la storia di pinu - la naja

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Pinu parte per il servizio militare di leva al 52° Reggimento Fanteria ALPI di Fossano. Diventa chef della mensa ufficiali collezionando successi come cuoco e pasticciere. Dopo la Naja la permanenza di Pinu a Polizzi dura solo 15 giorni. I suoi amici non c’erano più, tutti emigrati; chi, per il Nord Italia, chi per altri Stati Europei o Nord America. Si trovò come un pesce fuor d’acqua, vedeva tutto diverso, anche perché lui oramai aveva assimilato gran parte della mentalità dell’Italia del Nord.

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i

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di Giuseppe

Albanese

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La storia di Pinu – La Naja

Nel 1962 Pinu parte per il servizio militare di leva al 52° Rgt. Fanteria d’Arresto ALPI di Fossano.

Diventa chef della mensa ufficiali collezionando successi come cuoco e pasticciere.

Dopo la Naja la permanenza di Pinu a Polizzi dura solo 15 giorni. I suoi amici non c’erano più, tutti emigrati. Si sentiva straniero nella sua terra natia.

Foto di copertina: Cacciatori delle Alpi

Tag: 52 reggimento fanteria alpi,cravatta rossa,finivu u surdatu,fossano,pinu,polizzi generosa,saint vincent,sicilia bedda, siculo,

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La visita ai parenti in Sicilia 1

La cravatta rosso brillante 2

Nuovo menù del cuoco siculo 6

Bravo Soldato della “mia Compagnia” 7

Dell’operato gastronomico e dolciario 9

La festa del Battaglione 10

Le 6 torte militari 13

Lo schiaffo del Generale 15

L’ispezione del Generale Comandante 16

Il temporale estivo 20

Infernale inverno piemontese 22

La guardia 22

La promessa della riassunzione 24

La gita fuori presidio 25

Il Congedo 28

Il ritorno a casa 29

Pinuzzu arrivavu, finivu u surdatu 32

Straniero in patria 35

Note sull’Autore 37

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La visita ai parenti in Sicilia

Pinu, trascorse a casa sua i pochi giorni che lo separavano dall’inizio della naja, non finendo mai di raccontare tutto quello che aveva visto durante la permanenza in Valle d’Aosta. Vicissitudini, avvenimenti belli e brutti, diversità di ogni cosa, i paesaggi dal vero! Quelli che da ragazzino lo inquietavano e si chiedeva sovente: “Ma sono veri o fantasia di pittori?” E loro, i familiari tutti! Lo ascoltavano come se fosse un Profeta che parla alla sua gente e credere solamente nel bene ...

(Ma si! ... Che ce di male?).

Dopo due giorni a casa, risalutò i suoi familiari e partì dalla stazione di Palermo con il lungo treno per Torino. 24 ore di viaggio lungo ed estenuante venne compensato dalla visione della grande stazione ferroviaria Porta Nuova con tanti binari dove arrivavano e partivano gli innumerevoli convogli diretti in tutta Italia e nella vicina Francia.

Al binario 23 era pronto il treno diretto a Cuneo con fermata a Fossano e consentire la discesa dei ragazzi diretti nella CAR (Centro Addestramento Reclute) del 52° Reggimento Fanteria d’Arresto ALPI.

La storia del 52° Reggimento Fanteria “ALPI” inizia nel 1859 a Cuneo, dove Giuseppe Garibaldi lo fondò unendo tre reggimenti di volontari, i famosi “Cacciatori delle Alpi”.

Ricostituito più volte venne sciolto nel 1943 alla fine della II Guerra Mondiale. Nel 1958 venne nuovamente reso operativo come C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) nella stessa città di Cuneo, che lo aveva visto nascere, fino al 1964. Successivamente trasferito nel Nord Est venne trasformato in Battaglione di Fanteria d’Arresto dove è stato definitivamente sciolto nel 1996.

La Bandiera di Guerra è esposta, a Roma, nel Museo delle Bandiere al Vittoriano.

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Nella carrozza ferroviaria Pinu conobbe altri giovani diretti ella stessa Caserma. Era il 27 marzo 1962. Il giorno dopo, fece conoscenza con l’aria militaresca e i comandi a voce alta dai graduati nel grande piazzale per la prima adunata.

Fossano

gpeano.org/~ipertesti/i-rifugi-antiarerei/rifugi/paesi/fossano.htm

Fossano con 25mila abitanti è il quarto comune più popoloso della provincia di Cuneo, dopo Cuneo, Alba e Bra. Fa parte delle cosiddette sette sorelle (le città più importanti della provincia di Cuneo), insieme a Cuneo, Alba, Bra, Mondovì, Savigliano e Saluzzo.

L’agricoltura costituisce ancora un settore importante. Si producono: ortofrutticoli e uva; si allevano bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli; sono praticate anche la pesca e la silvicoltura.

Il settore economico secondario è rappresentato da aziende dei settori alimentare, cartario,chimico, edile, elettronico, manifatturiero, meccanico, metallurgico e tessile.

La cravatta rosso brillante

I nuovi arrivati furono avviati nel magazzino vestiario, le dettero la divisa di panno color verde oliva dove nei colletti dei giubili si cucirono le mostrine color verde bandiera; la cravatta color rosso brillante. Il neo soldato; cioè Pinu, rimase stupito e incredulo; chiese subito al suo caporale di squadra: il perché di quei colori.

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“Caporale Maggiore come mai portiamo la cravatta rossa?” Le fu detto che: “Il 52° Reggimento onorava il colore rosso della camicia di Garibaldi”. A ho capito!

Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) il 52° Reggimento Fanteria “ALPI” si batte valorosamente alla Marmolada, al Passo Fedaia, al Sasso di Mezzodì, al Col di Lana, al Ponte di Vidor, sul Grappa.

Inviato in Francia nel 1918, combatte a Bligny, Bois de Courton, sul fiume Aisne, Sissonne, Vauxerre, Chemin des Dames , Rozoy sur Serre.

Al reggimento vengono conferite la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia e due Medaglie d’Argento al Valor Militare e ottiene come riconoscimento di portare la cravatta rossa.

A Pinu, non le è dispiaciuto affatto tutto ciò, e indossò la divisa molto volentieri. Solo i scarponcini le dettero due numeri più grandi, così il piede navigò dentro malgrado avesse due paia di calzettoni. Era impossibile marciare e camminare con i scarponi due numeri più grandi. La pelle dei piedi con lo strofinamento dettero segni di infiammazione e le vesciche stavano per apparire. Chiese al suo comandante di squadra se era possibile averne un paio di scarponi più piccoli.

Il Caporale “gentiluomo” lo portò nel magazzino dove all’interno le pareti erano pieni di mensole di legno con migliaia di scarponi messi alla rinfusa (modo disordinato) e per fortuna; trovò il numero 39 che Pinu calzò molto volentieri. (Grazie a Dio) e al Caporale!!

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Quindici giorni li trascorse in truppa. Imparò a marciare e capire molte cose durante le lezioni in aula e sul campo. Imparò a sparare con il pesante fucile americano (Garant), con il mitra, e lanciò per la prima volta la bomba, s.r.c.m. Sempre con il caporale o il sergente vicino, al poligono militare di BRA.

Nella prima squadra del Plotone, i soldati più piccoli erano nelle file davanti e il caporale capo squadra che li affiancava. Durante un rientro dal poligono, propose una domanda al caporale: “Caporale maggiore, può chiedere al Sergente o al Sotto Tenente del nostro plotone, se hanno bisogno di un cuoco e pasticcere alla mensa Ufficiale?” La risposta fu: “Si ci chiederò”.

