mediterranea_23 - ferra - julius evola

118
MEDITERRÁNEA

Upload: gianni-ferracuti

Post on 14-Apr-2018

302 views

Category:

Documents


9 download

TRANSCRIPT

Page 1: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 1/118

MEDITERRÁNEA

Page 2: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 2/118

 

MEDITERRÁNEA

Rassegna di Studi Interculturali diretta da Gianni Ferracutianno vii, 2013, numero 23, ISSN: 2036-8313

«Mediterránea» - Centro di Studi InterculturaliDipartimento di Studi Umanistici

Università di Trieste Androna Campo Marzio, 1034124 Trieste

Prima edizione: Il Cerchio, Rimini 1984

Page 3: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 3/118

La prima edizione a stampa di questo lavoro è stata pubblicata da Il Cerchio di Rimini nel 1984.Rileggere un proprio libro scritto trent’anni prima è un’esperienza al tempo stesso piacevole e delu- dente. Piacevole, perché si scoprono continuità insospettate; deludente, perché ci si accorge di quan- te cose si sarebbero potute dire, quante osservazioni si sarebbero potute fare, e quanti errori si pote- vano risparmiare. Pesato il pro e il contro, ho deciso di ripubblicarlo così com’è: a suo tempo ha

svolto una funzione dignitosa, e può svolgerla ancora. Mi sono limitato alla semplice correzione deirefusi e, in una occasione, ho spostato una lunga nota all’interno del testo, senza modificare alcun- ché di sostanziale.

Credo di essere stato il primo a studiare Evola con metodologia scientifica, collocandolo nel suoluogo culturale, senza osannarlo come maestro infallibile e senza denigrarlo come una sorta di in- carnazione diabolica, come facevano quelli che, in entrambi i casi, erano affetti da una sindromechiamata evolomania. Successivamente, in un libro intitolato Il negativo della modernità: Ju-lius Evola visto da sinistra, ho dato un inquadramento meno espositivo e più critico del suo pen- 

siero, nel contesto di una concezione - credo - più adeguata della modernità, del nichilismo e dellatradizione. Il lettore interessato ad approfondire il tema può trovare quasi tutti i miei studi in «Me- diterránea» o su www.ilbolerodiravel.org, in documenti pdf liberamente accessibili.

G. F.

Page 4: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 4/118

 

Page 5: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 5/118

 

GIANNI FERRACUTI

JULIUS EVOLA

MEDITERRÁNEA

RASSEGNA DI STUDI INTERCULTURALI

ANNO VII, 2013, NUMERO 23, ISSN: 2036-8313 

Page 6: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 6/118

 

Page 7: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 7/118

 INTRODUZIONE

Nato a Roma il 19 maggio del 1898, Giulio Cesare Andrea Evola compie le sue primeesperienze culturali a stretto contatto con gli ambienti dell’avanguardia artistica italiana.Subito dopo la prima guerra mondiale aderisce al dadaismo, apportandovi idee e spuntipersonali che trovano riscontro sia nei suoi quadri e nelle poesie, sia in scritti teorici, tracui un giovanile ma «profondo» saggio di estetica: Arte astratta, del 1920.i 

La sua attività come introduttore del dadaismo in Italia è ritenuta di grande impor-tanza storica dagli studiosi del movimento, e viene attentamente studiata da qualche an-no a questa parte. Nota Hans Richter che «Boccioni aveva anticipato già così tanto delle ca- ratteristiche Dada e così tanto del suo spirito e della sua tecnica, [...] che il Dada non era una ne- 

cessità nella patria del Futurismo».ii

Però Evola riuscì, tra i primi, a comprendere le differen-ze tra i due movimenti, sviluppando una critica al futurismo proprio in chiave dada. Ciòera stato riconosciuto anche da Tristan Tzara, che considerava appartenenti al suo grup-po, tra gli italiani, Evola, Cantarelli e Fiozzi.

Proprio con Cantarelli e Fiozzi il giovane Evola si mette in contatto, su segnalazionedi Tzara, che conosceva personalmente, collaborando alla rivista «Bleu», da essi pubblica-ta a Mantova.iii Nell’ambiente dell’avanguardia, collabora anche alle «Cronached’Attualità», ed è, nel 1920, condirettore della rivista «Noi», insieme a Prampolini.iv  Nelgennaio del 1920 espone alla Casa d’Arte Bragaglia, in via Condotti a Roma, dando vita

ad una personale di 54 opere che documentano due periodi: l’idealismo sensoriale(1915-1918) v  e l’astrattismo mistico (1918-1920). Altre esposizioni lo vedono presente a

i Julius Evola, Arte Astratta, Maglione e Strini, Roma 1920, per conto della «Collection Dada»di Zurigo. Per l’importanza del testo e la sua «profondità», cfr. Luciano De Maria , Introduzione aFilippo Tommaso Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Mondadori, Milano 1969, p. 54.

ii Hans Richter, Dada, arte e antiarte, Mazzotta, Milano, 1974, p. 241.iii Della rivista «Bleu» uscirono tre numeri tra il 1920 e il 1921. Sono stati ripubblicati in edi-

zione anastatica dall’editore Mazzotta, e a cura di Artuto Schwarz. Tra i collaboratori della rivista: Aragon, Eluard, Marx Ernst e quasi tutto il gruppo dadaista parigino. «Si stabilì così, grazieall’attività di Prampolini, di Evola, di Cantarelli e, non ultimo, di Savinio, un rapporto stretto tra Futuri- smo e Dada» ( H. Richter, op. cit., p. 242).

iv  La rivista «Noi» fu fondata da Prampolini nel 1917, dopo un incontro con Tzara. Interruppele pubblicazioni nel gennaio del 1919 e le riprese dodici mesi dopo. Successivamente la rivistauscì dall’orbita del dadaismo, continuando le pubblicazioni fino al 1925.

 v  L’idealismo sensoriale è legato al dinamismo futurista, con influenze del secessionismo vien-nese e del Blaue Reiter: «L’opera pittorica di Evola si colloca infatti agevolmente accanto a quella di un

Page 8: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 8/118

8 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Milano, a Ginevra (alla Mostra internazionale d’avanguardia), a Stoccolma, a Berlino,con una personale di 60 opere, a Parigi.

La sua produzione artistica rivela uno stretto contatto con la cultura mitteleuropea. In varie occasioni, come ad es. nel quadro Five o’ clock tea (1917), vengono rintracciate«ascendenze culturali mitteleuropee, con la possibilità di recuperare addirittura elementi del seces- sionismo viennese».vi Più in generale, accanto al dinamismo futurista, la componente piùimportante del suo stile è rintracciata nei contatti con il Blaue Reiter. vii 

In questi anni, oltre all’attività strettamente artistica (decora, fra l’altro il cabaret ro-mano «Le grotte dell’Augusteo»), si dedica anche all’organizzazione di manifestazioni piùo meno culturali, come l’organizzazione di una «Jazz-band-dada-hall», insieme ai pittoriFiozzi e Cantarelli. Inoltre, insieme a tutto il gruppo dadaista romano, entra in contattocon ambienti misteriosofici e spiritualistici, che influenzano il suo periododell’astrattismo mistico, dove «la non-figurazione era in diretta funzione allusiva dell’interioritàe della spiritualità in senso kandiskijano».viii Questa componente lo separa nettamente dallaseconda generazione futurista, da cui Evola stesso riteneva di essersi allontanato tra il1918 e il 1921, elaborando un proprio discorso pittorico e letterario.ix  

Christian Schad [...] di un Viking Eggelin, di un Hans Richter [...] e ancora di una Sophie Toenber-Arp e di

una Hannah Höch» ( Enrico Crispolti, Il mito della macchina e altri temi del futurismo, Celebes, Tra-pani 1969, p. 378). vi Dopo Boccioni. Dipinti e documenti futuristi dal 1915 al 1919, prefazione di Claudio Bruni, no-

te critiche di Maria Drudi Gambillo, Mediterranee, Roma 1961, p. 36. Ivi anche la riproduzionea colori del quadro citato, olio su tela del 1917.

 vii Cfr. ibid., p. 38, in part. la riproduzione del quadro Fucina - studio di rumori, olio su tela del1918. Il legame con il Blaue Reiter è messo in luce anche dal Crispolti che collega Evola ad unfilone artistico legato al Novembergruppe, e nel quale confluirebbe tutta l’avanguardia romana,con i suoi maggiori artefici, Balla, Prampolini e lo stesso Evola. Cfr. Enrico Crispolti, Il mito dellamacchina, cit., p. 145.

 viii ibid., p. 379. Questo spiritualismo è visto come un punto di distacco da Balla e Prampolini,e comunque è riferito pur sempre al Blaue Reiter.

ix  Cfr. Claudio Bruni, Evola Dada, in Testimonianze su Julius Evola, Mediterranee, Roma 1973,pp. 57-63, part. p. 61. Nel saggio è riassunto il contenuto di colloqui personali avuti con lo stessoEvola e relativi soprattutto ad opere come Paesaggio interiore ore 17 (1918-1920) e Paesaggio Dada n.1 (1920-1921). Di diverso parere sembra essere Arnaldo Ginna , in Brevi note su Evola del tempo fu- turista, in Testimonianze, cit., pp. 143-145, part. p. 145, secondo il quale la pittura di Evola, o «al- meno una parte di essa non eccessivamente influenzata dal dadaismo, può considerarsi pienamente futuri- sta». 

Page 9: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 9/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 9

L’adesione al dadaismo, come spesso è avvenuto, coinvolge tutta la sua persona e la vi-ta stessa si presta ad essere vissuta quasi come un’opera d’arte.

Ricorda il Fornari, in un riuscito ritratto, che

dinanzi al barone Evola la ballerina russa Ja Ruskaja non osava accendere la sigaretta, i gio- vani pittori futuristi Ivo Pannaggi e Vinicio Palladini non si permettevano di aprire bocca senon da lui interrogati, mentre, invece, il pittore futurista Giacomo Balla lo squadrava condiffidenza, convinto che in quella sfavillante divisa del Regio Esercito si celasse una spia stra- niera, venuta a Roma per carpire gli italianissimi segreti dell’italianissimo dinamismo pla-stico e delle sue linee di forza, per conto di una potenza straniera desiderosa di pervenire ad

alto primato artistico. x  

 A parte gli aneddoti, è certo che Evola si impegnò a fondo nelle sue ricerche artisti-che. Ne fa fede, oltre all’insieme della sua produzione, anche l’abbandono, squisitamentedadaista, di ogni attività estetica alla fine del 1922. Che questo abbandono sia da inter-pretarsi come un gesto estremo di coerenza è confermato dal fatto che lo stesso Evolanon rinnegò mai queste prime esperienze. Parlando della riedizione di un suo poema del1921, ripubblicato ad oltre quarant’anni dalla sua stesura, scrive: «Ho acconsentito alla suaristampa quattro decenni dopo, per le edizioni Scheiwiller, anche per significare che io non rinnegoaffatto le mie passate esperienze, e che sono ben lungi dal considerarle come dei “peccati di gioven- tù”». xi 

Con l’abbandono dell’arte, secondo il Bruni, Evola compie una estrema negazione:egli

nega se stesso, e tale negazione raggiunge il culmine nel momento in cui, come estremo gestodada, egli smette di dipingere. Butta alle ortiche sei anni di lavoro e di ricerca pittorica, dopoessere stato all’avanguardia e dopo essere stato a contatto ed aver combattuto lotte culturali a

 fianco di uomini ora considerati i più prestigiosi della nostra cultura, come Aragon, Tzara,Picabia, Ernst, Mondrian, Eluard, ecc. Evola si sente talmente protagonista del movimentodada che inconsciamente sente, quattro anni prima, la stessa necessità che Marcel Duchampsentì nel 1925, quando anche lui smise di creare le sue opere dada per dedicarsi al gioco degli

 x  Antonio Fornari, L’arcangelo del dadaismo, in Testimonianze, cit., p. 133-136, part. p. 134.Scrive Fornari che Evola è il primo ad usare l’espressione «arte astratta» (p. 135).

 xi Julius Evola, Il cammino del Cinabro, Scheiwiller, Milano 1963, p. 27, pp. 11-28.

Page 10: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 10/118

10 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

scacchi [...]. Evola pittore ha iniziato, percorso e chiuso un intero ciclo; ha fatto un discorso

completo, al quale egli non voleva aggiungere una parola di più. xii 

 Accantonato l’interesse artistico, Evola non cessa di dedicarsi ad una attività culturale.I suoi impegni lo vedono ora a stretto contatto con l’ambiente della filosofia idealista.Non si tratta di un interesse nato all’improvviso. Tutta la formazione di Evola è impron-tata alla cultura mitteleuropea, nella quale non cerca soltanto degli stimoli per la suaproduzione pittorica. Si racconta, a mo’ di aneddoto, che il giovane Evola riuscisse ascandalizzare persino Marinetti sostenendo che l’Italia doveva combattere la grande guer-ra come alleata degli imperi centrali. Se l’aneddoto corrisponde a realtà - e non c’è moti- vo per dubitarne - possiamo farci un’idea di ciò che l’ambiente culturale centro-europeopoteva rappresentare per il nostro pensatore.

Gli studi filosofici vengono affrontati con una dedizione pari all’impegno postonell’esperienza artistica. Infatti, nel 1924 ha già terminato la stesura dei due grossi tomidella Teoria e Fenomenologia dell’Individuo Assoluto, opera di notevole impegno speculativo,e che soprattutto dimostra l’eccellente preparazione di cui Evola può disporre. Collabora,inoltre, a diverse riviste di orientamento spiritualista, e nel 1927 ne dirige una, «Ur» (poi«Krur»), sulle cui pagine inizia la trattazione di temi che introducono alla sua fase post-idealista.

 xii C. Bruni, Evola Dada, cit., pp. 62-63. La rivalutazione dell’attività pittorica di Evola iniziacon una personale retrospettiva organizzata alla galleria «La Medusa» di Roma nel novembre del1963. Per questa occasione venne ripubblicato un poema scritto nel periodo della sua attività ar-tistica, La parole obscure du paysage intérieur (già apparso nella Collection Dada a Zurigo, nel 1920).(La riedizione è di Scheiwiller, Milano 1963, e contiene in appendice il saggio Sul significatodell’arte modernissima, già apparso nei Saggi sull’Idealismo Magico,  Atanor, Todi-Roma 1925). Suc-cessivamente, sempre per i tipi dell’editore Scheiwiller, vengono pubblicate poesie degli anni1916-1922, col titolo Raâga Blanda (Milano 1969). L’anno in cui Evola cessa ogni attività artisticaè generalmente indicato nel 1923, anche se nel Cammino del Cinabro si parla del 1921 (cfr. p. 28).Riguardo al poema in francese, Prampolini (firmandosi con l’abituale pseudonimo di VittorioOrazi), ne coglie il significato affermando che esso è «un riflesso della situazione di crisi e del connessospirito dello Sturm und Drang che caratterizzano, nell’ambito intellettuale, il periodo della prima guerra edel successivo dopoguerra» (  Vittorio Orazi, In margine alla personale romana di Evola. Documenti del da- daismo, in «La Fiera Letteraria», XIX, 1964, n. 10, ora in Omaggio a Julius Evola per il suo LXXV compleanno, a cura di Gianfranco De Turris, Volpe, Roma 1973, pp. 102-104). Il poemetto, chefu favorevolmente accolto da Tzara, venne recitato alle «Grotte dell’Augusteo», con sottofondo dimusiche di Schoëmberg e Bartok.

Page 11: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 11/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 11

La rivista cessa le pubblicazioni nel 1929, sia per contrasti all’interno della redazione,sia perché il discorso da essa svolto appare esaurito alla luce degli scritti successivi del suo

direttore. Questi prosegue instancabile la sua attività di saggista e organizzatore di mani-festazioni culturali, collaborando anche con la Lega Teosofica Italiana di Roma. xiii Moltetestimonianze ci attestano questo dinamismo ai limiti dell’incredibile, destinato ad au-mentare di intensità nel corso degli anni Trenta. Nello stesso tempo ci sottolineano cheEvola, nonostante tutto, riesce a mantenere calma e lucidità, restando, in un certo senso,distaccato, anche in mezzo ad aspre polemiche. II Moscardelli, dopo aver ricordato cheEvola è praticamente il simbolo di una generazione, rievoca l’incontro con il pensatore,avvenuto in un caffè notturno, «dove i convenuti non bevevano assenzio o liquori fortementedrogati, ma peggio, idee e pensieri innocui all’apparenza, nella sostanza terribilmente distruttori» xiv Ci descrive la figura del giovane, dicendolo «raziocinatore, ebbro di pensiero, che dava la sca- lata al cielo con sillogismi cosi bene innestati l’uno all’altro che infine, chi non è abituato alle sali- te, si sentiva il vuoto della vertigine in fondo». xv Altre testimonianze sottolineano aspetti delcarattere destinati a dare una impronta inconfondibile alle sue opere più mature:

Talvolta, a qualche tavolo un po’ discosto dagli altri, solo ed assorto nella contemplazione in- teriore dei suoi segreti pensieri, sedeva un giovane. Era il barone Giulio Evola. “Il barone” erail nome con cui lo indicavano quei pochi che lo conoscevano, ma senza nessuna ironia, anzi

con un certo senso di distaccato rispetto. xvi 

Continua comunque a frequentare le Grotte dell’Augusteo, mantenendo rapporti con Aniceto del Massa, Mariani dell’Anguillara, Jacopo Comin ed altri amici del periodo da-daista. Inoltre, man mano che si regolarizzano i suoi rapporti con il regime fascista, ini-

 

 xiii «È doveroso avvertire che con la teosofia besantiana non ha connessione alcuna la Lega Teosofica diVia Gregoriana a Roma, che è un movimento italiano indipendente, verso direzioni di sano e positivo misti- cismo, e per il quale - e specie per il direttore di esso - chi scrive nutre una simpatica considerazione» (J. Evo-la, Nuovi ...Messia, in «Bilychnis», XV, 1926, vol. 27, pp. 336-338, part. p. 338, nota 1).L’annuncio del corso si trova in una nota pubblicata sulla rivista ora citata, anno XIII, 1924, vol.25, p. 425. Per le conferenze che Evola vi tenne, cfr. Renato del Ponte, Nota bibliografica, ante-posta alla ristampa del saggio di Evola: L’individuo e il divenire del mondo,  Arthos, Carmagnola1976, pp. 25-29. Il direttore della Lega era Decio Calvari.

 xiv  Nicola Moscardelli, «Giulio Evola», in Anime e corpi, saggi sulla letteratura contemporanea, Stu-dio Editoriale Moderno, Catania 1932, pp. 225-231, ora in Omaggio, cit., pp. 147-156, part. p.151.

 xv  ibid., p. 64. xvi Jacopo Comin, Evola dopoguerra, in Testimonianze, cit., pp. 93-95, part. p. 94.

Page 12: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 12/118

12 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

zialmente assai turbolenti, si avvicina a quegli esponenti del movimento particolarmentesensibili alle tematiche tradizionali e agli aspetti aristocratici ancora presenti nel costume

fascista. Con G. A. Fanelli, Nino Guglielmi, G. N. Serventi, Guido Cavallucci forma ungruppetto di allegri compari che sfida gli aspetti populistici della propaganda di regime,conservando polemicamente il vezzo di portare il monocolo. Con essi coltiva comuni in-teressi culturali, ma non disdegna disquisizioni «sul sapore caratteristico di un’ostrica di Ta- ranto e di un’ostrica di Ostenda. O se tra i Borgogna fosse da preferire un Aloxe-Corton o unNuits-Saint-George», oltre a coltivare anche «l’elemento femminino quale oggetto di voluttuose edaristocratiche avventure». xvii 

Nonostante tutte le riserve che possono essere mosse a tali testimonianze, che sonocostituite da ricordi personali e non hanno alcuna intenzione critica, esse ci mostranocome la complessa personalità di Evola si imponga, soprattutto negli ambienti più sele-zionati e, in un certo senso, di avanguardia. La stessa cultura ufficiale del fascismo nonriesce ad ignorarlo.

Come si diceva, i suoi rapporti con essa furono all’inizio turbolenti. Nel 1927 collabo-ra con Bottai, ma si trova immediatamente isolato a causa delle reazioni suscitate da unsuo scritto violentemente anticristiano. xviii Nel 1930, una rivista da lui diretta, «La Torre»,è costretta a chiudere le pubblicazioni dopo appena dieci numeri, xix  e solo in seguito, gra-zie all’amicizia con Farinacci, ha la possibilità di dirigere una pagina speciale del quoti-diano «Regime Fascista». In tal modo prende il via una iniziativa culturale irripetibile. Lapagina culturale diretta da Evola, sotto il titolo di «Diorama Filosofico», ospiterà, in asso-

luta libertà, gli scritti dei maggiori esponenti del pensiero tradizionale europeo, ivi com-presi alcuni autori antinazisti e persino un ebreo, a dispetto della campagna razziale or-ganizzata dal Regime. Inoltre, grazie a questo incarico, che svolge a partire dal 1934, ha lapossibilità di compiere numerosi viaggi in Europa, sviluppando una vasta rete di contattipersonali con i protagonisti della cultura europea del tempo.

Gli anni Trenta costituiscono forse la decade più importante nell’attività di Evola.Collabora a numerose riviste, tra cui «Lo Stato», diretta da Carlo Costamagna; pubblica

 xvii Nino Guglielmi, Il solitario antesignano della Destra tradizionale e il suo pensiero sulla rinascitadella cultura, in Testimonianze, cit., pp. 147-156, part. p. 151.

 xviii J. Evola, Imperialismo pagano, Atanor, Todi-Roma 1928. xix  Poiché Evola non si era curato di precedenti diffide, «la polizia prese la via indiretta e proibì a

tutte le tipografie di Roma di stampare la mia rivista. Protestai presso Arpinati, allora ministro degli interni,in quanto ero stato anche collaboratore di una rivista bolognese di cultura da lui creata. Ma, evidentemente,lo stesso Arpinati aveva ordini superiori [...]. Io ne ebbi abbastanza, smisi e me ne andai in alta montagna»(  J. Evola, Il cammino del Cinabro, cit., p. 111).

Page 13: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 13/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 13

le sue opere più significative e consegue anche un vero e proprio successo editoriale e po-litico con la sua aspra battaglia contro il razzismo biologico di ispirazione germanica.

Questo periodo dura praticamente fino al crollo del regime, che rappresenta per Evolaun rinnovato impegno all’azione. Di fronte allo sgonfiarsi del fascismo dopo il 25 luglio,rifiuta di fuggire in Germania, sia perché non ha mai svolto incarichi ufficiali per contodel regime (non si era nemmeno iscritto al P.N.F.) sia perché intende contribuire adeventuali sviluppi della situazione. Di fronte al colpo di mano di Badoglio, scrive Evola,«si trattava di trarre tutte le conseguenze dalla dura lezione: di vedere che cosa aveva resistito allaprova, su quali elementi in precedenza impediti da un sistema non del tutto ineccepibile si potevacontare per mantenere, in forma adatta alle circostanze, le posizioni». xx 

In realtà non c’era nulla di fattibile. Fallisce un piano di Skorzeny, mirante ad un col-po di mano da parte di fascisti italiani che avrebbero dovuto arrestare Badoglio: una fugadi notizie permette alla polizia di intervenire prima ancora che l’azione fosse messa apunto, ed Evola, coinvolto, è costretto a partire, dato il clima di tensione conseguente,nel quale, secondo il pensatore, è da collocarsi l’eliminazione di Ettore Muti. Giunto inGermania, vi incontra l’amico Giovanni Preziosi, e con lui ha la ventura di trovarsi alQuartier Generale di Hitler nel momento in cui vi arriva Mussolini, liberato da Skorze-ny.

Successivamente torna a Roma, quando le acque sembrano calmarsi, con l’incarico diorganizzare un gruppo capace di resistere alle drammatiche contingenze, ed eventual-mente di evitare sviluppi peggiori; è però costretto a partire di nuovo, poiché la manovra

 viene ancora scoperta. xxi Si trasferisce allora nell’Italia Settentrionale e poi a Vienna, doveè incaricato di una missione la cui natura non è stata mai chiarita. Qui, nell’aprile del1945, in seguito ad un bombardamento, riporta una grave lesione al midollo spinale conla conseguente paresi parziale degli arti inferiori, che lo lascerà immobilizzato per tutta la vita.

Rientra in Italia nel 1948, rimanendo per ulteriori cure nell’Ospedale Militare di Bo-logna, per poi ritornare nuovamente a Roma. Con questo incidente, l’attività diquest’uomo estremamente dinamico e portato all’azione, viene brutalmente interrotta,anche se intatte rimangono le sue facoltà intellettuali e la sua forza morale: «La forza

 xx  J. Evola, Diario 1943-1944. Dal 25 luglio alla presa di Roma, Ed. del Centro Studi Evoliani,Genova 1975, p. 4. Lo scritto era stato pubblicato a puntate su «Il Popolo Italiano» a partire dal14.3.57, con il titolo complessivo, redazionale: Con Mussolini al Quartier Generale di Hitler. 

 xxi J. Evola, Il cammino del Cinabro, cit., p. 176.

Page 14: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 14/118

14 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

d’animo con cui affrontò trent’anni di immobilità senza mai lamentarsi, senza mai commiserarsi, giungeva al punto di vietare agli altri di esprimere il dolore suscitato dalla sua condizione fisica». xxii 

La sua immobilità viene, per così dire, turbata da quello che possiamo forse conside-rare come l’ultimo atto della sua vita pubblica, una vicenda che cade sotto il segno dellafarsa. Nel 1951, nel corso di quella che Evola stesso definì una «comica vicenda», «alla poli- zia politica di Roma venne in mente di inventare una specie di congiura intesa né più né meno chea restaurare il regime fascista [...]. Fu arrestata una trentina di persone. Mancava un capo,l’ispiratore del “complotto”». xxiii Così, tra le proteste della stessa stampa democratica, si prov- vide ad arrestare Evola. Portato in prigione in barella, quest’uomo che non si era mai vo-luto iscrivere al P.N.F., pronunciò una memorabile autodifesa il 12 ottobre 1951, inquello che divenne noto come “processo dei FAR”, fasci d’azione rivoluzionaria, nel qua-le tutti gli imputati vennero assolti. Tra i tanti aspetti di questa vicenda che sembra uscitadalla fantasia di un Borges, non si può fare a meno di citare un simpatico episodio ripor-tato dalla contessa Baccelli e avvenuto proprio nel corso dell’intervento di Evola:

L’occhio mi cadde su un solerte sbirro che segnava accuratamente i nomi citati dal Maestrodurante l’autodifesa [...]. Il poverino, credendo di annotare i nomi di pericolosi neofascisti acui mettere prontamente le manette, stava annotando quelli di personaggi dell’antica Grecia e

della Roma classica. xxiv  

Dopo questa singolare avventura, presa d’altronde con notevole senso dell’umorismo,

Evola prosegue la sua vita dedicandosi interamente allo studio e alle pubblicazioni. Im-mobile, ma incredibilmente vitale, muore l’11 giugno del 1974.

 xxii Amalia Baccelli, Ricordo dell’uomo, in «Civiltà», II, 1974, pp. 43-46, part. p. 43. xxiii J. Evola, Il cammino del Cinabro, cit., p. 179. xxiv  A. Baccelli, Ricordo dell’uomo, cit., p. 45.

Page 15: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 15/118

IIL SISTEMA IDEALISTICO

1. IL RAPPORTO TRA IDEALISMO E TRADIZIONE NELLA PRIMA FASE DELLA SPECULAZIONE EVOLIANA.

Nella presentazione della prima edizione di Fenomenologia dell’Individuo Assoluto, scrittanel 1924, ma pubblicata sei anni dopo, quando l’autore aveva già abbandonatol’idealismo speculativo, Evola afferma che l’opera, insieme alla sua prima parte, già pub-blicata, «costituisce l’esposizione della nostra dottrina in termini puramente filosofici».i La diffe-renza posta tra la dottrina e la sua esposizione secondo un linguaggio particolare, filosofico, èevidente: «Nei suoi elementi essenziali, ciò che esponiamo non è il semplice prodotto della specula- 

zione soggettiva di un filosofo moderno, sì invece la trasposizione intellettuale di certe dottrine tra- dizionali, primordiali, non soggette, in un certo senso, al divenire».ii Chiarendo ulteriormente il concetto afferma: «Noi siamo partiti da una certa conoscenza

di carattere non-filosofico, atto a render conto deduttivamente di quanto si cela in simboli e mititradizionali, e da essa, con una adattazione, una riduzione e una negazione, abbiamo ricavato un“sistema” filosofico».iii 

Questa precisazione di Evola, a dispetto della sua apparente chiarezza, lascia adito aqualche perplessità, relativa alla natura di ciò che Evola chiama retroscena «extra-  filosofico».iv È estremamente probabile che egli alluda sia ad una esperienza personalmente vissuta, sia ad una particolare cultura i cui fondamenti sfuggono alla razionalizzazionepropria della filosofia occidentale. Nel Cammino del Cinabro, ripercorrendo le fasi princi-pali della sua formazione e della sua opera, Evola parla di una crisi giovanile profonda-mente sentita, e risolta con il destarsi, nel suo animo, di una forza profonda ed intensa, v  capace di orientare positivamente la sua vita. Invece, in relazione alla sua personale cul-tura in quegli anni, ne sottolinea drasticamente i limiti:

Subito dopo la guerra, la mia attenzione si era portata direttamente su dottrine sapienziali,specie orientali, a tutta prima facendo da tramite, spesso, quel che di esse era stato fatto cono- 

 

i J. Evola, op. cit., Bocca, Torino 1930, p. IX.ii ibid., pp. IX-X.iii ibid., pp. XI-XII.iv  Id., Il cammino del Cinabro, cit., p. 29.

 v  ibid. pp. 19-21.

Page 16: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 16/118

16 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

scere da correnti spurie contemporanee, teosofìstiche e “occultistiche” [...]. Si trattava però di

miscugli. vi 

 Aggiunge ancora:

I miei primi scritti del periodo filosofico (anche saggi e conferenze) risentirono dunque di unacommistione tra la filosofia e le accennate dottrine, commistione che talvolta si presentò comeuna contaminazione non nei riguardi della prima, ma piuttosto delle seconde, le quali - comein seguito dovevo nettamente riconoscere - subivano una forzata, estrinseca razionalizzazio- 

ne. vii 

È chiaro allora che Evola attribuisce una priorità alle dottrine esoteriche e sapienziali,

rispetto all’esposizione di una teoria puramente filosofica. Però, egli stesso si trova a do- ver riconoscere in seguito che tali dottrine non erano state comprese nella loro purezza enel loro autentico significato. Insomma, esse erano state previamente interpretate: le fon-ti approssimative che ne mediarono la conoscenza erano già impregnate di idealismo.Null’altro, infatti, significa dire che queste dottrine avevano subito una contaminazioneda parte della cultura filosofica: l’idealismo, che favorì in molti modi la scoperta del pen-siero orientale, diffuse però l’interpretazione idealistica di tale pensiero, e la speculazionedel giovane Evola si orientava verso la saggezza tradizionale vittima già di un vizio di for-ma, con il quale tale sapienza era costretta dentro categorie che ad essa non erano affatto

proprie.Ciò portò al fallimento del tentativo filosofico e alla necessità di revisioni. Con unacerta approssimazione, si può dire che Evola, a partire dal 1929, inizia una serie di rettifi-che proprio al fine di comprendere meglio il pensiero tradizionale e purificarlo dalle sco-rie idealistiche.

Il fondamento idealistico del primo approccio di Evola alla tradizione risulta da unesame dei testi di questo periodo, oltre ad essere confermato, come si è visto, nel Cammi- no del Cinabro. Nell’introduzione a L’uomo come potenza, Evola afferma che il crescente in-teresse per l’Oriente e la sua metafisica si deve alla natura stessa delle «forme a cui l’ultimacultura europea è stata portata autonomamente, secondo una storica continuità».viii L’importanzaassegnata a tale «continuità» (concetto strettamente legato alla prospettiva idealista) è ri-

 

 vi ibid., p. 29. vii ibid., p. 30. viii J. Evola, L’uomo come potenza. I Tantra nella loro metafisica e nei loro metodi di autorealizzazione

magica, Atanor, Todi-Roma s.d., p. 5.

Page 17: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 17/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 17

scontrabile anche nei Saggi sull’Idealismo Magico, dove l’autore ammonisce appunto dinon ignorare che l’ultima filosofia europea «contiene un concezione del mondo comprensiva ed

inevitabile, fiore di una bimillenaria civiltà».ix

 Di questo modo di accostarsi alla cultura orientale sembrerà quasi scusarsi lo stessoEvola quando, nel ripubblicare a distanza di molti anni una sua traduzione del Tao-te- King di Lao-tze, non solo riterrà opportuno un rifacimento completo dell’opera, ma ac-cetterà anche varie critiche mosse alla prima edizione: «In quella edizione l’opera di Lao-tzeera stata assunta isolatamente, e al suo contenuto noi avevamo dato un inquadramento interpreta- tivo seguendo una linea di pensiero risentente dell’idealismo trascendentale». x 

Che le categorie dell’idealismo non comportino necessariamente il fraintendimentodella metafisica orientale è forse possibile. Però nel caso di Evola le cose stanno dichiara-tamente in maniera diversa. Ne L’uomo come potenza egli pone la questione delle difficoltàcui va incontro il traduttore di testi sapienziali orientali. Orbene, accanto ad una esigenzalegittima, secondo la quale «tradurre un testo orientale non dovrebbe significare porre parole eu- ropee al posto, mettiamo, di parole sanscrite, bensì cercare, per una ricostruzione interiore, di ren- dersi conto della ragione profonda, di quel contenuto che nell’orientale poggiava non sull’espres- sione, bensì su una interna appercezione», xi ve n’è un’altra chiaramente rivelatrice dell’equivo-co di fondo. Evola, infatti, chiama il traduttore a «rendere questo contenuto secondo la giu-stificazione propria alla mediazione razionale». xii Ciò perché «è soltanto a questa condizioneche la metafisica orientale può ingranare nella mentalità occidentale». xiii Evola non rifiutal’obiezione secondo cui ciò equivale ad interpretare i testi soggettivamente, in base alla

propria dottrina personale: questo è per lui un dato inevitabile, giacché quel che conta,dice, è «determinare ciò che l’Oriente può essere per noi». xiv Si tratta di una posizione che,

ix  J. Evola, Saggi sull’idealismo Magico, cit., pp. 22-23, nostro corsivo. Affermazioni del genere sisituano sugli antipodi del pensiero maturo di Evola. Nel 1934 Evola, criticando l’idealismo, ac-cuserà tale corrente di pensiero di essersi fabbricata una storia della filosofia a proprio uso e con-sumo per sostenere arbitrariamente l’inevitabilità dei presupposti idealisti.

 x  J. Evola, Il libro del Principio e della sua azione. Mediterranee, Roma 1972, p. 7. La prima reda-zione era uscita con il titolo: Il  libro della via e della virtù, Carabba, Lanciano 1923. Riguardo aquesti primi saggi dedicati alla cultura orientale, cfr. il commento di Pio Filippani Ronconi, rife-rito a L’uomo come potenza, nella quale opera è rintracciata una «visione soggettiva» delle dimensionimetafisiche e pratiche dello yoga tantrico ( Pio Filippani Ronconi, J. Evola, un destino, in Testimo- nianze, cit., pp. 125-132, pan. p. 128).

 xi J. Evola, L’uomo come potenza, cit., p. 6. xii ibidem, nostro corsivo. xiii ibidem.  xiv  ibid., p. 7.

Page 18: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 18/118

18 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

come si può notare, ha un suo valore soltanto all’interno dell’idealismo, e dalla qualeEvola si staccherà. Le sue opere mature, dopo il chiarimento filosofico con cui

l’idealismo viene rifiutato, mostreranno una ben diversa concezione della storiografia.Si può dunque affermare che gli scritti idealisti di Evola nascono dalla fusione diesperienze interiori senz’altro profonde, con una cultura vagamente esoterica, vagamentelegata all’Oriente più o meno esotico che negli Anni Venti la cultura europea conoscevaed interpretava un po’ a modo suo. Questi scritti non rappresentano dunque la contro-parte filosofica della concezione tradizionale cui Evola aderisce, ma al contrario costitui-scono proprio l’ostacolo maggiore che il pensatore dovrà superare nel corso della sua at-tività. xv  

2 - L’IDEALISMO ASSOLUTO.

L’idealismo di Evola è un tentativo di mettere a nudo la reale natura dell’Io e dei suoiattributi: non soltanto ragione e coscienza, ma anche volontà, potenza, libertà: tale infattiè la natura profonda di cui deve render conto il principio idealistico dell’autosuffi-cienza. xvi 

Preliminarmente vengono definiti i concetti di essere e valore. Valore è la «relazione asso- luta fra il nudo principio dell’Io e quanto nell’Io è distinto da tale principio», xvii cioè tra l’Io e il

 xv  Nelle opere che precedono il 1927, anno della fondazione del gruppo di Ur, il concetto di«tradizione» non compare in Evola. Le rare volte in cui tale parola è usata, non si esce dal signifi-cato comune di «tradizione culturale». Nel gruppo di Ur e nella rivista da esso pubblicata si parlasoltanto di «tradizione iniziatica», concetto che solo nel 1929 comincia ad essere inserito in unquadro più ampio e organico.

 xvi J. Evola, Teoria dell’individuo assoluto, cit., p. V. Cfr. l’osservazione di Belluigi, secondo cui inEvola «l’esigenza di quella nuda dominazione quella superiorità ad ogni legge, sia essa naturale che moralee razionale, storica e dialettica, a cui l’io dovrebbe elevare la propria volontà per essere vera mente autarca»è il centro del sistema filosofico idealistico (Armando Belluigi, rec. di Saggi sull’Idealismo Magico,in «L’Italia che Scrive», VIII, 1925, pp. 140-141, part. p. 140). Pur non condividendol’impostazione evoliana, il critico afferma che l’opera «si rivela originale, viva, costruita con precisionee serietà e con una dialettica penetrante, non disgiunta talvolta da calore lirico» (ibid., p. 141). Sempre aproposito dei Saggi, l’Assagioli parla di opera «fortemente pensata, che non può essere ignorata, né age- volmente demolita» ( Roberto Assagioli, rec. di Saggi sull’Idealismo Magico, in «Bilychnis», XIV, 1925,

 vol. 31, pp. 205-207, part. p. 205). xvii J. Evola, Teoria dell’Individuo Assoluto, cit., p. 1.

