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MALATTIE INFETTIVE 12/03/14 INFEZIONI DELLE VIE URINARIE Con il termine ivu si intende: -infiammazione delle vie urinarie che può essere acuta,subacuta o cronica ed è determinata da un agente infettivo che nella maggior parte dei casi è un batterio; -presenza di un significativo numero di batteri nelle urine raccolte correttamente(ricordando che ci possono essere molto condizioni che mimano o simulano le infezioni). CARATTERISTICHE DELLE IVU 1) CLINICHE : - sintomatiche -asintomatiche uretrite infiammazione superficiale: 2) SEDE: - localizzate alla basse vie urinarie cistite coinvolgono solo la mucosa prostatite infezione di tipo profondo che comporta l’invasione del tessuto -localizzate alle alte vie urinarie pielonefrite o nefrite interstiziale tutte infiammazioni ascessi intrarenali o perirenali di tipo profondo 3) COMPLICATE o NON COMPLICATE 4) ASPECIFICHE( dovute alla flora vaginale-uretrale,perineale o intestinale) SPECIFICHE(Tbc,gonococco,c.trachomatis,ureaplasma urealyticum,s.haematobium,miceti e virus) INFEZIONI COMPLICATE. Si verificano in presenza di alcuni cofattori favorenti e predisponenti che dipendono dal patogeno e dall’individuo che ne è vittima;esistono patogeni resistenti,possono essere presenti anomalie funzionali,metaboliche o anatomiche,o,ancora,il soggetto può essere stato sottoposto a cateterismo o aver avuto contatto con corpi estrenei(stent,durante interventi di nefrotomia). Tra le condizioni favorenti le ivu complicate ci sono: - litiasi - neoplasie - stenosi ureterali - diverticoli vescicali - cisti renali - fistole Tra le anomalie funzionali ricordiamo in particolare la vescica neurologica e il reflusso vescico- ureterale. Altre condizioni che facilitano la comparsa di tali infezioni sono: l’insufficienza renale,il diabete,i trapianti e l’immunosoppressione. WWW.SUNHOPE.IT

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MALATTIE INFETTIVE 12/03/14

INFEZIONI DELLE VIE URINARIE

Con il termine ivu si intende:

-infiammazione delle vie urinarie che può essere acuta,subacuta o cronica ed è determinata da un

agente infettivo che nella maggior parte dei casi è un batterio;

-presenza di un significativo numero di batteri nelle urine raccolte correttamente(ricordando che ci

possono essere molto condizioni che mimano o simulano le infezioni).

CARATTERISTICHE DELLE IVU

1) CLINICHE : - sintomatiche

-asintomatiche

uretrite infiammazione superficiale: 2) SEDE: - localizzate alla basse vie urinarie cistite coinvolgono solo la mucosa

prostatite infezione di tipo profondo

che comporta l’invasione del tessuto

-localizzate alle alte vie urinarie pielonefrite o nefrite interstiziale tutte infiammazioni ascessi intrarenali o perirenali di tipo profondo

3) COMPLICATE o NON COMPLICATE

4) ASPECIFICHE( dovute alla flora vaginale-uretrale,perineale o intestinale)SPECIFICHE(Tbc,gonococco,c.trachomatis,ureaplasma urealyticum,s.haematobium,miceti e

virus)

INFEZIONI COMPLICATE. Si verificano in presenza di alcuni cofattori favorenti e predisponenti che dipendono dal patogeno e dall’individuo che ne è vittima;esistono patogeni resistenti,possono essere presenti anomalie funzionali,metaboliche o anatomiche,o,ancora,il soggetto può essere stato sottoposto a cateterismo o aver avuto contatto con corpi estrenei(stent,durante interventi di nefrotomia). Tra le condizioni favorenti le ivu complicate ci sono: - litiasi

- neoplasie - stenosi ureterali - diverticoli vescicali - cisti renali - fistole

Tra le anomalie funzionali ricordiamo in particolare la vescica neurologica e il reflusso vescico-ureterale. Altre condizioni che facilitano la comparsa di tali infezioni sono: l’insufficienza renale,il diabete,i trapianti e l’immunosoppressione.

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Un ruolo fondamentale nel determinare la frequenza di infezioni complicate è dato dall’età e dal sesso. Durante il periodo fertile sono maggiormente presenti nelle femmine in concomitanza con l’inizio dei rapporti sessuali. Nel maschio bisogna aspettare l’età più avanzata,quando compare l’ipertrofia prostatica che facilita la loro comparsa.

Età Femmine Maschi

<1 Anormalità anatomiche/funzionali Cause urologiche

Anormalità

1-5 Anormalità congenite con reflusso vescico-ureterale

Anormalità con reflusso

6-15 Anormalità Nessuna 16-35 Rapporti sessuali

Uso del diaframma Omosessualità

36-65 Chirurgia ginecologica Prolasso

Ipertrofia prostatica(residuo post-minzionale) Ostruzioni Cateterismo

>65 Stesse condizioni + incontinenza urinaria

Stesse condizioni + incontinenza urinaria

IVU NON COMPLICATE. Solitamente:cistiti in donne gravide senza alterazioni anatomiche o

neurologiche. Sono sempre più frequenti nella donna in dipendenza dalla lunghezza dell’uretra e dei

suoi rapporti esterni. Rispondono bene e in modo immediato alla terapia antibiotica mentre le ivu

complicate sono dovute a microrganismi resistenti e spesso la risposta alla terapia è inadeguata.

Vediamo le specie microbiche maggiormente coinvolte

SPECIE MICROBICHE ASSOCIATE

Cistite acuta non complicata

Pielonefrite acuta non complicata

Ivu complicate

Ivu associate a cateterismo

E.coli 70 % 89% 32% 0 S. saprophyticus 11 0 1 0 Proteus 2 4 4 6 Klebsiella 3 4 5 8 Enterococchi 22 Pseudomonas 20 Flora mista 10 11 Candida 20

Quando da un campione di urina si isolano più germi si parla di contaminazione e quindi è necessario

chiedere al paziente di raccogliere nuovamente le urine.