Fucile Garant

Bomba a mano srcm

Due giorni dopo il soldato Pinu fu chiamato dal Tenente che le chiese: “Dove hai lavorato prima? Oppure sei uno che vuole imboscarsi alla mensa pur non sapendo fare nulla e passarsela meglio rispetto ai tuoi commilitoni in truppa?”

Il soldato Pinu rispose: “Signor Tenente! Nulla di tutto questo! Le do gli indirizzi dove ho lavorato per accertarsene”.

Trascorsero ancora due giorni e finalmente il caporale le dette ordine di trasferirsi alla mensa Ufficiale e prendere il posto del cuoco appena congedato. (Una vera fortuna non vi pare?)

Successivamente il neo cuoco soldatino, fu atteso dal Tenente responsabile e amministratore dei servizi di ristorazione della Maggiorità.

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Fu presentato agli altri Ufficiali e sotto Ufficiali, insieme al gruppo di soldati addetti ai vari servizi; cucina, sala, e bar.

Terminata la presentazione; il responsabile della mensa disse al soldato Pinu: “Sappi soldato, che anche io sono originario della Sicilia e dal paese di Cinisi, Palermo”. Pinu le rispose: “Sono contento Signor Tenente!”

E, finiti di bere un crodino, (bibita analcolica) al bar, si avviarono in cucina per prendere le consegne e la responsabile attività di cuciniere della mensa per Ufficiali.

Pinu dette uno sguardo generale all’ambiente che le bastò a sapere dove erano sistemate le attrezzature e gli alimenti negli appositi scaffali.

Il Maresciallo addetto al rifornimento viveri della mensa disse al nuovo soldato cuoco; di sostituire il menù in corso con quello nuovo nella speranza e certezza! Di avere dentro i piatti dei commensali nuove pietanze e farli contenti nel gustare cose diverse da prima.

Anche perché erano alcuni giorni che non mangiavano bene anzi proprio male! L’aiutante cuoco non aveva esperienza culinaria sufficiente per una mensa per Ufficiali.

L’indomani mattina il soldatino non fece la adunata in cortile assieme

alla sua Compagnia; ma, si avviò verso il grande caseggiato della Maggiorità e verso la cucina.

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Nuovo menù del cuoco siculo

Indossata la divisa da cuoco fece scrivere il menù con le seguenti pietanze. -- Antipasto: affettati misti alla piemontese, peperoni alla bagna cauda e involtini di prosciutto ripieni di insalata all’italiana o (russa). Primi. -- Bucatini con salsa di ragù di carne. Gnocchi alla romana con burro e parmigiano. Secondi. -- Brasato di manzo alla piemontese e scaloppe di vitello al marsala. Contorni. -- Patate alla parigina (noisette) fagiolini al burro e insalata mista.

Essendo un giovedì chiese al Maresciallo se poteva dare il dolce, poiché in valle d’Aosta nei ristoranti veniva servito.

Al si; aggiunse nel menù. Crem caramel e crostata di ciliegie.

Per il collaudo e la sicurezza; Pinu, fu assistito e guardato a vista, per vedere se era veramente capace ad espletare il delicato lavoro di cuoco e pasticcere.

Dopo qualche ora di assistenza, i Superiori graduati costatarono che il siculo sapeva veramente fare quello che aveva detto precedentemente. Subito dopo gli osservatori si dileguarono come cavallette nell’aria.

Poche ore dopo i primi odori di una buona preparazione culinaria e dolciaria si sentirono nel corridoio e locali vari della Maggiorità.

Il Comandante di Battaglione era un Maggiore che non tardò a fare la comparsa in cucina seguendo la scia del profumo lungo il corridoio che portava alla mensa. Alla comparsa in cucina dell’Alto Ufficiale: tutti scattarono sull’attenti!! Era d’obbligo dire: “Comandi Signor Maggiore!”

Egli rispose: “Riposo soldati! …

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Sono venuto per conoscere il nuovo responsabile della mensa”. Con l’aria militaresca ma con segni di bonaria volontà e umanità disse al cuoco: “Mi raccomando in cucina l’ordine e la pulizia e non lasciare nulla al caso!”

“Signor si, Signor Maggiore!” Rispose il cuciniere sempre sull’attenti salutandolo con il classico saluto militare e il battere dei tacchi delle scarpe che si sentì unito ed efficace nel locale quando l’Alto Ufficiale girò le spalle per allontanarsi dalla mensa.

Il lavoro proseguì indisturbato da parte di tutti. La contentezza di avere conosciuto l’Alto Ufficiale in Capo della Caserma! Servì alla squadra ad alzare il morale ancora di più. Due ore dopo si videro i primi risultati delle pietanze e dei dolci. Nella mattinata di quel giovedì: tutti gli Ufficiali e i Sotto Ufficiali venivano a dare una occhiata in cucina per rendersene conto di come andavano le cose. Il Tenente e il Maresciallo responsabili della mensa veramente, erano un poco preoccupati, tanto da chiedere ripetutamente: “Chef! … Ce la facciamo ad andare a tavola, alle ore tredici?” La risposta del nuovo cuoco era: “Certamente! Sarà tutto pronto come programmato. Signor Tenente!”.

Intanto i preparati venivano composti facevano venire l’acqualina in bocca a tutti, curiosi di potere assaggiare al più presto parte dei preparati. Anche Pinu, era desideroso di gustare i suoi piatti; e perché; no..!

La fame della gioventù era sempre presente ed a qualsiasi ora del giorno e della notte! Che ci vuoi fare!

Bravo Soldato della “mia Compagnia”

Alle ore 13 in punto la sala da pranzo era piena. Al centro sala un tavolo era riservato al Comandante di Battaglione e la sua famiglia. Ai lati, i tavoli dei Capitani comandanti di Compagnia. E ai lati ancora: i tavoli dei Tenenti e Sottotenenti mentre nella sala confinante erano i Marescialli e i Sergenti. Il Maresciallo impaziente dette il via agli antipasti, ai primi, ai secondi e in ultimo i dolci. I camerieri ”soldati” fecero la spola, (andirivieni)

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tra le sale e la cucina dove trovavano tutto alla perfezione. Il sudore alla fronte si vide a tutti gli addetti al servizio. L’aiuto cuoco confessò a Pinu: “Questo lavoro e profumi, ultimamente non esistevano più da noi. Bravo chef, ci hai fatto vedere come si lavora veramente!”

I commensali intanto, avevano mangiato tutto e molto volentieri. Verso la fine del pranzo in sala si sentiva un certo brusio e mormorio. Pinu, si chiese: “Chissà cosa avranno da dirsi e sentenziato riguardo al pranzo?” Una cosa era certa: quando parte delle portate non ritorna in cucina: segno è … che tutto è

andato bene. (Meno male?)

Dopo il caffè; entrò il Tenente in cucina e disse al cuoco: “Cambia la giacca bianca con una pulita, e vieni in sala che il Maggiore deve parlarti”.

Poiché si era in un ambiente militare! Non sapevi mai quello che poteva accadere. Ordini, contro ordini, punizioni ecc. ecc.

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Comunque: con le gambe tremolanti e l’incertezza come fosse una chiamata a rapporto per chissà quale cosa.

Pinu entra in sala dietro al Tenente con il cappello bianco sotto il braccio sinistro; che si fermò ad un metro dal tavolo del Maggiore pronunciando la famosa frase: “Comandi, Signor Maggiore!” Lui, stava parlando con sua moglie e sua figlia.

Per alcuni attimi, Pinu, pensò: “Chissà cosa vorrà e perché mi ha chiamato? Forse vorrà punirmi per qualche pietanza malfatta?”

