l'arte di lavorare marzo 2013

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#governo #organizzazione #teamwork #teambuilding #cercarelavoro #job-seeker #CV #cambiamento #innovazione #start-up #sviluppo #tecnologia #lamento #polica Se non ora quando Piccola mobilita: cos’e cambiato e cosa cambiera Perche e importante l’orientamento IL CAMBIAMENTO

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Magazine mensile a cura del Gruppo De Pasquale.

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Page 1: L'arte di lavorare Marzo 2013

#governo #organizzazione #teamwork #teambuilding#cercarelavoro #job-seeker #CV #cambiamento #innovazione

#start-up #sviluppo #tecnologia #lamento #politica

Se non ora quandoPiccola mobilita: cos’e cambiato e cosa cambiera

Perche e importante

l’orientamento

IL CAMBIAMENTO

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Lunedì mattina alle 8:30 intervistato da Radio 24, lo scrittore e giornalista Piero Ostellino ha citato per il nostro Paese due possibili scenari: quello della Repubblica di Weimar che incenerì la democrazia tedesca, e quello della IV repubblica Francese che sarebbe finita nel caos se non ci fosse stato il generale De Gaulle al cui governo l’Assemblea conferì poteri legislativi per elaborare una nuova costituzione in sei mesi. Alla fine del 1958, un referendum nazionale approvò la nuova costituzione con l’85% dei voti e De Gaulle fondò la V Repubblica che segnò la fine del parlamentarismo. Nessun cambio di rotta è stato introdotto da allora. Perfino i più accesi avversari del presidenzialismo come Mitterand e i socialisti, sempre critici verso la “Nouvelle Vauge” istituzionale gaullista, non tardarono ad adeguarvisi, una volta al potere.

Secondo il parere di importanti istituzioni finanziarie, la situazione economica francese è quasi peggiore di quella italiana ma la speculazione non aggredisce le sue obbligazioni. Lo spread del debito pubblico transalpino è un terzo di quello italiano e tale vantaggio, ritengono, sia merito della governabilità garantita dal sistema presidenziale.Il risultato elettorale non ha premiato i partiti tradizionali ma il Movimento Cinque Stelle. Bersani ha ingaggiato un braccio di ferro con Grillo per costringerlo a una qualsiasi forma di collaborazione che possa garantirgli il voto di fiducia al Senato. L’aut aut, o mi dai la fiducia o tutti a casa, dimostra che il Segretario del PD ha capito poco o niente della strategia del duo Grillo-Casaleggio e l’ambizioso ruolo che gli stessi partiti con la loro stoltezza gli hanno quasi conferito: quello di fare

Se non ora quando- G A B R I E L E P I L L I T T E R I -

6 marzo

“Condividano un programma di salvezza nazionale che metta al primo posto la riforma dello Stato, la riforma della costituzione, e la riforma della legge elettorale.”

organizzazione

politica

#governo#Grillo#Parlamento#M5S#politica#riforme

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periodicamente gli esami a qualunque maggioranza si formi in Parlamento. Non voteranno mai la fiducia a un governo perché perderebbero la posizione di forza in cui son venuti a trovarsi. Possono “vedere” il bluff di Bersani, poi il Segretario del PD ne tragga le conseguenze.

Sono 163 “signori nessuno”. Seppur privi di cultura politica, hanno la forza straordinaria che deriva dalla comune missione di voler diventare il motore del cambiamento, sia nel modo di concepire l’azione politica che il rapporto con le istituzioni. Neppure la visione preindustriale della società, anelito di intellettuali, attori e registi, ignari della conseguente povertà di massa, ha potuto fermare l’avanzata del movimento. Il motivo risiede nel fatto che la luce accesa sulle tematiche dello spreco

e del parassitismo a cui ci siamo abituati in tanti anni di non politica, ha offuscato le grandi sciocchezze del programma del M5S.

I partiti, attoniti per le scorribande di Grillo nei loro territori di caccia, hanno il dovere di rialzare la testa e provare ad essere coraggiosi. Condividano un programma di salvezza nazionale che metta al primo posto la riforma dello Stato, la riforma della costituzione, e la riforma della legge elettorale. Poi tornino avversari come e più di prima. Senza quelle riforme avremo il solito uragano di leggi e di interpretazioni, ricorsi e rinvii per la delizia di avvocati e di burocrati.La pessima situazione economica ci farà contare più disoccupati anche nel 2013 e nel 2014. I cittadini saranno sempre più consapevoli di essere abbandonati a se stessi e di avere a che fare

con politici incapaci ma rapaci di tasse. Quando la disperazione sostituirà la speranza, quando le persone rifiuteranno l’idea di costruire il futuro, quando la magia prenderà il sopravvento sulla ragione, quando il sentimento religioso verrà sbeffeggiato, quando le folle saranno guidate da chi le vuole solo dominare, allora l’Italia del sorriso diventerà l’Italia della smorfia .