Come detto,la capacità infettante del patogeno dipenderà da caratteristiche a esso stesso

legate(entità di inoculo,adesività batterica che dipende da adesine,fimbrie,pili in grado di legarsi alle

glicoproteine delle membrane cellulari);da caratteristiche dell’ospite( difetti dei meccanismi di difesa

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aspecifici e in quelli specifici- deficit igA secretorie ad esempio- anomalie delle vie urinarie-

stenosi,litiasi- malformazioni)

Le vie di diffusione: - canalicolare ascendente(dipendente dalla vicinanza del vestibolo vaginale e

dalla brevità dell’uretra nella donna, dalla prostata nell’uomo)

- via ematica(batteriemie-rare)

- via linfatica dal colon(ciò spiega perché i batteri gram negativi sono frequente-

mente coinvolti nelle ivu)

- manovre strumentali( infezioni iatrogene)

SINTOMATOLOGIA-

Cistite- determina disuria,pollachiuria,febbre(non obbligatoriamente presente), stranguria, tenesmo,

dolore sovrapubico,ematuria, piuria(presenza di leucociti polimorfonucleati), batteriuria,urine

torbide e maleodoranti. Tali sintomi e segni sono però presenti anche in flogosi non batteriche delle

basse vie urinarie e nella sindrome uretrale acuta.

Sindrome uretrale acuta- quadro clinico caratterizzato da disuria,stranguria e pollachiuria in assenza

di urinocoltura positiva(clamidia trachomatis o ureoplasma).

Pielonefrite acuta- infiammazione del tessuto connettivale renale o dell’interstizio renale

caratterizzata da:dolore lombare,febbre e brivido(il prof dice che l’esordio assomiglia a quello delle

polmoniti con differente localizzazione del dolore),dolore ai punti costo-vertebrali di guyon e ai punti

ureterali,nausea e vomito(legati allo stato settico),cilindruria(dato di laboratorio importantissimo che

può subito orientare la diagnosi),piuria,batteriuria,ematuria.

Questa sintomatologia può essere presente anche nella colica renale,nell’infarto renale(che si genera

in seguito per esempio al distacco di un embolo settico che arriva al parenchima renale in corso di

endocardite batterica). A permettere la differenziazione da queste ultime condizione sono: la

batteriuria significativa e l’emocoltura positiva(nel 30-40 % dei casi la pielonefrite può essere anche

batteriemica).

Cosa succede nell’organo interessato da patologia infettiva?

ANATOMIA PATOLOGIA-

Cistite- iperemia(mucosa arrossata),edema(sofficità della mucosa),infiltrazioni di neutrofili. Queste

condizioni determinano stravaso nelle urine di globuli bianchi,globuli rossi(che passano attraverso i

capillari a causa dell’infiammazione) e muco. Può associarsi infezione delle ghiandole parauretrali

formando microascessi del lume resistenti ai chemioterapici e causa di recidive.

Pielonefrite- infiltrazione di granulociti neutrofili,formazione di focolai infiammatori che possono

essere sparsi,diffusi,monolaterali o bilaterali. Nei casi più gravi è associata anche una componente

infiammatoria tubulare( con formazione di necrosi sparsa,ostruzione del lume da detriti e proteine

con dilatazione pseudo follicolare a monte). L’infiltrazione leucocitaria determina la cilindruria che è

patognomonica!

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DIAGNOSI DELLE INFEZIONI DELLE VIE URINARIA

Innanzitutto è importante raccogliere la pars intermedia del mitto urinario in un recipiente sterile

dopo aver pulito accuratamente i genitali con acqua e sapone(senza però asciugarli in quanto

l’asciugamano è fonte di batteri) e aver scartato il primo getto di urina(circa 100-150 cc).

Nei bimbi e nei soggetti che non urinano o che non sono collaboranti può essere necessaria la

puntura sovrapubica o il cateterismo.

Indagini da eseguire sulle urine così raccolte :

- esame citologico diretto del sedimento centrifugato( per la ricerca di globuli bianchi,emazie

ecc.):patologici sono un numero di globuli bianchi> di 5000 per mm^3 e un numero di globuli

rossi > di 2 per campo)

- esame batterioscopico diretto delle urine non centrifugate(valori patologici numero

batteri> di 10 per campo)

- coltura batteriologica quantitativa: si calcola il numero di germi in un ml di urina contando il

numero di colonie sviluppatesi su terreno di coltura(espresse in UFC)

batteriuria significatica > o = a 100 mila germi/ml di urina

batteriuria non patologica se < a 10 mila germi/ml di urina

batteriuria compresa tra 10mila e 100mila tenere sotto controllo il paziente

- isolati i patogeni dall’esame colturale si fa la determinazione della sensibilità del germe

mediante antibiogramma.

Nel caso si sospettino anomalie delle vie urinarie e infezioni complicate verranno fatte in un secondo

momento indagini strumentali mirate(urografia discendente,pielografia ascendente ecc.)

Attenzione! Il concetto di batteriuria deve fare i conti con la qualità dei germi.

UOMO DONNA

Carica batterica Sintomi ivu

>10^3 ivu batterica <10^3 assenza di ivu Sì

>10^2 ivu batterica <10^2 assenza

NO

Enterobacteriaceae Altre specie

>10^5 ivu batterica < o =10^5 assenza ivu

> 10^4 ivu batterica <10^4 assenza

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Problemi nella diagnosi della ivu. Alcuni pazienti con batteriuria > o = a 10^5 germi/ml sono

asintomatici. Dei pazienti con batteriuria significativa e sintomi di cistite: 2/3 hanno infezione delle

basse vie urinarie e 1/3 delle alte vie urinarie. Anche una batteriuria di 10^4 può indicare infezione in

pz sintomatico o in paz in cui le urine sono state prelevate con cateterismo vescicale.