Può anche succedere! Ma no! ... Niente di tutto questo!

Il Maggiore con i suoi commensali volle complimentarsi per aver gustato il pranzo preparato dal nuovo cuoco pasticcere. In particolar modo: per i dolci fatti a regola d’arte.

Egli continuò a dirle: “Le crem caramel sono state deliziose; la crostata con le ciliegie dei campi di Fossano non l’avevo ancora mangiata. Bravo soldato!”

Con un certo tremolio alle gambe il neo cuoco ringraziò il suo Comandante con i suoi familiari; e rispettosamente se ne tornò in cucina; dove ad attenderlo incuriositi i suoi addetti alla mensa vollero sapere cosa le disse il Maggiore.

Durante il breve tragitto della sala, lo chef scorse il suo Capitano che lo guardò come se volesse dirle anche lui: bravo soldato della “mia Compagnia”.

Il Tenente che amministrava la mensa, era contento e felice. Subito non ha detto nulla al cuoco siculo come lui. Si! ... Perché anche lui era di origine siciliana, e precisamente dal paese di Cinisi in provincia di Palermo.

Dell’operato gastronomico e dolciario

Ma, alla sera e prima di cena andò a trovare il suo paesano in cucina, per dirgli come è stato contento dell’operato gastronomico e dolciario fatto ai suoi superiori e a tutti i commensali.

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Lo abbracciò e ringraziò immensamente dicendole: “Ho immaginato che qualcosa sapevi fare, ma non mi sarei aspettato tanto da un ragazzo siciliano professionalmente preparato e responsabile sopratutto!” Grazie Signor Tenente.

Per diversi mesi l’impegno in cucina proseguì armoniosamente. Il nuovo chef cercò di accontentare nei limiti del possibile; tutti e per tutto. Due giorni alla settimana, si sbizzarriva a preparare succulenti pietanze e fantasiose torte.

Gli Ufficiali, tutti!, quando potevano andavano a trovare il cuoco, davano una sbirciatina a tutto e verificare quello che si veniva preparato. A volte lo chef porgeva un frammento di pietanze o di ritagli di dolci per un assaggio in estemporanea. Loro non dicevano mai grazie si limitavano soltanto di fare un sorriso, sia pure militaresco, al loro oramai collaudato chef. Tutto ciò: rese sempre più costruttivo il rapporto di stima reciproca. E, cosa c’è di meglio, negli uomini anche con la divisa?

La festa del Battaglione

Arrivò il giorno della festa “annonaria” del Battaglione. Nell’occasione si doveva preparare un importante banchetto servito verso mezzanotte e subito dopo i primi balli. Gli invitati erano tutti gli Ufficiali dei due battaglioni con le relative famiglie: esclusi i bambini.

Il numero complessivo era di circa 150 persone. Il grande salone delle feste venne riempito di fiori e stelle filante dai diversi colori. Per gli occhi di Pinu che non avevano mai visto feste del genere; è stato come aver sognato. Per alcuni momenti fantasticò, si immedesimò membro partecipe alla festa.

E mentre preparava le portate, si sentiva un Ufficiale vestito in grande uniforme con la fascia di seta azzurra che diagonalmente fasciava il torace trascinando delicatamente nel centro della sala da ballo, una delle belle ballerine presenti. Vestita con abito lungo a forma di campana e iniziare i passi di danza di una qualsiasi musica ballabile come possa essere stata: la melodia di

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un tango argentino o un delicato valzer viennese. (E’anche bello; sognare, no? Che male c’è!)

Per l’annuale ricorrenza, fu il Capitano ad impartire gli ordini di ogni cosa. Quella Domenica, la Caserma del 52° Reggimento fu vestita e abbellita in ogni parte. Bandiere Tricolore e Vessilli erano sistemati nei punti più importanti del perimetro militare. Ufficiali, sottufficiali e soldati del “quadro permanente”,dovevano indossare divise pulitissime, I calzoni dovevano avere la famosa piega, e le scarpe lucide. Nulla doveva apparire fuori posto. Gli aiutanti e collaboratori vari erano ispezionati sovente dal Tenente.

L’unico ad avere campo libero era lo chef “siciliano.” Per alcuni giorni e notti, nella mente frullarono una quantità di cose da poter fare, sempre nei limiti del possibile! D’accordo con i vertici della mensa Pinu scrisse la lunga lista del menù, che fu approvata unanimemente.

Il menù fu stampato in una tipografia della cittadina di Fossano su carta pergamena e con i colori del Tricolore Italiano. Insomma: ancora una volta il siculo doveva dare, e fare il meglio di se.

Le sue piccole spalle dovevano sopportare ancora una volta, un grande peso “gastronomico e dolciario”, per la Naia.

Il Maresciallo addetto ai viveri, procurò ogni ben di Dio. Era un uomo taciturno di media statura con un paio di baffi sotto al naso ben curati che davano una immagine severa sì!! Ma paterna e affabile: caratteristiche umane che difficilmente si trovano tra gli elementi autoritari e militari.

Tre giorni furono impiegati per le varie preparazioni; oltre al servizio di mensa giornaliera.

Il Capitano responsabile della manifestazione disse allo chef e collaboratori: “Mi raccomando ragazzi della mensa, non fatemi fare brutta figura. Abbiamo con noi il Generale di Torino e il Colonnello da Cuneo con le famiglie”.

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Pinu vide i volti spauriti dei suoi aiutanti e rispose al suo Capitano: “Non dubiti Signore; ho dei bravi collaboratori che se mi danno retta porteremo a buon fine la festa del Battaglione”.

Animati e incoraggiati dallo chef, si mise in moto la laboriosità di ognuno. Un cartello grande fu appeso al muro della cucina, dove ricordava i nomi delle pietanze e dolci della lunga lista …

Salatini assortiti, canapès al caviale e salmone, decorati con burro composto, tranci ai frutti di mare in gelatina acidulata al limone, involtini di prosciutto cotto ripieni di asparagi del Piemonte in gelatina con profumo di aceto e vino bianco.

Triangoli di torta Pasqualina alle varie erbe, mozzarelle in carrozzella a quadrettini, supplì di riso alla milanese ripieni di ragù alla bolognese, cannelloni ripieni al forno, lasagne verdi ai funghi porcini con besciamella e parmigiano, tranci di pollo ripieno e cima alla genovese con uovo sodo nel centro.

Fagiolini al burro patate alla duchessa e insalata mista con pomodori, peperoni, cuore di lattuga e chicchi di mais sbollentati.

I dolci: assortimento di biscotti frollini, farfalle di pasta sfoglia, paste di mandorle e di nocciole del Piemonte.

Sei torte 60 x 60 con pan di Spagna crema pasticcera imbevute di sciroppo zuccherino al profumo di “Strega di Benevento”. Sopra, uno strato di pasta di mandorla decorate con motivi del corpo

militare e dei suoi superiori.

(Fonte immagine: fanteria darresto.splinder.com)

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Le 6 torte militari

La prima, scritta con cioccolato fuso: “Viva il Generale di Brigata”. La seconda: “Viva il Colonnello”. La terza: “Viva il nostro Maggiore”. La quarta: “Viva il Corpo del 52° F.A.C.” (Fanteria Alpi CAR). La quinta torta dedicata al Comandante la prima Compagnia: “Viva il nostro Capitano”, mentre la sesta torta, Pinu l’à dedicata a tutti: “Ufficiali di grado inferiore sottufficiali soldati e parenti invitati”.

Ogni torta recava una mini bandiera tricolore in pasta di mandorla e il pennone di cioccolato fondente; ai lati, dei soldatini anche essi di pasta di mandorle con la divisa color verde oliva e con mini mostrine e cravattina rossa. Un vero lavoro da certosino! Ma di grande effetto!