Abbiamo bisogno di un governo capace di focalizzare le energie politiche della società. Dovrà sottoporre all’attenzione dei cittadini la riforma della costituzione, dovrà chiedersi come funzionano le istituzioni e cosa fare per migliorarle, abolire quelle inutili e poi via con i tagli, sempre invocati ma sempre evitati per mancanza di coraggio. Via, signori deputati e signori senatori, rispondete a questa domanda: perché vi avremmo

votato? Forse per vedere le vostre espressioni autistiche, ridicolizzate dal comico più geniale in circolazione con le sue risate sgangherate? Non potete far finta che non esista. Egli è là; vi spia con 163 deputati e senatori, sguinzagliati come 007 alla ricerca di sotterfugi e magagne per poi rivelarli nel web. Per questo dovrete agire come foste parlamentai eletti in Francia o in Germania. Seriamente. Date prova che, anche senza il carisma del generale De Gaulle, sarete in grado di trasformare il Paese, e metterete il capoclasse Grillo dietro la lavagna.

Se i duellanti B&B vogliono continuare la recita, potremo chiedere a Ridley Scott di fare un remake del suo primo film e ingaggiarli come attori. Non sfigurerebbero nelle parti sostenute da Harvey Keitel e Keith Carradine.

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Pepsi Center di Denver, Stati Uniti; la squadra locale, i Nuggets, gioca una partita fondamentale per l’accesso ai playoff. Dall’altra parte la corazzata dei Boston Celtics, la franchigia più titolata dell’NBA. Partita combattuta che vede i beniamini di casa in vantaggio di qualche punto. Pochi potevano immaginarsi che questa carica di entusiasmo potesse arrivare fino alle stelle grazie a un’azione di basket corale e tra le più spettacolari, tanto da meritarsi la top ten della settimana.

Tagliafuori e rimbalzo difensivo. Apertura al playmaker. Via al contropiede. Passaggio in avanti. Taglio al centro a rimorchio. Passaggio dietro schiena. Schiacciata, canestro: 2 punti. La difesa avversaria colpita in soli 5 secondi senza aver avuto la possibilità di opporsi a nessuno dei passaggi effettuati. Boston Celtics feriti e Denver Nuggets caricati dal pubblico di casa in totale caos emotivo e frenetico per il gioco espresso dai propri beniamini.

Per coloro che hanno poca dimestichezza con il basket, non importa tanto il gergo utilizzato per descrivere l’azione, quanto invece il fatto che tutti i membri della squadra hanno partecipato all’azione di attacco seguendo schemi, movimenti e agendo in maniera intelligente. L’azione descritta rappresenta il sogno di ogni allenatore di basket, che fin da subito cerca di trasferire una disciplina e concetti chiave ai ragazzini che si avvicinano per la prima volta a questo fantastico sport. Ricordo il mio primo allenatore che, ancor prima di imparare i nostri nomi, ci insegnava a fare il contropiede giocando di squadra.

L' organizzazione del lavorosegue le regole del basket

- A N D R E A S O L I M E N E -

8 marzo

“...l’organizzazione del team è alla base del successo, si vince o si perde tutti insieme.”

#organizzazione#teamwork#teambuilding#lavoro#management#strategia

organizzazione

il salotto dell’organizzazione

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Il basket – sapete – è lo sport di squadra per definizione dove nella maggior parte delle azioni tutti e cinque i membri del team toccano la palla e contribuiscono alla realizzazione di un canestro in svariati modi. Segreto di questa alchimia è l’organizzazione del team che si traduce in rispetto dei ruoli e dei singoli compiti, collaborazione e sacrificio verso i propri compagni, oltre che grande passione e concentrazione. Aggiungiamo un allenatore e una lavagnetta per annotare gli schemi e il gioco è fatto. I famosi Chicago Bulls degli anni ’90, vincitori di numerosi campionati, sono ricordati come uno degli esempi di massima espressione del basket giocato. Non solo per la presenza di Michael Jordan, ritenuto all’unanimità il più grande della storia del basket, ma anche per una squadra solida e in perfetta sintonia con il canestro. Proprio Michael Jordan deve gran parte del suo successo ai suoi compagni che sono riusciti a