BATTERIURIA ASINTOMATICA. Può presentarsi soprattutto durante la gravidanza in particolare nel

periodo compreso tra la nona e la diciassettesima settimana. Se le pielonefriti che si sviluppano in

gravidanza non sono curate(e ciò accade nel 40% dei casi) si hanno parti prematuri. Quindi è sempre

opportuno ricercare batteriuria alla prima visita,alla sedicesima e alla ventesima settimana. Gli

antibatterici che devono essere usati in gravidanza perché non dannosi per il bambino

sono:amoxicillina,cefalosporine di prima generazione,nitrofurantoina(evitare sulfamidici,tetracicline

e chinolonici!). Fatta la terapia bisogna ripetere l’urinocultura dopo 1 e dopo 2 settimane.

TERAPIA.

Cistite- protrarre la terapia al max 3 giorni. Usati maggiormente bactrim(2 volte al

giorno),nitrofurantoina e chinolonici(250 mg due volte al giorno).

Pielonefrite- la durata della terapia deve essere protratta per 10-14 giorni. Se le forme sono severe e

nel caso di donne gravide è richiesta l’ospedalizzazione e una terapia parenterale(gentamicina,

ciprofloxacin,ceftriaxone) che deve essere continuata fino alla scomparsa della febbre;dopodiché si

prosegue con gli stessi antibiotici per via orale.

Candidosi urinaria- fluconazolo e anfotericina.

BRUCELLOSI O FEBBRE MALTESE La brucellosi è un antropozoonosi a decorso che può essere acuto,subacuto o cronico ed è causata

dalla brucella. Questa malattia può interessare l’organismo in maniere generica o localizzarsi in un

particolare organo(forma focale).

La sintomatologia fondamentale è composta dalla triade: febbre ondulante,artromialgie e

sudorazione. Ma come distinguerla dall’influenza? L’influenza evolve e si risolve in un periodo

limitato di 4-5 giorni mentre i sintomi di brucellosi sono persistenti. Anche il tifo determina una

sintomatologia molto simile con la differenza che in quest’ultimo è presente anche astenia,mentre il

paziente affetto da brucellosi nei periodi di apiressia si sente abbastanza in forze da andare

addirittura a lavorare.

All’esame obiettivo ricercare la splenomegalia:la milza è aumentata di consistenza ma mai ingrandita

eccessivamente.

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Questi batteri infettano le cellule del sistema reticolo-endoteliale e sapere le cellule bersaglio è

fondamentale per capire la sintomatologia che non è altro che una diretta conseguenza dipendente

dalla localizzazione di queste cellule peraltro ubiquitarie(quindi potrà esserci endocardite

brucellare,epatite,lesioni a carico del midollo delle ossa lunga o piatte-artrite,spondilite brucellare o

pseudo pott,coxite-meningite).

La brucella è un batterio gram negativo di forma coccoide o bacillare,aerobio,asporigeno e immobile.

Agiscono in virtù di una endotossina che penetra nella membrana cellulare(sono batteri

intracellulari) e sopravvivono nell’ambiente esterno per molte settimane.

Gli antibiotici che si usano per contrastarla sono quelli in grado di attraversare la parete delle cellule

reticolo-endoteliali e devono essere almeno due somministrati insieme e in modo continuativo per 6

settimane.

La brucellosi colpisce sia l’animale che l’uomo. Nell’animale viene eliminata attraverso il latte(può

esserci mastite o una mammella sana),urine e feci,secrezioni vaginali dopo aborto(la brucella causa

aborto),liquido seminale del toro e i prodotti dell’aborto(motivo per cui i veterinari possono

facilmente infettarsi). Le modalità di contagio sempre nell’animale possono avvenire per via

orale(contaminazione del foraggio,dell’acqua),tramite mucose(accoppiamento di un toro infetto con

una femmina sana) o cutanea(dalla mano della mungitrice che passa dalle mammelle di una mucca

all’altra).

Nell’uomo la brucellosi può essere contratta per via orale con l’ingestione di latte non

pastorizzato,latticini e formaggi non stagionati;per via cutanea nelle mungitrici;per contatto con

urine e feci(sempre per via orale o inalatoria o congiuntivale). Anche durante la macellazione,il

macellaio può contagiarsi a causa delle schegge ossee.

La brucella dunque può penetrare nel nostro organismo attraverso l’apparato digerente,la cute,la

congiuntiva. Penetra poi nei linfonodi regionali e inizia a moltiplicarsi determinando batteriemia che

le consente di localizzarsi in tessuti e organi ricchi di cellule del SRE(fegato,milza,linfonodi, midollo

osseo,rene).

La reticolo endotelite sistemica(così può definirsi anche la brucellosi)viene distinta in

semplice(iperemia,infiltrazione emorragica) o granulomatosa(iperplasia del SRE con formazione di

granulomi costituiti da cellule parassitarie circondate da linfociti-monociti).

Immunità umorale: aumento delle IgM iniziale seguito dall’aumento delle IgG. L’evoluzione di questa

infezione è poco controllata dall’immunità umorale mentre a giocare un ruolo fondamentale è

l’immunità cellulare:proliferazione dei macrofasi,reclutamento monociti dal sangue,controllo

dell’infezione da parte dei linfociti T,produzione di linfochine che agiscono sui macrofaghi

determinando killing dei batteri.

Clinica. Febbre continuo-remittente, remittente-intermittente,febbricola: la febbre non ha

caratteristiche particolare a differenza della leishmaniosi dove ha il tipico andamento ad M o a

orecchie di gatto.

Presenza di sudorazione,artralgie,mialgie,nevralgie,splenomegalia(50% dei casi),epatomegalia(25%

dei casi),leucopenia con linfocitosi,aumento della VES.