Ricorda Pinu, che durante la produzione i collaboratori guardavano “l’artefice” increduli e meravigliati. Non si aspettavano di vedere svolgere tutto quel lavoro nella calma più completa e sicura. Tutti volevano offrire al loro chef; una bibita, un caffè, un bicchiere di vino o: un grappino.

Ma lo chef era troppo impegnato; si limitava soltanto a ringraziarli, ma, doveva portare avanti il delicato impegno. Allora e in quel lontano periodo, erano pochi i pasticceri e cuochi portati all’Arte alla fantasia alla creazione.

“A fare mangiare con gli occhi prima; e con la bocca dopo!” Massima popolare imparata dal suo ex capo pasticcere. (Grazie!!!)

La Domenica della festa, alle ore venti e trenta tutto era pronto. Gli Ufficiali e le loro donne si apprestavano a salire la scala che portava ai saloni e ai bar, dove bravi barman e camerieri servivano gli aperitivi con dei salatini fatte dallo chef “siciliano.” Nel tempo di un’ora circa: tutti erano presenti. Il grande salone pieno di tavoli a quattro posti era pronto ad accogliere gli invitati.

Confinante al salone era una veranda con al centro un lungo tavolo che ospitava le sei torte, dietro è stata sistemata la “vera bandiera del Reggimento”. Ai lati, due grandi vasi in vetro di

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Murano e dentro delle rose rosse con boccioli dai petali appena aperti.

Ogni rosa e un bocciolo, erano legati con un nastrino tricolore che alla fine della serata, dei camerieri in guanti bianchi porgevano alle donne degli Ufficiali.

Tutti hanno ammirato il lungo tavolo imbandito da più di quaranta specialità gastronomiche, sei torte dedicate a loro: più di cento bottiglie di vini del Piemonte con il famoso Moscato d’Asti che facevano da cornice al lungo tavolo pieno di piatti di portata. Tutti ammiravano quel ben di “DIO” ma nessuno osò dire qualche parola, si limitavano a guardarsi in faccia l’uno con l’altro.

Questo particolare fu riferito a Pinu, dai camerieri in sala.

Il servizio ai tavoli, era riservato agli Ufficiali con le spalline dorate cioè. Il Generale il Colonnello il Tenente Colonnello e il Maggiore: tutti gli altri, si servivano da se.

Nel salone accanto: una orchestrina suonava in “sordina” (piano) mentre gli Ufficiali più giovani si alternavano ai balli lenti.

Poiché lo chef aveva il compito di scaldare alcune pietanze, faceva l’anti rivieni con la sala e cucina ; ma: … vedeva tutto quello che succedeva. Rimase stupito e meravigliato nel vedere danzare gli Ufficiali con le donne in perfetta sintonia.

Gli abiti femminili adatti alla serata le divise impeccabili degli Ufficiali con la banda trasversale di colore azzurro chiaro con il pom pom all’estremità inferiore; per gli occhi di Pinu fu uno spettacolo indimenticabile ed unico. Una scenografia da scena da film. Veramente!

Comunque: durante la serata tutto fu mangiato e gustato; alcuni giovani Ufficiali tolte i guanti, si leccarono le dita dopo aver mangiato qualcosa; o di salato o di dolce. La festa durò fino alle ore tre del mattino successivo.

Alle ore 24 in punto, lo staf della cucina sente un fragoroso applauso. Tutti si chiesero: “Che succede!” Intanto il Capitano e

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il Tenente entrarono in cucina e ordinarono allo chef di seguirlo in sala.

Sostituita la giacca bianca e il cappello con l’orlo sudato dalla fronte e stretto tra i due Ufficiali, dette l’impressione di essere portato il prigione. Ma No! ... Niente di tutto questo!

Lo schiaffo del Generale

Entrata la porta; un secondo applauso ancora più forte venne dato al cuoco e pasticcere “siciliano”. Questa volta il cappello a cento pieghe rimase in testa. Lo levò soltanto per fare l’inchino e ringraziare tutti. Chiese soltanto al suo Capitano, se poteva avere un terzo applauso per i suoi collaboratori della mensa.

Gli applausi continuarono accompa-gnati da complimenti; in particolar modo: dalle donne degli Ufficiali.

Il Generale fece avvicinare l’artefice delle prelibatezze vicino al suo tavolo e, rimanendo seduto, si complimentò sinceramente. Si alzò dando un schiaffo “leggero”, sulla guancia del suo soldato.

Segno di gratitudine! Perché no? Salutò l’alto Ufficiale e insieme ai due responsabili della festa, si avviò verso la cucina scoppiando in un pianto liberatorio.

E dalla stanchezza e dalla contentezza soddisfatto di avere

svolto e avere dato al prossimo, il risultato delle sue qualità di libero e responsabile professionista. Oramai Pinu, lavorò indisturbato e a tempo pieno come fosse stato un operatore assunto a tempo indeterminato in quella grande fabbrica Italiana, che si chiamava: Naja. Lo stipendio era del tutto immaginario!..

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Una misera paghetta veniva data ogni dieci giorni; “puntuali!” Decade era il suo nome! ...

Quel giorno e i successivi per i militari “non tutti!” Era festa grande; perché ci si poteva comperare qualcosa; un panino e salame, un gelato, una bottiglia di vino, andare a vedere un film al cinema della cittadina, dei pacchetti di sigarette dai nomi: alfa, nazionali, oppure, per i più facoltosi: Minerva; allora queste erano le marche! [immagine da: forze armate.eu]

Qualche sigaro chiamato: branca o toscano, considerati “un lusso!” ( Per quei tempi! )

Trascorsi i mesi chiamati “ quadrimestri “ di addestramento, le reclute venivano smistate nei vari Reggimenti sparsi in tutta Italia. Quel giorno: era dedicato ai saluti, i soldati amici non si vedevano più. Facevano parte integrante nei vari corpi militari italiani. Pinu, rimase nel quadro permanente del suo 52° Reggimento a Fossano dove terminerà la ferma, tra undici mesi.

L’ispezione del Generale Comandante

Annualmente e prima del periodo estivo, avvèniva una importante ispezione militare da parte del Generale Comandante la zona Nord Ovest Italiana. Le Regioni erano: Liguria, Piemonte e Lombarda. Le disse il Tenente che l’ispezione avvèniva a sorpresa e senza preavviso in un giorno qualsiasi della settimana.

In quel periodo tutti i giorni erano buoni, l’ordine era di essere pronti in cucina, per Alle nove e quaranta, le macchine di colore blu con le bandierine svolazzante sul lato destro del mezzo; varcarono la soglia del portone della Caserma, dirigendosi e fermandosi nel centro del piazzale e sotto il cippo dove sventolavano le bandiere del corpo.

Tutti presenti erano gli Ufficiali, sotto Ufficiali, graduati vari e soldati, perfettamente schierati per dare il saluto Ufficiale con tanto di “Presentazione delle armi” a l’alto personaggio militare.

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Dalla vetrata della cucina si vedeva ogni cosa succedeva nel piazzale. Anche le grida ad alta voce degli Ufficiali che impartivano gli ordini si sentivano, così i lavoranti della mensa compreso il cuoco “ molto indaffarato”; godette dello scenario militare.

Present, Arms! (Fonte: army.mil)

Presentare le armi è un comando usato da molti eserciti nel mondo come segno di rispetto.

Il menù del giorno fu sostituito con quello nuovo e la lista era così! Antipasti: affettato misto, verdure miste all’agro dolce, insalata russa e vitello tonnato.