Page 19: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 19/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 19

non-Io. La nozione di non-Io equivale al concetto di essere concreto, per cui il valore è larelazione tra l’Io e l’essere, ciò che appare presente indipendentemente dall’Io.

Nell’Idealismo Assoluto, poiché ogni realtà è rappresentazione dell’Io, e poiché l’Io èl’unica realtà, il valore equivale alla riduzione completa dell’essere (dell’altro) all’Io, allasua potenza. xviii La realtà apparente non si presenta come una cosa in sé, non esiste sepa-ratamente da noi, ma è un significato, vale a dire: «Il modo del semplice esistere di fatto di unoggetto o potenza per l’Io». xix Il problema fondamentale dell’idealismo è sempre il ricon-durre all’Io il mondo esteriore, oggettivo, materiale, apparentemente separato da noi:questa separazione che appare come un dato immediato e irriflessivo è infatti contestatadall’idealismo attraverso una riflessione di carattere gnoseologico, che costituisce il pre-supposto generale da cui anche Evola procede.

Per l’idealismo, essere è percepire. Orbene, se poniamo un soggetto e un oggetto traloro radicalmente separati, senza alcun punto di contatto, «non vi è più alcun modo di in- tendere come quella lor congiunzione, in ciò consiste il conoscere, sia possibile». xx L’unico essere dicui posso concretamente parlare è quello che risponde ad una mia percezione, ad un miopensiero, ad una mia rappresentazione. Senza questa relazione con l’Io, per l’idealismo,nessuna conoscenza è possibile, «senza un assenso, senza un atto, non ve oggetto per l’Io enell’Io», xxi non c’è alcuna certezza.

Evola sostiene che il realismo non può contrapporsi alla filosofia idealista, perché esso«è confutato dal suo stesso porsi come verità, poiché se è vero che l’idea è estrinseca al reale, il reali- smo, che in ogni caso non può essere che una idea o un sistema di idee, non può avere un carattere

di verità». xxii La sola certezza, insomma, consiste nel fatto che ogni rapporto tra l’Io e unoggetto è caratterizzato dal fatto che l’oggetto è percepito da me, e al di fuori di questamia percezione l’oggetto, per me, non esiste: nessuna realtà è concepibile senzal’autoriferimento.

Per Evola, è possibile separare il soggetto dalle sue esperienze, e situarlo in relazionenon con un qualunque oggetto, bensì con se stesso: «È possibile staccare questo principio diautoriferimento dai particolari contenuti delle esperienze per ripiegarlo in un certo modo su se stes- so. Allora si ha IO uguale IO, cioè una nuda esperienza, un possesso, qualcosa di semplice ed inef-  fabile». xxiii 

 xviii ibidem.  xix  ibid., p. 2, nostro corsivo. xx  J. Evola, L’Individuo e il divenire del mondo, cit., pp. 38-39. xxi Id., Teoria..., cit., p. 16. xxii ibid., p. 15. xxiii Id., L’individuo e il divenire del mondo, cit., p. 41,

Page 20: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 20/118

20 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Come si diceva, l’oggetto non ha realtà in sé, bensì è «soggettività attraverso l’atto deter- minata»: «L’oggetto nella conoscenza è dunque, in generale, autocoscienza pensante: qualunque sia

la natura - empirica, logica o affettiva - in concreto esso è sempre riconducibile ad un attodell’Io». xxiv Se la realtà è determinazione dell’Io, evidentemente occorre che un incondizio- nato determini tale realtà; «il fatto stesso che si parla di un oggetto, anzi di più oggetti, e che daun oggetto si passa ad un altro, pone la trascendenza dell’Io all’attualità, e nell’infinito e nella po- tenza inesauribile dell’atto definisce ciò che è propriamente il soggettivo». xxv L’Io come nuda espe-rienza di sé è quel qualcosa che «media tutto e, essa, da nulla è mediata», xxvi si presupponecioè a qualunque esperienza.

Evidentemente questo Io non è separato da noi: si tratta «del mio Io, di quella assolutapresenza che sono nella profondità del mio essere individuale. Ora, che un tale Io sia qualcosa diimmoltiplicabile, qualcosa che è “solo e senza un secondo”, è troppo evidente. Parlare di altri Ioda questo livello è infatti una contraddizione in termini». xxvii 

L’Io di cui si parla non si identifica con il pensiero. Infatti, per Evola, ogni cosa esi-stente è l’atto del suo esistere come oggetto; dunque, l’oggetto non esiste prima di essereposto. Parimenti,

se non vi è pensato prima del pensare, non vi è Io come pensante prima del suo effettivo pen- sare: come tale nasce l’Io solamente con la nascita del pensato. Ma da questa soggettivitàcreantesi con l’oggetto ed una con l’oggetto, si distingue il principio individuale come potenzadel relativo processo o atto. In se stesso informe ed incondizionato, esso è il principio per cui la

categoria è categoria, è cioè la possibilità donde il principio attuale, epperò la libertà demiur-  gica interna al determinato porre, procedono. xxviii 

In tal modo Evola afferma un principio anteriore all’attualità, caratterizzato peròdall’indifferenza di fronte al porsi o al non porsi. Infatti, se diamo alla determinazione, alporsi dell’Io, un carattere di necessità, identifichiamo il principio soggettivo conl’oggettivazione, rendendo vana ogni distinzione ed annullando la stessa possibilità delladeterminazione: «La distinzione ha dunque un senso, solamente a patto che al principio di sog- 

 

 xxiv  Id., Teoria..., cit., p. 17. xxv  ibid., p. 18. xxvi ibidem.  xxvii Id., L’individuo e il divenire..., cit., p. 42. L’affermazione della non moltiplicabilità dell’Io è

discutibile. Essa, che a questo punto è per Evola una conclusione inevitabile, rivela ancoral’interpretazione idealistica, snaturante, del pensiero tradizionale, specie orientale, dove si parladi non-dualità, concetto diverso, come lo stesso Evola riconoscerà successivamente.

 xxviii Id., Teoria..., cit., p. 28.

Page 21: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 21/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 21

 gettività si connetta la nota di libertà». xxix Esiste distinzione tra oggetto e soggetto solo sel’oggetto è ricondotto ad una determinazione del soggetto, la quale, a sua volta, ricondu-

ce ad un atto. Questo atto permette di operare una distinzione «fra l’Io come infinità-libertàe l’Io come soggetto attuale pensante, cioè fra l’Io come indifferenza al porre e al non porre, e l’Ioche vive nella determinazione come funzione data». xxx L’Io come soggetto puro e libertà assolu-ta non può essere oggetto di conoscenza, non ha nome, poiché ogni nome non potrebbe venirgli che da una categoria del pensiero. Afferma Evola che si tratta di un mistero chenon può essere conosciuto, anche se si può «possederlo, esserlo, non ucciderlo in un concet- to, ma realizzarlo, coglierlo attualmente cogliendosi in quel centro, in quella assoluta immanenzache già si è e che ad ogni mediazione si suppone». xxxi Questo Io assoluto è un aldilà del pensie-ro, che viene affermato come immanente all’uomo: «Debbo sentirmi superiore a quel pensie- ro, che è un cerebrale contorno filosofico - ma non basta: debbo anche, ed eminentemente, sentirmisuperiore, trascendente, a quel pensiero che è il processo in atto della realtà stessa». xxxii 

3 - L’IO E LA COSCIENZA EMPIRICA.

Il fatto che il mio essere personale concreto sia questo Io assoluto è un dato che nonrisulta immediatamente alla mia coscienza. La coscienza empirica, infatti, presenta delledeterminazioni: essa mi dice che esiste un mondo che è diverso da me, è un’altra realtà.

Però, il fatto che l’Io sia posto esclude la determinazione quale risulta alla coscienza em-pirica: per l’Io essere significa conoscersi in una natura assoluta che non ammette la real-tà di un altro (l’individuale - individuum - o è, o non è). Dunque, sembrerebbe di esseresituati in un circolo vizioso: la determinazione esiste; la possibilità della determinazionepostula il soggetto assoluto; l’essenza del soggetto implica il rifiuto del modo in cui la de-terminazione appare alla coscienza empirica, dualista. Questo circolo, però, secondo Evo-la deriva dall’aver assunto come momento originario la coscienza empirica, che però nonè affatto originaria: «La coesistenza dei contraddittori non è direttamente data, ma si rivela dicontro all’assoluto Io; essa è ciò per cui l’atto dell’assoluta libertà determina quel che, in

generale, può essere il suo antecedente»:

 xxxiii

l’Individuum, ponendosi con un atto di assolu- 

 xxix  ibid., p. 29. xxx  ibid., pp. 29-30. xxxi ibid., p. 38. xxxii ibid., p. 51. xxxiii ibid.. p. 61.

Page 22: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 22/118

22 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

ta libertà, determina il momento antecedente la coesistenza di elementi che sono con-traddittori per la coscienza empirica. Ciò però non ha un carattere di necessità, l’Io non

è obbligato da una sua intrinseca logica a comportarsi in tal modo: l’atto dell’Io è incon-dizionato; egli potrebbe anche non porsi, giacché porsi e non porsi sono possibilità op-poste che coesistono a priori nell’incondizionato. Quando l’Io si pone, se si pone,l’antecedente di questo atto è già una coesistenza di elementi antitetici quali essere e non-essere, valore e non-valore. Questo antecedente non esiste in sé, ma soltanto in relazioneall’atto che precede. Che al porsi dell’Io si connetta la coscienza di un’antitesi non è un fatto, bensì un valore: è la relazione dell’assoluta libertà con se stessa, quasi come in unasorta di conflitto interno all’Io, che diviene reale solo se e in quanto l’Io si pone.L’assoluto è caratterizzato da un incondizionato arbitrio, che si estende fino all’indiffe-renza - se si pone - al porsi come affermazione o come negazione. xxxiv  

In questa prospettiva, quali sono i rapporti tra io empirico ed Io assoluto?Evola critica con vigore l’idealismo trascendentale, per aver concepito una nozione di

Io che, attraverso un recupero della trascendenza, reintroduce nella filosofia idealisticaciò che questa voleva superare, vale a dire la nozione di Dio e il dualismo. Ma nella pro-spettiva idealista non c’è spazio per il dualismo: se ciò che viene posto dall’Io è assoluta-mente distinto dall’Io che pone, la conseguenza è che il dato immediato e il mondo em-pirico sono un’illusione. Riprendendo una polemica del tantrismo indiano contro il ri-gido monismo brahmanico, Evola afferma che se l’io assoluto è l’unica vera realtà, evi-dentemente ciò che da esso è distinto non è realtà, ma illusione; e l’illusione (cioè il

mondo empirico, non reale) non può affermare nulla che non sia illusorio a sua volta. Seinvece ciò che viene posto non è distinto dall’Io, allora si cade in un circolo chiuso: inquesto monismo assoluto, non si esce mai dal reale empirico che fa tutt’uno con l’Io.

 xxxiv   ibid., p. 64. Questa affermazione è certamente geniale dal punto di vista dialettico, perònon risolve il problema: si limita ad accettarlo, limitandosi a giustificare una situazione di fatto.La contraddizione c’è perché ci deve essere. Ciò costringe a far convivere il principio idealista delmondo come rappresentazione dell’io con un atteggiamento realista. Inoltre, da un lato viene ri-messo tutto all’arbitrio dell’Io, dall’altro viene rintracciata una logica alla quale sottostà il suoporsi, fermo restando che poteva anche non porsi. Ma allora, su che poggia questa logica? Nonsullo studio della realtà fenomenica, la quale non è realtà, ma valore; né sullo stesso io, la cui na-tura è puramente arbitraria, non legata a necessità intrinseche. Non si può dunque fondarla sullarealtà come valore, in considerazione del fatto che l’Io si è posto, perché, ciò ammesso, il mondocome valore è il «modo del semplice esistere di fatto di un oggetto o potenze per l’Io» (ibid., p. 2). Per l’Io,non per noi. Solo l’Incondizionato può fondare la sua logica sul valore, ed è da dimostrare che lalogica dell’incondizionato coincida con la logica formulabile dall’individuo empirico.

Page 23: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 23/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 23

Tutto ciò deriva in gran parte dall’aver inteso l’Io trascendentale come un concetto.Se però lo si concepisce come potenza liberamente causatrice della realtà, la situazione

non migliora: «Non si può sostenerne la sperimentabilità, la sua attualità nel centrodell’individuo [empirico] a menò che non si voglia deliberatamente truffare se stessi». xxxv II veroIo, afferma Evola, non è né quello empirico, né quello dell’idealismo trascendentale:

La sapienza popolare, che oppone Io spirito al mondo, che riconosce la finitezza dell’individuoe pure all’interno di esso, in esso come libertà, vede rilucere un principio eternamente irreduci- bile a qualsiasi natura, è conforme a ciò che dalla teoria dell’Individuo Assoluto è posto come

l’elemento originario del mondo del valore. Questo irrazionale deve essere. xxxvi 

L’Io si trova nel non-Io come elemento irriducibile e libero. Ciò, è chiaro, costituisce

un risultato e non una situazione originaria. Infatti, all’origine l’Assoluto è indifferenteal porsi o al non porsi e, nel primo caso, a porsi come affermazione o come negazione.

Da questa situazione originaria Evola deduce l’esistenza di due «vie», cioè due opzionientrambe possibili: la «Via dell’Altro» e la «Via dell’Individuo Assoluto». Nel primo casol’Assoluto può porre l’essere nell’altro-da-sé: egli non è più il «signore dell’agire», ma «sichiede a questo, soltanto l’agire lo fa certo e gli dà conferma». xxxvii Si forma allora una situazio-ne di passività fondata sul «desiderio», la quale dà luogo al divenire: quest’ultimo infattirappresenta la sostanza dell’Io, e l’Io «non si possiede mai attualmente». xxxviii Vivere il proprio

 xxxv  ibid.. p. 70. xxxvi ibid., p. 75. xxxvii ibid., p. 66. Secondo Aliotta, Evola capovolge la veduta tipica della filosofia panteista. Poi-

ché l’universale si identifica con l’io che lo realizza «non è l’universale che dà realtà all’individuale, maquesto la dà a quello, secondo un processo progressivo che comincia assolutamente da sé e da sé procede»(Antonio Aliotta, rec. di Teoria dell’Individuo Assoluto, in «Logos». XI, 1928, pp. 70-71, part. p. 71).Per Aliotta questa veduta si fonda su un postulato: «che la volontà dell’individuo possa riuscire alladominazione del tutto» (ibidem), cosa che la realtà quotidiana non mostra. Successivamente Aliotta

 vedeva nel pensiero di Evola una forma esasperata della attualismo gentiliano, al quale fa risalireanche il solipsismo. Muove anche un preciso appunto riguardo alla dialettica: «Intanto Evola riescea far muovere la sua dialettica e a descriverci un certo sviluppo, in quanto distingue l’io, limitato nelle suepossibilità, e l’io che ha l’assoluto dominio di tutto il possibile. Ma se il primo io è posto dal secondo, anzi, sesono in ultima analisi lo stesso io, come mai l’individuo assoluto apparisce in noi limitato nelle sue possibili- tà?» (rec. a Fenomenologia dell’Individuo Assoluto, in «Logos», XV, 1932, pp. 325-326, part. p. 326).

 xxxviii ibid.. p. 81. Questa opzione permette, secondo Evola, di render conto del divenire, dellanecessità e della coscienza fenomenica (p. 84). In questa via non c’è distinzione tra soggetto e og-

Page 24: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 24/118

24 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

essere come qualcosa di esteriore a sé, quasi in conseguenza di una brama, di un deside-rio (si tratta di una nozione ripresa dalla speculazione indiana) è la condizione che pro-

duce il divenire del mondo.Nell’altra opzione, soggettiva, l’Io va a consistere in se stesso, la sua potenza non siestrinseca in funzione dell’altro, ma «si fa estrema ragione a se stessa». xxxix Nell’ordine di que-sta opzione, ogni determinazione generica dell’esperienza si riconnette all’affermazionedell’Io. Se l’Io si pone, allora una cosa qualunque che chiamiamo «x» è posta. Natural-mente, questo «x», in relazione all’Io, che ne è l’antecedente, non ha una realtà in sé: «Larealtà di x è la sua non-realtà». xl 

 Attraverso dense pagine della Teoria dell’Individuo Assoluto, Evola cerca di dare un fon-damento razionale all’affermazione che entrambe le opzioni sono compossibili per l’Io, ilquale non si situa in un momento privilegiato del processo attraverso cui le opzioni si svi-luppano: l’Io è infatti unità reale e sola realtà nella quale si colloca ogni particolare mo-mento o elemento. L’Individuale possiede tutti gli elementi che si trovano nel suo svilup-po, senza essere da essi posseduto: ciascuno di essi, infatti, è «l’espressione di una potenza,che ha in sé medesima, in rapporto di dominio, la funzione del limite». xli Ogni oggetto è deter-minato dall’Io, e in ciò consiste propriamente la sua oggettività.

Ci sia consentito, a questo punto della trattazione, compiere una breve pausa peresaminare un problema inerente al pensiero idealista di Evola che abbiamo finora espo-sto. A proposito delle due opzioni dell’Io è necessario vedere fino a che punto è fondatala loro deduzione dal principio dell’iniziale indifferenza dell’Io al porsi o meno. Vi è in-

fatti una certa fretta che è stata rilevata a suo tempo dal Carlini, senza però che questientrasse a fondo nell’argomento. xlii A nostro parere, Evola, mantenendo qui la sua specu-

 

getto perché, venendo meno l’uno scompare anche l’altro. Soggetto e oggetto «sono uno nel tramu- tare vertiginoso di una attualità che ha la propria ragione fuori di sé» (p. 82).

 xxxix  ibid., p. 96. xl ibid., p. 97. xli ibid., p. 113. xlii Scrive il Carlini che, nel sistema di Evola, dalla premessa di un essere assolutamente libero

«si trae, (in vero, troppo frettolosamente), che vi sono due categorie o esperienze primordiali, materia di unaopzione soggettiva (via dell’Individuo Assoluto) e di un’opzione oggettiva (via dell’Altro)» (Armando Car-lini, rec. di Fenomenologia dell’Individuo Assoluto, in «Vita Nuova», VI, 1930, p. 1060, ora in Omag- 

 gio, cit. pp. 47-49). Secondo Carlini, la seconda via, mediante il concetto di alterità, permettereb-be di avvicinarsi al mondo concreto dell’esperienza, facendo valere nell’idealismo dell’atto puroun’esigenza religiosa. Evola però percorre un’altra strada. «Il sé e l’altro non possono avere nessunsenso fuori dell’autocoscienza, ossia fuori di una attività spirituale. L’A., invece, per oltrepassare il significa- lo empirico dell’uomo e del suo mondo, spazza via all’atto, a un certo punto, ogni significalo spirituale ed

Page 25: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 25/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 25

lazione lungo una direzione strettamente razionale, cade in contraddizione. Infatti, una volta ammesso che l’Io è indifferente al porsi e al non porsi e che, se si pone, è indiffe-

rente al porsi in un modo o in un altro, resta da spiegare per quale motivo questo Asso-luto fatto di potenza e libertà, di totale indeterminazione, trovi di fronte a sé due strade edue soltanto: la via dell’altro e la via soggettiva. Se l’Io si pone, proprio per la sua assolu-tezza, si può porre in un numero infinito di modi, anche non comprensibili alla nostraragione e persino, se vogliamo, in maniera illogica e irrazionale, assolutamente inconce-pibile e misteriosa. Anche ammesso che sia razionalmente fondata la relazione: «Se l’Io sipone, allora x è posto come determinazione», nulla mostra che proprio a questa necessitàrazionale si sia voluto soggiogare un Io che, se è libertà, non è detto che sia anche Ragio-ne.

Certamente, dal punto di vista del principio di non contraddizione la deduzione delledue opzioni non è errata. Però Evola si è inoltrato in un campo nel quale, per le caratte-ristiche stesse dell’Io assoluto, il principio di non contraddizione non ha più alcun valo-re. Porre di fronte all’Io non necessitato due vie dedotte razionalmente significa costrin-gere la sua assolutezza nei limiti della ragione umana e dunque l’assolutezza viene ad es-sere specificata come razionalità. Questo è contraddittorio (semmai è la razionalità ad es-sere una determinazione dell’Io), e rimanda al legame tra razionale e reale che in sostanzaEvola voleva superare, avendo visto in esso il punto debole dell’idealismo, quello da cuiderivava ogni necessitazione intrinseca attribuita all’Io. In sostanza, tutta la speculazioneidealistica di Evola, a causa di questa contraddizione, diviene una indagine basata sulla

possibilità che l’Io si sia posto secondo razionalità e, nell’ambito del razionale, si sia po-sto secondo una certa opzione che è quella dedotta. Di questa possibilità non esiste peròalcuna certezza. Non si può superare l’ambito del razionale e poi giustificare razional-mente tutto ciò che si pone oltre tale ambito: lì, infatti, la razionalità non ha più alcun valore dimostrativo.

umano, ed attribuisce all’alio un valore di mera potenza senza alcun attributo. Ma questa potenza, invecedi arricchirsi e sublimarsi, viene così ad un tratto impoverita e avvilita a mera potenza naturale» (ibidem).Si comprende, alla luce di questa critica, come in seguito il Carlini, recensendo Maschera e volto,neghi che lo spirituale di cui parla Evola sia diverso da quello puramente naturalisticodell’occultismo, e che vi ponga in rilievo valori autenticamente religiosi (art. cit., in «Vita Nuova», Vili, 1932, pp. 660-661, ora in Omaggio, cit. pp. 49-54). Cfr. anche, dello stesso autore, la rec. aL’uomo come potenza, in «Vita Nuova», III, 1927, pp. 52-53).

Page 26: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 26/118

26 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

4 - IL CONCETTO DI POTENZA.

Come si è visto, l’Io concepito da Evola ha come suoi attributi la potenza e la libertà.Si tratta di un aspetto molto importante del pensiero evoliano, destinato ad avere in se-guito significativi sviluppi.

La distinzione tra Io e non-Io viene esaminata sia in funzione della libertà dell’Io, siain funzione della sua potenza. Tra Io e non-Io può esservi un duplice rapporto: a) unrapporto di spontaneità, in cui il possibile si identifica col reale e ciò che accade è ciò chesolo poteva accadere; b) un rapporto di volontà, in cui il possibile eccede il reale, il qualerappresenta solo la concretizzazione di una delle tante possibilità. xliii In questo secondocaso, il passaggio dal possibile al reale implica una decisione libera, un momento di au-tarchia e di dominio, un potere che domina tale atto e in cui risiede la ragione in-

condizionata dell’essere o del non essere dell’atto stesso. xliv  Tra il momento della spontaneità e quello della volontà c’è dunque un salto qualitati-

 vo. Nel primo, la libertà è un fatto negativo, giacché è reale solo ciò che deve essere tale:la libertà si identifica con uno sviluppo naturale, privo di impedimenti esterni, ma condi-zionato internamente da una intrinseca necessità. Nel momento della volontà esiste in- vece una libertà vera e incondizionata: l’Io può ciò che vuole, senza obbedire ad altro chealla sua stessa incondizionata volontà. xlv  

È ovvio che una tale potenza non esista nel mondo della realtà determinata: Io possoridurre questo mondo a mia rappresentazione, ma fino a che punto posso ridurlo a mia

 volontà, potenza e libertà? Esiste questa realtà, non la realtà che io voglio. Dunque, nellaprospettiva del mondo determinato e concretamente esperimentabile, il principio di di-stinzione tra l’Io e il non-io viene formulato nei seguenti termini: «Una cosa reale è sempli- cemente una cosa su cui io, come volontà, non posso»; xlvi il fondamento di ciò che chiamo real-tà è un mio non-potere, riferito tuttavia a qualcosa che non cessa per questo di essereuna mia rappresentazione.

 Volendo restare ancorato ai presupposti dell’idealismo, Evola afferma che, nonostantetutto, la realtà a noi esterna non va spiegata in relazione ad un altro (Dio, la cosa in sé,

 xliii Alla luce di queste affermazioni risulta difficile spiegare come Evola sia caduto in contrad-dizione imprigionando l’io nella dialettica razionale. Probabilmente è da supporre un retroterraculturale da cui è difficile liberarsi anche nei momenti in cui si percorrono strade nuove. Troppoprofonda era forse la lezione del razionalismo hegeliano.

 xliv  J. Evola, Teoria..., cit., p. 250. xlv  ibid., pp. 138-220. xlvi ibid., p. 252.

Page 27: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 27/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 27

ecc.). Infatti, «dire che una cosa non sia causata da me non è lo stesso che dire che essa è causatada un altro». xlvii Se io non mi riconosco come causa incondizionata di una mia rappresen-

tazione, ciò significa che una parte della mia attività cade sotto il segno della spontaneità,che l’Io soffre di una privazione: la realtà dell’oggetto è il fenomeno della privazione rela-tiva ad un atto imperfetto. xlviii Questo atto imperfetto, il mondo finito, è «la necessaria con- seguenza dell’assurgere dell’Io ed un “ente di libertà”, a Signore del Sì e del No di là dal mondo del- la spontaneità, dell’identità soggettiva dell’universale. Non la decadenza di un tale mondo, sibbeneil suo progresso, il suo andare innanzi». xlix 

In questo periodo dell’attività di Evola troviamo insomma attestata una concezionepraticamente evoluzionistica, che l’autore rifiuterà in seguito definendola una «fisima».In questi anni, però, vi insiste parecchio: l’Io si innalza dal momento della spontaneità aquello della potenza e della libertà; ciò che precede, in tale movimento intrinseco all’Io,non è il perfetto, bensì ciò che va a perfezionarsi. Questa teoria, fortemente influenzatadalla lettura in chiave idealista di Aristotele, è comunque contraddittoria. Se si svincolal’Io da ogni necessità, la perfezione non può essere posta alla fine del processo dialettico,anche perché ciò vanificherebbe il motivo dell’indifferenza al porsi o al non porsi.D’altra parte, l’assurgere a signore della potenza e della libertà deve essere per l’Io un attocosciente e libero; non si può diventare liberi in virtù di un processo necessitato.

Questa concezione evolutiva, ad ogni modo, è minuziosamente descritta nella Feno- menologia dell’Individuo Assoluto, nella quale Evola non utilizza la dialettica hegeliana, ben-sì quella dello Hamelin.l 

 xlvii ibid., p. 256. xlviii ibid., pp. 256-257. Anche questa affermazione, restando su un piano puramente dialettico,

reintroduce una differenziazione tra io assoluto ed individuo empirico. O l’attività spontanea ècosciente, e allora la spiegazione non è valida e si deve render ragione del dualismo, oppure pro-cede da cieca necessità, da un vuoto porre: in entrambi i casi non avviene passaggio dalla sponta-neità all’autarchia.

 xlix  ibid., p. 271. Su che cosa poggia l’Assoluto nel suo progresso dalla spontaneità alla potenza?Se sulla volontà libera, allora in precedenza non vi è vera spontaneità. Se sulla necessità interna,allora non è il caso di parlare di libertà. Ancora una volta si torna all’idealismo classico, dopo cheil lettore è stato fornito di geniali strumenti teoretici per liberarsene.

l Questa forma di evoluzionismo si riscontra, in ambito diverso, nell’affermazione che la diffe-renza fra essenza ed esistenza non è qualitativa ma di grado. La realtà è l’atto dell’idea, secondoun tema tipico del pensiero idealista. La Fenomenologia dell’individuo Assoluto sviluppa nei dettagli,in maniera talvolta suggestiva, un insieme di possibilità conformi all’opzione oggettiva.L’indagine non si basa sulla dialettica di tipo hegeliano, ma su quella di Hamelin, dove la tesinon ha per correlazione un’opposizione - l’antitesi di Hegel - ma uno sviluppo: in Hamelin,

Page 28: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 28/118

28 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

5 - L’ANTROPOLOGIA IDEALISTICA.

 Anche nell’ambito dell’antropologia, tutta la speculazione della fase idealista si fondasull’idea di uno sviluppo progressivo, grazie al quale l’Io possa pervenire a colmare la pri- vazione che gli fa apparire come altro da sé il mondo esterno. L’uomo deve, cioè, risolve-re la spontaneità in potenza.

Per realizzare questo fine è necessario distogliere lo sguardo da quella parvenza di ioche è rappresentata dal centro attuale del nostro essere, comunemente dominato dallepassioni e dai sentimenti, avvezzo a subire la vita anziché dominarla.

Oltre a questo io passivo, a cui ci si riferisce comunemente, parlando di io umano, viè una realtà più profonda, intima, lucida, autenticamente reale, che costituisce il vero es-

sere personale. Il rapporto tra queste due realtà - io comune e io profondo - è esaminatoin un saggio dedicato agli studi e agli esperimenti del Couè relativi all’ipnotismo.li La co-scienza lucida, sempre presente a se stessa, a differenza della normale coscienza di veglia,è una potenza, da non intendersi però come una forza materiale, fisica: essa è capacità diagire restando fuori dal movimento. L’io vero è ciò che suscita l’azione, dominandola,non venendo da essa assorbito; è un «motore immobile»: «Colui che è davvero causa, esso stessonon si muove: egli rimane fermo nel punto della pura iniziativa creatrice. Il movimento cade sol- tanto nell’effetto, in ciò che procede da lui e di cui egli resta il signore e il calmo direttore».lii 

Il livello di realtà in cui si colloca questo principio profondo presente nell’uomo non

è quello fenomenico, bensì quello dal quale è retto il fenomeno. Qualora si pervenisse adun tale piano, «nulla di ciò che è esterno saprebbe più resisterci».liii Infatti, dal punto di vistaidealista, questo principio cosciente e attivo non è una realtà separata dall’io empirico,bensì un livello superiore, profondo, di esso, grazie al principio dell’immanenza dell’Ioassoluto.

l’antitesi è integrazione di qualcosa che mancava nella tesi, e il cui possesso si può dire pienamen-te conseguito nella sintesi. Questa sintesi, a sua volta, postula un nuovo sviluppo, per cui il pro-cesso dialettico costituisce «uno sviluppo di gradi crescenti di possibilità, di potenza arbitraria e di agilitàinteriore» (Fenomenologia... cit., p. 11), attraverso cui si realizza il superamento della privazione, ste- resis. 

li J. Evola, E. Couè e l’agire senza agire, in «Bilychnis», XIV, 1925, vol. 25, pp. 28-37, ora in I sag-  gi di Bilychnis, Ar, Padova 1970, pp. 9-33, da cui si cita.

lii ibid., p. 27. Il concetto stesso di forza «svanisce fuori dal rapporto ad un resistere, così che esso, inuna via assoluta, non testimonia una potenza, ma una impotenza» (ibid., p. 28).

liii ibid., p. 31.

Page 29: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 29/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 29

Il superamento della privazione, il compimento dello sviluppo dell’Io, il cui processo èl’essenza dell’Idealismo Magico di Evola, avviene mediante una serie di purificazioni, che

eliminano tutto ciò che, nell’individuo empirico, non è soltanto «se stesso», e che un al-tro contamina.liv  L’uomo, insomma, deve farsi sufficiente alla totalità della vitalv  con unaascesi graduale, che è un’opera di depurazione priva di ogni contenuto religiosa. Evoladesume una serie di purificazioni dal pensiero orientale, traducendole in schemi di com-portamento relativi al controllo delle impressioni del pensiero, alla concentrazione,all’educazione della volontà. Fa anche ricorso a testi esoterici togliendoli dal loro conte-sto naturale ed inserendoli nel suo quadro speculativo, elaborando una tecnica attraversocui realizzare il salto dalla condizione di passività (in cui non è l’io che agisce, «quantopiuttosto sono le varie potenze e i vari impulsi che pensano, parlano e si affermano in lui» lvi) allostato in cui l’io «volge verso un’autonomia ed una esistenza individuale».lvii 

La conseguenza di questa teoria è che superare la privazione, colmare le lacune dell’io,equivalendo a ridurre l’altro a mia potenza e volontà, comporta di necessità il solipsismo.Esiste soltanto l’Io Assoluto, che assorbirà in sé, annullandolo, tutto ciò che gli è esterio-re.

Qui giunto, sul piano speculativo, intellettuale, Evola ha esaurito ogni discorso. Lasua filosofia conclude con l’affermazione che è necessaria una conquista, un’azione checolmi la mia debolezza, e questa azione non si può solo teorizzarla, restando a guardare:occorre compierla, impegnarsi nel tentativo di orientare tutta la propria vita verso quel

liv  Id., La purità come valore metafisico, in «Bilychnis», XIV, 1925, vol. 25, pp. 335-336, vol. 26,pp. 353-365, ora in I saggi di Bilychnis, cit., pp. 35-65, part. p. 37.

lv  «L’essere che fosse sufficiente alla totalità della vita, non avrebbe un “altro” di contro a sé. Chiuso inuna intangibile unità, egli vi riposerebbe [ ... ]. Il punto della sufficienza venga meno - allora l’unità si altera,un “nulla” viene ammesso, onde di contro all’identico, al tautón, sorge l’altro, l’eterón. Questo “altro” nonè dunque nulla di reale in se stesso: esso è semplicemente il riflesso e il simbolo di quella deficienza che si èingenerata nell’essere» (ibid., p. 38).

lvi J. Evola, L’individuo e il divenire del mondo, cit., pp. 33-34.lvii ibid., p. 35. Ciò non è da intendersi come un ritorno indietro, alla stregua della reminiscen-

za platonica, bensì come un procedere in avanti. L’aspetto fenomenico del mondo è la conse-guenza dell’assurgere dell’io a principio autonomo, e «poiché questa affermazione in ogni caso è avve- nuta, il risultato non può essere la restaurazione dello stato originario, ma o la dissoluzione in un nirvâna onirguna-brahman - cioè in un principio indifferenziato che divora ogni realtà concreta - ovvero il dualismoeleatico e stoico, l’irrigidimento dell’uomo di contro al divenire dei fenomeni di cui si rifiuta di riconoscere ildover essere» (ibid., pp. 36-37). Si può concretamente vedere qui come il complesso delle dottrinetradizionali, in special modo quelle relative all’auto-dominio e alla morale, si trovino ad esserecompletamente reinterpretate, perdendo quasi del tutto il loro significato originario.

Page 30: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 30/118

30 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

compito che l’indagine filosofica ci ha svelato. Con ammirabile coerenza, Evola abban-dona l’idealismo speculativo, chiudendo ogni impegno relativo a questioni metafisiche e

ormai definibili, dal suo punto di vista, «meramente filosofiche». Si volta pagina. Nel1927 Evola fonda una rivista il cui interesse è nell’azione. Intenzionalmente, non si vuoleinsegnare una dottrina, ma proporre dei metodi per realizzare il compito della trasforma-zione dell’io. Questi metodi fanno parte di un’arte e una scienza che vengono definitemagiche.lviii 

lviii L’accusa di occultismo è una di quelle che più frequentemente vengono rivolte ad Evola inquesto periodo. Ne parlano ad es., in termini peraltro opposti, il Piazza e lo Spirito. Il Piazza, nel-

la recensione di «L’uomo come potenza» rivela la differenza tra l’opera di Evola e il banale occulti-smo alla moda, sottolineando come il libro costituisca un «tutto sistematico rigorosamente pensato edesposto con uno stile lucido e suggestivo» (A. Piazza, art. cit., in «L’Italia che Scrive», X, 1927, p. 11). Didiverso avviso Spirito, che invece polemizza aspramente con Evola su tale questione. Se però que-sta polemica è, in un certo senso marginale, non sarà privo di interesse analizzare altre, più con-crete, critiche che Spirito rivolge al sistema di Evola. Dice il critico che Evola si è fermato a metà,ha accettato che essere e conoscere si identificano, ma poi questa posizione non è stata assunta intutte le sue conseguenze: è rimasta inoperante. Orbene, secondo Spirito, «o l’Evola conviene cheessere e conoscere si identificano, e allora non può non dare a questa identità un carattere pratico; o un si- 

 gnificato pratico all’identità non vuol riconoscere, e allora non deve illudersi di poter aderire alla tesi gnoseo- 

logica» (Ugo Spirito, «Rassegna di Studi sull’idealismo attuale. IV, L’idealismo magico», inL’idealismo italiano e i suoi critici, Bulzoni, Roma 1974, pp. 169-180, part. p. 171). In realtà Evolanon nega affatto che essere e conoscere si identifichino realmente. Solo che si chiede come mainon si abbia, nella comune esperienza, la percezione del fatto che tutte le realtà siano rapportabiliall’Io, e tenta di spiegare tale fatto tenendo fermi i presupposti dell’idealismo, senza far interveni-re in essi nessun concetto in qualche modo estrinseco, come la distinzione tra io assoluto e ioempirico. Chi si è fermato a metà non è Evola ma, secondo questi, l’idealismo stesso. Su questopunto, dunque, la critica non coglie nel segno. Più importante, invece, l’osservazione di Spiritosecondo cui in Evola l’Individuo Assoluto non è staccato da ogni condizionamento. La libertàassoluta è infatti pensata e raffigurata «secondo uno schema logico e secondo un processo dialettico, in cuil’immediatezza dell’arbitrio si dilegua completamente e l’esigenza storicistica della legge e della necessità siriafferma nel modo più perentorio» (p. 173). Pensando l’Individuo Assoluto, Evola ne chiariscel’intima logica, «lo reintroduce cioè nel processo da cui voleva staccarlo» (p. 173).

Un’altra critica penetrante subita dal sistema di Evola si deve a Roberto Pavese, in uno scrittocomparso nel 1928, in occasione delle polemiche suscitate dagli interventi di Evola contro il cri-stianesimo. Pavese afferma che il pensiero di Evola è eccessivamente individualista, e questo, in-sieme all’immanentismo, ne è il lato debole, perché porta a «porre lo spirito solo come attività nega- trice di limiti, mentre deve essere anche - se veramente vuol essere “assoluta potenza” - altresì positivitàcreatrice dei limiti stessi; in modo che quella positività formulatrice di leggi e di ordini e costruttrice di co- 

Page 31: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 31/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 31

scienze, è una potenza che, appunto per la sua universalità che trascende le coscienze individuali e quasi silimita in esse, può preparare, in ciascuna di esse, un opposto processo per cui il limite imposto dal di fuori viene via via dissolto, superato nell’acquisita comprensione della sua necessità ideale e pertanto liberamenteaccettato in un più elevato grado di coscienza morale» (Roberto Pavese, Fascismo e Cristianesimo, in «Vi-ta Nova», IV, 1928, pp. 118-121, part. p. 119).