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Farmaci di elezione:tetracicline e streptomicina(quest’ultima va usata con cautela e per periodi di

tempo non superiori alle 4 settimane a causa dell’ototossicità).

Brucellosi d’organo. Può presentarsi nei modi più disparati:

1) meningite brucellare:liquor limpido,aumento proteine e linfociti(non dei granulociti a

differenza della meningite da meningococco) e diminuzione della concentrazione di glucosio;

2) encefalite,mielite,radicolite,nevrite sciatica;

3) epatite(necrosi epatocita ria può esserci ma mai con valori di transaminasi troppo elevati)

4) turbe gastrointestinali;

5) endocardite su endocardio sano o endocardio leso(colpite le valvole mitrale e aortica) con

possibilità di embolie;

6) broncopolmonite,pleurite,lobite;

7) orchite;

8) splenite,adenopatie;

9) eritema nodoso,vasculiti;

10) artromialgie,osteoartriti,osteoperiostiti. La localizzazione più frequente è a livello

dell’articolazione coxo-femorale,sacro-iliaca ,intervertebrale(spondiloartrite che interessa i

piatti cartilaginei intervertebrali) con formazione di tessuto di granulazione che possono

determinare ascessi ossifluenti soprattutto a carico del tratto cervicale della colonna

vertebrale. Reazione osteoblastica che può riguardare anche le coste.

DIAGNOSI. Lo sviluppo è lento e quindi bisogna mantenere le colture per almeno 4 settimane.

Quando è sospettata la malattia,viene utilizzata la sieroagglutinazione di wright che consente di

ricercare gli anticorpi agglutinanti brucelletitolo da 1:160 in su. Tale reazione è positiva nel 90%

dei casi(l’inizio della positività però si ha a partire dalla seconda settimana);può risultare positiva

anche dopo guarigione,in fase acuta igM specifica o in recidive IgG. Può essere negativa in fase acuta

a basse diluizioni di siero-il cosiddetto effetto prozona- a causa di anticorpi incompleti

bloccanti,eccesso di anticorpi;sarà allora necessario ripetere il test a diluizioni maggiori (1:1000 o

1:10000).

Oltre alla siero agglutinazione possono essere fatti in casi eccezionali una sternomielocoltura,

un’emocoltura o esame dell’espettorato,esame del liquor.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE. Influenza( presenza di astenia,tosse e starnuti), tifo(anamnesi-ingestione

frutti di mare-cefalea,vidal+),leishmaniosi(febbre bifasica,piastrinopenia,ingrandimento molto

maggiore della milza,aumento delle gammaglobuline,milza allungata),malaria(l’anamnesi viene in

aiuto-viaggi in zone endemiche-anemia,splenomegalia maggiore).

TERAPIA. Doxiciclina + rinfampicina per 6 settimane

Doxiciclina+ streptomicina la prima per 6 settimane e la seconda per tre settimane

Cotrimaxacolo + rinfampicina in donne gravide

Cotrixomacolo + gentamicina nei bimbi di età < di 8 anni

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MALATTIE INFETTIVE Prof.ssa Sagnelli 19/03/14

ENDOCARDITE

L’endocardite è legata alla sepsi perché un germe può passare dal cuore in circolo e

si forma una sepsi. Prima di tutto bisogna ricordare come è fatto il cuore,come si

asculta perché riconoscere un tono cardiaco alterato è fondamentale per avere la

conferma clinica di un’endocardite. Se tu sei il curante di quel paziente avrai una

memoria dei suoi soffi e ricorderai se è uguale alla visita precedente o è modificato.

L’endocardite è un processo infiammatorio a carico dell’endocardio e dei grossi vasi.

Non è facile isolare il patogeno(50% delle endocarditi ha emocoltura negativa). La

batteriemia è quando il patogeno è in circolo. Quando il paziente ha il brivido allora

il germe è in circolo e stimola alcune citochine a rispondere. Il batterio non gira nel

cuore e da infezione random,ma il batterio trova un luogo idoneo per la sua

sopravvivenza e per la sua replicazione. Qui bisogna ricordare le strutture valvolari

del cuore e se una struttura non è vascolarizzata come ad esempio una protesi

artificiale essa avrà un rischio maggiore di essere attaccata dal batterio perché li non

arrivano i globuli bianchi. La mortalità cambia con l’età,con l’ospedalizzazione,con la

presenza di pacemaker di bypass e altri dispositivi. L’endocardite in linea di massima

è più presente negli uomini. Il nocciolo dell’endocardite è capire che cos’è una

vegetazione. Una vegetazione è un insieme a strati di piastrine e di fibrina che si

depositano spontaneamente;secondariamente un batterio va a posizionarsi qui

perché per lui è comodo e stimola il processo infiammatorio e sopra di lui si

formano altri strati di fibrina piastrine e ecc.

Classificazioni: esistono 3 classificazioni

1. Decorso clinico (acuta e subacuta)

2. Agente etiologico

3. Epidemiologica

La classificazione eziologica riconosce vari fattori determinanti endocardite:

Gram positivi(80%):Streptococcus spp,S.aureus,S.epidermidis,Enteroccocus

Gram negativi(5-10%):Pseudomonas,E.Coli,Klesbiella,Enterobacter

Miceti(1-3%):Candida,Aspergillus

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Endocardite a coltura negativa(per pregressa terapia antibiotica e per batteri a lenta

crescita.