elevare il suo indiscusso talento e farlo diventare un vincente (fino ad allora era considerato un campione ma un solista e i Chicago Bulls non riuscivano a vincere). Ogni membro del team giocava un ruolo fondamentale sia in fase difensiva sia offensiva, in maniera attiva e passiva (nel basket i movimenti senza palla per liberare un compagno di squadra e facilitare il canestro sono fondamentali). Un’organizzazione perfetta del gioco programmata in fase di precampionato, sviluppata e affinata negli allenamenti quotidiani in palestra ed espressa ogni 3 giorni in una partita ricca di emozioni e azioni spettacolari. Tutto diretto da un coach capace di gestire talenti e soddisfare la voglia di ognuno di combattere per la propria maglia. Un processo logico e strutturato per raggiungere l’obiettivo: la conquista del titolo NBA.

Come nel basket, e in generale in ogni sport di gruppo, così in azienda o nel proprio posto di lavoro, organizzare è sinonimo di efficienza e si traduce in raggiungimento più immediato dei risultati previsti. L’organizzazione del lavoro si basa su una corretta divisione delle responsabilità, una fluida capacità comunicativa e collaborativa e una chiarezza degli obiettivi e dei compiti. Lavorare in team consente di accelerare questo processo.

E proprio il concetto di teamwork è stato mutuato dal basket che è riuscito a portare nella realtà aziendale un concetto chiave: l’organizzazione del team è alla base del successo, si vince o si perde tutti insieme. Ma quanto è complesso organizzare un team e rendere ogni membro parte attiva e necessaria per il successo affinchè si possa assistere a un lavoro di squadra? Questa domanda se la pongono in tanti e purtroppo in pochi sono riusciti a trovare la risposta adatta. Forse perché non esiste, forse perché non c’è il team perfetto, forse proprio perché la perfezione non esiste in terra e, se esistesse, chiunque la troverebbe noiosa. Servono valori chiari e condivisi per raggiungere un obiettivo. Ogni squadra di basket ha il proprio “grido di battaglia” che riassume quello che può essere la mission di un’azienda: tutta la squadra in coro lo urla con le braccia tese e unite agli altri prima di scendere in campo. Lo sport insegna tanto. Perché non applicare in azienda quello che si è imparato nello sport?

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L’orientamento in Italia è purtroppo un’attività pressoché sconosciuta. Quando mi chiedono che lavoro faccio, alla risposta “Sono un’Orientatrice” la gente generalmente mi guarda con aria perplessa.

Se cerchiamo sul vocabolario, orientamento significa letteralmente “avviare e guidare per una determinata via”; più precisamente è “l’insieme delle iniziative volte a favorire una scelta ragionata degli studi da seguire e della professione da intraprendere, tenendo conto delle attitudini dimostrate e della personalità del soggetto, delle condizioni familiari, locali e ambientali, delle tendenze del sistema produttivo e delle possibilità di occupazione” (Treccani).

L’orientamento è, quindi, un’attività che viene effettuata da persone esperte per aiutare a capire come potersi muovere nel mercato del lavoro.

Perche e importante l'orientamento

- M A R T A D E N A R D I -

12 marzo

“diventa quindi fondamentale individuare piccoli accorgimenti e stratagemmi per catturare l’attenzione del nostro interlocutore.

sviluppo

lavoro

#cercarelavoro#job-seeker#CV#marcato del lavoro#orientamento#sviluppo

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Chi cerca lavoro è spesso convinto di essere perfettamente in grado di creare un CV in autonomia e di non aver bisogno di consigli su come affrontare un colloquio di lavoro. In base alla mia esperienza, posso dire che è difficile far comprendere appieno ad una persona quanto sia importante scrivere correttamente il proprio CV e la lettera di presentazione, sapere dove e come cercare lavoro, imparare ad affrontare al meglio un colloquio di lavoro… Chi si occupa di selezione del personale nell’attuale panorama lavorativo, è sommerso ogni giorno da centinaia di curricola; diventa quindi fondamentale individuare piccoli accorgimenti e stratagemmi per catturare l’attenzione del nostro interlocutore.

Fino a qualche anno fa, le aziende che dovevano inserire del personale

effettuavano “reclutamento”, ovvero assumevano i dipendenti, senza analizzare a fondo le loro competenze e motivazioni. Ma parliamo di un panorama differente caratterizzato da offerta alta e domanda scarsa, basso indice di disoccupazione e una differente cultura professionale: chi rispondeva agli annunci di lavoro lo faceva semplicemente per crescere professionalmente o economicamente. Le risorse umane, inoltre, non avevano particolare rilevanza nelle aziende, a differenza di quanto accade oggi in seguito all’evoluzione dei modi di lavorare e di fare impresa.