Page 32: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 32/118

IIGLI SVILUPPI DELL’IDEALISMO ASSOLUTO:IL GRUPPO DI UR

«Ur» è il nome della rivista fondata da Evola nel 1927 che si occupa dell’indagine suimetodi di autorealizzazione presenti nelle tradizioni esoteriche delle più diverse civiltàd’Oriente e d’Occidente.i 

 Attorno alla rivista ruota un gruppo di redattori molto eterogeneo, appunto il «grup-po di Ur» che si dedica alla magia intesa «quale scienza dell’io» in diretto riferimento conl’idealismo speculativo che Evola aveva appunto chiamato magico e di cui aveva anticipa-to le relative pratiche anche nei Saggi sull’Idealismo Magico e in un capitolo de L’uomo come

potenza. L’esperienza del gruppo di Ur è complessa, anche perché si svolge contemporanea-

mente ad un processo di revisione durante il quale Evola rivede completamente le sueposizioni filosofiche pervenendo al superamento dell’idealismo. Proprio verso il terzoanno di vita della rivista i testi ci mostrano che il pensiero di Evola ha subito notevolirettifiche, le quali, a distanza, permetteranno di vedere nella magia e nell’esoterismoqualcosa di completamente diverso da ciò che essi diventavano all’interno della prospet-tiva idealista. In questo momento, comunque, l’idealismo resta pur sempre il quadroteorico a cui le tecniche di realizzazione sono riferite. Infatti, l’apparato di rituali esotici,

legati ad una complessa simbolica, spesso di origine puramente libresca, viene posto sottoil segno della tradizione, però non si tratta di ciò che correntemente intendiamo conquesto termine. Nella rivista si parla esclusivamente di tradizione iniziatica, cioè, es-senzialmente, di un metodo. Questi metodi hanno un riferimento metafisico (giacché viene detto che «ad una metafisica fa da controparte una tecnica»ii); però non si tratta della

i Il testo integrale della rivista è ora disponibile in ristampa anastatica curata dalle edizioni Ti-lopa di Roma. In precedenza Evola ne aveva curato una nuova edizione in tre volumi come unifi-catore, ufficialmente anonimo, ed aveva proceduto ad una depurazione e rettificazione del testo.Si tratta dell’opera in tre volumi, «Introduzione alla magia quale scienza dell’Io», Mediterranee, Ro-ma, 1971, da cui si cita.

ii J. Evola, Introduzione alla magia, vol. I, p. 9. Cfr. ancora: «Di là dall’intelletto raziocinante, di làdelle credenze, di là dai sentimenti, di là da ciò che oggi vale in genere come cultura e come scienze, esiste unsapere superiore» (p. 8); «il principio fonda mentale della magia è che il modo in cui ci si presenta il mondonon costituisce un’estrema istanza, che esso non è in sé inconvertibile, bensì un fenomeno, correlativo aduna certa categoria, la quale però è contingente rispetto alla pura potenza dell’Io» (  Julius Evola, Saggidell’Idealismo Magico, cit., p. 95).

Page 33: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 33/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 33

metafisica tradizionale all’interno della quale le varie tecniche ascetiche furono elaborate,bensì della metafisica idealistica, cioè della fenomenologia dell’Io.

La gnoseologia idealista torna già nel primo fascicolo della rivista quando l’autore cer-ca di delineare la natura della conoscenza iniziatica. Dal punto di vista iniziatico, cono-scere una cosa non è possibile «finché la coscienza non possa trasformatisi».iii Conoscenza edesperienza coincidono: la misura e la validità della conoscenza dipendono dal «grado diidentificazione attiva, cioè dal grado secondo cui l’Io è implicato ed unificato nella sua esperien- za, e secondo cui l’oggetto di essa gli è trasparente nei termini di significato».iv 

È la stessa terminologia delle opere idealistiche. Il termine «significato» non è com-prensibile se non si tiene presente la definizione che l’autore ne dà nelle prime paginedella Teoria dell’Individuo Assoluto. Qui, infatti, l’essere non veniva considerato come cosain sé, ma come significato, cioè come «modo del semplice esistere di fatto di un oggetto o poten- za per l’Io».v La conoscenza non è dunque esperienza dell’altro come altro, ma «azione cheparta direttamente dall’Io e si affermi nell’ordine delle cause reali»:vi l’esperienza di ciò che allacoscienza empirica appare come altro, come una realtà separata, è invece la rivelazione diun rapporto di potenza.

Non si ha conoscenza vera fintantoché l’altro rimane tale per l’Io: la riduzionedell’altro all’Io, di cui qui è questione, poggia inevitabilmente sulle premesse idealistichesecondo cui l’Io si realizza mediante una pratica che colmi la sua privazione. vii 

La rivista si muove però anche lungo direzioni speculative che portano gradualmentead una revisione del retroterra filosofico su cui poggia.

 Accanto alla riscoperta dei testi ermetici e sapienziali, ai contatti con altri gruppi per- venuti, per vie diverse, a posizioni affini, vengono affrontate questioni di carattere gene-rale, come quelle riguardanti i problemi della preveggenza, del tempo, della libertà, viii che

iii EA (pseudonimo di Evola), Sul carattere delta conoscenza iniziatica, in Introduzione alla Magia,cit., vol. I, pp. 33-41, part. p. 34. Il legame con l’idealismo è qui evidente.

iv  ibid., p. 35. v  J. Evola, Teoria..., cit., p. 2. vi Id., Sul carattere della conoscenza iniziatica, cit., p. 40. vii È significativa in tal senso la concezione del mondo come potenza o rapporti di potenze, cfr.

pp. 171-174 del vol. I. È emblematico il fatto che, al ripubblicare la rivista nella raccolta di tre vo-lumi di Introduzione alla magia, Evola premetta una nota a questa concezione, dicendo che essanon ha un significato assoluto né generale, ma esprime una concezione contingente, riflesso diesperienze e stati interiori, coi quali si cercava di tener sgombra la mente da inutili orpelli (cfr. p.171).

 viii J. Evola, Libertà, preveggenza e relatività del tempo, in Introduzione..., cit., I, pp. 329-340.

Page 34: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 34/118

34 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

necessariamente costringevano a scendere in profondità nell’esame del materiale etero-geneo che si andava traendo dalla cultura tradizionale. In questa opera di revisione non

 vanno dimenticati alcuni personaggi che, con la loro cultura, influenzano direttamente lamaturazione di Evola, primo tra tutti, per confessione dello stesso autore, Guido deGiorgio (che collabora alla rivista con lo pseudonimo «Havismat»),ix  e che fornisce adEvola le prime informazioni dirette sul pensiero di René Guénon.

Le prime tracce di una posizione diversa da quelle sostenute nelle opere idealistiche sitrovano in «Ur» relativamente al problema dell’oltretomba, e rivelano che il punto di rot-tura con l’idealismo è da situarsi nella valorizzazione della persona umana. In preceden-za, il valore della persona, per voler essere troppo grande, finiva in realtà con l’annullarsi:idealisticamente, l’altro non ha nessuna realtà. Nella prospettiva dell’Individuo Assoluto,in sostanza, il problema del post-mortem si pone in termini drastici: immortale, di diritto,è soltanto l’Individuo Assoluto, cioè il solo Individuo che possa definirsi realmente esi-stente. Il problema non consiste affatto nell’affrontare le questioni relative alla morte,bensì nel ridurre la realtà all’Io. Dal punto di vista iniziatico, che in questo caso si allon-tana, anche se non di molto, dall’idealismo, il problema si pone in termini diversi. Ciòche noi siamo e chiamiamo io, presuppone una realtà più profonda presente in noi. Nonsi tratta però di una semplice immanenza che vanifica la realtà dell’individuo empirico,bensì del Sé, cioè il principio dell’essere distinto dalla mutevolezza dell’io illusorio eppuread esso intimamente legato. L’obiettivo della scienza iniziatica consiste nel ridestare talerealtà profonda, nel possederla coscientemente, sì da farne il centro dell’intera persona.

Così, in relazione al tema dell’immortalità, nella prospettiva iniziatica, essa non è più pri- vilegio di una sola persona, x  bensì di chi la conquisti, realizzando come centro del suo esse-re quel Sé che è la sua realtà più profonda. xi Il primo caposaldo dell’idealismo che Evolarinnega è il solipsismo, che in questa nuova prospettiva viene completamente infranto.

Nel 1927 Evola attraverso una fase di passaggio caratterizzata dal convivere di vecchieteorie con i nuovi sviluppi del suo pensiero, il che conduce spesso ad una certa oscilla-zione. Se ne può avere una riprova nel saggio «Sulla dottrina generale dei Mantra», xii i cuiconcetti principali erano già stati espressi in «La purità come valore metafisico». 

ix  Lo stesso Evola ci comunica la sua identità, citandone uno scritto in Rivolta contro il mondomoderno (p. 435).

 x  Cfr. J. Evola, «La costruzione dell’immortalità», in Saggi su l’Idealismo Magico, cit., pp. 75-87. xi Cfr. Id., Il problema dell’immortalità, in «Introduzione...», I, pp. 156-165. xii Id., Art. cit., ibid., pp. 364-372.

Page 35: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 35/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 35

Ne «La purità», parlando della «purificazione della parola», Evola aveva inserito già nelPrincipio Primo - inteso simbolicamente come Verbo - la radice della dualità del mondo

empirico, allontanandosi dal rigido immanentismo:

Nel Verbo è implicita una dualità: da una parte vi è la parola propriamente detta (vak=vox),dall’altra il significato o l’oggetto che la parola stessa esprime (artha). Ora, nella prima, su- prema potenza del Verbo, chiamata çabdabrahman, parola e significato sono una sola e me- desima cosa, l’espressione è pura autorivelazione [...]. Una tale unità resta pertanto alterataal punto dell’espressione propriamente detta. Infatti nel concetto di manifestazione è implicitoquella di una dualità [...]. Così ciò che come çabdabrahman è uno secondo assoluta, indivi- duale semplicità, in ulteriori potenze del Verbo si articola e si distingue. Il Verbo, nel suo farsicarne, si gemina; per il suo stesso procedere, ciò che era un significato si scioglie da lui e si fa

oggettivo in una ex-sistenza. xiii

 

Il concetto di çabdabrahman è presente anche nel saggio pubblicato su «Ur», citato piùsopra. Anche qui il punto di avvio è la concezione di una espressione primordiale che «èimmediatamente rivelazione, anzi autorivelazione». xiv Il processo dall’unità alla molteplicità èdelineato in maniera sostanzialmente identica in entrambi i saggi, secondo le varie fasi diquesta sorta di metafisica del suono. Ma mentre ne «La purità» l’ideale è pervenire, me-diante la comprensione del mantra alla realizzazione di «uno stato di identità con i principiindividuanti le cose», xv nel saggio di «Ur» la questione è più complessa. Il rigido monismosembra attenuarsi, sfociando nell’affermazione di una dualità che sia tale da non infran-gere l’unità suprema: è la prima traccia della concezione della non-dualità che troveremonelle opere mature di Evola: il suono della sillaba primordiale om - la sillaba sacra cheesprime simbolicamente il Brahman, inteso come Verbo - ha come caratteristica la sem-plicità assoluta, e lo si ritrova nel più profondo essere dell’uomo: «Lo stesso suono dei suoni,om, essendo dappertutto, si trova altresì nel corpo degli uomini quale ultima occulta profonditàdella forza che li regge, li anima». xvi Questo «suono» deve essere risvegliato dalla persona, edivenire il centro dell’essere individuale, senza che ciò comporti la perdita dell’identitàpersonale. xvii 

 xiii Id., La purità come valore metafisico, cit., pp. 50-51. xiv  Id., Sulla dottrina generale dei mantra, in Introduzione..., cit., I, pp. 364-372. part. p. 365. xv  Id., La purità come valore..., cit., p. 54. Tali principi, i Nomi, costituiscono le cause delle cose

sensibili. xvi Id., Sulla dottrina generale dei Mantra, cit., p. 368. xvii ibid., p. 370.

Page 36: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 36/118

36 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Questo compito è presentato come un risveglio che avviene grazie alla congiunzionedella virtù propria al mantra, il suono sacro, con la forza dell’operatore:

Ciò che galvanizza il mantra è la forza dell’operatore ( sâdhaka-çakti). Ma la virtù del man- tra non si basa solo su di essa; il mantra comprende un potere suo proprio, il quale, congiun- 

 gendosi alla sâdhaka-çakti, l’esalta, la moltiplica e le fa compiere un salto di piano. xviii 

C’è, evidentemente, un mutamento di rotta nella speculazione evoliana, anche se for-se esso non è ancora pienamente consapevole. Però è chiaro che non è la stessa cosa de-finire l’altro una privazione dell’Io, come avveniva nel periodo idealistico, e definire larealtà come simbolo di una meta-realtà. Ciò comporta che dall’ideale del dominio sullecose mediante lo sviluppo della potenza, si passi a formulare la necessità di «impadronirsi

del “senso” delle cose». xix In ultima analisi, si parla sempre di un dominio, però, inquest’ultimo caso, esso deriva dall’essersi trasformati in perfetti, svegliati, in rapporto at-tivo e cosciente con la realtà empirica, ma pur sempre da essa separati. Evola è però an-cora nella condizione di non potere inquadrare queste nuove questioni in una metafisi-ca, perché vale ancora per lui quel rifiuto della speculazione teorica, in vista della realiz-zazione pratica. Il pensatore rifiuta di compiere quello che considera un passo indietro,affrontando intellettualmente «domande che risentono dell’influenza della filosofia». xx 

Tuttavia, dalla rivista, fornisce degli orientamenti di carattere dottrinale che, pur nonavendo la forma di interventi sistematici, sono estremamente interessanti ai fini della no-

stra indagine. D’altra parte, tali interventi non possono non contenere un riflesso dellequestioni che Evola, come uomo, stava affrontando in questo periodo, fermandosi a vol-te su posizioni di compromesso, che evidentemente lo lasciavano insoddisfatto, dato che vengono prontamente superate.

Un esempio al riguardo lo si può trovare in relazione al problema dei rapporti tra latrascendenza e dell’immanenza, e del valore dell’una e dell’altra nell’ambito di una teoriametafisica. Il compromesso, che è evidente nel caso che andiamo ad esaminare, conducead una posizione un po’ difficile da sostenere, ma questa posizione è pur sempre unaconquista: con essa, infatti, ci infrange un altro caposaldo della fase idealistica:

l’immanentismo.Scrive dunque Evola, in un saggio sulla rivista, che la questione della trascendenza edell’immanenza non si pone dal punto di vista iniziatico:

 xviii ibid., p. 371. xix  ibid., p. 372. xx  Id., Immanenza e trascendenza, in Introduzione..., cit., I, pp. 402-403, part. p. 402.

Page 37: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 37/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 37

«Sul piano cosmologico e teologico, ogni vero insegnamento iniziatico non può che tradursi in

una dottrina della trascendenza, perché, nell’una o nell’altra forma, esso ammetterà sempreun principio che non è esaurito dalla creazione o dalla “manifestazione”, che sta al di là daogni forma di esistenza non solo naturale ma anche celeste o divina. Ma sul piano pratico,

con riferimento all’uomo e alle sue possibilità, la prospettiva, come si è detto è doppia. xxi 

Per l’uomo comune, la spiritualità è qualcosa di trascendente; ma per l’iniziato la si-tuazione è diversa: «Egli ha preso residenza nell’elemento centrale, metafisico, e quindi se qualco- sa gli dà un’impressione di estraneità e distanza, ciò sarà proprio il mondo umano e sensibile». xxii 

Per l’iniziato il principio trascendente è in realtà qualcosa che è immanente al suo es-sere. Questa concezione può essere sostenuta nell’ambito della dottrina della non-dualità.

Qui però essa pone un problema che Evola non risolve: l’iniziato che risiede nel princi-pio metafisico, che lo ha realizzato come centro del proprio essere, fa o non fa parte delmondo manifestato? Se vi appartiene, evidentemente rimane pur sempre un principio alui trascendente; se non vi appartiene, non si vede quale possa essere la sua realtà concre-ta.

Nel secondo volume della rivista, che raccoglie i fascicoli usciti nel 1928, Evola ribadi-sce il carattere pratico della conoscenza iniziatica e la sua soggezione ad una legge karmi-ca (il che lascia pensare che la scienza iniziatica non sfugga in nulla alla manifestazione,ma, restandone all’interno, ne sviluppi certe possibilità eccezionali). xxiii 

Il saggio forse più importante del volume, «L’esoterismo e la morale», seguel’impostazione dottrinaria del 1927. Una vera e importante novità si ha invece nel volu-me successivo, del 1929, in particolare con un articolo dedicato al rapporto tra «Aristocra- zia ed ideale iniziatico». In esso si afferma una nuova concezione della persona che si puòdefinire pienamente tradizionale. Il concetto di aristocrazia

corrisponde al modo d’essere di una superiorità virile libera e personalizzata. Rispondeall’esigenza [...] che ciò che vive all’interno come spiritualità si testimoni altresì in una forma,suggellandosi in un equilibrio di corpo, anima e volontà, in una tradizione di onore, di alta

 xxi ibidem, nostro corsivo. xxii ibid., p. 403. xxiii La pratica esoterica «verte sulla cosiddetta legge delle azioni e delle reazioni concordanti, cioè su un

insieme di rapporti causali che [...] non per questo cessano di avere lo stesso carattere impersonale delle leggie dei fenomeni fisici» (J. Evola, L’esoterismo e la morale, in Introduzione alla magia..., cit., II, pp. 229-241, part. p. 231).

Page 38: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 38/118

38 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

tenuta e di severità sia nel gesto che negli stessi dettagli del costume - in generale in uno stile

del pensare, del sentire e del reagire. xxiv  

Si tratta di una forma interiore che l’uomo conquista attraverso l’autocontrollo, ildominio degli impulsi ciechi ed istintivi, che caratterizza il concetto di persona. È una verae propria ascesi che si pone come obiettivo da conquistare e realizzare l’incarnazione diun tipo umano ideale che dia un ordine al proprio essere: «equilibrio di corpo, anima e vo- lontà». Questo modello ideale, archetipico, viene realizzato senza che si perda nulla dellapropria personalità, ma vivendo secondo certe norme classiche:

Dal lato interno è proprio, pertanto, al tipo dell’aristocrate tradizionale una specie di “ascesi”,un senso di superiorità rispetto a ciò che è semplice interesse al vivere; un predominio

dell’ethos sul pathos; una semplificazione interiore e un disprezzo per la rozza immediatezzadegli impulsi, delle emozioni e delle sensazioni, nel che sta il segreto di una calma che non è

indifferenza, ma superiorità reale. xxv  

Lo studio delle tradizioni, soprattutto di quelle orientali, permette ad Evola di supera-re il monismo rintracciando una possibilità di costruire una dottrina metafisica senzadover accettare un rigido dualismo. Si tratta della «veduta metafisica fondamentale della non- dualità». xxvi Nel saggio «Che cosa è la realtà metafisica», egli si apre ad una nuova dottrina di-rettamente influenzata dalla lettura di René Guénon. xxvii 

Realtà metafisica, scrive, è un’espressione a cui possono essere attribuiti tre significati:«1) dal punto di vista oggettivo è ogni stato dell’essere non legato alle condizioni spaziali e tempora- li; 2) dal punto di vista soggettivo è l’esperienza che può realizzare una coscienza quando tali con- dizioni cessino di far parte del suo conoscere». xxviii Il terzo è però il significato fondamentale:

 xxiv  J. Evola, Aristocrazia e ideale iniziatico, ibid., vol. III, pp. 40-48, part. p. 42. xxv  ibid., p. 43. xxvi J. Evola, Sul “sacro” nella tradizione romana, in Introduzione alla magia..., cit., III, 217-227,

part. p. 222. xxvii J. Evola, Sui limiti della regolarità iniziatica, ibid., III, pp. 160-175, part. p. 173. xxviii J. Evola, Che cosa è la realtà metafisica, ibid., III,  pp. 123-132, part. p. 124. Di René

Guénon, cfr.: Gli stati molteplici dell’essere, tr. it. Edizioni di Studi tradizionali, Torino 1965 (ed.originale, Gallimard, Paris, 1932). Per il collegamento di Evola con questa metafisica cfr. la se-guente citazione: «[alle concezioni antimetafisiche] si deve opporre quella di una molteplicità di condi- zioni di esistenza fra le quali la condizione corporea e terrestre non è che un caso particolare e quasi una se- zione fra le tante che si possono eseguire nel plenum del tutto» (nell’articolo ora citato, a p. 126). Que-sta concezione rappresenta un punto di incontro tra l’idealismo e le tendenze gnostiche, come la

Page 39: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 39/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 39

«La designazione di realtà metafisica può però avere un significato più specifico se si prende il ter- mine natura nel senso antico di physis: questo, riprendendo non solo il mondo corporeo, ma, in

 fondo, tutto ciò che è manifestazione, come realtà metafisica è allora da intendersi il trascendente,l’Incondizionato». xxix Ciò risolve la questione dei rapporti tra immanenza e trascendenzache era rimasta aperta negli scritti precedenti. Inoltre, questa importante rettifica, per-mette ad Evola di collocare nel giusto posto tutta la sua esperienza idealistica: l’idealismoera stato preso come un veicolo per esprimere certe concezioni tradizionali, non perchéesso fosse di per sé tradizionale, bensì grazie alle possibilità di sviluppare la sua «ammissio- ne di una realtà metafisica conoscibile per via di una realizzazione interiore». xxx In questo compi-to, però, l’idealismo si era rivelato insufficiente e persino fuorviarne.

Il principio della non-dualità è chiarito in questo senso: ammesso l’Incondizionatotrascendente tutta la manifestazione, si afferma che tale Incondizionato è presente anchenell’uomo, pur non identificandosi con l’uomo; la trascendenza non escludel’immanenza, così come l’immanenza non esaurisce il trascendente. Il mondo empirico eil Principio sono distinti, però il primo esiste e sussiste per volontà del secondo. Questaconcezione, cui Evola resterà sempre fedele, si chiarisce anche con il ricorso ad immaginitratte dal mito: alludendo alla concezione di una Città Celeste intesa come immaginedell’Eterno, scrive: «Ed ancor oggi dagli asceti tibetani circa Shambala, la città santa del Nord,ove conduce la “via settentrionale”, cioè la “via degli dèi” [...] vien detto talvolta: essa risiede nelmio cuore». xxxi 

 Attraverso queste nuove prospettive, Evola perviene ben presto a nuovi chiarimenti

riguardo al problema della trascendenza e dell’immanenza, rivedendo le sue precedentiposizioni. Si può avere un esempio del capovolgimento che subiscono le vedute di Evolaal riguardo, analizzando uno scritto sulla concezione romana del sacro, comparso primasulla rivista «Ur» e poi, riveduto, sul «Diorama Filosofico». Nella prima versione, Evola ave- va sottolineato in modo particolare la mancanza di una concezione personale del divinonel mondo romano, e aveva interpretato l’idea classica del divino soprattutto come azio-ne: il numen, per il romano, ha un culto che si esaurisce nel rito. Inoltre aveva visto nellareligiosità romana una concezione immanentistica del divino, evidenziata soprattutto inrelazione alle dottrine dell’oltretomba. xxxii Nel 1934, ripubblicando lo scritto su «Diorama

stessa terminologia usata sembra rivelare. Evola se ne allontanerà elaborando la sua dottrina diispirazione personalista.

 xxix  ibid., p. 126. xxx  ibid., p. 128. xxxi Id., «La leggenda del Graal e il mistero dell’Impero», ibid., III, pp. 77-89, part. p. 89. xxxii Id., Sul sacro nella tradizione romana, cit., pp. 223 e 227.

Page 40: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 40/118

40 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

 filosofico», Evola provvede ad una revisione e sopprime ogni riferimento a concezioni im-manentistiche. xxxiii 

 Anche l’autobiografia scritta dall’autore conferma che questi anni dal 1927 al 1930 vedono in atto un rapidissimo processo di maturazione. Nel Cammino del Cinabro, oltre aparlare laconicamente di una scissione avvenuta all’interno del gruppo di Ur alla fine del1928 (dovuta, a quanto sembra, al tentativo di sottrargli la direzione della rivista), xxxiv  Evola si sofferma sui suoi studi post-idealistici. In relazione alle nuove prospettivesull’oltretomba, aperte con la rivalutazione delle vedute iniziatiche, scrive:

Ci si potrebbe chiedere dove andasse a finire l’Individuo Assoluto, dato che ora si parlava diun Io mortale condizionato al corpo. La contraddizione è solo apparente [...] La veduta ini- ziatica si accordava benissimo con la teoria delle due opposte vie indicate e dedotte nella mia

Teoria [...] Il progresso rispetto all’esposizione astratta, filosofica, riguardava il riferimento atradizioni concrete e a compiti operativi. xxxv  

In queste righe è la conferma del legame stretto tra idealismo ed esperienza iniziatica,da cui nasce il gruppo di Ur. È un legame che, come dicevamo, viene superato. Nel capi-tolo successivo a quello ora citato, del Cammino del Cinabro, Evola lo afferma chiaramentee indica sommariamente le nuove direzioni lungo cui si avvia il suo pensiero:

E giunto il momento di parlare dell’estendersi dei miei interessi ad altri domini, che cominciò

 già nel periodo del gruppo di Ur e si associò alla mia presa di conoscenza di nuove linee dipensiero. Debbo fare, a tale riguardo, soprattutto i nomi di J. J. Bachofen, di R. Guénon, di

H. Wirth e di Guido de Giorgio. xxxvi 

Importante è soprattutto la lettura del pensatore francese, «la quale - scrive - mi aiutò acentrare su di un piano più adeguato l’intero mondo delle mie idee». xxxvii Grazie a Guénon, Evolacomprende che la critica al mondo moderno ha una controparte positiva: la tradizione:«Era di  fronte al mondo della tradizione che il mondo moderno appariva come una civiltà anomalae regressiva, nata da una crisi e da una deviazione profonda dell’umanità. Questo fu appunto il

 xxxiii Id., La visione romana del sacro, in «Diorama Filosofico», a cura di M. Tarchi, Ed. Europa,Roma 1974, pp. 67-83.

 xxxiv  Id., Il cammino del Cinabro, cit., pp. 92-93. xxxv  ibid., p. 94. xxxvi ibid., p. 98. xxxvii ibidem. 

Page 41: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 41/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 41

tema basilare che andò a completare il sistema delle mie idee: la Tradizione». xxxviii Dunque, perammissione dello stesso Evola, l’approdo alla tradizione è posteriore sia alla fase idealisti-

ca, sia agli studi iniziatici da essa influenzati. Infatti, tradizione significa ora, principal-mente, abbandono dell’idealismo e chiara definizione del concetto di trascendenza, xxxix  correlativamente alla critica nei riguardi del mondo moderno, verso il quale, nei primiscritti e in particolare nel primo capitolo de «L’uomo come potenza», Evola era statotutt’altro che contestatore.

La prima mostra dell’atteggiamento antimoderno del pensatore si trova in un saggiopubblicato nella «Nuova Antologia» nel 1919, «Americanismo e bolscevismo», il cui contenu-to contrasta singolarmente con un altro saggio, «La palingenesi nell’ermetismo medievale»,che stando alla data di pubblicazione sarebbe contemporaneo, ma stando al contenutomostra l’antimodernismo convivere con le ultime tracce dell’immanentismo idealista.

In effetti, lo scritto sull’ermetismo medievale si riferisce ad una cultura che nel suo in-sieme è radicalmente opposta a quella moderna, soprattutto nella concezione della natu-ra. Questa,

nel ciclo di cultura in cui si deve far rientrare l’alchimia, ha un significalo ben diverso daquello moderno; cioè non è morta esteriorità [...] sibbene un gran corpo animato e sacro, com- posto di forze viventi, un tutto ammirevole congiunto con lo spirito umano e da questo simpa- ticamente adombrato attraverso leggi di analogia, di partecipazione mistica, di comunione

simbolica. xl 

 xxxviii ibid., p. 99. xxxix  «Il centro naturale di tale sistema [= la Tradizione] è una influenza trascendente e un corrisponden- 

te ordine di principi [...]. È in base a questo sfondo che si produsse una specie di “mutazione” (quasi nel sen- so della genetica) nella teoria dell’Individuo Assoluto» (ibidem). Cfr. ancora: «Il progresso, o meglio, la chia- rificazione fondamentale concerneva propriamente il passaggio dal “super-umano”, in margine ad un indivi- dualismo esasperato, al “non-umano”, cioè al piano di una superiore impersonalità legata al possesso reale diuna dignità trascendente e ad una funzione dall’alto» (ibid., p. 100). Abbiamo l’impressione che questaricostruzione a posteriori del cammino percorso sia un po’ troppo “morbida” nei confrontidell’individuo assoluto, del quale, ci sembra, non rimane nulla.

 xl J. Evola, art. cit., in «Bilychnis», XIX, 1930, voi. 34, pp. 173-190, ora in I Saggi di Bilychnis,cit., pp. 67-112, part. p. 71. Questo saggio non  va considerato come un’anticipazione di La tradi- zione ermetica, anche se può essere in relazione con gli studi compiuti per la stesura di questo li-bro. La tradizione ermetica è, infatti, un’interpretazione generale della dottrina alchemica comple-tamente diversa, senza riferimenti all’immanentismo.

Page 42: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 42/118

42 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Ciò che permette di affermare che questo saggio è stato scritto prima del 1929 è il ri-torno in queste pagine dell’allusione al progresso dell’Io e l’affermazione

dell’immanentismo: «La dottrina ermetica della palingenesi ha una premessa inequivocabilmen- te immanentistica»; xli e ancora: «La trascendenza esiste, ma è compresa nell’immanenza: è una forma, un modo di essere della “Cosa Unica”, che è “uno e due”». xlii Riguardo all’Io, si affermache l’insegnamento ermetico «è altresì collegato alle premesse aristotelico-pagane, ondenell’ordine della natura ogni sviluppo è concepito in funzione di potenze che dalla imperfezione edalla virtualità informe, passando all’attualità, nel loro compimento si trovano ad essere qualcosadi più e di migliore di quanto le precedette». xliii 

 Al contrario, l’altro lavoro cui si accennava, «Americanismo e bolscevismo», presenta giàuna prima critica alla filosofia hegeliana, sia pure molto velocemente espressa.

Benché sembri trattare solo di filosofia politica, lo scritto della «Nuova Antologia» è inrealtà di più vasto respiro, e contiene in germe il personalismo e la filosofia della storiache caratterizzano la fase matura della speculazione evoliana. Per l’autore, Russia e Ame-rica non sono la traduzione in sistemi politici di due concezioni opposte del mondo edella vita, bensì sono «due forme, due poli di un pericolo che, come due branche di una unica te- naglia, cominciano a serrarsi lentamente intorno al nucleo della nostra Europa». xliv Le differenzeapparenti tra le due forme di vita e di pensiero non sono, per Evola, sostanziali: vi sono,in movimento, processi ideologici che nell’Unione Sovietica sono stati spinti più a fondoche non negli Stati Uniti, e un’analisi accurata rintraccerà nell’ideologia dominante in America certi temi coincidenti con quelli propri al bolscevismo. Ciò che nel marxismo è

fondamentale «indica la conclusione logica di processi in moto in forme molteplici nel mondo con- temporaneo e soprattutto americano». xlv 

Sono i motivi di fondo ad essere identici, in particolare l’atteggiamento nei confrontidella persona umana. Il marxismo, sia teoricamente, sia nelle sue applicazioni sovietiche,opera una disintegrazione della personalità: «Il nuovo vangelo che esso proclama, è l’uomo col- lettivo, l’uomo folla, l’elemento impersonale di un ente plurimo, titanico, poliartico, che “non hanome” come non ha capo». xlvi Si mira a «distruggere dunque a titolo d’un male, di un nucleo nega- 

 

 xli ibid., p. 77. xlii  ibid., p. 78. Si può obiettare che, semmai, avviene esattamente il contrario: l’immanenza è

una possibilità del principio trascendente. xliii ibid., p. 82. xliv  J. Evola, Americanismo e Bolscevismo, in «Nuova Antologia», LXIV, 1929, fasc. 1371, ora in I 

saggi della Nuova Antologia, Ar, Padova 1970, pp. 43-86, part. p. 44. xlv  ibidem.  xlvi ibid., p. 46.

Page 43: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 43/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 43

tivo, tutto ciò che nell’uomo può aver valore di autonomia e di individualità, tutto ciò che può co- munque costituire un interesse staccato da questa potenza subpersonale». xlvii 

L’opposizione al marxismo non è posta tanto in termini strettamente politici, quantopiuttosto rivalutando il senso classico della cultura e della personalità, il fondamento rea-le dell’etica e delle differenziazioni organiche: non si parla di individuo astratto, bensì diuomini concreti, reali, viventi e dotati ciascuno di una propria peculiarità: «L’idea che ilprogresso possa consistere in una cultura in senso classico, cioè nel compito di dignificazione, di su- peramento interno, di sviluppo dei singoli esseri, viene derisa e respinta come il più pericoloso deiveleni dell’era borghese». xlviii Ciò deriva direttamente - e la precisazione è molto interessanteper quanto riguarda la maturazione del pensiero evoliano - dalla matrice hegeliana delmarxismo: in questo, «l’idea si trasforma in “materia” ed il gioco dialettico delle opposizioni servecome principio per una spiegazione puramente meccanica di ciò rispetto a cui ogni “idealismo” èconsiderato come mera “superstruttura”». xlix 

L’altra faccia della medaglia, l’America, non presenta pericoli diversi:

Essa ha introdotto nella nostra epoca la religione della pratica, ha posto l’interesse del guada-  gno, della produzione, della realizzazione meccanica, immediata, visibile, quantitativa, al disopra di ogni altro interesse. Essa costituisce un ente titanico che ha oro per sangue, macchine

per membra, tecnica per cervello.l 

Quest’ansia di conquista materiale è stata perseguita sacrificando ad essa la persona

umana, realizzando un collettivismo di fatto sul piano spirituale: «L’antindividualismo chenella Russia sovietica ha l’aspetto della promiscuità comunista e del meccanismo misticizzato,nell’America ha invece l’aspetto della standardizzazione, del proibizionismo, del conformismo, dellamoralizzazione obbligatoria ed organizzata»,li le cui radici culturali si trovano nel protestante-simo e soprattutto nel calvinismo, cioè in quella che Evola definisce una «concezione anti- metafisica della religione». 

Si può dire che con questo scritto Evola volti completamente pagina, dissolvendo ogniequivoco iniziale. Dal 1924, anno in cui termina la stesura della «Teoria e fenomenologiadell’Individuo Assoluto», al 1929, in appena cinque anni, percorre un cammino intellettua-

le folgorante che lo porterà al di là dei ristretti orizzonti della cultura moderna, alla ri- 

 xlvii ibid., p. 47. xlviii ibid., p. 48. xlix  ibid.. pp. 52-53.l ibid., pp. 64-65.li ibid., p. 73.

Page 44: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 44/118

44 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

scoperta del senso religioso della vita, dei più nobili valori umani, dei compiti e dei de-stini che incombono all’uomo. Tutto ciò troverà posto nell’opera di Evola, il cui stile ab-

bandona i fumosi arabeschi dialettici nell’idealismo per esprimere le più difficili nozionifilosofiche, con una chiarezza e una classicità che forse sono una delle note più caratteri-stiche del pensiero post-moderno.

Page 45: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 45/118

IIIL’APPRODO ALLA TRADIZIONE

1. «LA TORRE»

Nel 1930 Evola fonda un periodico, «La Torre», che avrà una vita molto breve: di fat-to verrà soppresso dalle autorità del Regime dopo appena dieci numeri.

La rivista ha due finalità: la difesa della tradizione e la critica della cultura e della civi-lizzazione moderne. Già nel primo fascicolo Evola sottolinea l’impegno che vuole assu-mersi con il suo «foglio di espressioni varie e di tradizione una» (tale è l’indicazione che com-pare sotto il titolo della testata):

Questa rivista riunisce pochi, per i quali la negazione recisa della “civilizzazione” attuale è ilprincipio e il presupposto imprescindibile per ogni attività veramente creativa. Senza attenua- zioni e senza compromessi, noi ci contrapponiamo all’abbassamento di livello spirituale che sututti i piani gli uomini d’oggi hanno costruito a sistema. Noi reagiamo contro la perdita diogni significato superiore dell’esistenza; contro la materializzazione, la socializzazione, lastandardizzazione che tutto subisce, contro le strane contaminazioni e le nuovissime idolatrie

con cui giorno per giorno si intossica ogni fonte, si pietrifica ogni vita, si chiude ogni via.i 

Sempre nel primo fascicolo, un articolo, eloquentemente titolato «Noi antimoderni»,

sottolinea vigorosamente la qualificazione in senso tradizionale della rivista. Vi si ribadi-sce il rifiuto delle strutture sociali di tipo americano o bolscevico, e si afferma la necessi-tà, per l’uomo occidentale, di una

aderenza assoluta a significati e a visioni primordiali, quelle che agirono ancor prima che lecause della presente civilizzazione si stabilissero, [onde] costruire un polo il quale, se non im- pedirà a questo mondo di deviati di essere ciò che è, gli impedirà però di affermarel’inesistenza di ogni altro orizzonte, di glorificare se stesso, di statuire se stesso a religione, dipensare che ciò che è, è ciò che deve essere e che è bene che sia. Da qui, un punto fermo, daun tale punto, nuovi rapporti, nuove distanze, nuove consapevolezze; da tali consapevolezze,

 forse - in qualcuno - principi di crisi liberatrici.ii 

i I dieci fascicoli della rivista sono stati ripubblicati in volume come: J. Evola, La Torre, il Fal-co, Milano, 1977, la citazione alla p. 21.

ii ibid., pp. 31-32.

