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Introduzione ai Segnali Aleatori Ernesto Conte 9 marzo 2007

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Introduzione ai Segnali Aleatori

Ernesto Conte

9 marzo 2007

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Indice

1 Segnali aleatori 11.1 Segnali aleatori: definizione e classificazione . . . . . . . . . . . . . 11.2 Caratterizzazione statistica di segnali aleatori . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.1 Caratterizzazione di i-esimo ordine . . . . . . . . . . . . . . 31.2.2 Caratterizzazione sintetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.3 Segnali aleatori stazionari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.4 Caratterizzazione congiunta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141.5 Processi complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.6 Processi gaussiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161.7 Ergodicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.8 Caratterizzazione energetica dei segnali . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.8.1 Segnali di energia e di potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.8.2 Densita spettrali di energia e di potenza . . . . . . . . . . . . 221.8.3 Segnali PAM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

1.9 Legami Ingresso Uscita per sistemi LTI . . . . . . . . . . . . . . . . 341.9.1 Analisi dei sistemi LTI nel dominio del tempo . . . . . . . . . 351.9.2 Legami ingresso uscita per le PSD . . . . . . . . . . . . . . . 39

1.10 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

iii

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Capitolo 1

Segnali aleatori1.1 Segnali aleatori: definizione e classificazione

Un segnale aleatorio (s.a.) X(t) e una famiglia di v.a.

X(t), t ∈ T

con insieme di indici T, tutte definite sullo stesso spazio campione Ω,E, P.L’insieme degli indici T e usualmente denominato insieme dei tempi, essendo que-

sto il caso piu comune; conseguentemente, se T e discreto, tipicamente in tal caso

T = N o T = Z, il s.a. si dice a tempo discreto; analogamente, si dice a tempo conti-

nuo se T e continuo e, in tal caso, di norma, T = R o T = R+ = [0,+∞). I segnali

a tempo discreto sono pertanto le successioni di v.a. e, nel caso particolare di insieme

dei tempi finito, cioe:

T = Nn , 1, 2, . . . nil s.a. si riduce ad ve.a.. Inoltre, se l’insieme dei tempi e non negativo (N o R+) il

segnale e detto monolatero, altrimenti esso e bilatero.

I s.a., oltre che con riferimento all’insieme dei tempi, si classificano anche sulla

scorta del tipo di v.a. che lo costituiscono: precisamente X(t), t ∈ T si dice ad

ampiezza discreta se i suoi campioni sono v.a. discrete, mentre si dice ad ampiezza

continua, o analogico, se i suoi campioni sono v.a. continue.

Se, fissato ω ∈ Ω, si considerano tulle le determinazioni delle v.a. X(t), t ∈T si ha una funzione reale del tempo, diciamola x(t): tale funzione e denominata

realizzazione, o determinazione o funzione membro, del s.a. X(t). In altri termini il

s.a. puo anche essere definito come la corrispondenza

X : ω ∈ Ω −→ x(t) ∈ RT

ove RT denota l’insieme di tutte le funzioni reali definite in T 1. Infine, fissato ω ∈ Ω e

1Piu in generale, considerati due insiemi A e B con BA si denota l’insieme di tutte le funzioni definitein A ed a valori in B

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-t

ω1

ω2

t1t2

x(t, ω)6

ω

Figura 1.1: Rappresentazione grafica di un segnale aleatorio.

t ∈ T, si ha un numero reale: in altri termini il s.a. e una funzione di due variabili una

ω ∈ Ω e l’altra t ∈ T, cioe:

X : (ω, t) ∈ Ω× T −→ x(t) ∈ R

In conclusione un s.a. puo essere riguardato come un insieme di funzioni del tempo

o come una famiglia di v.a.; in ogni caso va tenuto presente che la notazione X(t) puo

avere quattro diversi significati e cioe (fig. 1.1):

• una famiglia di funzioni del tempo ovvero una famiglia di v.a. (t e ω variabili),

cioe il segnale aleatorio;

• una singola funzione del tempo (t variabile e ω fissato); cioe una funzione

membro del segnale aleatorio;

• una variabile aleatoria (t fissato e ω variabile);

• un semplice numero (t e ω fissati);

l’effettiva interpretazione di X(t) va dedotta di volta in volta dal contesto.

Esempio 1 Generatore di forme d’onda.

Si consideri lo spazio campione

Ω = Nn , 1, 2, . . . n

con la legge di probabilita definita dall’equiprobabilita degli eventi elementari; allora

X : k ∈ Ω −→ xk(t) ∈ RR (1.1)

ove xk(t), k = 1, 2, . . . n, sono n funzioni del tempo e un segnale X(t) aleatorio

tempo continuo, bilatero, ed ad ampiezza discreta. J

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Esempio 2 Sinusoide a fase uniforme

Sia Ω = [0, 2π) con legge di probabilita uniforme (la probabilita di un sotto-intervallo

di [0, 2π) e proporzionale alla lunghezza dell’intervallo); allora

X : θ ∈ Ω −→ A cos[2πf0t + θ] ∈ RR (1.2)

e un segnale aleatorio X(t) tempo continuo, bilatero, ed ad ampiezza continua. J

Esempio 3 n−sima cifra frazionaria della rappresentazione binaria di x ∈ [0, 1)

Sia Ω = [0, 1) con legge di probabilita uniforme (la probabilita di un

sotto-intervallo di [0, 1) e proporzionale alla lunghezza dell’intervallo); allora

X : (x, n) ∈ Ω× N −→

n− sima cifra frazionaria dellarappresentazione binaria di x ∈ [0, 1)

(1.3)

e un segnale aleatorio tempo discreto, monolatero, ed ad ampiezza continua, ovvero e

una successione di v.a. binarie. J

1.2 Caratterizzazione statistica di segnali aleatori

1.2.1 Caratterizzazione di i-esimo ordine

L’interpretazione di un s.a. come famiglia di v.a. e particolarmente utile nel definirne la

caratterizzazione probabilistica. Infatti questa consiste nell’assegnare la distribuzione

di probabilita (in alternativa CDF, pdf o pmf ) di ordine i PX(t1)X(t2)···X(ti)(·), del

ve.a.

Xti≡ Xt ≡ X ≡

X(t1)X(t2)

...X(ti)

, (1.4)

ottenuto campionando il s.a. X(t), comunque si scelgano gli i istanti di campionamen-

to

ti ≡ t ,

t1t2...ti

∈ T (1.5)

e per ogni valore di i ∈ N. Si noti che la notazione Xtievidenzia la dipendenza

del ve.a. dagli i istanti di tempo e da i stesso. Tuttavia, nel seguito, quando non e

necessario sottolineare tali dipendenze si utilizzeranno le notazioni semplificate Xt o

X. Considerazioni analoghe valgono per ti e t

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In altri termini, un s.a. si caratterizza se si assegna la caratterizzazione dei vettori

di dimensione finita, ma arbitraria, comunque estratti dal s.a.. Ad esempio, supposto,

per fissare le idee, il segnale ad ampiezza continua occorre assegnare la successione di

pdf congiunte:

fXti

(x; t) ≡ fX(t1),X(t2)...X(ti)(x1, x2, . . . , xi; t1, t2, . . . ti)

i∈N(1.6)

ove

x =

x1

x2

...xi

∈ R

i (1.7)

e il vettore dei valori che il ve.a. dei campioni considerati (1.4) puo assumere. Notiamo

esplicitamente che la notazione utilizzata evidenzia che la pdf congiunta di ordine i del

s.a. X(t) dipende anche dagli i istanti di tempo considerati, come del resto e ovvio in

quanto al variare di tali istanti si ottiene un diverso ve.a..

Se e assegnato lo spazio di probabilita Ω,E, P (·) ed il s.a. X(t) allora, almeno

in linea di principio, si possono calcolare le distribuzioni di probabilita del vettore dei

campioni (1.4) comunque lo si scelga.

Esempio 4 n−sima cifra frazionaria della rappresentazione binaria di x ∈ [0, 1)

Si riprenda in esame il processo X(n) dell’esempio 3: iniziamo col determinare

la pmf del primo ordine, di X(1) cioe della prima cifra frazionaria. Dalla definizio-

ne di tale s.a. segue immediatamente che X(1), e piu in generale X(n), e una v.a.

bernoulliana; inoltre si ha:

P (X(1) = j) =

P (x ∈ [0, 1) : x ∈ [0, 0.5)) = 1

2 se j = 0

P (x ∈ [0, 1) : x ∈ [0.5, 1)) = 12 se j = 1

per cui in definitiva risulta:

X(1) ∼ B

(1,

1

2

)

Analogamente si calcola la distribuzione di X(n); precisamente si ha:

P (X(n) = j) =

P (x ∈ [0, 1) : x ∈ A0) = 1

2 se j = 0

P (x ∈ [0, 1) : x ∈ A1) = 12 se j = 1

ove:

A0 = [0, 12n ) ∪ [ 2

2n , 32n ) ∪ · · · ∪ [ 2

n−2

2n , 2n−1

2n )

A1 = [ 12n , 2

2n ) ∪ [ 32n , 4

2n ) ∪ · · · ∪ [ 2n−1

2n , 1)

4

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In altri termini l’evento X(n) = j e la probabilita che X(n) assuma valori nel plu-

rintervallo Aj che, indipendentemente da j e da n, ha lunghezza 12 e quindi probabilita

12 . Pertanto la pmf del prim’ordine e:

pX(n)(x) =1

2x ∈ 0, 1

ovvero sinteticamente:

X(n) ∼ B

(1,

1

2

)∀n ∈ N

Si noti che per il s.a. in esame la pmf del 1o ordine non dipende dall’istante di

tempo considerato: in altri termini i campioni del segnale sono v.a. identicamente

distribuite.

Per la caratterizzazione di ordine superiore occorre valutare probabilita congiunte

del tipo:

P (X(n1) = j1 ∩ X(n2) = j2 ∩ · · · ∩ X(ni) = ji)

A tal fine, per fissare le idee, valutiamo la

P (X(1) = 1 ∩ X(2) = 0 ∩ X(3) = 1)

Come e immediato verificare risulta:

P (X(1) = 1 ∩ X(2) = 0) = 14

P (X(1) = 1 ∩ X(2) = 0 ∩ X(3) = 1) = 18

Poiche inoltre

P (X(1) = 1) =1

2P (X(2) = 0) =

1

2P (X(3) = 1) =

1

2

gli eventi considerati sono statisticamente indipendenti. Con considerazioni analoghe

e possibile dimostrare che comunque si estraggano v.a. dal processo in esame que-

ste risultano statisticamente indipendenti. Conseguentemente la pmf congiunta di i

campioni e data semplicemente dal prodotto delle i pmf marginali; in altri termini si

ha:pX(n1),X(n2)···X(ni)(j1, j2 · · · ji;n1, n2, · · ·ni) =

i∏

k=1

pX(nk)(jk;nk) =1

2i

(1.8)

Si noti che la pmf congiunta dipende solo dal numero i di campioni considerati

idipendentemente dagli istanti in cui tali campioni sono presi, J

Riguardare un s.a. come una famiglia di segnali deterministici risulta particolar-

mente utile se e possibile fornire un’espressione analitica del s.a. in termini di una o

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piu v.a.: tale, ad esempio, e il caso della sinusoide a fase aleatoria dell’esempio 2, che

puo, equivalente, essere definita in modo come segue:

X(t) = A cos[2πf0t + Θ] , Θ ∼ U(0, 2π) (1.9)

Piu in generale per tale tipo di segnali, detti anche segnali a parametri aleatori, si ha

X(t) = g(t;Y) ove Y e un ve.a. di assegnata pdf congiunta. In questo caso la carat-

terizzazione probabilistica del segnale aleatorio puo ottenersi da quella dei parametri

con le tecniche di trasformazioni di ve.a.

Non sempre i s.a. sono assegnati a partire dallo spazio di probabilita che sotten-

dono: infatti possono essere assegnati direttamente dando una famiglia di distribuzio-

ne di probabilita consistente. Invero sussiste il seguente teorema che ci limitiamo ad

enunciare:

Teorema di estensione di Kolmogorov: Assegnata una famiglia consistente di distri-

buzioni (CDF, pdf o pmf ) di ordine i PX(t1)X(t2)···X(ti)(·), comunque scelto i ∈ N

e comunque scelti gli istanti di tempo t1, t2, · · · ti ∈ T, esiste un processo aleatorio

consistente con tale famiglia.