La classificazione epidemiologica riconosce agenti che si trovano su valvola nativa,su

valvola protesica,nel tossicodipendente(perché iniettandosi la droga si inietta in

vena direttamente il patogeno talvolta contenuti anche nei coadiuvanti della droga)

e nel paziente ospedalizzato. La valvola nativa per essere infettata deve essere non

normale,ovvero avere valvulopatie congenite,malattia reumatica,processi

degenerativi o deve esserci il prolasso della mitrale. Da un punto di vista eziologico i

principali batteri isolati sono S.viridans,S.aureus,S.bovis. Per la valvola aritificiale se

l’’l’infezione si realizza meno di due mesi dopo l’intervento penserò che si tratta di

un’infezione da sala operatoria e i batteri responsabili saranno i batteri coaugulasi

negativi,S.aureus e i batteri gram negativi. Nella forma tardiva,invece,si fa lo stesso

ragionamento che si faceva per la valvola naturale.

In alcuni casi succede che la vegetazione si localizza sulla valvola e si può rompere

l’anello o si può rompere la corda tendinea(la valvola non si chiude più e bisogna

intervenire chirurgicamente). Nel tossicodipendente i batteri sono soprattutto quelli

cutanei o potrebbero essere quelli ambientali(nell’acqua che si miscela la droga)e si

realizzano soprattutto nel cuore destro per l’iniezione endovenosa.

In ospedale altre fonti di infezioni sono l’emodialisi ma le percentuali sono molto più

basse.

PATOGENESI

Allora il patogeno va in circolo attraverso varie procedure:estrazione

dentale,tonsillectomia,broncoscopia,biopsie epatiche,legature delle varici esofagee.

Può provenire inoltre dalla cute e dalle vie urinarie. Si inizia ad avere una

insufficienza aortica,una stenosi,una insufficienza mitralica ma il blocco principale è

che pressione e flusso vengono ad essere alterati per cui ho dei flussi più turbolenti.

Si formano questi piccoli agglomerati di piastrina e di fibrina da cui origina la

vegetazione per cui posso avere il distacco di un embolo sterile. Quando arriva il

batterio si posa sulla fibrina e inizia a moltiplicare e forma la vegetazione e si

comincia ad avere l’endocardite con varie batteriemie. Gli emboli partono dal

focolaio e si hanno emboli settici,infarti settici e la formazione di immunocomplessi.

Da un punto di vista anatomopatologico la vegetazione non è grandissima(da

qualche mm a 1 cm). Quando si stacca si stacca lo fa a causa di un flusso turbolento.

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E’friabile ma come complicanze posso avere ascessi,fistolizzazioni,ulcerazioni e in

alcuni casi si possono formare degli aneurismi

SEGNI E SINTOMI

Febbre 90%

Brivido e sudorazione 40-75%

Anoressia,perdita di peso e malessere 25-50%

Mialgie e artralgie 5-30%

Dolore lombare 7-15%

Soffio cardiaco 80-85%(patognomonico)

Embolie arteriose 20-50%

Splenomegalie 15-50%

Ippocratismo digitale

Manifestazioni neurologiche

Manifestazioni periferiche

SINTOMATOLOGIA INFETTIVA

Febbricola/febbre

Astenia

Pallore

SINTOMATOLOGIA CARDIACA

Soffi

Scompenso cardiaco

Ascesso

MANIFESTAZIONI EXTRACARDIACHE

Petecchia

Glomerulo nefrite

Emorragie sub ungueale

Meningiti(più rare)

SINTOMATOLOGIA EMBOLICA

L’embolo di norma quando parte può arrivare alla milza e fare infarto splenico o può

andare all’encefalo e rendere dapprima il paziente più lento e rallentato del giorno

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prima fino a condurlo a ischemia cerebrale. La zona infartuata nel cervello o è di

forma triangolare frutto di un capillare ostruito da embolo non batterico o è un

ascesso da embolo batterico.

Per quanto riguarda i fenomeni cutanei i più frequenti sono petecchie,emorragie

retiniche,emorragie ungueali e ischemie periferiche.

A livello renale c’è deposito di immunocomplessi e formazione di una

glomerullonefrite.

A livello retinico posso avere alterazioni della retina.

A livello toracico il patogeno che va dal cuore al polmone determina processi

infiammatori.

A livello addominale ci potrà essere un infarto mesenterico.

Il patogeno può andare nella colonna vertebrale,infetta il disco e da una

spondilodiscite.

Nell’endocardite a decorso acuto quindi le cose importanti sono febbre con briviodo

scuotente,manifestazione con emboli settici. Nella forma subacuta meno irruente

per esordio la febbre non è molto alta,ho un lento interessamento cardiaco;qui le

complicanze saranno ravvisabili solo nella disseminazione.

DATI DI LABORATORIO

Anemia 90%

Leucocitosi 20-30%

Emostasi microscopica 30-50%

VES aumentata

Fattore reumatoide

IC circolanti

Riduzione del complemento

Trombocitopenia(rara)

PROGNOSI

Si devono valutare fattori di rischio:età,comorbidità,diagnosi tardiva,infezioni su

protesi e valvola aortica. In base ai patogeni posso vedere se c’è prognosi

migliore o peggiore. Nel tossicodipendente la sopravvivenza è ottima,nella

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valvola protesica a meno di due mesi dall’impianto la sopravvivenza è 50% sia

perché i pazienti sono reduci dall’immunosoppressione dell’intervento chirurgico

sia perché si tratta il più delle volte di pazienti anziani.

CRITERI DI DUKE (vedi libro) Positività per due criteri maggiori,per 5 criteri minori o

per 1 maggiore e 3 minori.

TERAPIA MEDICA

Le infezioni importanti sono trattate per via endovenosa.

Bisogna subito iniziare la terapia in modo empirico e dopo l’emocoltura

eventualmente modificarla. Dobbiamo valutare la MIC.

TERAPIA CHIRURGICA

Quando la terapia antibiotica non basta. Se trattati chirurgicamente la

sopravvivenza aumenta notevolmente. La chirurgia sulle endocarditi è dunque

importantissima

SEPSI

La sepsi non è una malattia infettiva. Un germe ha stimolato tutto il sistema

immunitario della persona per cui è come se tu ti “auto infettassi”,facendo

interagire le difese dell’ospite e le armi dell’agente patogeno.