Page 46: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 46/118

46 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

 Va specificato che ora, come in seguito, il recupero dei valori tradizionali non equiva-le ad un tornare indietro nel tempo, proponendo, nel disprezzo del fatto storico, forme

di vita che oggi sarebbero irripetibili. Non si tratta di abbandonarsi al sogno di un ritor-no a strutture arcaiche della vita, di recuperare mere forme storiche: al contrario, si trattadi risalire direttamente a quei principi che, in tempi normali, vennero tradotti in civiliz-zazione, per trovare in essi un riferimento, uno stile di comportamento che poi è chiama-to ad agire in forma adeguata alle circostanze attuali: si tratta di principi che, pur nonavendo attualmente vigenza storica, restano, nondimeno, di perenne attualità e valore.Sta all’uomo saperli concretizzare ponendosi in continuità con la propria tradizione enon dedicandosi ad un arcaismo politico.iii 

La possibilità dell’uomo di orientare la propria vita o secondo i valori tradizionali, osecondo la deviazione moderna, induce Evola a formulare la dottrina delle due nature,che verrà ampiamente ripresa in Rivolta contro il mondo moderno. Le due nature sonol’ordine fisico e l’ordine metafisico, il divenire e l’essere, la contingenza e la stabilità.L’uomo può orientare la sua vita in conformità con l’una o con l’altra; può subire la suaesistenza passivamente, abbandonandosi ad istinti e impulsi ciechi che non passano at-traverso la mediazione della lucidità razionale e cosciente, oppure può imporre alla vita,all’ambito di ciò che è esclusivamente biologico, le ragioni di una natura superiore,un’etica austera, un controllo costante del comportamento, e delle reazioni nelle circo-stanze concrete di ogni giorno.

Evola si sforzerà di chiarire il fondamento metafisico di queste due possibilità che la

realtà stessa ci mostra presenti di fronte alla libera decisione dell’uomo. Per ora, però,egli non deduce tale condizione attraverso una speculazione razionale; al contrario, la ve-de attestata nella storia, la presenta come un fatto che, lo si voglia o meno, si è verificato.Esistono due modi diversi ed opposti di impostare la propria vita e di dare a luogo aforme di civilizzazione che hanno per fine o il semplice esistere ad ogni costo, ovvero unobiettivo che si pone oltre l’umano, che dà un senso meta-biologico all’umano, che pre-senta il modello di un ordine da realizzare anche andando contro i propri impulsi im-mediati. L’uomo partecipa insomma dell’una e dell’altra delle due nature, sapendo inti-mamente che non può restare indifferente di fronte al problema del modello da realizza-

 

iii «Fin da ora diciamo che non si tratta di ritorni, poiché il riferimento è soprattutto a certi principi e acerti interessi, che essendo al di sopra del tempo (per usare una espressione di Guénon) hanno una perma- nente attualità» (ibid.. p. 32). La concezione evoluzionista appare ora definitivamente superata. Nelsecondo fascicolo della rivista compare la prima formulazione della «legge di regressione delle ca-ste» che sarà più ampiamente trattata in Rivolta contro il mondo moderno (cfr. J. Evola, La discesa delpotere in Occidente, ibid., pp. 63-69).

Page 47: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 47/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 47

re, delle soluzioni esistenziali da dare alla sua vita. L’ordine dell’essere è quellodell’autentica spiritualità, che è il contenuto interno, essenziale, della tradizione che da

esso trae le sue radici e la sua forza. Vi sono insomma due categorie nelle quali rientrano le civilizzazioni cui l’uomo dà vi-ta nel corso della storia. Queste sono ora analizzate soltanto in una prospettiva storiogra-fica, cioè analizzando la struttura di quelle civiltà orientate e organizzate in maniera di- versa dal mondo moderno.

La società tradizionale partecipa della “regione dell’essere” e per questo si struttura informa gerarchica. Essa ha al vertice un punto di contatto con tali regioni: è la sacralità, ilnucleo religioso che informa tutta la struttura di questo mondo. Dalla base al vertice sisviluppa una struttura di tipo piramidale che, nei suoi estremi stadi, pone persone chehanno completamente raggiunto il dominio delle zone passionali, inconsce, emotive delloro essere. La struttura sacra della società è così retta da coloro che hanno effettuatoormai il transito dal contingente allo spirituale, uno spirituale che assume ora la forma diuna religione organizzata in una fede e un culto.

Questo passaggio dall’uomo al metafisico avviene attraverso l’istituto dell’iniziazione.Grazie alla prospettiva storiografica, ora Evola non confonde più l’iniziazione con un ac-crescimento quasi superomistico dell’umano, ma vede in essa l’atto con cui si realizzauna vera e propria rinascita; l’acquisizione di una condizione che, per esprimerci com-prensibilmente, anche se in maniera forse approssimativa, possiamo definire edenica. 

 A questo vertice concesso alla natura umana ci si approssima gradualmente mediante

la realizzazione sul piano esistenziale di due modelli umani che già dominano in granparte gli impulsi della natura caotica, grazie all’alta disciplina interiore: il modellodell’asceta e quello del guerriero. Essi costituiscono il secondo livello nella gerarchia dellasocietà tradizionale, e sono già un vero e proprio modello di comportamento per quanti,a un livello successivo, partecipano della tensione spirituale della società e orientano lapropria vita secondo la legge e la tradizione. L’obbedienza ai principi tradizionali, nel qua-dro di una società così strutturata, «faceva sì che la vita acquistasse virtualmente, “ritualmen- te”, un significato superiore: attraverso l’obbedienza una forza oggettiva la formava e la disponevanella direzione di quell’asse sovrannaturale, che negli altri, nei pochi, viveva allo stato di luce e di

realizzazione».iv

Dove tale schema ebbe un riscontro nell’ordinamento temporale, «si formòun transito spontaneo fra l’umano e il non-umano, una visione simbolica delle cose».v 

iv  ibid., p. 110. v  ibidem. È significativo che il concetto di iniziazione sia relativo ad una fase già compromessa:

«Una forma già condizionata dell’idea regale [= della regalità sacra] si ha quando essa non si incarna piùin esseri per natura superiori al limite umano, ma in esseri che debbono sviluppare in loro questa qualità

Page 48: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 48/118

48 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

In questo quadro, il concetto di natura riconduce sempre alla physis classica, cioè auna realtà che non si esaurisce nella materia formata. Però, a tale natura viene contrap-

posto lo spirito. Evola afferma che dello spirito si può avere esperienza, però ciò non av- viene più a seguito di una scienza spirituale, i cui caratteri costitutivi erano ricalcati sulmodello delle scienze positive: «Va avvertito, dice l’autore, che il parlare di una scienza spiri- tuale non deve trarre in equivoco per una illegittima assimilazione a quella forma di scienza laicache si confà esclusivamente alla realtà materiale».vi Si tratta invece di procedere in una disci-plina che è scienza ma soprattutto arte, è conoscenza religiosa e realizzazione interiore.

Negli Anni Trenta Evola scrive vari saggi con i quali rettifica, a volte esplicitamente, lesue precedenti posizioni. Ciò non avviene tanto su «La Torre» (sia per la breve vita dellarivista, sia per l’urgenza che in essa si avverte di affrontare nuove tematiche), quantopiuttosto sul «Diorama Filosofico». In particolare, l’autore pubblica su questa pagina di«Regime Fascista» una serrata critica dell’idealismo.

La polemica è aperta con uno scritto, «Sorpassamene del superuomo», in cui è evidenziatolo stretto rapporto tra evoluzionismo darwiniano e superomismo. Per Evola, Nietzsche eDarwin, di fatto, giungono ad identificare l’io e la vita, in maniera tale che «l’Io [...] non èun principio sovrannaturale, non è l’espressione di un’altra realtà, ma è più o meno la sensazionedella forza vitale»,vii viene a coincidere con la semplice physis. Scrive Evola che, se l’uomo èun ponte che conduce al superuomo, e dunque un momento da superare, allora «questosuperamento, questo trapasso è illusorio, se non si parte dalla premessa di due opposte nature, didue opposti mondi, e invece si continui a considerare come tutta la “vita”, la qualità unica della

“vita”, nelle sue varie forme e intensità».viii Ora, la vita non è spirito e lo spirito non è vita:piuttosto, «è lo spirito a dar forma alla “vita” e quanto nella “vita” presenta caratteri veramentesuperiori e dominatori, non trae dalla “vita” stessa la sua origine, ma è manifestazione, attraversoo per mezzo della “vita”, dello spirito, cioè di alcunché di sovrannaturale».ix 

In un altro saggio, dal titolo Superamento dell’idealismo, la critica a questa corrente filo-sofica è condensata in tre punti. Anzitutto si afferma che a fondamento di questa visione

[...] In questo contesto viene in rilievo una situazione in cui vi è distanza fra persona e funzione: a che lapersona possa incarnare la funzione occorre un’azione determinata che susciti in essa una qualità nuova.Quest’azione si può presentare come iniziazione o come investitura (consacrazione)» (J. Evola, Rivoltacontro il mondo moderno, Mediterranee, Roma 1969, p. 86).

 vi J. Evola, La Torre, cit., p. 160. vii J. Evola, Art. cit., in Diorama filosofico, cit., pp. 181-185, part. p. 182. viii ibid., p. 184.ix  ibidem. 

Page 49: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 49/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 49

filosofica vi è una mistificazione consistente nell’interpretare la storia della filosofia stessacome un processo ininterrotto e necessariamente conducente all’idealismo:

Gli idealisti hanno costruito una storia della filosofia a loro uso e consumo, obbediente aquella moderna superstizione che è l’evoluzionismo, tanto che la loro non si presenterebbe co- me una delle tante possibili posizioni filosofiche, ma come una specie di vetta finale, alla qua- 

le era preordinata tutta la storia del pensiero. x  

Di fronte a questa posizione, che era stata propria anche del giovane Evola, la primareazione e di sarcasmo, la seconda di condanna. xi In secondo luogo, «concepire l’esistenzadell’Io come qualcosa di cui si è certi attraverso una deduzione logica, attraverso un “dunque”, in- vero è un paradosso». xii L’io idealistico, fondato sul cogito cartesiano, «non è l’io reale, la viven- 

te personalità, ma l’io come astratto soggetto del pensiero». xiii Da ciò deriva, in terzo luogo, il ri-torno di una critica già presente nella Teoria dell’Individuo Assoluto: l’immanentismo, uni-ca strada che questa filosofia può percorrere, calpesta il valore della persona concreta:

Principio centrale dell’idealismo è: tutto può essere illusorio, ma è certo che io esisto e penso.Sviluppo: certo è anche che io esperimento, che percepisco queste forme, queste sensazioni, cheio “mi rappresento” come reale questa realtà. Metodo veloce per sbarazzarsi del dubbio: Chequesta realtà sia veramente reale non interessa a nessuno; limitiamoci a parlare del mondoche “per me” è reale, cioè del mondo che nulla è più che la mia esperienza e la mia rappresen- tazione del mondo. Andiamo anzi più avanti ancora: diciamo senz’altro che tale mondo è po- 

sto dall’io. xiv  

Per far ciò l’idealismo afferma che il mondo concreto è pensiero, ma «di me come “iotrascendentale” e non come “io empirico”». xv Allora, scrive Evola, per l’idealismo partecipiamodi verità, certezza e realtà, nella misura in cui ci identifichiamo con l’io trascendentale.

 x  Id., Superamento dell’idealismo, in Diorama filosofico, cit. pp. 211-220, part. p. 212. xi «Tutto questo, naturalmente, è solo uno scherzo» (ibidem): «L’idealismo, lungi dal rappresentare un si- 

stema filosofico privilegialo, trae nascita da un momento di crisi dello spirito umano» (ibidem).  xii ibid.. p. 214. Per Evola il cogito «significa concepire il pensare come ciò che sta prima, o sentirsi certi

di sé, esistenti, reali solo in quanto si pensa. Non una diretta, assoluta percezione di se starebbe al principio,ma l’astratta e in fondo impersonale facoltà del pensare» (ibidem). 

 xiii ibid.. p. 216. xiv  ibid. p. 217. xv  ibid. p. 218.

Page 50: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 50/118

50 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Ma tale io, se non vuol essere un nuovo nome per il vecchio concetto di Dio, finisce conl’essere soggetto di una creazione istintiva, legato ad una attività semicosciente:

Le leggi delle cose, quel che vedrò oltre questo muro o che udrò dalla prima persona che incon- tro, ciò che domani si manifesterà nella corrente del mondo degli uomini e delle loro passioni,

e cosi via, non si può considerarlo “posto” che in funzione di un cieco porre. xvi 

L’Assoluto, allora, si riduce ad una sorta di deificazione di una realtà sub-personale.Orbene

è proprio dal punto di vista dell’ideale spirituale della personalità e della sua dignità che sipuò affrontare l’idealismo, accusarne il pervertimento, vedervi una specie di confuso pantei- 

smo, una idolatria che non esita a vilipendere tutto ciò che può aver valore di virile au- tonomia e di aristocratica tenuta dell’anima. xvii 

Contro l’idealismo, occorre operare per la «riconquista vivente del significato e della de- stinazione sovrannaturale della personalità». xviii 

Questa «destinazione sovrannaturale» è un valore che rientra decisamente nell’ambitodel religioso: ciò che va a costituire il centro del pensiero maturo di Evola è una conce-zione religiosa della vita che ruota attorno ad una trascendenza, verso la quale l’uomorimane ontologicamente aperto:

Religione, come tutti sanno, deriva da una parola latina che significava connettere, congiun-  gere. Questa espressione, assunta nel suo senso generale, esprime la funzione stessa che la reli-  gione ha sempre avuto; attraverso la realizzazione delle sue possibilità più alte, riconnetterel’uomo ad una realtà trascendente, libera da tutto ciò che è perituro e contingente. Tale è il

significato più alto del termine tradizione. xix  

 xvi ibid.. p. 219. xvii ibidem  xviii J. Evola, L’equivoco dell’immanenza, in Diorama Filosofico, cit., pp. 276-281, part. p. 281. In

questo articolo Evola nega decisamente ogni identificazione di io empirico ed io trascendentale,accusando l’idealismo di essere una filosofia senza via d’uscita. È significativo che la critica, oltread Hegel, coinvolga anche le posizioni di Stirner, con il solipsismo dell’Unico. Cfr.: per gli ideali-sti «l’io comune è l’Io trascendentale - se no, addio teoria dell’immanenza [...] Dal fatalismo trascendentale(non io, ma l’Io Assoluto vive, pensa e vuole in me), si passa al più sfrenato soggettivismo» (p. 277).

 xix  Id., Per la ricostruzione spirituale fascista, in Diorama filosofico, cit., pp. 153-161, part. p. 157.

Page 51: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 51/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 51

2 - LA TRADIZIONE E LA TRASCENDENZA.

In primo luogo, la parola tradizione sta ad indicare il collegamento di due mondi chepossono essere tra loro solidali. In secondo luogo, la tradizione è la modalità storica concui un popolo realizza tale collegamento e Io mantiene efficace:

Il concetto sociale e storico in senso ristretto di essa, per cui quel “riconnettere” passa a riferir- si all’unità di un determinato gruppo, di una determinata stirpe, di una determinata civiltànel tempo e nello spazio, è secondario e derivato. Non vi è infatti nessuna vera unità quantoessa non abbia per presupposto un comune riferirsi dei singoli a qualcosa che li trascende: cioè

un riconnettersi, una religio nel senso superiore già detto. xx  

Scriverà, poi, in tempi più recenti: «La tradizione è, nella sua essenza, qualcosa di metasto- rico e, in pari tempo, di dinamico: è una forza generale ordinatrice in funzione di principi aventi ilcrisma di una superiore legittimità [...], forza la quale agisce lungo le generazioni». xxi Dunque,

per “civiltà tradizionale” s’intende una civiltà organica, tale che in essa tutte le attività sonoorientate in modo unitario secondo una idea centrale, e propriamente, “dall’alto e versol’alto”. “Verso l’alto” significa qualcosa di superiore a ciò che è naturalistico e semplicementeumano. Questo orientamento presuppone un insieme di principi aventi una immutata validi- tà normativa e un carattere metafisico. A tale insieme può darsi il nome di Tradizione al sin- 

 golare. xxii 

Il punto di riferimento cade dunque nelle regioni della trascendenza, anche se Evolanon pone una frattura incolmabile tra esse e il mondo terreno. In condizioni normali, sistabilisce invero una continuità senza soluzione. Di fronte a questa superiore unità, ledifferenze storiche tra le varie tradizioni sono forme esteriori cui l’uomo dà vita nella sto-ria proprio nel suo tentativo di riconnettersi al mondo metafisico. Ciò che cambia neldivenire, attraverso la storia, non è la validità dei principi di riferimento ma il modo dicollegarsi ad essi, di assumersi come fondamento della vita personale e sociale, il grado dicomprensione e di aderenza delle strutture della vita ai principi normativi. Inoltre, per

Evola, questo mutamento legato alla storia, va messo in relazione con l’idea, essa stessa

 xx  ibidem.  xxi J. Evola, Citazioni, antologia a cura di G. Conti, Volpe, Roma 1972, p. 26. xxii Intervista a «L’Italiano», ora in Omaggio a J. Evola, cit., pp. 142-148, part. p. 142.

Page 52: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 52/118

52 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

tradizionale di un «progressivo decadere dell’uomo da un alto livello di spiritualità in cui origi- nariamente si trovava». xxiii 

Nelle condizioni primordiali, «il principio della personalità appare in naturale, diretta con- nessione con il principio supermondano». xxiv A questa condizione va riferito l’insegnamentodell’identità che la tradizione induista pone tra l’io, atmâ, e l’Incondizionato, brâhman, esempre a tale condizione corrisponde una religione che si esaurisce nel rito, nel contatto,anche con tratti di dominio, con potenze spirituali (dèi), che non sono l’Incondizionato,ma aspetti della manifestazione.

La progressiva fisicizzazione dell’io e del senso della personalità, comporta una modi-ficazione della prospettiva, che si può rintracciare, storicamente nel buddhismo. Qui, «siè già al punto in cui, per un primo ottenebramento, nell’uomo la spiritualità non è più “naturale”,non è più coscienza immediata, ma già scopo, conquista proposta non a tutti, ma ai “nobili”». xxv Lareligio coincide allora con una dottrina del risveglio, mirante a propiziare la riconquista diquella condizione originaria che appare perduta. Successivamente, in una fase più spintadella decadenza, il problema della riconnessione si presenta in forme drammatiche, datala distanza che separa l’uomo dal suo stato originale. Ai limiti massimi della decadenza,la riconnessione non può attuarsi altrimenti che per mezzo di un dualismo teologico, sulquale si fondano

principi che, come quelli dell’umiltà, della charitas, del superamento dell’orgoglio, ecc., miranoa prostrare e spezzare, o almeno addolcire, la violenta, fisicizzata sensazione dell’io, fino a

propiziarne la rinascita (di rinascita si parla ora, non più di risveglio) divenuta un “mistero”;ecco infine che per proteggere la sua superiore validità contro le fallaci evidenze della ragioneumana, l’insegnamento tradizionale viene ad assumere forma dogmatica, e all’uomo si chiede

la fede. xxvi 

E facile intuire che in ciò Evola vede il carattere e la funzione specifica del cristiane-simo, in particolare della sua forma cattolica, che nel mondo occidentale «è dunquel’ultima tra le forme che ancora conservino un carattere tradizionale, portando ad un limite le pos- sibilità di adattazione del principio tradizionale ad una età oscura ed “umanizzata”». xxvii 

 xxiii Id., Per la ricostruzione spirituale fascista, cit., p. 157. xxiv  ibid., p. 158. xxv  ibid., p. 159. xxvi ibid., pp. 159-160. xxvii ibid., p. 159.

Page 53: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 53/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 53

3 - LA RIVOLTA CONTRO IL MONDO MODERNO.

L’opera più impegnativa e ambiziosa scritta da Evola negli Anni Trenta è Rivolta controil mondo moderno, la cui tesi centrale è

l’idea della natura decadente del mondo moderno. Suo scopo è dare evidenza a tale idea, me- diante il riferimento allo spirito della civiltà universale, sulle rovine della quale è sorto tuttoquel che è moderno: ciò come basi di ogni altra possibilità, e come legittimazione categoria diuna rivolta, perché solo allora apparirà chiaro non solo ciò contro cui si reagisce, ma anche,

e prima di tutto, ciò in nome di cui si reagisce. xxviii 

 xxviii Id., Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 7. Il fascino di quest’opera di Evola è riflesso di-rettamente nelle recensioni e nei pochi scritti che si occupano di essa. Per il Bronzini essa è «operadi pensatore e di artista insieme» nella quale si contiene uno «spietato atto di accusa contro il tempo no- stro» (Giuseppe Bronzini, rec. di Rivolta contro il mondo moderno, in «L’Italia che Scrive», XVII,1934, p. 112, ora in Omaggio a J. Evola. cit. pp. 68-70). Rilievi vengono mossi all’interpretazionedel cattolicesimo fornita da Evola: «Dove non possiamo convenire con l’Evola è nell’annoverarsi fra que- ste cause dissolutrici della realtà soprannaturale anche il cattolicesimo, giacché è nostra ferma convinzione

che esso ha rappresentato una forza la quale, col declinare dell’Impero Romano, ha salvalo dal naufragio, edinverato in una più alta e piena significazione gli elementi caratteristici del mondo tradizionale, ed ancheoggi, nel caos della civiltà contemporanea, cerca di riagganciare l’uomo moderno, disorientato e disperso, alleorigini del trascendente» (ibidem). Dell’interpretazione del cristianesimo si occupa anche il Burzio, ilquale, preliminarmente, nega che l’opera di Evola possa essere chiusa nei ristretti ambiti dellacultura nazista. Per Burzio, il cristianesimo, soprattutto nel medioevo, realizza attraverso l’idealecavalleresco una grande sintesi di eroismo e generosità che rende falso il ricorso ad una distin-zione fra morale dei signori (non cristiana) e morale degli schiavi (cristiana). Il cristianesimo, perBurzio, supera questa antitesi, parlando in nuovo ideale umano. La positività di questa azione,anche in relazione ai problemi dell’uomo moderno, sarebbe sfuggita all’analisi di Evola (cfr. Fi-lippo Burzio, Uomini, paesi, idee, Bompiani, Milano 1937, pp. 247-253). Un altro tema che colpi-sce in Rivolta contro il mondo moderno è la metodologia seguita. Scrive ad esempio il Rossi di Lau-riano (il riferimento specifico è al Mistero del Graal, ma può essere esteso anche a Rivolta, datal’identità metodologica) che l’interpretazione di miti e leggende come espressione di un contenu-to super-razionale costituisce una via che «ci conduce fino all’aspetto più essenziale di un’epoca e ci fascoprire il senso vero delle influenze che vi hanno agito» (Carlo Rossi di Lauriano, rec. di Il mistero delGraal, in «Bibliografia Fascista», XII, 1937, pp. 852-857, part. p. 853. Lo stesso autore ha recensi-to Rivolta su «Rassegna Italiana», XVIII, 1935, pp. 64-65. Su Rivolta cfr. anche G. Glaesser, recen-sione, in «Bibliografia Fascista» IX, 1934, pp. 288-292).

Page 54: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 54/118

54 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Già in sede introduttiva viene attaccata la concezione moderna del progresso insiemealla conseguente « fisima» di considerare il mondo attuale come il migliore dei mondi pos-

sibili e la più perfetta civiltà che abbia visto la luce della storia:

Bisogna saper riconoscere che la civiltà moderna non solo potrà anche scomparire come tantealtre senza lasciar traccia, ma che essa appartiene al tipo di quelle la cui scomparsa, al paridella cui vita effimera, rispetto all’ordine delle “cose-che-sono” e di ogni civiltà aderente alle

“cose-che-sono”, ha un valore di mera contingenza. xxix  

Evidentemente, il rifiuto dell’idea di progresso non implica che si debba tornare in-dietro, cosa praticamente impossibile. La rivolta proposta non è un tentativo di ricostrui-re un edificio già distrutto. Semplicemente, si afferma che, nel l’agire storico, non è detto

che si debba sempre procedere nella direzione indicata dal progressismo: altri punti diriferimento, altri ideali possono essere tenuti presenti e, infine, si può camminare se-guendo una strada che porta ad altre mete. L’espressione “mondo tradizionale”, comeEvola la definisce, indicando l’insieme dei principi normativi che costituiscono la Tra-dizione, diviene il nome di una categoria metastorica, di un modello che si può tentaredi realizzare in forma adatta alle circostanze, e al quale fa da contraltare il “mondo mo-derno”, anch’esso categoria metastorica, attuata ogni qual volta il riferimento ai principinormativi viene meno.

Queste due categorie corrispondono al dualismo di essere e divenire, che si è già visto,

ed è relativo a due opposti tipi umani. Tra di esse vi è una frattura incolmabile, la quale,«oltre e più che storica, è ideale: morfologica e perfino metafisica». xxx 

È di particolare interesse il metodo con cui Evola indaga ed espone le sue vedute. In-fatti queste non sono semplicemente dedotte razionalmente da un certo numero di pre-supposti. Siccome il modello metafisico della tradizione è stato attuato nella storia, egli va a ricercare nelle testimonianze e nei documenti in nostro possesso l’applicazione deiprincipi normativi per poter parlare di tradizione in maniera quanto mai concreta, cioèsulla scorta di una indagine storiografica e fenomenologica. In questo modo perviene adimportanti risultati anche in relazione all’esperienza dell’essere nel mondo che ca-

ratterizza l’uomo tradizionale e quello moderno.L’opposizione tra tempi storici e tempi protostorici, o mitologici, non è, per Evola, re-lativa, cioè propria a due parti omogenee di uno stesso tempo, bensì è «qualitativa, sostan- ziale: è opposizione fra tempi (esperienze del tempo) che effettivamente non sono della stessa spe- 

 

 xxix  J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 8. xxx  ibidem. 

Page 55: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 55/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 55

cie». xxxi Questa esperienza della temporalità viene approfondita anche in relazione ai pre-supposti impliciti nella gnoseologia idealista. Dall’affermazione della progressiva deca-

denza, man mano che ci si inoltra nella storia, Evola trae infatti nuovi spunti per la criti-ca all’idealismo, sostenendo che, se è vero che il mondo è una rappresentazione dell’io, èpur vero che tale rappresentazione è condizionata dal modo in cui l’io esperimenta cate-gorie quali il tempo, lo spazio, la causalità. Orbene, è arbitrario ritenere che questo modosi mantenga costantemente identico:

L’errore della cosiddetta gnoseologia (teoria della conoscenza) a partire da Kant è di supporreche queste forme fondamentali dell’esperienza siano state sempre le stesse, e propriamentequelle familiari all’uomo ultimo. Invece, anche a tale riguardo si può constatare una trasfor- 

mazione profonda, conforme al processo generale involutivo. xxxii 

Per l’uomo moderno, il tempo è semplicemente un ordine irreversibile di eventi suc-cessivi; i contenuti del tempo sono come portati da una corrente continua che non tornaindietro, e in cui ogni istante è diverso da tutti gli altri. Invece, le fonti storiche permet-tono di ricostruire una diversa percezione del tempo propria alle civiltà tradizionali. Qui,esso «si frattura in cicli, in periodi, ciascun momento dei quali ha un significato, epperò un suovalore specifico rispetto a tutti gli altri». xxxiii Questi significati, a differenza dei momenti storicidel tempo modernamente inteso, ritornano ciclicamente, riflettendo un cosmo organiz-zato, un ritmo i cui momenti principali, periodicamente ripetuti, sono scanditi da feste,

riti, celebrazioni, ricorrenze di ogni genere, aventi lo scopo di ridestare e far percepireall’uomo, attraverso la realtà, un complesso di significati profondi, metafisici, adombratinel reale stesso. Tutto, nella realtà, viene trasfigurato in funzione della trascendenza, matale trasfigurazione non rappresenta il risultato di un’operazione intellettuale, quasi stu-diata a tavolino, bensì si afferma naturalmente, spontaneamente proprio a seguito dellaconcezione del mondo tradizionale, dell’aderenza, in un certo senso naturale, a determi-nati principi normativi. La ripetizione continua di archetipi mitici, l’ansia del ritorno alleorigini per rinnovarsi, sono come un cosmico rituale attraverso il quale la vita della sin-gola persona finisce con il consacrarsi e rivolgersi verso il mondo celeste: sono insomma

religio: «Il mondo tradizionale anche sotto questo riguardo agì nel senso di una liberazione, di unatrasfigurazione; fermò la fluenza confusa delle acque; vi creò quella trasparenza attraverso la cor- 

 

 xxxi ibid., p. 9. xxxii ibid., p. 182. xxxiii ibid., p. 183.

Page 56: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 56/118

56 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

rente del divenire, che permette la visione dell’immobile profondità»; xxxiv  creò una «sensazione so- vratemporale della temporalità». xxxv 

 A questa diversa esperienza era collegato anche un diverso significato della natura.Nella realtà, tradizionalmente concepita, «l’invisibile vi figurava come un elemento altrettantoreale, e persino più reale, dei dati dei sensi fisici. Ed ogni modo della vita, sia individuale sia collet- tiva, ne teneva conto». xxxvi Però questo invisibile non era identificato con il sovrannatura-le: xxxvii era infatti chiaro che la natura dell’invisibile rientrava nel mondo manifestato e,accanto a forze e realtà che agivano in senso traente verso l’alto, altre forze e realtà agiva-no, in senso demoniaco, causando una distruzione della personalità, qualora ci si fosseaperti ad esse. Mondo celeste e mondo infero, cioè regione dell’essere e del divenire, so-no entrambi aperti per l’uomo arcaico, ma la tensione che anima il mondo tradizionale èrivolta solo verso l’una delle due zone, quella celeste e divina. Verso di essa è orientatotutto lo sforzo di avvicinamento che consiste nel «darsi una forma, nell’avere in sé il principiodi una vita non più dispersa, non più abbattentesi qua e là in cerca di altro o di altri per comple- tarsi». xxxviii Questa preminenza dell’essere sul demoniaco permette ad Evola di sottrarsi aduna caduta nel manicheismo, anche se, come vedremo più avanti, nella dottrina evoliananon si dà una vera e propria motivazione filosofica della legittimità della scelta religiosa edella illegittimità di una vita condotta nel semplice abbandono ai propri istinti. Si trattadi un punto debole e dolente, che Evola avverte con chiarezza, e che costituisce un pro-blema costantemente presente nella sua riflessione: egli cercherà, anche attraverso unametafisica, di dare una ragione di ciò che, in Rivolta, ha un fondamento storiografico.

La complessa e non riassumibile articolazione di «Rivolta contro il mondo moderno» pre-senta le condizioni di una società conforme all’ordinamento tradizionale. Essa culminanella figura del pontifex, colui che è un ponte, un tramite con l’aldilà, il centro spiritualeattorno a cui tutta la società si organizza, la vera base dell’autorità: «Alla radice di ogni pote- re temporale stava così l’autorità spirituale, quasi da “natura divina sotto specie umana”», xxxix  se-condo il senso del mito che vuole i re di origine divina o che, per analogia, assimila il restesso alla divinità. In una società poggiante sull’essere, il sacro è percepito come presen-za reale di qualcosa che, tuttavia, non è il mondo e non si esaurisce nel mondo: si trova

 xxxiv  ibid., p. 184. xxxv  ibid., p. 9. xxxvi ibid., p. 20. xxxvii ibidem.  xxxviii ibid., p. 21. xxxix  ibid., p. 24.

Page 57: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 57/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 57

nel mondo pur appartenendo ad un ordine diverso, è una «trascendenza immanente», xl espressa simbolicamente dall’associazione della luce e delle immagini solari alla regalità

quale «forza spirituale irradiante dal sovramondo». xli

 Naturalmente, in questa concezione, l’autorità non si trova ad essere sempre e co-munque legittimata per il fatto di poter rivendicare un carattere divino. Al contrario,questo carattere divino, o comunque religioso, costituisce un limite per l’autorità, inquanto richiede a chi ne è investito un comportamento strettamente morale, una con-dotta di vita quanto mai attenta alla conformità con quella sacralità che deve essereespressa. Se ciò non si verifica, la regalità decade dalla persona che indegnamente la pos-sedeva:

Nei ceppi nordici, sino al tempo dei Goti, pur restando fermo il principio della sacralità regale

[...] un evento infausto valeva non tanto come assenza del mistico potere di “fortuna” intro- nato nel re, quanto invece effetto di qualcosa che egli, come individuo mortale, doveva aver commesso e che ne aveva paralizzata l’efficacia oggettiva. Per essere egli venuto meno alla vir- tù [...] la gloria, la mistica virtù efficace, avrebbe ad esempio, secondo la tradizione, abban- 

donato l’antico re iranico Yima. xlii 

Parimenti fondata sull’ordine trascendente è, nel mondo tradizionale, la legge:

Che si potesse parlare di leggi ed esigere l’osservanza ad esse quando fossero di origine pura- 

mente umana - individuale o collettiva - ciò era all’uomo tradizionale cosa affatto ignota, an- zi assurda. Ogni legge, per poter valere oggettivamente come tale, doveva avere un carattere

divino». xliii 

Legge, infatti, è sinonimo di verità, di realtà, di conformità all’ordine dell’essere. Ciòche viene definito utilità della legge, nel mondo tradizionale non rappresentava il fine,ma la logica conseguenza della sua conformità al reale.

Data, dunque, l’origine metafisica della legge, o comunque il suo fondamento su valo-ri spirituali, attraverso l’obbedienza ad essa si realizza la partecipazione dei piùall’influenza trascendente che costituisce l’asse portante della società tradizionale. Questa

partecipazione è rafforzata ulteriormente dal senso della fedeltà e dal rito. I riti, infatti,

 xl ibidem.  xli ibid., p. 25. xlii ibid., pp. 29-30. xliii ibid., p. 40.

Page 58: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 58/118

58 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

furono intesi come «canali attraverso cui si possono cogliere le vie del cielo», xliv secondo unasuggestiva immagine estremo-orientale: «Non vi era atto, nell’antica vita tradizionale, sia indi- 

viduale che collettiva, cui non si connettesse un elemento rituale determinato, come suo sostegno e guida dall’alto e come elemento trasfigurante». xlv Il rito rinnova il contatto del mondo contin-gente con l’essere, e accanto ad un elemento naturalistico (il solo che Evola avesse coltodurante la fase idealistica della sua speculazione), legato al contatto con potenze invisibi-li, ma non spirituali, legate al sangue, alla stirpe, alla forza vitale, vi è in esso la possibilitàdi operare sulla realtà mutevole, trasformandola «secondo l’aspetto sovrannaturale e di “for- ma” in dominio sul caos». xlvi Da ciò derivò il concepire l’intera vita esteriore come rito tra-sfigurante, approssimazione al sovramondo, insomma: liberazione dal mondo.

Sulla scorta di tali principi, riportati qui in estrema sintesi, Rivolta contro il mondo mo- derno presenta i più vari aspetti delle civiltà tradizionali: il ruolo delle caste, la cavalleria,la partecipazione dei singoli alla vita della società, le arti, i ludi, la guerra, ecc., con riferi-mento ad un materiale storiografico vasto e difficilmente sintetizzabile. Tra le fonti a cuiEvola ricorre, particolare importanza è assunta dal patrimonio mitico, giacché Evola, inlinea con le più importanti correnti dell’etnologia contemporanea, vede nel mitol’espressione, attraverso un linguaggio particolare, di contenuti difficilmente formulabiliattraverso un discorso strettamente razionale. Il mito non è una fantasia, ma si serve dellafantasia, perché questa, rettamente usata, permette di conoscere il mondo secondo unaparticolare prospettiva simbolica. Il processo storico mediante il quale si organizzano i vari cicli mitologici obbedisce ad un impulso profondo dell’uomo e ad una analisi co-

stantemente lucida della realtà: «Ogni mitologia tradizionale sorge da un processo necessario ri- spetto alla coscienza individuale, l’origine del quale risiede in rapporti reali [...] con la soprarealtà,rapporti che la fantasia drammatizza variamente». xlvii 

4 - DALLA RIVOLTA AL PROBLEMA ESISTENZIALE.

La prima parte di Rivolta contro il mondo moderno è di carattere morfologico e tipologi-

co. Attraverso un’analisi comparata delle civiltà tradizionali storiche, mira a rintracciare icaratteri fondamentali non di questa o quella particolare forma storica della tradizione,

 xliv  ibid., p. 50. xlv  ibidem.  xlvi ibid., p. 53. xlvii ibid., p. 192.

Page 59: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 59/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 59

bensì della civiltà tradizionale per eccellenza: un modello metafisico, una categoria meta-storica, che le tradizioni storiche attualizzano ed interpretano in forma adeguata alle cir-

costanze. Nella seconda parte, invece, il problema consiste nel comprendere attraversoquale processo storico e quali cause l’uomo sia passato da una condizione originaria - nel-la quale l’adesione al modello metastorico, tradizionale, era totale - alle condizioni attualiche si possono caratterizzare come del tutto antitradizionali, almeno in tesi. Va, insom-ma, delineata una filosofia della storia, che Evola affronta, ancora, a partire dai dati chela storia stessa fornisce.

 Anzitutto, egli sottopone ad una serrata critica la teoria evoluzionistica, accusandolaproprio di prescindere dai risultati dell’indagine storiografica. A questa teoria, anzi, con-trappone un’idea opposta, formulata già dal pensiero tradizionale, secondo la quale vi è,in campo morale e spirituale, una progressiva decadenza dell’uomo, man mano che ci siallontana da una età di elevata spiritualità. È la nota dottrina delle quattro età, attraversola quale viene formulata l’idea di una perfezione originaria dell’umanità:

Sostenere, come tradizionalmente si deve sostenere, che alle origini sia esistito non l’uomoanimalesco delle caverne, ma un “più che uomo”, è che già la più alta preistoria abbia vedutonon pure una civiltà, ma anzi un’“era degli dèi” -per molti, che in un modo o nell’altro credo- no alla buona novella del darvinismo, significa fare pura “mitologia”. Tuttavia, siccome que- sta mitologia non siamo noi ad inventarla ora, così resterebbe da spiegare il fatto della suaesistenza, il fatto cioè che nelle testimonianze più remote dei miti e degli scritti dell’antichità

non si trovi nessun ricordo che conforti l’evoluzionismo.

 xlviii

 

La nozione di un’età aurea primordiale, intesa come aderenza assoluta e naturale a ciòche si è chiamato mondo della tradizione, è infatti universalmente attestata.

 Attraverso lo studio delle mitologie e di fonti storiche. Evola ricostruisce il camminoche porta l’umanità dalla prima, aurea, era. fino ai giorni ultimi del nostro tempo.

L’analisi dettagliata di questo processo richiederebbe uno studio a parte, ma ai finidella nostra indagine, legata soprattutto ai problemi della persona, della società e delleconcezioni religiose nel pensiero di Evola, è estremamente più importante il punto finalenel quale l’uomo si viene a trovare. Il processo di decadenza, infatti, conduce al mondomoderno nelle sue forme ultime e più spinte, che sembrano svolgere in modo inarresta-bile un’azione disgregatrice nei confronti della persona umana, secondo quanto Evolaaveva già scritto in Americanismo e bolscevismo. Si tratta di un processo che, per la sua na-tura, non conduce ad una conclusione, ma pone un problema grave da affrontare neces-

 

 xlviii ibid., p. 223.