Esempio 5 Processo di Bernoulli

Un processo di Bernoulli e una successione di v.a. binarie iid

X(n) ∼ B(1, p), ∀n ∈ T

ed e quindi un s.a. tempo discreto ed ad ampiezza discreta; inoltre X(n) e un processo

di Bernoulli monolatero se T = N, mentre e bilatero se T = Z.

Considerati i campioni consecutivi del processo:

X =

X(k)X(k + 1)

...X(k + i− 1)

,

posto

x =

x0

x1

...xi−1

∈ 0, 1i

la loro pmf congiunta vale:

pX(x; i) =

j=i−1∏

j=0

[pxj (1− p)1−xj

]= pw(x)(1− p)i−w(x)

ove w(x) ,

j=i−1∑

j=0

xi

(1.10)

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Come e immediato verificare, la successione di tali pmf e consistente: pertanto essa, a

norma del Teorema di Kolmogorov, definisce un segnale aleatorio.

Si osservi che la pmf congiunta dipende dal numero i dei campioni considerati,

ma non dall’istante iniziale k. Inoltre, aver considerato i campioni consecutivi non e

limitativo perche la pmf congiunta dei campioni, per l’indipendenza e data dal pro-

dotto delle pmf marginali dei singoli campioni; inoltre, essendo le v.a. identicamente

distribuite, tale pmf marginale non dipende dagli istanti di tempo in cui i campioni so-

no presi. In conclusione la pmf congiunta e data in ogni caso dalla (1.10), ove X e il

vettore di i campioni comunque scelti.

Tipicamente un processo di Bernoulli e associato ad un esperimento aleatorio con-

sistente in una serie infinita di prove relative al verificarsi o meno di un evento E nella

generica prova; ogni prova puo, quindi, avere due esiti, convenzionalmente denominati

successo S ed insuccesso I. Le successive prove sono indipendenti e sono effettuate

sotto identiche condizioni, la probabilita di successo in una generica prova e p, la pro-

babilita di insuccesso e q = 1 − p. Ad esempio, se l’esperimento e una serie di lanci

di una moneta ben bilanciata allora p = q = 0.5; se l’esperimento e l’osservazione del

comportamento delle autovetture a un dato bivio assumendo come successo la svolta a

destra, e se si osserva che la percentuale di autovetture che svoltano a destra nel lungo

termine e 62% allora p = 0.62; se l’esperimento consiste nell’osservare la n-sima cifra

frazionaria di un numero reale x scelto a caso in [0, 1) allora p = q = 0.5. All’espe-

rimento e associato un segnale X(n) nel seguente modo: X(n) = 1 se nell’ennesima

prova si e avuto un successo, altrimenti X(n) = 0, in altri termini X(n) e l’indica-

tore dell’evento E relativamente all’ n-sima prova: il segnale che cosı si ottiene e un

processo di Bernoulli.

Notiamo esplicitamente che il processo di Bernoulli assegnato direttamente descri-

ve svariati esperimenti tutti pero riconducibili allo schema precedentemente delineato

(processi aleatori equivalenti). J

Esempio 6 Successioni di v.a. indipendenti

Si osservi che la proprieta fondamentale del processo di Bernoulli, e cioe la possibi-

lita di caratterizzare il segnale aleatorio a partire dalla caratterizzazione del singolo

campione, deriva dall’indipendenza statistica dei suoi campioni e quindi vale, mutatis

mutandis, piu in generale per le successioni di v.a. indipendenti. Supposto, ad esempio,

il segnale ad ampiezza continua la pdf congiunta di ordine i e data da:

fX(n1),X(n2)...X(ni)(x1, x2, . . . , xi;n1, n2, . . . ni) == fX(n1)(x1;n1)fX(n2)(x2;n2) · · · fX(ni)(xi;ni)

(1.11)

Notiamo esplicitamente che, come evidenzia la notazione utilizzata, la pdf dipende non

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solo dalle i variabili reali x1, x2, . . . xi, ma anche dagli i istanti temporali, congruente-

mente con quanto visto in generale per un qualunque s.a.

Se le v.a. della successione oltre ad essere indipendenti sono anche identicamente

distribuite (successioni di v.a. iid) allora la pdf marginale del singolo campione non

dipende dal tempo, dovendo essere sempre la stessa per un qualunque valore dell’indice

della successione; conseguentemente anche la pdf congiunta non dipende dagli istanti

di tempo considerati. J

1.2.2 Caratterizzazione sintetica

Non sempre e disponibile la caratterizzazione completa, o per lo meno quella di ordi-

ne i, di un segnale aleatorio; inoltre in diversi problemi la caratterizzazione completa

del segnale non e necessaria: in tali situazioni, si puo far ricorso ad una caratteriz-

zazione sintetica dello stesso, cioe in termini di alcune funzioni che ne descrivono il

comportamento medio.

La prima di tali funzioni e la media statistica µX(·) del segnale X(·), cioe la

funzione:

µX(t) = E[X(t)] t ∈ T

in altri termini la media del processo e la media statistica della v.a. X(t) in funzione

dell’istante di campionamento t ∈ T.

Analogamente si definiscono il valor quadratico medio X2(·) (o valore m.s.), il

valore efficace (o valore rms) Xrms(·) e la varianza σ2X(·) di X(·)

X2(t) = E[X2(t)] Xrms(t) =√

E[X2(t)]t ∈ T

σ2X(t) = Var[X(t)] = E[X(t)− µX(t)]2

Tali grandezze, come e immediato verificare, sono legate tra loro dalla relazione:

σ2X(t) = Var[X(t)] = X2(t)− µ2

X(t)

La correlazione fra le v.a. X(t) e X(s), considerata come funzione di t ∈ T e s ∈ T, e

la funzione di autocorrelazione (acorf ) in tempo-tempo del segnale X(t)

rXX(t, s) = E[X(t)X(s)] t, s ∈ T (1.12)

Nel caso di sequenze, si preferisce utilizzare i simboli n e k per denotare i due istanti

considerati, per cui la funzione di autocorrelazione in tempo-tempo e

rXX(n, k) = E[X(n)X(k)] n, k ∈ T (T = N o T = Z)

La funzione di autocorrelazione rXX(t, s) gode delle seguenti proprieta:

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P1. Il valore per t = s e il valore m.s. del segnale, cioe

rXX(t, t) = X2(t)

P2. La funzione di autocorrelazione al quadrato e maggiorata dal prodotto dei valori

m.s. , cioe

r2XX(t, s) ≤ rXX(t, t)rXX(s, s)

conseguentemente e limitata se il valore ms e limitato.

P3. La funzione di autocorrelazione e simmetrica, cioe:

rXX(t, s) = rXX(s, t)

P4. La funzione di autocorrelazione e definita non negativa, cioe comunque si scelgano

n istanti di tempo t1, t2, . . . , ti e per ogni i ∈ N la matrice:

RX =

∥∥∥∥∥∥∥∥∥

rXX(t1, t1) rXX(t1, t2) . . . rXX(t1, ti)rXX(t2, t1) rXX(t2, t2) . . . rXX(t2, ti)

...... . . .

...rXX(ti, t1) rXX(ti, t2) . . . rXX(ti, ti)

∥∥∥∥∥∥∥∥∥

e definita non negativa.

Le proprieta P1 e P3 seguono banalmente dalla definizione (1.12) della funzione di

autocorrelazione; mentre la P3 e la disuguaglianza di Schwarz per variabili aleatorie.

Per quanto concerne la P4, e sufficiente osservare che RX e la matrice di correlazione

del ve.a. (1.4) cioe del vettore degli n campioni del processo X(t) e quindi, come tutte

le matrici di correlazione, e definita non negativa.

La covarianza tra due campioni del segnale aleatorio definisce, al variare degli

istanti di campionamento, la funzione di autocovarianza (a.cov.f); precisamente si ha

cXX(t, s) = Cov[X(t), X(s)] = E[X(t)− µX(t)][X(s)− µX(s)]

per segnali a tempo continuo; per segnali a tempo discreto si preferisce la notazione:

cXX(n, k) = Cov[X(n), X(k)] = E[X(n)− µX(n)][X(k)− µX(k)]

In altri termini la funzione di autocovarianza del processo X(·) e la funzione di

autocorrelazione del processo centrato

Xa(·) = X(·)− µX(·)

e quindi gode delle stesse proprieta della funzione di autocorrelazione; inoltre tali

funzioni sono legate dalla relazione:

rXX(t, s) = cXX(t, s) + µX(t)µX(s) rXX(n, k) = cXX(n, k) + µX(n)µX(k)

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Esempio 7 Successioni di v.a. indipendenti]

Iniziamo col considerare una successione X(n) di v.a. iid. Poiche, come precedente-

mente osservato, la caratterizzazione del segnale non dipende dal tempo, media, valore

rms e varianza del processo sono anch’essi indipendenti dal tempo, cioe:

µX(n) = µX Xrms(n) = Xrms σ2X(n) = σ2

X (1.13)

ove µX , Xrms e σ2X sono, rispettivamente, media, valore rms e varianza della v.a. X(n).

In particolare se le v.a. sono binarie, cioe X(n) e un processo di Bernoulli, come e

immediato verificare, risulta:

µX(n) = p Xrms(n) =√

p σ2X(n) = p(1− p) = pq

Il calcolo dell’autocorrelazione di una successione di v.a. iid e immediato grazie

all’indipendenza, e quindi incorrelazione, tra i suoi campioni:

rXX(n, k) = E[X(n)X(k)] =

E[X2(n)] = X2

rms = σ2X + µ2

X n = k

E[X(n)]E[X(k)] = µ2X n 6= k

o equivalentemente:

rXX(n, k) = µ2X + σ2

Xδ(n− k) (1.14)

Conseguentemente l’autocovarianza di una successione di v.a. iid vale:

cXX(n, k) = σ2Xδ(n− k) (1.15)

in altri termini una qualunque sucessione di v.a. iid ha una funzione di autocovarianza

impulsiva. Si noti che la (1.15) afferma semplicemente che, essendo i campioni del

processo indipendenti, essi sono anche incorrelati, purche distinti (n 6= k).

Risultati analoghi sussistono per successioni di v.a. indipendenti, ma non necessa-

riamente identicamente distribuite. Invero, in questo caso, media, valore rms e varianza

del processo sono funzione dell’istante considerato. Analogamente autocorrelazione ed

autocovarianza hanno espressioni simili; precisamente si ha:

rXX(n, k) = µ2X(n) + σ2

X(n)δ(n− k) (1.16)

Conseguentemente l’autocovarianza di una successione di v.a. indipendente vale

cXX(n, k) = σ2X(n)δ(n− k) (1.17)

Pertanto la funzione di autocovarianza e ancora impulsiva, in quanto, essendo i cam-

pioni del processo indipendenti, essi sono anche incorrelati, purche distinti (n 6= k),

ma la sua ampiezza dipende, in questo caso, dall’istante n. J

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Esempio 8 Sinusoide a fase uniforme.

La media di una sinusoide a fase uniforme (1.9) si valuta semplicemente col

Teorema fondamentale per il calcolo della media: precisamente si ha:

µX(t) = E[A cos(2πf0t + Θ)] =

∫ 2π

0

A cos(2πf0t + α)1

2πdα = 0

Analogamente si calcola il valore ms, coincidente con la varianza:

X2(t) = σ2X(t) = E

[A2 cos2(2πf0t + Θ)

]=

= 12A2 + E

[12A2 cos(4πf0t + 2Θ)

]= 1

2A2

Per quanto riguarda la funzione di autocorelazione, coincidente con la funzione di

autocovarianza essendo la media nulla, si ha:

rXX(t, s) = E [A cos(2πf0t + Θ)A cos(2πf0s + Θ)] =

= 12A2 cos[2πf0(t− s)] + E

[12A2 cos(2πf0(t + s) + 2Θ)

]

= 12A2 cos([2πf0(t− s)]

da cui, in definitiva, risulta:

rXX(t, s) =1

2A2 cos([2πf0(t− s)] (1.18)

Si noti che la funzione di autocorrelazione non dipende singolarmente dai due

istanti di tempo t ed s, ma solo dalla loro differenza τ = t− s. J

Spesso nel definire le funzioni di autocorrelazione e di autocovarianza anzicche

utilizzare come variabili indipendenti i due istanti temporali si preferisce far riferimento

al ritardo. Precisamente la funzione di autocorrelazione in tempo-ritardo e definita da:

rXX(t, τ) = E[X(t)X(t− τ)] rXX(n,m) = E[X(n)X(n−m)]

In modo analogo si possono definire le funzioni di autocovarianza in tempo-ritardo.