La Sepsi è una Sirs ovvero la risposta immunitaria nei confronti dell’infezione.

La SIRS ha delle caratteristiche particolari:

Temperatura maggiore di 38 o minore di 36

Battiti maggiori di 90

Atti respiratori 24

PaCO2 minore di 32

Leucociti maggiore di 12000 e minore di 4000 (N.B: Sapere i valori dei bianchi

e di Ig)

Posso avere un’infezione e una stimolazione che mi porta ad una stimolazione e

quindi ad una sepsi. Altre cause possono essere traumi,ustioni e incidenti. Quella

che maggiormente ci preoccupa è la sepsi severa che si accompagna a

disfunzione di un organo,ipoperfusione e ipotensione. La sepsi severa si va a

configurare nello shock settico che non risponde più a trattamenti. In questa fase

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il paziente arriva al P.S. e bisogna intervenire subito con vasopressori per la

ripresa del circolo altrimenti il paziente va incontro a disfunzione di tutti gli

organi. La diagnosi di shock settico è aumentato negli ultimi anni. I fattori di

rischio maggiori sono l’ospedalizzazione prolungata,l’utilizzo di cateteri

vescicali,l’uso di cateteri vascolari,l’uso indiscriminato e scorretto di antibiotici e

numerose manovre strumentali.( con la broncoscopia si hanno solo batteriemie

transitorie). Se un catetere vascolare è infetto bisogna toglierlo subito,altrimenti

il patogeno va in circolo. L’eziologia riconosce sia Gram

positivi(S.aureus,coaugulasi negativi e enterococco),sia Gram negativo(klesbiella

pneumoniae,Serratia,enterobacter)

Le terapie per questi pazienti sono indicate per 14 gg ma se il paziente non si

riprende la terapia è più lunga. Inoltre il paziente siccome infetta gli altri dovrà

essere isolato.

Nella sepsi la fonte iniziale di infezione o è il polmone o è l’addome. I batteri

gram negativi hanno l’lps che stimola una risposta infiammatoria,con

stimolazione del C5 e dei fattori della coagulazione. Le infezioni sono miste,si

possono avere entrambe. Nel momento in cui è stimolato il th1 esso produce

TNF,IFN,IL6,IL8 mentre il Th2 produce IL4,IL10. Il danno nella sepsi è

immunomediato,la tossicità è data dai peptidoglicani e dalla risposta immunitaria

rivolta contro di essi. (Vedi i fattori della coagulazione).

Quando si attivano i fattori della coagulazione il paziente va in CID,si ha trombosi

disseminata e il paziente diventa molto difficile da trattare.

SINTOMATOLOGIA

Aspecifica:febbre,nausea,cefalea.

Il quadro cambia quando insorge

tachicardia,petecchie,confusione,ipotensione,oliguria. Si possono avere

alterazioni ai vari organi:oligoanuria,sindrome da distress

respiratorio,ittero,epatite,ischemia cerebrale

DIAGNOSI

Emocromo Aumento dei neutrofili e diminuzione di piastrine(nel CID)

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Test della coaugulazione sia PT che marcatori di fibrinolisi ovvero D-

dimero. Un D-dimero molto aumentato è segno di interessamento

polmonare.

Albumina dimiunita,PCR aumentata,VES aumentata,Glicemia

diminuita,Acido lattico aumentato,endotossine e citochine.

Alcalosi e Acidosi metabolica

Per avere un isolato faccio una emocoltura nello stato febbrile o durante il

brivido.

TERAPIA

Nel trattamento dovrò fare:

La Terapia dell’infezione è finalizzata all’eradicazione del patogeno

La Terapia di supporto mantiene perfusione e ossigenazione

L’antibiotico si da in modo empirico,valutando eventuali allergie. Se ha cateteri

vanno tolti,se ha ascessi vanno drenati.

Per la terapia di supporto uso farmaci che agiscono a livello cardiaco,vasopressori

e dobbiamo dare plasma fresco per i fattori di coagualazione. Bisogna poi

corregere l’equilibrio acido base.

L’unico farmaco che salva nella sepsi severa è la proteina c attivata che bisogna

essere somministrata prima della CID. Tutti gli altri farmaci agiscono

sull’immunità ma bisogna darli tutti prima che il paziente faccia CID per

circoscrivere gli effetti infausti

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MalattieInfettive9aprile’14

Prof.Pasquale

EPATITEVIRALEACUTAECRONICA

Patologiemoltofrequentinonsolonellanostraareageografica.

Epatite virale acuta: malattia infettiva causata da differenti virus. Per differenti s’intendeimmunologicamentedistinti,quindinonvièimmunitàcrociatatraunvirusel’altropertantoun soggetto potrà avere diverse epatiti causate da differenti virus. Gli anticorpi maturaticontrounvirusAnonviproteggonodaunvirusB,C,EoDelta.