Page 60: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 60/118

60 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

sariamente. Partito dal mondo autenticamente reale, normale, della tradizione, l’uomo sitrova ora immerso in una realtà inautentica, sentita come nemica ed oppressiva, fru-

strante. Che cosa deve fare, allora? Come può l’uomo d’oggi vivere conformemente aiprincipi tradizionali, una volta che abbia saputo riconoscerli? La risposta a queste do-mande, a partire dagli ultimi capitoli dell’opera, costituisce il secondo dei grandi temi af-frontati da Evola nella sistemazione del suo pensiero, fermo restando che il primo è rap-presentato dalla necessità di un inquadramento metafisico (al momento assente) di tuttoquanto egli sta traendo dall’indagine storiografica sulla tradizione.

Per Evola, non è realistico ipotizzare un ritorno globale della società a condizioninormali di esistenza e, dal suo punto di vista, in questo libro, ritiene che neanche il cat-tolicesimo possa rappresentare una forza in grado di offrire appigli per una vera e radica-le inversione dei processi storici in corso:

Troppo forte, ormai, è nel mondo moderno la tendenza a concepire in termini soltanto mate- riali e puramente umani la personalità, l’azione e l’autonomia, perché ogni dottrina rifacente- si al senso e al diritto originario che tutto ciò poteva avere presso a riferimenti trascendenti,tradizionali, non venga immediatamente ricondotta a quegli stessi termini, sì da trasmutare,

invece che il profano nel sacro, il sacro nel profano. xlix  

L’uomo moderno si trova a vivere in una condizione esistenziale tragica: è come rac-chiuso in una prigione dalla quale non può uscire, «perché è di quelle che non hanno mura.

Non è facile risollevarsi quando non esista alcun punto che tenga fermo al momento di appoggiar- visi per la spinta».l È infatti chiaro, afferma Evola, che l’Occidente sta abbandonando ogniriferimento a principi spirituali, e l’ultimo atto di questa scelta distruttiva è il rifiutodell’influenza effettiva esercitata dal cristianesimo e dal cattolicesimo. D’altra parte, ri-mane illecito accettare ciò che, nell’ottica tradizionale, è inaccettabile, poiché la situazio-ne di fatto non può diventare automaticamente una situazione di diritto. Se nessunaazione efficace appare possibile sul piano globale, nondimeno resta aperta la strada peragire sul piano personale, per impegnarsi nel restare in piedi mantenendo la propria ade-sione a principi normativi. Questo compito, afferma Evola amaramente, non può riguar-

dare che una minoranza, date le condizioni attuali, ma è evidente che la quantitàdell’adesione alla tradizione è un fatto puramente contingente.In sostanza, si pone il problema di mantenere, nonostante tutto, una presenza, sia per

obbedire ad una propria intima necessità, sia per orientare quanti provano un bisogno

 xlix  ibid., p. 439.l ibid.. p. 440.

Page 61: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 61/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 61

confuso, ma reale, di liberazione, per metterli al riparo dai pericoli insiti nell’accettazionedella visione moderna del mondo, sia per difendere, caduta ogni barriera esteriore, il

proprio mondo interiore, passando ad una «difesa interna».Una conclusione di questo tono potrebbe sembrare, ad una prima analisi, alquantodisperata. In realtà, la necessità di questa tenuta interiore, di questa lotta combattuta an-che solo per salvare se stessi, non deriva da considerazioni di ordine umano, terreno,magari politico. Si tratta, invece, di obbedire ad un compito morale, di situarsi nella pro-spettiva religiosa che non fa esaurire la vita ed ogni significato dell’esistenza nell’ambitoterreno. Mantenere la propria fedeltà alla verità e rifiutare la falsità del mondo antitradi-zionale significa operare per conquistare ciò che all’uomo è destinato, ciò che gli spettanella vita eterna:

In un antico testo di ascesi è detto che se agli inizi poté essere realizzata la legge dall’alto, co- loro che vennero dopo poterono solo la metà di quel che era stato fatto e, nei tempi ultimi, benpoco potrà essere realizzato in opere, ma per gli uomini di questi tempi sorgerà la grande ten- tazione, e coloro che in tali tempi vi resisteranno saranno più grandi degli uomini di un tem- 

po, ricchi di opere.li 

 Anche in questo tempo l’uomo della tradizione ha un compito che gli è assegnato:«Render ben visibili i valori della verità, della realtà e della Tradizione a chi, oggi, non vuole ilquesto e confusamente cerca l’altro, significa dare sostegni a che non in tutti, la grande tentazione

prevalga, là dove la materia sembra essere ormai più forte dello spirito».lii

 Così Rivolta conclude rispondendo con la proposta di una grande sfida al nemico raf-figurato nella suggestiva immagine della grande tentazione: «Se l’età ultima [...] è un’età diterribili distruzioni, coloro che vi appaiono e malgrado tutto vi si tengono in piedi possono con- seguire frutti non facilmente accessibili agli uomini di altre età». liii Come, praticamente, saràpossibile restare in piedi? Questo è il problema che Rivolta contro il mondo moderno apre:Evola si rivolge allo studio dell’esistenza. Occorre però precisare che non si apre una faseesistenzialista nella filosofia di Evola: questi non si interroga relativamente al senso della vita o alla natura dell’uomo, al significato, in generale dell’esistenza. Anziché il perché del

 vivere, Evola cerca ilmodo

in cui un uomo, già qualificatosi come legato alla visione tradi-zionale, può vivere in un mondo organizzato secondo presupposti totalmente antitradi-zionali.

li ibid., p. 442.lii ibidem. liii ibid., p. 444.

Page 62: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 62/118

62 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Questo campo di indagine rappresenta però un aspetto della problematica che il no-stro autore si spinge ad affrontare. L’altro è dato da problemi di natura metafisica. Come

si ricorderà, alla definizione di un mondo tradizionale e di un antitetico mondo moder-no - ovvero di una natura dell’essere e una natura del divenire - Evola è pervenuto attra- verso una indagine quasi esclusivamente rivolta alla storia. Tutta la morfologia della so-cietà tradizionale presentata in Rivolta contro il mondo moderno è derivata dalle testimo-nianze storiche che le civiltà del passato ci hanno lasciato. Di questo duplice modo di es-sere, dell’esistenza di queste due categorie metastoriche è però necessario dare una giusti-ficazione, che non può essere desunta dalla storia: sia l’un modello che l’altro si situanofuori dalla storia stessa, essendo possibilità che l’uomo può evidentemente attuare nelsuo agire. Cercheremo di delineare il quadro metafisico nel quale Evola pone le sue ri-flessioni sulla storia, sull’uomo e sulla società, per poi delineare le soluzioni ai problemidell’esistenza nel mondo attuale.

Page 63: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 63/118

IV METAFISICA E TRADIZIONE

Prima di analizzare la metafisica di Evola bisogna richiamare la teoria, opposta alle ve-dute evoluzionistiche, di una progressiva decadenza dell’uomo in conseguenza di una ca-duta iniziale, alla quale si lega l’origine stessa della teoria, della percezione del tempo edello spazio che in seguito è divenuta predominante. Questa caduta, paragonabile allaperdita del Paradiso terrestre, muta la realtà stessa dell’uomo, giacché comporta la perdi-ta di certe qualità che, con terminologia cattolica, si possono dire preternaturali. Laddo- ve il cattolicesimo tende a sottolineare che non tutti i doni preternaturali sono andatiperduti con il peccato originale, Evola accentua invece gli effetti della frattura iniziale, al

punto che, come afferma, esistono principi e formulazioni dottrinarie ormai non piùevidenti per l’uomo dei tempi ultimi, e dunque difficilmente comprensibili, a differenzadi ciò che avveniva originariamente, quando, ad esempio, l’identità tra atmâ e brahmannon poneva problemi di comprensione. In conseguenza di ciò, per Evola, la formulazio-ne di una metafisica deve risolvere un problema preliminare, contingente forse, ma ine-liminabile: come far percepire all’uomo moderno certe verità che non risultano diretta-mente alla sua esperienza di vita? Come fare in modo che la formulazione di certi princi-pi non si limiti soltanto a mettere insieme delle parole dal significato astratto, ridotto alpuro ambito concettuale? La difficoltà intrinseca al pensiero di Evola è l’impossibilità di

una metafisica che sia limitata ad un discorso razionale, poiché tale discorso non può es-sere pienamente compreso dall’umanità attuale, in un certo senso mutilata.L’unica via per risolvere la difficoltà consiste nel prendere come fondamento della

speculazione metafisica non tanto un insieme di concetti necessitanti una dimostrazionerazionale previa, quanto piuttosto un’esperienza relativamente familiare anche all’uomomoderno, dalla quale risulti, per via diretta, la nostra incapacità di dominare gli eventi ela natura stessa. Occorre porre l’uomo di fronte a qualcosa che, sperimentabile e innega-bile, non può essere ricondotto a realtà scientificamente misurate e controllate: occorreuna forza che, nel mondo fisico, si manifesti come aspetto di una realtà metafisica da defi-nire. Questa forza esiste, Evola la individua, e su di essa fonda la sua indagine metafisica,che viene trascritta in un libro tra i più discussi e violentemente rifiutati di Evola: si trat-ta del sesso, tema centrale di Metafisica del sesso, opera (come indica il titolo stesso) di me-tafisica e non di sessualità.

Page 64: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 64/118

64 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

1 - LA METAFISICA DEL SESSO.

La nostra interpretazione della Metafisica del sesso, ora accennata, ha un fondamentonel testo. L’opera si apre con una lunga introduzione che ha uno scopo dichiarato: di-mostrare che il sesso è una realtà irriducibile ad ogni spiegazione scientifica, psicanalitica,deterministica e simili, per cercarne poi il significato: «Giunti a riconoscere nell’eros un fattoelementale e irriducibile, è da cercarsi il significalo di questo fatto».i Questo significato è il fon-damento della metafisica di Evola.

Come in altri casi, il primo obiettivo della critica del nostro pensatore è rappresentatodall’evoluzionismo. Egli scrive, infatti, che la sessualità umana non può essere considera-ta alla stregua di un prolungamento della sessualità animale, ma al contrario, il vero pro-cesso evolutivo è incentrato fin da principio nell’uomo.ii Ora, se noi vogliamo studiare

«ciò che da un punto di vista assoluto significano sia i sessi, sia le relazioni fondate su di essi»,iii dobbiamo vedere nella realtà come oggi l’uomo vive l’esperienza della sessualità, e con-frontare tale esperienza con il modo in cui l’uomo tradizionale se ne rendeva protagoni-sta. Analizzando le fonti storiche da noi possedute, scopriamo che al dominio oggi corri-spondente al sesso si contrappone un «secondo dominio, corrispondente alle tradizioni chehanno conosciuto una sacralizzazione del sesso».iv 

C’è da dire che, nonostante il fatto che il sesso oggi venga vissuto in maniera del tuttodesacralizzata, la forza dell’eros sfugge all’uomo: anche se le condizioni nelle quali l’uomoodierno si avvicina a questa forza sono cambiate, ciò che essa è di per sé è rimasto immu-

tato; l’uomo che vive la realtà del sesso ha ancora un contatto, sia pure diverso e più ba-nale, con quella stessa forza che l’uomo tradizionale affrontava nella prospettiva del sa-cro. Così, anche nell’esperienza sessuale attualmente comune è possibile rintracciareun’eco di ciò che il sesso era in ambito tradizionale: è possibile porre dinanzi alla co-scienza dell’uomo d’oggi un’esperienza che, per quanto malridotta, è comune con quelladell’uomo tradizionale, dato che le differenze si situano soprattutto nell’intensità e nellacircostanza in cui essa si verifica. Fondandosi su questa esperienza, Evola la trasformaquasi in un ponte attraverso il quale far inoltrare anche lo sprovveduto uomo attualenell’ambito della metafisica tradizionale, il cui contenuto poggiava appunto su una espe-

rienza, o meglio su una serie di esperienze certamente molto più complesse ed articolate,delle quali non è rimasto ormai nulla. Nel vivere l’esperienza sessuale, l’uomo moderno

i J. Evola, Metafisica del sesso, Mediterranee, Roma 1969, p. 64.ii ibid.. p. 18.iii ibid., p. 5.iv  ibid.. p. 11.

Page 65: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 65/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 65

non è condizionato in maniera insormontabile dalla distanza che lo separa dal mondodella tradizione, cioè dal mondo che precedeva la sua caduta. Naturalmente, il termine

sesso, in questo ambito, va inteso nel suo significato abituale e concreto, come

quella esperienza umana che può comprendere un insieme di fattori mentali, affettivi, moralie perfino intellettuali, eccedenti il dominio biologico, ma che per centro naturale di gravità hal’unione effettiva di due esseri di sesso opposto, quale solitamente si attua nell’amplesso corpo- 

reo. v  

L’evoluzionismo, come pure il naturalismo, confondono ciò che è proprio dell’a-nimale con ciò che è proprio dell’uomo, estendendo all’uomo tutto ciò che è pura istin-tività, puro moto biologico. Si verifica qui una arbitraria astrazione dalla realtà:

Ciò che per l’uomo come uomo è da dirsi naturale non è affatto ciò a cui si applica tale ter- mine nel caso degli animali: è invece la conformità al suo tipo, al luogo che all’uomo in

quanto tale compete nella gerarchia complessiva degli esseri. vi 

Inoltre, il sesso non può esser ricondotto a supposti istinti di riproduzione: anche adammetterne l’esistenza, infatti

nello stesso caso in cui un uomo e una donna si uniscono soltanto per mettere al mondo dei

 figli, non è certo da questa idea che saranno presi nell’atto del loro congiungersi, non è certoessa che li animerà e li trasporterà nel loro amplesso. vii 

Insomma, «non vi è nessuna connessione diretta, cioè vissuta, fra amore e procreazione». viii PerEvola, il fatto primario nell’esperienza sessuale è l’«attrazione che nasce fra due esseri di sessodiverso, con tutto il mistero e la metafisica che essa implica».ix 

Si tratta, dunque, di un impulso primario, non causato da altri fattori umani, nem-meno dalla ricerca del piacere. Osserva infatti l’autore che questo piacere presenta aspetti

 v   ibid., p. 19. «L’amore più elevalo fra esseri di sesso diverso è, in un certo modo, irreale senza quellaspecie di corto circuito, la cui forza più grossolana di apparire è il climax dell’orgasmo sessuale, ma che èesso a racchiudere la dimensione trascendente, non individuale del sesso» (ibid., p. 20).

 vi ibid., p. 22. vii ibid., p. 25. viii ibid., p. 29.ix  ibid., p. 25.

Page 66: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 66/118

66 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

assai problematici ed è legato ad una interpretazione già particolare, libertina, del sesso,con la quale si è già in una fase decadente. Nell’eros, in via normale,

non vi è l’“idea” del piacere come motivo determinante, ma vi è l’impulso che, destato in datecircostanze dalla polarità sessuale in quanto tale, provoca da sé uno stato di ebbrezza fino al- 

la “crisi” del piacere. x  

L’eros 

deve essere considerato come lo stato determinato direttamente dalla polarità dei sessi, allastessa guisa che la presenza di un polo positivo e di un polo negativo determina il fenomeno

magnetico e tutto quanto ha relazione con un campo magnetico.xi 

Questa polarità non si determina tra un uomo e una donna intesi come persone fisi-che, bensì tra due principi basilari della realtà, tra due «forze» che sono espresse attraversoil simbolo della coppia uomo-donna, per il fatto stesso che agiscono nell’uomo e nelladonna. Nell’atto sessuale viviamo l’esperienza specifica dell’attrazione di una Diade meta-  fisica, attrazione che non si esaurisce in questo campo di esperienze. Per Evola, il sesso èfisicamente inspiegabile senza il ricorso ad una realtà metafisica che, nel caso specifico, simanifesta come tensione da cui scaturisce l’attrazione sessuale. In questo senso, essopermette un’esperienza corporea di una realtà superiore alla dimensione materiale, che si

manifesta non solo nella conformazione fisica, nei sessi maschile e femminile, ma soprat-tutto nella conformazione spirituale, interiore, cioè in quell’ambito precluso alla com-prensione dell’uomo odierno: «Ovunque siano attestate forme di un effettivo superamento dellacondizione umana, il sesso va concepito come un “destino”, come un fatto fondamentale della na- tura umana. Non si esiste che come uomini o come donne». xii In pochi altri stati della vita ordi-naria l’uomo esperimenta una condizione trascendentale, vive cioè un’esperienza capacedi trasportare l’io fuori della sua vita, di creare in esso una crisi, o indurvi «una forza più forte, che va a spostare il centro di se stessi di là da sé - accada pur questo, se è necessario, in modo

 x  ibid., p. 30. xi ibid., p. 37. xii ibid., p. 51. Da ciò si veda quanto sia arbitrario giudicare quest’opera in base a criteri mora-

listici che, tra l’altro, non fanno parte dell’orizzonte culturale dell’autore. Nell’essere umano varintracciata una forza irriducibile alla corporeità. Questo è il vero sesso che si manifestanell’esperienza sessuale quotidiana.

Page 67: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 67/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 67

problematico, catastrofico o distruttivo». xiii Gli eccessi che la realtà ci mostra, e che possonoarrivare anche fino all’autodistruzione, rivelano il significato ultimo dell’eros, come biso-

gno di essere, in senso assoluto.La polarità che genera l’attrazione sessuale è un aspetto particolare di una Diade me-tafisica che non deve essere identificata con la realtà ultima. Infatti essa ha sopra di sél’Unità, il principio supremo, assoluto, incondizionato, superiore ad ogni possibile com-prensione.

 A questa nozione del Principio perveniamo osservando l’universalità del rapporto,formulato nei miti e nelle tradizioni di ogni tempo e luogo, tra la polarità sessuale e laDiade metafisica, con l’esplicita subordinazione di questa all’Unità. Afferma Evola chequesta Unità non è personale - nel che riteniamo sia da rintracciare un equivoco sul ter-mine “personale”, come faremo notare. Si vuol dire che ogni attributo umano sarebberiduttivo per l’assolutezza del Principio, resterebbe inadeguato ad una sua caratterizzazio-ne. Ciò non significa tornare ad una concezione immanentista o panteista: Evola scriveche il Principio è super-personale, non può cioè essere descritto in maniera antropomor-fa: «Di là dal Dio persona vi è l’Incondizionato come una realtà superiore sia all’essere che al nonessere e ad ogni immagine specificamente religiosa (vi è chi ha parlato di un Superdio)». xiv 

Questo è il vertice di ogni metafisica, che perviene a definire i rapporti del Principiocon il mondo nei termini di una «“trascendenza immanente”, cioè della reale presenza del non- umano nell’umano». xv Si tratta di una Realtà immobile, che però domina lo sviluppodell’universo: «Immutabile, immobile, esso non agisce, non ha determinazioni [...] e tale resta an- 

che nella manifestazione, nello sviluppo dell’universo, il quale, rispetto a lui, è “rigorosamente nul- lo”, e una “modificazione” che in nessuna guisa lo altera», xvi secondo le espressioni tipiche delpensiero brahmanico, che però Evola si preoccupa di rettificare. Infatti, se il mondo fossedavvero “rigorosamente nullo”, la manifestazione resterebbe un assurdo. Ferma restandol’assoluta trascendenza e immutabilità del Principio, Evola ritiene che il monismo assolu-to, che nega il mondo, «è pregiudicato da una concezione statica del Principio. Non si vede per- ché la “manifestazione”, pel fatto che essa ovviamente non esaurisce le infinite possibilità del Prin- cipio, debba venire considerata come qualcosa di illusorio e di negativo, come una negazione». xvii 

 xiii ibid., p. 99. «Se qualcuno, per arricchirsi o farsi strada nel mondo, volesse comportarsi come l’amante fa per amore... un amico, anzi perfino un nemico, gli impedirebbe di scendere tanto in basso» (Platone,Conv., 183 a-b, cit. ibid., p. 102).

 xiv  J. Evola, L’arco e la clava, Scheiwiller, Milano 1971, p. 98. xv  ibid., p. 109. xvi ibid., pp. 185-186. xvii ibid., p. 186.

Page 68: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 68/118

68 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Infatti, per Evola, il Principio, oltre che presenza, è anche potenza, per cui diventa assur-do definire irreale quel mondo che di tale potenza è l’estrinsecazione.

 A questo punto, come si vede, Evola attribuisce al Principio potenza, libertà e volontà;dunque anche coscienza, per cui cade l’equivoco sulla sua impersonalità: se esso va «intesocome una potestas, ossia come capacità di essere incondizionatamente quel che vuole essere», xviii ciò che Evola esclude è la possibilità di dare al Principio una determinazione, una rap-presentazione in qualche modo antropomorfa, o comunque riduttiva.

La trascendenza inafferrabile si accompagna alla presenza del principio nel reale: essoè «realmente presente e agente tra le trame della realtà fenomenica», xix mediante un’immanenzarelativa. Si tratta di una «influenza sopraordinata non legata a particolari fini o intenzioni [...]che pur lasciando a cose e ad esseri la loro libertà, fa sì che l’insieme si componga di una totalitàche riflette il Grande Uno e la Perfezione». xx 

 xviii ibidem. Il concetto va chiarito in base alle citazioni che lo stesso Evola adduce. Si tratta disuperare la teologia positiva con quella negativa e quindi di cogliere l’assoluto attraverso il simbo-lo. Evola si richiama esplicitamente allo Pseudo-Dionigi, a Ireneo, Scoto Eriugena, Eckart,Ruysbroek, Taulero, ecc. (cfr. p. 195).

 xix  J. Evola, Introduzione a Lao-tze, Il libro del principio e della sua azione, Mediterranee, Roma1972, p. 18.

 xx   ibid., p. 21. Riguardo alla metafisica di Evola è da registrare un intervento del Cogni che

parte da Metafisica del sesso per fornire una interpretazione generale dell’autore. Della metafisica ilCogni rifiuta il presupposto basilare: l’esistenza di una tensione, una popolarità originaria tra idue principi indicati dal mitologhema maschio-femmina. L’argomento scelto per tale con-futazione non è dei più felici: «Se in tanti mammiferi, oltre che nell’uomo, si manifesta copiosamentel’omosessualità, non è dunque, come sembra supporre Evola, sin dai primi capitoli del libro, il fatto di natu- ra di una presunta polarità sessuale (maschio femmina) ciò che produce l’Eros. [...] La polarità dei sessi nonè, come Evola presuppone, una conditio sine qua non dell’Eros: ne è solo la condizione più favorevole»(Giulio Cogni, rec. di Metafisica del sesso, in «I problemi della Pedagogia», XIV, 1968, pp. 912-924, poi in Io sono te, Ceschina, Milano 1970, pp. 129-142. La citazione a p. 918 della re-censione). Cogni propone una critica a Evola svolta a partire da presupposti diversi da quelli del-lo stesso Evola, senza che, però, questi siano sottoposti ad analisi. Così è per la difesa che il Co-gni compie dell’evoluzionismo e per la conclusione, che non viene teoreticamente fondata, se-condo la quale in natura non si può parlare di bene e di male in assoluto. Per Cogni, l’opera diEvola mostra un «titanismo metafisico che non si appella veramente all’Unico [...] ma ad un tertiumquid» (p. 922). A questo scritto Evola rispose aspramente in un articolo pubblicato nella stessarivista in cui era apparsa la recensione (Sulla metafisica del sesso e sull’uno, in «I problemi della Pe-dagogia», XVI, 1970, pp. 381-387, poi in L’arco e la clava, Scheiwiller, Milano 1971, pp. 232-241,da cui si cita). Primariamente Evola definisce arbitrario il metodo con cui la critica è stata con-dotta, poiché in essa viene trascurata «tutta la documentazione da noi raccolta in un intero capitolo,

Page 69: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 69/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 69

2 - DALL’UNO ALLA DIADE.

L’Unità non ha dunque un significato panteista. Proprio criticando una veduta pan-teista (la concezione dell’unità della vita, tipica della teosofia), Evola scrive che la Vitanon va confusa con l’Uno, il quale è invece «l’apice integratore di un insieme ben articolato,differenziato e ordinato di forme, di un kosmos nel senso greco». xxi Ciò permette di precisareche l’Uno si trova al di fuori di ogni determinismo di tipo karmico:

In tema di karma, questa nozione va estesa a tutto ciò che esiste nel mondo manifestato,sia come mondo corporeo che come mondo psichico, morale, intellettuale e spirituale, sia allevie degli uomini che a quelle delle forze invisibili e degli “dèi”. Secondo la dottrina in parola,

tutto si forma, si trasforma o trapassa in questa guisa, in alto come in basso: per puri rapportidi causa ed effetto. xxii 

Però, questo determinismo relativo al mondo manifestato non esclude la libertà. Scri- ve Evola che «anzi la presuppone come causa prima, oltre che come un principio capace virtual- mente di produrre nuove cause, nuove serie di tendenze, di azioni e reazioni, solidali ovvero antago- nistiche rispetto a quelle già in atto». xxiii 

In sostanza, l’Uno, assolutamente libero e incondizionato, è anche il legislatore delkarma, è l’artefice delle leggi che regolano il divenire del mondo. Esso produce il mondo

attraverso due principi che l’unità contiene dentro di sé: «La creazione o manifestazione

dalle aree culturali più varie, riguardante la “Diade metafisica”» (p. 236). In secondo luogo, il Cogniparte da una indagine fenomenistica per confutare un’opera metafisica, il che è arbitrario: «Ciòche risulta in sede metafisica (o “trascendente”) non può essere fatto valere in sede fenomenologica» (p.234). Evola poi, accusa l’erotologia del Cogni e il suo pensiero in genere di panteismo e di inter-pretazione in chiave vedantina di tutto il pensiero orientale. Cogni, dunque, «scambia l’Uno meta- 

 fisico con l’Uno panteistico» (p. 298), riducendo il concetto di unità all’ambito naturalistico, ragionper cui non ammette differenze tra uomini ed animali, ed ammette l’omosessualità, la pederastiae via discorrendo. Di fronte a questa replica, il Cogni rispose a sua volta che Evola cede alla «ten- tazione accademica di separare, individuare, distinguendo i concetti e i simboli» (Giulio Cogni, Dallo yogadella potenza consapevole del distacco sidereo, allo yoga dell’amore consapevole dell’identità universale, inTestimonianze, cit., pp. 81-92, part. p. 88). In sostanza il Cogni confermava tutte le critiche di Evo-la disinteressandosene in quanto accademiche!

 xxi J. Evola, Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Mediterranee, Roma 1971, p. 88. xxii ibid., p. 78. xxiii ibidem. 

Page 70: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 70/118

70 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

universale ha luogo attraverso una duplicità di principi compresi nell’Unità suprema». xxiv Si trattaappunto di quella Diade cui già si accennava, simbolicamente indicata attraverso

l’immagine dell’Uomo e della Donna, e presente, nelle varie tradizioni culturali, anchecome formulazione filosofica: materia e forma, yin e yang , eccetera.Il principio della forma (principio maschile) è da intendersi come un

potere che determina, che suscita il principio di un moto, di uno sviluppo, di un divenire; mate- ria vuol dire la causa materiale e strumentale di ogni sviluppo, la pura, indeterminata possibilità,sostanza o potenza che, in sé priva di forma, può assumere ogni forma, che in sé è nulla ma, unavolta attivata e fecondata, può divenire tutto. xxv 

Non si tratta, ovviamente, della materia empirica, del corpo fisico. Entità misteriosa,inafferrabile, abissale, puro possibile, essa è e non è, è sostanza-potenza della “natura” in-tesa come physis, dàteron platonico, «vita dell’essere eterno, che essa, quando la manifestazione“procede” dall’Uno e prende forma, “cronifica”, vale a dire sviluppa nel tempo, nel divenire, in si- tuazioni dove i due principi sono congiunti e variamente mescolati». xxvi Essa è, secondo la termi-nologia medievale, la natura naturans, nella quale la natura naturata affonda le sue radici:

La natura, in sé, non è questa apparizione nello spazio: essa invece è colta là dove questosenso di esteriorità si attenua, attenuandosi correlativamente lo stato della coscienza lucida diveglia e subentrando stati nei quali oggettivo e soggettivo, “dentro” e “fuori” si confondono.

Qui cominciano i primi domini di un mondo “invisibile” e “psichico” che, per esser tali, noncessano di esser “natura”, anzi sono eminentemente “natura”, e per nulla “sovrannaturali- 

ta”. xxvii 

 xxiv  J. Evola, Metafisica del sesso, cit. p. 175. xxv  ibidem.  xxvi ibid., p. 176. xxvii J. Evola, Maschera e volto, cit. pp. 15-16. «In tutti i momenti di un subito pericolo, nel punto di es- 

sere investiti, o del venir meno del terreno per l’aprirsi di un crepaccio andando per un ghiacciaio, o nel toc- care inavvertitamente un carbone ardente o un oggetto elettrizzato, si manifesta una reazione istantanea,che non procede né dalla “volontà”, né dalla coscienza, né dall’Io, questo giungendo solo dopo, e a gestocompiuto, in quel momento essendo stato scavalcato da qualcosa di più profondo, di più rapido, e di più as- soluto. Nella fame, nel panico, nella brama sensuale, nello spasimo, nel terrore, si manifesta di nuovo lastessa forza» (J. Evola, La dottrina del risveglio, Scheiwiller, Milano 1973, p. 75).

Page 71: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 71/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 71

Il mondo sensibile è costituito di realtà formate secondo le infinite possibilità dicombinazione - ovvero «varie combinazioni di energie procedenti dai due principi» xxviii - tra la

materia, puro possibile, e la forma elemento dominatore e, nel caso dell’uomo, coscien-za. I due principi non sono infatti concetti astratti, ma energie, forze che costituiscono,in un certo senso, l’ossatura della realtà. Materia-forma, yang-yin, maschio-femmina, puru- sha-prakrti, riconducono sempre all’aspetto spirituale, immutabile, conscio del reale, e aquello naturale, mutevole, inconscio, vitalistico.

Questi due principi non hanno pari rango ontologico, giacché la physis è gerarchica-mente inferiore al noùs: ciò perché entrambi fanno riferimento all’Unità superiore laquale non permette che «possa venire riconosciuta un’eguale dignità». xxix Ricorrendo a molteformulazioni tradizionali e, in particolare, a Plotino, Evola afferma che il principio ma-schile della Diade «riflette» l’Uno trascendente, lo incorpora come Logos. Al contrario,del principio femminile, «in termini teologici si può dire che essa non è un principio coesistentecon Dio, ma che deriva da Dio e ha quindi una “realtà seconda”». xxx La materia, di per sé insuf-ficiente, costituisce il terreno su cui si esercita l’azione formatrice, cosciente e spiritualedel principio-forma. È chiaro che i due principi fanno riferimento a due distinti, macomplementari, aspetti dell’Uno, visto ora come illimitata possibilità di creare o manife-stare, ora come attuatore cosciente della manifestazione per mezzo della quale si genera ilmondo come “altro” dall’Uno. Nel mondo c’è il riflesso della realtà spirituale dell’Uno,del Logos, dell’intelletto, e la realtà concreta è concretizzazione della Sua possibilità.

Il principio materiale, però è pur sempre una forza, e, nell’ambito del mondo manife-

stato, esercita un’azione in senso antispirituale e antintellettuale, da intendersi soprattut-to come tendenza alla passionalità, alla ribellione, nell’uomo, di quelle tendenze che do- vrebbero essere guidate dall’intelletto e dallo spirito, e che invece conducono ad un di-sordine interiore. Per Evola, la vera spiritualità non può essere separata dalla coscienzalucida, attiva, dalla consapevolezza di sé, abbandonando la quale l’uomo viene meno allasua stessa realtà. xxxi Se le norme etiche sono il riflesso di una vita interiormente di-sciplinata, saldamente ancorata alla spiritualità, il rifiuto dell’etica nasce proprio da que-sta ribellione e abdicazione alle tendenze passionali, nasce dall’illegittima assunzione delprincipio materiale a fondamento della vita.

La possibilità di questa insubordinazione (che, in ultima analisi viene sempre ricon-dotta ad una attività dell’Uno, giacché il principio materiale è pur sempre un aspetto di

 xxviii J. Evola, La metafisica del sesso, cit., p. 181. xxix  ibid., p. 198. xxx  ibid., p. 199. xxxi J. Evola, Maschera e volto, cit., p. 18.

Page 72: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 72/118

72 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

esso) deriva dalla speciale posizione che l’uomo occupa nella gerarchia degli esseri. Cometradizionalmente è stato riconosciuto, l’uomo è come sospeso tra il sovrannaturale e la

natura inferiore, il caotico: egli, di fatto, vive in questa contraddizione, ovvero tra oppo-ste tensioni, avendo però un compito assegnato, legato a «ciò che fu anche, e nominalmenteancora è, un insegnamento cattolico: la dignità e la destinazione sovrannaturale della personaumana». xxxii Questa destinazione - come appare evidente dalla problematica evoliana relati- va all’oltretomba - non è un dato di fatto, ma un compito da realizzare.

L’uomo non appartiene alla physis, «né nel senso materialistico dell’evoluzionismo e del dar- winismo, né nel senso “spiritualistico” del panteismo e di concezioni affini». xxxiii Però, in questomondo naturale l’uomo si trova immerso, è a contatto con esso e ne risulta condizionato.Superare tale condizionamento è il senso che Evola dà alla liberazione di cui parlano letradizioni ascetiche e iniziatiche: essa si traduce in un «concetto identico a quello della com- pleta realizzazione della destinazione sovrannaturale». xxxiv 

L’opposizione che la passionalità dell’uomo presenta allo sforzo etico non si spiegasoltanto con la necessità di superare una prova per conquistare quel rango ontologicoche all’uomo compete, e che sarà conseguito in questa vita o nel post-mortem: essa è ancheil risultato della caduta primordiale, a seguito della quale l’uomo ha subito una sorta difrattura ontologica, trovandosi a dover realizzare con grandi sforzi quell’equilibrio cheprecedentemente era naturalmente stabilito. L’uomo oggi è decaduto e, per di più, si è«assuefatto ad un concetto sempre più degradato di sé», xxxv  ha ormai accettato lo spostamentodel centro del suo essere da ciò che «nell’uomo rappresenta la dimensione della trascendenza, a

ciò che è puramente umano». xxxvi Il rapporto gerarchico tra i due principi della Diade è stato,insomma, sovvertito.

3 - L’ANTROPOLOGIA.

La tematica ora affrontata ci induce ad analizzare l’antropologia che Evola, superate leteorie idealistiche, formula ricorrendo alle testimonianze tradizionali. Essa è esposta, inmodo particolare ma non esclusivo, ne «La tradizione ermetica», un saggio dedicato allo

studio dell’alchimia.

 xxxii ibid. p. 19. xxxiii ibidem xxxiv  ibid., p. 20, nota 1. xxxv  ibid., p. 147. xxxvi J. Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Mediterranee, Roma 1974, p. 9.

Page 73: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 73/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 73

Nel simbolismo alchemico, minuziosamente indagato, se il Principio è espresso come«1», la Diade che da esso deriva è rappresentato dal numero «2», mentre l’uomo viene ad

essere indicato come «3», cioè come unione inscindibile dei due principi della Diade che,in sostanza, cessano di essere ciò che ciascuno di essi è singolarmente, dando luogo, in-sieme, ad una terza realtà. Gran parte della Tradizione ermetica è dedicata all’analisidell’uomo come “ternario”.

Fondamento della dottrina ermetica è la concezione dell’En-to-pan, l’Uno-il-Tutto, laquale sembrerebbe, a prima vista, un passo indietro rispetto alle posizioni assunte riguar-do alla trascendenza. In realtà, a livello macrocosmico, il concetto di unità è da intender-si come unità della manifestazione rispetto ad un principio che si situa fuori di essa, cioèl’Uno manifestante. Fatta salva questa trascendenza, l’uomo è chiamato a concepire unanatura « vissuta come un gran corpo animato e sacro, “espressione visibile dell’invisibile”». xxxvii 

L’Uno-Tutto è rappresentato simbolicamente dal cerchio, cioè una linea avente in séprincipio e fine, e questo simbolo, nell’ermetismo, esprime contemporaneamente sial’universo, sia l’opera alchemica di trasformazione interiore. xxxviii La simultaneità dei duesignificati è possibile per l’analogia che esiste tra macrocosmo e microcosmo, e che èfondamento della dottrina ermetica. Così, anche nell’uomo possiamo distinguere ideal-mente i due principi che reggono l’universo, l’aspetto Tutto dell’Uno e l’aspetto Uno delTutto. xxxix  La specificità della natura umana è data dal fatto che in essa entrambe le forzesono presenti, a differenza delle realtà spirituali, che sono, in un certo senso, incontami-nate dalla materia, e delle realtà materiali, nelle quali è assente il principio della coscien-

za.

 xxxvii Id., La tradizione ermetica, Mediterranee, Roma 1971, p. 31. Occupandosi della Tradizioneermetica un altro pensatore di orientamento tradizionale, René Guénon, nota che il complesso didottrine comunemente indicate con il termine «alchimia» non costituisce una tradizione comple-ta, trattandosi di conoscenze di ordine cosmologico e non metafisico. Egli condivide il rapportotra l’alchimia - pratica ascetica e severa scienza iniziatica - e la spiritualità tipica delle caste guerrie-re, ma proprio per questo motivo assegna ad essa un ruolo subordinato rispetto alla pura specu-lazione metafisica, nella quale l’alchimia trova la sua adeguata cornice. Guénon sottolinea vigo-rosamente l’affermazione evoliana secondo cui non esiste alcun legame tra l’alchimia e gli alboridella scienza chimica (cfr. René Guénon, La tradition hermétiques in «Le voile d’Isis», aprile 1931,poi in Formes traditionnelles et cycies cosmiques, Gallimard, Paris 1970 (tr. it., Roma 1973), e ripor-tato in Omaggio, cit., pp. 55-62).

 xxxviii J. Evola, La tradizione ermetica, cit., p. 36. xxxix  ibid., p. 45.