Si osservi che con abuso di notazione sia l’autocorrelazione in tempo-tempo che

quella in tempo-ritardo vengono denotate con lo stesso simbolo rXX(·, ·); pertanto

la distinguibilita delle due funzioni e affidata esclusivamente ai simboli utilizzati per

denotare i due istanti di tempo (t ed s nel caso di segnali a tempo continuo e rispetti-

vamente n e k per le sequenze) ovvero il tempo ed il ritardo (t e τ nel caso di segnali

a tempo continuo e rispettivamente n e m per le sequenze): pertanto, tali variabili

temporali non sono variabili mute.

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1.3 Segnali aleatori stazionari

Come precedentemente osservato, le varie caratterizzazioni probabilistiche prima in-

trodotte dipendendono dagli istanti di tempo considerati; cosı ad esempio la pdf con-

giunta di ordine i (1.6) e funzione degli i valori che i campioni del s.a. possono assu-

mere, ma anche degli i istanti temporali. Se le varie caratterizzazioni di un s.a., almeno

in qualche misura, non sono affette dalla scelta dell’origine dei tempi, il segnale si dice

stazionario. Tuttavia occorre precisare questo concetto perche esistono diversi livelli

di stazionarieta.

Un segnale X(t), t ∈ T si dice stazionario in senso stretto, o semplicemente stazio-

nario, se i due segnali X(t) e X(t−T ) hanno la stessa caratterizzazione; la traslazione

T e arbitraria, ma l’istante t − T deve appartenere a T per qualsiasi t; in altri termini

deve aversi:

T : t− T ∈ T ∀ t (1.19)

Nel seguito riterremo sempre soddisfatte la condizione precedente anche se non lo

ricorderemo esplicitamente, nel senso che le traslazioni sono arbitrarie, ma devono

sempre dar luogo ad istanti di tempo appartenenti a T. Si noti che la condizione (1.19)

e sicuramente soddisfatta nel caso di s.a. bilateri (T = R o T = Z).

Sono, ad esempio, stazionari le successioni di v.a. iid: invero la loro caratterizza-

zione di ordine i (1.6) non dipende dal tempo ed e quindi invariante per traslazioni per

ogni i.

La caratterizzazione da prendere in considerazione per la stazionarieta in senso

stretto e quella di ordine comunque elevato. Poiche spesso per molti scopi e sufficien-

te la caratterizzazione del primo o del secondo ordine ha interesse definire anche la

stazionarieta di ordine i.

Un segnale X(t) si dice stazionario di ordine i se i segnali aleatori X(t) e X(t−T )

hanno la stessa caratterizzazione dell’i-esimo ordine. Si noti che se un s.a. e stazionario

di ordine i allora e possibile dimostrare che esso e anche stazionario di ordine k, ∀k ≤i. In particolare, se un segnale e stazionario almeno del primo ordine, supposto, per

fissare le idee il segnale ad ampiezza continua, risulta:

fX(t)(x; t) = fX(t−T )(x; t− T ) = fx(x) indipendente da t

quindi i suoi campioni sono v.a. identicamente distribuite; in tal caso, necessariamente:

µX(t) = µX indipendente da t (1.20)

cioe la media e indipendente dal tempo (piu in generale lo sono tutti i momenti della

v.a. X(t)).

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Analogamente, se un segnale e stazionario almeno del secondo ordine allora si ha:

fX(t1),X(t2)(x1, x2; t1, t2) = fX(t1−T ),X(t2−T )(x1, x2; t1 − T, t2 − T )= fX(t1−t2),X(0)(x1, x2; t1 − t2, 0)

(1.21)

e quindi la pdf del secondo ordine e funzione solo della differenza τ = t1 − t2. Ne

segue che anche le funzioni di autocorrelazione e di autocovarianza dipendono soltanto

dalla differenza τ :

rXX(t1, t2) = rXX(t1 − t2, 0) , rXX(τ)

cXX(t1, t2) = cXX(t1 − t2, 0) , cXX(τ)(1.22)

In molti casi, quando e sufficiente la caratterizzazione globale del segnale (cioe media

e autocorrelazione), siamo interessati soltanto al verificarsi della (1.20) e della (1.22);

cio conduce ad una forma piu debole di stazionarieta. Un segnale si dice stazionario in

senso lato (SSL o WSS) se la media e costante nel tempo (1.20) e l’autocorrelazione

o l’autocovarianza dipende soltanto dalla differenza tra i due istanti di tempo (1.22),

cioe dal ritardo τ . Ad esempio, la sinusoide a fase uniforme considerata nell’esempio

8, la cui media e nulla e la cui acf e data da (1.18), e SSL. Si osservi che, proprio per-

che spesso l’ipotesi di stazionarieta in senso lato e soddisfatta, nel definire le funzioni

di autocorrelazione e di autocovarianza si preferisce far riferimento alla funzione di

autocorrelazione in tempo-ritardo anziche a quella in tempo-tempo.

Nel definire i vari tipi di stazionarieta le traslazioni considerate sono arbitrarie. Se

invece ci si limita a considerare solo traslazioni del tipo T = kT0 con k ∈ Z, cioe

traslazioni tutte multiple intere di un periodo fondamentale T0 purche ammissibili, si

ha la cosı detta ciclostazionarieta.

Precisamente X(t) e ciclostazionario di ordine i se i due segnali X(t) e X(t−kT0)

hanno la stessa caratterizzazione di ordine i per ogni k: in altri termini la pdf (rispet-

tivamente pmf ) congiunta di ordine i (e quindi a nche quelle di ordine inferiore) e

funzione periodica di periodo T0. Un segnale si dice poi ciclostazionario se e ciclosta-

zionario di ordine i per ogni i. Ad esempio, la sinusoide a fase uniforme (esempio2),

come e immediato verificare, e ciclostazionaria di periodo T0 = 1|f0|

. Infine un s.a. si

dice ciclostazionario in senso lato se:

• la media del segnale e periodica di periodo T0;

• la funzione di autocorrelazione in tempo-tempo e funzione periodica di periodo

T0 nel senso che si ha:

rXX(t + kT0, s + kT0) = rXX(t, s), ∀t, s ∈ T e ∀k ∈ Z

o, equivalentemente la funzione di correlazione in tempo-ritardo soddisfa la

condizione:

rXX(t + kT0, τ) = rXX(t, τ), ∀t, t− τ ∈ T e ∀k ∈ Z

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Notiamo infine che spesso la ciclostazionarieta, come illustrato dall’esempio della

sinusoide a fase uniforme, traduce una periodicita intrinseca del segnale.

1.4 Caratterizzazione congiunta

Spesso occorre considerare piu di un segnale aleatorio. In tal caso, in aggiunta alla

caratterizzazione statistica dei singoli segnali, occorre anche precisare in che termini

i processi si influenzino statisticamente l’un l’altro. Facendo riferimento per sempli-

cita al caso di due soli segnali, supposti a tempo continuo, diciamoli X(t) e Y (t), la

caratterizzazione completa congiunta richiede la specificazione della CDF (in alterna-

tiva pdf o pmf a seconda che si tratti di segnali ad ampiezza continua o discreta) di un

numero arbitrario di campioni comunque scelti sia su X(t) che su Y (t).

Per quanto concerne la caratterizzazione sintetica oltre a fornire medie e funzioni di

autocorrelazione dei singoli segnali, occorre anche specificare il momento congiunto:

rXY (t, s) = E[X(t)Y (s)]

che prende il nome di funzione di mutua correlazione in tempo-tempo di X(t) e Y (t).

Tale funzione dipende dall’ordine con cui sono considerati i processi, ma la funzione

di mutua correlazione tra Y (t) e X(t) e legata a quella tra X(t) e Y (t) dall’ovvia

relazione di simmetria:

rY X(t, s) = rXY (s, t)

In alternativa si puo considerare la funzione di mutua correlazione in tempo-ritardo:

rXY (t, τ) = E[X(t)Y (t− τ)]

Analogamente si possono introdurre la funzione di mutua covarianza in tempo-tempo

cXY (t, s) = E[X(t)− µX(t)][Y (s)− µY (s)]

e la funzione di mutua covarianza in tempo-ritardo

cXY (t, τ) = E[X(t)− µX(t)][Y (t− τ)− µY (t− τ)]

Anche il concetto di stazionarieta puo essere esteso a coppie di segnali aleatori in modo

ovvio. Ci limitiamo a considerare esplicitamente solo la stazionarieta in senso lato:

due segnali aleatori, X(t) e Y (t), si dicono congiuntamente stazionari in senso lato se

X(t) e Y (t) sono singolarmente SSL e se inoltre la loro funzione di mutua correlazione

(equivalentemente la funzione di mutua covarianza) dipende solo dal ritardo, cioe:

rXY (t, τ) = rXY (τ)

Osserviamo infine che quanto esposto con riferimento ai segnali a tempo continuo vale

anche mutatis mutandis per le sequenze.

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1.5 Processi complessi

E utile prendere in esame anche processi complessi:

Z(t) = X(t) + jY (t)

la cui caratterizzazione statistica equivale a caratterizzare congiuntamente la sua parte

reale X(t) ed il coefficiente dell’immaginario Y (t).

Per quanto concerne la caratterizzazione sintetica ci si limita spesso a considerare

la media del processo complesso:

µZ(t) = µX(t) + jµY (t)

e la funzione di autocorrelazione in tempo-tempo:

rZZ(t, s) = E[Z(t)Z∗(s)]

o la funzione di autocorrelazione in tempo-ritardo:

rZZ(t, τ) = E[Z(t)Z∗(t− τ)]

Ora, assegnare la media del processo complesso e equivalente ad assegnare la media

della parte reale e del coefficiente dell’immaginario; ma assegnare l’autocorrelazione

rZ(·, ·) non e in generale equivalente ad assegnare l’autocorrelazione rXX(·, ·) della

parte reale e quella rY (·, ·) della parte immaginaria, nonche le loro mutue correlazioni

rXY (·, ·) e rY X(·, ·). All’uopo occorre anche specificare il momento congiunto:

RZZ(t, s) = E[Z(t)Z(s)]

Infatti, come e facile verificare, specificare la rZZ(·, ·) e la RZZ(·, ·) e equivalente a

specificare rXX(·, ·), rY Y (·, ·), rXY (·, ·) e la rY X(·, ·) e viceversa. Tuttavia spesso la

RZZ(·, ·) non viene presa esplicitamente in considerazione in quanto, per la maggior

parte dei processi di interesse, essa e identicamente nulla.

Qualora si considerino due (o piu) processi complessi, diciamoli Z(t) e V (t),

occorre introdurre la funzione di mutua-correlazione in tempo-tempo:

rZV (t, s) = E[Z(t)V ∗(s)]

o la funzione di mutua-correlazione in tempo-ritardo:

rZV (t, τ) = E[Z(t)V ∗(t− τ)]

Nel considerare i processi complessi si e fatto riferimento alle funzioni di auto e mutua

correlazione nonche alle forme d’onda: in modo ovvio si introducono anche le funzione

di auto e mutua covarianza e si estendono tali definizioni alle sequenze.

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Osserviamo che la funzione di mutua correlazione compare naturalmente quando

si combinano tra loro piu segnali. Ad esempio, l’autocorrelazione del segnale somma

Z(t) = X(t) + Y (t) e data da:

rZZ(t, s) = rXX(t, s) + rY Y (t, s) + rXY (t, s) + rY X(t, s)

Quindi l’incoerenza dei due segnali, cioe il soddisfacimento della

rXY (t, s) = 0 ∀ t, s ∈ T (1.23)

e condizione sufficiente per l’additivita della funzione di autocorrelazione.

1.6 Processi gaussiani

Un categoria di processi la cui caratterizzazione statistica e molto semplice e quella dei

processi gaussiani, per i quali la pdf congiunta di ordine comunque elevato si ricava

dalla media e dalla funzione di autocovarianza.

Ricordiamo innanzitutto che N variabili aleatorie reali (rispettivamente un vettore)

X =

X(0)X(1)

...X(N − 1)

si dicono congiuntamente gaussiane se la loro pdf congiunta e:

fX(u0, u1, · · · , uN−1) = fX(u) == 1√

(2π)N |C|exp

[− 1

2 (u−µ)TC

−1(u−µ)] (1.24)

ove µ e il vettore delle medie:

µ = [µ0 µ1 · · · µN−1]T

µi , E[X(i)]

|C| e C−1 denotano rispettivamente il determinante e l’inversa della matrice di

covarianza C di X

C = E[(X− µ)(X− µ)T ]

cioe della matrice il cui elemento generico c(i, j) e la covarianza tra le variabili

aleatorie X(i) e X(j).