Dacosaecaratterizzatal’epatiteviraleacuta?Iltermineepatitesignificainfiammazioneperòciòchedifferenzial’epatiteviraleacutadall’epatiteviralecronicaèlaprevalenzadellanecrosiepatocitaria sull’infiammazione; l’infiammazione c’è, coesiste con la necrosi ma ciò checaratterizza da un punto di vista anatomopatologico l’epatite virale acuta è la lisi cioè lanecrosi degli epatociti. Già questo fenomeno anatomopatologico vi spiega una cosaimportante:lapresenzanelsierodielevateconcentrazioniditransaminasi.Aquantopossonoarrivare le transaminasi nell‘epatite acuta? 50 100 volte il valore massimo nella normaricordandovi che il valore massimo normale delle transaminasi nel siero è 37‐40, quindi(40x100)4000o (40x50)2000nell’epatiteacutaquindi100020003000 finoa4000nellafase floridadell’epatiteacuta;avolte ilpazientearrivadavoichehagiàsuperato l’episodioacutoeharaggiuntounafasediplateaudoveletransaminasipossonoessereunpo’piùbassema sempre elevate (10002000), questo perché prevale la necrosi tant’è vero che la formaclinica più grave dell’epatite virale acuta è l’atrofia giallo‐acuta in cui quasi tutto il fegatovieneuccisodalviruschesireplicaesihalasituazioneclinicadell’epatitefulminanteincuiilpazientepuòmorireper insufficienza epatica inquanto tutto il fegato è statomangiatodalvirus. Tutto ciò a partire dal quadro anatomopatologico caratterizzato oltre chedall’infiammazioneedaifenomenidegenerativianchedallanecrosiepatocitaria,adifferenzadiquantoaccadeinvecenell’epatitecronicadovel’infiammazioneprevalesullanecrosi,c’èlanecrosianchenellacronicaperòl’aspettoanatomopatologicopiùesuberanteèl’infiltrazionelinfomonocitariadeglispaziportalidelparenchimalobularefinoalbridgingporto‐portale,cisaràancheunrialzodelletransaminasiperchéunpo’dinecrosic’èanchenellaformacronicaperònonsonoamillesarannoa100200avolte300400nellefasidiriacutizzazionedelvirusB ma non arrivano mai a 2000 3000 4000. Nell’epatite acuta vi è coesistenza diinfiammazione, degenerazione epatocitaria e di necrosi però prevale la necrosi, questa è ladifferenza concettuale e anatomopatologica tra le duemalattie sostenute dallo stesso viruschepuòcronicizzareB,CoDeltaconundannoanatomopatologicodifferente:prevalenecrosinell’epatiteacuta,infiammazionenell’epatitecronica.

Che succede nel fegato in corso di e. acuta? premessa la differenza del danno epatico, lasintomatologiaèconsequenzialexes.se ilpazientesisentestancoperchègliepatocitisonomorti e con essi è andata perduta anche la riserva di glicogeno che è la nostra riservaenergetica che ci fa muovere, pensare, mangiare, l’astenia è una logica conseguenza dellanecrosi come l’ittero perchè la bilirubina non viene metabolizzata sufficientemente percuivedete come gli aspetti clinici e di laboratorio sono indissolubilmente legati al dannoepatocitario.

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Daunpuntodivistaanatomopatologiconell’epatiteacutaabbiamolanecrosiepatocitariachepuò avere diverse estensioni o espressioni anatomopatologiche: esiste una necrosi focaledefinita in passato “a spruzzo” cioè interessa pochi gruppi di epatociti, necrosi zonale seinteressapiùgruppidiepatociti,submassiva,finoallanecrosimassivaovveroatrofiagialloacuta.

Oltre alla necrosi focale o diffusa del parenchima epatico (parenchima significa epatociti:partenobilediunorganocheèsostenutadallefibrillereticolarichesonoilmesenchima)

Mentrel’infiammazioneinteressailmesenchimalanecrosiinteressailparenchima.

Oltreallanecrosifocaleodiffusadelparenchimaepaticocisonofenomenididegenerazione,ladegenerazionediunepatocitacheèraggiuntodalviruspuòesserediduetipioppostitradiloro:ol’epatocitasidisidrataequindiilcitoplasmaperdel’acquaesiarrivaallaformazionedicorpi eosinofili rotondeggianti simili a quelli della febbre gialla in cui vi è la disidratazioneepatocitaria fino alla trasformazionedell’epatocita in un corpicciuolo rotondeggiante che sichiamacorpoeosinofilopercherossorubino,questaèdefinitadegenerazioneeosinofica.

Oppurel’epatocitasigonfiaperchès’ idrataesiparladiballoncellsepatocitiballoniformiaformadipalloncino:degenerazioneidropica.

Questifenomenididegenerazionesonoanchedefinitidinecrobiosiperchèpossonopreludereallanecrosiepatocitaria.

Nell’epatite acuta anche se prevalgono necrosi e fenomeni degenerativi è presente anchel’infiammazione che consiste nell’infiltrazione dei monociti, linfociti ma non neutrofili.Nell’epatiteacuta,l’infiltrazionesilocalizzasianelcontestodellobuloepatico,alivellodeglispaziportalioporto‐biliaridiKiernandoveprendeilnomediportite.

Un altro fenomeno importante è l’iperplasia e l’ipertrofia delle cellule di kupffer chiamateanche scavenger cells. o cellule spazzine che provvedono a fare pulizia dei detriti cellularidovuti alla necrosi epatocitaria perchè quando l’epatocita muore libera protoplasma,citoplasmaneisinusoidichevengonointasatidamaterialeamorfoilqualevienedigeritodallecelluledikupffer cheaumentanodinumero(iperplasia)eanchedivolume (ipertrofia).Unacaratteristicaanatomopatologicadelfegatoincorsodiepatiteviraleacutaèlapresenzanellostessomomentodituttiquestifenomeni,infattiosservandolabiopsiaepaticadiunpazientecon epatite acuta si nota un quadro polimorfo: nello stesso lobulo si ha in una zonainfiltrazione in un'altra zona la degenerazione idropica ed eosinofica, la necrosi, l’aumentodelle celluledi kupffer equesto sincronismoanatomopatologico caratterizza l’epatiteviraleacuta;questononsignificachesifalabiopsiaperfarediagnosi,anzioggigiornononsifapiùdalmomentochesiusanomarkersetransaminasiperfarediagnosi.

