matilde monti - mind over matter

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UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO Facoltà di Psicologia Corso di Laurea Specialistica in Psicologia dello Sviluppo e della Comunicazione Curriculum Comunicazione, Empowerment e Benessere MIND OVER MATTER: protocollo di potenziamento cognitivo basato sull`integrazione tra immagini mentali e nuove tecnologie Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe RIVA Psicologia delle Nuove Tecnologie della Comunicazione Tesi di: Matilde Monti mat. 3709042 a.a. 2009/2010

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Training mentale creato sfruttando le nuove tecnologie: disegnato appositamente per il tiro libero nel basket, si sviluppa in sedute di imagery e di allenamento del gesto motorio.

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Page 1: Matilde Monti - Mind over Matter

UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO

Facoltà di Psicologia

Corso di Laurea Specialistica in Psicologia dello Sviluppo e della Comunicazione

Curriculum Comunicazione, Empowerment e Benessere

MIND OVER MATTER:protocollo di potenziamento cognitivo basato sull`integrazione tra

immagini mentali e nuove tecnologie

Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe RIVAPsicologia delle Nuove Tecnologie della Comunicazione

Tesi di:Matilde Monti mat. 3709042

a.a. 2009/2010

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Ai Nonni: su fra le stelle

e giù dentro ai cuori

“La forza non deriva dalle capacità fisiche, bensì da una volontà indomita”.

- Mahatma Ghandi -

Page 4: Matilde Monti - Mind over Matter

I

RINGRAZIAMENTI

Il primo ringraziamento va al Prof. Riva, per aver ispirato con la sua passione ed il suo entusiasmo le mie scelte curricolari e per aver seguito con calma, pazienza e dedizione la stesura di questa tesi.

Il secondo grazie va al Prof. Gaggioli per averci inseriti con progetti pratici all'interno del mondo delle nuove tecnologie, impartendoci le conoscenze e le competenze necessarie per saper sfruttare queste innovazioni.

Grazie alla Prof. Muzio ed al Coach Gamba per avermi portata per mano all'interno di un mondo che vive per e con lo sport.

Grazie alla mia Famiglia. Mamma e Papà, grazie per il supporto, l’aiuto, il sostegno, l’amore e tutto quello che mi date ogni giorno. Ai miei fratelli, Mattia e Martin, fratelli, amici e punti di riferimento, certezza e pilastri portanti della mia vita. A mia cognata Paola, solare e fantastica, una sorella meravigliosa. Ai miei due nipoti Matteo e Beatrice, che con ogni sorriso, ogni abbraccio, ogni parola ed ogni passo sanno emozionarmi sempre di più. Vi amo.

Grazie Vale ed Ale: inutile dirvi che non posso immaginarmi senza di voi. Mattone su mattone, insieme abbiamo creato la nostra storia, aiutandoci l'un l'altro a porre delle fondamenta salde sulle quali costruire le nostre vite.

Grazie Forchettine: Ele, Chiara ed Ary, Vallina, Aly, Lady, Manu, Titti (e Lorenzino!), Ste e Luko. Le cene, la cucina, i sorrisi, i racconti e le stupidaggini, i viaggi e le gite fuori porta, le massime ed i soprannomi. Siete una fonte d'ispirazione e di forza, tutte così diverse, eppure tutte così unite. Siete una fortuna ed un dono.

Grazie a Giulia per tutti i pasti giapponesi e per le innumerevoli notti insonni passate al telefono tra una chiacchiera ed un'altra, e grazie al mio nipotino peloso Rambo che con la sua dolcezza e la sua simpatia m'illumina il cuore.

Grazie alla mia compagnia di amici: Cala, Ceci, Met, Andy, Edo e Fede, Ila, Leo e Giò, compagni di baldoria e presenze insostituibili.

Grazie ai miei compagni d’università: Bel, Giuly, Clod, Cocco, Franci e Lollo,Nigui, Nik, Charlie, Eri, Valina, Gigi, Fra, Fred e Ricky. Avete reso 5 anni di università talmente belli da poter essere rimpianti. Grazie a Bea ed a Fabio per le innumerevoli giornate passate sui banchi di via Necchi a studiare insieme.

Grazie ai miei amici d’Olanda: Chiara, Meri, Molly, Chris, Anna, Sarah, Ally, Trent, Irina, Shaniah ed M.J., per aver condiviso con me un’avventura unica.

Page 5: Matilde Monti - Mind over Matter

II

Grazie ai miei amici Olandesi: Jeroen, Milena, Harrie, Marianne, Feike, Manu, Aline, Torben, Nienke, Lieke, Ale e Lizzy. Semplicemente grazie.

Grazie alla BST, squadra e passione. “Vedo più voi che la mia famiglia”, eppure continuo a farlo perchè è splendido così. Se non ci foste voi, bisognerebbe inventarvi.

Grazie ai compagni storici di squadra e passione, in particolar modo Silvietta, Nina e Franci, Pine, Je e Gila, Nena, Diego e One. Tutti uniti dalla stessa “stupida palla”.

Grazie ai compagni di castelli di sabbia: Franza e Giugiu, Cri, Mari, Cers, Cavalchino e TeoFerro, per tutte le giornate di sole e di pioggia, dentro i palloni ed all'aria aperta, passate con i piedi nella sabbia.

Grazie ai miei compagni di Master, in particolar modo Aldo, Luca, Roby e Marti che con me hanno condiviso un’avventura meravigliosa.

Alle Attiline Franci, Sere, Salvietta, Mari e Claudia, ed agli Attilini Ste, Fabri e Dani per aver condiviso con me la quotidianità di questi ultimi mesi, supportandomi e sopportandomi.

A Marigonda, Manu, Ale, Fla, Roby e MAP per avermi insegnato tanto.

Grazie a tutte le persone che mi hanno accompagnata negli anni, agli americani Sam, Alex, Hillary, Ella ed a mio cugino David, agli amici della cena di Settembre Carlo, Fede, Angioletta, Martino e Chiara e grazie anche a tutti quelli che non ho menzionato.

In qualche modo ho incrociato tutte queste persone sulla mia strada. Sembrano tante, ma si sa: le persone vengono e le persone vanno. Ciò che resta è che ogni incontro che si fa sul proprio cammino ne influenza l'andatura, la direzione e la meta finale.

Grazie a tutti per avermi scortata fin qui!

Page 6: Matilde Monti - Mind over Matter

III

INDICE

INTRODUZIONE....................................................................................................P. 1

CAP 1. POSITIVE PSYCHOLOGY

INTRODUZIONE......................................................................................................P. 3

1. Storia della Psicologia Positiva..............................................................……...P. 31.1 Dai greci alla Positive Psychology....................................................................P. 51.2 L’oriente e la Positive Psychology....................................................................P. 6

2. Positività: Stati e Processi......................................................................……...P. 72.1 Il Piacere della Positività...................................................................................P. 72.2 Emotional Well-Being...............................................................................…... P. 102.3 Personal Well-Being......................................................................................... P. 122.4 Social Well-Being.................................................................................………P. 13

3. Il Potenziamento................................................................................................P. 143.1 Primary Enhancement.......................................................................................P. 153.2 Secondary Enhancement...................................................................................P. 16

4. Mindfullness ed Esperienza Ottimale............................................................... P. 17

5. Sports Psychology.................................................................................………P. 19

CONCLUSIONE........................................................................................................P. 22

CAP 2. FLOW E MENTAL TRAINING

INTRODUZIONE......................................................................................................P. 23

1. Flow (storia, 10 definizioni e 10 teorie)...........................................................P. 231.1 Storia della Teoria del Flow.............................................................................P. 251.2 Flow ed Emozioni............................................................................................P. 301.3 Flow, Performance ed Esperienza....................................................................P. 32

2. Mental Training................................................................................................P. 352.1 Programmi di Preparazione Mentale................................................................P. 382.2 Strumenti del Mental Training.........................................................................P. 41

3. Psicologia dello Sport e Mental Training........................................................P. 48

CONCLUSIONE.…………………………………………………………..............P. 50

Page 7: Matilde Monti - Mind over Matter

IV

CAP 3. L’IMAGERY TRA STORYTELLING E NUOVE TECNOLOGIE

INTRODUZIONE…………………………………………………………..............P. 52

1. Lo Storytelling……………………………………………………….............. P. 52

2. “Potenza Segreta”, Esperienza di Digital Storytelling………………..............P. 572.1 Contesto………………………………………………………………............ P. 572.2 Soggetti.………………………………………………………………............ P. 582.3 Risultati……………………………………………………………….............P. 58

3. Le Nuove Tecnologie di Comunicazione e lo Storytelling…………...............P. 593.1 Le Nuove Tecnologie…………………………………………………............P. 593.2 La Realtà Virtuale…………………………………………………….............P. 603.2.1 La Teoria del Cambiamento…………………………………………..............P. 603.2.2 La Teoria della Presenza……………………………………………...............P. 633.3 Il Web 2.0……………………………………………………………..............P. 673.4 I Vantaggi della Realtà Virtuale………………………………………............P. 69

CONCLUSIONE……………………………………………………………............P. 71

CAP 4. I NEURONI MIRROR E L'IMITAZIONE

INTRODUZIONE......................................................................................................P. 73

1. La Modificabilità Cognitiva e la Plasticità Cerebrale......................................P. 741.1 La Modificabilità Cognitiva.............................................................................P. 741.2 La Plasticità Cerebrale..................................................................................... P. 76

2. I Neuroni Bimodali ed i Neuroni Specchio......................................................P. 772.1 L'Imitazione......................................................................................................P. 802.1.1 La Capacità di Replicare un Atto.....................................................................P. 802.1.2 La Capacità di Apprendere un Nuovo Pattern d'Azione e la Capacità di Riprodurlo nei Dettagli............................................................. P. 81

CONCLUSIONE........................................................................................................P. 83

CAP 5. MIND OVER MATTER

INTRODUZIONE…………………………………………………………............. P. 85

1. La Ricerca……………………………………………………………. ............P. 85

2. Gli Strumenti………………………………………………………….............P. 882.1 Questionario Conoscitivo……………………………………………..............P. 882.2 Questionario sullo Stile Cognitivo……………………………………............P. 88

Page 8: Matilde Monti - Mind over Matter

V

2.2.1 QSVV…………………………………………………………………........... P. 892.2.2 SOLAT………………………………………………………………..............P. 902.2.3 VVQ…………………………………………………………………..............P. 912.3 EHI……………………………..……………………………………..............P. 922.4 Rilassamento ed Imagery……………………………………………..............P. 93

3. Il Campione…………………………………………………………...............P. 94

4. Le Ipotesi……………………………………………………………...............P. 95

5. La Metodologia……………………………………………………….............P. 965.1 Incontro Conoscitivo………………………………………………….............P. 975.2 Pre-Test……………………………………………………………….............P. 985.3 Test……………………………………………………………………………P. 995.4 Post-Test………………………………………………………………………P. 1005.5 Incontro Finale………………………………………………………………..P. 101

6. Il Sito Internet…………………………………………………………........... P. 101

CONCLUSIONE……………………………………………………………............P. 102

CONCLUSIONI ………...………………………………………………...............P. 104

APPENDICE

1. Questionario Conoscitivo……………………………………………..............P. 1062. QSVV…………………………………………………………………............P. 1073. SOLAT………………………………………………………………..............P. 1094. VVQ…………………………………………………………………..............P. 1125. EHI……………………………………………………………………............P. 1136. Narrativa Braccio Destro……………………………………………...............P. 1147. Narrativa Braccio Sinistro…………………………………………….............P. 1208. Scheda Riassuntiva…………………………………………………................P. 1269. Questionario di Valutazione Finale…………………………………...............P. 127

BIBLIOGRAFIA......................................................................................................P. 129

Page 9: Matilde Monti - Mind over Matter

1

INTRODUZIONE

L’obiettivo di questo progetto, frutto dell’integrazione fra due diversi rami della

psicologia positiva, ossia la psicologia dello sport e la psicologia delle nuove tecnologie di

comunicazione, è la creazione di processi di training mentale risultanti dall’unione dei

punti di forza di queste due diverse discipline psicologiche. La psicologia positiva, in

primo luogo, è la madre delle altre due discipline, la base portante della psicologia

cosiddetta “sana”; la psicologia dello sport, invece, è un ramo di studi concentrato sulle

discipline sportive, finalizzato a cercare i punti di forza dei soggetti sportivi per poi

potenziarli e spingerli al massimo delle loro capacità; la psicologia delle nuove tecnologie

di comunicazione, infine, è quel ramo di studi che si occupa di comprendere i benefici

apportati alla società dalla nascita di internet e delle comunicazioni mobili e di sfruttare i

vantaggi al fine di creare tecnologie sempre più complesse e sempre più funzionali per

sostenere i comportamenti umani ed aiutare l’uomo a raggiungere obiettivi sempre più

complessi, come per esempio assistere soggetti disabili colmando le loro lacune con le

sempre più nuove capacità della tecnologia.

Da questa base teorica è scaturita la voglia di trovare un modo interessante per

integrare questi due ambiti e creare processi di training mentale, in questo caso applicati

allo sport, il più funzionali ed adatti possibile, grazie anche alla possibilità di sviluppare

allenamenti sempre più precisi ed incentrati sulle necessità del soggetto. Per fare ciò, si è

scelto di cercare uno sport nel quale fosse possibile scegliere un atto cosiddetto “closed

skill”, ossia un comportamento il cui esito dipenda soltanto dall’esecuzione del soggetto e

non da possibili interferenze di terzi. Dopo una breve ricerca, si è deciso di fermarsi al

basket, poiché, oltre ad avere il tiro libero, che è un closed skill, è anche uno sport indoor,

caratteristica che permette di ovviare all’interferenza atmosferica propria, per esempio, del

gioco del golf.

Per allenare il tiro libero del basket, alla luce di una dissertazione sulla teoria

riguardante le varie dimensioni considerate nella stesura del progetto, si è deciso di

intervallare momenti di allenamento su campo con momenti di training mentale in gruppo

e momenti di training mentale in solitaria, per i quali è necessario l’utilizzo delle nuove

Page 10: Matilde Monti - Mind over Matter

2

tecnologie, ossia di internet, smart phone e siti web arricchiti di forum e blog. La

possibilità di utilizzare le nuove tecnologie, infatti, ovvia a problemi semplici come la

difficoltà di comunicare a grandi campioni, per numerosità, le date, gli orari e le location

degli incontri organizzati per tutta la durata del progetto. Inoltre, l’utilizzo di strumenti sul

web permette anche di carpire elementi di feedback da parte dei soggetti, nella speranza di

ottenere informazioni che vadano oltre la compilazione dei classici questionari e delle

domani poste vis-a-vis, a cui è possibile ottenere risposte non troppo specifiche a causa

dell’imbarazzo o delle situazioni contingenti. E’ importante, per un buon progetto,

raccogliere informazioni e feedback da parte dei partecipanti, soprattutto per modificare il

progetto nei suoi punti di debolezza, comprendere quali siano i punti di forza e sfruttare

queste nuove conoscenze come punto di partenza per un progetto nuovo e sempre migliore.

Questa tesi si struttura in cinque capitoli, ognuno dei quali è focalizzato su un

argomento: il primo capitolo è un approfondimento teorico sulla psicologia positiva, culla

e base teorica dalla quale si sviluppano gli altri ambiti teorici trattati nel corso della tesi e

da cui prende vita anche il progetto stesso. Il secondo capitolo, invece, è una discussione

teorica sulla psicologia dello sport incentrata sul training mentale, in particolar modo

sull’imagery, e su quel processo specifico chiamato flow o flusso di coscienza, argomento

molto studiato e trattato sia in tema sportivo sia in ambito di studi sulle nuove tecnologie e

sul loro impatto nella nostra vita. Il terzo capitolo è, quindi, un approfondimento sulla

psicologia delle nuove tecnologie, ed in particolar modo sulle modalità di sviluppo di

progetti di imagery, basati sulla teoria dello storytelling, legati alle nuove tecnologie, per

comprendere come trarre i massimi vantaggi dalle tecnologie nel training mentale. Il

quarto capitolo è la stesura di una piccola sezione riguardante l’aspetto cognitivo

dell’imagery, necessario però per sostenere la veridicità dell’apprendimento per

osservazione o immaginazione. Infine, il quinto capitolo è l’ambito entro il quale è stata

discussa l’intera struttura del progetto, frutto di una riflessione derivante da tutte le

osservazioni teoriche espresse nei quattro capitoli precedenti.

Page 11: Matilde Monti - Mind over Matter

3

CAP 1. POSITIVE PSYCHOLOGY

INTRODUZIONE

L'obiettivo di questo capitolo è sviluppare una panoramica generale riguardo alla

psicologia positiva, contesto entro il quale si svilupperà questa tesi. La psicologia positiva

è un'innovazione ed una svolta all'interno del mondo della psicologia, perchè tocca un

rovescio della medaglia che per anni era stato ignorato: il “potenziale” umano. L'ambito di

studio della positive psychology ha introdotto cambiamenti per quanto riguarda le

metodologie di assistenza e di recupero per soggetti diversamente abili e un accrescimento

dell'attenzione alla totalità del sé, in quanto portatore di fragilità ed allo stesso tempo di

grandi potenziali.

La psicologia positiva ha tratto un grande beneficio anche dallo sviluppo tecnologico

al quale si è accompagnata: la combinazione di nuove tecnologie e dei nuovi interessi della

psicologia ha infatti dato vita a delle nuove modalità di potenziamento e di accrescimento

del soggetto, sviluppando aree e tecniche particolarmente adatte all'enhancement, ed

apportando un forte miglioramento anche nell'assistenza al singolo, sia esso diversamente

abile, normo-dotato o in necessità di potenziare le proprie capacità oltre ai limiti apparenti.

1. La storia della Psicologia Positiva

La Positive Psychology (o Psicologia Positiva) nasce con Martin Seligman nel 1998,

quando divenne presidente della American Psychology Association. E’ uno sviluppo che

segna una svolta nella storia di questa disciplina in quanto porta la psicologia ad occuparsi

anche della componente sana dell’uomo, del suo potenziamento e della sua crescita

ottimale. Seligman prese spunto da Abraham Maslow, il quale nel 1954 usò la definizione

psicologia positiva come titolo di un capitolo del suo libro Motivazione e Personalità1.

Inoltre, già nel 1968 Robert F. Kennedy, fratello del 35° presidente degli Stati Uniti

d’America John F. Kennedy, aveva posto la domanda “cos’è giusto nelle persone?”

1 Snyder & Lopez (2007). Positive Psychology: the scientific and practical explorations of human strengths. Pp. 11.

Page 12: Matilde Monti - Mind over Matter

4

durante la presentazione del suo libro Ciò che rende la vita degna di essere vissuta, nel

tentativo di spostare l’accento dalla cura della componente malata nella persona

all’attenzione per quella sana.

Fu così che trent'anni dopo Seligman definì la psicologia nata negli anni ’40

“vittimologia” (victimology)2, poiché tesa ad occuparsi solamente di disordini e squilibri

mentali dimenticando di prendersi cura anche del lato sano della mente del soggetto, quindi

del suo allenamento e potenziamento. Con questa novità nacque un interesse per una

visione più equilibrata e completa del funzionamento umano. E’ quindi importante

sottolineare che, data questa premessa, la psicologia positiva non si vuole sobbarcare anche

i compiti della psicologia classica, ma vuole risultare come ramo complementare a quella

psicologia che studia la “dark side” dell’uomo, per una visione maggiormente d’insieme.

Seligman, come primo passo, creò un piano d’azione per la task force dell’APA

Presidenziale, col fine di porre le basi per una psicologia più positiva. L’obiettivo di questo

progetto era di creare un corpo di conoscenze sulle qualità e sulle potenzialità delle persone

tanto grande quanto il corpo di conoscenze già noto sulle loro debolezze e difficoltà.

Inoltre il progetto mirava a scoprire come esplorare e sviluppare le caratteristiche positive

(Seligman, 1998; Seligman & Csikszentmihalyi, 2000).

Seligman si rese conto che lo sviluppo di questa nuova disciplina poneva le basi per

un rischio simile a quello nato con la “vittimologia”: trascurare un lato della medaglia per

lavorare esclusivamente sull’altra. Per questo motivo, egli sottolineò quanto fosse

importante potenziare la persona per renderla più capace di adattarsi ed allo stesso tempo

curarla laddove fossero presenti delle falle. Dice Seligman, infatti, che sono i fattori di

prevenzione che portano i maggiori risultati, promuovendo sistematicamente le potenzialità

di ogni soggetto (1998).

Grazie alla ricerca, inoltre, è stato scoperto che esistono delle caratteristiche proprie

dell’uomo che sono degli ottimi scudi contro le malattie mentali: fra questi l’autore

identifica l’ottimismo, la speranza, il coraggio e la perseveranza. Egli sottolinea anche

come sia necessario potenziare queste qualità già a partire dalla giovane età.

Ciononostante, l’essenziale per Seligman sta nel non dimenticarsi di lavorare sull’uomo 2 Seligman (1998). Building human strength: Psychology’s forgotten mission. APA Monitor, 29

Page 13: Matilde Monti - Mind over Matter

5

inteso come la somma di caratteristiche deboli e caratteristiche forti, per poterlo rendere

maggiormente produttivo e per aiutarlo ad sfruttare le sue potenzialità (1998).

1.1 Dai greci alla positive psychology.

Il percorso che ha portato fino alla nascita della positive psychology può essere

ritrovato nello sviluppo morale e filosofico dell’umanità, poiché questo ramo della

psicologia ha tratto elementi da diverse tappe fondamentali della storia dell’evoluzione

dell’uomo e da diverse filosofie. Innanzitutto vengono rintracciati due rami principali,

quello occidentale e quello orientale. Il primo si incentra sul vocabolo speranza, cioè “un

pensiero orientato allo scopo, nel quale una persona ha la capacità percepita di trovare

percorsi per raggiungere il dato scopo (pathway thinking) ed la motivazione richiesta per

usare tali percorsi (agency thinking)” (Snyder, 1994).

Già nella mitologia greca, infatti, è possibile rintracciare il concetto di speranza, in

quanto è la credenza che ogni elemento negativo possa essere trasformato in positivo. E’

altresì vero che esistono diverse accezioni di speranza: se si analizzano le due versioni del

mito del vaso di pandora, per esempio, si nota che da una parte la speranza rimane nel vaso

per schernire l’umanità, ossia è un elemento che ricorda il positivo quando non è presente,

mentre l’altra versione spiega la speranza come una fonte di aiuto per affrontare le

avversità. Nel secondo caso, quindi, la speranza è vista come un placebo per placare la

paura del negativo.

Esempi simili possono essere rintracciati nel corso di tutto lo sviluppo storico:

secondo l’eredità Giudaico-Cristiana la speranza può essere ritrovata nella religione, che

alleggerisce il concetto di aldilà, mentre nel Rinascimento questo concetto tende ad

associarsi con più vigore alla vita presente, alla crescita economica ed al benessere in vita.

In seguito una grande svolta è segnata dall’illuminismo, periodo nel quale la ragione

diventa un elemento chiave e nasce il concetto di “scientifico”, la speranza quindi prende a

svilupparsi sulla base del lavoro e delle capacità razionali. Infine, con la rivoluzione

Page 14: Matilde Monti - Mind over Matter

6

industriale, e quindi con il progresso che portò con se benefici materiali e personali, si ebbe

un ulteriore momento di svolta, poiché il benessere cominciò ad essere una fortuna diffusa,

piuttosto che uno status elitario.

1.2 L’oriente e la positive psychology.

L’apporto che la positive psychology deve allo sviluppo orientale, invece, è

incentrato soprattutto sulle diverse filosofie che sono fiorite nel continente asiatico. Come

prima corrente di riferimento, possiamo rintracciare nel confucianesimo lo sviluppo del

concetto di moralità che si esplica nelle virtù, le cinque caratteristiche di una vita vissuta

secondo una buona morale: gentilezza (jen), rettitudine (yi), decoro (li), giudizio (zhi) e

lealtà (xin). La ricerca costante di queste virtù secondo il confucianesimo porta i praticanti

all’illuminazione, detta anche vita buona.

La seconda corrente orientale che ha avuto influenza sulla positive psychology è il

Taoismo che si basa sul carattere “dow”, che significa il modo, e che “si riferisce

simultaneamente alla direzione, al movimento, al metodo ed al pensiero” (Peterson &

Seligman, 2004, p. 42)3. Come espresso poi più specificamente dal simbolo Yin Yang, il

taoismo è l’equilibrio tra i poli opposti degli agenti nella vita. Questa corrente si distingue

dal confucianesimo poiché le virtù devono venir raggiunte senza grande sforzo, dato che

sono considerate normale espressione dell’equilibrio interiore ed esteriore dell’uomo.

Il nirvana della concezione buddista è la terza corrente orientale che ispirò la positive

psychology. della vita si riallaccia alla ricerca di un modus vivendi che privilegi le buone

virtù - in questo caso si parla di maitri, karuna, mudita e upeksa ossia amore, compassione,

gioia ed equità - in vita e un’idea di post-mortem simile all’idea cristiana del paradiso.

L’obiettivo è la tensione alle virtù e la rimozione dal desiderio di porre fine alle sofferenze,

poiché, così come nel taoismo, si immagina la vita come un equilibrio tra bene e male.

3

Peterson, C., & Seligman, M.E.P. (2004). Character Strengths and Virtues: A Handbook and Classification. Oxford: Oxford University Press.

Page 15: Matilde Monti - Mind over Matter

7

La quarta e ultima delle correnti orientali che hanno influenzato la positive

psychology è l’Induismo, che con il termine karma indica la tensione continua al

miglioramento del sé, che una volta raggiunto il suo apice non avrà più la necessità di

reincarnarsi e quindi di ottenere ulteriori lezioni tramite le nuove vite. La non

reincarnazione è quindi, per l’induista, l’obiettivo finale che può essere raggiunto tramite il

vivere la vita a pieno, imparando ogni lezione senza avere la necessità di ripeterle o

sperimentarle nuovamente in vite successive.

2. Positività: stati e processi

La forza della psicologia positiva nasce dalla sua ricerca del potenziamento delle

persone, dei processi e delle emozioni positive, con risultato utile per l’ottimizzazione delle

capacità ed in generale dello status della persona. L’obiettivo di questa disciplina è di

prendere la persona sana e prepararla ad affrontare in modo ottimale qualunque evento-

stimolo che si presenti. E’ importante, quindi, dare definizioni ai concetti che, per questo

ramo della psicologia, sono considerati di fondamentale importanza.

2.1 Il piacere della positività

Prima di addentrarsi all’interno delle teorie riguardanti il piacere, è importante

chiarire la definizione di quattro vocaboli basilari all’interno per la disciplina della

psicologia positiva, e che possono in alcuni casi generare confusione:

- affect: fu definito dal professor Nico Frijda (1999) la valenza che viene data ad un

determinato stimolo a livello fisiologico. S’intende quindi la positività/negatività

dell’evento-stimolo e l’esperienza dell’arousal fisiologico;

- emotion: la definizione che viene privilegiata è quella di Nussbaum (2001)4,

secondo cui l’emozione scaturisce dal giudizio riguardante eventi importanti, giudizio che

4 Nussbaum, M. (2001). Upheavals of Thought: The Intelligence of Emotions. New York: Routledge.

Page 16: Matilde Monti - Mind over Matter

8

ci permette di realizzare a causa della nostra necessità, “che siamo incompleti e bisognosi

davanti a parti del mondo che non possiamo controllare a pieno”;

- happiness: è un vocabolo che in psicologia viene usato raramente, in quanto è

soggettivo e dipendente dal contesto. E’ generalmente utilizzato solo laddove è spiegato da

ulteriori elementi chiarificatori;

- subjective well-being: questo ultimo concetto è inteso come la combinazione di

emozioni positive (ossia assenza di stato emotivo negativo) e soddisfazione generale della

vita5. Anche in questo caso si parla di percezione soggettiva del proprio stato.

Nello sviluppo della positive psychology, quindi, diventa importante lo studio della

potenza e delle potenzialità delle emozioni positive. Queste ultime infatti influenzano lo

stato di una persona: a conferma di questa teoria vi è il semplice esperimento di Isen

(1970) che manipolò i suoi partecipanti facendo in modo che solo i soggetti sperimentali

trovassero delle monete dimenticate nei telefoni pubblici; questi, a differenza dei soggetti

del gruppo di controllo, in seguito si trovarono ad essere più disponibili ad aiutare il

prossimo in piccole cose, come portare pacchi pesanti o raccogliere oggetti caduti. Inoltre,

Estrada, Isen & Young (1997) riuscirono a dimostrare che le emozioni positive aiutano e

favoriscono il problem-solving e la decision making, indirizzando generalmente verso

soluzioni e decisioni migliori.

Vi sono diverse teorie che sostengono che gli affect con valore positivo tendano ad

incrementare le nostre azioni cosiddette buone, e le nostre emozioni con valenza positiva.

Per esempio, Friedrickson nel 2000 teorizzò la broaden-and-build model of positive

emotions: questa teoria deve il suo nome alla concezione secondo la quale le emozioni

positive tendano ad ampliare, in situazioni contingenti, il repertorio di pensiero-azione. In

secondo luogo, i pensieri positivi tendono a potenziare la creatività nel problem solving ed

a permettere di costruire soluzioni più fantasiose e potenzialmente migliori e più adatte allo

scopo.

5 Diener, (1984, 2000). Subjective well-being. Psychological Bulletin, 95, 542-575.

Page 17: Matilde Monti - Mind over Matter

9

Il complete state model (Keyes & Lopez, 2002) è un piccolo sommario delle teorie

precedenti. Infatti, ciò che hanno voluto fare gli autori è stato definire gli ambiti che con il

well-being fungono da potenziatori nella vita di ogni individuo, e a questo scopo hanno

individuato tre aree: la prima, well-being emotivo, che definiscono “la presenza dell’affect

positivo e della soddisfazione nella vita e l’assenza dell’affect negativo”6 (Riff & Keyes,

1995); la seconda riguarda il well-being sociale, in quanto riscontrano cinque aree che

devono essere socialmente soddisfatte (accettazione, attualizzazione, contribuzione,

coerenza e integrazione); l’ultima è il psychological well-being che riguarda tutte quelle

caratteristiche che riguardano lo sviluppo del soggetto e la percezione che ha di sé stesso e

della sua crescita.

E’ importante notare che il piacere e le emozioni positive non sono elementi che

singolarmente possono portare il soggetto all’apice del suo sviluppo, ma è la somma di

queste diverse parti che in interazione tra loro permettono un potenziamento ottimale e

stabile della persona. Per attenersi al trend il positivo, inoltre, molti autori sostengono che

basti cominciare dal non attribuire valenza negativa agli aspetti ed alle emozioni della vita

(Baumeister, Bratslavsky, Finkenhaur & Vohs, 2001), perché è scoraggiante: quello che è

importante fare è utilizzare, in modo più vasto possibile, emozioni positive e sensazioni

buone per contenere tutti gli stimoli che giungono durante il corso della vita. Diener et al.

(2002) affermarono, a questo proposito, che “it appears that the way people perceive the

world is much more important to happiness than objective circumstances”7 (traspare che il

modo in cui le persone percepiscono il mondo è molto più importante per la felicità della

circostanza specifica stessa).

6 Snyder & Lopez (2007). Positive Psychology: the scientific and practical explorations of human strengths.Pp. 144.7 Diener, E., Lucas, R.R. & Oishi, S. (2002). Subjective well-being. The science of happiness and life satisfaction. In C.R. Snyder & S.J. Lopez (Eds.) The handbook of positive psychology (pp. 63-74). New York: Oxford University Press.

Page 18: Matilde Monti - Mind over Matter

10

2.2 Emotional Well-Being

Abbiamo definito il well-being emotivo come presenza dell’affect positivo e della

soddisfazione nella vita e l’assenza dell’affect negativo; si evince dalla definizione stessa

che vi sono diversi elementi e valori che concorrono al well-being del soggetto. Nel 2002,

infatti, Annette Stanton, con i colleghi Parsa ed Austenfield, teorizzò l’ emotional

approach come contrasto alla emotional avoidance. Secondo quest’ultima teoria vi sono

due circuiti neurobiologici che governano comportamenti tesi all’approccio ed alla fuga nei

confronti di eventi stressanti, al contrario, l’emotional approach sostiene che ci si debba

sempre muovere in direzione dell’evento stressante.

E’ importante sottolineare che, secondo gli autori, il soggetto dopo essere andato

incontro ad un numero di eventi stressanti in maniera attiva, apprende che tali eventi

possono essere vinti o vincitori. Questa nuova conoscenza, permette di vivere in maniera

molto più serena e diretta tali stressors e di accettare come parte inerente del gioco

eventuali sconfitte, senza rimanerne particolarmente danneggiati. Inoltre, questo genere di

approccio alla vita può essere anche sostanziale per imparare a dirigere la nostra

preoccupazione verso veri e propri problemi e non verso elementi solamente percepiti

come tali (Frijda, 1994). Questo modello mira ad insegnare che il dolore esiste, e che deve

essere affrontato, ma non è un motivo per fermarsi davanti ad esso o a soccombergli in

maniera passiva.

Esiste un altro concetto di grande importanza, ossia quello di intelligenza emotiva,

ampiamente studiato e descritto da Jack Mayer, professore di psicologia all’Università del

New Hampshire. Riguarda la capacità di riconoscere e comprendere le informazioni

concernenti le emozioni che proviamo. E’ una tipologia di intelligenza che serve per

gestire in maniera migliore non solo le emozioni ma anche le relazioni sociali e poter

leggere più efficacemente tutte le informazioni che ci circondano. Inoltre, attorno agli anni

novanta, Mayer ha identificato dei tratti specifici dei soggetti con alta intelligenza emotiva,

come la migliore capacità di comprendere e gestire le emozioni, la minor tendenza ad

Page 19: Matilde Monti - Mind over Matter

11

intraprendere percorsi pericolosi come l’abuso e la dipendenza e spesso più portati ad

avere numerose interazioni sociali.