Primi: ravioli alla Piemontese con sugo di arrosto, tagliatelle all’uovo con salsa di tartufi delle Langhe. Secondi: pollo alla diavola con peperoni rossi di Fossàno al forno, scaloppe alla valdostana con sopra, prosciutto cotto e formaggio fontina.

Contorni: spinaci al burro e parmigiano e patate fiammifero.

Dessèrt, torta di mele renette e fragole, budini al caramello.

Vini: esclusivamente Piemontesi.

Impartiti gli ordini ai collaboratori, lo chef si caricò di un altro impegno culinario molto serio da espletare. Ogni aiutante

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collaborò con “anima e corpo”. Tutti vollero i consigli essenziali dal loro chef.

Oltre ai rumori dei suppellettili della cucina; si sentivano a bassa voce e con delicatezza, le parole ... “Chef, così va bene?”. “Chef, mi guardi questo!”. “Mi assaggi questa salsa!”. E senza peccare di superiorità lo chef rispondeva: “Si va bene, bravo”, oppure: “aggiungi un pizzico di questo o di quello”.

Insomma: tutto il lavoro e preparativi andava molto bene. Tutto funzionava come un orologio svizzero; i tempi venivano rispettati e le pietanze facevano la loro apparizione.

Il Maresciallo e gli aiutanti cucinieri non si davano “pace”nel vedere dirigere con serenità e sicurezza i vari lavori. Mentre si davano da fare; non smisero mai di guardare con la “coda dell’occhio” il loro cuoco e pasticcere, e come volessero dirle: (chissà quale cosa!) Da chissà quale Pianeta della via lattèa esso proveniva e da dove tutto invidiabilmente, funziona nel giusto modo e corretto! E non dove si lavora tra le urla, baccani vari e prepotenza. Spesse volte inutili.

Solo il Maresciallo, si avvicinava allo chef, e a bassa voce le chiedeva: “Sei sicuro di farcela? Posso dire al Tenente che alle ore tredici possono sedersi a tavola?”.

Lui le rispondeva. “Marescià … Non si preoccupi, vedrà che alle 13 e 30 può avvisare il Tenente che tutto è pronto …”. Parola di siculo!

Ancora una volta fu chiamato in sala da pranzo dove una trentina di Alti Ufficiali e Ufficiali vari; gustarono i prodotti gastronomici preparati per loro. Pinu anche sta volta fu a tu per tu con uomini militari dalle spalline e stellette dorate, per ricevere dei complimenti.

Certo; trovarsi di fronte ad Ufficiali di quella “portata?” ... Non è mai facile e distensivo; anzi: le gambe tremano sempre e sei portato a dire. Signor Si. Qualunque cosa dicessero!

Avvicinandosi al tavolo del Generale: lo saluta con un colpo di tacco, ben riuscito! ... Si; perché non sempre riesce il colpo di

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tacco! E con il cappello sotto il braccio sinistro con ai lati il Capitano e il Tenente ascolta le poche parole dell’alto Ufficiale.

“Quando avviene il tuo congedo?”.

Lo chef: “Ancora qualche mese, Signor Generale”.

“A te, non ti mandiamo in congedo!”. Logicamente era una battuta scherzosa.

Le chiese ancora. “Chi è il tuo Comandante di Compagn

E proseguì: “Complimenti soldato, tutto era buono”.

“A … una cosa soltanto! Non avevo ancora mangiato la bistecca alla valdostana; mi spieghi il procedimento?”.

“Signorsi, Signor Generale”.

“E’ una fetta di noce bovina alla milanese, passata in padella con burro e olio di oliva, prima da una sola parte, poi si mette una fetta di prosciutto cotto e una fetta di formaggio fontina della valle d’Aosta con due foglie di salvia a formare una V, si copre con un coperchio senza toccare il formaggio e si passa in forno caldofusione della Fontina e servita sopra un letto di patate fritte al fiammifero”.

Il Generale: «Veramente bravo, soldato».

«Grazie, Signor Generale». Che salutandolo militarmente parlando assieme i due suoi Ufficiali, se ne ritorna in cucina dove nell’attesa spasmodica i suoi aiutanti vollero sapere come era andata.

Lo chef le rispose: «La nostra grande fatica è stata ripagata. Per una volta sotto la “NAIA” ce qualcuno che paga moralmente e gentilmente». Vi pare, poco?

tacco! E con il cappello sotto il braccio sinistro con ai lati il le poche parole dell’alto Ufficiale.

Lo chef: “Ancora qualche mese, Signor Generale”.

“A te, non ti mandiamo in congedo!”. Logicamente era una

Le chiese ancora. “Chi è il tuo Comandante di Compagnia?”.

E proseguì: “Complimenti soldato, tutto era buono”.

“A … una cosa soltanto! Non avevo ancora mangiato la bistecca

con due foglie di salvia a formare una V, si copre con un coperchio ssa in forno caldo per il tempo di

fusione della Fontina e servita sopra un letto di patate fritte al

«Grazie, Signor Generale». Che salutandolo militarmente parlando e ne ritorna in cucina dove

nell’attesa spasmodica i suoi aiutanti vollero sapere come era

Lo chef le rispose: «La nostra grande fatica è stata ripagata. Per una volta sotto la “NAIA” ce qualcuno che paga moralmente e

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Il temporale estivo

Era il 1962 quando un pomeriggio del mese di agosto terminato il servizio di cucina, il gruppo della mensa esce dalla Caserma per una passeggiata nel centro della cittadina. Durante il percorso ammiravano le campagne assai coltivate a granoturco ortaggi frutteti e erbe varie usate come foraggio per alcuni animali da latte e da carne.

La giornata era calda e afosa. L’umidità nella pianura era assai presente e al limite massimo per i sofferenti dell’apparato respiratorio; “per i giovani non era un problema!”

Giunti nel corso principale dove ai lati erano schierati palazzi e abitazioni civili con annessi attività artigianali commerciali e uffici vari. A livello stradale e ai due lati erano dei passaggi pedonali in cui i cittadini potevano camminare liberamente e non bagnarsi quando pioveva a dirotto. Il Corso centrale era riservato per il traffico automobilistico e di posteggi.

I temporali nella zona erano di frequenti; però alcune volte si assisteva a quelli più tremendi e terribili. Uno di questi si preannunziò quel giorno con la comparsa di una nuvola nera e minacciosa che coprì improvvisamente il cielo della cittadina. Per il gruppo di soldati risultò provvidenziale trovarsi già sotto i portici, perché: si scatenò un temporale così violento che Pinu non aveva mai visto in vita sua.

Per più di trenta minuti una pioggia assai copiosa seguita da una impressionante grandinata dai chicchi grandi come nocciole e grandi come noci che cadendo con violenza sui tetti delle macchine sui lampioni della illuminazione pubblica e sul lastricato del corso, esplodevano come piccole granate.

Era veramente scoraggiante vedere e sentire tutto quel disastro meteorologico estivo! I luminosissimi lampi e fulmini che accompagnavano il temporale aggiunsero ancora di più lo spauracchio di quel pomeriggio. Il rumore infernale e pauroso creò un fuggi fuggi, dove si nascondevano anche i più coraggiosi e temerari.

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Tutto tremava; alcuni vetri di finestre andavano in frantumi. I tetti delle macchine posteggiate qua e la ebbero la loro parte; escoriazioni delle vernici e ammaccamenti vari furono i risultati del tremendo temporale. A fine evento i proprietari hanno dovuto fare risanare le ferite, portando i mezzi nelle carrozzerie.

Da sotto i portici i soldati in libera uscita erano raggruppati come i pulcini attorno la chioccia.