Nel mercato del lavoro odierno e, ancor più, in seguito alla recente crisi, invece, si è invertito il rapporto tra offerta e domanda: le aziende possono permettersi di cercare il candidato “ideale”, analizzando a fondo le competenze e le motivazioni che spingono i candidati a rispondere alle offerte. Le risorse umane hanno, dunque, acquisito negli anni sempre maggiore importanza e questo ha avuto una ripercussione sui processi di selezione, che si sono pian piano modificati.

Oggi è molto difficile riuscire ad essere selezionati per una determinata posizione lavorativa, per questo diventa sempre più importante capire come poter emergere nel mondo del lavoro ed è a questo punto che entra in campo la figura dell’orientatore.

Ecco i punti cardine sui quali l’orientatore struttura il suo percorso:Stesura di un buon Curriculum Vitae e della lettera di presentazione: la stesura del CV è importantissima, perché è il nostro biglietto da visita, è il primo strumento che un selezionatore ha per entrare in contatto direttamente con noi. Anche una lettera di presentazione ben elaborata dovrebbe riuscire a suscitare attenzione nell’altra persona ed a farci dare una chance.

Metodo per la ricerca di lavoro: capire quali sono i canali e gli strumenti da utilizzare, analizzare il mercato del

lavoro, sulla base della propria figura professionale, è un’attività fondamentale, perché permette di canalizzare i nostri sforzi nella giusta direzione. Ricordiamoci che “cercare lavoro è un lavoro”, quindi dobbiamo capire come ottenere i migliori risultati nel minor tempo possibile.

Colloquio: è il momento in cui ci giochiamo tutto. E’ importante sapere cosa dire e, soprattutto, sapere cosa non dire, anche perché in questo caso è proprio vero che la prima impressione è quella che conta!

Se riuscissimo a far capire alle persone che sono alla ricerca di lavoro che, mettendo in pratica alcune linee guida, si potrebbero ottenere risultati maggiori, saremmo davvero a buon punto..

Purtroppo però la strada da percorrere è ancora lunga, ma sono sicura che con il tempo ci renderemo conto d e l l ’ i m p o r t a n z a dell’orientamento in ambito professionale: solo affidandoci o confrontandoci con un esperto del settore potremo e f f e t t i v a m e n t e aumentare il nostro successo nel mercato del lavoro.

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A settembre dello scorso anno, la Task Force sulle startup istituita qualche mese prima dal Ministro dello Sviluppo Economico, introduce il concetto di startup all’interno del report dal titolo “Restart Italia – Perché dobbiamo ripartire dai giovani, dall’innovazione, dalla nuova impresa”. Il documento racchiude le proposte mosse dal Ministro Passera, dal gruppo di lavoro e da numerosi giovani, docenti, imprenditori ed esperti in materia di startup. Si fornisce una definizione di “startup” elencando i vari criteri e requisiti affinché un’impresa possa ritenersi tale e facendo esplicito riferimento all’oggetto sociale: sviluppo di prodotti o servizi innovativi, ad alto valore tecnologico. Tale criterio è misurato a partire dalle spese per R&S, oppure dalle qualifiche del personale, oppure da un eventuale legame con l’università.

Questa affermazione fa intuire che il concetto di startup, tema trattato già qualche articolo fa, è strettamente connesso al settore della tecnologia.

All’interno dello stesso documento, nella sezione dedicata alla definizione, si afferma: “intuitivamente sappiamo riconoscere una startup. Sappiamo riconoscere quando quella che abbiamo davanti è un’impresa di costituzione recente, che ha come scopo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di un bene o servizio nato come risultato di una ricerca, o che impiega comunque nella propria attività un forte tasso di innovazione. Così come sappiamo che le startup non appartengono solo al mondo digitale, ma nascono in tutti i settori produttivi, compresi quelli tradizionali

Startup e innovazione: la confusione italiana

- A N D R E A S O L I M E N E I -

“...il termine startup è divenuto sinonimo di sfida, tecnologia, successo e crescita; tutti valori su cui vuole scommettere l’Italia...”

15 marzo

#cambiamento #innovazione #Italia#starrtup #sviluppo #tecnologia

innovazione

startup

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Quindi cosa significa? Che dobbiamo far leva sul nostro intuito per riconoscere una startup? Una startup si può ritenere tale solo se ha come oggetto sociale lo sviluppo di alto valore di innovazione tecnologica o anche se appartiene ad altri settori industriali? A questa domanda la Task Force risponde fornendo le linee guida e i parametri per “riconoscere l’innovazione tecnologica e quindi le “vere” startup”. Questo fa pensare che esistano anche le “non vere” startup.