Per indicare sinteticamente che X e un vettore gaussiano, di media µ e matrice di

covarianza C, si adopera la notazione:

X ∼ N(µ,C)

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Analogamente N v.a. complesse Z(0), Z(1), · · · , Z(N − 1), eventualmente organiz-

zate in un vettore complesso Z, si dicono congiuntamente gaussiane se tali sono le 2N

variabili aleatorie reali:

X(0), Y (0), X(1), Y (1), . . . , X(N − 1), Y (N − 1)

ove X(i) e Y (i) denotano rispettivamente la parte reale ed il coefficiente dell’imma-

ginario della v.a. complessa Z(i).

Cio premesso, un segnale aleatorio X(·), reale o complesso, si dice gaussiano se,

considerati N campioni comunque scelti, questi, per ogni N , sono v.a. congiuntamente

gaussiane.

Dalla definizione segue che la conoscenza di valor medio µ(·) e funzione di autoco-

varianza cXX(·, ·) e sufficiente a caratterizzare completamente un processo gaussiano

X(·). Infatti, supposto per fissare le idee il processo tempo continuo, la pdf di N cam-

pioni X(ti), i = 0, 1, . . . N − 1, arbitrariamente scelti e data dalla (1.24) ove il vettore

µ e la matrice C sono espressi in termini del valor medio del processo µX(t) e della

sua autocovarianza cXX(t, s) dalle relazioni

µX = µX(t) = [µX(t0)µX(t1) . . . µX(tN−1)]T (1.25)

C = C(t) =

cXX(t0, t0) cXX(t0, t1) · · · c(XXt0, tN−1)cXX(t1, t0) cXX(t1, t1) · · · cXX(t1, tN−1)...

... · · ·...

cXX(tN−1, t0) cXX(tN−1, t1) · · · cXX(tN−1, tN−1)

(1.26)

Pertanto la pdf di ordine N del processo dipende dagli istanti di tempo considerati

solo tramite la media (1.25), il determinante e l’inversa della matrice di covarianza

C (1.26). Conseguentemente un processo gaussiano stazionario in senso lato e anche

stazionario in senso stretto poiche il vettore µX (1.25) e indipendente dal tempo e

il generico elemento c(i, j) = cXX(ti, tj) della matrice di covarianza C (1.26) non

dipende separatamente da ti e da tj , ma solo dalla loro differenza ti− tj ; quindi la pdf

congiunta degli N campioni e invariante per traslazioni.

Si osservi che se gli N campioni considerati del processo gaussiano sono incorre-

lati essi sono anche indipendenti: in altri termini nel caso gaussiano incorrelazione e

equivalente ad indipendenza. Infatti se i campioni sono incorrelati allora la matrice di

covarianza (1.26) e diagonale; conseguentemente, esplicitando il prodotto matriciale

che costituisce l’argomento dell’esponenziale a secondo membro della (1.24), si ha

−1

2

N−1∑

i=0

[ui − µX(ti)]2

cXX(ti, ti)

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e la pdf congiunta (1.24) diventa

fX(u0, u1, . . . , uN−1) =

N−1∏

i=0

1√2πcXX(ti, ti)

exp

−1

2

[ui − µ(ti)]2

cXX(ti, ti)

cioe il prodotto delle pdf marginali dei singoli campioni X(ti).

Interessa infine ricordare che ogni trasformazione lineare, con o senza memoria, di

un processo gaussiano da luogo a variabili o a processi ancora gaussiani. In partico-

lare se l’ingresso di un sistema lineare temporalmente invariante o non, e un segnale

aleatorio gaussiano, allora anche l’uscita e un segnale aleatorio gaussiano, il sistema

cambia solo media ed autocovarianza del processo, ma non la forma della pdf dei suoi

campioni.

1.7 Ergodicita

La caratterizzazione probabilistica di un segnale aleatorio non e sempre disponibile:

in tali situazioni occorre misurare, sulla scorta di un adeguato numero di campioni del

segnale, le grandezze d’interesse.

Ad esempio, supposto per fissare le idee il segnale X(n) a tempo discreto, dovendo

valutarne la media statistica se ne valuta la media temporale sull’intervallo−N ≤ n ≤N :

µN =1

2N + 1

N∑

n=−N

X(n) (1.27)

ovviamente tale media dipende dalla realizzazione utilizzata, e, quindi, e una v.a.; per

contro la media statistica del segnale:

µX(n) = E[X(n)]

dipendera dall’istante di tempo considerato. Conseguentemente, condizione necessaria

affinche media temporale e media statistica coincidano e che la media temporale non

sia aleatoria e che la media statistica non dipenda dal tempo; quest’ultima condizione

e certamente soddisfatta se il segnale e stazionario.

Supposto, pertanto, che la media del segnale sia indipendente dal tempo, la media

statistica della media temporale, come e immediato verificare, vale:

E[µN ] = µX (1.28)

e, con facili passaggi, si ricava che la sua la varianza e data da:

Var[µN ] =1

(2N + 1)2

N∑

n=−N

N∑

k=−N

cXX(n, k) (1.29)

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Pertanto la misura della media statistica, data dalla (1.27), e in genere affetta da un

errore aleatorio dato da

ε = µN − µX

la cui quantificazione e distinta in due contributi. Il primo e l’errore sistematico, detto

anche polarizzazione dello stimatore µN :

E[ε] = E[µN ]− µX (1.30)

che nel caso in esame (si veda la 1.28) e nullo.

Il secondo contributo e la varianza dell’errore, coincidente con la varianza di µN ,

la cui entita e inversamente proporzionale al quadrato del numero di osservazioni e

dipende anche dall’andamento della funzione di covarianza (vedi 1.29). Se (condizione

di ergodicita per la media):

limN→∞

1

(2N + 1)2

N∑

n=−N

N∑

k=−N

cXX(n, k) = 0 (1.31)

allora la misura e mediamente corretta e l’errore m.s. puo essere reso piccolo a piacere

aumentando il numero 2N + 1 dei campioni; in altri termini, µN converge alla media

statistica µX .

Risultati analoghi valgono se il segnale e a tempo continuo: in tal caso lo stimatore

della media statistica e:

µT =1

2T

∫ T

−T

X(t)dt (1.32)

Una semplice condizione sufficiente per l’ergodicita della media e espressa dal

seguente

Teorema Ergodico: condizione sufficiente affinche un segnale aleatorio SSL, avente

valore quadratico medio finito, sia ergodico per la media e che i suoi campioni siano

asintoticamente incorrelati, cioe che la sua autocovarianza sia infinitesima la crescere

della separazione temporale tra i campioni del segnale. Se invece i campioni sono

asintoticamente correlati, se cioe:

lim|τ |→∞

cXX(τ) = c∞ 6= 0 lim|m|→∞

cXX(m) = c∞ 6= 0

allora il segnale aleatorio e necessariamente non ergodico per la media.

Si osservi che se X(n) e una sequenza SSL di v.a. incorrelate, cioe avente funzione

di autocovarianza impulsiva (1.15), in particolare se X(n) e una sequenza di v.a. i.i.d.,

allora la condizione (1.31) e soddisfatta e si ha quindi:

limN→∞

1

2N + 1

N∑

n=−N

X(n) = µX (m.s.)

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Tale risultato e noto come Legge dei grandi numeri: pertanto la condizione di ergodicita

della media (1.31) generalizza alle sequenze correlate tale legge.

Piu in generale si pone il problema di stabilire sotto quali condizioni una determi-

nata caratteristica probabilistica del segnale (media, valore m.s., funzione di autocor-

relazione, CDF, ecc.) possa essere misurata, con sufficiente accuratezza, come media

temporale di una funzione membro, eventualmente opportunamente pre-elaborata, su

di un’intervallo d’osservazione finito. Precisamente occorre stabilire in quali ipotesi la

media temporale di una opportuna funzione del segnale converga, in media quadratica,

alla grandezza di interesse al crescere del numero dei campioni; in altri termini occorre

stabilire, supposto il segnale tempo discreto, sotto quali ipotesi

< g[X(n)] >= E[g[X(n)]]

1.8 Caratterizzazione energetica dei segnali

1.8.1 Segnali di energia e di potenza

I segnali, e quindi anche i segnali aleatori, sono spesso classificati sulla scorta del loro

contenuto energetico. Precisamente si definisce l’energia di un segnale la quantita:

EX ,

T

|X(t)|2dt segnale tempo continuo

n∈T

|X(n)|2 segnale tempo discreto(1.33)

Quando X(·) e aleatorio l’energia varia da realizzazione a realizzazione e, quindi, e

una v.a.; pertanto per carattarezzirare da un punto di vista energetico un s.a. se ne

considera l’energia media :

EX , E[EX ] (1.34)

Un segnale dicesi di energia se la sua energia media e finita e non nulla;

conseguentemente per un segnale di energia si ha:

P (EX) = +∞) = 0

e quindi l’energia delle singole realizzazioni deve essere finita almeno con probabilita

uno.

Si noti che l’energia non e additiva, ma, come e facile verificare, l’energia del

segnale somma Z(·) = X(·) + Y (·) vale:

EZ = EX + EY + EXY + EY X (1.35)

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ove EXY = E∗Y X e l’energia mutua, definita da:

EXY , E[EXY ] =

E

[∫

T

X(t)Y ∗(t)dt

]segnale tempo continuo

E

[∑

n∈T

X(n)Y ∗(n)

]segnale tempo discreto

(1.36)

L’energia mutua e da conto di come interagiscono i due segnali in termini energetici; se

l’energia mutua e nulla si ha che l’energia del segnale somma e la somma delle energie

ed i segnali si dicono ortogonali.

Se l’energia e infinita il segnale viene caratterizzato, da un punto di vista energetico,

dalla sua potenza. Ricordiamo che si definisce valor medio temporale, o semplicemente

valor medio se la dizione e non ambigua, la quantita:

< X(·) >,

limT→T

1

T

T

|X(t)|2dt segnale tempo continuo

limN→T

1

N

n

|X(n)|2 segnale tempo discreto

(1.37)

La potenza di un segnale e allora semplicemente la media temporale del segnale

modulo quadro

PX ,< |X(·)|2 > (1.38)

Nel caso di segnali aleatori PX e a sua volta aleatoria per cui se ne considera il valor

medio:

PX , E[PX ] (1.39)

e si chiamano segnali di potenza i segnali per i quali la potenza media PX e finita e non

nulla; per tali segnali si ha

P (PX = +∞) = 0

e quindi la potenza delle singole realizzazioni deve essere finita (con probabilita uno).

Anche la potenza non e in genere additiva, ma vale una relazione analoga a quella

stabilita per l’energia; precisamente, la potenza del segnale somma:

Z(·) = X(·) + Y (·)

vale:

PZ = PX + PY + PXY + PY X

ove PXY = P ∗Y X e la potenza mutua definita da:

PXY , E[PXY ] , E[< X(·)Y ∗(·) >︸ ︷︷ ︸PXY

] (1.40)

21

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Si noti che, ipotizzando di poter scambiare le operazioni di media statistiica con

quella d’integrazione o di media temporale, nel caso di segnali d’energia si ha:

EX =

T

rXX(t, t)dt segnale tempo continuo

n∈T

rXX(n, n) segnale tempo discreto

ed analogamente nel caso di segnali di potenza:

PX =

< rXX(t, t) > segnale tempo continuo

< rXX(n, n) > segnale tempo discreto

Se il segnale e stazionario almeno in senso lato,

rXX(t, t) = rXX(0), rXX(n, n) = rXX(0)

conseguentemente l’energia e infinita: in altri termini un segnale d’energia e neces-

sariamente non stazionario. Tale affermazione si giustifica anche sul piano intuitivo

se si tiene presente che le realizzazioni di un segnale di energia hanno energia finita

e, quindi, asintoticamente devono essere trascurabili il che contrasta con l’ipotesi di

stazionarieta. In altri termini i segnali stazionari almeno in senso lato sono segnali di

potenza e per tali segnali si ha:

PX = rXX(0) = E[|X(·)|2]

cioe la potenza e l’autocorrelazione nell’origine ovvero il valore m.s. del segnale.