Tornando indietro nel tempo, già nel 1960 le emozioni erano state definite da

Mowrer come un’intelligenza di livello più alto. Nel 2002, è nato il modello

dell’intelligenza emotiva, sviluppato originariamente da Salovey e Mayer, ed avente come

obiettivo il potenziamento di tutte quelle abilità necessarie per potenziare la propria

conoscenza e comprensione delle emozioni, personali ed altrui. Il modello dell’intelligenza

emotiva si basa sull’idea che si può imparare a pensare alle emozioni ed ad utilizzare le

cognizioni riguardanti le emozioni nell’ambito del ragionamento. L’idea finale di Salovey

e Mayer era, dunque, quella di trovare delle modalità per sviluppare le abilità cognitive

relative alle emozioni.

Per raggiungere questo obiettivo, gli autori individuarono quattro rami specifici di

potenziamento delle possibili abilità legate alle emozioni: il primo riguarda le capacità

necessarie per recepire o identificare ed esprimere le emozioni; il secondo concerne

l’utilizzo delle emozioni e della loro comprensione per facilitare il raziocinio; il terzo

affronta la capacità di capire le emozioni e le loro cause ed infine il quarto si occupa delle

capacità di gestire, andare in contro e di accettare le diverse emozioni. Ognuna delle

quattro macroaree di abilità, inoltre, contiene altre quattro sotto abilità, fino a generare

quindi 16 specifiche abilità necessarie per avere una capacità comprensiva e gestionale

delle emozioni ottimale per sfruttarle anche nel ragionamento.

Vi sono molti modelli creati per sviluppare l’intelligenza emotiva, il più noto è il

paradigma di Pennebaker, creato nel 1989, e secondo il quale scrivere continuativamente

dei propri pensieri e delle proprie emozioni è ottimale per sviluppare la capacità di

disclosure (ossia di rivelazione) e quindi di comprensione delle proprie emozioni. I risultati

della prima applicazione di questo paradigma dimostrarono che questo metodo permetteva

miglioramenti sia emotivi che fisici, sfociando in una diminuzione delle visite mediche dei

soggetti partecipanti alla fase sperimentale della ricerca. Questa procedura viene anche

indicata come emotional storytelling, ossia racconti sull’emotività, ed è una tecnica che

nelle sue revisioni più recenti viene ancora largamente impiegata.

Page 20: Matilde Monti - Mind over Matter

12

2.3 Personal Well-Being

Si è insistito molto sul potenziamento delle persone e sul loro sviluppo ottimale, con

l’idea di volgere lo sguardo del soggetto al futuro, che abbia la caratteristica di mostrare le

persone come diverse e migliori. La necessità è quindi di rendere il soggetto capace di far

accadere le cose, che siano cambiamenti, miglioramenti o anche ottimizzazioni. Il lavoro

sulla persona, quindi, risente molto delle azioni orientate al futuro e a questo scopo bisogna

concentrarsi su tre prospettive principali: l’auto-efficacia percepita, l’ottimismo e la

speranza.

1) Autoefficacia

Quando si parla di auto-efficacia percepita si intende la percezione stessa del

soggetto di avere la capacità per arrivare ad un obiettivo prestabilito. A parlarne fu

soprattutto un autore molto noto, Albert Bandura (1997), che la definì come le credenze

che i soggetti hanno di poter apportare dei cambiamenti laddove conducano comportamenti

finalizzati a questo scopo. Per questo motivo, Bandura trattò come intersecati i concetti di

auto-efficacia percepita e di cambiamento.

Un altro importante studio sull’auto-efficacia percepita si è sviluppato sull’idea che

questa potesse essere potenziata tramite performance collettive. Allo stesso modo, quella

anche l’auto efficacia collettiva si sviluppa sulla stessa linea, ossia la percezione che il

gruppo ha di poter raggiungere obiettivi stabiliti con sforzi distribuiti all’interno del

collettivo di riferimento (Maddux, 2002). Questo concetto è diventato molto importante e

presente anche all’interno delle scuole e dell’educazione infantile, in quanto si cerca di

insegnare ai bambini, spesso anche tramite le favole, a cercare di operare con tutte le

risorse possibili quando vi è da compiere uno sforzo finalizzato ad un obiettivo, che sia uno

sforzo individuale o uno sforzo che richieda la collaborazione di più compagni.

2) Ottimismo

Altrettanto importanti per il benessere del soggetto, sono i concetti di ottimismo e di

ottimismo appreso. Il primo fu definito da Michael Scheier e da Charles Carver (1985)

Page 21: Matilde Monti - Mind over Matter

13

come “la tendenza a credere che possano accadere cose buone, al posto di cose negative”8;

questo concetto va quindi immediatamente ad intersecarsi con il concetto di auto-efficacia

percepita, in quanto il soggetto tenderà ad essere tanto più ottimista quanto più si sente

efficace rispetto ai suoi obiettivi. Entra in gioco a questo punto anche il concetto di

ottimismo appreso poiché tanto più saranno stati efficaci gli sforzi passati di una persona

nel raggiungere gli obiettivi, tanto più si sentirà atta a raggiungere scopi nuovi e tanto più

sarà ottimista nei confronti del raggiungimento del nuovo obiettivo posto.

3) Speranza

L’ultima macro area riguardante il benessere della persona è la speranza, ossia la

somma delle cognizioni basate su pensieri orientati allo scopo (Snyder, 1994). Vi sono,

tuttavia, numerose teorie e definizioni di speranza: Marcel (1960) la definisce come la

capacità di affrontare (strategia di coping) circostanze valutate come ingestibili; Staats, in

secondo luogo, definisce la speranza come “l’interazione tra sogni ed aspettative”9 (1989),

e così anche Erikson (1964); Averill, Catlin e Chon (1990), infine, definiscono la speranza

in termini di appropriata e non appropriata sulla base della realizzabilità dell’obiettivo

posto, dell’importanza di quest’ultimo e di altre caratteristiche rilevanti a livello cognitivo.

Inoltre, anche in questo caso si è lavorato sul concetto di speranza collettiva, nel tentativo

di mettere un gruppo di persone nella condizione di costruire un percorso orientato allo

scopo e con la giusta motivazione.

2.4 Social Well-Being

Il benessere sociale è una delle aree nelle quali la persona trae piacere e

soddisfazione; è, infatti, importante per una relazione equilibrata con sé stessi sentirsi bene

col sé e sentirsi confermati anche nelle relazioni che il contesto offre. Sono numerose le

teorie che concernono il benessere sociale, e si basano su diversi ambiti: McDowell e 8 Scheier, M.F. & Carver, C.S. (1985). Optimism, coping and health: assessment and implications of generalized outcome expectancies. Health Psychology, 4, 219-247.9 Staats, S.R. (1989). Hope: A comparison of two self-report measures for adults. Journal of Personality Assessment, 53, 366-375.

Page 22: Matilde Monti - Mind over Matter

14

Newell (1987) hanno elaborato una teoria basata sulle relazioni, nella quale sostengono che

sia di grandissima importanza avere relazioni con altre persone, che le persone reagiscano

in modo giusto nei confronti del soggetto e che quest’ultimo interagisca in modo positivo e

ottimale con il contesto sociale e le norme societarie. Cruciali, secondo questi due autori

sono l’adattamento sociale ed il sostegno sociale, ossia la soddisfazione data dalle relazioni

inserite nel contesto e dalla loro qualità.

Un secondo ambito molto studiato nel campo del benessere sociale è l’integrazione,

ossia il senso di appartenenza che il soggetto percepisce rispetto al suo contesto e la sua

accettazione delle norme e delle regole che il contesto porta con sé. Keyes (1998)

individua i cinque fattori principali rispetto al benessere sociale: l’integrazione,

l’accettazione, il contributo, la realizzazione della società e la coerenza. La sua teoria si

basa sulla necessità del soggetto di sentirsi inserito in un contesto che percepisce come

positivo, funzionale e buono per il suo sviluppo. Lo stare bene per il soggetto sottintende

che egli sia consapevole di condividere un’entità più ampia con la sua sfera sociale che gli

permetta di sperimentare relazioni positive, di fiducia e che supportino il suo senso di

appartenenza e di valore.

Rispetto al benessere personale, la positive psychology si concentra anche e

soprattutto sul comportamento pro-sociale, sottolineando l’importanza di elementi come

altruismo, gratitudine e capacità di perdonare. Questi tre elementi sono sostanziali

nell’interazione, in quanto se integrati bene nella vita di tutti i giorni, vanno a definire una

buona relazione non solo con la sfera personale prossima, ma anche con quella più vasta.

Inoltre, è molto enfatizzato anche il concetto di empatia dato che la capacità di mettersi

sullo stesso piano emotivo di chi ci circonda ci permette di creare le basi per una

interazione ottimale.

3. Il Potenziamento

Il potenziamento, o enhancement, è il concetto che traccia il confine tra psicologia

classica e psicologia positiva: la prima si occupa di prevenzione e terapia, ossia di

anticipare l’insorgenza di un problema prima che questo si presenti e di risolverlo nel

Page 23: Matilde Monti - Mind over Matter

15

momento in cui dovesse essersi presentato; la seconda, invece, si occupa in primo luogo di

permettere al soggetto di vivere una vita migliore per sé, ed in secondo luogo di rendere

questa vita la migliore possibile. Il potenziamento, si sviluppa di due fasi, ossia la primary

e la secondary enhancement.

3.1 Primary enhancement

La primary enhancement è il primo lavoro da svolgere in contatto con il soggetto, ed

ha come scopo lo sviluppo di funzionamenti ottimale e la soddisfazione del soggetto, sia

sul piano psicologico sia sul piano fisico. Sul piano psicologico sono molteplici le aree che

vengono considerate importanti: in primo luogo viene considerata l’area relazionale. Una

vita piena di relazioni soddisfacenti crea al soggetto una sensazione di soddisfazione

generica, sia che siano relazioni famigliari, legati a rapporti di coppia o di amicizia

(Berscheid & Reis, 1998; Reis & Gable, 2003).

Inoltre, vengono considerate importanti anche attività sociali, specialmente se

innovative (Aron, Norma, McKenna & Heyman, 2002) e tutte quelle attività, svolte per

piacere personale, che portano soddisfazione (Argyle, 2001) o che assorbono

completamente l’attenzione e le forze del soggetto (Csikszentmihalyi, 1990). Infine sono

definite soddisfacenti anche relazioni con la spiritualità e la religione (Myres, 2000;

Piedmont, 2004), così come la meditazione, definita come il tentativo di focalizzare la

propria attenzione senza essere analitici e senza inserire pensieri ruminativi (Shapiro,

1980).

Per quanto riguarda l’enhancement fisico è importante sentirsi capaci di portare a

termine i propri compiti durante la giornata; inoltre, essere in grado di sopportare la

stanchezza fisica provoca anche sensazioni di felicità e benessere (Biddle, Fox & Butcher,

2002). E’ anche vero che l’immagine del proprio fisico è un elemento di grande

importanza e può essere un elemento portatore di motivazione per sentirsi più soddisfatti di

sé anche dal punto di vista estetico (Leary, Tchividijian & Kraxberger, 1994).

L’enhancement fisico ha quindi una duplice importanza, in quanto tange sia il lato

fisiologico sia quello psicologico del soggetto.

Page 24: Matilde Monti - Mind over Matter

16

3.2 Secondary Enhancement

L’obiettivo della secondary enhancement è di massimizzare quelle esperienze già

ottimali, in modo da portare le persone a raggiungere la loro massima performance.

Bisognerebbe, secondo uno sviluppo temporale, lavorare prima sui livelli basici di una

performance e svilupparla solo quando viene raggiunto un traguardo soddisfacente di

primary enhancement. Si tratta di massimizzare le soddisfazioni costruendo sopra alle basi

pre-esistenti positive di salute psicologica e fisiologica.

Nel primo caso si può lavorare in gruppi per portare il massimo piacere nelle

relazioni interpersonali, come nel caso dei T-Groups (Forsyth & Corazinni, 2000) in cui

l’obiettivo è enfatizzare come il lavorare insieme sviluppi emozioni positive. Inoltre, il

lavoro in equipe può portare ad alti livelli di soddisfazione, laddove la presenza di più

persone permetta di raggiungere obiettivi che per il singolo possono essere irraggiungibili

(Lerner, 1996). Anche in ambito sportivo, dove gli stati di competizione contro l’altro (gli

altri) sono numerosi, si trovano fonti di grande stimolo e soddisfazione psicologica, in

quanto la vittoria può portare ad emozioni definite di “pura gioia” (Snyder & Fromkin,

1980).

Per quanto riguarda la secondary enhancement fisiologica si parla di picchi di salute

fisica, che superano lo stato di buona salute di persone sane. La ricerca del potenziamento

secondario fisico, infatti, porta i soggetti a superare lo stato di buona salute di coloro che

fanno semplicemente esercizio fisico; l’obiettivo non è necessariamente una performance a

livello olimpico, ma uno stato fisico che possa incrementare le possibilità di vittoria della

persona. E’ altresì vero che le persone in questo stadio tendono a raggiungere comunque

alti livelli di performance, che vengono definiti in termini di toughness, ossia di durezza

fisica, cioè capacità di resistere alla fatica fisica e di rispondere in moto appropriato

(Dienstbeir, 1989).

Page 25: Matilde Monti - Mind over Matter

17

4. Mindfulness ed Esperienza Ottimale

La mindfulness è definita come il processo di coltivazione della consapevolezza

(Miller, 1995). E’ una attiva ricerca di novità, che si oppone alla passività della

mindlessness, ossia il lasciarsi travolgere dagli eventi senza agire attivamente. Essere

mindful vuol dire anche essere in grado di ridurre l’incertezza durante le giornate, saper

combattere l’attività automatica e essere meno analitici rispetto a sé stessi ed agli altri, in

tutti i diversi eventi, ordinari e non. L’automatismo nella maggior parte dei casi viene

sfruttato come azione sicura, in cui il risultato è prestabilito e positivo, l’incertezza, però, ci

tiene ancorati al presente e a ciò che succede nel presente attorno a noi.

Inoltre, la distinzione tra valutazione e consapevolezza è un elemento molto

importante secondo i teorici della mindfulness: questo punto di vista sottolinea che la

necessità è quella di essere consapevoli e di essere in grado di distinguere tra le diverse

sfaccettature di una giornata, senza necessariamente essere analitici e portare delle

valutazioni a riguardo. Questa distinzione è giustificata da Miller (1995) quando definisce

l’attenzione (ossia la mindfulness) “l’intenzione di evitare giudizi di valore non necessari

riguardo alla propria esperienza, sia che siano esperienze interne, sia che siano esperienze

avvenute esternamente alla persona”10. Anche Bishop et al. (2004)11 sono contrari alla

valutazione degli eventi e propongono una distinzione della mindfulness in due

componenti: l’attenzione auto-regolata, sulle esperienze personali qui ed ora, e l’apertura

emotiva che facilita l’accettazione e l’apprezzamento di tutte le esperienze interne.

Secondo questo punto di vista si parla di meta cognizione e consapevolezza emotiva.

L’obiettivo della mindfulness è lo sviluppo della presa di coscienza riguardo ai

processi mentali, all’identità, alla realtà, ed allo sviluppo degli stati ottimali di benessere

psicologico (Walsh, 1983); inoltre è una ricerca di apertura mentale nei confronti della

novità e di sensibilità per quanto riguarda il contesto ed i diversi punti di vista da cui può

essere compreso. Infine, conseguentemente all’apertura nei confronti della novità, è la 10 Miller, T. (1995). How to want what you have: discovering the magic and the grandeur of ordinary existence. New York: Avon Books. P. 17.11 Bishop, S.R., Lau, M., Shapiro, S., Carlson, L., Anderson, N.D., Carmody, J. et al. (2004). Midfulness: a proposed operational definition. Clinical Psychology: Science and Practice, 11, 230-241.

Page 26: Matilde Monti - Mind over Matter

18

ricerca di distacco dalle abitudini e dalle routine che in maniera passiva sembrano ridurre

le incertezze che si presentano durante la vita.

La massima realizzazione della mindfulness si trova nello stato di flow

(Csikszentmihalyi, 1975, 1990), stato che si verifica nel momento in cui durante una

esperienza la mente si stacca dalla contingenza e, dimenticando qualsiasi tipo di stimolo

fisico (fame, caldo) e questione psicologica (per esempio, se si parla di un pittore, in che

modo muovere un pennello), perde la consapevolezza di spazio e tempo. Nakamura e

Csikszentmihalyi, nel 1990, riuscirono a stilare un elenco di caratteristiche che sembrano

emergere nella condizione di flow:

- concentrazione intensa e focalizzata su quello che avviene nel momento presente;

- fusione di azione e consapevolezza;

- perdita di coscienza riflessiva;

- forte senso di controllo, e capacità di risposta agli stimoli esterni;

- perdita di consapevolezza temporale;

- sensazione di ricompensa dato dall’attività in sé, rendendo l’obiettivo una scusa per

attraversare il processo in stato di flow.

Fig. 112

12 Csikszentmihalyi, Mihaly (1975). Beyond Boredom and Anxiety. Jossey-Bass: San Francisco, CA

Page 27: Matilde Monti - Mind over Matter

19

Infine, Csikszentmihalyi, nel 1990, provò a teorizzare un cluster di variabili di

personalità che possono facilitare o indurre il raggiungimento dello stato di flow. L’autore

parla dell’esistenza della personalità autotelica, intesa come personalità fine a sé stessa

(dal greco autos: sé; telos: fine) ossia una persona che si comporta in modo da fare cose

finalizzate solo per la sua personale soddisfazione, e non mirata al raggiungimento di goal

esterni ed interni. Ciò che manca nella ricerca di Csikszentmihalyi è l’effetto del contesto

sullo stato di flow, ma dalle sue ricerche si evince che le persone caratterizzate da questo

tipo di personalità sono in generale coloro che sperimentano il maggior tempo nello stato

di flow.

Gli interventi di potenziamento che riguardano il flow sono caratterizzati dalla

ricerca di quelle attività che portano le persone al benessere o allo stato di grazia e che

incoraggiano le persone ad investire in quelle attività con energia ed attenzione. Una volta

trovate tali attività, l’obiettivo è potenziare le capacità chiamate in causa al fine di facilitare

le esperienze di assorbimento ed aumentare le sensazioni di ricompensa intrinseche che

aumentano anche il desiderio di praticarle. Csikszentmihalyi, con l’aiuto di alcuni colleghi,

ha trovato due vie per sentirsi più presenti nella vita di tutti i giorni: prima di tutto bisogna

cercare le attività che permettono di raggiungere più facilmente lo stato di flow e

modificarle a proprio favore; inoltre, è necessario identificare le caratteristiche personali e

le capacità attentive che possono essere sviluppate e potenziate per rendere il flow più

raggiungibile e più a portata di mano.

5. Sports Psychology

La psicologia dello sport è una disciplina giovane che si è sviluppata e diffusa

ampiamente solo a partire dagli anni ’80, anche se la prima indagine scientifica in questo

ambito è stata portata avanti da Norman Triplett nel 1898, nella quale ha analizzato gli

effetti della presenza di altri concorrenti sulla prestazione ciclistica (Davis, Huss e Becker,

1995). La nascita di questa disciplina viene fatta risalire al 1965, anno in cui fu fondata a

Roma l’International Society of Sport Psychology, e nelle zone europee e nord americane

Page 28: Matilde Monti - Mind over Matter

20

si assistette ad una diffusione di ricerche soprattutto in territorio accademico e sportivo. Da

quel momento in poi, l’interesse per la psicologia dello sport è andato crescendo ed

attualmente nei paesi industrializzati la maggior parte degli psicologi dello sport svolge la

propria attività in modo elitario ed esclusivo (Salmela, 1992).

La conferma dello sviluppo in termini di affermazione e di riconoscimento che

questa disciplina ha avuto soprattutto negli anni ’90 si ha anche vedendo il numero di

riviste internazionali che sono state dedicate a questo argomento, di cui le più importanti

sono: International Journal of Sport Psychology, Journal of Sport and Exercise

Psychology, The Sport Psychologist, Journal of Applied Sport Psychology ed European

Yearbook of Sport Psychology (Cei, 2008). Nonostante sia una materia giovane, la

psicologia dello sport si è inserita all’interno della psicologia e delle scienze dello sport

ritagliandosi uno spazio autonomo e focalizzano soprattutto su otto macro aree, che sono le

aree di maggiore interesse di ricerca:

1) i processi cognitivi coinvolti nel controllo motorio e nella prestazione sportiva;

2) le abilità psicologiche implicate nei diversi tipi di discipline;

3) i processi motivazionali che favoriscono il coinvolgimento sportivo ed il

mantenimento nel tempo dell’interesse verso la disciplina;

4) il ruolo dell’allenatore e dell’organizzazione dell’allenamento nel favorire

l’apprendimento e la correzione dell’errore;

5) i programmi sportivi per l’infanzia e la loro applicazione per guidare i bambini ad

effettuare esperienze gratificanti e psicologicamente positive;

6) il benessere e la salute;

7) le abilità interpersonali e le dinamiche di gruppo;

8) i processi di autoregolazione, i livelli di attivazione ed i sistemi per affrontare lo

stress agonistico.

Come si evince da questo elenco di aree di ricerca e dai paragrafi precedenti, la

psicologia dello sport ha molto da spartire con la psicologia positiva. Questi due rami della

psicologia, infatti, si intersecano continuamente: la psicologia dello sport intesa in termini

di potenziamento e di “psicologia del sano”, si sviluppa proprio sulle tracce dalla

Page 29: Matilde Monti - Mind over Matter

21

psicologia positiva. Tutte le teorie di quest’ultima area, infatti, si adattano e si

esemplificano perfettamente con la psicologia dello sport intensa come ricerca di metodi di

sviluppo delle abilità del soggetto che intraprende percorsi sportivi, sia a livello amatoriale

sia a livello agonistico.

Nonostante il forte legame esistente tra psicologia dello sport e psicologia positiva, vi

è grande interesse di fronte a studi teorici riguardo all’utilità ed al funzionamento dei

programmi di preparazione mentali stilati nelle ricerche, ma ancora è difficile che

l’ambiente sportivo ricorra in modo sistematico a queste modalità di allenamento. E’

probabile che questo sia causato da alcuni stereotipi e pregiudizi di ordine pratico

(Weinberg & Gould, 1995). Tra i più frequenti possiamo trovare:

la psicologia dello sport mira a curare gli atleti con problemi psicologici. E’

importante sottolineare che questa disciplina, invece, è orientata alla crescita dell’individuo

“sano”, tramite l’ottimizzazione delle sue risorse emotivo-cognitive, nell’intento di

migliorarne la performance agonistica e la qualità dell’esperienza. La cura dell’atleta con

disturbo psichico spetta alla medicina ed alla psicologia clinica (Orlick, 1989; Ferraro &

Rush, 2000);

le abilità psicologiche sono innate ed immodificabili;

il training mentale è inutile;

il training mentale è riservato agli atleti d’etile. Questa concezione è sbagliata in

quanto è possibile fare lavori sulle abilità mentali in ambiti sportivi giovanili, agonistici,

dilettantistici ed anche con soggetti portatori di handicap (Travis & Sahs, 1991; Asken,

1991; Clark & Sachs, 1991);

mancanza di tempo. Questo fattore è dovuto alle tendenza a dedicare il 100% del

proprio tempo disponibile esclusivamente all’allenamento fisico, tecnico e tattico (Ferraro

& Rush, 2000).

Nonostante le ricerche che dai primi anni ’60 ad oggi dimostrano la relazione

positiva tra allenamento delle abilità mentali e prestazione agonistica (Madigan, Frey &

Matlock, 1992; Valey, 1994; Orlick & Partington, 1986, 1988; McCaffrey & Orlick, 1989;

Greenspan & Feltz, 1989) e la possibilità di allenare le abilità mentali grazie alle teorie

Page 30: Matilde Monti - Mind over Matter

22

della psicologia dello sport (Mahoney, 1979; Feltz & Landers, 1983; Biddle, 1986;

Ravizza, 1987; Hall, Rodgers & Barr, 1990; Gould & Udry, 1994; Weinberg, 1994), è

probabile che la principale causa dello scetticismo nei confronti dei programmi di mental

training sia dato dalla carenza di conoscenze specifiche. Molti tecnici ed allenatori, infatti,

non sono mai entrati in contatto diretto con le modalità di insegnamento e pratica dei

training mentali, degli strumenti e delle tecniche della psicologia applicata allo sport

(Muzio & Crosta, 2009).

CONCLUSIONE

La psicologia positiva prende spunto da correnti e filoni di pensiero e di studio

derivanti da diverse eredità culturali, e nasce come disciplina volta a sopperire ad una

mancanza della psicologia studiata fino a metà secolo: l'interesse al sé inteso come

potenziale da attivare, e non soltanto come portatore di fragilità ed in necessità di

ricomposizione e ricostruzione in seguito ad una rottura.

Come detto all'inizio, la psicologia positiva, con il suo sguardo ottimista

sull'individuo, ha dato vita alla nascita di una serie di rami di studio nuovi, fra cui la

psicologia dello sport. L'innovatività di questo ambito è evidente, in quanto il focus della

disciplina si sposta dalla cura dello sportivo in termini di riabilitazione fisica e mentale

dopo un infortunio (fisico o morale), allo studio dello sportivo come essere portatore di

potenzialità, e quindi allo scoperta delle capacità individuali con lo scopo di attivarle. Con

questo obiettivo, la psicologia dello sport si pone il fine di studiare e scoprire le

caratteristiche proprie degli sportivi, per capire quali sono i punti forti ed i punti deboli, gli

skill acquisiti e gli skill che richiedono un miglioramento, per disegnare una mappa delle

capacità del soggetto e studiare delle strategie ad hoc di potenziamento, grazie alle linee

guida teoriche, ai progetti di ricerca ed alle tecniche validate ed in via di validazione

ottenute in poco più di cinquant'anni di studi in questo ambito.

Page 31: Matilde Monti - Mind over Matter

23

CAP 2. FLOW E MENTAL TRAINING

INTRODUZIONE

In questo secondo capitolo si parlerà approfonditamente della psicologia dello sport,

analizzandone due componenti principali. In primo luogo si tratterà della teoria del Flow, o

stato di grazia, che è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in

un’attività in fieri. Si caratterizza per il totale coinvolgimento, focalizzazione

sull’obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione propri dello svolgimento

del compito stesso.

La seconda sezione di questo capitolo esporrà le diverse teorie e tecniche esistenti nel

campo del training mentale. Il training mentale è stato soggetto di numerosissime ricerche

soprattutto in seguito alla definizione dello stato di flow, con l'obiettivo di comprendere

l'insorgere di questa trance, il suo mantenimento e la sua scomparsa. Le tecniche di training

mentale sono numerosissime, e tra queste spicca l'imagery, una metodologia che prevede

una sessione di rilassamento ed una di sogno guidato per visualizzare ad occhi chiusi

movimenti, azioni e situazioni immaginarie per preparare la mente (e di conseguenza

anche il corpo) ad affrontare le medesime condizioni nella realtà. L'imagery sarà poi la

tecnica di training mentale utilizzata nella sezione finale della tesi, dedicata al progetto di

ricerca.

1. Flow

Viene definito flow (flusso o stato di grazia) lo stato di coscienza che vede l’agente

completamente immerso nell’attività che sta svolgendo. Il primo a parlare di flow, come

anticipato, fu Csikszentmihalyi che nel 1975 utilizzò il termine inglese “flux” (flusso) per

descrivere la sensazione, riferita a numerose attività diverse e riportata in più interviste, di

Page 32: Matilde Monti - Mind over Matter

24

essere “trascinati dalla corrente d’acqua”13. “Il flow”, continua Csikszentmihalyi, “è il

modo in cui le persone descrivono il loro stato mentale quando la coscienza è ordinata in

maniera armoniosa, ed esse vogliono raggiungere l’obiettivo della loro azione in quanto

autotelica”14.

Secondo la sua teoria, esistono nove fattori che favoriscono l’emergere dello stato di

grazia, anche se non sono da considerarsi condizioni necessarie; l’interazione di alcune di

queste e sufficiente per il raggiungimento dello stato di flow.

1. I goal devono essere chiari.

2. Devono essere chiare le abilità richieste per superare un determinato ostacolo e

raggiungere l’obiettivo, e quest’ultimo deve essere raggiungibile tramite le suddette abilità.

Il livello di queste due assi deve essere rispettivamente alto, come dimostra il

grafico:

Fig. 215

13 Csikszentmihalyi, Mihaly (1975). Beyond Boredom and Anxiety. Jossey-Bass: San Francisco, CA14 Csikszentmihalyi, M. (1990). Flow: The psychology of optimal experience. New York: Harper & Row.

Pp. 6

15 Csíkszentmihályi, Mihály (1998). Finding Flow: The Psychology of Engagement With Everyday Life. Basic Books

Page 33: Matilde Monti - Mind over Matter

25

Solo la compresenza di alti livelli di efficacia percepita rispetto alla sfida, anch’essa

situata a livelli alti, può permettere il giusto equilibrio tra arousal (attivazione fisica) e

sensazione di controllo, e quindi favorire l’insorgenza dello stato di flow. Di conseguenza,

alti livelli di sfida e bassi livelli di competenza favoriscono uno stato d’ansia, mentre bassi

livelli di sfida e alti livelli di competenza favoriscono la noia e il rilassamento. Infine, bassi

livelli di entrambe le categorie attivano uno stato di apatia.

3. Concentrazione. E’ necessario infatti un alto livello di concentrazione specifica, ossia

relativa solo e soltanto all’attività che si sta svolgendo.

4. Perdita dell’autoconsapevolezza.

5. Fusione di consapevolezza e azione. Viene persa la necessità di controllare i propri

movimenti fisici, che vengono compiuti per abitudine ed in maniera automatica.

6. Lo stato di flow è a-temporale. Non vi è consapevolezza della durata dell’azione, né

tantomeno delle coordinate temporali.

7. Il feedback è diretto ed immediato. Le conseguenze di ogni singola azione sono

immediate, e permettono quindi al soggetto di valutare il loro esito (positivo - negativo) e

di modificare le azioni per raggiungere in maniera più semplice il proprio fine.

8. L’agente deve sentire un senso di controllo rispetto all’attività che sta svolgendo

(paradosso del controllo: sensazione di completo controllo della situazione in assenza di

sforzi consapevoli).

9. La situazione è intrinsecamente gratificante. E’ una attività con scopo autotelico, ossia

di ottenimento di gratificazione grazie all’attività stessa, e non relativa al suo esito.

1.1 Storia della Teoria del Flow

Lo studio sul flow iniziò quando Mihaly Csikszentmihalyi, durante il periodo del suo

dottorato, cominciò a studiare gli artisti di genere maschile. Il suo interesse per quello stato

che poi verrà conosciuto con il nome di flow nacque quando, durante le sue ricerche, si

rese conto che la produzione artistica porta l’artista a sentirsi massimamente soddisfatto

durante l’atto in sé e per sé, e che invece l’interesse per il prodotto ultimato invece era

Page 34: Matilde Monti - Mind over Matter

26

assolutamente assente. Lo studioso cominciò immediatamente a vagliare le possibili

risposte a questo comportamento, cominciando dalla motivazione: si rese conto che la

motivazione intesa come guadagno, notorietà e riconoscimento, non era altro che una

forma di sublimazione, poiché in generale ottenevano pochissimi di questi risultati.

Csikszentimihalyi ipotizzo, in seguito, che gli artisti apprezzassero i loro prodotti

perché “sono l’espressione simbolica più socialmente accettabile dei loro desideri, che

sono rappresentati come bisogni innati”16. Tuttavia questo non fu accettabile per lui come

soluzione finale. La continua ricerca di maggiori difficoltà e il disinteresse nei confronti

del prodotto finale lo portò quindi alla sua grande intuizione: la motivazione che spingeva

gli artisti di genere maschile a continuare a produrre opere in realtà si trovava nella gioia

derivata dall’atto stesso, che non prevedeva nessun fine successivo.

Nonostante i suoi risultati, Mihalyi Csikszentmihalyi giustificò solo in parte questo

comportamento con la teoria di Abraham Maslow (1961). Maslow sosteneva che le

persone spesso compivano gesti o comportamenti non tanto per le ricompense esterne

quanto per la gratificazione ottenuta dal gesto o dal comportamento stesso. Egli cominciò

così ad ipotizzare la presenza di una motivazione intrinseca presente in comportamenti

specifici parlando della necessità dell’uomo di “auto-realizzarsi” ossia della “necessità del

soggetto di scoprire le proprie potenzialità ed i propri limiti attraverso esperienze ed

attività molto intense”17.

Gli studi sulla motivazione intrinseca cominciarono a svilupparsi più diffusamente

con l’avvento degli anni ’70, durante i quali alcuni esperimenti portarono alla luce che

anche le cavie da laboratorio non erano motivate semplicemente da elementi estrinseci, ma

che erano spinti anche da elementi quali la curiosità, la novità e la voglia di acquisire

nuove competenze. In seguito, lo studioso Richard De Charms condusse una ricerca sugli

studenti scolastici e si accorse che le loro reazioni al contesto differivano a seconda del

16 Csikszentmihalyi, Mihaly (1988) Optimal Experience: Psychological Studies of Flow in Consciousness. Cambridge, NY: Cambridge University Press. Pp. 4.17 Csikszentmihalyi, M. (1988) Optimal Experience: Psychological Studies of Flow in Consciousness. Cambridge, NY: Cambridge University Press. Pp. 5.

Page 35: Matilde Monti - Mind over Matter

27

livello di controllo che percepivano di avere sulla loro vita. Gli studenti con locus di

control interno apprezzavano il loro lavoro nonostante mancassero le ricompense esterne;

viceversa, coloro che non sentivano di avere un grande livello di controllo sulle loro vite si

sentivano costretti dal contesto. Inoltre, notò anche che con l’aumentare delle ricompense

esterne tendeva a diminuire il livello di motivazione intrinseca.