Questo dilemma è stato superato, seppure parzialmente e in maniera solo letteraria, dall’introduzione, nella recente Legge 221 del 17.12.2012 di conversione del Decreto Crescita 2.0 che riprende gran parte dei temi trattati dal rapporto stilato dalla Task Force del Ministro dello Sviluppo Economico, del concetto di “startup innovativa” che sostituisce quello di startup. Si è deciso di fare chiarezza definendo i confini d’azione già dal nome stesso.

Se il problema è stato risolto a livello letterario, non è ancora chiaro a livello concettuale. Difatti è diffusa la convinzione secondo cui, quando si parla di startup, si parla inevitabilmente di un’impresa innovativa e coinvolta in settori a impatto tecnologico. Affermazione vera, ma non del tutto, che comporta una riflessione sulla natura stessa del termine.

Innanzitutto la confusione nasce a livello europeo, visto che non esiste una definizione unica di startup o comunque non si vuole accettare la più semplice di tutte: impresa in fase di avvio attività. Un concetto economico che prescinde dalla presenza o meno di tecnologia.

Ma se da un lato il concetto può essere motivo di incertezza e confusione, dall’altro può esser considerato innovativo (relativamente) e di grande valore all’interno del tessuto imprenditoriale italiano ancora vincolato al concetto di fare impresa secondo logiche poco adatte all’attuale contesto competitivo.

Difatti, il termine startup è divenuto sinonimo di sfida, tecnologia, successo e crescita; tutti valori su cui vuole scommettere l’Italia, un Paese che, nonostante una grande storia di innovazione alle spalle, non ha saputo poi alimentare quel processo evolutivo che ha permesso a molti brand di farsi conoscere nel mondo e diventar leader di settore.

Le startup vengono percepite, quindi, come qualcosa di nuovo e diverso rispetto allo scenario imprenditoriale italiano e per questo sono considerate innovative. E questo può essere il presupposto cardine per avviare un processo di cambiamento culturale e di rinnovamento delle nostre infrastrutture, materiali e immateriali, istituzioni ed amministrazioni. Perché ciò che veramente conta è rendere l’Italia un Paese più ospitale per le nuove imprese che, chiamiamole come meglio crediamo, sono e saranno un fattore di crescita dell’economia e dell’occupazione, soprattutto giovanile.

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Quello che un tempo fu definito popolo di santi, poeti e navigatori, oggi è diventato un popolo arrendevole, piagnucoloso e lamentoso. Chi ha ascoltato il discorso della bella e schiccosa Presidente della Camera, non avrà fatto fatica a trattenere le lacrime di commozione quando la sua prosa ha scalato le vette della più facile e inconsistente retorica. Sembrava volesse dire ai poveri e agli ultimi della Terra “sinite parvulos” venite a me che vi proteggerò dai malvagi capitalisti che lucrano sulle vostre vite disgraziate. La sinfonia del lamento è stata applaudita da tutti i media che hanno fatto della protesta rancorosa la loro strategia di comunicazione. Da chi lavora nel cuore delle istituzioni, la Presidenza della Camera organizza i lavori degli eletti, ci saremmo aspettati un discorso coerente con il ruolo, magari intercettando quei lamenti che provengono dalla società ma che solo le istituzioni possono contribuire a dare sollievo.

Quante volte abbiamo sentito sindaci protestare per il mancato arrivo di fondi per la ricostruzione post terremoto, a causa di inutili quanto farraginosi processi burocratici. L’ultimo, un sindaco nel modenese, ha mostrato educatamente il suo sdegno: “Cosa ‘spettano, che si muoia tutti? Manca sempre una firma”. Quante volte abbiamo sentito le proteste

Ufficio reclami rancorosi- G A B R I E L E P I L L I T T E R I -

19 marzo

#blog #internet #Grillo #lamento #politica #reclami

organizzazione

politica

“La sinfonia del lamento è ormai una costante della nostra società ma per oscuri motivi non tutti i lamenti sono trattati allo stesso modo dai media e dalla politica.”

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di aziende che aspettano da anni un permesso per l’ ampliamento di una fabbrica o di uffici. Forse che lo scopo di mettere a reddito altri lavoratori, non sia altrettanto nobile come quello di occuparsi della carenza d’acqua nelle aree sub sahariane bruciate dal sole? La sinfonia del lamento è ormai una costante della nostra società ma per oscuri motivi non tutti i lamenti sono trattati allo stesso modo dai media e dalla politica.