1.8.2 Densita spettrali di energia e di potenza

Innanzi tutto ricordiamo che se x(t) e y(t) sono due segnali deterministici di energia

la loro energia mutua, per la relazione di Parseval, vale:

Exy =

∫ ∞

−∞

X(f)Y ∗(f)df Exy =

∫ 1

2

− 1

2

X(ν)Y ∗(ν)dν

che porta immediatamente ad interpretare la funzione integranda come spettro di ener-

gia mutua o densita spettrale di energia mutua (ESD mutua) di x(·) e y(·). Notiamo

esplicitamente che in questa definizione l’ordine dei due segnali e importante, dal mo-

mento che il secondo dei due spettri deve essere coniugato. Dunque l’ESD mutua e la

funzione

Sxy(·) , X(·)Y ∗(·)

22

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e ovviamente si ha

Sxy(·) = S∗yx(·)

Se i due segnali coincidono, allora si ottiene la densita spettrale d’energia:

Sxx(·) , |X(·)|2 (1.41)

Ricordiamo che la banda di un segnale e qualitativamente definita come la gamma

di frequenze contenente le componenti significative del segnale e puo essere valutata in

base a considerazioni energetiche: precisamente, per i segnali di energia essa puo esse-

re definita come l’intervallo di frequenze in cui e allocata una determinata frazione del-

l’energia totale, ad esempio il 90%, il 95%, il 99%, ecc.; inoltre, se i segnali sono reali,

comunemente si prendono in esame solo le frequenze positive (banda monolatera).

Esempio 9 Impulso rettangolare

Sia x(t) un impulso rettangolare di ampiezza A e durata T ; ricordando che

(t

T

)←→ AT sinc(fT )

si ottiene immediatamente la seguente espressione per l’ESD dell’impulso rettangolare

Sxx(f) = ExT sinc2(fT )

ove Ex = A2T e l’energia di x(t).

E interessante valutare la frazione di energia Ex(k)/Ex dell’impulso rettangolare

compresa nell’intervallo di frequenze

− k

T≤ f ≤ k

Tk = 1, 2, . . .

Integrando l’ESD si ha:

E(k)

E=

∫ kT

− kT

T sinc2(fT )df = 2

∫ k

0

sinc2(u)du

Valutando numericamente l’integrale si ha che per k = 1, cioe nel lobo principale, la

frazione di energia e pari al 90 %; includendo anche una coppia di lobi laterali (k = 2

la frazione di energia sale al 95 %, mentre per racchiudere il 99 % dell’energia occorre

portare in conto nove coppie di lobi laterali (k = 10). Conseguentemente la banda

monolatera al 90 % e 1/T , quella al 95 % e 2/T e quella al 99 % e 10/T . J

Si noti infine che sviluppando |X(·) + Y (·)|2 e immediato mostrare che l’ESD del

segnale somma x(·) + y(·) e data da:

Sx+y(·) = Sx(·) + Sy(·) + Sxy(·) + Syx(·) = Sx(·) + Sy(·) + 2<eSxy(·) (1.42)

23

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Per i segnali aleatori di energia e possibile introdurre l’ESD mutua ed auto come

media statistica di quella valutata sulla generica funzione membro, ma tale caso non e

di grossa rilevanza pratica perche i segnali d’interesse sono di norma segnali di potenza.

Per i segnali di potenza ha interesse considerare la distribuzione in frequenza della

potenza mutua (1.40) di X(·) e Y (·) e si definisce lo spettro di potenza mutua o densita

spettrale di potenza mutua di X(·) e Y (·), e la si denota col simbolo SXY (·), il limite

SXY (f) = limT→∞

1

2TE [XT (f)Y ∗

T (f)] (1.43)

dove XT (f) e YT (f) denotano gli spettri dei segnali troncati. In altri termini la PSD

mutua e il limite dell’ESD media dei segnali troncati divisa per l’ampiezza dell’inter-

vallo di osservazione al crescere di tale ampiezza. Analogamente nel caso di segnali a

tempo discreto, con ovvio significato dei simboli, si pone

SXY (ν) = limN→∞

1

2N + 1E [XN (ν)Y ∗

N (ν)] (1.44)

Ponendo nelle definizioni (1.43) e (1.44) X(·) ≡ Y (·) si ottiene la definizione della

PSD del segnale X(·)

SXX(f) = limT→∞

E[|XT (f)|2

]

2TSXX(ν) = lim

N→∞

E[|XN (ν)|2

]

2N + 1(1.45)

In altri termini la PSD e il limite della media del periodogramma P (·), definito da:

PT (f) ,1

2T|XT (f)|2 PN (ν) ,

1

2N + 1|XN (ν)|2 (1.46)

Si noti che, dalle definizioni introdotte, segue che l’ESD e la PSD sono funzioni

reali non negative,

SXX(·) ≥ 0

e che gli spettri mutui di energia e di potenza soddisfano la seguente proprieta di

simmetria:

SXY (·) = S∗Y X(·)

che per segnali reali diventa:

SXY (·) = SY X(−(·))

Sottolineamo esplicitamente che il significato computazionale della definizione

della PSD e relativamente modesto dal momento che esistono metodi di calcolo di

SXX(·) ben piu potenti di quello basato sulla (1.45). Tali metodi utilizzano il legame,

che verra derivato in seguito, esistente tra spettri di potenza e funzioni di correlazione

(teorema di Wiener Khintchine). Il seguente esempio viene infatti sviluppato piu che

altro per evidenziare i limiti di applicabilita della definizione.

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Esempio 10 PSD di una sinusoide a fase aleatoria

Sia X(t) = A cos(2πf0t + Θ) con A e f0 costanti e Θ variabile aleatoria unifor-

memente distribuita in (0, 2π). Utilizzando la trasformata dell’impulso rettangolare e

la regola di modulazione, si ha:

xT (t) = AΠ

(t

2T

)cos(2πf0t + Θ)

lXT (f) = AT sinc[2(f − f0)T ]ejΘ + AT sinc[2(f + f0)T ]e−jΘ

da cui, valutando l’ESD di xT (t) come XT (f)X∗T (f) e mediando su Θ si ha

1

2TE|XT (f)|2 =

1

4A2

(2T sinc2[2(f − f0)T ] + 2T sinc2[2(f + f0)T ]

)

onde, passando al limite per T →∞, si ricava:

SXX(f) =1

4A2[δ(f − f0) + δ(f + f0)]

Pertanto la PSD di una sinusoide a fase iniziale uniforme e costituito da due righe

(δ-impulsi) alle frequenze ±f0. J

Come evidenziato da tale esempio, la PSD puo essere valutata mediante definizione

se e disponibile l’espressione analitica della generica funzione membro (segnali a para-

metri aleatori). Ma, poiche, in genere, di un segnale aleatorio e nota la caratterizzazione

statistica nel dominio del tempo, la PSD viene comunemente valutata col:

Teorema 1 (Wiener-Kintchine): La densita spettrale di potenza mutua SXY (·) dei

due segnali X(·) e Y (·), e la trasformata di Fourier della loro funzione di mutua

correlazione media definita da:

rXY (τ) ,< E[X(t)Y ∗(t− τ)] > rXY (m) ,< E[X(n)Y ∗(n−m)] > (1.47)

in particolare della funzione di mutua correlazione per segnali congiuntamente SLL.

Corollario 1 La densita spettrale di potenza SXX(·) di X(·) e la trasformata di

Fourier della sua funzione di auto correlazione media:

rXX(τ) ,< E[X(t)X∗(t− τ)] > rXX(m) ,< E[X(n)X∗(n−m)] > (1.48)

Analogamente a quanto visto per i segnali di energia, la PSD consente di definire

la banda per i segnali di potenza in termini energetici come la gamma di frequenze in

cui e allocata una prefissata frazione della potenza totale, come illustrato dal seguente

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Esempio 11 PSD e banda di un segnale con acf esponenziale

Sia X(t) un segnale SSL, a media nulla ed autocorrelazione

rXX(τ) = PXe−|τ |/T

ci proponiamo di determinare PSD e banda di tale segnale.

Ricordando che:

PXe−|τ |/T ←→ PX2T

1 + (2πfT )2

a norma del Teorema di WK si ottiene immediatamente la seguente espressione per

l’PSD del segnale in esame:

SXX(f) = PX2T

1 + (2πfT )2

La potenza di tale segnale PX(B) nella banda −B ≤ f ≤ B e quindi:

PX(B) =

∫ B

−B

PX2T

1 + (2πfT )2df = PX

2

πarctan (2πBT )

che per B =∞ restituisce la potenza totale PX . Pertanto, la banda monolatera Bε cui

compete la frazione 1− ε dell’energia totale si ottiene risolvendo l’equazione

1− ε =2

πarctan [2πBT ]

da cui si ricava:

Bε =1

2πTtan

2[1− ε]

)

In particolare:

B0.05 =1

2πTtan

(0.95

π

2

)Hz ' 2

T

e la banda al 95% dell’energia. J

Si osservi che anche per i segnali di potenza, come e facile verificare, la PSD del

segnale somma e data da una relazione del tutto analoga alla (1.42). Conseguentemen-

te, se i due segnali sono incoerenti allora, a norma del teorema di Wiener-Kinchine, la

loro PSD mutua e nulla; pertanto non solo l’autocorrelazione di una somma di segnali

incoerenti e la somma delle singole autocorrelazioni, ma anche la PSD della somma di

segnali incoerenti e la somma delle PSD dei singoli addendi.

Si osservi infine che le considerazioni svolte con riferimento ai segnali di potenza

aleatori valgono anche per i segnali deterministici, solo che in tal caso l’operazione di

media statistica e ridondante.

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1.8.3 Segnali PAM

Di notevole interesse per le applicazioni sono i segnali PAM, cioe i segnali del tipo

X(t) =

+∞∑

n=−∞

A(n)p(t− nT ) (1.49)

ove p(t) e un segnale impulsivo, cioe un segnale di energia, anche se e utile includere

come caso limite l’impulso ideale δ(t), ed A(n) e una sequenza in genere aleatoria, det-

ta sequenza modulante. L’andamento tipico di un segnale PAM e riportato in fig. 1.2:

precisamente nella fig. 1.2b e riportata una realizzazione a(n) della sequenza modulan-

te A(n) ed in fig. 1.2c la corrispondente realizzazione x(t) del segnale PAM, con p(t)

impulso rettangolare di durata T/2 (fig. 1.2a).

T2

t

p(t)

a(n)

x(t)

n

t

T

a)

b)

c)

-

6

6

6

-

-

Figura 1.2: Impulso base a), sequenza modulante b) e segnale PAM c).

Sono, per esempio, di tipo PAM i segnali utilizzati nelle trasmissioni numeriche

multilivello: precisamente in tal caso una sorgente discreta emette, in modo cadenzato,

ogni T secondi, un simbolo a(n) ed un modulatore di dati, disposto in cascata, genera

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∼ p(t)

Sorgentenumerica

Modulatore

6

a(n) x(t)- -

Figura 1.3: Generazione di segnali PAM.

l’impulso a(n)p(t− nT ) di ampiezza proporzionale al simbolo emesso dalla sorgente

(fig. 1.3).

Si noti che per i segnali PAM il calcolo del loro spettro di potenza puo essere

condotto secondo la definizione. Precisamente ci proponiamo di determinare la PSD

mutua tra i due PAM isocroni:

X(t) =

+∞∑

n=−∞

A(n)p(t− nT ) Y (t) =

+∞∑

n=−∞

B(n)q(t− nT ) (1.50)

aventi cioe stesso periodo T . Consideriamo 2N + 1 impulsi dei segnali PAM, cioe i

segnali:

XN (t) =N∑

n=−N

A(n)p(t− nT ) YN (t) =N∑

n=−N

B(n)q(t− nT )

Trasformando secondo Fourier si ha:

XN (f) =N∑

n=−N

A(n)P (f)e−j2πnfT = P (f)AN (fT )

ove AN (ν) e la trasformata della successione A(n) troncata tra −N ed N valutata in

ν = fT ; analogamente, con ovvio significato dei simboli, si ha

YN (f) = Q(f)BN (fT )

Conseguentemente, dalla definizione di PSD, si ha:

SXY (f) , limN

1

(2N + 1)TE [XN (f)Y ∗

N (f)]

=1

TlimN

1

2N + 1E [P (f)AN (fT )Q∗(f)BN (fT )]

=1

TP (f)Q∗(f) lim

N

1

2N + 1E [AN (fT )BN (fT )]

28

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Il limite all’ultimo membro della relazione precedente e, per definizione, la PSD mutua

SAB(ν) tra le due sequenze modulanti valutato in ν = fT per cui,in definitiva, si ha:

SXY (f) =1

TP (f)Q∗(f)SAB(fT ) (1.51)

Pertanto la PSD mutua tra due PAM isocroni, a meno del fattore 1/T , e data dal

prodotto della ESD mutua tra i due impulsi base

Spq(f) = P (f)Q∗(f)

e la PSD mutua tra le due sequenze modulanti.