Tra di loro c’era anche Pinu, impauriti si diressero verso un vicino bar per bere una bibita o un caffè.

Spostarono gli occhi verso il viale e videro la strada carrozzabile trasformata in un fiume in piena, (che bello diceva qualcuno!) Mica tanto dicevo io! Comunque; sin da piccolo sapeva, per sentito dire! Che le forze della natura quando si scatenano veramente, possono essere incontrollate e pericolose.

Temporale estivo

Fonte: wallpapers-diq.com

Alle ore 18 il gruppo della mensa doveva rientrare per il servizio. Due chilometri si dovevano fare a piedi passando per una strada secondaria e in mezzo la campagna: e che cosa videro?

La grandine caduta con violenza, spogliò quasi tutti gli alberi, cespugli, piantine di ortaggi e fiori, i loro steli erano ripiegati

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verso il terreno come se fossero falciati per dispetto. Vedere i rami quasi nudi in piena estate fu una cosa impressionante! Dette il senso di essere in un campo di battaglia subito dopo la lotta.

Infernale inverno piemontese

Terminata la stagione estiva e quella autunnale: arrivò anche l’inverno. La strada che passava davanti la caserma era transitata da contadini, agricoltori e abitanti delle case in campagna.

In quegli anni le automobili non erano molto diffuse, si vedevano tante biciclette e qualche motorino; i meno ambienti se la facevano forzatamente a piedi fino in città. L’inverno della pianura Piemontese è veramente un “inferno.”

Freddo, umido, nebbia e brina erano gli ingredienti giusti; (si fa per dire …) Per una mala stagione invernale dell’alta Italia. Succedeva che: avendo le Jeep del Comando impegnate, si doveva andare a piedi a comperare qualche alimento nel negozio autorizzato e nel centro città.

Le capitò diverse volte a Pinu di fare quel tragitto la mattina presto e incrociare dei ciclisti della zona avvolti da mantello nero con cappuccio pieni di brina che a distanza ravvicinata si scorgevano i volti con i ghiaccioli al naso lunghi anche dieci centimetri causati dal vapore che usciva dalle narici e dalla bocca.

Sembravano quei personaggi mitici delle varie storielle e favole di un tempo che fu. ( Come è strano il Mondo!)

La guardia

Al cuoco le capitò una sola volta di montare di guardia all’entrata principale della caserma.

Il corpo di guardia era composto da un Ufficiale o Sott’Ufficiale, un Caporale e sei soldati semplici, tra l’altro tutti del quadro

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permanente cioè; i soldati addetti ai servizi necessari al buon andamento della caserma.

Vestito in fureria con scarponi, ghette, pastrano (cappotto militare) elmetto e fucile da combattimento mod. ’91.

Alle ore 18 cambiò la guardia e il soldato chef, fece il primo turno di due ore in garitta (posto obbligato al lato del portone d’entrata e, all’esterno) e, con il fucile armato di proiettili veri. La sera con un freddo da cani smontò alle ore 20.

D’accordo con il Caporale e il Tenente di picchetto, salì il cucina e prendere una torta di frutta un bottiglione di vino Chianti e 20

panini farciti di burro prosciutto e formaggio preparati la mattina stessa.

Sapendo le restrizioni e la disciplina della guardia, per 24 ore si è come essere al fronte; pronti per ogni evenienza in qualsiasi momento. E’ stata, dura!

Verso le 22, nella stanzetta come fosse stata una cella; sopra il tavolo di legno e all’inpiedi, fu consumato quel graditissimo spuntino fuori ordinanza. E, che ce di meglio in quella circostanza; di una sorpresa così?

Con la fame che si ha a 20 anni, i ragazzi “amici” assaporarono e mangiarono i panini e la torta nel modo più felice che si possa credere grazie alla iniziativa dello chef siciliano. Con quella occasione venne di più rafforzata la stima e l’altruismo, che regnò fino al congedo.

Giorno dopo giorno trascorsero 14 mesi di naia e lavoro, trenta giorni ancora e si aveva in mano il congedo. Quel foglio di carta pergamenata che ti attesta che hai servito la Patria con onore ed abnegazione militare. Viva l’Italia.

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La promessa della riassunzione

Una Domenica mattina degli ultimi 30 giorni di pre congedo; Pinu venne chiamato dall’Ufficiale di picchetto di scendere perché un Signore di Aosta voleva parlarmi.

Erano le ore 10 e 30 circa, in cucina si stava preparando la salsa maionese che serviva per decorare l’insalata russa che terminata l’operazione; scende al corpo di guardia e vede che, il Signore che lo cercava era il suo precedente datore di lavoro. Si salutarono con reciproco rispetto invitandolo a salire fino al bar degli Ufficiali. ( Non le sembrava vero!) E mai più, di rivedere il titolare dell’Industria dolciaria scomodarsi e andare a trovare un suo dipendente, ma! Sarà vero? E poi, perché e venuto a trovarmi? ...

Sorseggiarono due Campàri Soda seduti ad un tavolo del bar riservato esclusivamente agli Ufficiali militari e non ai civili, parlarono del più e del meno.

Ma ad un tratto! Invitò il suo pasticcere a tornare a lavorare nella sua Azienda aostana. Capirai? La contentezza e la soddisfazione lo attanagliò di gioia. Quel siculo precedentemente vessato umiliato e bistrattato: era diventato e riconosciuto una persona ed un operaio affidabile e per “bene.” ( Grazie, Signor Direttore!)

Alfa Romeo 1750 (fonte: motorimania.net)

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Ottenuto il si e il ritorno in Azienda; ringraziò Pinu, stringendogli la mano destra, che in quel momento, sentì qualcosa di strano nel palmo della mano. E per non essere sprovvèduto e ingenuamente bambino Pinu fece finta di nulla.

Si salutarono con un forte abbraccio e i due si divisero; uno salì nella macchina (Alfa Romeo 1750 color verdino) e parte.

L’altro vestito da chef di cucina si avviò alla mensa e continuare il pranzo ai suoi Ufficiali. Pochi passi e vide che l’intruso nella mano era un biglietto da 100 mila lire, piegato e ripiegato fino a diventare un piccolo dado.

Quel giorno di Domenica, Pinu, “virtualmente” si sentì veramente un bambino ingenuo, e credere nei miracoli … (Che ce di male?) Cento mila lire a quei tempi, era una sommetta che faceva piacere averla in tasca o nel portafoglio. Quel giorno si sentì ricco e fortunato. (Perché no! ...) In quel lontano periodo solo i figli di papà disponevano di quella sommetta.

La gita fuori presidio

Finito il servizio, Pinu pagò una bibita a tutti i membri della Maggiorità; esclusi i graduati!.. La sera, andò a cena come un vero cliente e con gli abiti “civili “insieme con l’attendente del Maggiore soldato Miami di Venezia, e il soldato infermiere; Mario Cecchi.

Il locale era il migliore e conosciuto ristorante della cittadina di Fossàno, “Le Due Spade” in centro città. (Finalmente!!!)

Gli abiti civili erano date ad una famiglia per custodirle e per qualche sera andarsele a cambiare per recarsi in qualche sala da ballo o balera nei dintorni del presidio militare. Poche volte, gli sciagurati, (nel senso buono!) Erano andati “fuori presidio” per ballare. Pur sapendo di rischiare la massima punizione qualora venivano visti.

E, una di quelle poche volte è successo e gli è rimasta impressa nella memoria a “vita natural durante!”

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Questo è l’episodio. I quattro soldati amici per la pelle si recarono fuori presidio affittando una macchina con autista. L’uomo con la patente e il mezzo era il marito di una giovane donna titolari di un bar e dove i soldati erano assidui clienti. Ad una festa patronale di un paese vicino, ma fuori presidio!