Un tempo lontano, quando alla parola “rete” veniva associata quella del tennis, o tutt’al più quella dei pescatori, nelle grandi aziende e negli uffici pubblici c’era l’ufficio reclami, preposto a ricevere le lagnanze dei clienti e dei cittadini scontenti. Oggi ci sono migliaia di blog e di siti web e trasmissioni televisive in prime time che durano almeno 4 ore, dove i cittadini celebrano le loro lagnanze. A Bari chiude un’importante società internazionale e trac, ecco i falchi della notte, alias i vari anchor televisivi che intervistano le maestranze, e vai con i lamenti e il rancore. Lo stesso nelle interminabili puntate televisive al Sulcis, all’Ilva di Taranto, e in altre decine di società in procinto di chiudere bottega.

Possibile che lo staff dei produttori delle trasmissioni televisive non sia in grado di intervistare uno straccio di manager, un esperto di mercato e di organizzazione che raccontino cosa stia succedendo, e forniscano un quadro informativo con qualche motivazione più seria che non sia la solita tiritera che son crollate le vendite o quella riportata in un comunicato dei sindacati che attribuisce

la responsabilità della chiusura a decisioni strategiche della capogruppo con sede a Tokio o a Atlanta? Ohibò, è vero che le vendite sono crollate in tutti i mercati ma non può essere la sola motivazione per chiudere in modo definitivo un’impresa in cui la conoscenza applicata al lavoro è un patrimonio di raro valore.

Ma il maestro della gestione del lamento è senza dubbio Lui, “Cri Cri” Grillo. Il suo blog, per anni è stato un autentico ufficio reclami, un contenitore del rancore delle persone verso la politica, i politicanti, le banche. Il suo scopo è sempre stato

quello di non permettere ad altri antagonisti del sistema di posizionarsi come interpreti dello scontento. E’ riuscito a trasformare i cattivi umori in parole d’ordine e slogan efficaci, in tweet di 140 caratteri. Ha costruito una gigantesca macchina politica mettendo al servizio della sua vis polemica una comicità tanto sgangherata quanto efficace che si è alimentata coprendo

di ridicolo persone, partiti e istituzioni. Culturalmente Grillo è nel solco della tradizione delle maschere italiane. Anche a lui bisognerebbe dedicare una maschera, come Pantalone, Pulcinella, e Arlecchino. Ha il phisique du role del cattivo, il ghigno di chi non perdona. La sua maschera potrebbe essere quella del predicatore indiavolato che annuncia l’apocalisse. Sempre che a Casaleggio non venga in mente che quella maschera gli appartenga per averci pensato prima lui.

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22 marzo

#incentivi#licenziamento#mobilità#normativa#piccola mobilità#sgravi

“...si preannuncia l’emanazione di un apposito decreto che istituirà un incentivo specifico finalizzato alla ricollocazione di tali lavoratori.”

lavoro: che impresa

Hanno destato sorpresa, e forse anche un po’ di confusione, le novità in materia di mobilità dei lavoratori e dei connessi incentivi con riguardo, in particolare, alla “piccola mobilità” (l. n. 236/1993).

La legge di Stabilità 2013 (l. n. 228/2012) non ha prorogato, infatti, la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità, a partire dal 1 gennaio 2013, per i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro da imprese che occupano fino a quindici dipendenti, per i quali non ricorrono le condizioni per l’attivazione delle procedure di mobilità.

La conseguenza di quanto previsto è che gli incentivi per l’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale rimangono applicabili alle (sole) assunzioni, proroghe e trasformazioni effettuate entro il 31 dicembre 2012 (Circolare INPS n. 137/2012).A partire dal 1 gennaio 2013, quindi, ai lavoratori già iscritti alle liste mobilità in seguito a licenziamento individuale negli anni precedenti al 2013 e ancora presenti in lista non sono più applicabili gli incentivi legati all’assunzione o alla proroga o alla trasformazione a tempo indeterminato dei contratti a termine in atto.

E’, tuttavia, di qualche giorno fa la notizia pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro in cui si preannuncia l’emanazione di un apposito decreto che istituirà un incentivo specifico finalizzato alla ricollocazione di tali lavoratori.Tale incentivo sarà attivabile da tutti i datori di lavoro che, nel corso del 2013 “assumano a tempo indeterminato o determinato, anche part-time o a scopo di somministrazione,

lavoratori licenziati, nei dodici mesi precedenti l’assunzione, per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro”. Interessante notare che, nella news, il Ministero faccia esplicito riferimento alla somministrazione di lavoro, ancora una volta equiparata alle assunzioni dirette.