Ponendo nella (1.50)

p(t) ≡ q(t); A(n) ≡ B(n)

la (1.51) diventa

SXX(f) =1

T|P (f)|2SAA(fT ) (1.52)

che esprime la PSD di un segnale PAM. Pertanto la PSD di un segnale PAM e pari, a

meno del fattore di scala 1T , al prodotto della ESD dell’impulso base per la PSD della

sequenza modulante, valutata per ν = fT .

Esempio 12 Segnale numerico sincrono

Un caso molto comune di segnale PAM e quello la cui sequenza modulante A(n) e

una successione di v.a. iid, che modella l’emissione di simboli da parte di una sorgente

numerica senza memoria secondo lo schema generale di fig. 1.3.

In fig. 1.4 e riportato una possibile realizzazione di tale segnale nel caso di sequenza

modulante binaria, nel caso cioe che le v.a. A(n) siano bernoulliane, sia nel caso di

impulso base di tipo rettangolare di durata T (impulso NRZ≡Non-Return to Zero) che

di impulso rettangolare di durata inferiore a T (impulso RZ), precisamente di durata

T/2 nel caso di figura. Poiche l’informazione binaria e affidata alla presenza o meno

dell’impulso p(t) nel corrispondente intervallo di bit, tale tecnica di segnalazione viene

chiamata segnalazione ON-OFF.

Ricordando che l’autocorrelazione di una sequenza di v.a. iid vale:

rAA(m) = σ2Aδ(m) + µ2

A ⇔ SAA(ν) = σ2A + µ2

A

+∞∑

k=−∞

δ(ν − k)

si ha che la PSD del numerico sincrono senza memoria e data da:

SXX(f) =(µA

T

)2 +∞∑

k=−∞

∣∣∣∣P(

k

T

)∣∣∣∣2

δ

(f − k

T

)+

1

Tσ2

A|P (f)|2 (1.53)

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T/2

p(t)

a(n)

n

6

6

-

-t

p(t)6

-t

x(t)

t

6

-

Impulso NRZ Impulso RZ

Sequenza modulante

Segnale binario sincrono ON-OFF NRZ

x(t)

t

6

-

Segnale binario sincrono ON-OFF RZ

T

T

T

Figura 1.4: Segnalazione binaria ON-OFF.

30

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ed il suo spettro di potenza e interamente determinato dallo spettro d’energia dell’im-

pulso base. In particolare se l’impulso p(t) e un impulso rettangolare NRZ di ampiezza

unitaria la ESD vale:

Spp(f) = T sinc2(fT ) (1.54)

tutte le righe spettrali, tranne quella a frequenza zero, corrispondente alla potenza in

continua, si annullano, e la parte continua della PSD e proporzionale allo spettro di

energia dell’impulso NRZ. In altri termini lo spettro di potenza del segnale numerico

sincrono senza memoria NRZ e

SXX(f) = µ2Aδ(f) + σ2

AT sinc2(fT )

Tale relazione in particolare evidenzia che tale segnale ha una banda B sostanzialmente

pari alla cadenza 1/T con cui i simboli sono emessi dalla sorgente.

Se invece si utilizza un impulso rettangolare RZ di ampiezza unitaria e durata T/2,

la ESD vale:

Spp(f) =1

2T sinc2

(1

2fT

)(1.55)

lo spettro di potenza e:

SXX(f) =1

4µ2

A

+∞∑

k=−∞

sinc2

(k

2

(f − k

T

)+

1

4σ2

AT sinc2

(1

2fT

)

Quindi nella PSD del segnale numerico sincrono senza memoria RZ oltre alla riga a

frequenza zero, associata alla potenza in continua, sono presenti righe spettrali alle

frequenze armoniche dispari della cadenza 1/T , e la banda e pari al doppio della ca-

denza. Pertanto il segnale numerico sincrono senza memoria RZ ha il vantaggio di

semplificare il recupero del sincronismo, grazie alla presenza di righe spettrali a fre-

quenza armonica della cadenza, ma al prezzo di una dimezzamento della potenza e di

un raddoppio della larghezza di banda.

La presenza nella segnalazione ON-OFF di righe spettrali costituisce uno spreco di

potenza: infatti e possibile dimostrare che il tasso di simboli errati, dovuti al rumore che

si aggiunge al segnale nella trasmissione, diminuisce all’aumentare della separazione

tra i due livelli del segnale. A cio si puo facilmente ovviare, utilizzando una sequenza

modulante a valor medio nullo. Nel caso binario con bit equiprobabili, cio si realizza

codificando i bit emessi dalla sorgente come segue

A(n) = 1 −→ B(n) = 1 A(n) = 0 −→ B(n) = −1

in altri termini si convertono gli zeri in−1. Nella fig. 1.5 e riportato un tipico andamen-

to di tale PAM sia nel caso di impulsi NRZ che di impulsi RZ. Poiche in questo caso

l’informazione e affidata al segno dell’impulso tale tipo di segnalazione e denominata

31

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a(n)

n

x(t)

t

Processo di Bernoulli

Segnale binario sincrono antipodale NRZ

x(t)

t

Segnale binario sincrono antipodale RZ

b(n)

n

Sequenza modulante

6

-

-

-

6

6

6

-

Figura 1.5: Segnalazione binaria antipodale.

32

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∼ p(t)

Sorgentenumerica

Modulatore

6

Codificatoreb(n)a(n) x(t)

-- -

Figura 1.6: Segnalazione con codifica di linea.

antipodale. La PSD di un segnale antipodale e proporzionale alla ESD dell’impulso

impiegato; in particolare per un impulso rettangolare NRZ di ampiezza unitaria, la cui

ESD e data dalla (1.54) si ha:

SXX(f) = T sinc2(fT )

ed e dato da

SXX(f) =1

4T sinc2

(1

2fT

)

nel caso di impulso RZ (vedi (1.55)).

Dal confronto di tali spettri si evince che il segnale binario sincrono antipodale

NRZ ha una banda meta di quello RZ ed una potenza doppia. Da tale punto di vista

il confronto e nettamente a vantaggio del segnale NRZ. Tuttavia si noti che il segnale

RZ, anche se non in modo evidente, contiene informazione sulla cadenza: e infatti

sufficiente raddrizzare il segnale RZ, prenderne cioe il modulo, per ottenere un segnale

periodico di periodo T da cui estrarre la cadenza. J

Il segnale numerico sincrono impiegante un impulso base di tipo rettangolare ha

uno spettro di potenza di tipo passa basso, pertanto per poterlo trasmettere e necessario

un canale che abbia una buona risposta nell’intorno della frequenza zero. Ma molti

canali, in particolare quello telefonico, hanno una cattiva risposta in bassa frequenza:

in tal caso si pone il problema di modificare la distribuzione spettrale della potenza

allo scopo di adattare le caratteristiche spettrali del segnale a quelle del canale. Dalla

espressione generale (1.52) della PSD si evince che tale risultato si puo conseguire o

cambiando l’impulso base o agendo sulla sequenza modulante. Di norma si preferisce

questa seconda strada in quanto perseguibile con tecniche numeriche; precisamente

lo schema di generazione del segnale di fig. 1.3 si modifica in quello di fig. 1.6 ove

lo schema di codifica va scelto in modo da conferire le proprieta desiderate alla PSD

(codifica di linea). In generale pero per sagomare lo spettro e necessario far ricorso ad

una codifica con memoria che, introducendo una correlazione tra i simboli emessi dalla

sorgente senza memoria, consente di ottenere una PSD radicalmente diversa dalla ESD

dell’impulso base (correlative coding).

33

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Esempio 13 Segnale binario sincrono: caso generale

Nella segnalazione binaria ON-OFF ed in quella antipodale l’informazione sul sim-

bolo binario emesso dalla sorgente e affidata alla presenza o meno dell’impulso (ON-

OFF) ovvero al suo segno (Antipodale). Piu in generale e possibile utilizzare due

diversi impulsi, siano p0(t) e p1(t) per rappresentare il simbolo emesso dalla sorgente:

precisamente se il simbolo emesso all’istante nT e zero si trasmette l’impulso p0(t)

altrimenti si trasmette p1(t). In tal caso il segnale binario e esprimibile come

X(t) =+∞∑

n=−∞

A(n)p1(t− nT ) ++∞∑

n=−∞

[1−A(n)]p0(t− nT ) (1.56)

Il segnale (1.56) puo essere riguardato come la somma di due PAM isocroni ON-OFF, il

primo con modulante A(n) ed impulso base p1(t) ed il secondo con modulante B(n) =

1−A(n) ed impulso base p0(t).

Se la sorgente e senza memoria A(n) e un processo di Bernoulli di parametro p;

conseguentemente anche B(n) e un processo di Bernoulli, ma di parametro q = 1 −p; pertanto, come e immediato verificare auto e mutue correlazioni di tali sequenze

valgono:rAA(m) = pqδ(m) + p2

rBB(m) = pqδ(m) + q2

rAB(m) = −pqδ(m) + pq

Pertanto calcolando lo spettro di potenza del segnale (1.56) come somma della PSD del

primo addendo, piu quella del secondo piu le loro PSD mutue, con facili manipolazioni

algebriche, si perviene alla seguente espressione per la PSD di tale segnale, cioe:

Sx(f) =1

T 2

+∞∑

k=−∞

∣∣∣∣qP0

(k

T

)+ pP1

(k

T

)∣∣∣∣2

δ

(f − k

T

)

+pq

T|P0(f)− P1(f)|2

1.9 Legami Ingresso Uscita per sistemi LTI

Il problema che ora affrontiamo e quello di determinare i legami tra alcune gradez-

ze globali, quali la media, la funzione di autocorrelazione e la PSD, dell’ingresso e

dell’uscita di un sistema LTI (Fig. 1.7a): in particolare ci proponiamo di determina-

re la caratterizzazione statistica globale dell’uscita da quella dell’ingresso. L’analisi

sara preliminarmente effettuata nel dominio del tempo e poi estesa, con l’ausilio del

Teorema WK, al dominio della frequenza.

34

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1.9.1 Analisi dei sistemi LTI nel dominio del tempo

Iniziamo col valutare la media dell’uscita. Riferendoci, per fissare le idee, ai segnali a

tempo discreto, si ha:

µY (n) = E[Y (n)] = E[h(n) ∗X(n)] = h(n) ∗ E[X(n)] = h(n) ∗ µX(n)

e quindi

µY (·) = h(·) ∗ µX(·) (1.57)

In altri termini la media statistica dell’uscita e la risposta del sistema alla media

statistica dell’ingresso (Fig. 1.7b).

- -X(·)

- -µX(·) µY (·)Y (·)

a) b)

h(·) h(·)

Figura 1.7: Legame ingresso - uscita per la media statistica.

Nel caso in cui l’ingresso sia SSL il legame diventa:

µY = µX

∞∑

m=−∞

h(m) = µXH(0) (1.58)

ove si e introdotto il guadagno in continua del sistema H(0)

H(0) =∞∑

m=−∞

h(m)

Pertanto, la media dell’uscita e proporzionale a quella in ingresso, con costante di

proporzionalita pari al guadagno in continua.

Nel caso di segnali non stazionari mediando, rispetto alla variabile temporale,

entrambi i membri della (1.57) si ha

Ydc ,< µY (n) > = <

∞∑

m=−∞

h(m)µX(n−m) >

= < µX(n−m) >︸ ︷︷ ︸Xdc

∞∑

m=−∞

h(m)

︸ ︷︷ ︸H(0)

= Xdc H(0)

quindi, in definitiva, risulta:

Ydc = H(0)Xdc (1.59)

35

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h2(·)- -X2(·) Y2(·)

h1(·)- -X1(·) Y1(·)

- -rY1Y2

(·)rX1X2(·)

a) b)

rh1h2(·)

Figura 1.8: Legame tra le mutue correlazioni degli ingressi e delle uscite.

cioe la proporzionalita si ha tra le componenti continue.

Notiamo esplicitamente che il legame stabilito tra le componenti continue e vali-

do anche per i segnali deterministici di potenza, anche se, in questo caso, la media

statistica e pleonastica.