Page 74: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 74/118

74 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Questa posizione fa sì che all’uomo si presenti una duplice possibilità: vivere la pro-pria natura ideale, dominando il caotico e il subumano, oppure sprofondare verso

l’incoscienza della realtà bruta:

Possibilità della “natura” di essere desiderio, abbandono a se stessa, spontaneità, identifica- zione di autofruimento - oppure possibilità di dire no a se stessa, di affermarsi come ciò chereagisce contro se stesso, che domina e trascende se stesso, sì da far nascere la distinzione fracolui che domina (il “maschio”, l’attivo) e colui che è dominato (il “femminile”, il passivo), so- lo nel quale sussiste l’antica natura caotica - tali sono, sub specie interioritatis, i due poliche con la separazione si sciolgono l’uno dall’altro. Si può dire che nell’Uno-il-Tutto, l’Uno eil Tutto ora si costituiscono come due principi distinti. L’Uno si determina nel suo significatodi un centro che si manifesta in seno al caos (il Tutto) e vi si afferma come un principio di

 fissità incorruttibile. xl

 

Questa citazione, che descrive una fase del processo alchemico, descrive sia la struttu-ra intima che costituisce l’uomo, sia il compito che ad esso è assegnato e che costituiscela Grande Opera: rompere quell’unità costituita dai due principi della Diade e ricosti-tuirla, però invertendo l’attuale ordine gerarchico: non più la passionalità che dominasulla spiritualità, bensì questa che, come coscienza lucida e dominante, costituisce l’asseadamantino attorno al quale si dispongono nel loro giusto ordine le “forze” che costitui-scono la natura umana. Ciò equivale a recuperare appieno, non solo dal punto di vistaintellettuale, ma anche esistenzialmente - appunto attraverso l’opera regia della trasfor-mazione alchemica-, quella condizione in cui l’uomo si trovava prima della caduta. L’oroche gli alchimisti cercano, in uno dei suoi significati,

esprime ciò che si può chiamare il principio dell’Io: sia che si manifesti nella forma “volgare”e “terrestre”, onde è un riflesso del  vero Sole portato dalla contingenza delle “acque”, della“corrente”, sia che, congiunto con sé, sia puro, in forma di metallo nobile e vivente e allora

acquisti effettivamente il valore di centro come nello stato primordiale. xli 

In questa opera di liberazione e trasformazione non viene mai meno la continuità del-

la coscienza: essa, infatti, non si riduce a perdersi in qualcosa di analogo al nirvana, néconsiste nel liberare da se stessi una realtà, il Sé, pensabile come diversa dalla nostra per-sona e dalla nostra coscienza. Il compito dell’uomo consiste invece, almeno come obiet-tivo limite, nel fatto che una persona si apre ad uno stile di vita completamente diverso

 xl ibid., pp. 48-49. xli ibid., pp. 52-53.

Page 75: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 75/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 75

dall’attuale: là dove essa è dominata da tendenze che sono estranee alla coscienza, a talesituazione si sostituisce l’altra in cui è essa, con la sua pienezza di coscienza, a dominare.

 A sottolineare la continuità della coscienza nel processo di liberazione, Evola nota comeil simbolo della pietra, che indica l’uomo attuale e decaduto, tornerà ancora, al terminedel processo, ma ora per indicare una «compiuta e stabile unità organica [...] di controall’instabilità dei principi psichici»: xlii 

Quando lo stesso essere interiore spirituale, acquistata la stabilità soprannaturale dei rigene- rati, avrà trasposto in un piano superiore i principi della corporeità [...], allora il termine per 

esprimere quest’ultima sarà ancora pietra: la Pietra filosofale. xliii 

La tradizione ermetica descrive una delle possibilità che all’uomo, essere sospeso tra

due mondi, si presenta. Per la precisione è la possibilità di aprirsi “verso l’alto”, verso ilmondo sovrannaturale e celeste. Però, la condizione stessa dell’uomo e la sua posizionedi centralità rendono possibile un’altra apertura, “verso il basso”, verso mondi inferi esubumani, verso il caos e l’annientamento della personalità.

Evola precisa che l’uomo attuale, per quanto decaduto dalle condizioni primordiali, èinfinitamente superiore alle forme larvali di esistenza, prive di coscienza, ma queste for-me costituiscono pur sempre un pericolo, una tentazione. Infatti, se la decadenza rendela via della tradizione ermetica una strada che ben pochi, forse nessuno, sono in grado dicompiere, quello stesso venir meno di principi normativi, tipico del mondo moderno,

pone invece a portata di mano le possibilità di entrare in una zona infera dell’essere e didistruggere la propria personalità e dignità. L’uomo deve difendersi da una ulteriore ca-duta che annienterebbe la sua personalità destinata al sovrannaturale, e inoltre devemantenere il proprio impegno etico evitando di cadere nelle trappole del demoniaco, delnaturalistico, dell’occulto.

La difesa della dignità della persona nei confronti del falso spiritualismo è il temaprincipale di Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, opera in cui Evola, pur se-guendo il suo abituale metodo storiografico, amplia notevolmente la parte teorica.

Scrive nella premessa alla terza edizione del saggio: «La difesa assoluta della personalità

umana - compito prima di realizzare il quale ogni vera aspirazione “spiritualistica” manca del suopresupposto - varrà qui come principio direttivo fondamentale». xliv Si tratta di proteggersi da

 xlii ibid., p. 53. xliii  ibidem. Evola cita espressamente diversi testi «contro l’idea che quell’individuazione che poggia

sul corpo [...] debba venire promiscuamente dissolta nel Tutto» (p. 82). xliv  J. Evola, Maschera e volto, cit., p. 7.

Page 76: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 76/118

76 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

quella physis che è come un campo di stati profondi in cui «la stessa coscienza ordinaria, di- stinta, dell’Io viene meno e si è sulla soglia di funzioni inconsce, in immediata relazione con la vita

vegetativa. Questa precisamente è la fine della “persona” e la soglia dell’impersonale, della “natu- ra”». xlv Si tratta di un mondo da non confondersi con il sovrannaturale, perché chi si apre«estaticamente a questo mondo, in realtà retrocede, fa scendere il livello interno da un grado supe- riore ad un grado inferiore». xlvi Come si è visto, la spiritualità si situa all’estremo opposto enon può essere distinta dalla coscienza chiara. L’uomo dovrebbe invece, cercare esperien-ze che

lungi dall’abolire la distinta presenza a se, così facile da conservarsi in un mondo sano e sve-  glio tra le cose materiali e nelle attività pratiche, la innalzi ad un grado superiore, in modo da

non alterare i principi che costituiscono l’essenza della personalità, ma invece da integrarli. xlvii 

Così l’uomo, creatura sospesa fra il cielo e l’inferiore mondo subumano, può trovarela sua giusta via esistenziale nel «saper volere il limite che definisce e sostiene il senso di sé di fronte a questi orizzonti ampliati» riuscendo a «chiudere con calma tante porte che luciferinamen- te si socchiudono o potranno socchiudersi sopra di lui e sotto di lui». xlviii 

Per Evola, dunque, la realtà stessa dell’uomo comporta la necessità di una austera te-nuta morale, soprattutto in vista del fatto che - di fronte ad un abbruttimento senza pre-cedenti - la personalità «non è un dato, ma un compito». xlix L’uomo, accettando i propri limi-ti, non si ripiega su un umano, troppo umano modo di intendere la vita. Al contrario,

egli accetta la sua realtà, cioè il modello ideale che la sua realtà incarna o è destinata adincarnare.

4 - LA CLASSICITÀ COME DISPOSIZIONE INTERIORE.

L’uomo che sappia essere se stesso è, per Evola, classico: «Come “classico” si dovrebbe in- tendere soprattutto uno stile, una formazione della vita, una forma dell’essere interiore, una visione

 xlv  ibid., p. 16. xlvi ibid., pp. 17-18. xlvii ibid., p. 18-19. xlviii ibid., p. 213. xlix  ibidem. 

Page 77: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 77/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 77

del mondo, una tradizione che come una forza profonda vive nel sangue».l Ciò trova una suamanifestazione anche nell’aspetto esteriore della persona:

Il punto centrale di riferimento nell’ideale classico è, certo, l’amore per l’oggettività e per la forma [...]; ma la forma si può intenderla e realizzarla su di un piano di forze pure, come

ethos, come stile di una vita chiara e dominata, libera da passioni e da vane agitazioni.li 

Esiste stile classico solo dove l’uomo ha come saldo punto di riferimento la trascen-denza:

Non vi è stile classico che nel presupposto che il contatto con l’originario non sia interrotto, làdove il limite, la forma, esprimono appunto la potenza di una vita piena, di una vita che do- 

mina se stessa e che nella sua intensità e purezza si tiene lontana da tutto ciò che è psicologi- smo e soggettivismo.lii 

Ciò riconduce alle vedute esposte in Maschera e volto. Proprio nella conclusione diquest’opera il problema della classicità assume un rilievo fondamentale. In polemica conil cattolicesimo - ma riconoscendo in esso la presenza di valori tali da garantire la difesadella personalità - Evola scrive:

Si pone il problema se quei valori, quegli elementi di visione della vita, non siano più adatti

ed efficaci pel compito sopra accennato qualora siano liberati dalle sovrastrutture della fede edel dogma e riformulati con maggiore aderenza al tronco originario. Noi pensiamo che appun- to questo sia il caso; pensiamo cioè che dalla concezione classica della vita possano trarsi ele- menti più semplici, più chiari, più neutri e privi di “tendenze”, che l’uomo d’oggi può far 

propri nel punto di ampliare la sua mentalità.liii 

È importante questa relazione tra classicità e uomo moderno: è a questo uomo che sirivolgono le soluzioni esistenziali proposte da Evola, giacché egli, pur non trovando validiappoggi attorno a sé, non può rinunciare al suo destino sovrannaturale. Ma se si ha in vi-sta l’uomo moderno, allora la classicità rappresenta un obiettivo da raggiungere in un

primo mutamento di rotta: ha un valore, in un certo modo, strumentale. Nel mondoodierno, completamente desacralizzato, lo stile classico di vita rappresenta, per Evola, la

l J. Evola, «Riscoperta del classicismo», in Ultimi scritti, Controcorrente Napoli 1977, pp. 134-135.li ibid., p. 135.lii ibidem. liii Id., Maschera e volto, cit., p. 215; nostro corsivo.

Page 78: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 78/118

78 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

sola via per un autentico contatto con la trascendenza. Non essendo possibile ricollegarsiad essa per il tramite di una religione positiva (Evola è scettico nei riguardi del cattolice-

simo, soprattutto tenendo presenti certi «sfaldamenti modernistici» e le aperture seguiteal Concilio Vaticano II), sembra «restare soprattutto la prospettiva di un collegamento essen- zialmente “verticale” e autonomo, reso possibile da una qualificazione individuale eccezionale e daquell’azione, in una certa misura violenta»liv che apre al contatto con la realtà sovrannaturale.

La classicità consiste in una condizione di centralità a se stessi, indispensabile per ognisviluppo ulteriore della propria vita spirituale. Che significa, in concreto, essere se stessi?Pur non identificando l’uomo reale con il concetto astratto di uomo, il mondo tradizio-nale ha elaborato una sorta di tipologia della personalità. Accanto al riferimento ad unaclassicità intesa come base dell’esistenza, vi sono modelli archetipici nei quali è ipostatiz-zata una gamma di “nature personali”, e tali modelli mitici valgono come riferimento perattuare, certamente nella propria irripetibile vita personale, ciò che per natura e vocazio-ne si sente di essere.

In effetti, se l’uomo è unità inscindibile dei due principi, materia e forma, noi pos-siamo raggruppare in un certo numero di categorie fondamentali i modi innumerevoli incui questi principi sono uniti tra loro nelle realtà delle singole persone viventi. Qui Evolatorna ad una indagine storiografica e rintraccia tale tipologia nelle formulazionidell’antichità.

I principi maschile e femminile rappresentano, archetipicamente, l’uomo assoluto e ladonna assoluta, cioè la pura forma e la pura natura, che vennero considerate la pura es-

senza dell’uomo e la pura essenza della donna. Come si è visto, tale purezza non si trovanella realtà concreta (che però ad essa tende come ad un limite), dove il principio ma-schile può essere unito in vari modi al principio femminile.

Così, relativamente alla donna, l’archetipo mitico presenta il tipo dell’amante e quellodella madre. Nel primo, il rapporto materia-forma è definito dall’assunzione della formamateriale in uno stato assai prossimo alla purezza; nel secondo, l’elemento squisitamentefemminile, passionale, risulta formato ad opera di un principio luminoso, solare e maschi-le.

Tra i modelli realizzabili dall’uomo, quello inferiore è dato da un tipo di umanità lu-

nare, in cui la virilità spirituale sembra assente e si rivela soltanto nel suo aspetto di forzafecondante, rozza brutalità incontrollata, passione che travolge i suoi limiti e situal’uomo ai margini dell’incoscienza. Al di sopra si colloca un altro modello, una virilitàche, attraverso vari gradi, conduce dal tipo del selvaggio al tipo eracleo, all’eroe in cui

liv  Id., Ultimi scritti, cit., p. 113. Sull’incapacità di azioni lucide e coscienti per l’uomo odierno,cfr. il saggio «Influenze sublimali e stupidità intelligenti», in L’arco e la clava, cit., pp. 162-173.

Page 79: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 79/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 79

l’elemento spirituale prevale sulla passionalità imbrigliandola e sottomettendola ad unasuperiore volontà. L’ulteriore prevalere della spiritualità sfocia nel vertice massimo della

 virilità ascetica, apollinea, olimpica, dove il principio solare e formativo si manifesta intutta la sua purezza, come assoluta calma e dominio della propria vita interiore.lv  Questi modelli sono inscritti nella realtà personale di ogni essere, costituiscono ciò

che, in ultima analisi, si è, il modello a cui attenersi. L’etica tradizionale «si basasull’assunzione informa tanto libera quanto assoluta di ciò che corrisponde alla natura propria diogni essere. [...] La formula di ogni etica si riassume nel “sii te stesso” o “sii fedele a te stesso”, nel“se stesso” dovendo intendersi la propria natura più profonda, la propria “idea” o tipicità».lvi 

5 - IL PROBLEMA DELL’OLTRETOMBA.

In un certo senso, è normale che Evola si ponga il problema del destino dell’uomo ol-tre la morte, data la sua concezione della destinazione sovrannaturale della personalità.Ciononostante sorprende l’insistenza con cui il nostro autore torni sull’argomento, dedi-cando ad esso una costante attenzione lungo tutto l’arco della sua riflessione.

Si è già citato un capitolo dei Saggi sull’Idealismo magicolvii in cui il problema era presen-tato e risolto secondo la prospettiva solipsista: solo un individuo poteva esser detto im-mortale, cioè l’unico individuo che si potesse chiamare esistente: l’Io assoluto. Si è poi vi-

sto come già nel periodo del gruppo di Ur questa soluzione era rifiutata e le possibilità disopravvivenza erano allargate a chiunque, attraverso l’iniziazione, realizzasse la proprianatura andando a risiedere su quella trascendenza che domina il mondo fenomenico. Sipuò già dire che non appare casuale il fatto che questo problema sia uno dei primi cheEvola affronti in conformità con gli sviluppi post-idealisti del suo pensiero.

 Anche nel saggio di «Ur» l’idea che soltanto gli iniziati godono dell’immortalità gliappare, a quel che sembra, insoddisfacente. Questo risulta chiaro dagli sviluppi successividella tematica dell’immortalità, ma, almeno in forma problematica, tali sviluppi eranogià presenti in questo scritto immediatamente successivo alla speculazione idealistica.

Evola comincia col domandarsi se la questione della sopravvivenza si ponga per la co-scienza vivente, individuale, che «trae il senso di sé dalla correlazione con l’unità di un dato or- 

 

lv  Id., Metafisica del sesso, cit., p. 197 e segg.lvi ibid., p. 247.lvii Id., La costruzione dell’immortalità, cit.

Page 80: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 80/118

80 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

 ganismo psico-fisico, oltreché con l’esperienza sensoriale in genere».lviii Questa coscienza, «amalga- mata con la vitalità animale», può aspettarsi dalla morte solo dissoluzione:

 Allora il problema dovrebbe impostarsi in modo diverso: bisognerebbe vedere in quali casi esotto quali condizioni nell’uomo sia attuale di fatto qualcosa di differente, di più di ciò che si

è chiamata la coscienza vivente.lix  

Se non è una coscienza organizzata e centralizzata che si ha in vista, come quella a cui sipensa dicendo “io”, può già ammettersi in genere il sopravvivere di qualcosa alla crisi e allo

sprofondamento della morte.lx  

Si tratta però di forze animistiche, residuali, impersonali. Nella morte si verifica una

disgregazione di tutto ciò che costituisce l’essere umano, a meno che non intervenga unaforza più forte, un impeto spirituale capace di tener desta la coscienza. In tal caso, l’io èunito alla realtà spirituale immortale, il Sé, il divino nell’uomo:

In sede di ontologia, è chiaro che senza una qualche relazione con un principio trascendente,non solo l’uomo, ma anche un qualsiasi essere di natura non potrebbe avere una esistenza,nemmeno una esistenza illusoria. Dal punto di vista iniziatico è da dire che ci si sente “Io”

appunto pel riflesso di un principio superiore.lxi 

È dunque possibile superare la morte solo se si risale in qualche modo dal riflesso alprincipio riflettente, cioè che si superi l’ordine naturalistico. In sostanza, ora si dice chesopravvivono soltanto gli iniziati. Però, questo superare in qualche modo l’ordine natura-listico, cioè l’ambito della physis,  verrà progressivamente ampliato: il superamento nonavviene esclusivamente a seguito della rottura di livello iniziatica, ma anche attraverso lacondotta morale.

Nella rivista «La Torre» Evola torna puntualmente sull’argomento, tenendo presentela differenza che intercorre tra l’uomo della tradizione e l’uomo attuale, e ampliando gliorizzonti.

Nella civiltà tradizionale esiste una gerarchia le cui radici ultime sono situate nelle re-

gioni della trascendenza. Il vertice della gerarchia è un contatto con il sacro, e ad esso ci

lviii Id., Il problema dell’immortalità, in Introduzione alla magia, cit., I, pp. 156-165, part. p. 157.lix  ibid., pp. 157-158.lx  ibid., p. 158.lxi ibid., p. 159.

Page 81: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 81/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 81

si approssima attraverso le due vie dell’Azione e della Contemplazione, già relative ai tipiumani superiori dell’asceta e del guerriero. Per quanti non siano situati in questi livelli,

già innalzati al di sopra dell’ordine naturalistico, vengono dati sufficienti riferimenti at-traverso la tradizione e la legge. Il vivere conformemente alla tradizione e alla legge, cioèai principi tradizionali,

 faceva sì che tale vita acquistasse virtualmente, ritualmente, un significato superiore: attra- verso l’obbedienza una forza oggettiva la formava e la disponeva nella direzione di quell’asse

sovrannaturale, che negli altri, nei pochi, viveva allo stato di realizzazione.lxii 

Il che causava spontaneamente un transito non traumatico dalla vita all’aldilà.Si comincia a percepire, attraverso questa posizione, il ruolo che il comportamento

morale svolge nell’ambito del pensiero evoliano. Il rigido chiudere gli orizzonti riservan-do la sopravvivenza agli iniziati è infranto, e ad una sopravvivenza cosciente può aspirarel’uomo che in vita si sia in un certo senso opposto alle passioni che sono l’essenza delmondo naturalistico, cui appartiene se non reagisce in alcun modo.lxiii Attraverso la vitamorale, l’immortalità si rende accessibile a quanti «direttamente o meno, avevano fatto subirealla loro stessa forza vitale appunto quel mutamento di natura». lxiv Il fatto che la soluzione alproblema della sopravvivenza venga fatto dipendere dal comportamento della singolapersona, è dimostrato anche dalla presenza, nel pensiero di Evola, di un processo analo-go ad un giudizio. Per Evola «il “Giudizio” è una allegoria: si tratta di un processo impersonale

e oggettivo, come del resto risulta già dal simbolo della bilancia che pesa il “cuore” dei defunti».lxv Per la conquista dell’immortalità, grande importanza è attribuita al culto, che è un ri-

to formatore ed aristocratico:

Strappare gli esseri dal dominio dei totem, fortificarli, avviarli al compimento di una formaspirituale, di un limite, portarli invisibilmente sulla linea di influenze capaci di propiziare undestino di immortalità eroica e liberata - questo era invece il compito del culto aristocratico.Fermi in tale culto, il destino dell’Ade era sospeso [...] tralasciati invece i riti divini, questo de- 

stino era riconfermato.lxvi 

lxii Id., La Torre, cit., p. 110.lxiii Id., Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 72.lxiv  ibid., pp. 73-74.lxv  ibid., p. 73, nota 3.lxvi ibid., pp. 77-78.

Page 82: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 82/118

82 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

In «Maschera e volto» il concetto rimane uguale, ma ci sembra di notare un’ulteriore at-tenuazione dei compiti ritenuti necessari per la conquista dell’immortalità: questa di-

pende dal fatto che un uomo,

in un modo o nell’altro, già in vita ha operato una separazione o attuale o virtuale del suoprincipio spirituale dalle condizioni imposte alla coscienza dal corpo e dalla esperienza sensi- bile di veglia - il che, in termini teologici, equivarrebbe a dire: nella misura in cui si abbia ef- 

 fettivamente indirizzata già in terra la propria anima al fine sovrannaturale.lxvii 

Questa ulteriore attenuazione, che ormai fa dipendere la sopravvivenza dalla vita mo-rale, è confermata da un capitolo de Lo yoga della potenza, in cui Evola torna ancora sulproblema. Analizzando la speculazione tibetana sugli stati che l’anima sperimenta nei

momenti immediatamente successivi alla morte,lxviii Evola ritiene di dover modificare laformulazione in questione, ponendo un significativo accento sulle possibilità effettiva-mente concesse al diretto interessato, cioè al defunto. L’anima, nei momenti successivialla morte, avrebbe la possibilità di esercitare un potere formidabile, tale da infrangere ideterminismi karmici: il libero arbitrio, cioè, potrebbe essere esercitato in una condizio-ne che sfugge agli automatismi del “giudizio” postulati da molte scuole filosofiche india-ne: «I determinismi karmici possono venire arrestati (anche quelli che “avrebbero condotto nel piùprofondo degli inferni”), può venire conseguita la grande liberazione o, almeno, si può determinareun migliore destino».lxix 

Resta inteso che tali possibilità sono offerte nel presupposto che

 già in vita sia stato percorso un tratto della Via, che, in genere, si sia cercato l’incondizionato,senza giungere alla meta ma, tuttavia, avendo spostato in una certa misura il centro di sé

 fuor dalla pura esistenza samsârica.lxx  

La separazione dell’anima, conseguente al morire del corpo fisico, «diviene la condizioneper un “andar oltre”, per una effettiva trasfigurazione immortalante».lxxi Questa contingenza, perl’uomo che vive nella tradizione, in una società impregnata del sacro, non ha caratteritraumatici. È nel mondo moderno che è venuto meno quel rito che «prolunga l’umano nel

lxvii Id., Maschera e volto, cit., pp. 31-32.lxviii J. Evola, Lo voga della potenza, Mediterranee, Roma 1968, pp. 253-269.lxix  ibid., p. 255.lxx  ibidem. lxxi J. Evola, «Prospettive dell’aldilà», in Ricognizioni, cit., pp. 129-132, part. p. 131.

Page 83: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 83/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 83

non-umano, galvanizza e conferma gli incontri fra due mondi». lxxii Nei testi tradizionali più anti-chi, «la crisi della morte viene appena avvertita come tale [...]. I morti passano ad una esistenza di

splendore, che è un “ritorno” dove essi di nuovo si congiungono alla loro forma primordiale».lxxiii

  Venuti meno gli appoggi rituali, evidentemente la sola cosa che rimane per aprirsi ilpassaggio al mondo celeste è la moralità, l’adesione a principi che danno una forma allanostra vita e la predispongono al conseguimento del suo destino sovrannaturale. Perl’uomo che vive conformemente ai principi tradizionali, anche lottando continuamentecontro se stesso, si può dire che la morte non esista: questo è il senso dell’indagine evo-liana che si ricollega alla problematica esistenziale ed anche, con una visione sostanzial-mente ottimista, alle prospettive difficili ma affascinanti aperte dalle ultime pagine di«Rivolta contro il mondo moderno».

6 - EVOLA E IL CATTOLICESIMO 

 A conclusione del presente capitolo torniamo sull’interpretazione evoliana del cattoli-cesimo, accennata precedentemente in maniera estremamente sintetica. Partiamo, natu-ralmente, dal superamento delle posizioni di «Imperialismo pagano», libello giovanile e po-lemico che Evola rinnegò esplicitamente.

In uno scritto pubblicato nel 1934 sul «Diorama Filosofico», Cristo e noi, Evola recen-

sisce l’omonimo libro di Adriano Tilgher (Modena 1934),lxxiv 

contestandonel’interpretazione del cattolicesimo. Di questo evidenzia gli elementi aristocratici e tradi-zionali, quale la concezione del Regno, il monachesimo, l’ascetismo, completamente tra-scurati dal Tilgher. In sostanza lo scrittore difende un cattolicesimo tradizionale di frontead un cristianesimo che sta perdendo il senso dei suoi stessi valori, e ironicamente scrive:«Tilgher ha proprio l’aria di credere che il vero cristianesimo oggi sia... Buonaiuti!».lxxv 

Questa attenzione favorevole verso il cattolicesimo tradizionale si ripresenta in un al-tro scritto del «Diorama». Parlando della diversità delle singole tradizioni, Evola affermail principio che non bisogna cercare in esse solo ciò che può valere come espressione di

un contenuto universale, ma occorre anche comprendere la «ragion d’essere di quel che inciascuna vi è di specifico, e ciò riportandoci all’unità di un processo, che alla fine ci lascia com- 

 

lxxii J. Evola, La dottrina del Risveglio, Scheiwiller, Milano 1973, p. 35.lxxiii ibidem. lxxiv  J. Evola, Art. cit., in Diorama filosofico, cit., pp. 60-62.lxxv  ibid., p. 62.

Page 84: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 84/118

84 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

prendere lo stesso spirito e la stessa interna necessità della forma che oggi, dopo le altre, in una dataciviltà, quella occidentale, ha assunto la tradizione».lxxvi 

Queste differenze sono legate alle diverse condizioni dell’uomo nel processo di cadutadurante il quale si allontana vieppiù dalla condizione originaria, e dunque si trova im-merso in difficoltà che rendono più difficile la ricongiunzione con il trascendente, in cuiconsiste la religio:

La forma cattolica della tradizione è connessa ad una condizione umana legata ad una “fisi- cizzazione” della persona. Nel cattolicesimo il problema del riconnettere l’uomo ad un princi- pio superiore si presenta in maniera quasi diremmo tragica. Si trattava di far sentire all’uomotutta la sua distanza che ormai lo separava dallo stadio originario, di tutelare quindi con op- portune vesti di trascendenza la spiritualità vera di fronte a qualsiasi prevaricazione o con- 

taminazione umana, di “mortificare” l’io e pure chiedergli lo slancio di una fede. Ecco dun- que che, di fronte a tali esigenze, sorge il mito della “caduta” e del “peccato originale” in uninasprimento di linee prima sconosciuto; ecco che si stabilisce un dualismo teologico, naturadivina e forza redentrice (“grazia”) si presentano come cose assolutamente distinte da unaqualunque umana realtà; ecco che, come via, non vi è più né il rito dominatore, né l’ascesisufficiente a se stessa, ma vi sono principi che, come quelli dell’umiltà, della charitas, del su- peramento dell’orgoglio ecc., mirano a prostrare, a spezzare o almeno a addolcire la violenta,

 fisicizzata sensazione dell’io, fino a propiziare all’uomo la rinascita. lxxvii 

Il cattolicesimo rappresenta la possibilità limite di adattamento dei principi tradizio-

nali in una età troppo materializzata.lxxviii Però, il compito che esso doveva realizzare inquesta prospettiva è, per Evola, mancato. Il cattolicesimo è ormai incapace di influire sul-la realtà odierna, e anzi ne è condizionato il senso antitradizionale.

È significativo che, nell’ambito di questa problematica, Evola fornisca ancheun’interpretazione del cristianesimo primitivo, relativizzando le critiche che ad esso nonaveva lesinato in Rivolta contro il mondo moderno. Qui, le prime manifestazioni del Cristia-nesimo gli erano apparse troppo legate a caratteristiche democratiche, prive di un vero eproprio senso della sacralità. Invece, in Maschera e volto egli amplia l’interpretazione delcristianesimo come adattamento del principio tradizionale in una età ormai oscura e

troppo umanizzata. Il cristianesimo primitivo assume allora un significato come azionespirituale mirante alla salvezza individuale. Esso si riferisce ad un tipo umano «che per quel

lxxvi «Diorama filosofico», cit., p. 156.lxxvii ibid., pp. 159-160.lxxviii ibid., p. 160.

Page 85: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 85/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 85

che riguarda l’accesso al divino si trovava in una situazione disperata, lxxix  e al quale viene postoin termini drammatici il problema della salvezza. Ciò avrebbe avuto per scopo il suscitare

«una tensione estrema la quale, specie se associata al mito di Gesù quale “redentore”, poteva anchedare i suoi frutti: se non in questa vita, almeno in punto di morte o nel post-mortem».lxxx In Maschera e volto si afferma (ampliando ancora la prospettiva presentata nel «Diora-

ma Filosofico) che il cattolicesimo, nel corso della sua storia, avrebbe smorzato la crudez-za estrema presente nelle origini, affermando la destinazione sovrannaturale della perso-na umana, fornendo ad essa dei sostegni e cercando di esercitare una benefica influenzasu di essa attraverso il rito e il sacramento.lxxxi Umiltà, carità e rinuncia vennero dunque acostituire il «corrispettivo in vista della chiusura e dell’autoaffermazione individualistica alle qualil’uomo occidentale propende».lxxxii 

Naturalmente, Evola personalmente non aderirà mai al cattolicesimo, ma - dopo lepolemiche giovanili - non per anticlericalismo o spirito anticattolico, bensì per ragioniculturali: ritiene infatti che il piano in cui il cattolicesimo, come religione positiva, si col-loca, sia secondario, inferiore rispetto a quello dei puri principi tradizionali. Il cattolice-simo è per lui un modo, storicamente relativo, per ricollegarsi a tali principi, e ritiene chein ciò la funzione storica della religione sia ormai venuta meno. Ciò a prescindere dal va-lore che una conversione, una vera esperienza di fede, avrebbe per la singola persona: so-prattutto per l’uomo dei nostri tempi, essa «significherebbe non una abdicazione ma già, mal-  grado tutto, un progresso».lxxxiii Questa conversione avrebbe ancor più valore qualora in essa

lxxix  J. Evola, Maschera e volto, cit., pp. 126-127.lxxx  ibid., p. 127.lxxxi Cfr. ibidem. lxxxii ibidem. In questo quadro, la Rivelazione, la grazia e la fede sono ritenute necessarie ai fini

della salvezza della persona. Il cattolicesimo si configura così come «difesa dell’uomo occidentale» (p.128).

lxxxiii  ibid., p. 129. Nel Cammino del Cinabro, riferendosi proprio a Maschera e volto, scrive: «Ilnuovo del mio libro era la disposizione a riconoscere questa dimensione “tradizionale” al cattolicesimo. Nonpotevo però non fare anche alcune precise riserve» (p. 130). Ancora: «Riconobbi al cristianesimo originarioil valore di una possibile via disperata e tragica della salvazione» (ibidem); «quanto al cattolicesimo lo con- cepii come l’opera di influenze invisibili e “provvidenziali”» (ibidem). Dopo aver citato ad esempio alcu-ni brani tratti da Maschera e volto così li commenta: «Queste frasi ribadivano la posizione nettamenteantilaica, lontana da ogni volgare anticlericalismo, che è sempre stata propria del mio orientamento. In ef- 

 fetti, personalmente, per il più umile e incolto sacerdote io ho sempre avuto una maggior considerazione chenon per un qualsiasi noto esponente della cultura e del pensiero moderno» (p. 132). Tra le frasi riportateda Maschera e volto cfr.: «Che persone le quali non hanno conosciuto altro che le vanissime costruzioni del- la filosofia profana e della cultura plebeo-universitaria [...] si “convertano” al cattolicesimo e con ciò si dimo- 

Page 86: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 86/118

86 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

il credente facesse valere in particolar modo quegli elementi tradizionali presenti ancoroggi nel cristianesimo e particolarmente vicini allo stile dell’uomo interiormente classico.

Si tratta di una possibilità da non trascurare, anche se Evola non nasconde il suo scettici-smo riguardo al compito di reintegrare la società nel solco della tradizione con il tramitedelle forze cattoliche:

Un cattolicesimo che si innalzi al livello di una tradizione veramente universale, unanime eperenne, ove la fede possa integrarsi in realizzazione metafisica, il simbolo in via di risveglio,il rito e il sacramento in azione di potenza, il dogma in espressione di una conoscenza assolu- ta ed infallibile perché non umana e come tale vivente in esseri disciolti dal vincolo terrestreattraverso una ascesi, ove il pontificato rivesta la sua funzione mediatrice originaria - un tale

cattolicesimo potrebbe soppiantare ogni “spiritualismo” presente o futuro.lxxxiv  

Però aggiunge, forse commettendo un peccato di storicismo: «Ma osservando questarealtà, questo è forse qualcosa di più di un sogno?».lxxxv 

strino almeno capaci di entrare in un ordine di maggiore serietà interiore: che tali persone facciano così, anoi - agli autori di Imperialismo pagano - non può che sembrare desiderabile» (ibidem).

lxxxiv  J. Evola, Maschera e volto, cit., p. 145.lxxxv   ibidem. Gran parte della freddezza di Evola nei confronti del cristianesimo è dovuta allo

sdegno suscitato dalle tendenze moderniste e post-conciliari. In un articolo, che può essere con-siderato una vera denuncia dell’abbandono, da parte del cristianesimo, della sua peculiarità dot-trinale e della sua missione, conclude con queste parole (tratte da Gli uomini e le rovine): «Se oggi ilcattolicesimo, sentendo che tempi decisivi si avvicinano, avesse la forza di staccarsi davvero dal piano con- tingente e di seguire una linea di alta ascesi, se esso appunto su tale base, quasi in una ripresa dello spiritodel miglior medioevo crociato, facesse della fede l’anima di un blocco armato di forze, compatto ed irresistibi- le, diretto contro le correnti del caos, del cedimento, della sovversione e del materialismo politico del mondoattuale, certo, in tal caso, per una scelta (da parte nostra) non potrebbero esservi dubbi. Ma le cose, purtrop- po, non stanno così» (Quo vadis ecclesia?, in Ricognizioni, cit., pp. 87-97, part. p. 97). Ci sia permessodi notare che Evola auspica un mutamento sostanziale, consistente in un ritorno al patrimoniotradizionale cattolico. Orbene, criticare il cattolicesimo perché tale ritorno non si è verificato ri-

 vela un cedimento allo storicismo, posto che il cattolicesimo consista proprio in quel patrimoniotradizionale che i cedimenti al mondo moderno hanno posto in crisi. Il cattolicesimo è quelloche è indipendentemente dall’indegnità eventuale dei suoi esponenti. Come non è lecito giudi-care sul valore di un’idea - ad es. quella monarchica - in base alle capacità di coloro che la incar-nano e se ne fanno portatori, così tale principio ripetutamente esposto da Evola dovrebbe valereanche per la dottrina cristiana. (Tra le varie polemiche suscitate da queste posizioni di Evola, so-prattutto nel campo cattolico tradizionale, cfr. come esempio: Pier Vittorio Barbiellini Amidei,Risposta a J. Evola, in «Adveniat Regnum», V, 1967, pp. 77-78).

Page 87: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 87/118

V IL PROBLEMA ESISTENZIALE

1 - LA DOTTRINA DEL RISVEGLIO E L’ASCESI IN FORMA PURA.

Uno dei temi fondamentali del pensiero di Evola è dunque quello della riconnessionetra l’uomo e la realtà metafisica. Come si è visto, lo stesso cattolicesimo, a parte il suo va-lore in ambito individuale, non permette più di realizzare un vero contatto, non esercitaalcuna influenza sulla realtà attuale. D’altra parte, l’impossibilità di dare vita nuovamentead una società e ad una civiltà fondate sulla tradizione non tolgono il fatto che ciascunuomo senta la necessità di vivere secondo valori più saldi e assoluti di quelli presentatidal mondo moderno. Se tale esigenza è qualcosa di più di una vaga aspirazione pronta-

mente tradita di fronte alle lusinghe degli attuali pseudo-valori, evidentemente essa ponedei gravi problemi all’esistenza.Se una conversione al cattolicesimo è già una soluzione ai propri problemi personali,

questa, per Evola, non è l’unica strada, né la migliore. Infatti, l’uomo odierno in generalesembra non essere più in grado di comprendere i simboli e i riti che ogni religione ponea suo fondamento, anzi in essi trova spesso un impaccio, un ostacolo per la sua realizza-zione interiore. Gli manca quel minimo di cultura che potrebbe fargli comprendere il lo-ro significato, ed ha un pizzico di modernità nel suo animo che gli impedisce la riscoper-ta di ciò che, come ad esempio certe forme di ascesi abbastanza violente, non appartienepiù al suo mondo e alla sua sensibilità.

Ciò posto, Evola cerca di delineare una tecnica ascetica in forma pura, legata soprat-tutto al già visto valore della classicità. In La dottrina del risveglio presenta, rintracciandoloo desumendolo dalla storia, un sistema completo di ascesi alieno da ogni commistionecon l’ambito religioso, devozionale, morale: una vera e propria tecnica di autodominio.

Non è un caso se le prime pagine di quest’opera affrontano temi apparentementemolto generali, cercando di definire alcuni caratteri propri al buddhismo. Evola non vuol mettere in mostra conoscenze erudite, ma collocare nel giusto luogo il suo studiosulle tecniche ascetiche buddhiste, sì da rendere motivata la proposta di una loro assun-zione come regola di vita per l’uomo odierno.

In primo luogo viene definito il significato del termine ascesi, come realtà sciolta dalriferimento ad una particolare religione. Questa si contrappone «all’umanismo,l’immanentismo e il nuovo culto della vita».i Come Evola aveva già scritto in un articolo pre-cedente La dottrina del risveglio, occorre distinguere tra due forme di ascesi, l’una violenta

i J. Evola, La dottrina del risveglio, cit., p. 9.