Similarmente a De Charms, anche Edward Deci (1975), studioso dell’Università di

Rochester si accorse che la motivazione intrinseca diminuisce in maniera inversamente

proporzionale alla presenza di ricompense esterne. Infatti, quando i soggetti venivano

pagati per svolgere attività che precedentemente apprezzavano, avevano un notevole calo

di motivazione interna rispetto all’attività. Inoltre, la presenza di una ricompensa esterna

fortifica l’idea di un controllo da parte del contesto, facendo svanire sempre più la

sensazione di liberà nell’agire.

L’interesse di Mihalyi Csikszentmihalyi però si focalizzava sulla qualità

dell’esperienza soggettiva: egli infatti lasciò da parte lo studio dei comportamenti per

focalizzarsi sul concetto di attività autotelica. Com’era possibile che un’attività particolare

motivasse e ricompensasse l’agente semplicemente grazie al suo stesso svolgimento?

Csikszentmihalyi cominciò a dirigere la sua ricerca verso soggetti che avevano la tendenza

a svolgere in maniera intensiva attività che non dessero grandi ricompense esterne.

Il suo interesse lo portò a rivolgersi ad atleti amatoriali, a giocatori di scacchi,

scalatori, ballerini, giocatori di basket e musicisti, con l’obiettivo di comprendere come le

persone descrivevano le attività nel momento in cui l’andamento di queste era da

considerarsi positivo. Fu grazie a questa ricerca che cominciò a teorizzare il concetto di

flow, che espose nel suo libro Boredom and Anxiety (1975). Egli stabilì che tutti i soggetti

provavano un’esperienza comune, autotelica o auto-gratificante: appunto, il “flow”.

Nel 1987 Csikszentmihalyi e Reed W. Larson tentarono di studiare il flow in un

contesto naturale, con l’Experience Sampling Method (ESM): questo progetto consisteva

nel dare ai partecipanti un cercapersone ed un quaderno per l’indagine tramite

questionario. In momenti predefiniti della giornata i soggetti venivano avvisati tramite il

cercapersone (sette volte al giorno, tra le 8.00 e le 22.00, per una settimana) che era il

Page 36: Matilde Monti - Mind over Matter

28

momento di prendere il quaderno per rispondere al questionario sulla descrizione

dell’attività in corso. L’obiettivo di questo esperimento era di raccogliere dati riguardanti

le attività di ogni giorno di campioni casualmente selezionati. Inoltre, venivano indagati

anche l’esperienza personale e le dimensioni di consapevolezza dei soggetti. Nei risultati

emerse che la maggior parte delle attività di ogni giorno possono creare sensazioni di

simil-flow.

Sull’onda della ricerca americana di Chicago, anche in Italia si sviluppò una ricerca

sul flow: Fausto Massimini con alcuni colleghi (1988) sviluppò una ricerca simile a quella

americana. E’ grazie ai risultati milanesi che fu possibile riuscire a riassumere l’interazione

tra opportunità e capacità in otto livelli diversi, così come illustrato dal grafico di

Csikszentmihalyi (1997). L’equipe italiana ne propose anche una versione semplificata con

quattro soli livelli, distinguendo i soggetti in base alla loro percezione rispetto alla

posizione mediana sia delle capacità personali sia delle sfide percepite: “ansia” (alto livello

di sfida e basso livello di capacità), “apatia” (basso livello sia di sfida sia di capacità),

“rilassamento” (basso livello di sfida ed alto livello di capacità) ed infine “flow” (alto

livello di entrambe le coordinate).

Fig. 318

18

Massimini & Carli (1988). Experience Fluctuation Model.

Page 37: Matilde Monti - Mind over Matter

29

Il modello ad otto canali fu poi integrato nel 1996 da Antonella Delle Fave: venne

inserito, oltre alle aree di delimitazione delle relazioni di bilanciamento e sbilanciamento

esistenti tra challenge e skills, anche la media (cioè la distanza dal centro) a cui ogni dato

ESM (Experience Sampling Method) si colloca in ciascuno dei canali. Questo favorì

l’inserimento della componente dinamica dell’esperienza ottimale, rispetto agli altri stati di

coscienza vissuti nella quotidianità dall’individuo. Essendo l’esperienza ottimale uno stato

dinamico, è necessario, per il suo mantenimento, la possibilità di studiarlo nelle sue diverse

condizioni. Inoltre, la conoscenza delle tipologie di attività associate alle esperienze

ottimali è fondamentale per quanto riguarda la selezione psicologica (Massimini,

Csikszentmihalyi & Delle Fave, 1996; Massimini & Delle Fave, 2000).

Fig. 419

L’unione italo-americana portò anche a grandi risultati per quanto riguarda lo studio

e la definizione delle personalità autoteliche, definite come coloro che apprezzano la vita

“svolgendo generalmente attività fini a loro stesse, piuttosto che per ottenere dei goal

esterni”20. Secondo gli autori, queste personalità si sviluppano grazia ad una serie di

capacità, definite “meta-skills” o meta-capacità, che permettono al soggetto di

sperimentare con più facilità lo stato di flow e di restarvi immerso.

19 Delle Fave (1996). Experience Fluctuation Model – Integrato.20 Csikszentmihalyi, M. (1997). Finding Flow. New York, Basic. Pp. 117.

Page 38: Matilde Monti - Mind over Matter

30

Csikszentmihalyi e Nakamura (in press) descrivono, inoltre, l’esistenza di un

“capitale psicologico”, che nasce grazie allo sviluppo ottimale del soggetto. Il capitale

psicologico (o PK) permette di avere un set di meta-capacità più ampio rispetto al normale,

facilitando così l’incremento delle potenziali situazioni piacevoli e dei possibili momenti di

stato di flow. Inoltre queste personalità, diversamente dalle personalità che provano

sensazioni di piacere e di flow in situazioni estreme, hanno maggiori probabilità di sentirsi

appagati anche in esperienze future; coloro che sono coinvolti, invece, in sport estremi,

tendono a sviluppare apatia nelle situazioni che man mano non vengono più percepite

come fisicamente ed emotivamente attivanti.

Infine, ricerche sul flow sono state portate avanti anche in paesi orientali. In

Giappone fu Sato che nel 1984 portò avanti una ricerca sui teenager giapponesi, mentre

Han ne sviluppava una sugli anziani in Corea. Le ricerche sul flow, inoltre, si sono

sviluppate anche in direzione dei contesti mitici e religiosi (Csikszentmihalyi, 1987), nel

campo della sociologia (Mitchell, 1983) ed in campo psicologico (Deci & Ryan 1985). Il

nuovo obiettivo emerso è di trovare strumenti e metodi validi per studiare empiricamente

lo stato di flow.

1.2 Flow ed Emozioni

Le emozioni sono un ambito molto difficile da studiare, ma è generalmente condiviso

che le valutazioni che ogni persona fa rispetto al proprio contesto elicitano emozioni

(Oatley & Jenkins, 1992). Inoltre, le difficoltà aumentano nel momento in cui si prova non

solo a definire cosa qualifica un’emozione, ma anche nel tentativo di definirla. Si trova

però accordo nel dichiarare che le emozioni si distinguono in due macro ambiti: quello

delle emozioni positive e quello delle emozioni negative (Watson & Tellegen, 1985). E’

soprattutto con la nascita della psicologia positiva che nasce l’interesse nei confronti delle

emozioni positive, come potenziamento della qualità della vita e come ricerca del

raggiungimento dello stato di benessere.

Page 39: Matilde Monti - Mind over Matter

31

Il legame tra flow ed emozioni è un argomento che è stato lungamente discusso ed è

oggetto di numerose ricerche, che mirano a comprendere se vi siano associazioni tra le due

variabili e se queste possano essere studiate al fine di incrementare lo sviluppo di abilità, di

performance e il raggiungimento di una vita con alto livello di benessere (Asakawa, 2004;

Csikszentmihalyi, 1990). Un esempio di ricerca svolta sull’argomento è la ricerca portata

avanti da Rogatko, che nel 2007 cercò di verificare se lo svolgere attività ad alta

promozione di livello di flow potesse anche aumentare il livello delle emozioni positive. I

risultati di questa ricerca dimostrarono che effettivamente i soggetti sottoposti alla

condizione sperimentale “high flow” dichiaravano un più alto livello di incremento delle

emozioni positive rispetto ai soggetti sottoposti alla condizione sperimentale “low flow”

(2007).

Anche la psicologia dello sport fu influenzata dagli obiettivi della psicologia

positiva, e divenne così allo stesso tempo un ambito privilegiato di prevenzione e di

ricerca, in cui studiare ampiamente l’apporto delle emozioni positive alla qualità della vita.

Lo sport rimane un ambito particolarmente adatto a questo genere di studi in quanto molto

spesso un percorso sportivo viene intrapreso come libera scelta, ed allo stesso tempo

perché da un’alta possibilità di auto-espressione, ottenimento di risultati personali,

competizione e divertimento. La psicologia dello sport ha come vantaggio che studia

quindi un ambiente nel quale si tendono a provare generalmente emozioni positive: si fa

sport per scelta, per piacere, per gioia e per passione.

Susan Jackson, nel suo capitolo Joy, Fun and Flow State in Sport (2000), dice infatti

che lo sport esiste “per farci stare bene, e di conseguenza più sappiamo rispetto a questo

processo meglio è, sia per i partecipanti che per lo sport stesso come istituzione” (Jackson,

2000, p. 137). Nel suo capitolo, l’autrice australiana cerca di definire i costrutti di gioia,

divertimento e flow per meglio capire le possibile relazioni presenti tra i tre stati. In primo

luogo, la gioia è un concetto che racchiude in se la connotazione di esperienza positiva e

speciale, che coinvolge sentimenti di felicità intensa.

In realtà, la maggior parte dei ricercatori di psicologia dello sport tendono ad

occuparsi di divertimento, anziché di gioia, in quanto è un concetto che meglio si addice

Page 40: Matilde Monti - Mind over Matter

32

allo sport, nonostante non sia possibile definire lo sport come divertimento nella totalità dei

casi. Il termine divertimento fu studiato da Wankel & Kreisel nel 1985, con una ricerca

volta a comprendere con che accezione è più corretto definirlo: risultò che lo sport è da

considerarsi divertente poiché elicita reazioni emotive positive e poiché è un’attività che di

per se è un divertimento; questa seconda caratteristica è emersa poiché i termini

maggiormente collegati a divertimento erano termini come “felice”, “amichevole”,

“sereno”.

Csikszentmihalyi (1990) affermò che la crescita psicologica si ha con il divertimento.

Inoltre, egli tratta come intercambiabili il concetto di flow e di divertimento, legandoli con

un terzo concetto, l’esperienza ottimale, e giustifica questa posizione poiché l’esperienza

ottimale che egli chiama flow fu descritta da molti soggetti sperimentali come la

sensazione che si ha quando le attività si svolgono bene, in modo pressoché automatico,

senza eccessivi sforzi ma con grande focus attentivo sull’obbiettivo (1996). Proprio per

questo motivo, inoltre, egli ritiene che quando si è nello stato di flow non è possibile essere

felici, in quanto per esperire felicità è necessario focalizzarsi sugli stati interiori e questo

toglierebbe l’attenzione dal goal a cui si è diretti. La gioia data dallo stato di flow è quindi

una riflessione a posteriori sull’evento (Csikszentmihalyi, 1997).

Maddux (1997) specificò che a farci sperimentare emozioni positive è la nostra

capacità di essere assorbiti dalle attività che svolgiamo, quindi la nostra capacità di entrare

in stato di flow. Jackson, di conseguenza, suggerisce che lo stato di flow porta al

raggiungimento di emozioni positive, che sono predittive di felicità, ossia della possibilità

di dare un senso ed un obiettivo alle attività che di svolgono nella vita di tutti i giorni.

1.3 Flow, Performance ed Esperienza

Nello studio sulle relazioni tra l’attività fisica e la sfera emotiva, sono emersi alcuni

concetti chiave noti come i peak moments, ossia momenti picco. Questi sono “stati

psicologico-comportamentali, nei quali le risorse psicofisiche dell’individuo risultano

totalmente investite nell’azione o nel momento attuale, con esclusione dello spazio

Page 41: Matilde Monti - Mind over Matter

33

attentivo di ogni elemento estraneo alla situazione generatrice (cocoon of concentration;

Williams, 1986). In tali stati si rilevano sensazioni e/o emozioni individuali positive ad

elevata intensità. Non rispondono a logiche di pianificazione o anticipazione volontaria,

ma risultano essere frutto di una complessa sinergia di fattori multidimensionali

temporanei” (Muzio, 2009, pp. 38).

La descrizione dei peak moments si divide in quattro costrutti, ossia il flow, la peak

experience, la peak performance e la runner’s high (Berger & McInman, 1993). Ad

eccezione della peak experience, questi stati sono rintracciabili soprattutto all’interno di

attività motorio-sportive (Csikszentmihalyi, 1991; McInman & Grove, 1991). I costrutti di

flow, performance ed esperienza sono stati spesso studiati sia singolarmente che in

relazione l’uno con l’altro. Il secondo e il terzo vengono considerati nella maggior parte

dei casi esempi di vissuti positivi e sono spesso inseriti nell’ambito della psicologia della

personalità. Il flow condivide molte caratteristiche con entrambe le condizioni, per citarne

alcune la gioia, il valore per la persona, la spontaneità, il senso di potere, il senso di

coinvolgimento ed il rafforzamento dell’identità personale.

L’esperienza ottimale, o peak experience, fu definita da Maslow come uno dei

“momenti di massima gioia e gratificazione” (1962, pp. 69). All’interno di questa

condizione egli riconosce un livello più intenso di vissuti psicologici rispetto alle

esperienze di tutti i giorni. Leach (1963) definisce la peak experience come

“quell’esperienza altamente valorizzata che è caratterizzata da un’elevata intensità di

percezione, profondità emotiva, o senso di profondo significato che spiccano nella mente

della persona, in contrasto più o meno permanente con le esperienze che la circondano in

tempo e spazio” (pp. 11).

A differenza della prestazione eccellente, l’esperienza ottimale non è

necessariamente rivolta ad un obiettivo esterno ma può essere presente anche in assenza di

un comportamento manifesto. E’ una forma di stato di trascendenza, non necessariamente

legato all’attività: può nascere anche in stato di passività del soggetto, che ciononostante è

attento e recepisce gli stimoli del contesto (Massimini & Delle Fave, 1999; Privette, 1993).

La distinzione dal costrutto di flow nasce proprio per l’assenza della focalizzazione

Page 42: Matilde Monti - Mind over Matter

34

sull’obiettivo esterno, e per l’assenza del continuo feedback che si ha monitorando

l’equilibrio tra capacità ed opportunità.

La prestazione eccellente, o peak performance, è l’espressione del massimo

potenziale del soggetto. E’, quindi, un comportamento che risulta essere più produttivo,

creativo o in qualche modo migliore delle azioni abituali; è un alto livello di

funzionamento, non un genere di attività. Inoltre, può essere identificata sia come

esperienza di una volta nella vita che come un’esperienza saltuaria o, in rari casi, continua

(Privette, 1964, 1968). Berger e Motl la definiscono anche come lo stato di funzionamento

eccezionale del sistema psicofisico individuale (2001).

Questa condizione eccezionale necessita di specifici correlati psicologici, come il

clear focus, il coinvolgimento nel compito, la spontaneità e l’alto senso del Sé (Berger &

McInman, 1993; Berger & Motl, 2001; Privette & Bundrick, 1997; Brewer et al. 1991;

Cohn, 1991). E’ importante sottolineare che la peak performance risponde ad uno

“standard di prestazione, piuttosto che ad uno stato psicologico” (Jackson, 1992), è una

particolare forma di comportamento reso possibile e talvolta promosso da uno stato

esperienziale positivo, ossia il flow (Massimini & Delle Fave, 1999).

Infine, vi è la runner’s high (o exercise high), ossia una forma specializzata di peak

experience (Berger, 1986) che si presenta durante attività motorio-sportive. E’ uno stato

esperienziale caratterizzato dalla percezione di benessere profondo, sensazioni di euforia,

percezione di forza fisica e/o psicologica, abbattimento delle barriere spazio-temporali,

senso di perfezione e spiritualità che si presenta durante l’attività motoria (Berger & Motl,

2001; Berger & McInman, 1993; Sachs, 1984). Inoltre, il vissuto collegato alla runner’s

high non è sempre positivo, poiché in taluni casi viene riportato anche un vissuto

ambivalente ed in altri addirittura negativo (Masters, 1992).

Lo stato di runner’s high ha come unica caratteristica la piacevolezza dell’esperienza

in sé. E’ uno stato emotivo intrinsecamente motivante ed appagante, ma diversamente dal

flow non contribuisce al supporto del senso e delle capacità di controllo e padronanza

situazionali selettivamente richieste dai setting sportivi (Muzio, 2009).

Page 43: Matilde Monti - Mind over Matter

35

2. Mental Training

L’allenamento mentale è un tassello fondamentale dell’allenamento ad un

determinato genere di attività. Lo studio dello stato di flow suggerisce la necessità di

allenare le abilità mentali, prestando attenzione soprattutto a caratteristiche quali

l’esperienza e la motivazione intrinseca, per essere più predisposti al raggiungimento della

peak performance. Un’analisi in ottica ecologica del modello multidimensionale di

Csikszentmihalyi (1990) consente di rileggere le implicazioni operative in termini di

allenamento mentale: le nove caratteristiche infatti possono essere distinte in due categorie,

da una parte le condizioni predisponenti e dall’altra le caratteristiche descrittive

dell’esperienza ottimale.

Fig. 521

Come si evince dal grafico, i tre fattori predisponenti sono:

1) la percezione di equilibrio tra il livello della sfida e le abilità;

21

Flow: differenziazione funzionale delle nove dimensioni

Page 44: Matilde Monti - Mind over Matter

36

2) le mete chiare;

3) il feedback esplicito e immediato.

Le restanti sei dimensioni, invece, rappresentano gli elementi del vissuto di flow, sia

dal punto di vista emotivo che da quello cognitivo. Mentre il lavoro svolto su queste sei

dimensioni ha come obiettivo l’incremento della self-efficacy, della self-confidence e della

motivazione intrinseca, le dimensioni interne ai fattori predisponenti vanno allenate per

ottimizzare il livello di arousal e del focus attentivo.

L’obiettivo di questa suddivisione è, evidentemente, di lavorare sui fattori

predisponenti per favorire l’insorgenza del flow. Inoltre, sono campi di lavoro anche il

tentativo di abilitare l’atleta a prolungare la capacità di restare in stato di flow, e con essa la

concentrazione ottimale, ed allo stesso tempo la capacità di rientrare in stato di flow

qualora questo dovesse terminare in un momento non favorevole (per esempio durante una

gara). Nel primo caso si lavora sui training delle specifiche abilità attentive, mentre nel

secondo l’obiettivo è di trovare meccanismi che permettano di riorientare l’attenzione

verso il compito in corso. Il compito del training mentale e dei relativi programmi di

preparazione mentale è di indirizzare il soggetto all’ottimizzazione ed alla conservazione

del livello di arousal e del focus attentivo adeguati alla situazione di performance (Muzio,

2009).

L’allenamento mentale, oramai, è una sezione dell’allenamento che viene tenuto in

considerazione anche e soprattutto nell’ambito della prestazione sportiva, sia a livello di

allenatori sia a livello di atleti. Molte ricerche dimostrano come gli atleti di alto livello

abbiano livelli di capacità di mantenimento della concentrazione più alti, maggiore fiducia

in se stessi, maggior facilità ad orientare i propri pensieri al compito e di conseguenza

minor tendenza a distrarsi e ad essere affetti da stati d’ansia di livello intenso (Williams,

1986). Secondo Ericsson (1993) la prestazione agonistica dipende soprattutto dalle

specifiche conoscenze che l’atleta possiede; per indicare questo nucleo di informazioni,

egli definì il concetto di pratica intenzionale, ossia ogni attività orientata al miglioramento

Page 45: Matilde Monti - Mind over Matter

37

della prestazione e che richiede costante focalizzazione sul compito, tempo e sforzo

prolungato (Ericsson & Charness, 1995).

La pratica intenzionale, originariamente deliberate practice, è la modalità di

apprendimento dall’esperienza che le persone riconosciute come esperte e best performer

in un determinato contesto utilizzano abitualmente. Consiste in un impegno esplicito ed un

orientamento del soggetto nella ricerca di soluzioni ottimali per i problemi che deve

affrontare: non è solamente una questione di ragionamento, ma soprattutto un tentativo di

comprendere l’atteggiamento che ha permesso all’esperto (in termini sportivi, al campione)

di continuare ad apprendere grazie al feedback continuo dell’ambiente e quindi di

diventare tale. L’obiettivo è di comprendere l’intenzionalità che sta alla base dell’agire.

Oltre ai molteplici studi che supportano la correlazione tra l’allenamento delle

attività mentali ed il livello di prestazione (Madigan et al., 1992; Valey, 1994; Orlick &

Partington, 1986, 1998; McCaffrey & Orlick, 1989; Greenspan & Feltz, 1989), vi sono altri

studi specifici e ricerche approfondite che dimostrano la possibilità di allenare, apprendere

e migliorare le abilità mentali (Mahoney, 1984; Felts & Landers, 1983; Biddle, 1986;

Ravizza, 1987; Hall et al., 1990; Gould & Udry, 1994; Weinberg, 1994); è altrettanto

dimostrato che perché le abilità mentali possano migliorare ci vogliano impegno, tempo,

grande costanza e sacrificio (Wienberg et al., 1980; Wienberg et al., 1983). Nel 1989,

Terry creò un modello esemplificativo del training, includendo tre caratteristiche: la

preparazione di tipo atletico, di tipo tecnico e di tipo mentale. Queste tre tipologie di

preparazione sono la strada che serve per preparare una prestazione. Il modello del 1989 è

stato poi integrato con un ulteriore preparazione, quella tattico/strategica, che riveste

fondamentale importanza soprattutto nell’ambito delle discipline sportive di confronto.

Page 46: Matilde Monti - Mind over Matter

38

2.1 Programmi di Mental Training

“Avere talento è un dono, ma il merito è saperlo utilizzare. Può arrivare ai vertici sia

l’atleta di talento sia chi, avendone meno, supplisce con la volontà.”22 (Julio Velasco,

1998). La preparazione mentale è uno strumento di ottimizzazione del potenziale atletico,

tecnico e tattico, dato dal tentativo di riprodurre la peak performance agonistica, alla cui

base si trovano le abilità mentali proprie dell’atleta (Wienberg & Gould, 1995). Lo sforzo

va orientato ad ottimizzare il rapporto tra potenzialità dell’atleta e rendimento competitivo,

che può essere definito dal rapporto tra la potenzialità dell’atleta ed il suo rendimento

competitivo. Il valore che dovrebbe essere ottenuto è numericamente prossimo ad 1: meno

elevato sarà il risultato di questo rapporto tanto più potranno esistere alcune difficoltà

come l’incapacità di esprimere il proprio talento, l’insoddisfazione derivata da frequenti

fallimenti, il calo di motivazione, l’incoerenza delle aspettative e il livello di stress

percepito sia prima, che durante e dopo una gara.

Grazie ai primi programmi di preparazione mentale sviluppati tra il 1986 ed il 1992

(Singer, 1986; Suinn, 1986; Martes, 1987; Cei, 1988, 1989; Albison & Bull, 1988; Syer &

Connolly, 1989; Orlick, 1990; Nideffer, 1992) creati a partire dalle ricerche scientifiche

condotte su atleti d’elite (Williams, 1986; Mahoney et al., 1987) e dalle esperienze dirette

di allenatori ed atleti (Gould et al., 1989; Otlick & Partington, 1989), è possibile ritrovare

alcune linee guida metodologiche generali (Butcher & Rotella, 1987; Thomas, 1990).

Innanzitutto, di fondamentale importanza è stabilire un punto di contatto con l’atleta

in un rapporto di collaborazione e fiducia. A questo pro, è necessario la conoscenza dello

specifico gergo tecnico (anche in fase di pronuncia, per esempio, di termini in lingue

diverse dalla propria), l’informazione riguardo al percorso che si intende intraprendere

assieme all’atleta che è il soggetto centrale dell’intervento. E’ necessario, infatti, che

l’atleta sia consapevole che tutto il lavoro è rivolto alla sua capacitazione e quindi deve

rendersi responsabile ed attivo nel progetto. 22 Julio Velasco, attualmente allenatore della nazionale maschile spagnola di volley. Ha allenato in più squadre italiane (Coprasystel Piacenza, Modena, Acqua Paradiso Gabeca Montichiari) ed è stato CT della nazionale italiana maschile di volley dal 1990 al 1996 (1° C.d.M. 1990, 1994; 1° C. Europei 1993, 1995; 2° Olimpiadi Atlanta 1996). In Butler, R.J., 1998.

Page 47: Matilde Monti - Mind over Matter

39

In secondo luogo, non bisogna dimenticare di coinvolgere l’allenatore, il quale è il

maggior riferimento per l’atleta. Questo è importante poiché egli è la figura che permette

l’integrazione dell’allenamento mentale all’interno delle dinamiche dell’allenamento

motorio, che supporta l’atleta anche nelle sedute di allenamento mentale autogestite e che

può fornire informazioni utili riguardo all’atleta.

Le prime fasi del processo di allenamento mentale devono essere completamente

rivolte alla conoscenza dell’atleta: l’obiettivo è scoprire i suoi punti di forza e di debolezza

in termini di abilità mentali; verificare se utilizzi strategie mentali spontanee ed in caso

affermativo se è possibile svilupparle; le aspettative dell’atleta nei confronti

dell’allenamento mentale. E’ un fattore di estrema importanza riuscire a guadagnarsi la

fiducia dell’atleta nei confronti dell’allenamento mentale per creare un percorso che sia

coinvolgente, capacitante ed utile alla fine della sua prestazione. La considerazione nei

confronti dell’atleta va esplicitata soprattutto nel creare un modello d’intervento che tenga

conto delle sue necessità e della sua persona: è necessario creare un intervento

individualizzato rispetto al suo profilo, ai programmi di allenamento che deve seguire (in

vista degli obiettivi in termini di calendario agonistico ed in termini di risultati che l’atleta

mira a raggiungere) ed alla possibilità, temporale e logistica, di eseguire realmente gli

esercizi previsti dal programma di preparazione mentale (Bull, 1991).

Le fasi di questo processo sono tre: l’educazione, finalizzata a sviluppare nell’atleta

la consapevolezza che esistono le abilità mentali, che queste influenzano la prestazione e

che esiste la possibilità di sviluppare grazie ad allenamenti specifici che sono riconosciuti;

l’acquisizione, ovvero il momento in cui vengono apprese le tecniche e le strategie che

sono necessarie allo sviluppo delle diverse abilità mentali; la pratica, fase in cui le abilità

mentali vengono allenate col fine di rendere il loro utilizzo automatico e trasferibile in sede

di gara. Entra in gioco soprattutto in questa terza fase, la necessità di feedback positivi

esterni, attendibili e misurabili, che mostrino l’efficacia dell’allenamento mentale in

termini di dati oggettivi.

E’ infine necessario sottolineare con l’atleta che l’allenamento mentale prevede un

investimento temporale e applicativo metodico: non è sufficiente conoscere le modalità di

Page 48: Matilde Monti - Mind over Matter

40

mental training, ma per renderlo efficace ed effettivo è necessario allenarlo, così come è

necessario allenare il corpo per un determinato obiettivo. Sono centrali in questo anche la

pre-season e la off-season (ossia il periodo precedente la stagione agonistica ed il periodo

di assenza della stagione agonistica), poiché questi momenti garantiscono una maggiore

disponibilità temporale ed una minore pressione, interna ed esterna, rivolta ai risultati.

Così come la preparazione fisica mira all’apprendimento di capacità fisiche, ed alla

loro automatizzazione, la preparazione mentale è volta a sviluppare specifiche capacità, le

cosiddette abilità mentali. Alcune caratteristiche mentali sono:

immaginazione;

gestione del livello ottimale di attivazione (l’arousal);

gestione di ansia e stress;

controllo dell’attenzione e della concentrazione;

formulazione degli obiettivi (goal setting);

controllo del pensiero.

Queste caratteristiche sono strettamente interdipendenti tra di loro, in quanto il

potenziamento dell’una diventa un elemento di facilitazione dell’acquisizione dell’altra.

Weinberger e Gould, nel 1995, partendo dal modello di Vealey del 1988,

differenziano le abilità mentali in tre sottogruppi:

1) le abilità mentali di base:

- motivazione;

- auto-consapevolezza;

- autostima;

- fiducia in se stessi;

2) le abilità mentali di prestazione:

- ottimizzazione del livello di attivazione psicofisica;

Page 49: Matilde Monti - Mind over Matter

41

- gestione ottimale dell’attenzione;

3) le abilità mentali facilitatorie:

- capacità di relazione interpersonale;

- gestione dello stile di vita.

Inoltre, ogni disciplina sportiva richiede ulteriori e diverse abilità mentale,

contestualmente derivate. Queste sono dette abilità secondarie, perché il loro sviluppo

dipende dalla presenza e dalla forza di quelle primarie o basilari.

2.2 Strumenti del Mental Training

All’interno della sfera del mental training, le metodologie più frequentemente

utilizzate possono essere distinte in due cluster: gli strumenti ed i metodi di base e gli

strumenti ed i metodi di allenamento delle abilità psicologiche.

Per quanto riguarda il primo cluster, ossia gli strumenti ed i metodi di base, vi sono

due varianti: in primo luogo vi è l’allenamento impegnativo e costante che interessa

principalmente tre fattori, ossia la motivazione intrinseca, per innalzare il valore attribuito

all’obiettivo prescelto, la fiducia in se stessi, tramite il progressivo incremento dei carichi

di lavoro e la concentrazione, tramite lunghe ripetizioni di gesti tecnici complessi e

soprattutto lavori in stato di affaticamento psicofisico. Il loro miglioramento si basa su

presupposti come lo sforzo e la fatica nell’allenamento fisico e l’impegno e l’attenzione

profusi nell’allenamento tecnico e tattico. In secondo luogo è necessario lavorare

sull’educazione delle abilità mentali tramite questionari e schede che permettano un

costante automonitoraggio ed una autovalutazione. Questi due livelli di consapevolezza

sono molto importanti soprattutto per poter lavorare sui punti di forza e sui punti di

debolezza dell’atleta.

Page 50: Matilde Monti - Mind over Matter

42

Il secondo cluster, che raggruppa gli strumenti ed i metodi di allenamento delle

abilità psicologiche, si articola in cinque metodologie diverse.

1) Goal Setting

Formulare obiettivi specifici e finalizzati, in modo sistematico, è uno strumento

molto utile per il miglioramento della performance sportiva (Anshel et al., 1992) in quanto

permette di seguire una direzione chiara, eliminando le incertezze e le fonti di dispersione

che non sono finalizzate al raggiungimento degli obiettivi significativi per l’atleta. Inoltre

dà la possibilità all’atleta di dosare efficacemente gli sforzi e di organizzare gli impegni:

questo può essere rinforzato tramite la frammentazione della meta primaria in diversi sotto

obiettivi. Infine, è possibile che la frustrazione e le difficoltà che si incontrano con

eventuali fallimenti forniscano un punto di partenza ed una spinta efficace in direzione di

nuove strategie d’azione e di apprendimento di abilità innovative.

Gould, nel 1993, indicò alcuni principi di base che determinano l’efficacia di un

programma di goal setting:

gli obiettivi devono essere specifici e misurabili. Questo permette di stabilire in

modo chiaro quale sia il traguardo a cui si mira e che si desidera raggiungere e permette

anche l’ottenimento di precisi feedback, i quali sono utili per l’orientamento del compito;

gli obiettivi devono essere moderatamente difficili, ma realistici. Così come

stabilito dalla teoria del flow, perché una attività assuma importanza deve anche presentare

un alto livello di sfida, ma allo stesso tempo è importante che il livello della sfida si adatti

alle capacità dell’atleta, al suo livello di aspettativa ed al suo livello di motivazione;

gli obiettivi devono essere significativi per l’atleta. E’ efficace, a questo scopo, un

confronto con l’atleta e l’allenatore (Butler & Hardy, 1995), per evitare di porre obiettivi

che non sono sentiti importanti per l’atleta e che riducano il livello di motivazione

intrinseca;

gli obiettivi devono riguardare il breve, il medio ed il lungo termine. Questa

tecnica favorisce un approccio step by step, il quale a sua volta permette un miglior

Page 51: Matilde Monti - Mind over Matter

43

monitoraggio dei progressi e l’acquisizione di un maggior numero di feedback positivi:

questo mantiene alto il livello di motivazione intrinseca e di impegno;

gli obiettivi devono essere rivolti alla prestazione, al processo ed al risultato. Gli

obiettivi rivolti alla prestazione focalizzano sul raggiungimento di uno standard d’azione

che sia indipendente dal comportamento degli avversari;

gli obiettivi rivolti al processo si concentrano sui comportamenti e sui gesti

necessari al fine del raggiungimento della prestazione eccellente; gli obiettivi rivolti al

risultato, che sono gli obiettivi che dipendono con maggior influenza dall’ambiente

esterno, devono sempre essere espressi in positivo e in tempi realistici: mettere obiettivi in

tempi irrealistici e concentrarsi sugli obiettivi in termini negativi innalza il livello di ansia e

di distrazione ad opera di pensieri irrilevanti (Hardy et al. 1996);

gli obiettivi devono riguardare l’allenamento e la gara. Stabilire gli obiettivi

riguardanti l’allenamento è un passo molto importante per non rendere la fase di

preparazione alla gara noiosa e poco stimolante. Il rischio in cui si incorre nel focalizzare

gli obiettivi solo sulla gara è di creare noia, diminuzione della concentrazione e

decremento della motivazione al successo.