Notiamo altresı che nel derivare il legame tra le componenti continue dell’ingresso

e dell’uscita, si e implicitamente supposto che entrambi i segnali fossero segnali di po-

tenza finita. Tale ipotesi la riterremo valida anche nel seguito e, precisamente, faremo

l’ipotesi che il sistema LTI non alteri la natura del segnale in ingresso, nel senso che

l’uscita corrispondente ad un segnale di energia finita sia ancora un segnale di ener-

gia finita ed, analogamente, che l’uscita corrispondente ad un segnale di potenza finita

sia ancora un segnale di potenza finita. Tale condizione e ad esempio soddisfatta se il

sistema e stabile.

Passiamo ora alle funzioni di autocorrelazione. Precisamente consideriamo la situa-

zione di Fig. 1.8, da cui, particolarizzando segnali e sistemi, e possibile ricavare i vari

casi di interesse; supponiamo inoltre che i due segnali d’ingresso X1(n) e X2(n) siano

a tempo discreto e congiuntamente SSL. Precisamente, con riferimento alla Fig. 1.8,

ci proponiamo di determinare la mutua correlazione rY1Y2(n, k) tra le due uscite in

funzione di quella rX1X2(m) tra i due ingressi e delle risposte impulsive h1(m) e

h2(m) dei due sistemi LTI.

Dalla definizione di mutua correlazione si ha:

rY1Y2(n, k) = E[Y1(n), Y ∗

2 (k)] =

+∞∑

i=−∞

h1(i)E[X1(n− i)Y ∗2 (k)] =

=

+∞∑

i=−∞

h1(i)rX1Y2(n− i, k)

(1.60)

ove, nell’effettuare i passaggi, si e utilizzata la linearita della media. D’altra parte la

36

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mutua correlazione rX1Y2(n, k) e data da:

rX1Y2(n, k) = E[X1(n), Y ∗

2 (k)] =

+∞∑

j=−∞

h∗2(j)E[X1(n)X∗

2 (k − j)] =

=

+∞∑

j=−∞

h∗2(j)rX1X2

(n− k + j)

(1.61)

ove, nell’effettuare l’ultimo passaggio, si e utilizzata la SSL dei due ingressi. Tale re-

lazione evidenzia che la mutua correlazione rX1Y2(n, k) dipende solo dalla differenza

m = n− k; per cui, cambiando nell’ultima sommatoria j in −j si ha:

rX1Y2(m) =

+∞∑

j=−∞

h∗2(−j)rX1X2

(m− j) = h∗2(−m) ∗ rX1X2

(m) (1.62)

Poiche, come gia osservato rX1Y2(n, k) = rX1Y2

(n− k), allora dalla (1.60) segue che

anche la rY1Y2(n, k) dipende solo dal ritardo ed il legame (1.60) puo essere riscritto

come convoluzione

rY1Y2(m) =

+∞∑

i=−∞

h1(m)rX1Y2(m− i) = h1(m) ∗ rX1Y2

(m) (1.63)

Sostituendo infine in tale relazione a rX1Y2(m) la sua espressione (1.62) si ha:

rY1Y2(m) = h1(m) ∗ h∗

2(−m) ∗ rX1X2(m) (1.64)

che esprime il legame cercato.

Una analoga derivazione vale per segnali e sistemi continui. In definitiva risulta

rY1Y2(·) = rX1X2

(·) ∗ h1(·) ∗ h∗2(−(·))︸ ︷︷ ︸

rh1h2(·)

= rX1X2(·) ∗ rh1h2

(·) (1.65)

In altri termini la mutua correlazione rY1Y2(·) tra le due uscite dei sistemi LTI di

Fig. 1.8a si ottiene come l’uscita del sistema LTI di risposta impulsiva rh1h2(·) alla

mutua correlazione rX1X2(·) tra i due ingressi (Fig. 1.8b).

Si noti che, da quanto detto, segue che se i due ingressi di Fig. 1.8a sono

congiuntamente stazionari in senso lato, allora tali sono anche le corrispondenti uscite.

Particolarizzando lo schema generale di Fig. 1.8a come in Fig. 1.9a e immediato

derivare il legame ingresso-uscita per la funzione di autocorrelazione. In questo caso,

dall’equazione (1.65) si ottiene:

rY Y (·) = rXX(·) ∗ h(·) ∗ h∗(−(·))︸ ︷︷ ︸rhh(·)

= rXX(·) ∗ rhh(·) (1.66)

37

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- -X(·) Y (·)

- -X(·) Y (·)

- -rY Y (·)rXX(·)

a) b)

h(·)

h(·)

rhh(·)

Figura 1.9: Legame ingresso uscita per l’autocorrelazione.

X(·) X(·)

- -X(·) Y (·)

- -rY X(·)rXX(·)

a) b)

- - -

h(·)

h(·)

Figura 1.10: Schema di calcolo della mutua correlazione tra uscita ed ingresso.

cioe l’autocorrelazione dell’uscita e pari alla convoluzione dell’autocorrelazione del-

l’ingresso e di quella rhh(·) della risposta impulsiva: in altri termini, l’autocorrelazio-

ne della risposta di un sistema LTI e pari alla risposta all’ingresso rXX(·) del sistema

avente risposta impulsiva rhh(·) (Fig. 1.9b). Si osservi inoltre che se l’ingresso del si-

stema LTI e stazionario in senso lato, allora dall’equazione (1.57) segue che la media

statistica dell’uscita e indipendente dal tempo: dunque, se l’ingresso di un sistema LTI

e SSL tale e anche il corrispondente segnale di uscita.

Dalla relazione (1.66) segue che, se l’ingresso ha un’autocorrelazione impulsiva,

diciamola σ2Xδ(·) si ha:

rY Y (·) = σ2X δ(·) ∗ h(·) ∗ h∗(−(·)) = σ2

X δ(·) ∗ rhh(·) = σ2Xrhh(·) (1.67)

cioe l’uscita ha un’autocorrelazione proporzionale a quella della risposta impul-

siva del sistema. Pertanto e possibile generare un segnale con una preassegna-

ta autocorrelazione filtrando, con un filtro LTI, un segnale con autocorrelazione

impulsiva.

L’equazione (1.65) consente anche di ricavare come casi particolari le mutue cor-

relazioni uscita-ingresso e ingresso-uscita. Invero, sulla scorta della Fig. 1.10a, si

ha:

rY X(·) = rXX(·) ∗ h(·) ∗ δ(−(·)) = rXX(·) ∗ h(·) (1.68)

38

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H2(·)- -X2(·) Y2(·)

H1(·)- -X1(·) Y1(·)

- H1(·)H∗2 (·) -SY1Y2

(·)SX1X2(·)

a) b)

Figura 1.11: Legame I/O per le PSD mutue: a) sistemi effettivi, b) sistema euivalente.

che esprime il legame tra la mutua correlazione fra l’uscita e l’ingresso di un sistema

LTI: dunque la mutua correlazione uscita-ingresso puo calcolarsi come risposta del

sistema LTI all’autocorrelazione dell’ingresso (Fig. 1.10a). In modo analogo si ottiene

rXY (·) = rXX(·) ∗ h∗(−(·)) (1.69)

Con considerazioni simili a quelle precedentemente svolte, dall’espressioni stabilite

per le mutue correlazioni uscita-ingresso e ingresso−uscita, segue che se il segnale

d’ingresso e SSL allora uscita ed ingresso del sistema LTI sono congiuntamente SSL.

Si noti infine che i vari legami stabiliti (1.65, 1.66, 1.69, 1.68) valgono anche

se i segnali aleatori non sono stazionari: in tal caso pero occorre considerare le

mutuecorrelazioni medie (1.47) e le autocorrelazioni medie (1.48).

1.9.2 Legami ingresso uscita per le PSD

Sulla scorta del Teorema di Wiener-Khinchine e immediato stabilire i legami esistenti

tra le PSD in ingresso ed in uscita a sistemi LTI semplicemente trasformando gli analo-

ghi legami tra le correlazioni precedentemente stabiliti. Nel seguito faremo riferimento

alle PSD che e il caso di maggiore interesse, anche se le relazioni stabilite, grazie alla

simbologia unica per PSD e ESD, valgono senza alcuna modifica anche per gli spettri

di energia.

Ricordando, ad esempio, che la mutua correlazione tra le uscite di due sistemi LTI

(vedi fig. 1.11a) e data dalla (1.65) trasformando secondo Fourier si ha

SY1Y2(·) = H1(·)H∗

2 (·)SX1X2(·) (1.70)

In altri termini al fine del calcolo dello spettro di potenza incrociato tra le due usci-

te e sufficiente sostituire i due sistemi con un unico sistema di risposta armonica

H1(·)H∗2 (·) sollecitato dalla PSD mutua tra i due ingressi, come schematizzato in

39

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fig. 1.11b. In modo analogo e possibile stabilire gli altri legami di interesse: cosı lo

spettro di potenza dell’uscita e legato a quello dell’ingresso dalla relazione

SY Y (·) = |H(·)|2SXX(·) (1.71)

cioe la PSD dell’uscita e pari a quella dell’ingresso per |H(·)|2, comunemente deno-

minata funzione di trasferimento dell’energia; infine le PSD mutue uscita-ingresso e

ingresso-uscita sono date da

SY X(·) = H(·)SXX(·) SXY (·) = H(·)∗SXX(·)

I vari legami considerati sono riassunti nella fig. 1.12.

SXX(·)

H(·)- -X(·) Y (·)

SY Y (·)|H(·)|2 SXX(·) SY X(·)

H(·) SXX(·) SXY (·)H∗(·)

a)

b)

- - - - - -

Figura 1.12: Legami I/O per PSD: a) sistema effettivo, b) sistemi equivalenti.

Dalla relazione (1.70) segue che, se le risposte armoniche dei due filtri di fig. 1.11a

non si sovrappongono, cioe non sono mai entrambe diverse da zero ad una stessa fre-

quenza, allora le due uscite sono incoerenti anche se gli ingressi, supposti SSL, sono

correlati. Cio comporta che e possibile generare segnali incoerenti da un unico segnale

SSL filtrandolo con due sistemi LTI le cui risposte armoniche non si sovrappongano se-

condo quanto illustrato in fig. 1.13. Se poi l’ingresso e gaussiano SSL le due uscite non

solo sono incoerenti, ma anche statisticamente indipendenti. Una ulteriore conseguen-

za della (1.70) e l’incoerenza di due segnali SSL qualsiasi che non si sovrappongono

nel dominio della frequenza: e sufficiente infatti osservare che tali segnali restano inal-

terati per effetto di un filtraggio LTI da parte di due sistemi le cui risposte armoniche

valgano uno ove la PSD del singolo segnale e non nulla e zero altrove. In particolare,

dati un segnale ed un disturbo, il rumore nella banda del segnale e sempre incoerente

con quello fuori banda.

Si osservi che la potenza ∆PX in uscita ad un filtro passa banda ideale, centrato

alla frequenza fo, di guadagno unitario e banda ∆f , vale:

∆PX =

∫ +∞

−∞

SY Y (f)df =

∫ f0+1

2∆f

f0−1

2∆f

SXX(f)df

40

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H2(·) -Y2(·)

H1(·) -Y1(·)-

-

-X(·)

Figura 1.13: Generazione di due segnali incoerenti da un unico segnale.

Pertanto la potenza delle componenti spettrali di un segnale appartenenti ad un certo

intervallo di frequenze, si ottiene integrando su tale intervallo la sua PSD; inoltre la

densita spettrale di potenza di X(t) puo anche essere definita come:

SXX(f) = lim∆f→0

∆PX

∆f

A tale interpretazione corrisponde un metodo sperimentale per la misura della PSD

mediante un filtro a banda stretta. Precisamente, la potenza ∆PX in uscita ad un fil-

tro centrato alla frequenza f0 e di banda ∆f e proporzionale al valore della PSD del

segnale in ingresso X(t) valutata alla frequenza di centro banda. Si ha infatti:

∆PX =

∫ +∞

−∞

SY Y (f)df =

∫ +∞

−∞

SXX(f)|H(f)|2df

∼= SXX(f0)

∫ +∞

−∞

|H(f)|2df ∝ SXX(f0)

Si osservi che la relazione precedente e valida quale che sia la forma della rispo-

sta armonica del filtro, purche la sua banda sia sufficientemente stretta sı da ritenere

costante in tale banda loa PSD del segnale d’ingresso. E quindi possibile misurare lo

spettro di potenza di un segnale se si ha a disposizione uno strumento che misura la

potenza ed un filtro passa banda, a banda stretta, con frequenza centrale accordabile

in modo da analizzare la banda d’interesse. Ovviamente lo stesso risultato puo esse-

re ottenuto operando in parallelo con un banco di filtri a banda stretta le cui risposte

armoniche siano centrate alle frequenze a cui si vuol misurare la PSD e ricoprano la

banda di interesse.