L’importo dell’incentivo sarà pari a 190 euro mensili (riproporzionato per le assunzioni a tempo parziale) per un periodo di 12 mesi, in caso di assunzione a tempo indeterminato. Il medesimo importo sarà corrisposto per un massimo di 6 mesi in caso di assunzione a tempo determinato. Tuttavia, le imprese avranno diritto a riceverlo in ordine di presentazione della domanda e fino alla capienza delle risorse stanziate, pari a 20 milioni di euro.

Il Ministero non ha ancora chiarito se potranno richiedere l’incentivo all’INPS anche i datori di lavoro che abbiano assunto lavoratori della “piccola mobilità” prima dell’entrata in vigore del decreto stesso. L’intervento, tuttavia, è sicuramente necessario al fine di non penalizzare i lavoratori licenziati dalle piccole aziende che non possano accedere alle procedure di mobilità ex l. 223/1991.

Con riferimento alla mobilità, appare utile ricordare, in ogni caso, che gli anni dal 2013 al 2016 costituiscono un regime transitorio per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di prestazioni a tutela del reddito, che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, vedrà l’abrogazione del collocamento dei lavoratori in mobilità, della lista di mobilità e dell’indennità di mobilità, sostituite dall’ASpI o dalla mini-AspI, anche per lavoratori provenienti da una procedura di licenziamento collettivo.

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Abbiamo letto “Our iceberg is melting” di John Kotter e Holger Rathgeber

Our iceberg is melting (Il nostro iceberg si sta sciogliendo) è una semplicissima e velocissima favola su come rimanere a passo con i tempi in un mondo che continua a cambiare. E, in questo senso, è una storia che ha già aiutato migliaia di imprese e persone a “cambiare”.

Una colonia di pinguini vive in Antartide; sono bellissimi pinguini imperatore e abitano su un iceberg da ormai molti anni. Uno di loro, un giorno, si rende conto che quel loro piccolo paradiso sicuro e familiare, quei metri quadrati che loro ormai chiamano casa, si sta sciogliendo. Ma nessuno lo ascolta. Non è facile accettare che tutto ciò che hai costruito fino a quel momento, tutto ciò che sei abituato a vedere e riconoscere come familiare, d’un tratto non sia più lì, non sia immutabile e invulnerabile. Eppure accade spesso.

Ma torniamo alla storia e ad i suoi sei personaggi; sei caratteri e sei modi di reagire all’inevitabile cambiamento che la colonia di pinguini dovrà affrontare: Fred, Alice, Louis, Buddy, il Professore e NoNo sono come le persone che ci circondano quotidianamente. Ognuno di noi può ritrovarsi in uno di questi pinguini. Ognuno di noi può ritrovare un collega, un amico, un familiare che reagisce alla novità.

La loro è una storia di resistenza al cambiamento, di un’eroica vittoria su ostacoli apparentemente insormontabili; è la storia di un tempo in cui il cambiamento non può essere più evitato. Ma soprattutto la loro storia è una piccola guida al cambiamento; una guida in otto punti:

1. Bisogna creare un senso di urgenza. Nessuno si muove se il cambiamento non è necessario ed imminente2. E’ necessario quindi creare una squadra, un gruppo capace di guidare il cambiamento di tutto il resto della colonia (dell’impresa, della famiglia….)3. Non dimentichiamo di sviluppare una visione ed una strategia, chiarendo come sarà il futuro e come lo si può raggiungere4. Comunichiamo, cercando di ottenere il massimo dei consensi5. Lasciare agire tutti i pinguini, in modo che tutti coloro che vogliono cambiare possano farlo6. Non sottovalutare l’importanza delle milestones, piccoli obiettivi a breve termine che conducano verso la direzione finale e che rafforzino l’idea di successo.7. Non abbandonare, continuare a mantenere il senso di urgenza in ogni momento8. Creare una nuova cultura, ripetere il cambiamento fino a che non diviene una nuova abitudine

Se i pinguini scrivono una guida al

cambiamento- S T E F A N O M A G L I O L E -

26 marzo13

Page 14: L'arte di lavorare Marzo 2013

14

Era il lontano 2005 quando, ancora studente universitario, a conclusione dell’ultima lezione di Organizzazione Aziendale, andai a parlare con il Professore per congratularmi del corso tenuto. La materia e gli argomenti trattati avevano destato in me un particolare interesse e coinvolgimento. Decisi così di chiedergli la tesi e di poter analizzare un caso pratico per la mia laurea triennale. Argomento da approfondire: le organizzazioni a rete e le varie forme inter-organizzative. Da lì è iniziato un lungo e interessante percorso di studi relativo agli aspetti relazionali tra organizzazioni e ambiente esterno che, tuttora, continua ad appassionarmi.