Alla luce di questa suddivisione dello schema degli obiettivi, è fondamentale

sottolineare altri due elementi in gioco: in primo luogo è importante sviluppare le strategie

ed i metodi per il raggiungimento degli obiettivi, ossia di un piano operativo sistematico.

Inoltre è necessario garantire un costante monitoraggio dei progressi, e questo si ottiene

grazie ai continui feedback: quelli positivi incrementano la motivazione intrinseca

dell’atleta; quelli negativi invece forniscono indicazioni su come migliorare il programma

stilato.

2) Imagery

L’imagery è una tecnica che si trova alla base di numerose metodologie di

allenamento mentale, e consiste nella creazione volontaria di una esperienza,

esclusivamente mentale, che riproduca l’esperienza reale completa di immagini visive,

Page 52: Matilde Monti - Mind over Matter

44

sensazioni tattili e propriocettive, odori, sapori e suoni (White & Hardy, 1998; Vedelli,

1985). Per un corretto utilizzo di questa tecnica, è importante considerare sia le reazioni

emotive ed il significato che viene attribuito alle immagini visualizzate. Inoltre, esistono

due modalità di lavoro: lavoro in prospettiva interna, ossia l’atleta visualizza le immagini

come se le stesse vedendo attraverso i propri occhi anche nell’esperienza mentale, oppure

esterna, come se l’atleta fosse uno spettatore esterno all’esperienza. La scelta è data da un

orientamento spontaneo dello sportivo, in base ai suoi aspetti di personalità, e dalla

situazione visualizzata, le caratteristiche specifiche della disciplina. L’utilizzo di questa

tecnica è volto principalmente a sviluppare cinque abilità mentali: la concentrazione, la

fiducia in sé, il controllo delle reazioni emotive, le abilità tecniche e tattiche ed infine

l’ottimizzazione del tempo di recupero da infortuni (Muzio, 2009).

Una delle metodologie che concretizza in modo più efficace l’utilizzo dell’imagery è

l’allenamento ideomotorio, ossia una forma di esercitazione che prevede una auto-

rappresentazione mentale, sistematicamente ripetuta e cosciente, dell’azione motoria da

apprendere, perfezionare o stabilizzare. Può essere un allenamento con funzione

programmatoria, allenante o regolatrice: nel primo caso serve all’atleta per lavorare sulla

scelta dell’azione ideale tramite l’anticipazione dettagliata, nel secondo caso si lavora sul

perfezionamento o sulla stabilizzazione del gesto tecnico e nell’ultimo caso l’obiettivo è

imparare a controllare e correggere il movimento o il comportamento. L’allenamento

ideomotorio è massimamente efficace quando viene associato alla pratica concreta (Cei,

1998; Meacci & Price, 1985; Meyers et al., 1982; McBride & Rothstein, 1979).

Infine, sono due le caratteristiche per l’ottimizzazione dell’efficacia dell’applicazione

dell’imagery (Hall et al., 1992; Smith, 1987): in primo luogo la vividezza a livello

polisensoriale con la quale è vissuta l’esperienza mentale. Tanto più l’immagine mentale

corrisponde all’esterno reale, tanto più saranno elevati gli effetti positivi sulla performance

(Corbin, 1972); è fondamentale quindi concentrarsi su tutte le caratteristiche dell’ambiente

nel quale si svolge l’esperienza. In secondo luogo, è fondamentale essere in grado di

controllare e visualizzare esattamente le immagini desiderate, essere in grado di

manipolarle a proprio piacimento ed essere in grado di gestire il proprio comportamento

Page 53: Matilde Monti - Mind over Matter

45

secondo gli obiettivi prefissati. Queste possibilità dipendono, anche e soprattutto, dalla

vividezza dell’esperienza.

3) Controllo del pensiero

Essere in grado di controllare il proprio pensiero facilita la possibilità di rendere

produttivi i contenuti delle nostre riflessioni e riveste una notevole importanza anche a

livello di prestazione sportiva. Dirigere i propri pensieri su binari positivi incrementa le

sensazioni di autoefficacia e sicurezza in se stessi, facilitando di conseguenza le buone

prestazioni ed impedendo l’insorgenza di pensieri negativi e non produttivi, quali

l’inadeguatezza e ed il livello d’ansia (Zinssner et al., 1998). E’ soprattutto grazie alla self

talk, o conversazione interiore, che il pensiero influisce sul comportamento (Dagrou et al.,

1992; Weinberg, 1984).

Questo lavoro, in quanto verbalizzazione interna spontanea, costituisce una

rappresentazione dell’insieme di credenze e aspettative che ciascun atleta sviluppa rispetto

alla propria efficacia competitiva (Vealey, 2001; Zinsser et al., 1998); l’esistenza ed il

contenuto di tale dialogo interno restano spesso sconosciuti all’individuo (Vealey, 2001).

L’individuo che riesce a riconoscere e controllare il proprio linguaggio interno per

condizionarlo in termini di atteggiamenti positivi, si crea un facilitatore nelle prestazioni,

in quanto organizzando i suoi pensieri in positivo restringe la possibilità di essere distratto

da pensieri non inerenti o ansiogeni (Bunker & Williams, 1986). Questa tecnica può essere

diretta a favorire l’ottimizzazione dell’esecuzione del gesto tecnico, della self-efficacy e

del livello ottimale di performance.

L’utilità di questa tecnica si riscontra nel momento in cui è necessario apprendere

nuove capacità, correggere automatismi errati e condizionarsi emotivamente. E’ efficace

soprattutto per quanto riguarda gli automatismi errati, in quanto i comportamenti

automatici non sono controllati in maniera cosciente e volontaria, e la loro modificazione

richiede un grande sforzo attentivo e cognitivo. Per quanto riguarda il condizionamento

emotivo, si possono identificare parole stimolo che abbiano valenza emotiva positiva e

significativa, in riferimento alla prestazione.

Page 54: Matilde Monti - Mind over Matter

46

4) Gestione dell’attenzione

L’attenzione è un processo cognitivo complesso che è influenzato da diversi fattori,

alcuni individuali, altri determinati dalle specifiche della disciplina ed altri ancora dal

livello di pertinenza, dalle condizioni ambientali e dal livello di arousal. Essere in grado di

gestire l’attenzione, quindi, vuol dire essere in grado di concentrarsi esclusivamente sugli

stimoli funzionali alla prestazione, trascurando quelli non significativi per focalizzarsi su

quelli selezionati per tutto il tempo necessario. Nideffer (1986, 1989, 1993) creò un

modello teorico riguardo alle dimensioni dell’attenzione. Secondo l’autore, l’attenzione si

sviluppa secondo due assi, la prima che varia per l’ampiezza, la seconda per direzione.

L’asse dell’ampiezza viene definita in quantità di elementi contemporaneamente

controllati, e va da ampio a ristretto. L’asse della direzione invece è identificabile con gli

stimoli/le fonti di informazioni sui quali si focalizza l’attenzione, e varia a seconda che gli

stimoli siano a prevalenza ambientale (esterna) o a prevalenza corporea (interna).

Da queste due assi si ottengono quattro combinazioni e quindi quattro stili attentivi

diversi:

1. Esterno-Ampio (assess): il soggetto tende a monitorare diversi stimoli

simultaneamente;

2. Esterno-Ristretto (perform): il soggetto focalizza selettivamente su un numero

ridotto di stimoli rilevanti;

3. Interno-Ampio (analyze): il soggetto analizza e pianifica le azioni e le situazioni;

4. Interno-Ristretto (rehearse): il soggetto ripete mentalmente una specifica azione,

monitorando le sensazioni somatiche e cinestesiche.

Lo stile attentivo di ogni soggetto non è sempre il medesimo, in quanto può variare

sia in base alle caratteristiche personali di tratto (quelle tipiche dell’individuo e

tendenzialmente stabili) sia in base alle caratteristiche personali di stato (che variano in

funzione del contesto); gli stili possono variare anche durante la stessa prestazione. Il

controllo che il soggetto ha sul sistema selettivo cresce con l’esperienza, grazie

Page 55: Matilde Monti - Mind over Matter

47

all’aumento dell’automatismo relativo a questi processi mentali. Il fatto che le risorse

attentive non siano consapevolmente impiegate permette al soggetto di destinarle ad altri

segnali (Boutcher, 1992).

Lo sviluppo delle abilità di identificare con precisione e rapidità gli stimoli rilevanti e

trascurare quelli disturbanti o inutili è un altro vantaggio dell’affinamento delle capacità di

gestione dell’attenzione. Inoltre, grazie a queste abilità diventa possibile anche adattare

rapidamente ampiezza e direzione del focus attentivo e di passare facilmente da processi di

elaborazione automatizzati a processi controllati e viceversa (Boutcher, 1992). Tra le

metodologie considerate utili per lo sviluppo delle abilità del controllo attentivo troviamo:

l’utilizzo dell’imagery, la strutturazione di specifiche sedute di allenamento per riprodurre

le condizioni tipiche di gara, la strutturazione di routine preparatorie che predispongano

all’esecuzione di specifiche azioni motorie ed infine l’immediata ripetizione immaginativa

dell’azione, per esempio quando è necessario azzerare la mente dopo aver commesso un

errore.

Nideffer (1978, 1993) indica, inoltre, alcuni passaggi preliminari da effettuare

necessariamente prima dell’allenamento al controllo emotivo. In primo luogo, bisogna

verificare che le difficoltà dell’atleta non siano da ricondurre a processi mentali negativi; in

secondo luogo, bisogna valutare tramite test specifici, le capacità attentive dell’atleta. A

questo pro è stato sviluppato il TAIS (Test of Attentional and Interpersonal Style, Nideffer,

1976). Oltre a comprendere le capacità attentive dell’atleta, bisogna verificare che genere

di stile attentivo è richiesto dalla prestazione: questo, infatti, varia a seconda che l’azione

sia open skill, ossia caratterizzata dalla necessità di controllo dell’elevata variabilità

ambientale, oppure closed skill, cioè ad esecuzione di compiti di precisione. Infine, è

necessario identificare eventuali fattori ambientali ed interpersonali legati alla prestazione

ed eventuali problemi di performance situazione-specifici.

5) Regolazione dell’arousal

L’arousal è l’attivazione psicofisiologica generalizzata dell’organismo (Singer et al.,

2001) che determina uno stato di prontezza all’azione (Sage, 1984; Brehm & Self, 1989;

Page 56: Matilde Monti - Mind over Matter

48

Magill, 1989). Per quanto concerne la peak performance, è favorevole avere un elevato

livello di energia psichica positiva, accompagnato da un basso livello di energia psichica

negativa (Vealey & Burton, 1990). Il legame tra l’arousal e la performance si evidenzia

tramite alcuni apprendimenti specifici: è importante che l’atleta apprenda quale sia la sua

combinazione ideale tra stato fisiologico, stato cognitivo e componente emotiva; i diversi

livelli ai quali devono trovarsi queste caratteristiche rispondono alle caratteristiche

personali di ogni atleta.

Inoltre, l’atleta che è in grado di definire i fattori situazionali e personali che

influenzano l’attivazione, la percezione dell’ansia e di conseguenza la prestazione, riesce a

controllare in gran parte anche l’effetto che queste variabili possono avere sulla

prestazione. E’ importante che l’atleta sia in grado di riconoscere i segnali predittivi di alti

livelli di arousal ed ansia anche durante la prestazione. Infine, è utile che l’atleta abbia una

interpretazione positiva degli stati di attivazione psicofisiologica, in modo da lavorare sugli

aspetti potenzialmente positivi nella prestazione.

3. Psicologia dello Sport e Mental Training

Il training mentale nello sport si è sviluppato per la necessità dell’atleta di imparare

un maggior numero di nozioni riguardo alla propria vita mentale, per permettere una

implementazione del controllo della propria mente, e quindi del corpo e della performance

(Martens, 1987; Rushall, 1992). La capacità di mantenere l’autocontrollo del proprio

mondo psicologico è alla base della riuscita ottimale di una performance sportiva, e anche

del raggiungimento della peak performance e dello stato di grazia. Conoscere le propria

architettura mentale implica, infatti, sapere quali circuiti attivare ed inibire per preparare la

strada a tutte quelle caratteristiche necessarie per raggiungere l’esperienza ottimale.

Autocontrollo e motivazione sono le chiavi dell’ottenimento del controllo mentale ed

emotivo, poiché crea delle fondamenta per crescere il benessere e la fiducia in sé stessi

(Boyd & Zenong, 1999). Nel momento in cui lo sportivo si sente in possesso

Page 57: Matilde Monti - Mind over Matter

49

dell’autocontrollo relativamente alle sue funzioni psicosomatiche, la motivazione rimane

alta ed incrementa così le possibilità di ottenere una performance positiva (Wuff & Toole,

1999); vale anche il viceversa, ossia la perdita dell’autocontrollo causa una diminuzione

della motivazione ed un peggioramento della performance, poiché vengono danneggiati la

sicurezza del sé, il benessere e la percezione delle performance future.

L’ottenimento del controllo delle abilità mentali non è un processo automatico, ma

come ogni altro processo richiede un intenso allenamento, sia in termini di tempo che di

pratica, e la definizione delle fasi da percorrere e dei goal da raggiungere. Inoltre, il

controllo delle capacità mentali non è sufficiente se allenato isolatamente, ma le nozioni

devono essere relazionate alla pratica per creare una unione indissolubile e facilitare il

raggiungimento dell’automatizzazione della pratica (Strean & Roberts, 1992). E’

importante non perdere di vista anche il livello della motivazione, poiché la motivazione è

il motore di tutte le fasi di apprendimento e performance.

Riprendendo il discorso della motivazione, Weinberg (1984), Martens (1987) e

Rushall (1992) hanno sottolineato la necessità di sentire un alto livello di motivazione in

modo tale da sentire una vera e propria spinta verso il raggiungimento dell’obiettivo.

Nonostante sia necessario sentire un alto livello generico della motivazione, gli autori si

soffermarono sulla distinzione tra motivazione intrinseca ed estrinseca, e concordarono nel

dire che è più importante essere mossi da motivazione intrinseca. Le motivazioni

intrinseche, infatti, hanno come unico obiettivo la conquista del risultato in sé e per sé,

passando per la crescita ed il miglioramento del sé, ed all’affrontare la sfida come processo

di potenziamento delle proprie caratteristiche, sia psicologiche che fisiche.

Gli aspetti materiali della competizione, al contrario, sono da considerarsi

caratteristiche che soddisfano gli aspetti egocentrici di eventi competitivi, tipicamente

l’accettazione sociale e il riconoscimento tra i pari. Questo non significa che la

motivazione estrinseca sia negativa in toto, ma che in generale ha un effetto meno benefico

sulla mindfullness dell’atleta, è può portare a deformazioni narcisistiche ed egocentriche

della percezione, così come allo sviluppo di schemi di difesa basati esclusivamente sul

Page 58: Matilde Monti - Mind over Matter

50

locus of control esterno (cause atmosferiche, allenamento non adatto, arbitraggio a sfavore,

etc.).

Raggiungere la consapevolezza dell’importanza della motivazione intrinseca,

permette all’atleta di essere a conoscenza dell’importanza della persistenza

nell’allenamento, chiave del funzionamento del training a base mentale e fisiologico

(Dishman, 1984). Inoltre, questa consapevolezza permette al soggetto di non fare un

programma di goal setting legato solo alla vittoria nella disciplina, ed apre le porte ad

obiettivi molto più particolareggiati ed elevati. Burton, nel 1989, dimostrò che porsi goal in

relazione soltanto ad eventi esterni, ossia vittorie e sconfitte, è una fonte di massimo stress

dato dall’ansia di non poter controllare gli eventi esterni al sé. La motivazione intrinseca

permette di cambiare il punto di vista legato alle percezioni di eventi esterni, piuttosto che

lasciare il sé in balia delle cause esterne ed incontrollabili. Il controllo della sfera mentale

per lo sportivo, dunque, vale tanto quanto le capacità fisiche: la somma di questi due

ambiti è ciò che crea un potenziale sportivo completo.

CONCLUSIONE

Con la nascita della teoria del flow, le ricerche in psicologia dello sport si sono

sviluppate nella maggior parte attorno al raggiungimento dell’esperienza ottimale, per

comprendere come allenare l’atleta a raggiungere con maggior facilità e successo questo

stato. Allenare l’atleta, in questo senso, significa prepararlo fisicamente e psicologicamente

agli eventi sportivi ai quali parteciperà, quindi prepararlo ad affrontare lo stress, le

situazioni favorevoli e sfavorevoli che ipoteticamente potrebbero presentarsi. Tra le

tecniche utilizzate per potenziare l’atleta vi è l’imagery, una metodologia che fa del sogno

guidato un modo per anticipare gli avvenimenti e quindi per preparare psicologicamente il

soggetto a far fronte alle molteplici situazioni a cui può andare in contro, per esempio

gestire il vantaggio senza farsi venire quello che, in gergo, si chiama “il braccino”, ossia la

paura di vincere.

Per quanto riguarda il progetto, l’imagery sarà utilizzata in tre varianti differenti per

allenare il tiro libero a canestro: con il primo gruppo verranno fatte sedute di imagery

Page 59: Matilde Monti - Mind over Matter

51

classiche, con il secondo gruppo sedute di imagery visive ed infine con il terzo gruppo

sedute di imagery multimediali, con un filmato dotato di audio (le prime due condizioni

sperimentali unite in una). Si è scelto di utilizzare l’imagery in quanto metodo

dall’efficacia provata, facilmente relazionabile con le nuove tecnologie e la realtà virtuale,

in modo da poter utilizzare supporti per incrementare l’efficacia dell’imagery e verificare

se l’imagery risponde anche alle differenze di ragionamento, a seconda che i soggetti siano

di natura verbalizzatori o visualizzatori.

Page 60: Matilde Monti - Mind over Matter

52

CAP 3. L’IMAGERY TRA STORYTELLING E NUOVE

TECNOLOGIE

INTRODUZIONE

L’imagery è definita da due componenti principali, lo storytelling e l’immaginazione.

In questo capitolo verranno analizzati approfonditamente i ruoli della narrazione e dello

storytelling in relazione a questa tecnica di training mentale. Se la narrazione è “la

capacità di duplicazione simbolica dell'esperienza” ed “è ciò che differenzia l'uomo da

ogni altro essere vivente”23, allora è utile pensare che sia possibile sfruttare questa capacità

umana per potenziare i soggetti.

In particolare, esiste lo storytelling che consiste nel chiedere alle persone di ascoltare

storie, o narrazioni, all’interno delle quali essi possano ritrovarsi ed identificarsi per poter

vivere anticipatamente i possibili avvenimenti di una data situazione, e per poter imparare

a controllare le variabili come lo stress o la preoccupazione. Una tecnica specifica di

storytelling è il digital storytelling, tecnica che sfrutta gli stessi principi dello storytelling

ma che in più si avvale di componenti tecnologiche per rendere la narrazione più

appealing.

Infine, all’interno del capitolo verranno discussi anche il tema ed il ruolo delle nuove

tecnologie in relazione alle tecniche di digital storytelling e di imagery, discutendo i

vantaggi che le nuove frontiere possono apportare a tecniche già solide.

1. Lo Storytelling

La narrazione è un atto della mente, un percorso di elaborazione della vita mentale

che ci permette di definire la nostra identità nella sua continuità ed, in generale, serve per

organizzare la propria conoscenza mentale della realtà. Secondo autori come Bruner (1986,

23 Vecchini, A. (2004). La narrazione come funzione della mente e come esperienza psicopedagogica.

Morlacchi Editore.

Page 61: Matilde Monti - Mind over Matter

53

1973), le strutture narrative sono forme universali tramite le quali è possibile comprendere

la realtà e comunicare riguardo ad essa, creando significati che consentono agli uomini di

interagire con il sistema di convenzioni culturali all’interno del quale essi vivono.

Consente cioè di appropriarsi di interpretazioni preesistenti dei fenomeni sociali

costruendo significati concernenti le convenzioni stesse, permettendo d’affrontare

l’incerto, il non conosciuto tramite il racconto e la trasmissione delle informazioni.

Oltre ad organizzare la conoscenza mentale della realtà, la narrazione agisce

anticipando avvenimenti futuri, preparando il corpo e la mente a possibili risposte

fisiologiche alle situazioni. Il fatto di essere in grado di anticipare avvenimenti futuri

permette di prevedere quelle che possono essere le risposte fisiologiche, come la perdita

dell'attenzione, la sottomissione allo stress, etc. L'allenamento delle abilità mentali è in

grado di aiutare le persone a far fronte a queste evenienze. Inoltre, anticipare scene con

esito positivo e scene di successo permette di provare quelle sensazioni positive di vittoria

e riuscita che sono di forte stimolo nell'esecuzione reale del compito. Infine, attraverso

l'anticipazione mentale è possibile prepararsi a qualsiasi evento, anche inatteso o non

familiare.

Per anticipare le situazioni, è necessario essere in grado di sfruttare le proprie abilità

immaginative. Per lo sviluppo di queste capacità, Hickman in un lavoro del 1979 propose

ai suoi soggetti sperimentali rappresentazioni dettagliate di oggetti tridimensionali e la

trasformazione di scene di vario tipo, e si rese conto che al progredire delle acquisizioni

incrementano le richieste e le difficoltà dei compiti immaginativi. Vengono, infatti,

coinvolti diversi canali sensoriali, in particolare quelli cinestesici. Inoltre, l'alternanza tra

pratica immaginativa e pratica reale contribuisce a migliorare le abilità immaginative;

infine, per l'apprendimento ed il perfezionamento tecnico è fondamentale che i soggetti

visualizzino i gesti in modo corretto, rispettando i parametri esecutivi specifici e facendo

tesoro delle immagini che mostrano l’esito positivo dell'azione. Al fine del training

mentale è quindi utile aiutare il soggetto ad imparare a padroneggiare questo genere di

tecniche, in modo da raggiungere la capacità di supportare livelli di training sempre più

complessi. Questo, secondo Caudill (1985), può essere aiutato e sostenuto tramite

Page 62: Matilde Monti - Mind over Matter

54

istruzioni verbali chiare e dettagliare e grazie a specifici modelli esecutivi, atti a guidare

narratore ed atleta nel processo di allenamento mentale.

Lo studio della narrativa e dei principi della retorica ha dato vita ad una metodologia

che utilizza, per l’allenamento e per l’apprendimento, racconti specifici nei quali i soggetti

possano riconoscersi: questa tecnica è nota come storytelling. Consiste nel chiedere ai

soggetti di incontrarsi con una storia di qualunque genere all’interno della quale essi

possano ritrovarsi ed identificarsi, per poter vivere anticipatamente i possibili avvenimenti

all’interno delle situazioni più svariate e gli outcome di questi. Oltre ad essere utilizzato

nel mondo del management, dell’impresa e del politico, lo storytelling viene utilizzato

anche nell’orientamento scolastico e nella didattica delle nuove tecnologie e nel training

mentale.

Molti studi di neuroscienze, come quelli di Roger Schank (1990) o di Renate e

Geoffrey Caine (1994), confermano l’importanza delle modalità narrative nel processo di

apprendimento: Gardner (1991), per esempio, scrive che gli approcci narrativi nella

didattica favoriscono l’utilizzo integrato delle varie dimensioni dell’intelligenza. Secondo

questo punto di vista, la professione stessa dell’insegnante in realtà non è altro che una

forma evoluta ed estremamente codificata di storytelling, tanto più efficace quanto più

legata al racconto di “storie” che evidenziano di volta in volta elementi cruciali della

disciplina oggetto di apprendimento. Pensare alla didattica come ad un flusso narrativo e

dialogico ha indubbiamente un suo fascino soprattutto se pensiamo al curriculum come ad

un insieme di “storie” che appartengono alla nostra cultura nel senso più ampio

(scientifico, letterario, economico, artistico…) in cui i soggetti di cui si racconta e che si

raccontano hanno un preciso ruolo in una cornice di senso condivisa. I docenti in questo

contesto possono divenire allora veri educatori-narratori delle storie della nostra cultura.

Lo storytelling è l’arte di usare linguaggio, vocalizzazioni e/o movimenti fisici e

gesti per rivelare gli elementi e le immagini di una storia ad un audience specifico. Un

elemento chiave dello storytelling è la resilienza che la storia ha per l’ascoltatore, in modo

che egli possa sviluppare una visual imagery specifica e dettagliata per completare e co-

Page 63: Matilde Monti - Mind over Matter

55

creare la storia, definita dalla gran parte dei dizionari come un “racconto narrativo di uno o

più eventi reali o immaginari”.

All’interno di una comunità, lo storytelling è generalmente riconosciuto in una

struttura narrativa specifica sia per lo stile che per l’organizzazione delle caratteristiche, ed

arricchito da un senso di completezza. Grazie alla condivisione di esperienze, usiamo storie

per proporre vissuti, credi e valori che accumulati portano ad una discussione più matura e

savia degli avvenimenti. Grazie alle storie spieghiamo lo stato delle cose, i loro perché ed i

per come, i nostri ruoli e le nostre motivazioni, tutti elementi propri delle esperienze.

Le storie, quindi, possono essere definite come le fondamenta della nostra

conoscenza, della nostra memoria e del nostro apprendimento, in quanto ci mettono in

contatto con la nostra condizione umana e con il nostro passato, il nostro presente ed il

nostro futuro, dando la possibilità di imparare ad anticipare, per esempio, le possibili

conseguenze dei nostri comportamenti.

Se la “storia” è un racconto narrativo, il “telling” o “l’atto di narrare” è un

comportamento di presentazione di una storia vis-a-vis, sia a livello orale sia a livello

fisico, con la gesticolazione e le espressioni corporee. Una condizione sine qua non della

narrazione è il contatto diretto tra gli interattori, ossia tra chi racconta e chi asolta; il

narratore presenta in prima persona la storia, preparandola e presentandola con un

linguaggio, la vocalizzazione e la gestualità consoni per comunicare in maniera efficace ed

efficiente le immagini della storia.

Il ruolo dell’ascoltatore è di ascoltare attivamente il narratore che parla, creando

immagini multisensoriali vivide di azioni, attori ed eventi (ossia la realtà) della storia nella

propria mente, sulla base della performance nel narratore, delle proprie esperienze passate,

delle proprie conoscenze e delle interpretazioni del racconto. E’ evidente che la riuscita di

un’interazione si basa sul lavoro di entrambi gli interattori, e quindi la soddisfazione

portata da una conversazione, sia nei panni dell’ascoltatore sia in quelli del narratore, è un

evento mentale unico e personale.

Lo storytelling si basa su quattro regole fondamentali:

Page 64: Matilde Monti - Mind over Matter

56

1. è una forma d’arte interattiva. L’interazione diretta tra il narratore e l’audience è una

condizione fondamentale dell’esperienza dello storytelling: gli ascoltatori rispondo alle

parole ed alle azioni del narratore, e quest’ultimo utilizza il feedback dato dall’audience

per modificare in modo spontaneo ed improvvisato i toni, le parole e la ritmica della storia

per meglio incontrarsi con le necessità della platea;

2. lo storytelling è un processo co-creativo. L’audience non ascolta passivamente la

narrazione dell’oratore, bensì si occupa di creare immagini mentali basate sul racconto del

narratore e sul proprio bagaglio di informazioni personali acquisite col tempo;

3. lo storytelling è, per natura, personale, interpretativo ed unicamente umano, e si

basa sull’essenza della persona. Le storie, infatti, sono il primo veicolo tramite il quale si è

in grado di interpretare gli eventi e di reagire ad essi ed alle esperienze personali sia nel

caso avvenimenti in momenti meno importanti della vita di tutti i giorni fino alla

discussione sulla grandiosità della condizione umana: nasce come modalità primaria di

comunicazione, trasferimento e mantenimento delle informazioni riguardanti l’eredità della

storia umana;

4. lo storytelling è un processo, una modalità di condivisione, interpretazione ed offerta

del contenuto e del messaggio di una storia ad un’audience. Poiché lo storytelling è

spontaneo ed esperienziale, interazione dinamica tra narratore ed ascoltatore, è molto

difficile da descrivere, ma è un dato di fatto che la sua emergenza derivi dall’interazione

cooperativa tra narratore ed audience e dagli sforzi coordinati messi in campo dagli

interlocutori in azione.

Tra le tecniche di storytelling, ne esiste in particolare una che si chiama “digital

storytelling”, che non è altro che l’espressione moderna dell’antico mestiere del

cantastorie. La metodologia del Digital Storytelling (DST) utilizza dei piccoli filmati

(slideshow o video) per cercare di comunicare dei concetti il cui argomento sia legato sì

alla descrizione del concetto disciplinare ma che sia anche inserito nel contesto culturale,

storico ed emotivo a cui esso appartiene in un’ottica di apprendimento situato (Lave e

Page 65: Matilde Monti - Mind over Matter

57

Wenger, 1991). Così i processi cognitivi legati alla ri-formulazione delle conoscenze

attraverso un artefatto digitale video-narrativo stimolano e favoriscono il processo di

apprendimento ed allo stesso tempo una comprensione più approfondita degli argomenti

disciplinari (Petrucco e De Rossi, 2009).

Il nome di questa arte si deve a Joe Lambert e Dana Atchley che negli anni ’90 si

occuparono di realizzare un sistema interattivo multimediale da inserire all’interno di una

performance teatrale. Questo sistema consisteva in un filmato di 5 minuti che integrava

diversi linguaggi, alcuni tipici della narrazione, altri della sceneggiatura. Secondo Lambert,

per un buon storytelling è importante tener fede ad alcuni elementi, fra cui rendere

personali ed autentici i racconti, dare loro un valore reale, anche in termini di contenuto

emotivamente valido; infine sottolinea come la narrazione debba essere fedele al

linguaggio comune parlato, permettendo all’ascoltatore di sentire e comprendere bene la

narrazione senza sentirsi sopraffatto dalle molte parole.

Lo storytelling è ormai pervasivo della vita umana, sia a livello personale sia per

quanto riguarda la dimensione lavorativa, perché la nostra realtà vive di una struttura

discorsiva. Lo storytelling è molto di più del semplice raccontare storie: è una disciplina,

ormai anche organizzativa, che - in questo “accerchiamento narrativo” – diventa

strumento indispensabile con cui essere ascoltati e sentiti.

2. “Potenza Segreta”, esperienza di digital storytelling

2.1 Contesto

“Potenza Segreta” è il frutto di un lavoro svolto con l’obiettivo di facilitare

l’apprendimento delle potenze per studenti di prima media. Per il progetto, sono stati

realizzati tre: nel principale una classe si trova nell’aula di informatica e sta per subire una

verifica a sorpresa sulle potenze. Gli altri due clip mostrano gli stessi studenti intenti a

ripassare l’argomento in fretta e furia. Il primo racconta dell'astronomico compenso dovuto

all'inventore degli scacchi a causa di un calcolo esponenziale; il secondo mostra

Page 66: Matilde Monti - Mind over Matter

58

dinamicamente il classico albero delle potenze. Le tecniche adottate sono differenti: video

in stile "Common Craft" (LeFever, 2010) per il primo, con disegni su cartoncino e voci

fuori campo; animazione in stop-motion per il secondo. Per il Digital Storytelling (DST)

principale, l'ispirazione è venuta invece dai lavori di Michael Wesh presso la Kansas State

University [Wesch, 2008].

2.2 Soggetti

La fase sperimentale ha coinvolto due classi di studenti di prima media, delle quali

una fece le funzioni di gruppo sperimentale (GS) e l’altra di gruppo di controllo (GC). Ad

entrambe le classi è stato somministrato un pre-test con quesiti di carattere generale

composto da domande a risposta multipla sulle conoscenze e competenze di base in

matematica. I risultati del pre-test hanno fornito le informazioni sulle caratteristiche dei

due gruppi, permettendo di controllare l’eventuale influenza di variabili esterne nella

registrazione dei risultati finali.

2.3 Risultati

Il gruppo di controllo ha svolto l’attività adottando uno schema di lezione

prevalentemente frontale, integrato da test sulle conoscenze e sulle esercitazioni di calcolo.

La classe sperimentale, invece, ha arricchito lo stesso modello utilizzando il DST sia come

stimolo iniziale sia come supporto all’apprendimento. Entrambe le classi, inoltre, hanno

dedicato due lezioni all’argomento per un totale di due ore. Nel pre-test il gruppo di

controllo evidenziò risultati migliori rispetto al gruppo sperimentale, mentre con la fase di

test si evidenziano miglioramenti netti per la classe sperimentale, che ottenne un risultato

migliore del 20% rispetto a quello del pre-test, mentre il gruppo di controllo mostrò solo un

miglioramento del 10%.

Il miglioramento della classe sperimentale, inoltre, si è accompagnato ad un aumento

considerevole dell’interesse e della motivazione degli studenti anche nei confronti di una

Page 67: Matilde Monti - Mind over Matter

59

disciplina considerata di scarso appeal. Questi risultati portano con loro segnali molto

interessanti, sia dal punto di vista dell’apprendimento sia dal punto di vista dell’interesse,

poiché è possibile che tecniche innovative come questa possano giocare un duplice ruolo

nell’apprendimento, incidendo sia sulla velocità di comprensione del compito a

prescindere dal livello di difficoltà, sia avvicinando soggetti, grazie all’apporto ed alla

stimolazione dati dalle nuove tecnologie, a compiti e contesti percepiti come sgradevoli.

3. Le Nuove Tecnologie di Comunicazione e lo Storytelling

3.1 Le Nuove Tecnologie

Le nuove tecnologie sono quelle tecniche produttive che offrono un miglioramento

significativo - in termini di output o di risparmio di costi - per un compito specifico. In

linea con l’obiettivo della psicologia positiva, che studia il benessere e la qualità della vita,

anche le nuove tecnologie vogliono essere un mezzo per implementare il livello della

qualità degli individui. La qualità della vita ed il benessere sono, però, concetti relativi:

ogni individuo ne elabora un'interpretazione personale, in base alle proprie condizioni

fisiche, al ruolo sociale, alle caratteristiche psicologiche ed allo stile di interazione con

l'ambiente. E’, quindi, fondamentale comprendere gli indicatori soggettivi di benessere, per

permettere all’individuo di valutare il proprio sé come complessivamente soddisfacente, in

base ai parametri dettati dal sé stesso.