Page 88: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 88/118

88 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

e mortificatoria, l’altra che, invece, «non ha presupposti moralistici e religiosi in senso stretto,ma un significato, essenzialmente, di tecnica, di mezzo a fine; alla sua radice non vi è la negazione

appassionata del “mondo” e del “corpo”, bensì un mutamento di direzione della facoltà del deside- rio, la quale va a concentrarsi su di un piano superiore, tralasciando e considerando di poco mo- mento gli oggetti volgari».ii È un ideale ascetico «ario», che viene studiato nell’opera dedicataal buddhismo. Il buddhismo, infatti, non è assunto come una religione da contrapporread un’altra (il cattolicesimo), bensì come esempio storico di una tensione spirituale che siestrinseca attraverso la pura ascesi, un’ascesi indipendente da ogni forma di culto.

Evola ricorda che il termine «buddha» significa «lo svegliato», e «si applica a chiunque sia giunto a quella realizzazione spirituale - assimilata per analogia ad un “destarsi”, ad un “risvegliar- si” - che fu additata dal principe Siddharta».iii Indica lo stato a cui si perviene medianteun’ascesi di spirito classico, formulato con un particolare riguardo alle «condizioni generalidi un particolare ciclo storico a cui appartiene anche l’attuale umanità».iv 

La disciplina predicata dal buddhismo «mira a metter tutte le forze dell’essere umano insoggezione ad un principio centrale. Nel riguardo si può parlare di una vera e propria tecnica». v L’importanza di questo concetto è resa evidente dall’insistenza con cui Evola vi tornausando ripetutamente l’espressione: ascesi allo stato puro, «insieme di metodi volti alla produ- zione di una forza interiore».vi Ciò rende possibile astrarre tali metodi dal clima generale incui vive il buddhismo e proporli anche all’uomo attuale. Il loro fondamento ultimo è in-fatti una spiritualità classica. 

Evola rintraccia nel buddhismo «quei tratti di severità e nudità, che sono caratteristici per 

tutto ciò che è monumentale, in quell’atmosfera di chiarezza e di forza, che è propria a quanto, insenso generalizzato, può dirsi “classico”».vii Questa dimensione olimpica è il risultato di unatteggiamento interiore che non può caratterizzarsi come religioso, nel senso devozionaledel termine: «Deve restar fermo che la dottrina del risveglio, in sé, non si oppone come una parti- colare religione ad altre religioni. Anche nel mondo in cui è sorta, essa rispettò le varie divinità e iculti popolari d’intonazione religiosa che a queste si legavano».viii 

ii J. Evola, Razza e ascesi, in «Rassegna Italiana», XXV, 1942, pp. 164-169, part. p. 167.iii Id., La dottrina del risveglio, cit., p. 11.iv  ibidem.

 v  ibidem. vi ibid., p. 12. vii ibid., p. 15. viii ibid., pp. 19-20. Cfr. pp. 22-32, per l’interpretazione del buddhismo come classicità. 

Page 89: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 89/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 89

Questo particolare significato del buddhismo dipende dal suo «luogo storico», pro-priamente costituito da «condizioni già non normali di una determinata civiltà tradizionale».ix 

Si giustificano allora alcune posizioni del principe Siddharta, che non hanno valore as-soluto, ma hanno un senso proprio per l’eccezionalità delle circostanze. Ad esempio, ilradicale antintellettualismo non va configurato come una distruzione della metafisica,ma come una dissoluzione del «demone della dialettica»: «La dottrina degli ariya è detta“inescogitabile”, insuscettibile cioè ad esser assimilata ad una qualsiasi creazione del raziocinio», x soprattutto per l’uomo decaduto e dissociato dalla sua naturale realtà. Ciò vale per tutti ipregiudizi nati attorno al buddhismo: il suo carattere areligioso o addirittura ateo, la de-mocraticità, il pessimismo; il buddhismo ha semplicemente in vista «un superiore tipo dicertezza, quello che si radica in una effettiva conoscenza assimilata analogicamente - come nellaprima tradizione vedica - ad un vedere». xi La conoscenza discorsiva non interessa perché lascial’uomo esattamente come è: per possedere una conoscenza vera occorre preliminarmenteridestarsi. xii 

 Vi è, dunque, un evidente primato dell’azione, ma ciò, ancora una volta, non ha valo-re assoluto e dipende dalle circostanze. Precisa Evola che un conto è dire che le questionimetafisiche non interessano in vista di un particolare fine da conseguire, e un altro contoè dire che esse non esistono o non vengono neppure concepite: «La sostanza stessa delladottrina buddhista, cioè l’ascesi, si troverebbe fondamentalmente pregiudicata, perché non si riusci- rebbe a capire da dove possa venir mai all’uomo la forza di resistere, di distaccarsi dal samsâra,[...] se l’ignoranza non significasse qualcosa di sopravvenuto, una intossicazione, un oscuramento e

una ebbrezza, la quale, per profonda che sia, presuppone però sempre uno stato antecedente». xiii Mail risanamento, in cui il buddhismo consiste, è possibile proprio per l’esistenza di quellametafisica che non è esposizione di teorie personali, ma visione conforme a realtà, visio-ne appunto preclusa a chi sia decaduto nelle condizioni attuali. Il punto in cui è urgenteoperare chirurgicamente è proprio in queste condizioni. Questo è il senso di un notodetto buddhista: «In questo corpo alto solo otto palmi [...] munito di percezione e coscienza, intale corpo appunto è compreso il mondo, il sorgere del mondo, la fine del mondo e la via che condu- ce alla fine del mondo». xiv 

ix  ibid., p. 50. Cfr. anche p. 52. x  ibid., p. 57. xi ibid., p. 55. xii ibid., p. 58. xiii ibid., p. 82. xiv  ibid., p. 96.

Page 90: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 90/118

90 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Il buddhismo presenta allora una tabula rasa di fronte alla quale l’uomo nobile realizzauna distanza interiore dal «mondo»: «L’essenziale è invece il metter l’uomo di fronte alla inat- 

tenuata conoscenza di se stesso e di tutto ciò che è condizionato, per chiedergli: - Puoi dire: questosono io? Puoi veramente identificarti con questo? È questo che tu vuoi? - Tale è il punto della deci- sione fondamentale, tale è la pietra di prova per la distinzione degli “esseri nobili” da quelli volgari,è qui che si separano le essenze, è così che si definiscono le vocazioni». xv In tale punto, coloro chepossiedono ancora dei valori autentici, «comprendono gradatamente che il mondo dischiusodall’ascesi è il loro luogo naturale, la “terra dei loro padri”, e l’altro mondo - questo mondo - è inve- ce, per loro, terra straniera». xvi Il presupposto della dottrina del risveglio è l’esistenza di unacoscienza superiore al semplice aggregato di stati mentali che caratterizza l’uomo dispersonel mondo.

Ne deriva allora il suo significato in ordine al compito «classico» di vivere nella pienacoscienza di se stessi: «Fra sé e sé va posta distanza, fino a presentire, appunto, che la stessa pro- pria persona è un semplice strumento di espressione, qualcosa di contingente che a suo tempo si dis- solverà e scomparirà nella corrente samsarica, senza che per tale via il nucleo sovrannaturale, olim- pico in noi stessi ne sia menomamente pregiudicato. La dottrina della inessenzialità della persona.dell’Io psicologico e passionale, deve aver dunque per effetto una mente che diviene pacata, ras- serenata, sollevata, schiarita. Non deve esser motivo di sgomento, ma la sorgente di una forza su- periore. Solo chi ha vissuto positivamente questa dottrina, viene detto, possiede abbastanza forzaper attraversare la corrente vorticosa e raggiungere salvo l’altra sponda». xvii Superata questa pro- va, la coscienza può illuminarsi e divenire «l’elemento centrale che trasforma e purifica tutte le

 forze costitutive della personalità». xviii Evola sottolinea l’estrema difficoltà del conseguimento di tale stato, xix  e la necessità di

un impegno assoluto: «Lotta, sforzo, azione assoluta, ferrea determinazione vengono dunqueconsiderate. Ma in uno speciale “stile”. È - ripetiamolo ancora una volta - lo stile di chi si mantieneconsapevole, di chi innesta le forze dove vanno innestate [...] mai perdendo il senso calmo e compo- sto della sua nobiltà e della sua superiorità». xx È quell’ideale classico che si manifesta in unamassima - far sì che ciò su cui non si può nulla, nulla possa su di noi - che Evola pone afondamento di un’altra via esistenziale, descritta in Cavalcare la tigre. 

 xv  ibid., p. 101. xvi ibid., p. 102. xvii ibid., pp. 108-109. xviii ibid., p. 116. xix  ibid., p. 117. xx  ibid., p. 121.

Page 91: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 91/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 91

2 - A CAVALLO DELLA TIGRE.

Cavalcare la tigre è un libro che ha suscitato aspre polemiche e che è stato addiritturaconsiderato come il vangelo del terrorismo e dell’individualismo nichilistico di una de-stra violenta, immorale, anarchica. In realtà, l’opera non si occupa affatto di queste cose,fa riferimento ad una rigorosa tenuta morale e rappresenta la sistemazione definitiva diidee già presenti nella speculazione di Evola a partire dagli Anni Trenta.

In un saggio del 1933 - addirittura prima di Rivolta contro il mondo moderno - Evola mo-stra di essere particolarmente attento al problema esistenziale e alla tematica che torneràin Cavalcare la tigre. Si tratta di un articolo - “Neue Sachlickeit”: una confessione della nuova generazione nordica xxi - nel quale è analizzato il romanzo di Frank Matzke, Jugend bekennt: So

sind Wir (Leipzig 1930), considerato il manifesto di una generazione protesa verso i valoridi una nuova essenzialità, o nuova oggettività, che coincide strettamente con l’ideale classi-co, quale viene formulato da Evola.

 Viene considerata da Evola di particolare importanza la rivalutazione dell’oggettività,della freddezza, di un atteggiamento di distanza rispetto a ciò che è strettamente umano esentimentale, romantico. Contro tali tendenze passionali, occorre sforzarsi di andare «in- contro alle cose in tutta la loro freddezza e durezza facendo tacere l’anima e non avendo occhio cheper ciò che è reale». xxii E proposto un ideale di autodominio, il solo che possa esser fatto va-lere in riferimento all’uomo moderno, consistente in un atteggiamento di purificazione,

di «liquidazione di ogni compromesso tra le cose e l’uomo: purificare le cose dall’umano». xxiii

Ciòequivale a recuperare un modo di essere particolarmente austero e virile che si manifestanon con la soppressione della sensibilità, ma con un diverso stile e una sensibilità diver-sa: «Abbiamo anche noi [ è Matzke che parla, citato da Evola ] una sensibilità, ma essa non siaccende più dinnanzi ai sentimenti degli altri, essa si accende solo dinanzi alle cose reali e dinanzia ciò che nell’uomo stesso è reale, elementare». xxiv In tal modo, la natura diventa «il grande, grande mondo nel quale i panorami di pietra e di acciaio delle metropoli, le vie rettilinee senza fine,le selve di gru dei grandi cantieri stanno allo stesso piano che le foreste immense e solitarie e il cuisenso austero in nessun istante abbandona l’uomo». xxv 

 xxi J. Evola, art. cit., in «Rassegna Italiana», XVI (1933), pp. 315-324. xxii ibid., p. 316. xxiii ibid., p. 317. xxiv  ibidem.  xxv  ibid., p. 318.

Page 92: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 92/118

92 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

 Vi è un altro saggio in cui Evola anticipa una posizione molto simile a quella presentein Cavalcare la tigre e si riferisce ad un romanzo di Ernst Jünger: L’Operaio nel pensiero di

Ernst Jünger, pubblicato nel 1960, ma anteriore a tale data. Jünger è stato uno degli autori più letti da Evola negli anni dellasua formazione, e aDer Arbeiter  - il romanzo in questione - egli aveva già dedicato una recensione nel 1935(L’operaio e le scogliere dì marmo). xxvi Pubblicando il saggio del 1960, Evola stesso ricordache il libro «da tempo ci aveva colpito come una testimonianza delle più significative del temponostro», xxvii al punto che aveva deciso di tradurlo, pur preferendo, successivamente, farneun saggio, «al rileggerlo dopo un certo tempo». xxviii 

La problematica che Jünger affronta in Der Arbeiter è in sintesi questa: lo si voglia ono, l’uomo d’oggi ha messo in moto una forza non umana alla quale il singolo non puòsfuggire: deve misurarsi con essa, tenerle testa spiritualmente e materialmente. Per questocompito è necessaria una nuova figura, un nuovo tipo umano: «Quello di chi, dinanzi allasfida della distruzione e della meccanizzazione, risponde con un atto interno assoluto, fa proprieuna nuova etica e una nuova visione dell’esistenza», xxix fondata su una mobilitazione totale. Sipresenta dunque il compito di avere la «capacità di riconoscere il nuovo appunto in terminiesistenziali di pura realtà». xxx 

Il mondo borghese ha distrutto ogni forma di libertà autentica e di personalità, sia at-traverso l’individualismo, sia attraverso la massificazione, che dell’individualismo è il lo-gico sviluppo. «Nel punto in cui il concetto astratto della libertà trasforma in atomo la personaconcreta, la riduce ad individuo, a unità numerica, sciogliendola da ogni nesso organico, nasce con- 

trappuntisticamente e dialetticamente come inevitabile controparte la massa, il puro regno dellaquantità». xxxi Inoltre, massa e individuo soggiacciono ad una dittatura del pensiero eco-nomico.

Ora, afferma Jünger, dell’economia non si vuol negare l’esistenza, bensì il rango: «Ilsuperamento del mondo borghese richiede la dichiarazione d’indipendenza di un uomo nuovo dalmondo economico, dichiarazione che non significherà la rinuncia a tal mondo bensì la sua subordi- nazione alla pretesa di esercitare un più alto dominio». xxxii 

 xxvi J. Evola, L’operaio e le scogliere di marmo, in «Bibliografia Fascista», XVIII, 1943, OD. 143-151(poi: Ar, Padova, 1977).

 xxvii J. Evola, L’operaio nel pensiero di Ernst Jünger, Volpe, Roma 1974, p. 9. xxviii ibid., p. 11. xxix  ibid., p. 9. xxx  ibid., p. 15. xxxi ibid., p. 19. xxxii ibid., p. 22.

Page 93: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 93/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 93

La forza elementare destata dal mondo borghese, che ora la considera come irraziona-le, assurdo, immoralità, caos, esiste di fatto ed ha superato il tentativo della cultura bor-

ghese di negarne l’esistenza, di ridurla in ambiti accettabili. Di fronte ad essa occorre as-sumere una posizione, il che è possibile in due modi: subendola, oppure dominando-la. xxxiii Il nuovo tipo umano è «un uomo che si tiene in piedi perché si fa capace di un rapportodi carattere attivo con l’elementare, parallelo a forme superiori di lucidità, di coscienza e di auto- dominio, di disindividualizzazione e di realismo». xxxiv Questo nuovo tipo umano è chiamatooperaio, con una scelta del termine che Evola ritiene assai poco felice. Infatti esso non hanulla a che vedere con l’operaio che siamo abituati a trovare nella nostra attuale realtà, èuna figura inedita per la quale il lavoro equivale al modo d’essere «di chi sente di starenell’essere e di partecipare all’essere in quanto è assolutamente in atto». xxxv Questa nuova figuraderiva, per Jünger, da «un potenziamento del concetto di persona in opposto all’individuo- atomo». xxxvi In un mondo in cui nulla rimane delle antiche strutture, nel quale l’individuo(non più la persona) si muove tra legami d’ogni genere, in cui la tecnica dà luogo ad unarealtà tragicamente avversa all’uomo, non rimane altra via che dominare e soggiogare al-l’uomo tale realtà. Questa è l’idea base che Evola coglie in Jünger, e che formula conmaggior ricchezza di dettagli ed accurato inquadramento in Cavalcare la tigre. 

Cavalcare la tigre si occupa dell’interiorità dell’uomo, del suo problema esistenziale. Letesi in esso sostenute non possono legittimamente essere estese all’ambito politico, cosache lo stesso Evola nega esplicitamente. È semplicemente arbitrario sostenere che l’operaspinge verso un appoggio alle forze politiche antitradizionali, allo scopo di accelerare la

fine del presente ciclo storico, e dunque del mondo moderno, per poter cosi accelerareanche ogni rinascita della società tradizionale.

Occorre sottolineare, in primo luogo, che Evola si è sempre mostrato molto scetticosull’eventualità che alla fine di questo ciclo storico ne inizi un altro. Inoltre, ha scritto inRivolta contro il mondo moderno che, secondo le formulazioni tradizionali, tra i vari ciclistorici esiste uno iato:

 xxxiii «L’elementare ha [...] una duplice scaturigine. Per un lato ha la sua fonte in un mondo che è semprepericoloso, così come il mare cela in sé il pe ricolo anche quando non è mosso da un alito di vento.Dall’altro, le sue sorgenti si trovano nell’anima umana, la quale brama il gioco e l’avventura, l’amore el’odio, i trionfi e le cadute, sente il bisogno del rischio non meno che della sicurezza» (ibid., p. 27).

 xxxiv  ibid.. p. 33. xxxv  ibid., p. 36. xxxvi ibid.. p. 40.

Page 94: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 94/118

94 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Perciò fra le tante illusioni da combattere sta quella di coloro che si sforzano di vedere una lo-  gica sopraordinata ai processi di dissoluzione, che pensano che, in un modo o nell’altro, ilmondo antico doveva perire per dar luogo ad un mondo nuovo, verso cui, malgrado tutto, oggisi è in marcia. L’unico mondo, verso cui oggi si è in marcia, si è già detto quale sia: è sempli- cemente quello che raccoglie e riassume in forma estrema ciò che ha agito nella fase della di- struzione. Esso è tale che non può servir da base a nulla, che non può fornire una materia ache, seppure informa diversa, in esso possano di nuovo manifestarsi valori tradizionali - perchédi tali valori esso rappresenta la negazione organizzata e divenuta corpo. Per la civiltà mo- derna presa in massa, non vi è un avvenire in senso positivo. Pura fisima è quella di coloroche pensano ad un fine e ad un avvenire che comunque giustifichino quanto l’uomo ha di- 

strutto in sé e fuori di sé. xxxvii 

Cavalcare la tigre esamina alcune possibilità di realizzazione interiore in margine ad unasituazione in cui non è possibile agire efficacemente su altri piani.Nel libro, il concetto di nuova generazione proposto da Matzke, e quello di nuovo tipo

umano esposto da Jünger, si traducono nel concetto di tipo umano differenziato (differen-ziato, naturalmente, da quello dominante di fatto). Questo tipo è delineato nei primi pa-ragrafi dell’opera, che costituiscono un capitolo intitolato non casualmente «Orienta-menti». Già nelle prime pagine si afferma che il testo persegue due scopi interdipendenti:mostrare come l’epoca attuale costituisca una fase di dissoluzione, e affrontare il proble-ma delle forme di esistenza per un particolare tipo umano. xxxviii L’autore chiarisce, appun-to, che nelle sue intenzioni l’opera non è destinata a tutti, ma solo ad alcuni:

Questa restrizione deve essere tenuta ben presente. Tutto ciò che diremo non riguarda un uo- mo qualsiasi dei nostri giorni. Abbiamo invece in vista un uomo che, pur trovandosi impegna- to nel mondo d’oggi, perfino là dove la vita moderna è in massimo grado problematica e pa- 

rossistica, non appartiene a tale mondo, né intende cedere ad esso. xxxix  

 Vi è un punto, nel testo, che non sembra essere stato adeguatamente valutato dallacritica. Evola espone alcune soluzioni esistenziali possibili per l’uomo che, pur vivendooggi, si senta orientato verso la tradizione o di essa voglia dare testimonianza. Questa, af-

 

 xxxvii J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 411. xxxviii «Il proposito di questo libro è di studiare alcuni degli aspetti, per via dei quali l’epoca attuale si pre- 

senta essenzialmente come un’epoca di dissoluzione, affrontando in pari tempo il problema dei comporta- menti e delle forme di esistenza che in una situazione siffatta si convengono ad un particolare tipo uma-no» (J. Evola, Cavalcare la tigre, Scheiwiller, Milano 1971, p. 9).

 xxxix  ibidem.

Page 95: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 95/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 95

ferma Evola, è già una minoranza, disposta a restare in piedi: «Una piccola schiera sembradisposta a battersi anche su posizioni perdute, e quando essa non fletta, quando non scenda a com- 

promessi per la seduzione esercitata da tutto ciò che potrebbe condizionare un qualche loro successo,la sua testimonianza è valida». xl Altri ancora potrebbero scegliere di isolarsi completamente,cosa che già «richiede disposizioni interne e anche condizioni materiali privilegiate che ogni giornosi fanno sempre più rare. Comunque è la seconda delle soluzioni possibili». xli Una terza via è quel-la dei «pochissimi che nel campo intellettuale possono ancora affermare i valori “tradizionali” al di fuori di ogni scopo immediato, tanto da svolgere un’azione di presenza, azione certamente utileper impedire che la realtà attuale chiuda non solo materialmente ma anche idealmente ogni oriz- zonte». xlii 

Queste possibili soluzioni esistenziali, che risolvono, in un certo senso, le aspirazionidi diversi tipi umani, non risolvono un ulteriore problema: «Quello di coloro che non possa- no o non vogliano tagliare i ponti con la vita attuale, che perciò si trovano dinanzi al problemadell’atteggiamento da prendere nell’esistenza». xliii È questo l’uomo che non ha alcun appoggio.Non portato all’azione politica o culturale, né all’isolamento, colto nel suo essere senzalegami in questo mondo, dal quale pure si sente interiormente distante, che possibilitàha un tale uomo di vivere i principi verso cui è attratto? Tale è la domanda a cui rispondeCavalcare la tigre. 

Il tipo umano differenziato è per presupposto separato dal mondo borghese, con cuinon ha nulla da dividere. Ora, è proprio il mondo borghese che vive la sua crisi, crisi checostituisce la fase più spinta di un processo già in moto da molto tempo: «Consideriamo la

situazione generale quale ogni giorno sempre più si precisa dopo quegli avvenimenti cruciali, chesono stati le ultime due guerre mondiali e le loro ripercussioni [...], le forze passate allo stato liberonon sono tali da venire ricondotte entro le strutture del mondo di ieri», xliv cioè del mondo borghe-se. D’altra parte, i valori tradizionali non possono essere assimilati al mondo borgheserispetto al quale sono assolutamente eterogenei: nulla potrebbe farsene il mondo borghe-se, che ha contribuito a combatterli, e nessun vantaggio verrebbe ai tradizionalisti da unadifesa ad oltranza delle presenti strutture antitradizionali della vita. Ciò significa che nonè possibile invertire la direzione lungo la quale il mondo moderno è avviato, e rende ne-cessario il pensare a salvarsi, senza appoggiarsi a nulla che faccia parte di questo mondo,

 xl ibid., p. 10. xli ibidem. xlii ibidem. xliii ibid., p. 11. xliv  ibid., p. 12.

Page 96: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 96/118

96 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

cioè nulla di ciò che è destinato a crollare e che potrebbe travolgere noi stessi. Come?Occorre

mantenere una direzione essenziale senza appoggiarsi a nessuna forma data o tramandata, in- cludendo in esse anche forme autenticamente tradizionali, ma storiche, del passato. A tale ri- 

 guardo, la continuità non potrà essere mantenuta che su di un piano, per così dire, essenziale,appunto come un intimo orientamento dell’essere presso alla massima libertà esterna. [...]L’appoggio che dovrà continuare a dare la Tradizione non si riferisce alle strutture positive,regolari e riconosciute da una qualche civiltà già essa formata, ma soprattutto a quella dot- 

trina che, per così dire, ne conteneva i principi allo stato preformale superiore e anteriore. xlv  

La via del cavalcare la tigre delinea un tradizionalismo non ancorato a forme storiche

della tradizione, al rimpianto di questa o quella età, al contatto con questa o quella isti-tuzione di origine tradizionale esistente. Occorre, piuttosto, prescindere da quanto è sto-ricamente condizionato, e rifarsi direttamente a quei principi che, in circostanze storicheconcretamente date, si espressero attraverso forme e istituzioni storiche, diedero vita astrutture che, immerse nel mondo moderno, o non hanno senso, oppure non hannolunga vita dinanzi a sé. I principi della tradizione, in quanto metafisici e normativi, sepa-rati dalla loro attuazione, hanno validità perenne, e possono essere assunti anche senzal’intermediazione di una istituzione o di resti di antiche civiltà.

Ciò precisato, si pone un altro problema. Quest’uomo che si ricollega ai prìncipi

normativi della tradizione, ma non alle forme storiche di essa, ha la possibilità di colmarequel vuoto che scaturisce dall’assenza di quei riferimenti di carattere storico, attraversol’assunzione, in una interpretazione particolare, di qualche realtà in atto, di qualche pro-cesso storico presente nel mondo moderno? In altre parole, si può trovare qualcosa di va-lido nel mondo moderno, una volta che non si abbia più da difendere ciò che, storica-mente, era tradizionale, ma si abbiano presenti solo dei principi puri, la cui realtà storicaè costituita non da una struttura, ma soltanto dalla vita del singolo? Questa è la domandada cui si avvia l’ampia disamina dei processi in corso nel mondo odierno, che costituiscela parte centrale di Cavalcare la tigre. Vi si cerca, insomma, qualcosa che può essere salva-to o integrato, ma questo tentativo, non lo si dimentichi, ha un esito del tutto negativo:nulla di ciò che è propriamente moderno può essere accettato.

L’esame di cui parliamo è caratterizzato da Evola in questi termini: vedere

 xlv  ibid., p. 13.

Page 97: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 97/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 97

in che termini si possano accettare in pieno situazioni di dissoluzione senza essere toccati inte- riormente. In più si potrà considerare ciò che nell’attuale fase [...] può venir scelto, separatodal resto e assunto come forma libera di comportamento che, esteriormente, non sia “anacro- nistico” [...] restando, all’interno, determinato e comandato da uno spirito completamente di- 

verso. xlvi 

Si può dunque dire che, nel libro, non c’è un abbandono delle precedenti posizioni,ma il tentativo di trasformare il tradizionalismo da un atteggiamento di difesa ad un at-teggiamento di attacco, una posizione culturale dalla quale affrontare, all’altezza dei tem-pi, questa realtà. xlvii Naturalmente questo attacco non può essere ridotto al solo ambitopolitico (di cui, anzi, Evola si preoccupa pochissimo) né va confuso con una contrapposi-zione al sistema borghese da parte di forze che, come il marxismo, derivano da esso.

L’accusa mossa ad Evola, che questo libro giustifichi azioni di un individualismo esa-sperato e totalmente immorale, non si può confutare perché non si riesce a capire su checosa poggi! Evola accenna alla possibilità di «contribuire a che quel che già vacilla ed appar- tiene al mondo di ieri, cada, anziché cercare di puntellarlo e di prolungargli l’esistenza, xlviii ma ciò ègià implicato nelle sue posizioni degli Anni Trenta, quando invitava ad una rivolta controil mondo moderno, e non al suo sostegno o alla semplice conservazione. D’altra parte,come riferimento chiarificatore con questo contributo a far cadere ciò che già vacilla,Evola cita (in nota, a pagina 9 di Cavalcare la tigre) i seguenti testi: Rivolta contro il mondomoderno, per il significato di tradizione, e Gli uomini e le rovine, come riferimento per

l’azione politica. Quest’ultimo è un trattato di dottrina politica tradizionale quasi inte-ramente fondato sul pensiero controrivoluzionario dell’Ottocento (De Maistre, DonosoCortes, ecc.). Inoltre avverte chiaramente di differenziare le proprie posizioni da quelledel marxismo, il quale è soltanto una negazione della negazione (il mondo borghese), eaggiunge ancora, a proposito di un’ipotetica proiezione politica delle tesi esposte nel li-bro:

Di rigore, non rientrerebbe nell’argomento precipuo del presente libro, perché ha attinenza noncon la condotta interna personale, ma con l’ambiente, non con la realtà di oggi, ma con unnon ipotecabile futuro dal quale è necessario che non si faccia dipendere in alcun

modo il proprio comportamento. xlix  

 xlvi ibidem.  xlvii ibid., p. 14. xlviii ibidem  xlix  ibid., pp. 14-15. Cfr. p. 17: «è il campo della vita personale che qui ci interessa». 

Page 98: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 98/118

98 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Il libro è stato accusato anche di nichilismo, benché proprio a questo fenomeno Evola

dedichi una penetrante critica. Il nichilismo, già previsto da Nietzsche, è ormai, secondoEvola, una realtà. Viviamo in un mondo dove Dio è morto, ma

la “morte di Dio” è una immagine per caratterizzare tutto un processo storico. La formulaesprime “la miscredenza divenuta realtà quotidiana”, quella desacralizzazione dell’esistenza,quella rottura totale col mondo della Tradizione che [...] nell’umanità attuale ha sempre più

assunto i tratti di uno stato di fatto definitivo.l 

 A fondamento del nichilismo odierno sta la frattura ontologica con la quale l’uomoha perso ogni riferimento con l’autentica realtà. Il concetto espresso da Dostojewskij - se

Dio non esiste, tutto è permesso - spiega il crollo attuale della morale, «resa indipendentedalla teologia e dalla metafisica e fondata sulla sola autorità della ragione, la cosiddetta “moraleautonoma”».li  Questo è il primo fenomeno disgregativo che ha preso forma. Successiva-mente, infatti, venuto meno ogni fondamento religioso, la morale razionale non ha rettoalle istanze critiche e non ha trovato alcunché per giustificarsi:

Rinunciando ad un fondamento intrinseco ed assoluto pel “bene” e pel “male”, la giustifica- zione proposta per una qualche sussistente norma morale è quel che può consigliarsiall’individuo pel suo vantaggio e per la sua tranquillità materiale nella vita consociata. [...]

Nulla ha più un carattere interiormente normativo e imperativo. Si tratta solo di fare i conticon i codici della società.lii 

In uno stadio successivo della dissoluzione, anche questo labile compromesso vienemeno, travolto dall’individualismo e dall’anarchismo. Si arriva alle ultime forme del pen-siero nelle quali, con Sartre, si dice che quand’anche Dio esistesse, nulla cambierebbe. Èil senso dell’assurdo e della pura irrazionalità eretto a norma. liii Si tratta dello stadio fina-le di un processo degenerativo che ha realizzato di fatto una disgregazione della persona.«Già qui va rilevato il fatto, che esiste una corrente di pensiero e una “storiografia” cui è stato pro- prio il presentare questo processo o, almeno, le prime fasi di esso, come qualcosa di positivo»: liv ciò,

l ibid., p. 22.li ibid., p. 20.lii ibid., pp. 22-23.liii Cfr. ibid., pp. 22-25.liv  ibid., p. 25.

Page 99: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 99/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 99

secondo Evola, va inteso alla stregua di una euforia di naufraghi che arriva fino ad esalta-re le ultime fasi del nichilismo, nelle quali arrivano ad un limite i presupposti del razio-

nalismo che avevano già dato vita all’illuminismo, al liberalismo, allo «storicismo immanen- tistico, prima “idealistico” e poi materialistico e marxistico».lv Dal punto di vista tradizionale, anche nell’ottica del cavalcare la tigre, questa corrente

è da condannare decisamente, recuperando quei valori che essa ha calpestato, e primad’ogni altro, il senso religioso dell’esistenza:

Nessun Dio ha mai legato l’uomo, è una fantasia non soltanto il despotismo divino ma, inbuona misura, anche quello al quale, secondo le interpretazioni illuministiche e rivoluziona- 

rie, il mondo della Tradizione avrebbe dovuto il suo ordinamento dall’alto e verso l’alto.lvi 

L’uomo moderno ha voluto essere libero rinunciando ai valori religiosi ed è pervenu-to a considerare l’esistenza un assurdo e tale interpretazione come un fatto normale edaccettabile. Il nichilismo, in tal senso, è una spia della crisi dell’uomo, una crisi moltoprofonda, che si manifesta in forme molteplici, nei vari campi della cultura, della morale,delle istituzioni, dove sempre si evidenzia un vero e proprio crollo esistenziale, una di-spersione di fronte alla vita, l’incapacità di raccogliersi in sé stessi ed essere protagonisti,per quanto è dato, dagli eventi: «Il tratto predominante è quello di un essere gli oggetti e addi- rittura le vittime dei processi distruttivi in moto; questi dall’umanità ultima vengono semplicementesubiti».lvii 

lv  ibidem. lvi ibidem. lvii ibid., p. 37. Cfr. le osservazioni critiche del Calandra riguardo a Cavalcare la tigre, secondo il

quale «l’arco teso da Evola tra le premesse e le conclusioni è perfetto, ma chiuso in se stesso, senza aggancicon il mondo degli uomini» (Giuseppe Calandra, rec. di Cavalcare la tigre, in «Problemi della Pedago-gia», VII, 1962, pp. 500-503, part. p. 502). Tale affermazione viene però posta in maniera arbitra-ria e senza alcun tentativo di dimostrazione, nonostante il fatto che si riferisca ad un’opera aven-te riguardo per i problemi esistenziali; il critico muove due obiezioni: l’analisi non è condotta inmaniera unitaria, ma frammentaria; manca un «contesto strutturale della crisi» (p. 502). Seconda-riamente, l’analisi non è scrutata e presentata in «un probante processo genetico» (p. 503). In relazio-ne al secondo punto, evidentemente il recensore non ha presenti altre opere di Evola, e princi-palmente Rivolta contro il mondo moderno. In relazione al primo, resta sinceramente difficoltoso ca-pire a che cosa si alluda. Evola cerca appunto di ricondurre alla loro unità fenomeni critici cheapparentemente potrebbero sembrare slegati, e rimanda alle categorie generali del suo pensiero,per comprendere il metodo e le motivazioni del suo lavoro. Più equilibrato, il Bortot includeCalcavare la tigre nella scia delle opere che si ispirano stilisticamente allo Zarathustra di Nietzsche.

Page 100: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 100/118

100 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Di questo processo di crisi non ci si può disinteressare, perché o lo si subisce, oppuresi reagisce ad esso, almeno a livello personale. Il tipo umano differenziato, cui si rivolge

l’opera, è colui che «affronta i problemi dell’uomo moderno, senza essere lui stesso “uomo moder- no”, appartenendo invece ad un diverso mondo, conservando in sé una dimensione esistenziale di- versa».lviii Per quest’uomo si apre la possibilità di passare ad uno stadio post-nichilista, enon limitarsi solo alla prospettiva di una reazione al nichilismo partente da ciò che cro-nologicamente si situa prima di esso. Questa è la peculiarità di Cavalcare la tigre: non sitratta di accettare il nichilismo, né di svilupparne in qualche maniera i presupposti: sitratta, invece, di comprendere che si vive dopo l’età che ha visto trionfare il nichilismocome situazione di fatto. Allora occorre porsi degli obiettivi, dare delle risposte che delfatto tengano conto, senza per questo darne una legittimazione sul piano morale.

Di fronte alla disgregazione della personalità verificatasi nell’età moderna, l’uomo del-la tradizione rimane con la personalità che già possiede e della quale non si è fatta que-stione all’interno del processo degenerativo. Nel vuoto attuale, l’uomo della tradizioneconserva dei valori ai quali non aveva mai smesso di credere, e che non si erano (o nondovevano essersi) confusi con le istituzioni e i valori borghesi in crisi. Il nichilismo, allo-ra, pone di fronte a questo uomo una tabula rasa, gli sgombra il terreno da una lunga seriedi equivoci e di fantocci morali. Di ciò egli approfitta per affermare un senso superioredell’esistenza che non può più essere frainteso e assimilato a valori culturali non tradi-zionali. Se il mondo moderno conclude col dire che nulla esiste e tutto è permesso,l’uomo della tradizione ricomincia col dire: se tutto è permesso, riaffermiamo la nostra na-

tura morale, la nobiltà del nostro spirito: «Del riconoscere che “nulla esiste, tutto è permesso”,della “libertà dello spirito”, la conseguenza inevitabile è: “ora dovete dare la prova di una naturanobile”».lix 

Ciò comporta l’assunzione di una condotta morale che non abbia alcun appoggioesterno, che non si giustifichi facendo riferimento ad una religione o ad una filosofia,bensì a qualcosa che si possiede interiormente, che si è. Si elimina ogni intermediazionedi strutture e culture, e si genera un legame diretto tra i puri principi tradizionali e la na-

 

Egli individua il punto di partenza nell’opposizione al mondo moderno e riconosce che questacomporta necessariamente una crisi esistenziale, di fronte alla quale la soluzione consiste nel rea-lizzare una distanza interiore da un mondo non sentito come proprio. In tal modo, dice il critico,l’uomo realizza la sua libertà, riporta il proprio essere al vero essere, pur pagando ciò al prezzodella rinuncia al mondo contemporaneo (cfr. Roberto Bortot, rec. di Cavalcare la tigre, in «Gior-nale di Metafisica», XX, 1965, pp. 341-342, ora in Omaggio..., cit.. pp. 105-107).

lviii J. Evola, Cavalcare la tigre, cit., p. 37.lix  ibid., p. 40.

Page 101: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 101/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 101

tura della persona. La libertà che il mondo odierno procura, diventa una prova per sepa-rare le varie nature, una pietra di paragone: siamo liberi per assumere senza compromessi

il nostro vero essere, per porre a centro della nostra esistenza la spiritualità che costitui-sce la parte più profonda di noi stessi, per «assumere il nostro essere in un dovere».lx mante-nersi a ciò fedeli, dimostrando coi fatti se si è «capaci, o meno, di tener fermo interiormente,nel proprio nudo, assoluto essere, senza nulla temere e nulla sperare».lxi 

È il superamento della prova che rivela se si possiede veramente la natura differenzia-ta, cioè se si appartiene alla razza degli uomini la cui caratteristica è «una dimensione esi- stenziale non presente nel tipo umano predominante nei tempi ultimi, cioè la dimensione della tra- scendenza».lxii Ecco perché Evola sottolinea, anche in altri testi che la formula “cavalcare latigre” «è applicata unicamente ai problemi interiori della persona, al suo comportamento, al suoagire e reagire in un’epoca della dissoluzione, senza nessuna finalità esterna, senza avere in vistanemmeno il futuro, ossia l’eventuale chiudersi di un ciclo e l’iniziarsi di un nuovo ciclo».lxiii 

Questa dimensione della trascendenza non è travolta dalla crisi moderna che ha por-tato a parlare di una morte di Dio, perché nel crollo «a scomparire non è [...] il Dio di unametafisica, bensì il Dio del teismo, il Dio-persona che è una proiezione dei valori morali e sociali oun appoggio per la debolezza umana».lxiv Negli odierni processi dissolutivi «cade l’epidermidemorale di un Dio che aveva finito col fare da oppiaceo o da controparte alla piccola morale sosti- tuita dal mondo borghese alla grande morale»,lxv cioè allo spirito classico. Proprio come corret-tivo all’ateismo contemporaneo occorre percepire la dimensione della trascendenza pre-sente nell’uomo, ancorarsi a questa presenza divina, facendone «il senso calmo di una pre- 

senza e di un possesso intangibile, di una superiorità alla vita in seno alla vita».lxvi Ciò, naturalmente, non può essere solo presunto, non si può credere di essere un tipo

umano differenziato, e vivere in tale illusione: occorre una prova, soprattutto per se stes-si, occorre saggiarsi con veri e propri esperimenti, affrontare ciò che è incerto, ambiguo,pericoloso, quasi per trovarsi delle occasioni nelle quali reagire, e valutarsi sulla scorta deirisultati:lxvii 

lx  ibid., p. 45.lxi ibid., p- 47.lxii ibid., p. 50.lxiii Id., Il cammino del Cinabro, cit., pp. 216-217.lxiv  Id., Cavalcare la tigre, cit., p. 57.lxv  ibid., p. 59.lxvi ibid., p. 60.lxvii ibid., p. 63.