Castello di Fossano (fonte: abitareblog.it)

I soldati si divertirono a ballare e consumare una misera bibita; i soldi erano pochi! Ma le ragazze erano tante. L’autista pensò bene; anzi: male! Di bere diversi bicchierini di Cognac; ovvèro! Brend, non abbiamo saputo quanti erano i bicchierini.

Alla mezzanotte il gruppo di ballerini sale in macchina e aspetta che l’autista sale dalla parte del volante. Invece; no!.. Voleva salire a tutti i costi dal lato opposto alla guida. In quel lato era seduto Pinu per fortuna fresco di Patente ma non di macchina sua.

Pensammo che scherzasse l’autista, niente affatto! Anzi: vedemmo i sintomi di una vera “ciucca” in dialetto Piemontese (ubriachezza) dietro insistenza salì al posto giusto e percorremmo pochi chilometri di percorso; per fortuna il traffico era nullo. Fermò la macchina e si accasciò sopra il volante. Che fare??

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L’unico ad avere la patente era Pinu, il cuoco che preso il posto di guida accomodarono il ciucco al sedile accanto, reggendolo con forza dalle braccia dei soldati seduti dietro. Erano da percorrere sei chilometri circa ed era una notte di autunno inoltrato, un freddo “boia” uno spauracchio tremendo e andatura piano.

Ad ogni curva che si doveva fare a destra; lui, il ciucco! La vedeva a sinistra, e viceversa. I fumi dell’alcool e la puzza del fermento gastrico dentro l’abitacolo era da vomito. (Immaginate voi!) Ad un tratto: si sentì il classico rumore del vomito vero!! Una boccata di liquido “quasi infiammabile” si riversò sui pantaloni di Pinu intento alla guida.

Un coro di “Ferma! Ferma la macchina! ...” Fermata la macchina, scesero tutti per dare soccorso all’irresponsabile autista. Era in uno stato pietoso e al limite del “coma etilico”. Tutti eravamo disperati, erano le una di notte quando arrivammo davanti il suo bar.

Pinu con la squadra della maggiorità e il cappellano

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La povera sposina sapeva che si sarebbe rientrati alla mezzanotte, e quando vide al volante un soldato e non suo marito fece un grido di disperazione temendo che suo marito fosse morto.

Toccò a Pinu dire quello che era successo a suo marito e della maledetta bevuta del Brend a nostra insaputa “anche!” Noi eravamo a ballare e cercare di rimorchiare qualche ragazza, per una eventuale “pomiciata”. Vi sembra giusto? ...

Ad ogni modo: consegnato alla donna il malconcio marito e la sua macchina; i “bravi” soldatini si presentarono in Caserma alle ore due. Pronti per andare a passare il resto della mattina in camera di rigore. Ma, se punivano gli addetti alla mensa e bar, gli Ufficiali dovevano fare il digiuno o mangiare il pasto della truppa.

Fortuna volle che l’Ufficiale di picchetto era quello del precedente spuntino con panini e torta accompagnati dal vino Chianti. Ha fatto un serio richiamo militare al gruppo tutti sull’attenti e ascoltare il rimprovero recitato: con aria “marziale”. Ma poi ha chiuso un occhio: “anzi, tutti e due.” Merito anche dello chef siculo che era in buoni rapporti con tutti i superiori della Caserma. ( E questo mi pregio a dirlo.)

Il Congedo

Arrivò il giorno del congedo. Era il 3 giugno 1963 e faceva già caldo, la mattinata passò salutando tutti i suoi amici e il ricambio della mensa.( Cioè; il cuoco il secondo l’aiutante e il lavapiatti). I nuovi prepararono a Pinu, due panini ben farciti per il viaggio.

E, con il suo borsone degli indumenti, il congedo arrotolato e legato con il nastrino tricolore infilato nel taschino della camicia con il berretto in testa adornato dalle tre medaglie date dal comando.

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Esce dai locali della Maggiorità scende le scale che portano all’uscita dove ad attenderlo era il corpo di guardia schierato e pronto a ricevere il saluto militare.

Strinse la mano all’Ufficiale di picchetto, si avvicinò alla bandiera Italiana e quella del Reggimento baciando i nastri penzolanti della fiamma dorata della cima del bastone; e con gli occhi lacrimanti uscì dal portone dove quel portone lo vide entrare ed uscire per 15 mesi.

Il ritorno a casa

Assieme ad alcuni suoi congedanti, si avviarono verso la stazione ferroviaria e prendere il treno per Torino . Ancora un saluto e alle 21 e 30 salì nel convoglio diretto a Palermo. Dopo 24 ore di viaggio attraversando l’Italia arrivò nella stazione centrale della capitale della sua Sicilia.

Trascorse la notte in sala di attesa fino al mattino che; fatto colazione al bar uscì per andare nella piazzetta dove tra qualche ora era pronta la corriera e portarlo fino al suo paese di Polizzi Generosa.

Ma, mentre era in attesa nella piazza dove si fermavano le corriere per i vari paesi, passò un camion militare della Compagnia Duca di Aosta in stanza a Palermo carico di militari armati con destinazione un paese delle Madonne e a pochi chilometri da Polizzi. Dovevano andare a sostituire una squadra di soldati accampati nelle campagne di Petralia.

Il Sergente responsabile del carico fece fermare il mezzo e chiese al soldato ancora in divisa: “Dove devi andare soldato con la cravatta rossa? … Vuoi un passaggio?”

Il congedante rispose: “Buongiorno Sergente veramente dovrei prendere la corriera per Polizzi; il mio paese sono appena congedato e dovrei raggiungere i miei familiari”.

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Il Sergente: “Su! ... Salta sul camion dietro assieme ai soldati; perché passeremo proprio dal tuo paese … come ai detto che si chiama?” “Polizzi Generosa, Sergente!”

Accettato il passaggio salì sul cassone dove salutò una squadra di soldati seduti sulle panchine e con il telone verde rialzato a metà.

Ogni soldato aveva uno zaino e un fucile; il congedante aveva un sacco da campeggio e il congedo arrotolato sul taschino della camicia, il berretto era piegato a metà e infilato nella fessura tra la spallina e la camicia sopra la manica sinistra. “Se lo ha potuto permettere” non facendo più parte dell’Esercito e sottoposto a disciplina.

Non c’era l’autostrada Palermo-Catania

Il viaggio da Palermo fino al paese di Campofelice Roccella, andò “diciamo” bene; perché la strada era tutta in pianura asfaltata e che costeggiava il mare.

Quel mare tanto desiderato. Ma ... da Campofelice in poi la strada era in terra battuta che si inerpicava su per i monti Madoniti passando per altri paesi.

L’autista del camion doveva recuperare il tempo perso con il congedante e aveva fretta di arrivare al campo militare. Il caldo si faceva sentire, la polvere gialla della strada a causa del turbinìo entrava dietro al cassone e in parte veniva respirata dai soldati.

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La velocità, la polvere, le numerose curve e contro curve con tornanti improvvisi; quei 30 chilometri di percorso “maledetto” dell’entro terra sicula sono stati fatti odiosamente al limite della sofferenza umana.

Dette uno sguardo ai volti cerulei e quasi al vomito dei soldati, ma nessuno ebbe voglia di dire una parola: ( vorrei vedere in quelle condizioni?)

Superato il paese di Collesano e il borgo medievale di Scillato dove iniziano i monti delle Madonie: seconda catena montuosa della Sicilia.