La Psicologia Positiva ha fornito contributi fortemente innovativi a livello teorico ed

applicativo: essa enfatizza il ruolo fondamentale delle risorse e le potenzialità

dell'individuo, che le ricerche precedenti - volte ad analizzare carenze, deficit e patologie -

non mettevano in luce. Ciò rappresenta un autentico capovolgimento di prospettiva: si

privilegiano interventi finalizzati alla mobilizzazione delle abilità e delle risorse della

persona, anziché alla riduzione o compensazione delle sue limitazioni. Inoltre, la

prospettiva eudaimonica porta all'attenzione degli studiosi la relazione tra benessere del

Page 68: Matilde Monti - Mind over Matter

60

singolo e sviluppo della collettività, svincolandosi dall'angusto approccio individualistico

che spesso caratterizza le ricerche psicologiche e mediche (Delle Fave, 2005).

3.2 La Realtà Virtuale

La realtà virtuale (RV) è una sofisticata interfaccia comunicativa (Riva, 2008) in cui

l'utente può sperimentare il senso di presenza, ovvero il being there che è la sensazione di

essere all'interno del mondo sintetico generato dal computer” (Steuer, 1992). Si tratta di

un’interfaccia esperienziale in cui la componente percettiva si fonde con l'interattività,

permettendo la partecipazione attiva dell'interattore nella creazione e nello sviluppo della

propria conoscenza sulla RV, abilitando un cambiamento legato alla scoperta ed all'azione

in prima persona di tipo senso-motorio (Antinucci, 1999).

E' importante sottolineare altre due teorie inerenti allo sviluppo dei mondi virtuali,

ossia la teoria del cambiamento, che si occupa di studiare come i soggetti si adattino alle

novità, e la teoria della presenza, ossia le motivazioni e le modalità che spingono il

soggetto a partecipare in una attività (virtuale), e ad essere interno a quella attività

nonostante si trovi fisicamente esterno al contesto nel quale essa avviene. La vera difficoltà

che si affronta nell'utilizzo della realtà virtuale è la necessità di cambiare i propri

comportamenti e le proprie abitudini per adattarsi a dei nuovi metodi e delle nuove

modalità di comunicazione.

3.2.1 La Teoria del Cambiamento

Accettare l'inserimento di novità nella vita è sempre motivo di stress, poiché richiede

grande disponibilità e capacità adattiva. Per quanto riguarda le novità apportate dalle nuove

tecnologie, molteplici studi sono stati compiuti per comprendere come le persone

reagiscano e si comportino nei confronti della RV. Un primo modello è stato delineato da

Wilhelm che, nel 2000, divise il rapporto sociale con le nuove tecnologie in tre categorie:

Page 69: Matilde Monti - Mind over Matter

61

- l'approccio futurista che pone uno sguardo di fiducia nei confronti del progresso in

cui le tecnologie sono viste come potenziali veicoli di annullamento delle differenze

sociali, e quindi come strumento per ottenere un miglioramento generico all'interno delle

molteplici società;

- l'approccio distopico che sembra far registrare una preoccupazione per la

progressiva scomparsa delle interazioni faccia a faccia ed il rischio di un’amplificazione

delle distanze esistenti tra le persone, portando pertanto con sé un forte pessimismo nei

confronti del futuro ed una grande nostalgia dei tempi passati;

- l'approccio tecnorealista, infine, che prima ancora di concrete realizzazioni,

propone una lettura razionale in termini di possibili opportunità, di coinvolgimento diretto

dei cittadini ed una formazione di maggiore coscienza e consapevolezza di fronte a temi di

rilevanza pubblica, al fine di formare utenti competenti, consapevoli ed in grado di

distinguere in maniera obiettiva e corretta tra vantaggi e svantaggi.

Una seconda teoria è stata proposta da Mininni (2002), che guardando le novità dal

punto di vista dell'utente, ha proposto quattro categorie generali entro le quali collocare gli

utenti dei nuovi media:

- tecnoutopici: coloro che vedono le nuove tecnologie come strumento di liberazione

e crescita della realtà;

- tecnodistopici: coloro che nei nuovi media vedono strumenti di oppressione e di

controllo, volti a minare la libertà di ognuno;

- tecnoutilitaristici: coloro che ritengono che i nuovi media sono da considerare

strumenti adatti al raggiungimento di fini specifici, utili per anticipare i tempi e per

facilitare l'ottenimento di scopi prefissi;

- tecnopluralisti: coloro che cercano di spingere i media come un nuovo spazio di

esplorazione e di relazione, senza però sostituirli alle esperienze vissute durante “naturali”

relazioni face-to-face.

L'inserimento delle nuove tecnologie e della realtà virtuale all'interno della società

odierna è un ambito di studio di grande importanza, poiché avanza di pari passo con lo

Page 70: Matilde Monti - Mind over Matter

62

studio dell'antropologia contemporanea. Prochaska e Di Clemente (1992, 1998) hanno

proposto, a riguardo, il modello transteoretico degli stadi del cambiamento, secondo il

quale il cambiamento può essere definito come “un processo graduale che attraversa stadi

specifici, seguendo un percorso ciclico e progressivo”. Nello specifico, gli autori hanno

identificato cinque fasi che caratterizzano ogni processo di cambiamento all'interno delle

quali un soggetto è sempre collocabile:

1. Precontemplazione: il soggetto non vede la necessità di modificare i suoi

comportamenti.

2. Contemplazione: il soggetto ha un approccio ambivalente al cambiamento, e lo

considera sia una possibilità, sia una minaccia, poiché resta il dubbio di non poter accettare

il cambiamento per motivazioni sia intriseci sia estrinsechi.

3. Determinazione: il soggetto cerca attivamente il cambiamento, inserendosi in

situazioni e contesti che gli permettano di cambiare; se riesce a cogliere le opportunità e le

affordance del contesto allora passa alla fase successiva, in caso contrario retrocede di una

fase, ritornando alla contemplazione.

4. Azione: il soggetto si impegna concretamente per modificare il suo comportamento

originario in vista di un obiettivo finale.

5. Mantenimento: il soggetto cerca di consolidare il livello di cambiamento ottenuto

grazie ai suoi sforzi.

(6.) Ricaduta: in questo caso il soggetto abbandona il processo di cambiamento e

retrocede di uno o più stadi; la ricaduta è possibile in tutte le fasi che sono state analizzate.

E' importante sottolineare come per gli autori il cambiamento sia spinto da due forze:

da un lato la costrizione, dall’altro l'opportunità. E' evidente, secondo il modello espresso,

che maggiori sono le affordance percepite dal soggetto, maggiore è la possibilità che il

soggetto voglia attivamente cambiare. La costrizione però, può tendere in taluni casi a

rafforzare il pessimismo nei confronti del cambiamento: il soggetto che ha la possibilità di

verificare le opportunità sul campo, infatti, ha maggiori probabilità di dedicarsi al

cambiamento, poiché, potendo verificare in prima persona le opportunità e ed i vantaggi

Page 71: Matilde Monti - Mind over Matter

63

reali dettati dalle situazioni sul campo, è più facile che egli si accorga spontaneamente dei

miglioramenti portati dall’osservare il mondo da un nuovo punto di vista. L'importante per

il raggiungimento del successo è che il soggetto senta il cambiamento come possibile ed

alla sua portata, poiché nel momento in cui il compito dovesse essere percepito come

troppo difficile, il processo si interromperebbe ed il soggetto entrerebbe nella fase della

ricaduta.

3.2.2 La Teoria della Presenza

Con l'introduzione delle nuove tecnologie nella nostra società molti studiosi hanno

cercato di capire e studiare le modalità di interazione tra i soggetti, e le motivazioni per cui

alcuni soggetti sfruttano le novità dello sviluppo tecnologico, mentre altri soggetti non lo

fanno. Per questa ricerca i principali strumenti sono l'analisi e la comprensione della

dialettica tra i soggetti interagenti e la situazione in cui si svolge l'interazione; si introduce

così il concetto di presenza.

Innanzitutto, bisogna sottolineare che l'azione è vincolata da opportunità e capacità;

le opportunità sono stimoli forniti dall'ambiente (affordances) e dalla cultura attraverso gli

artefatti: si parla quindi di opportunità offerte dal contesto. Le capacità, invece, sono quelle

competenze (skills) che il soggetto percepisce di avere, che determinano quindi una vera e

propria sensazione di adeguatezza o inadeguatezza allo scopo. Inoltre, ogni azione è

sempre situata: la nostra mente, ed il nostro modo di ragionare ci permettono di elaborare

una serie di dati a velocità molto elevata, ma non di elaborare dati contemporaneamente.

Ciò ci permette di percepire dei confini definiti nel momento dell'azione, e di essere

concentrati sugli stimoli da cui siamo colpiti, producendo risposte adatte o di alto livello.

La comunicazione è data anche dal legame del soggetto con l'ambiente esterno, che

avviene grazie al posizionamento: il soggetto ha, infatti, la necessità di delimitarsi, di

percepirsi come separato dall'ambiente nonostante sia in interazione continua con esso, e

ciò avviene con due processi, uno esterno-interno ed uno interno-esterno. Nel primo caso è

l'ambiente ad influenzare il comportamento, con le sue caratteristiche, mentre nel secondo

è il comportamento ad influenzare l'ambiente. Secondo questa linea di pensiero, il confine

Page 72: Matilde Monti - Mind over Matter

64

dell'essere è la principale proprietà dalla quale è caratterizzato l'essere vivente in quanto

fautore di comunicazioni.

Oltre a distinguersi dall'ambiente, il soggetto stabilisce con i suoi comportamenti il

limite tra il suo campo d'azione ed il resto dell'ambiente fisico: è campo d'azione tutta

l’area entro quale il soggetto può agire, delimitato dalla situazione, inteso come sistema

formativo contenente tutte le informazioni sull'ambiente circostante, sia in termini di

caratteristiche fisiche che in termini di informazioni sociali. Inoltre, il soggetto supera i

vincoli dell'ambiente naturale grazie alla costruzione di artefatti: ne è un esempio il

telefono che permette di comunicare anche con chi non è fisicamente nello stesso posto in

cui si trova il soggetto comunicante. E' in questo contesto che il soggetto misura

l'equilibrio tra le sue capacità e le opportunità che l'ambiente gli offre.

A riassumere la comunicazione, è nata la teoria dell'inter-azione situata, che

definisce situazione ed attività come gli strumenti che legano il determinismo tecnologico

al costruzionismo sociale. Le interazioni, infatti, sono definite da quattro elementi primi,

ossia soggetti, contesto, situazione ed attività. I soggetti cercano di raggiungere i loro

obiettivi, mediante situazioni che possano offrire delle opportunità valide e percepite come

all'altezza delle proprie capacità. A guidare l'azione, sia diretta sia mediata dall'uso di un

artefatto, è - oltre all'obiettivo da raggiungere - l'aspettativa sull'andamento dell'azione,

basata su esperienze precedenti e su vincoli dettati dal contesto, sia specifici che generici.

La teoria dell'inter-azione situata unisce quattro teorie precedenti volte a studiare

alcune caratteristiche della comunicazione: la teoria dell'azione situata, la teoria

dell'attività, la teoria della cognizione situata e la positioning theory.

1. La teoria dell'azione situata (Suchman, 2006) postula che è una caratteristica

implicita nel soggetto definire dei piani prima di agire, ossia prescrivere le possibili attività

da compiere rendendo l'azione prima un processo mentale e poi un comportamento.

Afferma inoltre che l'efficacia dell'azione è legata alla capacità di adattare il proprio

Page 73: Matilde Monti - Mind over Matter

65

comportamento alle caratteristiche della situazione contestuale; si vengono di conseguenza

a creare delle opzioni comportamentali legate a contesti specifici.

2. La teoria dell'attività (Vygotskij, 1965; 1978; Leont'ev, 1959; 1975; Anohkin,

1976) postula che ogni attività è sempre diretta ad un oggetto, poiché non è possibile

compiere delle attività senza che queste siano finalizzate ad uno scopo. Secondo questa

teoria, inoltre, le attività sono il principale strumento di conoscenza che l'uomo possieda,

essendo il comportamento di base che caratterizza l'essere umano. L'attività viene definita

anche come comportamento sociale, poiché viene sempre realizzata all'interno di un

contesto sociale che, a sua volta, influenza il comportamento del soggetto per orientamento

e per struttura. Un'ulteriore caratteristica dell'attività è il suo essere sempre mediata da

artefatti, siano essi costruzioni sociali di tipo normativo o di tipo fisico; generalmente viene

anticipata, grazie alla “visione del mondo” che il soggetto ha, che evolve dinamicamente e

che si struttura all'interno di un preciso ambiente; infine, il progetto è un artefatto che il

soggetto utilizza nel tentativo di cristallizzare l'esperienza passata nei confronti di una

specifica attività.

3. La teoria della cognizione situata (Bara, 2000; Clancey, 1995; 1997; Carassa,

2002; Lave, 1988; Lave & Wenger, 2006) postula che la cognizione che un soggetto ha di

sé è distribuita all'interno delle pratiche sociali, la cui comunità è data da tre caratteristiche:

impegno reciproco, impresa comune e repertorio condiviso di risorse interpretative. Inoltre,

secondo la teoria della cognizione situata, la cognizione che un soggetto ha è mediata da

artefatti di tipo fisico e normativo ed è in un contesto specifico, cioè collegato ad una

determinata situazione.

4. La positioning theory postula che il ruolo e l'atteggiamento del soggetto vengono

sostituiti da un processo dinamico di ricostruzione retorica e di posizionamento. Il processo

di ricostruzione retorica è dato dalla creazione di narrazioni di storie relative ad istituzioni

e ad eventi macro sociali per renderli socialmente comprensibili, mentre il posizionamento

Page 74: Matilde Monti - Mind over Matter

66

è il modo in cui i soggetti dinamicamente producono e spiegano il comportamento

quotidiano proprio e degli altri.

La condizione in cui il soggetto si trova, viene definita dal dove egli percepisca di

essere, ossia dalla sensazione di presenza che egli sperimenta in un determinato setting; la

presenza viene definita come “la sensazione di essere all'interno di un ambiente, reale o

virtuale, risultato delle capacità di mettere in atto nell'ambiente le proprie intenzioni”24.

La sensazione di presenza è un processo cognitivo specifico, che lavora selezionando

gli stimoli che permettono al soggetto di adattarsi al contesto e di definire il confine

dell'azione mediante la distinzione tra interno ed esterno all'interno del flusso sensoriale

(Riva e Waterworth, 2003). Il compito evolutivo proprio della presenza è permettere al

soggetto di situarsi ed agire per raggiungere un risultato stabilito in uno spazio fisico e

sociale, definendo i propri confini.

Per permettere al soggetto di percepire una sensazione di presenza, è importante

tenere in considerazione la rilevanza che il soggetto attribuisce agli stimoli ed alle

affordances, perchè la rilevanza è l'elemento che permette di identificare le affordances

dirette e mediate interessanti per il soggetto, in quanto rispondenti ai diversi bisogni:

fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, etc. (Maslow 1954). Giocano un ruolo molto

importante nella sperimentazione della presenza anche le emozioni che, con le loro

variazioni, sono in grado di variare anche il livello di presenza che il soggetto sperimenta:

ogni breakdown che colpisce il soggetto produce un cambiamento di core affect, ossia

dello stato emotivo caratterizzato dalla mancanza di un oggetto, stato emotivo che, nelle

teorie di psicologia ingenua, viene definito mood. L'intensità delle emozioni che il soggetto

prova è poi direttamente proporzionale alla rilevanza dell'oggetto e, nel caso in cui non

fosse possibile trasformare la propria intenzione in azione, viene provocata una

interruzione del senso di presenza che a sua volta agisce e modifica il core affect.

24 Riva, G. (2008). Psicologia dei nuovi media. Il mulino, Pp. 127.

Page 75: Matilde Monti - Mind over Matter

67

3.3 Il Web 2.0

Il Web 2.0 è una nuova visione di Internet che ha cominciato ad influenzare il modo

di lavorare ed interagire con le informazioni in rete, sviluppato da un insieme di approcci

per sfruttare la rete in modo nuovo e innovativo. Il termine Web 2.0 si riferisce, infatti,

alle tecnologie che permettono ai dati di diventare indipendenti dalla persona che li

produce o dal sito in cui vengono creati. L'informazione può essere suddivisa in unità che

viaggiano liberamente da un sito all'altro, spesso in modi che il produttore non aveva

previsto o inteso.

Il Web 2.0 permette agli utenti di prendere informazioni da diversi siti

simultaneamente e di distribuirle sulle proprie piattaforme per nuovi scopi: è un prodotto

open-source che permette di condividere le informazioni sulle quali è stato creato Internet

e rende i dati più diffusi. Questo permette nuove opportunità di lavoro e di informazioni

che possono essere costruite sopra le informazioni precedenti, lascia ai dati una loro

identità propria, che tuttavia può essere cambiata, modificata o remixata da chiunque. Una

volta che i dati hanno un'identità, la rete si sposta dalla definizione di “insieme di siti web”

(ossia agglomerati di informazioni) ad una vera e propria rete di siti in grado di interagire

ed elaborare le informazioni collettivamente. I grandi vantaggi del Web 2.0 derivano dalla

possibilità di creare e condividere con grande facilità i contenuti multimediali. Il termine

venne introdotto nel 2004 da O’Reilly Media, che utilizzò il termine come titolo per una

serie di conferenze durante le quali trattò la nuova generazione di servizi internet basati

sull’interazione e sulla condivisione di oggetti tra soggetti non in-presenza. Il Web 2.0 si

basa su molteplici innovazioni, sia di tipo tecnologico, poiché utilizza nuove metodologie e

nuovi linguaggi, sia di tipo psicosociale poiché comporta una modificazione delle modalità

di espressione, di interazione e di comunicazione di dati.

Tra gli strumenti innovativi proposti dal Web 2.0, uno tra i più famosi ed utilizzati è

il blog, che prende il suo nome dalla abbreviazione di “weblog”, ossia giornale di bordo,

registrazione di informazioni. Si tratta di una pagina web gestita autonomamente, che

consente la pubblicazione di notizie, informazioni o storie in tempo reale, mescolando

Page 76: Matilde Monti - Mind over Matter

68

testo, grafica e collegamenti ad altre pagine web (Di Rocco, 2003; Klein e Burstein, 2006).

Il successo dei blog è dovuto ai numerosi vantaggi che porta, primo tra i quali la semplicità

d’uso: aprire, aggiornare e modificare un blog è un’operazione incredibilmente user

friendly, molto semplice da imparare e con la quale è molto facile prendere dimestichezza.

L’utilizzo del blog, infatti, non richiede nessuna competenza specifica, poiché funziona

proprio come un documento di un qualunque word processor. Inoltre, il blog non richiede

il possesso di un dominio internet: a differenza dei siti, che chiedono la registrazione di un

dominio, il blog fornisce autonomamente un indirizzo univoco ai loro utenti.

Il blog nasce con un duplice intento, da un lato fornire uno spazio entro il quale

tenere un diario personale, dall’altro per creare un ambiente dove fornire informazioni

continuamente aggiornabili ed aggiornate. Nel primo caso il blog dà la possibilità di

mettere on-line storie personali e di descrivere le proprie emozioni, aggiornandolo a

necessità e mantenendo la scansione temporale tipica del diario. Il vantaggio del diario

cibernetico in rete è la possibilità di condividere i propri pensieri e le proprie emozioni non

solo perché altri utenti possono accedere alle informazioni e leggerle, ma perché è

possibile anche commentarle e discutere su quanto scritto, favorendo la creazione di

comunità virtuali. Per quanto riguarda il blog come diario comunicativo, invece, l’utilizzo

nella maggior parte dei casi è fatto all’interno del settore giornalistico (Pratellesi, 2003),

poiché dà la possibilità di offrire in tempo reale notizie e commenti relative ad un ambito

specialistico.

Questa nuova metodologia di comunicazione ha dato vita ad una sorta di giornalismo

diffuso, emergente dal basso, in cui le notizie vengono condivise e discusse in tempo reale

dai lettori. I blog sono “come un quotidiano in cui la posta dei lettori occupa la prima

pagina”25, e grazie a questa loro caratteristica consentono la partecipazione attiva dei

soggetti aumentando la coesione e facilitando la creazione di una comunità virtuale. Infine,

accanto al ruolo di diario personale e diario collaborativo, i blog sono diventati anche un

supporto al lavoro collaborativo a distanza (Dafermos, 2003) dando vita ad un ambiente

25 Riva, G. (2008). Psicologia dei nuovi media. Il mulino, Pp. 199

Page 77: Matilde Monti - Mind over Matter

69

entro il quale, per esempio, i collaboratori di un progetto possono esprimere, anche se

fisicamente distanti, le proprie opinioni e rispondere ad affermazioni e domande di altri,

creando un ambiente di condivisione del lavoro che permette di lavorare insieme, anche da

collocazioni geografiche diverse, su di uno stesso progetto.

3.4 Vantaggi della Realtà Virtuale

Ai fini del progetto, la realtà virtuale porta sostanziali vantaggi. Innanzitutto, la

struttura del progetto si basa su un’idea di contatto tra sperimentatore e soggetto supportato

dalla realtà virtuale secondo diversi aspetti. Il concetto di presenza può essere inserito

anche all'interno del contesto cibernetico, poiché la presenza in rete è considerabile come

uno “spazio tra” in cui il sé si manifesta. E’ possibile perciò un parallelismo con la

circolarità che lega interazione e relazione: l’interazione prende senso se collocata

sull’orizzonte della relazione in cui si trova la propria origine; la relazione costituisce il

destino dell’interazione dal momento che ciò che viene prodotto nel qui e ora ricade poi

sulla relazione, offrendo alla persona la possibilità di integrarlo in essa o di escluderlo dal

proprio patrimonio identitario. L’identità del sé è esposta alle turbolenze che derivano

dalla sua collocazione all’incrocio tra lo psichico e il sociale, il cui punto di incontro

costituisce lo spazio dell’evento. Si tratta cioè del luogo in cui “accade” l’interazione, e

garantisce una certa stabilità e coerenza alla persona agganciandone le dinamiche

all’orizzonte storico e valoriale costituito dall’insieme delle relazioni in cui è immersa. La

soggettività rappresenta la concretizzazione di uno o più aspetti dell’Identità di una persona

messi in gioco durante l’interazione, ed è espressione dell’identità stessa, ed anche

occasione per essa di “rifornimento” sul piano esperienziale e di arricchimento del mondo

delle relazioni proprio della persona in termini di contenuti e di modalità di gestione dei

rapporti (Galimberti, 2007).

La teoria dell'interazione situata si basa sul concetto di presenza per prevedere il

livello di coinvolgimento del soggetto all'interno di una attività: più elevato è il livello di

presenza all'interno di una attività che l'organismo sperimenta, maggiore sarà il

coinvolgimento dell'organismo della stessa, e maggiore sarà il coinvolgimento più alte

Page 78: Matilde Monti - Mind over Matter

70

saranno le probabilità che l'attività vada a buon fine. Questa considerazione assume una

forte importanza nell'utilizzo dell'artefatto, di qualunque tipo esso sia. L'artefatto, infatti,

sia cibernetico sia fisico, permette di allargare gli orizzonti e di sfruttare un campo d'azione

più allargato: l'esempio che si utilizza maggiormente è quello del bastone per i ciechi, che

permette alle persone prive di un senso fondamentale, la vista, di usufruire del contesto con

una modalità di visione molto efficace, seppur “diversa” rispetto a quella naturale. Minore

è la consapevolezza del soggetto di utilizzare un artefatto esterno, maggiore ne sarà la

presenza in esso. Lo stesso vale anche per il mondo informatico, all'interno del quale il

soggetto può agire fino a trovare un livello di presenza tale da permettergli di non rendersi

conto di star facendo uso un artefatto per il raggiungimento del suo scopo.

Il lavoro che viene svolto per preparare delle interfacce con alto livello di

utilizzabilità per il soggetto è evidente; ne è un ottimo esempio un server quale windows

che per permettere al soggetto di lavorare ha creato una grafica molto simile al contesto

naturale. Il cursore di selezione, che viene mosso attraverso il mouse dalla mano, ha la

forma di una mano; il luogo d'azione principale è una scrivania virtuale, dove possono

essere archiviati tutti i documenti importanti, in cartellette singole e – sempre tramite il

cursore – essere aperti, trascinati, spostati e richiusi. Come i documenti reali, una volta

superati possono essere trascinati nel cestino, per simulare in tutto e per tutto una modalità

di lavoro non virtuale e che renda più immediata, comprensibile e user friendly

l'interazione.

L'obiettivo perseguito con la costruzione di una realtà virtuale facilmente

comprensibile per il soggetto è il raggiungimento dell'esperienza ottimale, raggiungimento

all'interno del quale il sé sperimenta la massima sensazione di presenza. Questa esperienza,

se associata ad uno stato emozionale positivo, può maturare e diventare una flow

experience, anche detta esperienza di flusso o di coscienza (Csikszentmihalyi 1990; 1994;

Voiskounsky 2008). Tale condizione, come descritta nel capitolo 2, è caratterizzata da un

elevato livello di concentrazione e di partecipazione all'attività, dall'equilibrio fra la

percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali

(skills), dalla sensazione d'alterazione temporale e da un interesse intrinseco per il processo

Page 79: Matilde Monti - Mind over Matter

71

che produce un senso di piacevolezza e di soddisfazione, sensazioni che assumono una

importanza maggiore rispetto al raggiungimento dello scopo prefisso. A questo proposito è

interessante la definizione di Inghilleri (1996), il quale dice, infatti, che “tre sono gli

elementi fondamentali delle situazioni di flusso di coscienza: un grande investimento di

attenzione sulla situazione in atto; una sensazione di benessere e soddisfazione personale;

la presenza di un impegno a cui corrispondono capacità personali adeguate”26.

Le nuove tecnologie sono strutture che guardano al futuro, giocando sulla

trasparenza come simbolo della continuità tra i due estremi temporali, ossia passato e

futuro, cercando di rendere l'inserimento di queste innovazioni il più semplice e user

friendly possibile. Da non trascurare infine e di grande impatto sociale è l’apporto dato

dalle nuove tecnologie ai soggetti disabili; grazie ad esse sono stati creati strumenti che

permettono di comunicare e lavorare a soggetti colpiti da gravi handicap, soggetti che,

grazie all'utilizzo di moderne tecnologie di comunicazione ed azione, sono in grado di

superare distanze spaziali, difficoltà e barriere che incontrano nel loro vivere quotidiano.

CONCLUSIONE

In questo capitolo si è parlato di tanti argomenti, ma il filo conduttore passa

attraverso due topic in particolare: lo storytelling ed i blog. Lo storytelling è la tecnica

narrativa usata come base per le sedute di imagery, durante le quali vengono raccontati

dagli esperti comportamenti, movimenti e situazioni che il soggetto deve visualizzare ad

occhi chiusi, in una sorta di sogno guidato. I blog, invece, sono importanti per la

caratteristica di collante che hanno, e per il supporto al lavoro collaborativo che offrono nel

caso di lavori a distanza.

Per questo progetto, entrambi gli argomenti sono fondamentali: innanzitutto, come

anticipato, conoscere le basi dello storytelling è fondamentale per creare un progetto ben

elaborato in tema di imagery, per non incorrere in errori banali come creare storie non

totalmente rappresentative dei soggetti sottoposti all’imagery, rischiando di non ottenere

26 Inghilleri, P. (1996). La teoria del flusso di coscienza. Esperienza ottimale e sviluppo di sé. Cooperativa Libraria IULM, Milano. Pp. 383.

Page 80: Matilde Monti - Mind over Matter

72

una totale collaborazione del soggetto per mancanza di sensazione di coinvolgimento

durante la visualizzazione del sogno. Il blog, invece, è importantissimo sia per tenere

traccia dei pensieri dei soggetti partecipanti, sia per creare un ambiente condiviso tra gli

atleti e per ottenere importanti informazioni come le esperienze personali ed i vissuti legati

al progetto. Inoltre, è un ottimo modo per creare un piccolo forum entro il quale mantenere

aggiornati i soggetti su incontri ed avvenimenti nell’ambito del progetto. Infine, il blog,

che si appoggerà ad un sito internet, sarà anche l’ambito entro il quale pubblicizzare il

progetto, ottenere suggerimenti e consigli e presentare i lavori compiuti ad un pubblico più

vasto, in modo da condividere il lavoro effettuato e svilupparlo e modificarlo grazie ai

suggerimenti ed alle critiche ricevuti, e pensare ad una eventuale ripetizione del progetto

arricchita dai consigli e dalle guide di terzi entrati in contatto con il lavoro.

Il lavoro di ricerca, da dopo la nascita della rete e soprattutto del Web 2.0 ha fatto un

salto in avanti per quanto riguarda la comunicazione dello svolgimento di progetti, dei

risultati e la possibilità di ottenere feedback da tutti il mondo e non solo da piccoli gruppi

ristretti di ricercatori. Questi vantaggi permettono di creare gruppi eterogenei di soggetti e

collaboratori, che possono tenersi in contatto grazie a piattaforme quali i forum di

discussione e blog personali, all’interno dei quali inserire i propri pensieri ed i propri

risultati per tenere informati gli specialisti di tutto il percorso intrapreso, volta per volta,

durante l’applicazione della ricerca.

Page 81: Matilde Monti - Mind over Matter

73

CAP 4. I NEURONI MIRROR E L'IMITAZIONE

INTRODUZIONE

Parlando dell’imagery, nel capitolo scorso, sono risaltate due caratteristiche

fondamentali necessarie per questa tecnica di training. La narrazione e la capacità di

comprendere le narrazioni e di farle proprie e la funzione dei neuroni specchio, argomento

che verrà approfondito in questo capitolo per spiegare come l'apprendimento per

osservazione ed imitazione sia un apprendimento possibile e funzionale, grazie

all’immaginazione. Il nostro cervello fin dalla nascita è atto a funzionare prima per

permettere la sopravvivenza, poi l'adattamento e poi lo sviluppo della persona secondo le

linee guida del proprio DNA. Per fare questo, la nostra struttura cerebrale si avvale anche e

soprattutto dell'imitazione di gesti e comportamenti svolti da terzi (in primis dal care giver)

per l'apprendimento di attività motorie semplici e di base. Man mano che cresciamo siamo

in grado di ripetere comportamenti di complessità sempre maggiore, quale una coreografia

di passi di danza.

L'obiettivo prefisso nella stesura di questo capitolo, è spiegare e sostenere la

decisione di modificare la tecnica di training mentale classica di imagery (e quindi di

visualizzazione ad occhi chiusi di un compito guidata da una narrazione) per proporla in

una variante visiva. Poiché è insito nella persona scomporre e studiare i movimenti altrui,

per comprendere le intenzioni sottostanti i comportamenti, e poiché grazie all'attenzione

che si pone nei confronti di questi comportamenti il nostro cervello produce energia per

codificare le azioni ed attiva i neuroni specchio, allora è possibile che sfruttando una

tipologia alternativa di supporto di training mentale, ossia quella visiva, si ottengano dei

risultati altrettanto validi.

Page 82: Matilde Monti - Mind over Matter

74

1. La Modificabilità Cognitiva e la Plasticità Cerebrale

La potenza del training mentale ha alla sua base numerose teorie di origine biologica,

secondo le quali le nostre capacità cerebrali sono potenziabili tramite un allenamento

specifico e costante. Se capitasse di rompere la calcolatrice e di dover fare dei conti a

mano, o ancora meglio, a mente, ci si accorgerebbe subito che i primi conti sarebbero lenti

e difficili. Se avessimo la necessità di continuare a svolgere i calcoli a mente, ci si

renderebbe conto che dopo un breve lasso di tempo i calcoli fatti a mente sembrano essere

molto più semplici ed immediati: è merito dell'allenamento. Così come il corpo allenato ad

un comportamento lo svolge in maniera sempre più immediata e automatica, così anche la

mente, stimolata ed allenata, automatizza ragionamenti, memorizzazioni etc., rendendo col

tempo molto più semplici compiti sentiti come difficili.

Alla base di queste osservazioni vi sono due concetti fondamentali:

1. la modificabilità cognitiva;

2. la plasticità cerebrale.

1.1 La Modificabilità Cognitiva

Lo studio del concetto della modificabilità cognitiva nasce dal desiderio di indagare

il potenziale delle persone, o la loro intelligenza potenziale, e si basa su due diversi

principi:

1. il primo stabilisce che i processi cognitivi e le strategie presenti nel repertorio

cognitivo di una persona non sempre vengono utilizzati, sottolineando come “evidenziare il

potenziale” significhi in realtà scoprire la “capacità interna” delle persone, dando loro la

possibilità di creare una mediazione tra le loro risorse interne ed esterne (Fabio, 1999;

2003; 2008; Fabio e Pellegatta, 2005a; Fabio e Peraboni, 1992; Haywood e Tzuriel, 1992);

2. il secondo principio riguarda lo sviluppo di capacità nuove per il repertorio

comportamentale del soggetto, tramite l'interazione con eventi ambientali interni ed esterni.

Page 83: Matilde Monti - Mind over Matter

75

Alla luce di questi due principi, è evidente che si possa dire, senza sbagliare, che la

modificabilità cognitiva è il presupposto stesso del potenziamento. La possibilità di

acquisire modelli d'azione completamente nuovi con diversi livelli di complessità e di

potenziare comportamenti già noti, infatti, ci permette di ipotizzare la possibilità di

spingere il comportamento e la potenza della mente umana oltre i suoi limiti apparenti. Il

termine “potenziamento” ha assunto nel tempo significato di allenamento cognitivo,

potenziamento del cervello, dinamismo della mente, modificabilità cerebrale: l'allenamento

cognitivo è, in questa accezione più ampia, un modello di allenamento che rafforza ed

enfatizza i processi cognitivi. Secondo Costa e Garmston (1999) si tratta di un insieme di

strategie, un modo di pensare e lavorare che modella il pensiero e le capacità di soluzione

dei problemi; è la capacità di modificare se stessi, laddove la modificabilità è il passaggio

da processi di logica di base a processi più complessi, grazie ad un'opera di

interiorizzazione che permette di sfruttare risorse inutilizzate per accedere a livelli più alti

di comportamento.