A distanza di otto anni il concetto di rete e networking è di uso comune da parte di ogni esperto organizzativo e non solo. Grazie anche alla diffusione dei social network in ambito aziendale molti hanno iniziato a studiare in maniera più approfondita l’elemento fondante delle organizzazioni a rete: la relazione. Siamo in un’era in continua evoluzione in cui un numero sempre più crescente di persone e organizzazioni sparse nel mondo entra in contatto, scambia informazioni, collabora, compete mettendo in dubbio molti dei principi cardine consolidati dopo la Rivoluzione Industriale.

Diversi settori stanno vivendo un’epoca di forte cambiamento e la necessità di adattarsi, essere flessibili e rapidi rappresenta l’unica via per la sopravvivenza. La crisi bussa alle porte delle aziende che non riescono a modificare la propria configurazione e il proprio atteggiamento nei confronti del mercato e l’ombra del fallimento è costante. Inoltre, l’immaterialità dei servizi e la valorizzazione del lavoro intellettuale ha permesso la diffusione del capitalismo cognitivo, fondato sulla conoscenza come aspetto determinante e necessario per l’innovazione e la crescita economica. Le organizzazioni tremano dinanzi all’economia della conoscenza: chi riesce a comprenderla,

Le organizzazioni hanno un’intelligenza reticolare

- A N D R E A S O L I M E N E -

#cambiamento#collaborazione#conoscenza#cooperazione#network#rete

28 marzo

“...un modello fondato sulla collaborazione e condivisione di conoscenza e sulla capacità di accelerare il flusso informativo...”

organizzazione

il salotto dell’organizzazione

"Wikinomics" Don TapscottAnthony D. Williams

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interpretarla e sfruttarla può ritenersi salvo.

Qualche anno fa, Roberto D’Anna, professore ed esperto di Organizzazione Aziendale, scriveva: “Le imprese, al fine di cercare di vincere la sfida del cambiamento, valutano di frequente l’opportunità di allargare i propri confini organizzativi, conferendo importanza crescente alle relazioni non competitive sviluppabili nell’ambiente ove operano”. L’unico modo per avvantaggiarsi nell’economia della conoscenza è sfruttare le relazioni e garantire l’architettura strutturale e infrastrutturale necessaria per valorizzarle: il network, l’organizzazione a rete intesa come l’ultimo stadio di un ventennio di intensi processi di decentramento e di riarticolazione dell’impresa. Si tratta di un modello fondato sulla collaborazione e condivisione di conoscenza e sulla capacità di accelerare il flusso informativo grazie a un’agilità strutturale reticolare: una rete di contatti, interni o esterni all’azienda, che collaborano in maniera interdipendente con il fine di creare valore.

Ma cosa spinge un’azienda a organizzarsi a rete? Sicuramente le opportunità offerte dal mercato perché è il mercato che genera conoscenza. Don Tapscott, economista e scrittore riconosciuto a livello internazionale, introduce il concetto di intelligenza reticolare, intesa come la capacità intellettiva delle organizzazioni di sfruttare il complesso di attori coinvolti nella rete, produttori e diffusori di conoscenza sia interna sia esterna all’azienda.

L’autore, noto per aver introdotto la cultura della “Wikinomics” – vi consiglio di leggere i suoi libri – fornisce cinque principi alla

base dell’intelligenza reticolare: a) collaborazione, insita nella capacità di innovare; b) apertura, riferita alla trasparenza nella comunicazione delle informazioni; c) condivisione, relativa alla messa a “pubblico dominio” delle informazioni, d) integrità, riferita alla responsabilizzazione dell’operato verso la società e, infine e) interdipendenza, ossia la capacità di attivare meccanismi di cooperazione reciproca.

Rispettare questi elementi chiave significa proiettarsi sul mercato con un’organizzazione in grado di valorizzare la conoscenza e promuovere una serie di innovazioni sociali ed economiche che trasformeranno in meglio la società, rendendola più sostenibile per le future generazioni.

Sta cambiando il modus operandi e forse le organizzazioni hanno capito che l’unico modo per sopravvivere e competere è collaborare. Sta partendo il treno della Weconomy … siamo pronti per salirci sopra?

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