciole (spesso detto Bacio che in effetti è la gianduia), la stracciatella, il torrone e la nocciola. Nei gusti alla frutta il limone e la fragola, oltre alle infinite possibilità offerte dall'avvicendarsi delle stagioni: mela, pera, arancia, ribes, lampone, mirtillo, pesca e frutti tropicali. Spesso per praticità si usa frutta surgelata all'origine, solo polpa già pulita e commercializzata da ditte specializzate.

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Grom: tutti i segreti e i difetti del finto gelato artigianale preparato con metodi industriali. Il problema degli additivi Articolo tratto da “Il fatto alimentare” Pubblicato da il 26 settembre 2012

“Grom: il gelato industriale che diventa artigianale”. Era il titolo di un articolo pubblicato due mesi fa su Il fatto alimentare che ha creato un certo rumore. Il quesito era abbastanza semplice: come ha fatto un’industria con centinaia di dipendenti a diventare la rappresentante del gelato artigianale italiano nel mondo? Qual è il segreto? Il marketing? La pubblicità? Forse tutto ciò, affiancato dalla mancanza di una definizione precisa su cosa si intende per gelato artigianale, e dalla scarsa capacità delle associazioni di categoria di contrapporsi ad un’azienda molto abile nella comunicazione.

Ma questi sono discorsi teorici. A dispetto di ogni logica il gelato di Grom è vissuto nell’immaginario dei consumatori come un vero cono artigianale anche se non è vero. Lo sostengono anche i due manager che gestiscono l’azienda piemontese che parlano sempre di “gelato come una volta”, senza altre precisazioni.

A questo punto bisogna spiegare perché il cono di Grom non è un prodotto artigianale e neppure un di eccellenza come molti pensano.

- La caratteristica principale del cono artigianale è di essere preparato fresco ogni giorno nel laboratorio annesso al punto vendita. Il gelato di Grom viene elaborato in un centro unico di produzione a Mappano di Caselle (TO) in Piemonte, ed è pensato per essere consumato dopo diversi giorni di stoccaggio. La miscela viene infatti pastorizzata, poi congelata e trasferita nei punti vendita, per essere mantecata prima di finire nel pozzetto del banco frigorifero. Il processo industriale è perfetto ma i diversi passaggi ne compromettono inevitabilmente la struttura.

Per semplificare possiamo paragonare il cono artigianale ad un piatto di spaghetti preparati al momento al ristorante, mentre quello di Grom a un piatto di spaghetti (confezionato con materie prime eccellenti e venduto ad un prezzo elevato) ottenuto riscaldando un precotto surgelato.

- Grom dichiara di non usare additivi per differenziarsi dalle gelaterie artigianali, ma si tratta di un modo per farsi pubblicità, sfruttando la scarsa conoscenza della gente e l’emotività dei consumatori che quando si parla di additivi entrano in fibrillazione. In realtà il gelato di Grom contiene l’E410, un additivo conosciuto con il nome di farina di semi di carrube. Si tratta di una sostanza necessaria per addensare, utilizzata anche nelle gelaterie artigianali insieme ad altri come carragenine o farina di semi di guar, derivati da piante o arbusti.

In commercio si trova anche gelato senza addensanti, il caso tipico è quello di Haagen-Dazs che per compensare l’assenza e rendere il prodotto morbido, utilizza una quantità esagerata di grassi

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(circa 25%) per cui alla fine il gelato ha quasi la consistenza di un panetto di burro.

Nei gusti alla crema di Grom non ci sono i mono e digliceridi degli acidi grassi alimentari, ovvero gli emulsionanti, additivi presenti in tutti i prodotti alimentari industriali per amalgamare la materia grassa (contenuta nella panna, nel latte e nel burro…) con l’acqua degli altri ingredienti. È vero che una volta non si usavano questi additivi ma tra gli ingredienti della miscela c’erano sempre le uova, che svolgevano la stessa funzione attraverso le lecitine presenti nel tuorlo.

Secondo alcuni la necessità di uniformare la produzione nei punti vendita sparsi nel mondo, rende inutile la presenza di emulsionanti perché non cambierebbe la struttura del gelato, che si presenta comunque rugoso e dall’aspetto poco invitante. L’abilità dell’azienda è stata quella di presentare in chiave marketing l’assenza di questi additivi come testimonianza di un modo di lavorare artigianale di altri tempi.

Secondo altri l’assenza di emulsionanti è una scelta sbagliata perché nella miscela si formano più facilmente cristalli di ghiaccio e il gelato alla fine risulta duro e poco spatolabile sulla cialda, con un esito deludente. Da qui deriva probabilmente la scelta di non utilizzare nel banco frigorifero le vaschette ma il pozzetto, che evoca il gelato di una volta. In realtà questi contenitori diventano un atto dovuto per nascondere i difetti estetici di un prodotto “ricongelato” privo di morbidezza come invece si percepisce nel cono artigianale di giornata.

La scelta di non usare emulsionanti comporta un super lavoro da parte degli addetti al banco. Prima di spatolare il gelato sulla cialda, bisogna ammorbidire la miscela eccessivamente compatta, facendo una seconda mantecatura manuale. Il giochino porta via tempo e nell’orario di punta si forma sempre la coda fuori dai negozi. Certo si tratta di un elemento negativo che però viene interpretato dai clienti come un fattore necessario per poter mangiare il mitico cono firmato Grom.

Oggi molte gelaterie artigianali per accontentare i clienti desiderosi di consumare prodotti senza additivi hanno ridotto la quantità di addensanti o li hanno sostituiti con altri ingredienti che li contengono come fa Stefino a Bologna utilizzando l’amido di kuzu. Per quanto riguarda gli emulsionanti la sostituzione è più difficile, c’è chi usa latte in polvere arricchito con proteine; il sistema funziona ma per mantecare la miscela occorre un micronizzatore che permette di ottenere un gelato mantenendo la morbidezza e l’aspetto vellutato.

La conclusione è forse scontata ma non banale. Grom è un ottimo esempio di imprenditoria italiana nel mondo, ma la qualità del cono non è un modello di eccellenza e non regge il confronto con le tante gelaterie artigianali ormai presenti in molte località. Qualche mese fa in un’intervista a Radio 24 sostenevo che se fossimo a scuola Grom meriterebbe un voto di poco superiore al 7, altre gelaterie sarebbero sotto, ma come in tutte le classi c’è pure un gruppo di allievi che arriverebbero tranquillamente a 9. Io frequento queste gelaterie.