Fig. 627

27 Fabio, T.A. & Pelleggatta, B. (2005). Attività di potenziamento cognitivo: l’empowerment dei processi cognitivi: attenzione, ragionamento logico, memoria ed espressione (VOL. I). Eriksson Ed. Trento.

Page 84: Matilde Monti - Mind over Matter

76

L’allenamento che porta all’automatizzazione, concedendo la possibilità di

modificare i punti di partenza per arrivare a livelli di logica più complessi ed espandere i

propri domini di conoscenza, può essere sfruttato sia per quanto riguarda i fattori

comportamentali e motori, sia per quanto riguarda i fattori emotivi, sia infine per quanto

riguarda quelli cognitivi. E' interessante sottolineare come Fabio e Pellegatta (2005)

abbiano utilizzato il simbolo dell'infinito per la fascia più alta della piramide,

sottintendendo che il processo di allenamento è un processo infinito, che dà la continua

possibilità di modificarsi grazie ad ulteriori processi di crescita.

Come in ogni ambito della vita umana, anche nel potenziamento è importante non

dimenticare le sfere emotive e relazionali implicate. Di Pietro et al. (1998) disegnarono una

terapia, la Rational Emotive Therapy (RET) per sottolineare l'interconnessione tra i tre

sistemi di base della persona umana: cognizioni, comportamenti ed emozioni, in relazione

l'uno con l'altro (con il sé e con altri sé significativi). Secondo gli autori, l’essere umano è

molto complesso ed i suoi processi psicologici funzionano in modo interattivo

influenzandosi. Non avendo una natura isolata, l'agire su uno di questi fattori influenza

necessariamente anche gli altri: avere una buona relazione solida alla base della propria

piramide, quindi, permette di applicare tecniche di potenziamento senza apportare scosse

troppo forti per la persona da sopportare.

1.2 La Plasticità Cerebrale

Parlare di fondamenti biologici della modificabilità significa parlare di

neuroplasticità, ossia la capacità del nostro cervello di modificarsi grazie alle interazioni

con l'ambiente esterno. Il termine plasticità etimologicamente ha due significati: deriva dal

greco πλάσσειν («modellare») ed indica la capacità di ricevere una forma e di dare una

forma. Tuttavia, come sottolineò Malabou (2007) la plasticità implica una terza capacità: la

«capacità del sistema nervoso di modificare una forma che è essa stessa suscettibile di

ricevere o creare».

Il sistema nervoso è altamente modificabile, per permettere ai propri circuiti di

adattarsi per svolgere più efficacemente le funzioni richieste o per riorganizzarsi e

Page 85: Matilde Monti - Mind over Matter

77

sostituire componenti danneggiate. La plasticità è, dunque, “la capacità dei circuiti nervosi

di sfuggire alle restrizioni imposte dal corredo genetico e di variare la loro struttura e

funzione in risposta agli stimoli esterni, alle modificazioni ambientali, all’esperienza e

anche ai fattori intrinseci del soggetto (Blundo, 2007; Ansermet e Magistretti, 2008)”28.

2. I Neuroni Bimodali ed i Neuroni Specchio

Studiando attentamente la composizione biologica del cervello, è possibile notare

come i messaggeri delle informazioni che il cervello riceve siano destinati a diversi tipi di

decodificazioni e di messaggi. Per esempio, vi sono i neuroni bimodali, ossia neuroni che

si eccitano sia per una stimolazione tattile sia quando viene notato un oggetto a portata di

mano al quale potenzialmente si potrebbero rivolgere le proprie azioni: i due campi, tattile

e visivo, si presentano spazialmente connessi. Quello visivo, infatti, è centrato su quello

tattile e si proietta nello spazio a partire dal campo tattile stesso, per una profondità di tre

quattro decine di centimetri; inoltre, i due campi si spostano insieme se si sposta la parte

del corpo, testa o braccio, sulla quale si trova localizzato il campo ricettivo tattile dando

vita ad una integrazione senso-motoria.

Tutti gli oggetti che sono a portata di mano e che possono essere afferrati o ai quali ci

si può afferrare, rappresentano, istante per istante, un mondo a parte, ben distinto

dall'insieme degli oggetti che si trovano in vista, ma a rispettosa distanza. Questo spazio,

detto spazio peripersonale, è un tutt'uno con una parte del nostro corpo, con la sua

sensibilità tattile e con il suo movimento e ne costituisce una sorta di prolungamento. I

neuroni che si interessano a queste situazioni hanno un'attività correlata con

l'organizzazione di quei movimenti della mano e della bocca che consentono di afferrare

un oggetto, e si attivano non solo prima e durante l'esecuzione del movimento, ma anche

precedentemente, o singolarmente quando un soggetto rivolge le sue attenzioni ad un

oggetto: il loro lavoro non si svolge, quindi, solo immediatamente prima e durante

28 Fabio, R.A. & Romano T. (2010). Brain Fitness. Trento, Erikson. Pp. 16.

Page 86: Matilde Monti - Mind over Matter

78

l'esecuzione del movimento, ma anche quando il soggetto guarda semplicemente gli oggetti

con attenzioni ed intenzioni motorie.

Nell'area di Broca, inoltre, sono stati trovati neuroni che si attivano non solo quando

il soggetto rivolge attenzioni ad un potenziale oggetto, ma anche quando il soggetto

osserva il movimento di altri esseri umani: in questo caso si parla di neuroni specchio (o

mirror neurons). I neuroni specchio sono praticamente identici ai neuroni canonici:

anch'essi si attivano con movimenti intenzionali, anch'essi non inviano semplicemente

comandi per far contrarre i muscoli, ma piuttosto per uno "scopo" che richiede l'impiego

coordinato di parecchi muscoli; la differenza fondamentale tra i neuroni canonici ed i

neuroni specchio è che i secondi non si attivano con la visione di un oggetto da afferrare,

bensì con l'osservazione dell'azione compiuta da un altro soggetto. Sono stati chiamati

neuroni specchio proprio perchè per loro natura non sono neuroni che pianificano

un'azione, bensì neuroni che rispecchiano un movimento.

Le implicazioni funzionali che hanno i neuroni specchio sono, evidentemente,

importantissimi: il loro ruolo primario è permetterci di analizzare e comprendere il

significato delle azioni altrui. La vista degli atti compiuti da altri, infatti, comporta un

aumento dei potenziali motori evocati in corrispondenza alle aree del cervello attivate dal

soggetto che compie effettivamente l'azione. In parole povere, compiere un'azione o

guardare un'azione che viene compiuta attiva circa le stesse aree cerebrali, le stesse aree

motorie deputate all'organizzazione ed all'esecuzione degli atti in questione. Questo

permette all'uomo di decifrare il significato degli eventi motori osservati, quindi di

comprenderli in termini di azioni.

Inoltre, una ricerca di Marco Iacoboni con l'ausilio di alcuni colleghi (2005), ha

messo in luce come l'attivazione delle aree motorie del cervello sia la medesima in caso di

contesto, azione ed intenzione. Tramite la fMRI (risonanza magnetica funzionale,

strumento per verificare la diffusione dell'energia nel cervello), infatti, gli autori hanno

studiato le risposte cerebrali a tre situazioni: nel primo caso – contesto – i soggetti

vedevano alcuni oggetti (una teiera, una tazza, un bicchiere, un piatto etc.) disposti come se

qualcuno stesse per consumare il tè, o in alternativa come se qualcuno avesse già

Page 87: Matilde Monti - Mind over Matter

79

consumato il te; nel secondo caso – azione – veniva mostrata ai soggetti una mano che

afferrava una tazza da tè con una presa di forza (mettendo la mano intorno alla tazza) o con

una presa di precisione (prendendo il manico della tazza); nel terzo caso – intenzione – ai

soggetti veniva mostrata la stessa mano del secondo caso, con la stessa presa del secondo

caso, ma calata nei contesti del primo caso, in modo da generare la comprensione

dell'intenzione di prendere la tazza per avvicinarla alla bocca e bere il tè (nel caso del

setting con il tè pronto da bere) o per rimettere in ordine (nel caso del tè già consumato).

Dopo aver applicato le diverse condizioni sperimentali, mettendo a confronto le

attivazioni motorie del cervello nei diversi casi, Iacoboni et al. si resero conto che le

attivazioni cerebrali indotte dall'osservazione delle scene di azione ed intenzione erano le

medesime di quelle dei soggetti che compivano le azioni. Mentre nella condizione

sperimentale “contesto” ad attivarsi erano soltanto i neuroni bimodali in risposta alle

affordances dell'ambiente, nelle altre due condizioni sperimentali (“intenzione” ed

“azione”) ad attivarsi erano i neuroni specchio, quindi la porzione posteriore del giro

frontale inferiore, ossia l'area coinvolta nella predizione o nella comprensione delle

intenzioni altrui. L'atto dell'osservatore è ovviamente un atto potenziale, evocato

dall'attivazione dei neuroni mirror in grado di codificare l'informazione sensoriale in

termini motori e di rendere così possibile quella reciprocità di atti ed intenzioni stante alla

base dell'immediato riconoscimento del significato dei gesti degli altri sé. La comprensione

di queste intenzioni è data dalla selezione automatica delle strategie d'azione che in base al

nostro patrimonio motorio risultano di volta in volta più compatibili con lo scenario

osservato. Osservare qualcuno compiere un atto crea in noi l'immediata necessità di

decodificare le sue intenzioni, per comprendere il senso dell'azione: questo genera uno

spazio d'azione condiviso, entro il quale ogni atto ed ogni catena di atti nostri ed altrui,

prendono forma e significato, senza richiedere l'azione di esplicite o deliberate operazioni

conoscitive.

Page 88: Matilde Monti - Mind over Matter

80

2.1 L'Imitazione

Fin dalla scoperta dell'esistenza dei neuroni specchio, i meccanismi ed i processi di

imitazione hanno avuto grande attenzione: la domanda verteva attorno alla possibilità che i

neuroni specchio potessero essere alla base dell'imitazione. Innanzitutto, è necessario

distinguere l'imitazione in due categorie: da una parte la capacità di un individuo di

replicare un atto dopo aver osservato altri compiere l'azione, dall'altra l'apprendimento di

un pattern d'azione nuovo e la capacità di riprodurlo nei dettagli, dopo aver osservato altri

compiere l'azione.

2.1.1 La Capacità di Replicare un Atto

Gli studi effettuati su questa prima forma di imitazione si appoggiano principalmente

su due modelli teorici: il primo si basa su una netta separazione tra il codice sensoriale e

quello motorio. In questo caso l'imitazione risulterebbe possibile grazie ai processi

associativi che collegano elementi che a priori non hanno dati in comune (Welford, 1968;

Massaro, 1990). Il secondo modello teorico assume che l'azione osservata e quella eseguita

debbano condividere il medesimo codice neurale, e che questo rappresenti il prerequisito

dell'imitazione.

A prendere il sopravvento è stato il secondo modello partendo dal concetto di azione

ideomotoria, spiegato da Lotze (1852) prima e da James (1890) poi, e dal concetto di

imitazione per principio di compatibilità ideomoria di Greenwald (1970). L'azione

ideomotoria può essere descritta come un insieme di azioni, o movimenti muscolari, che

sono espressioni automatiche delle idee dominanti piuttosto che il risultato di distinti sforzi

volitivi come ad esempio l'atto di esprimere pensieri - nel discorso parlato o scritto -

mentre la mente è occupata nella composizione della frase.

Il concetto di imitazione per principio di compatibilità ideomotoria invece afferma

che più un atto percepito assomiglia ad uno presente nel patrimonio dell'osservatore, più

tende ad indurne l'esecuzione, implicando l'esistenza di uno schema rappresentazionale

Page 89: Matilde Monti - Mind over Matter

81

comune modulato dalla comprensione da parte dell'osservatore del tipo di atto, ovvero

dello scopo o stadio finale dei movimenti compiuti dal dimostratore29. In base a queste

teorie sono stati condotti numerosi esperimenti, fra i più noti quelli di Iacoboni e colleghi

(1999; 2001) che hanno permesso di giungere alla conclusione che lo schema

rappresentazionale comune non è da immaginare come uno schema astratto, amodale,

bensì come un meccanismo di trasformazione diretto delle informazioni visive in atti

motori potenziali. Grazie al lavoro di Iacoboni et al., infatti, si è notato un chiaro

coinvolgimento del sistema di neuroni specchio nell'imitazione di atti già presenti nel

patrimonio motorio dell'osservatore, suggerendo una traduzione motoria immediata

dell'azione osservata. Un'ulteriore ricerca di Heiser e collaboratori (2003) ha dimostrato

come il sistema dei neuroni specchio svolga un ruolo fondamentale nell'imitazione, poiché

codifica l'azione osservata in termini motori rendendo così possibile una sua replica.

2.1.2 La Capacità di Apprendere un Nuovo Pattern d'Azione e la

Capacità di Riprodurlo nei Dettagli

Questa posizione è stata sostenuta in particolar modo dagli etologi, primo fra tutti da

Richard Byrne (1998; 2000; 2003): secondo il suo modello, l'apprendimento per imitazione

risulterebbe dall'integrazione di due processi distinti, il primo dei quali permette

all'osservatore di scomporre l'azione da imitare nei singoli elementi che la compongono, e

quindi di convertire il flusso dei continui movimenti visti in una serie di diapositive di atti

appartenenti al proprio patrimonio motorio; il secondo processo permette invece di ripetere

gli atti motori così codificati nella sequenza più idonea in modo da ottenere l'esecuzione di

una azione che rispecchi l'esecuzione del dimostratore: è il medesimo processo che vi è alla

base dell'apprendimento di pattern motori non sequenziali, per esempio gli accordi eseguiti

al piano o alla chitarra.

In un esperimento di Buccino et al. (2004), ai soggetti veniva chiesto di osservare

degli accordi eseguiti alla chitarra da un maestro su un supporto video, e di ripetere gli

29 Prinz, 1987; 1990; 2002 & Bekkering et al., 2000; 2002.

Page 90: Matilde Monti - Mind over Matter

82

accordi dopo una breve pausa dalla fine del filmato. Si è evinto che l'osservazione a scopo

imitativo determinava l'attivazione del circuito neuronale dei mirror neurons. Lo stesso

circuito si attivava, anche se in maniera mento potente, quando ai partecipanti ai gruppi di

controllo veniva chiesto semplicemente di guardare l'accordo eseguito dal maestro oppure

di posizionare semplicemente le mani sulla chitarra senza però eseguire alcun accordo. E'

evidente che la trasformazione delle informazioni visive in opportune risposte motorie

avvenga nel sistema dei neuroni specchio, in quanto essi traducono in termini motori gli

atti elementari che caratterizzano l'azione osservata.

Le analisi delle forme di imitazione rivelano come esse dipendano dall'attivazione di

aree corticali dotate di proprietà specchio. Tali proprietà detonato la presenza di un

meccanismo di accoppiamento diretto delle informazioni visive provenienti

dall'osservazione di atti altrui con le rappresentazioni motorie ad esse corrispondenti. Il

sistema dei neuroni specchio è in grado di codificare tanto gli atti motori transitivi quanto

quelli intransitivi, nonché di tener conto degli aspetti temporali degli atti osservati. Si può

pertanto ipotizzare che l'uomo, grazie al patrimonio motorio articolato, abbia grandi

possibilità di imitare e di apprendere tramite l'imitazione.

Ciononostante, il sistema dei neuroni specchio è necessario per l'imitazione, ma non

sufficiente, e ciò vale sia per la capacità di apprendere per imitazione che per la capacità di

ripetere atti compiuti da terzi ed appartenenti al nostro patrimonio motorio. Per

l'imitazione, è necessaria anche una forma di controllo, che sia di tipo inibitore o

facilitatorio: l'esistenza di questi meccanismi è provata da molteplici dati, di cui un

esempio è il caso di pazienti con lesioni del lobo frontale che hanno difficoltà a trattenersi

dal ripetere in sequenza le azioni compiute da altri (imitation behavior), fino ai casi più

gravi in cui i soggetti sono affetti da ecoprassia, e non sono in grado di non imitare

compulsivamente i comportamenti di chi hanno davanti.

Questa relazione tra il sistema dei neuroni specchio ed il sistema di controllo

permette di chiarire alcuni aspetti legati alla pseudo-imitazione dei neonati i quali, poche

ore dopo essere nati, senza essersi ancora visti allo specchio e quindi senza conoscere la

propria conformazione, sono già in grado di ripetere alcuni movimenti effettuati con la

Page 91: Matilde Monti - Mind over Matter

83

bocca dai genitori, come la protrusione della lingua (Meltzoff, 1977). Inoltre, è sufficiente

essere appassionati di una qualunque disciplina sportiva per rendersi conto di come per

ogni azione che osserviamo in noi agisce un comportamento di inibizione o di

facilitazione: un caso classico di inibizione si ha quando un soggetto intenditore osserva,

per esempio, un match di pugilato. Egli potrebbe (o potrebbe non) rendersi conto che,

durante il match, gli capiterà di muovere le braccia in maniera automatica, magari a pugni

chiusi, imitando i gesti del campione che si trova sul ring. Già Charles Darwin, nel 1872,

aveva espresso giudizio su alcuni comportamenti di risonanza motoria: “Se mentre si

esibisce in pubblico un cantante diventa un po' rauco, molti dei presenti (…) tossiscono un

po' come per liberarsi la gola (…). Mi è stato raccontato anche che, durante le gare, quando

un atleta spicca il salto molti spettatori (…) muovono i piedi.30”

CONCLUSIONE

Attivare i neuroni specchio, significa anche mettere in moto le aree del cervello

adibite al movimento corporeo grazie ad un meccanismo di accoppiamento diretto delle

informazioni visive provenienti dall'osservazione di atti altrui con le rappresentazioni

motorie ad esse corrispondenti. Questo assunto sarà alla base dell'utilizzo di supporti visivi

nel training mentale, per verificare se l'utilizzo della vista all’interno della tecnica di

imagery, contrariamente o diversamente all'utilizzo dell'udito, abbia effetti altrettanto

efficaci e sfruttabili. Per questo motivo, si è deciso anche di utilizzare un supporto di

integrazione audio visiva, per verificare se la forza della combinazione di due canali

sensoriali possa produrre risultati ancora migliori rispetto all'utilizzo di un singolo canale,

sia che si tratti del canale visivo sia che si tratti del canale uditivo.

Inoltre, sulla base degli assunti precedenti, grazie ad alcuni test utilizzati per

verificare la preferenza cognitiva dei soggetti (ossia se sono “verbalizzatori” o

“visualizzatori”), i dati ottenuti dalla somministrazione delle diverse modalità di imagery

30 Darwin, C. (1872). L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali. Edizione italiana a cura di G.A. Ferrari, Boringhieri, Torino 1982.

Page 92: Matilde Monti - Mind over Matter

84

verranno letti analizzati anche in relazione ai risultati dei test di preferenza cognitiva.

L’obiettivo è verificare se, nel caso di esiti significativi anche per le tecniche di imagery

“innovativo”, vi siano delle correlazioni tra modalità di allenamento e modalità preferita di

strutturazione della cognizione dei soggetti partecipanti al progetto.

Page 93: Matilde Monti - Mind over Matter

85

CAP 5. MIND OVER MATTER

INTRODUZIONE

La teoria delineata fino a questo momento serve per porre le basi ad una ricerca che

vuole verificare la validità dell’imagery, tecnica di training mentale, applicata ad un closed

skill come il tiro libero nel basket, mettendo a confronto gli esiti di allenamenti fatti per

migliorare il braccio prediletto ed allenamenti mirati all’utilizzo ex-novo del braccio

debole. La scelta del tiro libero nel basket verte intorno alla necessità di trovare un

comportamento sul quale verificare la funzionalità del training il cui esito dipenda

solamente dalle azioni compiute dal soggetto sperimentale: nel tiro libero del basket non vi

è la possibilità di alterazione dei risultati da parte di terzi, come potrebbe essere un servizio

nel tennis, il cui esito dipende sia dall’azione del soggetto che serve sia dalla risposta del

soggetto che riceve il servizio. Ad entrare in gioco nel tiro libero nel basket sono solo e

soltanto i movimenti compiuti dal giocatore che deve centrare il canestro con la palla.

Inoltre, grazie al supporto di innovazioni tecnologiche, si analizzeranno le

correlazioni tra la tipologia di imagery, visiva, uditiva o audio-visiva, e lo stile cognitivo

personale. L’obiettivo è verificare se sia possibile sfruttare tipologie di training mentale

diverse in base alle caratteristiche cognitive del soggetto sperimentale, per incrementare la

funzionalità degli allenamenti effettuati fuori dal campo.

1. La ricerca

All’interno del mondo sportivo sono poche le pratiche closed skill, ossia quelle

azioni motorie o tecniche sportive dove l'esecuzione del movimento non viene influenzata

(se non minimamente nei fattori regolatori del gesto) da risposte dell'ambiente esterno.

All’interno di questo tipo di gesti sportivi, si trova il tiro libero a canestro nel basket,

sanzione prevista nel caso di fallo commesso dalla difesa nel momento in cui un avversario

tiri a canestro o in caso di fallo tecnico, antisportivo oppure da espulsione.

Page 94: Matilde Monti - Mind over Matter

86

Fig. 731

Il giocatore che ha subito il fallo si posiziona all’interno della lunetta del tiro libero,

mentre gli altri giocatori, compagni ed avversari, sono tenuti a posizionarsi sulle linee che

collegano la lunetta a bordo campo, senza poter interferire con il tiro fatto prima che la

palla abbia toccato il canestro. Inoltre, i tiri liberi sono sempre due, ed i giocatori sulle

linee laterali possono intervenire solamente nel caso in cui la palla non entri nel canestro

dopo il secondo tiro libero; nel caso in cui, dopo il secondo tiro, la palla rimbalzi sul

canestro senza entrare sia i compagni di squadra che gli avversari possono tentare di

intervenire sulla palla per iniziare una nuova azione. Se l’ultimo tiro va a segno, il gioco

riprende con la rimessa da fondo campo. Ogni tiro libero vale un punto. Il tiro libero, per la

sua struttura e per la funzione che svolge all’interno di una partita di basket, è un momento

molto importante poiché essendo una situazione il cui esito dipende solamente

dall’esecuzione del gesto da parte di un singolo componente della squadra, può essere

testualmente allenato fino al perfezionamento, per garantire al soggetto una percentuale di

riuscita sempre migliore.

La struttura del progetto prende vita dalla tecnica di imagery, che consiste nella

creazione volontaria di una esperienza, esclusivamente mentale, atta a riprodurre 31 Immagine di un campo di basket dall’alto.

Page 95: Matilde Monti - Mind over Matter

87

l’esperienza reale completa di immagini visive, sensazioni tattili e propriocettive, odori,

sapori e suoni (White & Hardy, 1998; Vedelli, 1985). La tecnica di imagery classica viene

applicata all’interno di sedute di allenamento mentale e fisiche, e viene utilizzata per vivere

un’esperienza di sogno guidato in uno stato di completo rilassamento, per creare una prima

(o un’ulteriore) esperienza di una situazione specifica. Applicato al tiro libero nel basket,

l’imagery serve per fare esperienza dei movimenti, del controllo corporeo e dello stress

emotivo di trovarsi ad essere l’unico fattore influente sulla riuscita di un determinato

comportamento, e quindi sull’ottenimento della capacità di portare a buon fine il tiro a

canestro centrando l’obiettivo, e poi la capacità di ripetere il comportamento per essere in

grado di replicarlo in ogni occasione, riuscendo a far canestro con due tiri consecutivi dopo

la sanzione dei tiri liberi e segnando due punti per la squadra, uno per ogni tiro effettuato.

A supporto del progetto, verrà utilizzato un sito internet, entro il quale verrà caricato

interamente il progetto, con un’introduzione, un settore aperto ai partecipanti al progetto

con forum e possibilità di creare un blog, e con un settore protetto da password nel quale

verranno caricati tutti i training, e che conterranno i filmati, le narrative, i questionari

utilizzati ed una sezione, infine, nella quale verificare la metodologia utilizzata per

sviluppare la ricerca. Ai partecipanti verrà fornito un login personale con password

generica che potrà essere cambiata in ogni momento per rendere privata la propria sezione

e personalizzarla. Gli esterni avranno la possibilità di navigare all’interno del sito in

maniera limitata, potendo accedere all’abstract ed all’introduzione del progetto di ricerca,

ma potranno fare richiesta per entrare nel sito e visionare il progetto per intero per prendere

spunti, dare feedback e consigli e vedere i risultati del lavoro svolto, così come le

metodologie, le tempistiche etc. mandando una mail all’indirizzo fornito dal link

“contatti”. Il progetto risulta in un training mentale per il tiro libero nel basket tramite

diverse tipologie di imagery, modificato ed implementato con diverse nuove tecnologie di

comunicazione.

Page 96: Matilde Monti - Mind over Matter

88

2. Gli Strumenti

Per sviluppare il progetto, sono stati scelti molteplici strumenti, fra cui test

conoscitivi, test per stabilire la preferenza di stile cognitivo, test per stabilire se il soggetto

è destrimano o sinistrorso, processi di rilassamento, filmati e narrative registrate per aiutare

il soggetto nell’allenamento per imagery.

2.1 Questionario Conoscitivo

In primo luogo verrà utilizzato un questionario conoscitivo (pag. 106), attraverso il

quale raccogliere i dati anagrafici dei partecipanti, identificare i soggetti per dividerli nei

vari gruppi sperimentali e per prendere nota delle variabili del campione, in termini di

numerosità, età media, prevalenza di genere etc. Inoltre, attraverso il test conoscitivo sarà

possibile identificare anche il livello di conoscenza che i soggetti hanno del basket, sia a

livello teorico che a livello di pratica dello sport.

2.2 Questionari di Stile Cognitivo

Sono stati scelti tre questionari per verificare la preferenza di stile cognitivo dei

soggetti, al fine di verificare l’incidenza della differente modalità di training mentale in

relazione ai diversi stili cognitivi. Per stile cognitivo si intende la preferenza del soggetto

ad usare tecniche di tipo visive o verbali per rappresentare le informazioni della realtà

durante le attività di pensiero. Lo stile verbalizzatore è proprio di soggetti che

immagazzinano le informazioni in termini di parole, di ragionamenti logici e razionali. Lo

stile visualizzatore, al contrario, è proprio dei soggetti che codificano le informazioni in

quadri di immagini mentali.

Non è però possibile fare una distinzione netta fra le tipologie di stile cognitivo,

infatti oltre alla linea verticale verbalizzatore visualizzatore, i soggetti possono essere

distinti tra soggetti con stile cognitivo estremo o integrato. In caso di stile cognitivo

Page 97: Matilde Monti - Mind over Matter

89

estremo, il soggetto ha una predilezione chiara e leggibile per uno stile o per l’altro, nel

caso in cui il soggetto abbia uno stile cognitivo integrato, egli sarà in grado di passare da

uno stile all’altro senza grandi difficoltà e di adattare il proprio ragionamento in base alla

situazione nel quale gli viene richiesto di fare uno sforzo mentale.

I risultati dei tre test saranno analizzati in relazione tra di loro per creare una griglia

di preferenze cognitive sulla base della quale verificare i risultati ottenuti con il training

mentale per ogni partecipante.

2.2.1 QSVV

Il QSVV32, è il Questionario sulle Strategie Visive e Verbali (Antonietti & Giorgetti

1993). Questo strumento viene utilizzato per verificare se il soggetto ha la tendenza a

formare cognizioni rappresentazioni mentali di tipo visivo o di tipo verbale. E’ uno

strumento che non si occupa di comprendere l’abilità sottostante le diverse strategie, bensì

di capire la strategia cognitiva prediletta. Per valutare i risultati dello strumento, sono state

utilizzate due scale di valutazione diverse, una concernente l’utilizzo delle strategie verbali

ed una concernente le strategie visive: dire che un soggetto non abbia una abitudine

mentale, non significa che egli sia abituato ad aderire all’abitudine opposta, quindi si è

utilizzato una scala a cinque passi per garantire la massima generalizzabilità per essere in

grado di indicare le condizioni usuali in cui il soggetto si può ritrovare. Il risultato al test si

ottiene sommando gli item visualizzatori e sommando gli item verbalizzatori, e sottraendo

i secondi ai primi: in caso di risultato positivo il soggetto ha una preferenza per le

rappresentazioni mentali visive, in caso di risultato negativo il soggetto ha una preferenza

per le strategie cognitive verbali.

Griglia di codifica del test:

- Item Visualizzatore: 1, 2, 4, 6, 8, 10, 15, 17, 18.

- Item Verbalizzatore: 3, 5, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 16.

32 Test completo in Appendice a pag. 107

Page 98: Matilde Monti - Mind over Matter

90

2.2.2 SOLAT

Il questionario SOLAT33 (Your Style of Learning and Thinking) di Torrance (1985),

si basa sulla diversità delle caratteristiche di ogni emisfero cerebrale. L’emisfero sinistro,

infatti, opera principalmente utilizzando elaborazioni linguistiche di informazioni, ed è

maggiormente incline ad utilizzare procedure di tipo logico-analitiche per la risoluzione

dei problemi; questo risulta in una preferenza alla verbalizzazione per i soggetti nei quali

l’emisfero dominante è quello sinistro. L’emisfero destro, al contrario, lavora le

informazioni in maniera simultanea, con rappresentazioni creative e fantasiose. I soggetti

nei quali a dominare è l’emisfero destro sono soggetti caratterizzati da migliori capacità

intuitive e preferenza per la visualizzazione. Il questionario, per verificare la preferenza di

stile cognitivo del soggetto, è composto di item che presentano situazioni differenti nelle

quali il soggetto deve scegliere la risposta che più si avvicina al suo stile di pensiero, le

possibili risposte sono due e si riferiscono ai due poli degli stili di pensiero (destro e

sinistro). Le risposte a questo test possono essere codificate in base alla griglia riportata qui

sotto; a seconda della maggioranza delle risposte il soggetto può essere definito

verbalizzatore o visualizzatore. Meno differenza vi è tra il numero di risposte, più il

soggetto ha uno stile cognitivo integrato.

Griglia di codifica del test:

- Destro: 1b, 2a, 3b, 4a, 5b, 6b, 7a, 8b, 9b, 10b, 11b, 12a, 13b, 14b, 15b, 16b, 17b,

18b, 19b, 20a, 21a, 22b, 23a, 24a, 25b, 26b, 27a, 28a.

- Sinistro: 1a, 2b, 3a, 4b, 5a, 6a, 7b, 8a, 9a, 10a, 11a, 12b, 13a, 14a, 15a, 16a, 17a,

18a, 19a, 20b, 21b, 22a, 23b, 24b, 25a, 26a, 27b, 28b.

33 Test completo in Appendice a pag. 109

Page 99: Matilde Monti - Mind over Matter

91

2.2.3 VVQ

Il terzo test utilizzato per verificare la dominanza dello stile cognitivo è il VVQ34,

Verbalizer-Visualizer Questionnaire (Richardson 1977). Questo strumento permette di

rilevare se il soggetto utilizzi rappresentazioni mentali in sede di ragionamento e di

acquisizione di informazioni di tipo logico-linguistico o di tipo visualizzatorio,

prediligendo processi cognitivi di tipo immaginativo-spaziali. Il test presenta quindici item

con frasi che si riferiscono a processi visivi o processi verbali, ai quali il soggetto deve

rispondere vero/falso a seconda che l’item descriva o meno le proprie abitudini, capacità o

preferenze.

Il punteggio viene calcolato attribuendo un punto ad ogni risposta vera per il cluster

della visualizzazione e zero per ogni risposta falsa, mentre per il cluster della

verbalizzazione la tecnica è contraria, zero punti per ogni risposta vera ed un punto per

ogni risposta falsa. Più il punteggio finale si avvicina a zero più il soggetto ha tendenza ad

usare stili cognitivi verbalizzatori, più il punteggio si avvicina a 15, più si può inferire che

il soggetto tende ad utilizzare stili cognitivi visualizzatori. Un punteggio uguale o superiore

ad 11 punti classifica un soggetto come visualizzatore, un punteggio uguale o inferiore a 7

punti classifica un soggetto come verbalizzatore. Chi si trova fra 8 e 10 punti, è un soggetto

con uno stile cognitivo cosiddetto integrato.

Griglia di codifica del test:

1 vero:0 falso:1

2 vero:1 falso:0

3 vero:0 falso:1

4 vero:0 falso:1

5 vero:1 falso:0

6 vero:0 falso:1

7 vero:1 falso:0

34 Test completo in Appendice a pag. 112

Page 100: Matilde Monti - Mind over Matter

92

8 vero:0 falso:1

9 vero:0 falso:1

10 vero:0 falso:1

11 vero:1 falso:0

12 vero:0 falso:1

13 vero:0 falso:1

14 vero:1 falso:0

15 vero:1 falso:0

2.3 EHI

Ai fini della ricerca è necessario dividere i soggetti tra destrimani e sinistrorsi, per

procedere ad allenamenti incrociati: allenare alcuni soggetti sul braccio dominante ed altri

soggetti sul braccio cosiddetto debole. Per verificare a quale cluster (destro o mancino) il

soggetto appartenga, si è scelto di utilizzare il questionario EHI35 (Edinburgh Handeness

Inventory) di Oldfield (1971).