Dalla relazione (1.71) si ha che e possibile generare un segnale aleatorio SSL X(·)con assegnata PSD, o equivalentemente con assegnata correlazione, filtrando un rumore

bianco W (·) avente PSD unitaria con un filtro LTI la cui funzione di trasferimento di

energia sia pari alla assegnata PSD desiderata, come schematizzato in fig. 1.14.

Per rumore bianco si intende un segnale aleatorio SSL a media nulla con autocor-

relazione impulsiva e quindi PSD costante: una sequenza di variabili aleatorie a media

41

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nulla, iid, o almeno incorrelate, fornisce un primo esempio di rumore bianco. Nel caso

di segnali a tempo continuo, un generatore di rumore bianco non e fisicamente realiz-

zabile in quanto la sua potenza e infinita: tuttavia, anche in tal caso e utile introdurre

tale modello quale caso limite di segnali di potenza SSL a larga banda. Ad esempio il

rumore termico, presente in tutti i dispositivi ed apparati eletronici ha una PSD che puo

ritenersi costante fino a frequenze dell’ordine del THz; conseguentemente, la PSD del

rumore in uscita e proporzionale alla funzione di trasferimento dell’energia del sistema

se quest’ultimo ha una banda molto minore di quella dell’ingresso; pertanto ai fini della

valutazione degli effetti del rumore in uscita e del tutto lecito modellare il disturbo in

ingresso come rumore bianco, con una notevole semplificazione della complessita dei

calcoli.

La risposta armonica del filtro sagomatore di fig. 1.14 e del tipo

H(·) =√

SXX(·)ejβ(·)

con β(·) risposta in fase arbitraria. Se pero, come in genere avviene, si richiede che

il filtro sia stabile e causale la fase non puo essere arbitraria, ma va opportunamente

scelta: sfortunatamente non esistono semplici procedure di determinazione della fase

ne nel dominio del tempo ne in quello della frequenza.

- -X(·)W (·)

H(·)Generatoredi rumore

bianco

Figura 1.14: Generazione di un segnale con assegnata PSD.

Esempio 14 PSD di un PAM con pre-codifica

Come precedentemente accennato il segnale PAM utilizzato per trasmettere i sim-

boli emessi da una sorgente senza memoria ha una PSD dettata esclusivamente dallo

spettro dell’impulso base: in tal caso e utile pre-codificare la sequenza modulante, co-

me illustrato in fig. 1.6 generando una sequenza correlata opportunamente in modo da

ottenere la PSD desiderata.

Come codificatore si puo utilizzare un filtro LTI come illustrato in fig. 1.15. In tal

caso la PSD del segnale PAM X(t) vale

SXX(f) =1

T

[σ2

a + µ2aδ(fT )

]|H(fT )|2|P (f)|2

ove µA e σ2A sono la media e, rispettivamente, la varianza dei simboli emessi dalla sor-

gente senza memoria. Per eliminare la parte a righe dello spettro e sufficiente imporre

42

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Modulatore

6

X(t)-

Sorgentesenza

memoria

- |H(ν)|2 -A(n) B(n)

∼ p(t)

Figura 1.15: Generazione di PAM con pre-codifica LTI.

che il filtro LTI abbia un guadagno nullo in continua; in tale ipotesi la PSD del PAM

diventa

SXX(f) =1

Tσ2

a|H(fT )|2|P (f)|2 (1.72)

Pertanto essa e proporzionale al prodotto della ESD dell’impulso base per la funzione

di trasferimento dell’energia del filtro codificatore.

Ad esempio, nel caso di una sorgente binaria, cioe A(n) processo di Bernoulli di

parametro 1/2, utilizzando come filtro codificatore una differenza prima, cioe

y(n) = x(n)− x(n− 1) |H(ν)|2 = 4 sin2(πν)

e come impulso base un impulso rettangolare RZ di ampiezza A e durata T/2 la PSD

del PAM e

SXX(f) = sin2(πfT )A2T sinc2

(1

2fT

)

Si osservi come, grazie alla presenza del fattore sin2(πfT ) dovuto al filtraggio, il

contenuto spettrale del PAM nell’intorno della frequenza zero sia trascurabile; inoltre

e notevolmente attenuato anche il contenuto spettrale nell’intorno della frequenza 1/T

con una conseguente riduzione della banda. Per contro il sistema e piu complesso ed

inoltre il segnale trasmesso e, per effetto della codifica, a tre livelli, 0, A, −A.

Piu in generale la relazione (1.72), eventualmente col vincolo H(0) = 0 se oc-

corre eliminare la parte a righe dello spettro, consente di determinare la funzione di

trasferimento dell’energia |H(·)|2 necessaria per ottenere una pre-assegnata PSD Sx.

J

La potenza di rumore in uscita ad un filtro LTI quando l’ingresso e rumore bianco

(vedi fig. 1.14) e data da:

PX =N0

2

∫ +∞

−∞

|H(f)|2df

ove N0/2 denota la PSD del rumore, e puo riscriversi

PX = N0|H(f0)|2BN

43

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BNBN

BNBN

∣∣∣H(f)H(0)

∣∣∣2

−f0 f0

-

a)

b)

-f

f

Filtroideale

∣∣∣ H(f)H(f0)

∣∣∣2

Filtroideale

6

6

Figura 1.16: Definizione di banda di rumore: sistemi passa-basso (a) e passa-banda(b).

ove:

BN ,

∫ +∞

0

∣∣∣∣H(f)

H(f0)

∣∣∣∣2

df

definisce la banda di rumore (monolatera) del filtro.

Pertanto la banda di rumore e la banda del filtro ideale avente lo stesso guadagno

|H(f0)|2 di centro banda e la cui funzione di trasferimento dell’energia sottende la

stessa area. Tale interpetrazione e illustrata in fig. 1.16 sia nel caso di sistemi passa-

basso che passa-banda. Dalla relazione di Parseval segue che la banda di rumore e

calcolabile anche a partire dalla risposta impulsiva con la relazione:

2BN =

∫ +∞

−∞

|h(t)|2 dt

∣∣∣∣∫ +∞

−∞

h(t)e−j2πf0tdt

∣∣∣∣2

Si osservi che la definizione data vale, con ovvie modifiche, anche per sistemi discreti;

44

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precisamente, in tal caso, si ha:

BN =

∫ + 1

2

0

∣∣∣∣H(ν)

H(ν0)

∣∣∣∣2

dν 2BN =

+∞∑

m=−∞

|h(m)|2

∣∣∣∣∣

+∞∑

m=−∞

h(m)e−j2πν0m

∣∣∣∣∣

2

Si osservi infine che, nel definire la banda di rumore si e implicitamente fatto riferi-

mento ai sistemi reali, anche se la definizione puo essere estesa con ovvie modifiche

anche al caso di sistemi complessi.

1.10 Esercizi

Ex. 1.1 Sia X(n) un segnale gaussiano a media nulla e varianza σ2. Determinare il

rapporto Kc = XM

σ ove XM e il valore superato al piu con probabilita 10−5

Ex. 1.2 Sia X(t) un segnale aleatorio gaussiano SSL a media nulla ed autocorrelazio-

ne in tempo−tempo rXX(t1, t2) e sia Y (t) il processo modulato in angolo da X(t),

cioe il segnale

Y (t) = A expj[ω0t + kPMX(t) + Θ]

ove ω0 e kPM sono costanti e Θ e una variabile aleatoria uniforme in (0, 2π)

indipendente da X(t).

Calcolare media ed autocorrelazione in tempo−tempo di Y (t); stabilire inoltre se Y (t)

sia SSL qualora lo sia X(t).

N.B. Se Z ∼ N(µ, σ2) allora EejωZ = e−1

2σ2ω2

ejωµ

Ex. 1.3 Un segnale aleatorio gaussiano Xa(t) SSL, a media nulla e con

autocorrelazione

rXaXa(τ) = σ2sinc

( τ

T

)

e campionato con passo T ottenendo la sequenza X(n) = Xa(nT ).

Mostrare che X(n) e una sequenza di v.a.i.i.d..

Ex. 1.4 Sia X(n) un processo aleatorio SSL, gaussiano a media nulla ed

autocorrelazione rXX(m) = a|m| con |a| < 1.

Determinare la pdf del 1o ordine della sequenza Y (n) = X(2n)−X(2n− 1).

45

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Ex. 1.5 Determinare la pdf congiunta delle due variabili aleatorie:

X ,

N−1∑

n=0

W (n)p1(n) Y =,

N−1∑

n=0

W (n)p0(n)

con W (n) processo aleatorio gaussiano bianco di potenza σ2 e pi(t), i = 1, 2 segnali

di energia Ei ed energia mutua E12. Ripetere il calcolo per le v.a.

X =

∫ T

0

W (t)p1(t)dt Y =

∫ T

0

W (t)p2(t)dt

con W (t) processo aleatorio gaussiano bianco e pi(t), i = 1, 2 segnali di energia Ei

ed energia mutua E12.

Ex. 1.6 Si desidera misurare una tensione continua A affetta da una deriva aleatoria

n(t) SSL a media nulla ed autocorrelazione esponenziale rn(τ) = e−1000|τ |, con un

errore rms di 0.01 V. Per ottenere la precisione voluta il segnale x(t) = A+n(t) e filtra-

to con un filtro avente risposta impulsiva h(t) = ω0e−ω0tu(t) (filtro RC): determinare

il valore del parametro ω0 del filtro all’uopo necessario.

Ex. 1.7 Mostrare che il valore attuale dell’uscita di un sistema LTI tempo discreto,

causale e statisticamente indipendente dai valori futuri dell’ingresso se quest’ultimo

e gaussiano bianco. Stabilire se il risultato e valido anche se il rumore bianco non e

gaussiano.

Ex. 1.8 Per combattere disturbi fortemente correlati i sistemi radar usano il filtro MA:

y(n) = x(n)− x(n− 1)

Supposto che il disturbo in ingresso sia aleatorio a media nulla con autocorrelazione

esponenziale rXX(m) = σ2Iρ|m|, determinare l’attenuazione del disturbo CA, defi-

nita da CA = σ2I/σ2

O, dove σ2I e la potenza del disturbo in ingresso al filtro e σ2

O e

quella in uscita. Ripetere il calcolo per disturbo con autocorrelazione gaussiana, cioe

rXX(m) = σ2Iρm2

.

Ex. 1.9 Un segnale aleatorio X(t), stazionario almeno del 1o ordine, avente una pdf

tipo Laplace, cioe:

fX(x) =1√2σ

exp

[−√

2|x|σ

]

e cimato, con un cimatore ideale simmetrico, al livello XM .

Determinare il fattore di carico Kc , XM/σ in modo che la frazione di tempo in cui

si ha cimatura sia 10−5.

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Page 51: Introduzione ai Segnali Aleatori · Capitolo 1 Segnali aleatori 1.1 Segnali aleatori: definizione e classificazione Un segnale aleatorio (s.a.) X(t) e` una famiglia di v.a. fX(t);

Ex. 1.10 Si consideri il sistema LTI avente la seguente risposta impulsiva:

h(n) = ban−1u(n− 1)

con in ingresso una sequenza di v.a. iid X(n) con media µX e varianza σ2X .

Stabilire le condizioni cui devono soddisfare a e b per avere un sistema stabile. De-

terminare inoltre a e b in modo che l’uscita abbia la stessa media dell’ingresso ed una

varianza pari ad un decimo di σ2X .

Ex. 1.11 Si consideri il segnale di energia

x(t) =

N−1∑

n=0

a(n)p(t− nT )

con a(n) sequenza finita deterministica e p(t) impulso arbitrario.

Mostrare che la ESD di x(t) e data dal prodotto delle ESD della sequenza modulante

a(n) e di quella di p(t); conseguentemente l’autocorrelazione di x(t), antitrasformata

dell’ESD, vale

rXX(τ) =+∞∑

−∞

ra(m)rp(τ −mT )

Ex. 1.12 Determinare la PSD del segnale Y (t) = X(t) · cos(ω0t + Θ), dove X(t) e

un segnale binario sincrono NRZ e Θ e una v.a. statisticamente indipendente da X(t)

uniforme in (0, 2π).

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