Page 102: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 102/118

102 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

Dopo che ogni sovrastruttura è stata respinta e distrutta, e che per sola base si ha il proprio esse- re, il senso ultimo dell’esistere nel vivere può scaturire unicamente da una relazione diretta e

assoluta tra questo essere (fra ciò che si è determinatamente) e la trascendenza [...]. Agire sen- za guardare ai frutti, senza che sia determinante la prospettiva del successo e dell’insuccesso, dellavittoria e della sconfitta, del guadagno e della perdita, e nemmeno quella del piacere e del dolore,dell’approvazione o della disapprovazione altrui».lxviii 

Tutto ciò, per Evola, va inteso nel quadro di una rivalutazione della persona, control’astrazione individualistica: «Il vero punto di partenza deve essere invece costituito dalla distin- zione fra persona e individuo. In senso stretto, il concetto di individuo è quello  di una unitàastratta, informe, numerica».lxix La persona, infatti, è qualcosa di tipico e al tempo stesso dif-ferenziato, è la realtà concreta e complessa di un uomo che ha per riferimento modellimetafisici liberamente scelti:

È ciò che l’uomo rappresenta concretamente e sensibilmente nel mondo, nella situazione dalui assunta, ma sempre nel significato di forma, di espressione, di manifestazione diun principio sovraordinato nel quale va riconosciuto il vero centro dell’essere.lxx  

Una persona siffatta, in un certo senso, può dirsi chiusa alle influenze provenientidall’ambiente esterno, ma «non è chiusa verso l’alto [...]. Per essere veramente tale la personaabbisogna di un riferimento a qualcosa di più che personale. Venendo meno questo riferimento la

persona si trasforma in “individuo”».lxxi Così la persona, intesa come realtà concreta, è un punto di incontro tra l’individuale (l’essere

un uomo) e il superindividuale (la realtà metafisica che la fonda come momento irripetibile e negiustifica l’esistenza).lxxii La rivalutazione della persona è il punto di partenza per una critica serra-

 

lxviii  ibid., p. 64. Cfr. ancora: «Né piacere né dolore debbono entrare in linea di conto come moventiquando si deve fare ciò che deve essere fatto» (p. 71). Resta però inteso che «agire puro non significa agirecieco. E la norma di non guardare alle conseguenze concerne i moventi affettivi individualistici, non già lanecessaria conoscenza di quelle condizioni oggettive di cui l’azione deve tener conio per essere, per quanto èpossibile, un’azione perfetta, anzi per non essere un’azione destinata già in partenza a fallire» (p. 73).

lxix  ibid., p. 105.lxx  ibid. p. 108.lxxi ibid. p. 109.lxxii In riferimento a questa concezione della persona, Evola richiama esplicitamente la Neue

Sachlichkeit, alle pp. 114-115.

Page 103: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 103/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 103

ta a molteplici aspetti della cultura attuale. In primo luogo, al naturalismo e al realismo marxista,in stretto collegamento col sentimento borghese della natura, e con le attuali condizioni di vita:

Mentre in una grande città, in regime di masse, fra il formicolare di esseri quasi irreali, senzavolto, spesso si può realizzare un essenziale senso di isolamento e di distacco in via naturale

 forse più che non in solitudini di lande e montagne, quel che abbiamo indicato poco sopra cir- ca i mezzi tecnici più moderni di comunicazione, distruttivi delle distanze [...] può servire per alimentare il distacco, l’intima superiorità, la calma trascendente nell’agire e nel muoversi nelvasto mondo.lxxiii 

Riguardo alla concezione della natura: «Non è mai esistito uno stato puramente “naturale”; egli[l’uomo] fin da principio è stato posto in uno stato “super-naturale” da cui poi decadde [...] Ogni “ritornoalla natura” [...] è un fenomeno regressivo. L’uomo che diventa “naturale” in tale senso, in realtà si “snatu- 

ra”».lxxiv Questo carattere sovrannaturale si deve manifestare anche nell’atteggiamento di fronte aciò che è specificamente natura, e che è un atteggiamento di superiorità: «Natura sono per lui sia lecampagne, la montagna, i boschi, le marine, sia dighe, turbine e fonderie, sistemi tentacolari di gru e di scalidi un grande porto moderno o un complesso di grattacieli funzionali».lxxv Cosi la natura diviene una «scuo- la dell’oggettivo e del lontano. [...] e va a presentare un carattere totale». lxxvi 

Ciò comporta anche un’acuta critica all’atteggiamento proprio alla scienza nei confronti dellarealtà, onde non superare un atteggiamento sentimentalistico con una attitudine scientifica: «Laverità è che nulla viene all’uomo dai progressi di scienza e tecnica: né nei riguardi del conoscere [...] né neiriguardi della stessa potenza, ancor meno nei riguardi di una qualche norma superiore per l’agire».lxxvii Fattaqualche concessione alla medicina, il progresso odierno, per Evola, non offre nulla di essenzial-

mente irrinunciabile. Le sue

 forme di una potenza esteriore, meccanica, estrinseca, lasciano immutato l’essere umano rea- le: egli non è potente né superiore usando missili spaziali più di quanto lo fosse usando unaclava, tranne che negli effetti materiali a prescindere dai quali egli resta quello che è, con lesue passioni, i suoi istinti e le sue debolezze.lxxviii 

Un’ultima annotazione può essere fatta riguardo all’atteggiamento dell’uomo diffe-renziato di fronte al mondo politico, nelle prospettive del cavalcare la tigre. Questo atteg-

 

lxxiii ibid., p. 119.lxxiv  ibid., p. 121.lxxv  ibid., p. 122. Non si tratta di cercare i paesaggi più belli, ma quelli più «sconfinati, più calmi,

più freddi, più duri, più primordiali di altri» (ibid., p. 124).lxxvi ibid., p. 124.lxxvii ibid., p. 136.lxxviii ibid., p. 137.

Page 104: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 104/118

104 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

giamento si configura per Evola nell’apolitia: «Come il vero Stato, lo Stato gerarchico e organi- co, ha cessato di esistere, del pari oggi non esiste nemmeno un qualsiasi partito o movimento al

quale si possa incondizionatamente aderire e per il quale ci si possa battere con impegno assolu- to».lxxix Il principio di apolitia

riguarda l’atteggiamento interiore. Nell’attuale situazione politica, in clima di democrazia edi “socialismo”, le condizioni obbligate del gioco sono tali che l’uomo in questione non può as- solutamente prendervi parte [...]. Però l’apolitia, il distacco, non comporta necessariamenteconseguenze particolari nel campo dell’attività pura e semplice.lxxx  

Esclusa, in termini esistenziali, sarà solo la possibilità di agire essendo presi e mossi da unqualsiasi mito politico e sociale dei nostri giorni.lxxxi 

3 - IL PENSIERO POLITICO DI EVOLA E I FONDAMENTI PER UNA SCELTA DI IMPEGNO SOCIALE 

Gli uomini e le rovine è il titolo di un saggio di dottrina politica tradizionale scritto daEvola nel dopoguerra, il quale non ha soltanto un valore politico, ma anche un interesseesistenziale. Già si è accennato, parlando di Cavalcare la tigre, che accanto alla via di chitenta di restaurare un contatto diretto con la trascendenza vi è quella di chi vuol tenerfermo anche su posizioni perdute e dare ad esse una testimonianza, contrastando perquando è possibile le forze della cultura moderna, onde non cedere ad esse neppure unmetro di terreno. Gli uomini e le rovine vuole proporre dei riferimenti essenziali di filosofiapolitica a chi intenda scegliere questa strada. Inoltre, quest’opera contiene la conclusionedi una lunga indagine dedicata da Evola ai problemi politici, indagine iniziata con  Ameri- canismo e bolscevismo, e proseguita negli Anni Trenta soprattutto sulle pagine della rivista«Lo Stato» di Carlo Costamagna.

La concezione personalista di Evola, naturalmente, non può ammettere nessuna dot-trina politica che, in modo più o meno palese, si presenti impregnata di individualismo ocollettivismo. «Per la concezione individualista della vita, la società umana diventa una totalità

meccanica, composta di individui atomi. Essa è un aggregato senza forma, incoerente e senza scopo.

lxxix  ibid., p. 172.lxxx  ibid., p. 174.lxxxi ibid., p. 175.

Page 105: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 105/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 105

È composta di elementi del tutto uguali e la sua forma è determinata da leggi casuali». lxxxii L’individualismo è necessariamente collegato alla democrazia moderna, la quale prevale

sui regimi tradizionali «sacrificando l’autonomia individuale alla soddisfazione degli interessimateriali dell’individuo».lxxxiii L’individualismo è d’altronde aspetto particolare di un più vasto fenomeno di disso-

luzione, tramite il quale

da un mondo organico, da un mondo nel quale ogni essere e ogni attività aveva il posto che gli spettava e manteneva così la propria qualità specifica e la propria funzione relativamenteindipendentemente nell’ordine del tutto - si passò ad un mondo costituito da atomi incoeren- 

ti.lxxxiv  

Naturalmente, all’individualismo corrisponde anche una dottrina giuridica le cuipremesse filosofiche trascurano quasi del tutto, o negano, il valore della personalità.lxxxv  

Per Evola, il maggior difetto delle dottrine moderne, anche nel campo della filosofiapolitica, è la mancanza di riferimenti di ordine metafisico, e la riduzione della propria at-tenzione ad una sola parte delle questioni che sorgono nella vita sociale. Questa non èfatta soltanto di produzione e leggi della produzione, ma presenta, in concreto, problemi,realtà, esigenze che, trascendendo la sfera economica e produttiva, sono pur sempre sen-tite profondamente dalle singole persone ed hanno un valore importante nella loro vita.È naturale, allora, che nei regimi di tipo capitalistico (per non parlare di quelli marxisti)

si verifichino fenomeni da cui traspare la profonda insoddisfazione, il senso di estraneitàche assume la vita della persona, in una situazione nella quale non si sente parlar d’altroche di problemi non assoluti, non importanti:

Finché non si sa parlare che di classi economiche, di lavoro, di salari, di produzione, finché cisi illude che il vero progresso umano, la vera elevazione del singolo siano condizionati da unparticolare sistema di distribuzione della ricchezza e dei beni ed abbia dunque a che avere conl’indigenza e l’agiatezza, con lo stato della prosperity USA oppure con quello del socialismo

utopico, si resta sempre sullo stesso piano di ciò che va combattuto.lxxxvi 

lxxxii Carlo Costamagna, La nuova scienza dello stato, in J. Evola - C. Costamagna, L’idea di Stato, Ar, Padova, 1970.

lxxxiii ibid., p. 13. lxxxiv  J. Evola, Sul fondamento spirituale della nuova scienza dello Stato, in «Lo Stato», VIII, 1937,

pp. 275-286, ora in L’idea di Stato, cit., pp. 33-51, part. p. 35.lxxxv  cfr. ibidem. lxxxvi J. Evola, Orientamenti, Ed. Europa, Roma 1971, p. 12.

Page 106: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 106/118

106 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

L’agire politico va subordinato alle esigenze spirituali dell’uomo, tenuto conto della

sua effettiva natura. Dunque, anche nell’ambito dell’agire politico, che sembrerebbe do-minato dal pragmatismo e dalla furbizia, è necessario che una contemplazione interiore,una meditazione, una consapevolezza di superiori principi vadano a reggere e a determi-nare l’azione esteriore: «È piuttosto una rivoluzione silenziosa, procedente in profondità, che sideve propiziare, a che siano create prima all’interno e nel singolo le premesse di quell’ordine, che poidovrà affermarsi anche all’esterno».lxxxvii Questo principio è affermato come conditio sine quanon per quanti vogliano svolgere un’azione politica che sia conforme al pensiero tradizio-nale.

Il concetto di tradizione, nell’ambito strettamente politico, viene delineato richia-mando la necessità di una posizione al di là degli schemi politici parlamentari, e caratte-rizzabile come rivoluzione conservatrice. Il momento conservatore si riferisce «non a forme eistituzioni dei tempi trascorsi, bensì a dei principi»lxxxviii di carattere normativo. Questi, infatti,non sono un dato occasionale, un semplice aspetto di un programma politico; bensì so-no l’essenziale: «Il fondamento di ogni vero Stato è la trascendenza del suo principio, cioè delprincipio della sovranità, dell’autorità e della legittimità».lxxxix Ciò è anche espresso parlandodel «carattere sacro del principio della sovranità». xc 

Questa sacralità non ha un valore generico, non è un modo di dire, ma va intesa co-me espressione rigorosamente formale, indicante il fatto che il principio, in una societàtradizionale, appartiene all’ordine religioso, è metafisico. Solo così, tra l’altro, lo stato è

sottratto all’arbitrio dei governanti, e può garantire libertà concrete la cui legittimità nonpuò essere mai cancellata e la cui soppressione non può avvenire senza che non si com-metta immediatamente una usurpazione.

La libertà, per Evola, non è un concetto astratto, come nel liberalismo, bensì un ambi-to concreto di possibilità che realmente l’uomo si trova davanti, un ambito nel quale de- ve considerarsi padrone. Questa libertà concreta deriva direttamente dalla dignità e in-sopprimibilità della persona, dal fatto che essa non si identifica col semplice vivere mate-riale, e che richiede di per sé una costante attenzione di carattere morale, che implicauna ascesi. La libertà esterna deriva «dalla libertà interna e dalla superiorità rispetto a sé come

lxxxvii ibid., p. 8.lxxxviii J. Evola, Gli uomini e le rovine, Volpe, Roma 1972, p. 19.lxxxix  ibid., p. 29.

 xc ibidem. 

Page 107: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 107/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 107

individuo fisico», xci ed è condizione imprescindibile perché la personalità di ciascuno possaesplicarsi, manifestarsi, crescere, in vista della sua destinazione trascendente.

Da ciò deriva che la dottrina politica tradizionale non lascia nessuno spazio al totalita-rismo, cioè a quella che Evola considera un’aberrazione moderna mediante la qualel’unità sociale è imposta dall’esterno,

per mezzo di forme dirette di intervento e di controllo esercitate da un potere puramente, ma- terialmente politico, affermantesi come l’estrema ragione del sistema. Peraltro, nel totalitari- smo è insita la tendenza livellatrice, l’insofferenza per ogni forma parziale di autonomia e per 

ogni grado di libertà. xcii 

Esso pone ogni potere nelle mani di strutture burocratiche e amministrative di con-

trollo, gestite da ceti dirigenti senza alcuna qualificazione né dote morale particolare, che

si fanno onnipervadenti [...] non conoscendo limiti per una invadenza del pubblico nel priva- to, tutto inquadrando in schemi privi di flessibilità e di elasticità e, alla fine, privi perfino disenso, perché, partendo da un centro di potenza informe, nasce una specie di piacere intrinse- 

co e tetro per quest’opera di livellamento ad ogni costo. xciii 

 A tali sistemi politici si contrappongono la visione tradizionale e la realtà storica dellasocietà ad essa ispirata, dove

l’unità non aveva un carattere semplicemente politico, bensì un carattere spirituale, spessosenz’altro religioso [...]. Uno spirito unico si manifestava in una varietà corale di forme corri- spondenti alle varie possibilità dell’esistenza umana [...]. Proprio la spiritualità dell’unità eraciò per cui il risultato poteva essere l’integrazione del particolare, non la sua compressione ocoartazione. Un relativo pluralismo è un elemento essenziale in ogni sistema organico, come loè una relativa decentralizzazione, per la quale il criterio è che essa può essere tanto più spin- ta, per quanto più il centro unificante ha appunto un carattere spirituale e in un certo modo

trascendente. xciv  

Partendo da questa idea centrale, Evola sviluppa una critica del machiavellismo, delbonapartismo, della «demonia dell’economia», cioè dell’idea secondo la quale «il fattore eco- 

 

 xci ibid., p. 55. xcii ibid., p. 68. xciii ibidem.  xciv  ibid., p. 67.

Page 108: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 108/118

108 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

nomico è quello importante e decisivo», xcv aberrazione in cui convergono sia il capitalismo cheil marxismo.

Riprendendo un tema già presente nei suoi scritti giovanili, Evola scrive che

nulla è più evidente che il capitalismo moderno è sovversione quanto il marxismo .Identica è la visione materialistica della vita che è alla base dell’uno e dell’altro; identici qua- litativamente sono gli ideali di entrambi; identiche, in entrambi, le premesse legate ad unmondo il centro del quale è costituito dalla tecnica, dalla scienza, dalla produzione, dal “ren- 

dimento”, dal “consumo”. xcvi 

Ribellandosi ad una riduzione della vita umana all’ambito ristretto della produzione edel lavoro, un lavoro d’altronde del tutto spersonalizzato e per nulla paragonabile alle an-

tiche arti, Evola riafferma una concezione dello stato in perfetta armonia con i pensatoritradizionalisti dell’Ottocento, come Donoso Cortes, il Visconte de Bonald e il De Mai-stre. Per costoro, e per Evola, il problema dello stato diventa quello di realizzare unastruttura della vita tale da permettere all’uomo, nel rispetto della propria autentica natu-ra, di realizzarsi, di soddisfare le sue più intime esigenze, sia di ordine materiale, sia so-prattutto di ordine spirituale, religioso, in vista della proiezione sovrannaturale della vitapersonale. xcvii 

4 - EVOLA, IL FASCISMO E IL RAZZISMO 

Evola viene comunemente considerato un pensatore «fascista», senza che a tale parola venga attribuito un significato determinato e, almeno nel caso specifico, chiaro. Si sa giàche la situazione di Evola durante il Ventennio fu del tutto particolare. Non iscritto alpartito, polemico e poco disposto a tacere, si oppose ogni qual volta lo ritenne opportu-no. Ricorda, ad es. il De Felice che, in occasione della campagna razzista, Evola «respinseancor più recisamente ogni teorizzazione del razzismo in chiave esclusivamente biologica, tanto datirarsi addosso gli attacchi dei vari Landra». xcviii 

 xcv  ibid., p. 89. xcvi ibid., p. 90. xcvii Sulla dottrina dello stato, cfr. anche i numerosi articoli raccolti in Ricognizioni, cit., e dedi-

cati all’argomento. xcviii R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino, 1972, p. 385.

Page 109: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 109/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 109

È chiaro che il giudizio del pensatore romano relativamente al fascismo subì dellemodificazioni, anche in riferimento alle vicende del regime, nel quale si trovava a vivere.

Da un primo rifiuto, dovuto alla presenza nel fascismo di caratteri troppo marcatamentepopulisti e socialisti, si passò a vedere la possibilità di una collaborazione, e a intenderepraticamente questa collaborazione come azione di rettifica mirante a portare il regime,per quanto possibile, su posizioni culturali più serie. La sua posizione però resta semprequella definita sulle pagine di «La Torre»: il riferimento assoluto è dato dai principi tradi-zionali; «nella misura che il Fascismo segua e difenda tali principi, in questa stessa misura noi pos- siamo considerarci fascisti. E questo è tutto». xcix 

Nel fascismo, per il riferimento ad un passato che da tempo era stato dimenticato,Evola vedeva la possibilità di comprendere il mondo della tradizione, e ciò distingueva ilfascismo da ogni altro movimento politico contemporaneo: a suo parere, vi erano in essodei germi che, adeguatamente sviluppati, avrebbero potuto portare ad una completa vi-sione della vita che non si esaurisse in un semplice movimento di restaurazione politica.Questo però, non implicava un’adesione incondizionata, ma al contrario, un’adesionecostantemente ed apertamente critica. E la critica, in effetti, non mancò, come può mo-strare questo esempio tra i tanti:

Un “mito” solo ci trova in aperto contrasto: quello per cui la spiritualità e la cultura dovreb- bero esser quasi parti dipendenti della politica. Noi affermiamo, invece, che è la politica chedeve esser condizionata dalla spiritualità e dalla cultura, se non si vuole ridurre la prima a

cosa piccola, empirica, e contingente.c

 

Di particolare interesse, in questo quadro, l’azione svolta da Evola, con i suoi contattipersonali, per spingere a fondo i rapporti tra Italia e Germania, e far sì che essi si fondas-sero su qualcosa di più della contingente convergenza tra due regimi politici affini. Attra- verso questa occasione offerta dagli eventi, si trattava, per Evola, di recuperare, ciascunoper proprio conto, lo spirito classico e quello che possiamo definire “germanico”, perporli a confronto, per restaurare un patrimonio di valori comuni, che già si erano armo-nicamente fusi nel medioevo. Ciò, presso al convincimento che ci si avvia ad un’epoca

decisiva. Anticipando e presentendo i tempi, scrive infatti: «Il futuro che ci attende [...] saràdecisivo per una discriminazione fondamentale fra due tipi umani distinti e irreducibili: il tipo dichi ha dei principi e il tipo di non ne ha».ci Proprio in vista di una prova decisiva offerta dalla

 xcix  J. Evola, La torre, cit. p. 43.c ibid., p. 44.ci ibid., p. 388.

Page 110: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 110/118

110 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

storia si afferma che l’intesa con la Germania dovrebbe fondarsi su una kultur da ritrova-re in tutta la sua purezza.cii 

Le idee politiche che Evola propone nei saggi scritti durante il Ventennio sono so-stanzialmente le stesse che troveranno una formulazione organica nel dopoguerra, in Gliuomini e le rovine. Lo stato ha come caratteristica essenziale una unità che «non assorbe e di- strugge (centralizzazione) ma subordina a sé una pluralità, a cui lascia il massimo grado di indi- pendenza materiale. È un regime fortemente, rudemente personalizzato».ciii Questa unità è il ri-sultato di una forza la quale, nel mondo tradizionale, costantemente preso a modello,«non era sopra un fattore materiale, sia pur esso politico, che si basava [...]. Era appunto un lega- me spirituale, non un legame di violenza o di materialità».civ 

Nel dopoguerra, i rapporti di Evola con l’ideologia fascista vengono chiariti dallo stes-so pensatore, in un saggio in cui analizza il fenomeno in relazione al pensiero politicotradizionale. Qui egli afferma che il giudizio da darsi sul passato regime appartieneall’ambito storiografico e che il punto di vista tradizionale consiste in un «ordine di ideecoincidente solo in parte col fascismo (o col nazionalsocialismo tedesco)». cv Il pensiero tradiziona-le non ha alcun interesse a rivendicare a sé il fascismo, ma in sede storica può porsi ilproblema, questo sì di interesse particolare, di vedere fino a che punto il fenomeno stori-co può essere riconnesso «alla grande tradizione politica europea e di separare quel che in essoesistette a titolo di compromesso, di possibilità divergenti e addirittura deviate, di fenomeni che inparte risentivano degli stessi mali contro i quali, reagendo, si voleva combattere».cvi In tal senso, ilfascismo non è assunto come termine di paragone, ma, al contrario, come una realtà

contingente, nella quale si cerca, in forma problematica, un contenuto valido, a pre-scindere dalle sue caratteristiche peculiari.

 Anche per quel che riguarda la posizione di Evola di fronte al problema razziale, intempi anche recenti si sono potute leggere condanne non motivate, e spesso delle vere eproprie falsità. Ad es., Ugoberto Alfassio Grimaldi, autocriticando le sue passate posizio-

 

cii J. Evola, Vie per una comprensione romano-germanica, in «Augustea», 1941, nn. 15-16, pp. 13-14, part. p. 13. Cfr. anche: Id., Il problema della futura classe dirigente tedesca, in «Rassegna Italiana»,

 XXI, 1938, pp. 513-520.ciii J. Evola, Note circa il ritorno al medioevo, in «Vita Nova», VII, 1931, pp. 946-960, part. p. 956-

957.civ  ibid., p. 957.cv  J. Evola, Il fascismo, Volpe, Roma 1970, p. 17.cvi ibid., p. 19.

Page 111: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 111/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 111

ni nel Regime, cita brani da un suo scritto «ritrovato fra le vecchie carte in cantina»cvii e risa-lente appunto agli anni del Ventennio. In questo scritto egli ritrova una sua polemica

con Evola che accusa di voler tornare «alle caste divise e al comando dato ad una strettissimaminoranza razzialmente selezionata».cviii Ciò è abbastanza problematico, perché non cogliecon esattezza la posizione di Evola. Inoltre, in un testo (stavolta pubblicato nel 1942) lostesso Alfassio (salvo un caso di omonimia), accusava Evola di essere antifascista, antiraz-zista, antinazionalista, nemico dell’impero e persino amico degli ebrei!cix  

In realtà, la posizione di Evola appare chiarissima. Nel «Diorama filosofico» scrive, adesempio:

Oggi il razzismo sembra riprendere la peggiore eredità di Nietzsche quando tenta di ricondurrea basi biologiche ogni valore, a far di vita, sangue e razza la misura e la condizione di ogni

 forma spirituale, cadendo così in una riduzione falsificatrice.cx  

 Altrove, accusa la banalità del razzismo: «Troppo comodo sarebbe se il semplice fattodell’appartenenza ad una razza restata pura, significasse senz’altro una “qualità” in senso superio- re, e se una cultura di tipo quasi zootecnico bastasse per difendere e trasmettere questa qualità». cxi Il discorso su una «razza» non si pone a livello biologico, ma sul piano delle qualità inte-riori, personali. Si può parlare opportunamente di «razza» per indicare uno stile di vita, lequalità morali che contraddistinguono l’uomo dal nobile carattere da un degenerato eimmorale. Questa è per Evola la vera divisione tra razze, indipendentemente dal colore

della pelle: «Si passa dal regno della natura a quello della cultura [...] quando non siano più leleggi e gli istinti della natura organica a dar forma alle facoltà spirituali, ma siano invece le facoltàspirituali a dar forma ed ardire agli elementi e alle tendenze della natura organica».cxii 

«Razza» può avere un significato positivo e serio soltanto se è sinonimo di «spirito»,cioè se sta ad indicare la presenza di quello stile classico di cui si è già parlato: «Se la pre- servazione o la reintegrazione della purità della razza in un animale può esser tutto, nell’uomo ciòpuò costituire una condizione sotto certi aspetti necessaria, ma in nessun caso sufficiente: perché

cvii Ugoberto Alfassio Grimaldi, Prefazione a Marina Addis Saba, Gioventù italiana del littorio. Lastampa dei giovani nella guerra fascista, Feltrinelli, Milano 1973, pp. 7-46. part. p. 18.

cviii ibid., p. 20.cix  Ugoberto Alfassio Grimaldi, Ai margini di una polemica sulla validità di un esoterismo razzista,

in «Civiltà Fascista», IX, 1942, pp. 647-652.cx  J. Evola, Diorama filosofico, cit., p. 184.cxi J. Evola, Stirpe e spiritualità, in «Vita Nova», VII, 1931, pp. 580-582, part. p. 580.cxii ibid., p. 581.

Page 112: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 112/118

112 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

non è dal semplice fattore “razza” che l’uomo in quanto tale è definito».cxiii Il razzismo biologico,come dottrina, è un banale materialismo. Però, quando si verifica «un’azione con cui il sin- 

 golo si libera del proprio elemento naturalistico, reagisce su di esso e ad esso impone una più altalegge: allora noi abbiamo la premessa fondamentale per giungere ad una più elevata concezione del- la dottrina della razza».cxiv Questa concezione diversa si basa su

una forza diversa che sta al semplice elemento razza come l’anima sta al corpo formato a suaimmagine. [...] Qui noi troviamo uno stile, il quale se prende come materia prima e veicolo la“natura”, ad essa non si lascia ridurre, e testimonia della presenza e dell’azione formatrice diun elemento metabiologico. Proprio questo stile costituisce ciò che in un senso superiore, conriferimento all’uomo in quanto uomo, e non più in quanto animale, “superiore” o meno, può

chiamarsi razza.cxv  

cxiii J. Evola, Razza e cultura, in «Rassegna Italiana», XVII, 1934, pp. 11-16, part. p. 12.cxiv  ibid., p. 13.cxv  ibidem. 

Page 113: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 113/118

CONCLUSIONE

È stato nostro intento fornire al lettore una descrizione fedele del pensiero di Evola,tenendo ben presenti le varie fasi della sua formulazione e la storia intellettuale del pen-satore romano. Ci sembra di poter dire che questa indagine ha posto in luce aspetti ine-diti della sua speculazione, come ad es. il valore teoretico degli studi storici, e ha permes-so di rettificare certe interpretazioni, ponendo in rilievo il radicale rifiuto dell’idealismo eil valore contingente di certe fasi speculative, come quella del gruppo di Ur.

In sostanza, il pensiero di Evola si caratterizza per una costante attenzione ai principitradizionali, per un tentativo continuo di verificarne l’esattezza e la precisione della defi-nizione, ricorrendo alle testimonianze storiche, e complementarmente, per un pressante

interesse ai problemi della persona umana immersa in un mondo certamente ostile a de-terminati valori, nel quale corre seriamente il rischio di perdere la propria identità, lapercezione della propria natura e di una normalità di comportamento che, a livello di so-cietà, sembra essere ormai venuta meno.

In ciò Evola è indubbiamente autore di opere che meritano la massima attenzione eche sono fonte di insegnamenti e dottrine di interesse sempre attuale, di riferimentisempre validi, anche quando si è portati, per serietà culturale e non per banale polemica,a discuterli. È naturale, però, che l’insieme dell’opera evoliana non sia esente da proble-mi, e che questi problemi debbano essere posti in rilievo da quanti si occupano seria-

mente di cultura tradizionale.Un primo problema è rappresentato, a nostro parere, dalla debolezza della parte meta-fisica della speculazione evoliana. Evola rintraccia nella storia la presenza di due nature,due realtà, dell’essere e del divenire, e ne fornisce una giustificazione metafisica collegan-dole alla Diade che procede dal Principio, che rappresenta due aspetti del principio. Ilfatto che entrambi i principi (materia e forma, ordine e caos) siano costantemente ricon-dotti all’Uno, fa sì che la differenza tra di essi non sia morale, bensì gerarchica. In tal sensonon sarebbe lecito identificare il mondo oscuro e caotico con il male, parola che compa-re in Evola quasi sempre tra virgolette, e che invece è qui scritta in senso proprio, senza virgolette. Evola rifiuta il mondo oscuro e caotico perché esso è il luogo in cui, secondo lagiusta gerarchia, la coscienza deve dominare, seguendo modelli archetipici. Questo puntoè debolissimo. Alla domanda: perché deve? si risponde: perché così è! Però il non-formalenon si identifica con il non-esistente, né con il male in assoluto (non si può far colpa alcaos di essere caotico). Ciò non basta per affermare che sia illecito il rifiuto di adeguarsi anorme morali. Se il caos procede pur sempre dall’Uno, per quale motivo non ci si puòabbandonare al caotico, al passionale, infischiandosene degli archetipi? L’uomo passiona-le, l’uomo moderno esistono di fatto, esercitano delle scelte metafisiche. Che cosa rende

Page 114: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 114/118

114 «Mediterránea», vi i , 2013, vol . 23

possibile la loro esistenza di fatto? Che cosa la rende condannabile? Si dirà che non esisteun archetipo che contempli una scelta di passionalità, ma questa risposta non è fondata.

Una tale scelta, infatti, non comporterebbe l’assunzione a regola di vita di un terminedella Diade, cioè di un principio metafisico? Se il caos è un aspetto dell’Uno, ne conse-gue che il trascendimento dell’uomo verso il basso riporta pur sempre all’Uno, e chequesto trascendimento si suppone comporti una perdita di coscienza. Però Evola non ha imezzi per definire una tale scelta come male in sé. La negatività, il male, non hanno inEvola un valore assoluto, tant’è che saranno riassorbite nell’Uno alla fine dei tempi. Ciòsignifica che, nel pensiero di Evola, non c’è la concezione di un ordine moraledell’universo.

Si può dire che l’abbandono del proprio compito etico comporta la dissoluzione dopola morte, mentre la scelta morale comporta la sopravvivenza immortale. Questo è il se-condo punto debole del pensiero evoliano.

 Anzitutto, che l’immortalità non sia riservata a tutti gli uomini, ma solo ad alcuni chela conquistino, è concezione propria di alcune tradizioni. Non lo è, ad es., dell’ebraismo(lasciamo stare ora il cattolicesimo) nonché di molte religioni “etnologiche”. In secondoluogo, la dottrina dell’immortalità condizionata comporta delle gravi conseguenze sulpiano metafisico. Infatti, l’essenza divina presente in ogni uomo è necessariamente indi-struttibile. In coloro che non conseguono l’immortalità, tale essenza deve essere, in uncerto modo, riassorbita dal Principio. Ne consegue che questa essenza divina è in sé im-personale. Allora, dove risiede il principio della personalità? Se esso è fuori dell’essenza

divina, evidentemente è fuori dalla forma: lo dovremmo allora, assurdamente, situare nelcaos, nella materia informe, che è impersonale per definizione. Se il principio della co-scienza esiste nell’unione inscindibile di materia e forma, allora tale unione deve esserenecessariamente eterna, data l’eternità del principio forma. Quindi, o ogni uomo è ne-cessariamente immortale, oppure può divenire tale «rendendo operante» questa unioneche si presenta alla persona solo in forma potenziale. Ma questo secondo caso rimandaancora alla difficoltà nota: che cosa è l’uomo prima di aver compiuto tale operazione? Ola persona è immortale, senza condizioni, oppure esistono delle condizioni e allora non siè persona finché non si realizzano tali condizioni. Ma ciò è assurdo; qui non stiamo par-

lando di io idealistici, ma di qualcosa che o è o non è, o possiede una dimensione spiri-tuale oppure, in forza dei presupposti di Evola, non la conquisterà mai. A nostro parere, non bisogna pensare a due nature, bensì ad una sola natura, quella

umana, suscettibile di due opzioni morali, cioè di conformarsi o meno all’ordine delcreato stabilito da Dio, imposto moralmente e inscritto nella natura umana stessa chepuò rifiutarlo esercitando la sua costitutiva libertà.

Page 115: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 115/118

Gianni Ferracuti: Julius Evola 115

In terzo luogo, occorre chiedersi come Evola effettivamente concepisca i principi tra-dizionali. Egli ne parla come di forze, ma questo termine è vago. Cosa significa che la

tradizione subisce degli adattamenti (si pensi all’interpretazione del buddhismo e del catto-licesimo)? Essa è una forza di quale coscienza? Se non si vuole intenderla come un ritor-no più o meno velato all’io idealistico, questa azione della tradizione va intesa su di unpiano autenticamente metafisico. Quindi o la sua azione nella storia è provvidenza, o sitratta di un processo oggettivo e impersonale che, per questo stesso fatto, non ha alcunsignificato per l’uomo che può disinteressarsene. La posizione di Evola non è chiara. Eglisembra da un lato concepire una provvidenza; dall’altro però usa ancora una volta le vir-golette con questa parola, cioè si discosta dal significato che abitualmente diamo al ter-mine provvidenza. O questi principi hanno una superiore validità perché sono fissati egarantiti da un Dio personale, oppure restano come una realtà sospesa a metà. Evolaconcepisce il Principio in termini personali, nello stesso momento in cui lo oggettivizzain un sistema di valori che si autogiustificano e si adattano alle condizioni degli umani,invece di costringere l’uomo ad adattarsi ad essi.

Questa problematica ci porta ad un’ultima osservazione, relativa all’interpretazioneevoliana del cattolicesimo. Qui la nostra critica è di carattere metodologico. Un conto èciò che il cristianesimo è di per sé, un altro conto è l’interpretazione che se ne dà. Nelquadro di una filosofia della storia questa interpretazione non può prescindere dalla real-tà, non può fabbricarsi un suo cattolicesimo e un suo cristianesimo. Ora, in ultima anali-si, tutto il cristianesimo si racchiude nell’affermazione che Gesù di Nazareth, uomo sto-

rico in carne ed ossa, era niente di meno che Dio. Non un Dio, una manifestazione oquel che si vuole, ma il Dio supremo, lo stesso che ha creato e governa il mondo. Questoè il cristianesimo, o meglio: questo pretende di essere.

Il cristianesimo parla del Dio-Uomo come realtà al tempo stesso metafisica e storica.Ciò lo caratterizza e questo, se si vuol fare una filosofia della storia e delle religioni, è ildato che va spiegato, non quello che va soppresso.

Tali, a nostro avviso, i punti critici del pensiero di Evola, la cui evidenziazione non si-gnifica, naturalmente, che perda di valore ciò che di valido esiste nell’opera evoliana. Ri-teniamo però che tutto il discorso importantissimo relativo al campo etico debba essere

confermato da una integrazione sul piano metafisico, necessiti cioè di un fondamentomaggiore di quello che Evola è riuscito a formulare.

Page 116: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 116/118

 

Page 117: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 117/118

 INDICE

Introduzione .......................................................................................... 7

Capitolo 1°:Il sistema idealistico ............................................................................ 15

Capitolo 2°:Gli sviluppi dell’idealismo assoluto: il gruppo di Ur ............................ 32

Capitolo 3°:L’approdo alla Tradizione .................................................................. 45

Capitolo 4°:Metafisica e Tradizione ....................................................................... 63

Capitolo 5”:Il problema esistenziale ....................................................................... 87

Conclusione ...................................................................................... 113

Page 118: Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

7/27/2019 Mediterranea_23 - Ferra - Julius Evola

http://slidepdf.com/reader/full/mediterranea23-ferra-julius-evola 118/118