Questo questionario si pone come obiettivo quello di stabilire qual è la mano

dominante nelle operazioni compiute da un soggetto: per questo scopo il test è composto

da 10 item che descrivono azioni compiute quotidianamente. Al soggetto viene richiesto di

rispondere alle domande indicando la mano che preferisce utilizzare scegliendo il

punteggio su di una scala a cinque passi dove gli estremi indicano “solo mano sinistra” e

“solo mano destra”.

La griglia di codifica del test attribuisce un punto alla risposta “solo mano sinistra” e

cinque punti alla risposta “solo mano destra”, e di conseguenza due, tre e quattro punti alle

risposte centrali: “spesso mano sinistra”, “indifferente” e “spesso mano destra”. Più il

punteggio totale è alto, più il soggetto può essere identificato come destrimano, più il

punteggio totale è basso più il soggetto può essere identificato come mancino. I soggetti

nella fascia di punteggio centrale vengono identificati, infine, come ambidestri.

35 Test completo in Appendice a pag. 113

Page 101: Matilde Monti - Mind over Matter

93

2.4 Rilassamento e Training Mentale

Le sedute di training mentale, infine, sono divise in due sessioni: una prima di

rilassamento, attraverso la quale portare l’atleta in una fase di tranquillità mentale e

corporea, ed una seconda tramite la quale sperimentare in un sogno guidato il tiro libero a

canestro. La narrativa del rilassamento è stata presa dal rilassamento dello psicologo Dott.

Francesco Giovanetti che propone questo testo (pag. 114) per inserirlo all’interno di un

processo di cura olistica per i pazienti che egli ha in cura. La motivazione della scelta

deriva dalla necessità che questo progetto ha di rilassare in toto il soggetto prima di

portarlo in una situazione di imagery, necessità che accomuna la presente ricerca con i

lavori del dott. Giovanetti, che sfrutta il rilassamento per dare un senso di tranquillità e

benessere totale ai suoi pazienti. Il testo è stato visionato e riadattato in alcune sue parti per

renderlo più specifico ed inerente al progetto.

La sezione di training mentale, invece, è stata creata appositamente per il progetto,

alla luce dei consigli e delle considerazioni della sezione teorica riguardante lo storytelling.

Si è cercato di creare una narrativa coerente, incentrata sul soggetto, sulle sue sensazioni,

sulle sue percezioni e soprattutto sui movimenti del corpo. Ciononostante, il percorso di

imagery è ampio e prende avvio dal rilassamento, portando il soggetto ad iniziare la fase

imagery propriocettiva dalla conclusione del rilassamento. Inoltre, sono state create due

narrative di imagery speculari, la prima concentrata sul training del braccio destro, mentre

la seconda si occupa di allenare il braccio sinistro. Per non creare problemi di confusione o

di allenamento, la parola “destra” e la parola “sinistra” sono state ripetute più volte, in

modo da rimarcare il contenuto del sogno guidato e dirigerlo in maniera precisa.

Per rendere il training mentale efficace e per far si che i soggetti sentano di essersi

appropriati dei movimenti e delle istruzioni date durante il sogno, si è deciso di ripetere la

seduta di training mentale due volte in presenza, intervallata da una seduta di training

pratica per provare a mettere a frutto una prima volta le nozioni acquisite durante le sedute

di training mentale. Inoltre, verrà chiesto ai soggetti di sfruttare il sito internet per ripetere

una volta individualmente il training mentale dopo ogni seduta di training in presenza;

Page 102: Matilde Monti - Mind over Matter

94

verrà presentata al soggetto anche la possibilità di scaricare i training mentali sul proprio

smart phone personale, per permettere un accesso al training individuale più semplice,

anche in situazioni in cui il soggetto non sia in aree coperte da connessioni internet, o nelle

quali, più semplicemente, non abbia la possibilità di accedere alla rete.

Per assicurare un training mentale uguale fra i gruppi, la narrativa verrà registrata e

riproposta in versione digitale ai soggetti.

Vi saranno tre modalità di training mentale diverse:

- TRAINING 1: training mentale con imagery classica. Ai soggetti verrà chiesto di

restare sdraiati alla fine del rilassamento per ascoltare una narrative registrata che indicherà

loro le situazioni da immaginare ed i passi da seguire per allenare la mente.

- TRAINING 2: training mentale con imagery visiva. Ai soggetti sarà chiesto di

aprire gli occhi alla fine della fase di rilassamento per sedersi, mantenendo pur sempre una

posizione comoda, per vedere le immagini di un soggetto che compie alcuni esercizi. Le

immagini del video sono registrate con la narrativa come guida, creando due training

identici, diversi solamente per modalità di somministrazione.

- TRAINING 3: training mentale con imagery audio-visiva. Ai soggetti viene chiesto

alla fine della fase di rilassamento di sedersi, mantenendo una posizione comoda, per

visionare l’audiovisivo che proporrà loro il training mentale sia con la narrativa registrata

(training 1) sia con le immagini (training 2), risultando nella somma dei due training

precedenti.

3. Il Campione

Per quanto riguarda il campione, nonostante non ci siano problemi di limitazioni

d’età, si è scelto di utilizzare un campione di età compresa tra i 18 ed il 35 anni, per

assicurarsi di utilizzare soggetti ancora nel pieno delle capacità fisiche. Per quanto riguarda

il genere, invece, non si sono fatte distinzioni cercando, ciononostante, di avere un

campione equilibrato in numero di maschi e di femmine per verificare anche se vi sia

Page 103: Matilde Monti - Mind over Matter

95

qualche incidenza del genere sul training mentale e sull’esito del progetto. Infine, non

verranno utilizzati soggetti cosiddetti ambidestri, per cercare di ottenere risultati più

specifici in relazione a destrismo e mancinismo, e non risultati falsati dall’abitudine

d’utilizzo, seppur ridotto, di entrambe le mani.

Sostanziale è reclutare soggetti che non hanno avuto alcun incontro col basket, se

non a livello scolastico. La decisione dipende ancora una volta dalla necessità di avere un

campione omogeneo e per verificare in maniera più precisa l’outcome del processo di

training: un soggetto naif, soprattutto a primo impatto, segnerà una percentuale di punti

molto inferiore ad un soggetto che ha già competenze acquisite nel gioco del basket.

Questa scelta è una decisione che dovrebbe permettere di verificare con più precisione la

riuscita del lavoro, determinando una differenza di punti in positivo tra il pre-test ed il

post-test maggiore, e sostenendo così la riuscita del progetto applicato.

Il campione sarà suddiviso in 5 gruppi da 30 soggetti ciascuno, così divisi:

Gruppo A: trenta soggetti destrimani – allenamento su campo e training mentale

simmetrico.

Gruppo B: trenta soggetti destrimani – allenamento su campo e training mentale

asimmetrico.

Gruppo C: trenta soggetti mancini – allenamento su campo e training mentale simmetrico.

Gruppo D: trenta soggetti mancini – allenamento su campo e training mentale asimmetrico

Gruppo E: (gruppo di controllo) trenta soggetti, 15 destrorsi e 15 mancini – allenamento su

campo.

4. Le Ipotesi

Il progetto di training mentale si basa su un’ipotesi principale:

- IPOTESI 1: i soggetti sottoposti al training mentale nella sessione di post-test

otterranno in percentuale un miglioramento significativo se confrontato con i soggetti del

gruppo di controllo che sono stati sottoposti soltanto al processo di training fisico su

campo.

Page 104: Matilde Monti - Mind over Matter

96

Inoltre, il progetto prevede una sezione di studio dei risultati anche per quanto

riguarda due successive ipotesi, che sono le seguenti:

- IPOTESI 2: il training mentale è uno strumento di lavoro che permette di

rafforzare le tecniche e le pratiche sportive, in questo caso il tiro libero nel basket,

indipendentemente dal livello di conoscenza dell’attività e dall’utilizzo del training per

rafforzare parti del corpo in precedenza più forti o più deboli. Detto questo si prevede un

risultato in percentuale simile tra coloro che affrontano un allenamento simmetrico e

coloro che affrontano un allenamento asimmetrico, senza differenze significative nel

risultato statistico.

- IPOTESI 3: adattare il training mentale alla tipologia di stile cognitivo, e quindi

maggiormente al soggetto così come voluto dalla teoria descritta nella sezione dello

storytelling, porterà risultati e miglioramenti in percentuale più alti, e quindi significativi,

rispetto a coloro che affrontano il training mentale in modalità non coerenti con il proprio

stile cognitivo.

5. La Metodologia

Il progetto si struttura in diversi passaggi:

1. Incontro Conoscitivo

2. Pre-Test

3. Test

4. Post-Test

5. Incontro Finale

Page 105: Matilde Monti - Mind over Matter

97

5.1 Incontro Conoscitivo

Il primo momento di incontro con i soggetti sperimentali sarà l’occasione per

incontrare i soggetti, e per chiedere loro di compilare il questionario conoscitivo (pag.

106), i tre test riguardanti lo stile cognitivo ed il test sulla dominanza della mano. Inoltre,

verranno fornite tutte le informazioni riguardo allo svolgimento del progetto così come

delle indicazioni per quanto riguarda l’accesso al sito e l’utilizzo della sezione di forum e

del blog. Verrà richiesto a tutti i partecipanti di presentarsi per questa prima riunione di una

durata di circa un paio d’ore. Per sicurezza, i soggetti presenti al primo incontro saranno

circa 200, per assicurarsi di avere un campione che ricopra in numero sufficiente tutte le

dimensioni della ricerca.

In primo luogo, sarà dato loro da compilare il questionario conoscitivo, per poter

prendere nota delle caratteristiche personali dei soggetti presenti del gruppo, e cominciare

a fare una selezione all’interno del campione ed una suddivisione equilibrata dei soggetti in

relazione ai diversi training che verranno proposti ed alle loro capacità ed abitudini. Per

garantire maggiore ordine ed affluenza all’incontro, verranno organizzati due prime

riunioni nella stessa giornata, cercando di creare due gruppi equilibrati di circa 100

partecipanti ad incontro in modo da poter aver la possibilità di seguire meglio i soggetti e

di poter dare loro tutte le attenzioni richieste. Inoltre, utilizzare due incontri è anche utile

per permettere ai soggetti di gestire in maniera più facile altri possibili impegni presenti

nella stessa giornata.

Per non incorrere in problemi di privacy, sul questionario si chiederà di apporre una

sigla, di tre lettere e due numeri, che sarà il codice identificativo per ogni soggetto e la

username per accedere al sito. In seguito, saranno somministrati i tre questionari

riguardanti la preferenza cognitiva, ed infine il questionario EHI. Infine, una volta

recuperati tutti i questionari, i soggetti verranno congedati con il compito di collegarsi al

sito internet a due giorni dall’incontro per trovare le coordinate degli appuntamenti

seguenti.

Page 106: Matilde Monti - Mind over Matter

98

5.2 Pre-Test

Il pre-test è il primo momento nel quale i soggetti avranno a che fare con il campo da

basket e con il tiro libero. Ogni gruppo dovrà eseguire il compito richiesto, e segnare i

propri risultati, con l’aiuto dei compagni, su una scheda riassuntiva dell’allenamento su

campo (pag. 126), che verrà identificata grazie alla sigla scelta dal soggetto ed apposta in

alto a destra sulla scheda. Dopo una breve introduzione dimostrativa, in cui un coach

spiegherà ai soggetti come tirare correttamente a canestro durante l’esecuzione di un tiro

libero, ad ogni componente del gruppo sarà chiesto di eseguire 20 tiri liberi: i compagni di

allenamento non impegnati a tirare saranno incaricati di barrare le caselle ogni qual volta il

tiratore riuscisse a centrare il canestro.

Il pre-test sarà differente a seconda del gruppo di appartenenza: al gruppo A

(destrimani) ed al gruppo D (sinistrorsi) sarà chiesto di effettuare i venti tiri a canestro con

il braccio destro; al gruppo B (destrimani) ed al gruppo C (sinistrorsi) sarà chiesto di

effettuare i venti tiri liberi con la mano sinistra; al gruppo E, di controllo, infine, verrà

chiesto di effettuare i venti tiri liberi con la mano preferita, tenendo conto che il gruppo

dovrebbe consistere circa in 15 soggetti destri e 15 soggetti mancini.

La decisione di chiedere ai soggetti di ogni gruppo presentarsi tutti

contemporaneamente è stata presa per creare una piccola situazione di condivisione di una

pratica, per dare un primo momento conoscitivo ai membri del gruppo di appartenenza e

per facilitare il processo di creazione di argomenti con i quali riempire il forum. Infine va

sottolineato che i momenti di incontro per il pre-test saranno specifici per gruppo, e quindi

dilazionati durante un’intera giornata.

Page 107: Matilde Monti - Mind over Matter

99

5.3 Test

Per quanto riguarda il test, ci saranno tre tempi di allenamento:

- TEMPO 1: sessione di training mentale. Ogni gruppo da trenta soggetti verrà diviso

in tre sottogruppi, i quali saranno sottoposto ad una sessione di training mentale preparata

appositamente. Al sottogruppo 1 verrà presentato il training mentale sotto forma di

imagery classica (training 1): si chiede ai soggetti dopo la sessione di rilassamento di

mantenere gli occhi chiusi ed ascoltare la registrazione che guida nel training. Al

sottogruppo 2 verrà presentato il training mentale sotto forma di filmato (training 2), quindi

a fine rilassamento verrà chiesto ai soggetti di riaprire gli occhi e di sedersi, mantenendosi

in posizione comoda e rilassata, e di osservare attentamente le immagini. Infine, al

sottogruppo 3 verrà presentato un filmato audiovisivo (training 3, la somma delle prime

due condizioni sperimentali).

Le distinzioni tra i tre macro gruppi resteranno però invariate: per il gruppo A

(destrimani) e per il gruppo D (sinistrorsi) sarà effettuato un momento di rilassamento e di

training mentale che si occupa di allenare il braccio destro; con il gruppo B (destrimani) ed

al gruppo C (sinistrorsi) si lavorerà con un rilassamento ed un training mentale rivolti

all’allenamento del braccio sinistro; il gruppo E (di controllo) infine, non verrà convocato

per la seduta di training mentale, in modo da fungere come gruppo tramite il quale

controllare la riuscita o l’insuccesso delle sedute di training mentale.

Ai soggetti, alla fine del training verrà chiesto di eseguire un compito a casa, ossia di

connettersi al sito internet per ripetere una volta a casa la seduta. Le condizioni rimangono

le stesse, quindi verrà sottolineata la necessità di essere in una situazione in cui si è sicuri

di non venire disturbati, per ricreare l’atmosfera avuta durante il training di gruppo. Questa

richiesta è dovuta alla necessità di sfruttare più sessioni di training senza togliere al

soggetto troppe ore del suo tempo, per ovviare alla possibilità di alti numeri di drop-out. Ai

soggetti verrà data anche la possibilità di scaricare i training mentali sui propri smart phone

per permettere una maggiore accessibilità ai training e per ovviare, almeno in parte, al

Page 108: Matilde Monti - Mind over Matter

100

problema della necessità della connessione ad internet per sottoporsi alla seduta

individualmente.

- TEMPO 2: sessione di allenamento su campo. Nel secondo momento i macrogruppi

riuniti verranno convocati per ripetere il compito eseguito nel pre-test. Ad ogni

componente dei vari gruppi sarà chiesto di eseguire nuovamente i venti tiri liberi: i

compagni non impegnati a tirare saranno incaricati di compilare nuovamente la scheda

riassuntiva del training su campo. I gruppi resteranno suddivisi così come indicato nel pre-

test: al gruppo A (destrimani) ed al gruppo D (sinistrorsi) sarà chiesto di effettuare i venti

tiri a canestro con il braccio destro; al gruppo B (destrimani) ed al gruppo C (sinistrorsi)

sarà chiesto di effettuare i venti tiri liberi con la mano sinistra; il gruppo E, di controllo,

infine, sarà presente per questa seduta per assicurare che l’unica differenza

nell’allenamento del tiro libero fra i gruppi sperimentali ed i gruppi di controllo sia la

partecipazione o meno alla seduta di training mentale.

- TEMPO 3: sessione di training mentale. L’ultimo tempo del test ripropone

esattamente il tempo 1 della fase di test, per sottoporre i gruppi ad un secondo incontro di

allenamento mentale del tiro libero, e ad un secondo momento di allenamento mentale

individualizzato, da effettuare in solitaria a casa.

5.4 Post-Test

Il post-test è il momento nel quale si verificherà l’incidenza dei diversi training nei

vari gruppi: tutti i gruppi, in momenti diversi, verranno chiamati in palestra per eseguire

un’ultima sessione di venti tiri liberi a canestro, con la stessa modalità degli incontri sul

campo precedenti. Dopo questo momento sarà possibile verificare l’efficacia delle

differenti tipologie di training mentale, in un primo momento con un semplice paragone

numerico tra efficacia dei tiri a canestro del pre-test e del post test, ed in seguito con le

varie analisi statistiche per verificare la veridicità delle ipotesi.

Page 109: Matilde Monti - Mind over Matter

101

5.5 Incontro Finale

Nell’incontro finale verranno date le spiegazioni sulle diverse parti dell’esperimento

al quale i partecipanti sono stati sottoposti. Ancora una volta, per permettere una maggior

attenzione ad ogni soggetto e maggior partecipazione ai momenti di debriefing, verranno

organizzati due incontri per i soggetti, che verranno chiamati a presentarsi per metà durante

le prime due ore di chiusura e per metà durante le seguenti due ore di spiegazione e

chiusura del percorso del progetto. Ai partecipanti, inoltre, verrà chiesto di compilare un

piccolo questionario di valutazione finale (pag. 127) sulla soddisfazione e

sull’appezzamento del training, sulle perplessità e sui consigli in generale che si sentono di

dare agli sperimentatori. Verrà data anche la possibilità di barrare una casella in caso vi sia

il desiderio di ricevere via mail i risultati del progetto ottenuti con le analisi statistiche

finali. Infine, sarà sottolineata la possibilità di restare in contatto grazie al sito internet,

tramite blog, forum ed email.

6. Il Sito Internet

https://sites.google.com/site/mindovermattertesi/

Il sito internet è stato creato per supportare il progetto e la diffusione delle

informazioni riguardanti il lavoro da svolgere e precedentemente svolto. Sarà il luogo dove

indicare ai partecipanti le date dei loro incontri, gli attrezzi ed i materiali necessari per ogni

seduta e le direttive per arrivare al luogo di allenamento.

Per collegarsi al sito, ogni utente utilizzerà la sigla selezionata durante l’incontro

conoscitivo come username, e come password la password generica “mindovermatter” con

richiesta di modificarla a proprio piacimento durante il primo accesso al sito. Ogni utente

avrà una sezione privata all’interno della quale gli verranno comunicati data ed orario degli

appuntamenti in palestra per tutta la durata del progetto. Si è deciso di creare una sezione

privata (area dei partecipanti) per assicurare il massimo della privacy ad ogni soggetto.

Page 110: Matilde Monti - Mind over Matter

102

Inoltre, all’interno di questa area, ogni soggetto avrà la possibilità di tenere un blog, un

diario di bordo. Un’ulteriore sezione protetta è destinata ai ricercatori: all’interno dell’area

dei ricercatori, infatti, i collaboratori al progetto avranno la possibilità di scambiarsi

informazioni e dati, caricare documenti e risultati, o commentare e dare opinioni e consigli

su sedute già effettuate o incontri a venire.

Infine, all’interno del sito vi sarà una sezione aperta a tutti i dotati di username e

password nel quale lavorare, incontrarsi, chiacchierare e scambiarsi informazioni: il forum.

Questa sezione sarà sempre seguita da un moderatore, ma è l’ambito entro il quale i

soggetti avranno la maggior possibilità di discutere ed incontrarsi con i propri compagni di

lavoro al fine di creare gruppi più amalgamati. Inoltre, all’interno del forum, ogni gruppo

avrà la propria discussione privata e coperta da password, discussione destinata, quindi,

solamente ai trenta componenti del gruppo di allenamento, in modo da permettere

conversazioni specifiche sugli allenamenti e sugli incontri. Verrà esplicitamente chiesto ai

soggetti, infatti, di non discutere in maniera troppo approfondita le varie modalità di

training con partecipanti al progetto non compresi nel proprio gruppo di appartenenza, in

modo da non influenzare con troppe informazioni il percorso del lavoro svolto.

7. Conclusioni

Il progetto di training mentale implementato con le nuove tecnologie è un tentativo di

superare i limiti dell’imagery dovuti all’utilizzo di un solo senso, l’udito. L’obiettivo è

riuscire a dimostrare che, tramite le modifiche apportabili grazie alle nuove tecnologie è

possibile sviluppare tecniche di training, sempre basate sull’imagery, che riescano a

raggiungere ancora di più i soggetti, dando risultati più positivi di quelli ottenuti con

l’allenamento fatto solo in termini di sogno guidato. Inoltre, è interessante anche verificare

se, alla luce della potenza del training mentale, vi sia differenza tra il training effettuato sul

lato del corpo più tipicamente usato (in questo caso sulla mano e sul braccio più forti) ed il

training effettuato sul lato del corpo più debole.

Sviluppare un progetto così ampio, comunque, permette di fare altri tipi di analisi, a

cominciare dall’efficacia di ogni tipo di training, sia in relazione che indipendentemente

Page 111: Matilde Monti - Mind over Matter

103

dal tipo di ragionamento prediletto dal soggetto. Le speranze sono quelle di ottenere dati

statistici interessanti grazie ai quali sviluppare il progetto, migliorarlo e portare la ricerca in

termini sempre più specifici, onde portare innovazioni e nuovi spunti all’interno del mondo

del training mentale, elemento chiave della psicologia dello sport.

Page 112: Matilde Monti - Mind over Matter

104

CONCLUSIONI

Il progetto sviluppato nel corso di questa tesi è senz’altro un lavoro molto

interessante sia per quanto riguarda il tentativo di sviluppare un training mentale

innovativo, sia per quanto riguarda la decisione di utilizzare in modo intrecciato due

argomenti così nuovi, come il training mentale nello sport e le nuove tecnologie, per creare

una ricerca che si basasse su tecniche di allenamento potenziate e rese ancora più efficaci

con tecnologie di ultima generazione come internet e gli smart phone. La tecnologia ha

sempre più influenza nei nostri giorni, perché si occupa di implementare e rendere più

ottimali tutti gli ambiti della nostra vita, dalle comunicazioni alla medicina, dalla scienza al

potenziamento, ed è quindi diventata parte integrante della nostra società moderna. I

vantaggi dell’unione tra imagery e nuove tecnologie sono quindi innegabili, e questa

ricerca è stata progettata appositamente per poter provare a comprendere come rendere

effettivamente utile ed efficace la fusione tra psicologia dello sport e training mentale con

le nuove tecnologie ed il Web 2.0.

Per quanto riguarda i limiti, invece, c’è da considerare un elemento in particolare: il

closed skill è l’esecuzione di un gesto motorio che non dipende solamente dal movimento

tecnico e dal controllo del proprio corpo, ma anche da una componente emotiva molto

forte. Nello studio delle closed skill, infatti, è importante tenere a mente che la

concentrazione è fondamentale poiché permette di controllare le risposte emotive alle varie

situazioni, evitando che esse vadano a disturbare il compimento del gesto tecnico corretto:

nel caso di una partita di basket, il dover effettuare un tiro libero a canestro può mettere

molta pressione sul giocatore che subisce il fallo, non permettendogli di compiere il tiro

libero in modo focalizzato e concentrato, per motivi di tensione ed ansia. La dimensione

emotiva, però, nel corso di questa ricerca non è stata studiata in modo particolare;

ciononostante, l’utilizzo di tecniche di rilassamento prima di sedute di imagery permette di

poter dire di aver controllato in parte questa variabile. Il rilassamento, infatti, è funzionale

per permettere al soggetto di provare una situazione di concentrazione e tranquillità totale

prima di apprestarsi a tirare a canestro (anche se in sessione di imagery), dando un primo

Page 113: Matilde Monti - Mind over Matter

105

contatto ai partecipanti che si sottopongono alle sedute di imagery con il tiro libero a

canestro in stato emotivo concentrato e con i movimenti corporei guidati e quindi

controllati. L’utilizzo del rilassamento implica che, nonostante la dimensione emotiva non

sia stata considerata all’interno del progetto, essa non è da indicare come una variabile di

disturbo.

E’ altresì vero che in futuro sarebbe utile sviluppare progetti di training mentale

implementati con la tecnologia improntati principalmente sulla dimensione emotiva del

contesto, in modo da poter unificare i risultati di questa nuova ricerca con i risultati della

presente, per avere una visione a livello globale dell’utilità di queste nuove modalità di

training, per poter poi sviluppare un progetto che tenga conto in maniera giustificata di

tutte le dimensioni che influiscono sulla buona riuscita dell’esecuzione di un

comportamento closed skill.

Page 114: Matilde Monti - Mind over Matter

106

APPENDICE

1 – QUESTIONARIO CONOSCITIVO

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Compila il modulo inserendo i dati richiesti, questi ci serviranno per le analisi

statistiche finali; inoltre, ti chiediamo di scegliere una sigla fatta di tre lettere – che devi

ricordare per l’intera durata del progetto – da apporre nello spazio in alto a destra in modo

da poter identificare il tuo lavoro in maniera anonima.

ETA’:….. SESSO: M F

LIVELLO

SCOLASTICO:……………………………………………………………………................

PROFESSIONE:……………………………………………………………………………..

CONTATTO E-MAIL……………………………………………………………………….

Sei destro, mancino o ambidestro?...........................................................................................

Hai mai giocato a basket a livello amatoriale o agonistico?..............................................

Se sì, per quanto tempo?...............................................................................................

Grazie per aver compilato il questionario. Tieni a mente che verrai contattato sulla tua

email per comunicarti il tuo indirizzo email e la tua password per il periodo del progetto:

accertati di accedere alla mail che ci hai comunicato tra tre giorni in modo da poter

accedere il prima possibile al sito internet ed alle informazioni riguardanti il progetto.

All’interno del sito internet, inoltre, avrai un’area personale entro la quale ti sarà possibile

tenere un blog. Infine, avrai l’opportunità di partecipare ad un forum. Ti chiediamo di fare

uso di questi due ambienti il più possibile, comunicando i tuoi pensieri e le tue riflessioni

riguardanti le sedute a cui parteciperai e rispondendo a dubbi e considerazioni nel forum

dei tuoi compagni. Grazie per la collaborazione!

Page 115: Matilde Monti - Mind over Matter

107

2 – QSVV

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Leggi con attenzione ciascuna delle affermazioni riportate nel questionario. Per ogni affermazione stabilisci in che misura è sua abitudine compiere quanto da essa descritto. A tal fine, attribuisci a ciascuna affermazione un punteggio da 1 a 5 secondo la seguente scala:

punteggio 1 = corrisponde a valori molto bassi punteggio 2 = corrisponde a valori bassi punteggio 3 = corrisponde a valori medi punteggio 4 = corrisponde a valori alti punteggio 5 = corrisponde a valori molto alti

Buon lavoro!

AFFERMAZIONI PUNTEGGIO1) Dovendo memorizzare un numero telefonico, mi raffiguro nella mente le sue cifre

1 2 3 4 5

2) Quando ascolto o leggo qualche parola particolare, mi vengono in mente immagini che si riferiscono a quella parola

1 2 3 4 5

3) Quando richiamo dei contenuti memorizzati, mi tornano alla mente le parole esatte con cui essi erano riportati nel testo

1 2 3 4 5

4) Dovendo utilizzare o mettere in funzione un oggetto o strumento,preferisco avere a disposizione una sequenza di illustrazioni che spieghi le operazioni da compiere

1 2 3 4 5

5) Spesso trovo la soluzione di un problema utilizzando formule matematiche, principi logici o concetti astratti

1 2 3 4 5

6) Quando qualcuno mi racconta qualcosa, mi si imprimono in mentele immagini visive di quanto mi sta riferendo

1 2 3 4 5

7) Prima di addormentarmi, mi capita di ripetere verbalmente fatti della giornata

1 2 3 4 5

8) Non mi ricordo dove ho posato un oggetto. Visualizzo mentalmente le azioni che ho compiuto in precedenza o i luoghi in cui sono stato al fine di individuare il possibile posto in cui e’ ora l’oggetto

1 2 3 4 5

9) Quando devo andare in un luogo che non so dove si trovi e chiedo informazioni a un passante, memorizzo le indicazioni verbali che il passante mi dà

1 2 3 4 5

10) Quando leggo un racconto, immagino visivamente la situazione e i personaggi descritti

1 2 3 4 5

Page 116: Matilde Monti - Mind over Matter

108

SIGLA……………

DATA…/…/……..

11) Mi capita di compiere mentalmente dei discorsi su situazioni future

1 2 3 4 5

12) Quando mi descrivono un fenomeno o un fatto, gradisco che me lo presentino esclusivamente in termini verbali, a voce o per iscritto

1 2 3 4 5

13) Quando devo disegnare un oggetto, ripeto mentalmente le sue caratteristiche

1 2 3 4 5

14) Mi piace risolvere giochi enigmistici di tipo verbale come le parole crociate, gli anagrammi, i crittogrammi, ecc

1 2 3 4 5

15) Quando devo recarmi con i mezzi di trasporto in un luogo noto, mi creo nella mente l'immagine dell'itinerario da compiere e il percorso che compirò con i vari mezzi

1 2 3 4 5

16) Quando studio, cerco di fissare nella mente le espressioni verbali relative alla situazione - per esempio un fenomeno fisico, un fatto storico, un ambiente geografico - che è descritta nel testo

1 2 3 4 5

17) Dopo aver ascoltato la descrizione relativa a una persona che non conosco, ricordo l'immagine che mi sono fatto del suo aspetto

1 2 3 4 5

18) Quando devo memorizzare qualcosa, cerco di formare immagini o associazioni di immagini

1 2 3 4 5

Page 117: Matilde Monti - Mind over Matter

109

3 – SOLAT

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Metti una crocetta nello spazio bianco a destra di ogni frase in cui ti ritrovi. Per ogni

coppia di frasi puoi mettere una, due o nessuna crocetta. Buon lavoro!

AFFERMAZIONI Metti una “x” in corrispondenza di ogni frase che ti rispecchia

1 A Mi piace leggere le spiegazioni di ciò che devo fare

B Preferisco che mi si mostri come devo fare le cose

2 A Mi so esprimere bene a gestiB Non so esprimermi a gesti; preferisco dire a

voce ciò che penso e faccio affidamento su ciò che le persone dicono a parole

3 A Preferisco le lezioni in cui devo ascoltare le spiegazioni dell'insegnante

B Preferisco le lezioni in cui posso muovermi, essere attivo e manipolare direttamente le cose

4 A Prendo gusto e mi diverto nel risolvere i problemi

B Affronto con serietà i problemi da risolvere5 A Per portare a termine un lavoro uso solo il

materiale appropriatoB Per portare a termine un lavoro sono in

grado di utilizzare qualsiasi cosa abbia a disposizione

6 A Preferisco che lavori o compiti siano programmati così da sapere esattamente cosa fare

B Preferisco lavori o compiti aperti in modo che sia possibile apportare cambiamenti mentre si procede

7 A Agisco sulla base di sensazioni o supposizioni

B Se posso, preferisco non agire sulla base di sensazioni o supposizioni

Page 118: Matilde Monti - Mind over Matter

110

SIGLA……………

DATA…/…/……..

8 A Esprimo i miei sentimenti con semplici parole

B Esprimo i miei sentimenti scrivendo poesie, disegnando, cantando, ballando

9 A Mi piace studiare teorie già dimostrate e certe

B Mi piace studiare cose che potrebbero rivelarsi esatte

10 A Mi piace separare le idee e analizzarle una ad una

B Mi piace collegare insieme molte idee11 A Sono abile nel risolvere problemi

ricorrendo a procedimenti logiciB Sono abile nel risolvere problemi

ricorrendo a intuizioni e sensazioni12 A Quando risolvo problemi preferisco

immaginare visivamente la situazione descritta

B Mi piace analizzare i problemi leggendo attentamente il testo e ascoltando le spiegazioni dell’insegnante

13 A Imparo facilmente da insegnanti che spiegano le lezioni oralmente

B Imparo facilmente da insegnanti che spiegano le lezioni con azioni

14 A Quando devo ricordare o pensare a qualcosa riesco bene se ricorro a parole

B Quando devo ricordare o pensare a qualcosa riesco bene se ricorro a immagini o figure

15 A Mi piace vedere cose finite e completeB Mi piace organizzare e completare cose

incompiute16 A Sono un tipo riflessivo

B Sono un tipo intuitivo17 A Imparo facilmente particolari e fatti

specificiB Imparo facilmente a partire da una visione

generale

Page 119: Matilde Monti - Mind over Matter

111

SIGLA……………

DATA…/…/……..

18 A Imparo e ricordo quelle cose che ho specificatamente studiato

B Imparo e ricordo dettagli e fatti che apprendo dalle cose che accadono in torno a me

19 A Mi piace leggere storie su cose realmente accadute

B Mi piace leggere storie su cose fantastiche20 A E' divertente programmare quello che ho

intenzione di fareB E' divertente sognare

21 A Mi piace ascoltare della musica quando leggo o studio

B Mi piace il silenzio assoluto quando leggo o studio

22 A Mi piace disegnare copiando o completando un modello

B Mi piace disegnare secondo le mie idee23 A E' emozionante inventare qualcosa

B E' emozionante perfezionare qualcosa24 A Imparo meglio esplorando

B Imparo meglio analizzando25 A Mi piacciono le idee presentate in ordine

B Mi piacciono le idee presentate con legami e relazioni tra di loro

26 A Sono abile nel ricordare nomi e paroleB Sono abile nel ricordare suoni e motivi

musicali27 A Spesso ho la testa fra le nuvole

B Non sono quasi mai distratto28 A Studiando preferisco fare riassunti

B Studiando preferisco sottolineare

Page 120: Matilde Monti - Mind over Matter

112

4 – VVQ

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Leggi con attenzione ciascuna delle affermazioni sotto riportate. Per ogni

affermazione fai una croce su “vero” o “falso”, facendo riferimento alle tue preferenze ed

alle tue opinioni oppure alle tue abitudini. Buon lavoro!