Scillato (Foto: sicilia.indettaglio.it)

A Pinu, restavano 14 chilometri ancora di tortura stradale perché era si, tutta immersa nel verde della valle dei mulini polizzani (mulini ad acqua che macinavano il grano) ma, con tantissime curve e tornanti.

Il che!! ... Era un traballamento continuo che se avesse saputo prima un viaggio così disgraziato!! ...

Non l’avrebbe fatto neanche per un chilo di Oro zecchino: (allora si usava chiamarlo così,l’oro!)

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Finalmente!!

Il mezzo militare si fermò nella periferia di Polizzi al Carmine e vicino a brivatura (fontana con acqua corrente permanente e dove si dissetavano i muli quando lasciavano o rientravano i contadini e boscaioli dal lavoro nei campi.)

Pinu, salutò il Sergente con il suo seguito, avviandosi a piedi verso casa sua.

Flomaria dei Mulini, nella vallata dei noccioleti

All'incrocio del Vallone Santa Croce col torrente Rio Secco si snodano 13 mulini ad acqua risalenti al XII, XIV, XV secolo, come attestano gli atti notarili.

Alcuni ormai sono allo stato di ruderi, altri sono stati manomessi e si riconoscono soprattutto per le botti, qualche altro, ristrutturato, è diventato centro agrituristico.

Il mulino posto più in alto è Nuavu di Susu, da questa posizione è possibile scorgere, tra i noccioleti e la roverella, che ricoprono il pendìo, i mulini posti in basso: Nuavu di Jusu, Supranu, Turre, Granni, Du Spitale, S. Giuseppe, Da Via, Pitta, Purcarìa, Sciumazzu, Canzirìa, Sciumi Granni le cui denominazioni derivano dalla posizione occupata, dalla proprietà o dalla forma.

L'attività molitoria, favorita dall'abbondanza delle sorgenti, è stata per lunghi secoli il perno dell'economia locale ed ha influito sulla crescita culturale e sociale di questo importante centro demaniale. [da: www.polizzigenerosa.it]

Pinuzzu arrivavu, finivu u surdatu

Erano le ore 13 e 30 e una fame da lupo attanagliava lo stomaco vuoto. Giunto a casa, con il portone aperto entrò nella stanzetta dove rivide sua nonna Concetta intenta a filare la lana con il fusello di legno e il gomitolo tra le mani scarne dalla vecchiaia serena.

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Essa, notò una ombra avvicinasi, alzò lo sguardo e vide suo nipote tornato dalla vita militare.

Non potendosi alzare dalla sedia, si avvicinò Pinu per stringerla al petto salutandola affettuosa-mente: “Ciao nonna come stai? Hai visto che sono tornato?”

Tutti e quattro gli occhi, si inumidirono improvvisamente e la nonna Concetta ad alta voce chiamò le sue figlie: “Momò, Marì … Momò, Marì!...(Gandolfa e zia Maria).

Essi stavano infornando il pane casereccio; allora quasi tutte le famiglie faceva il pane in casa ogni 15 giorni.

Sentite le urla, le due figlie si avvicinarono e la nonna disse: “ Pinuzzu arrivavu, finivu u surdatu”. (Pino arrivò, ha finito di fare il militare).

Con i fullàr (fazzoletti di seta) annodati ai capelli si precipitarono sul loro ragazzo ancora in divisa salutandolo affettuosamente. Vollero che le raccontasse tutto; anche il viaggio.

Pinu le rispose: “Prima di tutto vorrèi mangiare qualcosa, poi vi racconterò (la via Crucis) che ho fatto nell’ultimo tratto di strada siciliana”.

Una parte di pane era già nel forno mentre altri pani lievitavano ancora le due massaie si premurarono a prenderne uno crudo e manipolarlo con acqua e olio di oliva. Lo resero più molle e fecero delle “schiacciate” (focacce) salate e condite con olio di oliva formaggio grattugiato stagionato e origano. Con l’altra metà fecero le focaccine fritte e zuccherate: “una vera bontà.”

Pinu sentì di nuovo il profumo e il sapore di casa sua e di quelle cose semplici e piacevoli. Non è stato un pranzo normale, bensì

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uno spuntino tappa fame: la cena venne fatta la sera perché tornavano dai lavori gli uomini di casa: papà zii e fratelli.

Intanto che assaporava le schiacciatine qualcosa le raccontò alle donne; mentre il resto delle vicissitudini le lasciò per la sera. Però arrivò anche la sera!! ...

E, con nove persone a tavola, mentre si mangiava la pasta con la salsa di pomodoro, lo spezzatino di carne di maiale e insalata verde accompagnato dal vino rosato prodotto dagli zii in particolar modo zio Rosario, si perché lui era il tecnocrate raffinato di casa. Pinu, raccontò parte delle sue avventure e disavventure degli anni passati.

Polizzi Generosa, la grande piazza con il monumento ai Caduti e i monti Madoniti

Tutti lo guardavano e lo sentivano parlare un poco in italiano e un poco in dialetto con momenti di gioia e momenti di commozione. Lo fecero sentire come uno che è venuto da tanto lontano e con

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tanta esperienza di vita vissuta tra le insidie, i tranelli e anche cose belle: perché no! ...

Porte del Parco delle Madonie

Unione dei Comuni di Polizzi Generosa e Castellana Sicula con l’obiettivo di razionalizzare i costi e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini attra-verso una gestione congiunta.

Straniero in patria

La serata durò a lungo, parlò solo lui; per una volta si sentì una persona importante, sicuro, sincero e con tante cose da dire: quelle tante cose che le sarebbero piaciute sentirle dire quando era più giovane e in’esperto da altre persone!! Invece no!..

Cosa vedono? What do they see?

Foto di Joe Cirina on a visit to Polizzi, emigratifotosicilia.com

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A quei tempi tutto era diverso, tutti tacevano, non cera un dialogo istruttivo, ma cera soltanto tanta povertà, miseria, cattiveria, sfottò e cretinate varie, tutti ingredienti per una pietanza disgustosa e cattiva. (Allora era così: che ci vuoi fare?)

La permanenza a Polizzi durò solo 15 giorni. I suoi amici non cerano più, tutti emigrati; chi, per l’alta Italia, chi per altri Stati Europei o America del nord.

Si trovò come un pesce fuori dall’acqua, tutto vedeva diverso, anche perché lui oramai aveva assimilato gran parte delle cose dell’Alta Italia.

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Giuseppe “Pinu” Albanese

Giuseppe Albanese, pasticcere, pittore, chitarrista e film maker, autodidatta, racconta se stesso senza pudori, in un italiano diretto, molto personale. Come nella scrittura tecnica il testo si caratterizza per chiarezza, concisione, organizzazione/ comprensività, lasciando all’ultimo posto la

grammatica e le convenzioni del così detto italiano corretto.

L’autobiografia copre gli ultimi quattro decenni del XX secolo: i favolosi anni ’60 che si concludono con le rivolte del 1968 e il primo allunaggio; gli anni ’70 del terrorismo; gli anni ’80 dell’autunno delle nazioni con la caduta del muro di Berlino; gli anni ’90 - alba dell'era dell'Informazione - che si concludono con la nascita di Google e l’introduzione dell’Euro.

Pinu nel 2001 si ritira dal lavoro; diciannovenne, il 12 novembre 1958, aveva lasciato la natia Polizzi Generosa nel parco delle Madonie, in provincia di Palermo, Sicilia, per realizzare un sogno professionale e di vita nel profondo nord, in Valle d’Aosta alle pendici del Monte Bianco.

Link

Associazione Nazionale “Cacciatori delle Alpi”

www.associazionenazionalecacciatoridellealpi.it/start.aspx

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