AFFERMAZIONI1 Mi piace compiere lavori che richiedono l'uso di parole VERO FALSO2 I miei sogni a occhi aperti sono talvolta così vividi da avere la

sensazione di vivere realmente la scena che sto immaginandoVERO FALSO

3 Mi piace imparare nuove parole VERO FALSO4 Riesco a trovare facilmente sinonimi di parole VERO FALSO5 Le mie capacità di immaginazione visiva sono superiori alla

media VERO FALSO

6 Sogno raramente VERO FALSO7 Leggo piuttosto lentamente VERO FALSO8 Trovo difficile chiudendo gli occhi costruirmi un'immagine

mentale dei volti di un amico VERO FALSO

9 Credo che nessuno riesca a pensare in termini di immagini VERO FALSO10 Preferisco leggere le istruzioni su come fare qualcosa piuttosto

che avere qualcuno che me lo mostriVERO FALSO

11 I miei sogni sono estremamente vividi VERO FALSO12 Ho una fluidità nell'usare le parole superiore alla media VERO FALSO13 I miei sogni a occhi aperti sono piuttosto indistinti e sfuocati VERO FALSO14 Passo pochissimo tempo a cercare di arricchire il mio

vocabolarioVERO FALSO

15 Il mio pensiero spesso è costituito da immagini mentali VERO FALSO16 Mi piace compiere lavori che richiedono l'uso di parole VERO FALSO

Page 121: Matilde Monti - Mind over Matter

113

5 – EHI

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Indica quale mano preferisci utilizzare per le attività sotto elencate mettendo una crocetta

nella colonna corrispondente alle tue abitudini. Quando la tua preferenza è molto forte e

utilizzi esclusivamente una mano per eseguire quella attività, scegli “Solo…”. Quando per una

attività spesso utilizzi una mano, ma qualche volta ti capita di utilizzare anche l’altra, scegli

“Principalmente…”. Quando per una attività ti è del tutto indifferente utilizzare una mano o

l’altra, scegli “Entrambe”. Rispondi a tutte le domande seguendone l’ordine numerico e senza

tornare indietro per controllare le risposte precedenti. Buon lavoro!

AFFERMAZIONI Solosinistra

Principalmente sinistra

Entrambe Principalmente destra

Solodestra

1Per scrivere, con che mano tieni la penna?

2Per disegnare, con che mano tieni la matita?

3Per lanciare, con che mano tieni l’oggetto da lanciare?

4Con che mano utilizzi le forbici?

5Con che mano utilizzi lo spazzolino da denti?

6Quando usi il coltello senza la forchetta, con che mano lo tieni?

7Con che mano utilizziil cucchiaio?

8Quando accendi un fiammifero, con che mano lo tieni?

Page 122: Matilde Monti - Mind over Matter

114

6 - NARRATIVA BRACCIO DESTRO

1. RILASSAMENTO

Iniziamo ora una serie di esercizi che ti permetteranno di raggiungere una situazione

di rilassamento molto profondo. Per la buona riuscita è necessario coricarsi in una

posizione comoda, a volte può essere utile porre un cuscino basso sotto la tua testa.

Talvolta è anche utile mettere un piccolo cuscino sotto la ginocchia in modo che le gambe

non siano tese e diritte. Se farai il rilassamento prima di coricarti avrai un sonno più

ristoratore, i tuoi problemi potranno essere affrontati senz'altro meglio, con più sicurezza e

chiarezza mentale. Ora mettiti comodo, steso sul tappetino e rilassati. Ti ho dato la coperta

perché la condizione di rilassamento porta un abbassamento del metabolismo, con una

conseguente sensazione di freddo, che potrebbe pregiudicare la buona riuscita del

rilassamento. (…) Tieni i piedi leggermente staccati l'uno dall'altro e le braccia lungo il

corpo, con le mani che distano qualche centimetro dai fianchi. (…) Lasciati andare, lasciati

andare con fiducia e promettiti di regalarti questi minuti di rilassamento dimenticando i

tuoi problemi. Non è certo in questo periodo di tempo che puoi risolvere i tuoi problemi,

però puoi riacquistare energia e chiarezza mentale.

1. 1 PRIMA FASE

La prima serie d’esercizi consiste nel mettere sotto tensione delle fasce muscolari

mentre inspiri; la tensione viene rimossa mentre espiri. Dovresti cercare di essere

consapevole di questa sensazione, l'aria entra e si crea tensione, l'aria esce e la tensione se

ne va. Fa' una prova: stringi il pugno destro mentre inspiri, forza ... lascialo andare

espirando, relax ... Come avrai notato, mentre si stringe il pugno destro bisogna inspirare.

Si crea una tensione e si inspira profondamente, quindi si rilascia la tensione creata e l'aria

esce. Nello stesso tempo senti tutto il corpo che si rilassa, l’aria che se ne va porta via tutte

le tensioni che avevi accumulato. Prova ancora. Stringi il pugno destro, forza ... relax,

lascialo andare ... Passa ora al pugno sinistro, forza ... relax ... molto bene. Se hai gli occhi

Page 123: Matilde Monti - Mind over Matter

115

aperti, chiudili molto lentamente, qualora li avessi già chiusi, aprili e richiudili molto,

molto lentamente. Ora gli occhi sono chiusi, mentre l'aria entra guarda per un attimo un

punto immaginario al centro della fronte, lascia andare l'aria e la tensione ... relax ...

.Stringi forte il pugno sinistro ... relax ... Il pugno destro ... relax ... Tutti e due i pugni

contemporaneamente ... relax ...Alza la spalla destra portandola verso il centro creando

tensione ... relax ... Alza la spalla sinistra portandola verso il centro creando tensione ...

relax ... Alza entrambe le spalle contemporaneamente ... relax ... Piega il piede destro

all'indietro in modo che le punte delle dita si rivolgano verso la tua fronte ... relax ... Agisci

ora sul il piede sinistro ... relax ... Agisci su entrambi i piedi contemporaneamente ... relax

... Stringi le natiche una contro l'altra ... relax ..., ancora una volta ... relax ... Agisci ora

contemporaneamente sui piedi, sui pugni e sugli occhi... relax ... Lasciati andare, lasciati

andare... e, tenendo gli occhi chiusi, guarda verso destra cercando di forzare, forza ... relax

... Ora verso sinistra, tensione ... relax ... In alto, tensione ... relax ... In basso, tensione ...

relax ... Cerca di arricciare il naso ... relax ... Aggrotta la fronte ... relax ... Tenendo la

bocca chiusa piega la lingua all'indietro fin dove puoi ... relax ... Ora sei in una condizione

di benessere. Fa' ora un viaggio con la tua coscienza, senti i piedi che sono rilassati... le

mani... le braccia... le spalle... gli occhi. Se trovi qualche punto che non senti rilassato,

inspira mettendo quella fascia muscolare sotto tensione, poi espira e lascia andare l'aria e la

tensione. Il tuo respiro deve essere lento, tranquillo. Ogni volta che respiri dovresti sentire

una condizione di benessere interiore. Ricordati che l'aria che esce si porta appresso tutte le

tensioni. Cerca di essere consapevole del respiro, e quando l'aria esce lasciati andare,

rilassati sempre di più.

1.2 SECONDA FASE

Ora entrerai in una fase di rilassamento ancora più profondo, è utile a questo punto

isolarsi da tutte le disarmonie energetiche che potrebbero esserci intorno a te. Per fare

questo immaginati alto, robusto, in piedi, nella mano destra impugni una piccola spada;

una spada piccola e larga. Ora ti chini sul davanti e tracci tutto intorno a te un cerchio di

fuoco. Infatti, man mano che lo tracci, vedi scaturire dal terreno delle piccole fiamme

Page 124: Matilde Monti - Mind over Matter

116

giallastre. Mentre stai tracciando il cerchio afferma: "Con questo cerchio di fuoco io mi

isolo da tutte le disarmonie, in modo da poter entrare in una situazione di rilassamento che

mi porti pace e serenità". Farai ora un viaggio con la tua coscienza e visualizzerai tutte le

parti del tuo corpo. Scendi molto lentamente lungo il corpo, scendi lungo la gamba destra e

arriva al piede destro. Visualizzalo così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il dorso

rilassato... la pianta rilassata... la caviglia rilassata... i polpacci rilassati... tutta la gamba

rilassata. Tutta la gamba destra è ora completamente rilassata, visualizzala come se si

stesse sciogliendo nel pavimento... Scendi molto lentamente lungo la gamba sinistra e

arriva al piede sinistro. Visualizzalo così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il

dorso rilassato... la pianta rilassata... la caviglia rilassata... i polpacci rilassati... tutta la

gamba rilassata. Tutta la gamba sinistra è ora completamente rilassata, visualizzala come

se si stesse sciogliendo nel pavimento... Visualizza ora la spina dorsale; visualizzala

appoggiata, tranquilla. Visualizza il tuo intestino... è tranquillo e rilassato. Visualizziamo il

tuo fegato... è tranquillo e rilassato. Visualizza il tuo stomaco... è tranquillo e rilassato.

Visualizza i reni... sono tranquilli e rilassati. Visualizza i polmoni... sono tranquilli e

rilassati. Il tuo cuore batte tranquillo... è in pace e rilassato. Scendi ora molto lentamente

lungo il braccio destro e arriva alla mano destra. Visualizzala così come si trova.

Visualizza le dita rilassate... il dorso rilassato... il polso rilassato... tutto il braccio

rilassato. Scendi ora molto lentamente lungo il braccio sinistro e arriva alla mano sinistra.

Visualizzala così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il dorso rilassato... il polso

rilassato... tutto il braccio rilassato. Se hai qualche altro organo, che vuoi aiutare, puoi

immaginarlo circondato di luce; immaginarlo come fosse un alveare con tutte le cellule che

lavorano calme e tranquille. Ora sei completamente rilassato. Metti la tua attenzione

sull'organo che nominerò e ripeti mentalmente, dopo che l'avrò detto io, le frasi seguenti:

"La mia mano destra è pesante... il mio braccio destro è pesante... la mia mano sinistra è

pesante... il mio braccio sinistro è pesante... il mio piede destro è pesante... la mia gamba

destra è pesante... il mio piede sinistro è pesante... la mia gamba sinistra è pesante. Io sono

completamente rilassato". Immagina ora di essere in un edificio molto alto, sei davanti alla

porta dell'ascensore, premi il pulsante di chiamata, aspetti alcuni secondi ed ecco

Page 125: Matilde Monti - Mind over Matter

117

l'ascensore arriva e la porta si apre. Tu entri, premi il pulsante di piano terra, la porta si

richiude e tu ti senti scendere... scendere giù, sempre più giù, sempre più giù...

2. IMAGERY ALLENAMENTO BRACCIO DESTRO

Si apre la porta dell’ascensore e ti trovi davanti un campo da basket. Sei vestito

adeguatamente, con pantaloncini, maglietta e scarpe da ginnastica. Hai la palla da basket in

mano, la senti, è ruvida… sentila tra le mani, giocaci… passala da una mano all’altra… ora

comincia a palleggiarla, e palleggiandola arriva fino alla linea del tiro libero. Ti fermi e

guardi il canestro. Hai le gambe aperte alla larghezza delle spalle… riprendi a palleggiare,

con la mano destra… con la mano sinistra… molleggi sulle gambe, sei morbido, puoi

muoverti con facilità. Metti i piedi dietro alla linea del tiro libero e prendi la palla tra le

mani. Porta dolcemente il peso prima sulla punta dei piedi, poi sul tallone… poi di nuovo

sulla punta, oscillando avanti ed indietro con il corpo… per gestire l’equilibrio tieni piegate

le gambe… porta il peso sulle punte e palleggia la palla davanti a te… ferma la palla, e

tenendola con entrambe le mani portala davanti al viso... guardala e giocaci, passala tra le

mani, senti le scanalature nere della palla, passaci sopra le dita… senti la gomma ruvida

con i polpastrelli… poi accarezza la palla, facendola saltare leggermente da una mano

all’altra. Quando ti senti in sintonia con la palla, prendila con la mano destra e rimettila

davanti alla faccia, tenendola dal basso, in modo da poterla guardare bene, come se ti stessi

guardando il palmo della mano. Senti la palla sulla mano, si compenetrano, come se

fossero una cosa sola. Fai ruotare la mano destra, che tiene la palla, con delicati movimenti

di polso… ruotalo in senso orario… quando hai fatto alcuni giri ruotalo nella direzione

opposta… quando senti la palla salda in mano inclinala un po’ a destra e un po’ a sinistra,

con delicatezza... ti senti padrone della palla… ferma i movimenti, porta la palla di nuovo

davanti alla faccia, e, tenendola dal basso, gira la mano in modo da vederne il dorso, con la

palla che guarda il canestro. Tieni la mano in questa posizione, muovi il braccio, piegando

e stendendo il gomito, facendo delicate e lente circonduzioni con la spalla… piega e stendi,

ruota lentamente… la palla continua a guardare il canestro, con il braccio che si alza e si

abbassa… quando ti senti in confidenza con i movimenti, e la palla è ben salda sulla mano,

Page 126: Matilde Monti - Mind over Matter

118

concentrati sui tuoi polpastrelli… spingendo delicatamente sulla palla, alzala in modo da

sentire un fresco sollievo sul palmo accaldato dalla gomma. Senti il peso della palla sulla

punta delle dita, senti che la palla è ben in equilibrio… Ora porta la palla di nuovo davanti

agli occhi, sempre con il palmo rivolto a canestro… assicurati che il gomito destro sia

vicino al corpo… senti lo sforzo per tenere bene in posizione il braccio… ora porta la

mano sinistra ed appoggiala sul lato sinistro della palla… la mano sinistra è la tua guida, è

la mano solida che controlla l’equilibrio della palla…sempre con entrambe le mani sulla

palla piega e stendi le braccia dolcemente… stendi… piega… stendi… piega… ora mettici

anche le gambe… piega le gambe e le braccia e lentamente stendile insieme, portando la

palla in alto davanti a te… piegati di nuovo e stenditi… ora piegati, e mentre ti stendi

concentrati sulla mano destra… assieme alle gambe ed alle braccia piegate, porti il dorso

della mano destra a formare un angolo di 90° con l’avambraccio… e mentre ti stendi,

guidando la palla con la mano sinistra, stendi anche il braccio destro come se spingessi la

palla verso l’alto… ora piegati… e stenditi… piegati… e stenditi… ora piegati, riporta la

palla davanti agli occhi… la palla è appoggiata ai polpastrelli della mano destra… la mano

è a 90° rispetto all’avambraccio… il gomito è davanti a te, vicino al corpo… la mano

sinistra tiene la palla dal lato, la guida… hai le gambe piegate, aperte all’altezza delle

spalle, e sei appoggiato sulla punta dei piedi… ora guarda il canestro, e quando ti senti

pronto, con un movimento armonico e delicato stenditi, concentrando la spinta energica

sulla palla che riceve l’energia, si stacca dalle mani e si dirige al canestro… bravo, hai fatto

canestro… ora vai a prendere la palla e ripeti l’esercizio…piegati, riporta la palla davanti

agli occhi… la palla è appoggiata ai polpastrelli della mano destra… la mano è a 90°

rispetto all’avambraccio… il gomito è davanti a te, vicino al corpo… la mano sinistra tiene

la palla dal lato, la guida… hai le gambe piegate, aperte all’altezza delle spalle, e sei

appoggiato sulla punta dei piedi… ora guarda il canestro, e quando ti senti pronto, con un

movimento armonico e delicato stenditi, concentrando la spinta energetica sulla palla che

riceve l’energia, si stacca dalle mani e si dirige al canestro… senti il rumore della palla che

passa dal canestro e rimbalza per terra, una, due, tre volte… e rotola via, fino a fermarsi

contro il muro… sei soddisfatto, hai fatto un buon lavoro… ora ripeti l’esercizio alcune

volte, concentrandoti sui movimenti... metti in posizione i piedi, dietro la linea del tiro

Page 127: Matilde Monti - Mind over Matter

119

libero... poi le gambe, parallele e piegate... il busto inclinato in avanti, per portare il peso

sulle punte dei piedi... prepara la palla tra le mani, alza le braccia e portati la palla davanti

alla faccia... piegati... tira... adesso recupera la palla e fallo di nuovo... non avere fretta,

prepara bene ogni tua parte del corpo... (PAUSA 5-10 sec) Ora hai finito di ripetere

l’esercizio, appoggia la palla per terra e quando alzi la testa guardati intorno... guarda il

campo, guarda le linee per terra, guarda il canestro… guarda l’ambiente che ti circonda…

vedi la porta, e ti dirigi in quella direzione… riprendi l’ascensore dal quale sei arrivato… e

sali.. sali… fino a quando si apre e davanti a te vedi tanta luce… e ti senti risvegliare…

muovi le gambe… contrai i muscoli e rilasciali… risveglia anche i glutei… gli

addominali… sveglia le braccia… e le mani… muovile… apri gli occhi… e lentamente

guardati intorno… se vuoi puoi restare sdraiato ancora un pochino, oppure, lentamente

siediti… La seduta è finita, ma tu prenditi tutto il tempo che vuoi prima di alzarti. Non

alzarti fin quando non te la senti.

Page 128: Matilde Monti - Mind over Matter

120

7 - NARRATIVA BRACCIO SINISTRO

1. RILASSAMENTO

Iniziamo ora una serie di esercizi che ti permetteranno di raggiungere una situazione

di rilassamento molto profondo. Per la buona riuscita è necessario coricarsi in una

posizione comoda, a volte può essere utile porre un cuscino basso sotto la tua testa.

Talvolta è anche utile mettere un piccolo cuscino sotto la ginocchia in modo che le gambe

non siano tese e diritte. Se farai il rilassamento prima di coricarti avrai un sonno più

ristoratore, i tuoi problemi potranno essere affrontati senz'altro meglio, con più sicurezza e

chiarezza mentale. Ora mettiti comodo, steso sul tappetino e rilassati. Ti ho dato la coperta

perché la condizione di rilassamento porta un abbassamento del metabolismo, con una

conseguente sensazione di freddo, che potrebbe pregiudicare la buona riuscita del

rilassamento. (…) Tieni i piedi leggermente staccati l'uno dall'altro e le braccia lungo il

corpo, con le mani che distano qualche centimetro dai fianchi. (…) Lasciati andare, lasciati

andare con fiducia e promettiti di regalarti questi minuti di rilassamento dimenticando i

tuoi problemi. Non è certo in questo periodo di tempo che puoi risolvere i tuoi problemi,

però puoi riacquistare energia e chiarezza mentale.

1. 1 PRIMA FASE

La prima serie d’esercizi consiste nel mettere sotto tensione delle fasce muscolari

mentre inspiri; la tensione viene rimossa mentre espiri. Dovresti cercare di essere

consapevole di questa sensazione, l'aria entra e si crea tensione, l'aria esce e la tensione se

ne va. Fa' una prova: stringi il pugno destro mentre inspiri, forza ... lascialo andare

espirando, relax ... Come avrai notato, mentre si stringe il pugno destro bisogna inspirare.

Si crea una tensione e si inspira profondamente, quindi si rilascia la tensione creata e l'aria

esce. Nello stesso tempo senti tutto il corpo che si rilassa, l’aria che se ne va porta via tutte

le tensioni che avevi accumulato. Prova ancora. Stringi il pugno destro, forza ... relax,

lascialo andare ... Passa ora al pugno sinistro, forza ... relax ... molto bene. Se hai gli occhi

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121

aperti, chiudili molto lentamente, qualora li avessi già chiusi, aprili e richiudili molto,

molto lentamente. Ora gli occhi sono chiusi, mentre l'aria entra guarda per un attimo un

punto immaginario al centro della fronte, lascia andare l'aria e la tensione ... relax ...

.Stringi forte il pugno sinistro ... relax ... Il pugno destro ... relax ... Tutti e due i pugni

contemporaneamente ... relax ...Alza la spalla destra portandola verso il centro creando

tensione ... relax ... Alza la spalla sinistra portandola verso il centro creando tensione ...

relax ... Alza entrambe le spalle contemporaneamente ... relax ... Piega il piede destro

all'indietro in modo che le punte delle dita si rivolgano verso la tua fronte ... relax ... Agisci

ora sul il piede sinistro ... relax ... Agisci su entrambi i piedi contemporaneamente ... relax

... Stringi le natiche una contro l'altra ... relax ..., ancora una volta ... relax ... Agisci ora

contemporaneamente sui piedi, sui pugni e sugli occhi... relax ... Lasciati andare, lasciati

andare... e, tenendo gli occhi chiusi, guarda verso destra cercando di forzare, forza ... relax

... Ora verso sinistra, tensione ... relax ... In alto, tensione ... relax ... In basso, tensione ...

relax ... Cerca di arricciare il naso ... relax ... Aggrotta la fronte ... relax ... Tenendo la

bocca chiusa piega la lingua all'indietro fin dove puoi ... relax ... Ora sei in una condizione

di benessere. Fa' ora un viaggio con la tua coscienza, senti i piedi che sono rilassati... le

mani... le braccia... le spalle... gli occhi. Se trovi qualche punto che non senti rilassato,

inspira mettendo quella fascia muscolare sotto tensione, poi espira e lascia andare l'aria e la

tensione. Il tuo respiro deve essere lento, tranquillo. Ogni volta che respiri dovresti sentire

una condizione di benessere interiore. Ricordati che l'aria che esce si porta appresso tutte le

tensioni. Cerca di essere consapevole del respiro, e quando l'aria esce lasciati andare,

rilassati sempre di più.

1.2 SECONDA FASE

Ora entrerai in una fase di rilassamento ancora più profondo, è utile a questo punto

isolarsi da tutte le disarmonie energetiche che potrebbero esserci intorno a te. Per fare

questo immaginati alto, robusto, in piedi, nella mano destra impugni una piccola spada;

una spada piccola e larga. Ora ti chini sul davanti e tracci tutto intorno a te un cerchio di

fuoco. Infatti, man mano che lo tracci, vedi scaturire dal terreno delle piccole fiamme

Page 130: Matilde Monti - Mind over Matter

122

giallastre. Mentre stai tracciando il cerchio afferma: "Con questo cerchio di fuoco io mi

isolo da tutte le disarmonie, in modo da poter entrare in una situazione di rilassamento che

mi porti pace e serenità". Farai ora un viaggio con la tua coscienza e visualizzerai tutte le

parti del tuo corpo. Scendi molto lentamente lungo il corpo, scendi lungo la gamba destra e

arriva al piede destro. Visualizzalo così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il dorso

rilassato... la pianta rilassata... la caviglia rilassata... i polpacci rilassati... tutta la gamba

rilassata. Tutta la gamba destra è ora completamente rilassata, visualizzala come se si

stesse sciogliendo nel pavimento... Scendi molto lentamente lungo la gamba sinistra e

arriva al piede sinistro. Visualizzalo così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il

dorso rilassato... la pianta rilassata... la caviglia rilassata... i polpacci rilassati... tutta la

gamba rilassata. Tutta la gamba sinistra è ora completamente rilassata, visualizzala come

se si stesse sciogliendo nel pavimento... Visualizza ora la spina dorsale; visualizzala

appoggiata, tranquilla. Visualizza il tuo intestino... è tranquillo e rilassato. Visualizziamo il

tuo fegato... è tranquillo e rilassato. Visualizza il tuo stomaco... è tranquillo e rilassato.

Visualizza i reni... sono tranquilli e rilassati. Visualizza i polmoni... sono tranquilli e

rilassati. Il tuo cuore batte tranquillo... è in pace e rilassato. Scendi ora molto lentamente

lungo il braccio destro e arriva alla mano destra. Visualizzala così come si trova.

Visualizza le dita rilassate... il dorso rilassato... il polso rilassato... tutto il braccio

rilassato. Scendi ora molto lentamente lungo il braccio sinistro e arriva alla mano sinistra.

Visualizzala così come si trova. Visualizza le dita rilassate... il dorso rilassato... il polso

rilassato... tutto il braccio rilassato. Se hai qualche altro organo, che vuoi aiutare, puoi

immaginarlo circondato di luce; immaginarlo come fosse un alveare con tutte le cellule che

lavorano calme e tranquille. Ora sei completamente rilassato. Metti la tua attenzione

sull'organo che nominerò e ripeti mentalmente, dopo che l'avrò detto io, le frasi seguenti:

"La mia mano destra è pesante... il mio braccio destro è pesante... la mia mano sinistra è

pesante... il mio braccio sinistro è pesante... il mio piede destro è pesante... la mia gamba

destra è pesante... il mio piede sinistro è pesante... la mia gamba sinistra è pesante. Io sono

completamente rilassato". Immagina ora di essere in un edificio molto alto, sei davanti alla

porta dell'ascensore, premi il pulsante di chiamata, aspetti alcuni secondi ed ecco

Page 131: Matilde Monti - Mind over Matter

123

l'ascensore arriva e la porta si apre. Tu entri, premi il pulsante di piano terra, la porta si

richiude e tu ti senti scendere... scendere giù, sempre più giù, sempre più giù...

2. IMAGERY ALLENAMENTO BRACCIO SINISTRO

Si apre la porta dell’ascensore e ti trovi davanti un campo da basket. Sei vestito

adeguatamente, con pantaloncini, maglietta e scarpe da ginnastica. Hai la palla da basket in

mano, la senti, è ruvida… sentila tra le mani, giocaci… passala da una mano all’altra… ora

comincia a palleggiarla, e palleggiandola arriva fino alla linea del tiro libero. Ti fermi e

guardi il canestro. Hai le gambe aperte alla larghezza delle spalle… riprendi a palleggiare,

con la mano destra… con la mano sinistra… molleggi sulle gambe, sei morbido, puoi

muoverti con facilità. Metti i piedi dietro alla linea del tiro libero e prendi la palla tra le

mani. Porta dolcemente il peso prima sulla punta dei piedi, poi sul tallone… poi di nuovo

sulla punta, oscillando avanti ed indietro con il corpo… per gestire l’equilibrio tieni piegate

le gambe… porta il peso sulle punte e palleggia la palla davanti a te… ferma la palla, e

tenendola con entrambe le mani portala davanti al viso... guardala e giocaci, passala tra le

mani, senti le scanalature nere della palla, passaci sopra le dita… senti la gomma ruvida

con i polpastrelli… poi accarezza la palla, facendola saltare leggermente da una mano

all’altra. Quando ti senti in sintonia con la palla, prendila con la mano sinistra e rimettila

davanti alla faccia, tenendola dal basso, in modo da poterla guardare bene, come se ti stessi

guardando il palmo della mano. Senti la palla sulla mano, si compenetrano, come se

fossero una cosa sola. Fai ruotare la mano sinistra, che tiene la palla, con delicati

movimenti di polso… ruotalo in senso orario… quando hai fatto alcuni giri ruotalo nella

direzione opposta… quando senti la palla salda in mano inclinala un po’ a destra e un po’ a

sinistra, con delicatezza... ti senti padrone della palla… ferma i movimenti, porta la palla di

nuovo davanti alla faccia, e, tenendola dal basso, gira la mano in modo da vederne il dorso,

con la palla che guarda il canestro. Tieni la mano in questa posizione, muovi il braccio,

piegando e stendendo il gomito, facendo delicate e lente circonduzioni con la spalla…

piega e stendi, ruota lentamente… la palla continua a guardare il canestro, con il braccio

che si alza e si abbassa… quando ti senti in confidenza con i movimenti, e la palla è ben

Page 132: Matilde Monti - Mind over Matter

124

salda sulla mano, concentrati sui tuoi polpastrelli… spingendo delicatamente sulla palla,

alzala in modo da sentire un fresco sollievo sul palmo accaldato dalla gomma. Senti il peso

della palla sulla punta delle dita, senti che la palla è ben in equilibrio… Ora porta la palla

di nuovo davanti agli occhi, sempre con il palmo rivolto a canestro… assicurati che il

gomito sinistro sia vicino al corpo… senti lo sforzo per tenere bene in posizione il

braccio… ora porta la mano destra ed appoggiala sul lato destro della palla… la mano

destra è la tua guida, è la mano solida che controlla l’equilibrio della palla…sempre con

entrambe le mani sulla palla piega e stendi le braccia dolcemente… stendi… piega…

stendi… piega… ora mettici anche le gambe… piega le gambe e le braccia e lentamente

stendile insieme, portando la palla in alto davanti a te… piegati di nuovo e stenditi… ora

piegati, e mentre ti stendi concentrati sulla mano sinistra… assieme alle gambe ed alle

braccia piegate, porti il dorso della mano sinistra a formare un angolo di 90° con

l’avambraccio… e mentre ti stendi, guidando la palla con la mano destra, stendi anche il

braccio sinistro come se spingessi la palla verso l’alto… ora piegati… e stenditi…

piegati… e stenditi… ora piegati, riporta la palla davanti agli occhi… la palla è appoggiata

ai polpastrelli della mano sinistra… la mano è a 90° rispetto all’avambraccio… il gomito è

davanti a te, vicino al corpo… la mano destra tiene la palla dal lato, la guida… hai le

gambe piegate, aperte all’altezza delle spalle, e sei appoggiato sulla punta dei piedi… ora

guarda il canestro, e quando ti senti pronto, con un movimento armonico e delicato

stenditi, concentrando la spinta energica sulla palla che riceve l’energia, si stacca dalle

mani e si dirige al canestro… bravo, hai fatto canestro… ora vai a prendere la palla e ripeti

l’esercizio…piegati, riporta la palla davanti agli occhi… la palla è appoggiata ai

polpastrelli della mano sinistra… la mano è a 90° rispetto all’avambraccio… il gomito è

davanti a te, vicino al corpo… la mano destra tiene la palla dal lato, la guida… hai le

gambe piegate, aperte all’altezza delle spalle, e sei appoggiato sulla punta dei piedi… ora

guarda il canestro, e quando ti senti pronto, con un movimento armonico e delicato

stenditi, concentrando la spinta energetica sulla palla che riceve l’energia, si stacca dalle

mani e si dirige al canestro… senti il rumore della palla che passa dal canestro e rimbalza

per terra, una, due, tre volte… e rotola via, fino a fermarsi contro il muro… sei soddisfatto,

hai fatto un buon lavoro… ora ripeti l’esercizio alcune volte, concentrandoti sui

Page 133: Matilde Monti - Mind over Matter

125

movimenti... metti in posizione i piedi, dietro la linea del tiro libero... poi le gambe,

parallele e piegate... il busto inclinato in avanti, per portare il peso sulle punte dei piedi...

prepara la palla tra le mani, alza le braccia e portati la palla davanti alla faccia... piegati...

tira... adesso recupera la palla e fallo di nuovo... non avere fretta, prepara bene ogni tua

parte del corpo... (PAUSA 5-10 sec) Ora hai finito di ripetere l’esercizio, appoggia la palla

per terra e quando alzi la testa guardati intorno... guarda il campo, guarda le linee per terra,

guarda il canestro… guarda l’ambiente che ti circonda… vedi la porta, e ti dirigi in quella

direzione… riprendi l’ascensore dal quale sei arrivato… e sali.. sali… fino a quando si apre

e davanti a te vedi tanta luce… e ti senti risvegliare… muovi le gambe… contrai i muscoli

e rilasciali… risveglia anche i glutei… gli addominali… sveglia le braccia… e le mani…

muovile… apri gli occhi… e lentamente guardati intorno… se vuoi puoi restare sdraiato

ancora un pochino, oppure, lentamente siediti… La seduta è finita, ma tu prenditi tutto il

tempo che vuoi prima di alzarti. Non alzarti fin quando non te la senti.

Page 134: Matilde Monti - Mind over Matter

126

8 – SCHEDA RIASSUNTIVA

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Ora vi chiediamo di prendere un foglio a testa e mettervi a coppie: segnate in cima la

vostra sigla e passate il foglio al vostro compagno. Quando andate a tirare i dieci tiri liberi

a canestro, assicuratevi che il vostro compagno vi stia seguendo e che compili il foglio

valutativo. E’ sufficiente mettere una “x” sotto la casella canestro per ogni tiro riuscito, ed

una “x” sotto la casella errore per ogni tiro non andato a segno. Quando avete finito di

lavorare, rendete il foglio valutativo al vostro compagno.

Buon lavoro!

N° tiro CANESTRO ERRORE

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

Page 135: Matilde Monti - Mind over Matter

127

9 – QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE FINALE

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Ti chiediamo ora di compilare questo ultimo questionario per aiutarci a valutare e

migliorare il progetto. Rispondi sinceramente e cerca di essere più preciso possibile. Ogni

tuo contributo è molto importante per noi. Grazie per aver partecipato al progetto!

Come valuti il lavoro complessivo svolto durante questo programma?...............................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

Credi di aver portato a casa degli insegnamenti interessanti riguardo al tiro libero nel

basket?......................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

Hai qualche critica da muovere al progetto?..........................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

C’è qualche argomento che ti sarebbe interessato approfondire?..........................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

Ti sembra di aver acquisito nuove conoscenze?....................................................................

Se sì, quali?....................................................................................................................

………………………………………………………………………………………......

Se no, perché?................................................................................................................

.……………………………………………………………………………………….....

Qual è l’ambito dove ti senti meno preparato?..........................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

Page 136: Matilde Monti - Mind over Matter

128

SIGLA……………

DATA…/…/……..

Ti è sembrato utile l’utilizzo del sito internet?....................................................................

Se sì, in che cosa?..........................................................................................................

………………………………………………………………………………………......

Se no, perché?................................................................................................................

………………………………………………………………………………………......

Sei interessato a ricevere i risultati della ricerca? Se sì, scrivi il tuo indirizzo e-mail:……

………………………………………………………………………………………………..

Hai altre osservazioni da fare?...............................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..................................................................................................................................................

..............................................................................................................................

Grazie ancora per la collaborazione!

Page 137: Matilde Monti - Mind over Matter

129

BIBLIOGRAFIA

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