Dal punto di vista clinico è caratterizzata da nausea, il paziente ha nausea per gli odori dacucinalanauseaprecedeilvomito,astenia.Puòesserepresentelafebbreancheinassenzadiittero,quindinauseavomitoasteniafannofarediagnosi,febbreeditteropossonoanchenonesserepresenti.Successivamentecomparel’itterotalvoltal’itteroèpresenteprimaaltrevoltela febbre passa quando compare l’ittero. Altri segni clinici: l’ittero si associa a urine scure,ipercromichepoichèsonopresentiurobilinaebilirubinanelleurinee ipocoliafecaleperchèl’urobilinaèeliminataconleurineenonconlefecichesonochiare,questiduesegniclinicivannoinsieme.Inoltresipossonoriscontrareepatomegaliaesplenomegalia,quest’ultimanonèsemprepresenteperòvaricercata.L’epatomegaliaèunsegnoclinicodiepatiteacutaacuipotrebbefarseguitolariduzionedivolumedelfegatochenonèunbuonsegnodalmomentoche potrebbe precedere l’atrofia cioè la riduzione della massa epatica, quindi va sempre

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ricercata la volumetria degli organi perchè laddove l’ittero aumenta, e il fegato si riduce el’attività protrombinica scende dal 100% al 25% 30% il paziente può andare incontro aepatite fulminante che è l’equivalente clinico dell’atrofia giallo‐acuta; quindi il paziente inospedale deve essere visitato giorno per giorno e bisogna fargli anche delle domande perescludere segni di disorientamento spaziale e temporale poichè se è cosi e l’ittero èaumentato sta andando incontro all’encefalopatia porto‐sistemica cioè all’insufficienzaepaticacheasuavoltapuòportarealcomaepaticochesenonsirisolveentropochigiorniconopportune terapie reidratanti ecc ecc potrebbe richiedere il trapianto epatico. Per fortunal’epatitefulminantenonèfrequenteperòladdoveilclinicodovesseindividuarlainbaseaidatibiochimici: protrombina bassa, aumento dell’ammoniemia, ittero, manifestazioniemorragiche,èunpazientechevatrapiantato.Questoèciòchesuccedenell’intossicazionedaamanita phalloides la necrosi diventa massiva anche per cause tossicche comel’avvelenamento da paracetamolo, 20 compresse sono sufficienti per indurre un epatitefulminante.

Da un punto di vista laboratoristico, le transaminasi arrivano in condizioni normali fino a37/40, in corso di epatite acuta possono aumentare 50/100 volte il valore massimo nellanorma.Labilirubinaèaumentatasenzaprevalenzadellaformaindirettaodiretta,ingenereèmista laddove prevale la diretta (coniugata) si parla di epatite ad impronta colestatica equindiviaspettateancheunaumentodellafosfatasialcalinadellagammagt chesonoidueenzimiche indicanoundifficoltosodeflussodellabilenei canalicolibiliarienelleviebiliariextraepatiche.

Poi esistono imarcatori sierici dei vari virusABCDeltaE che sonodefiniti virus epatiticimaggiori; esistono vari virus epatiticiminori comequelli erpetici (citomegalovirus, EpsteinBarr) che possono dare epatiti non particolarmente severe in cui le transaminasi possonoarrivarea2‐300massimo400manonraggiungonovaloriparticolarmenteelevati.EsistonopoideivirusesoticicomequellidiLassa,EbolaeMarburg.

AbbiamolapossibilitàdiindividuaredeimarcatorisiericiperivirusmaggiorichesonoA,B,C, Delta ed E. Questi hanno uno spiccato epatotropismo, cioè lamalattia fondamentale cheinduconoèl’epatiteviraleacuta.

SonotuttiaRNAtranneilvirusBilcuigenomaècostituitodaunamolecoladiDNA.IlvirusAappartieneallafamigliaPicornaviridae,genereHepatovirus;ilvirusBècompresonelgenereOrthohepadnavirus;ilvirusDeltaèunvirusdifettivocherichiedelacontemporaneapresenzadelvirusBdicuiutilizzalestrutturedisuperficiecomeinviluppodelproprionucleocapsideperprodurreunaprogenie infettante; il virusC è classificatonella famigliaFlaviviridaenelgenereHepacvirus;ilvirusEfapartedellafamigliadeiCaliciviridae.IvirusB.C.Deltasonodiforma sferica, A ed E hanno un capside icosaedrico; le dimensioni non sono elevatissime,quellopiùgrandeèilC.

IvirusAedEvengonotrasmessiperviaoro‐fecale, imezzidicontagiosonoifruttidimarecrudi, le acque contaminate dalle feci di soggetti infetti che eliminano il virus, gli ortaggicontaminatidalleacqueconteneti il virus. Invece i virusB,CeDelta si trasmettonoperviaparenterale un tempo attraverso le trasfusioni di sangue oggi non più perché le indaginipreliminari,laricercadeimarkerssierologiciperquestivirusneldonatore,fasichevenganoesclusi dalla donazione i soggetti che presentano positività per questi markers quindi ilcontagioavvieneperviaparenteraleinapparenteattraversolostrettocontattotralemucoseche presentano microlesioni anche a livello della cute o delle mucose genitale, orale, consoggettiportatori (ilvirusBèmoltopiùcontagiosorispettoalvirusC) (esempio: sediluiteunagocciadisanguediunsoggettoconepatiteAinunavascadabagno,l’inizialecolorerosso

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sidiluisceenonsivede,sepoiprelevateunagocciad’acquadallavascaincuiavetediluitoilsangue del soggetto infetto, quella sarà contagiosa, questo per farvi capire quanto ècontagiosoilvirusBilqualecomehodettomostraancheunmaggioreepatotropismomentreil virus C è più ubiquitario, anche se predilige il fegato ,infatti avremodellemanifestazioniextraepatiche sostenute da questo virus (linfomi, glomerulonefritemembranoproliferativa)cheinvecemancanonell’infezioneprovocatadalvirusB.

Un'altracaratteristicadeivirusepatiticimaggioriècheiVirusAedEcioèquellichevengonotrasmessiperviaoro‐fecalenondannomaiepatiticronichemasoloepatitiacute,tuttidannoepatite acutama l’epatite cronica èdata solodai virusB eC i quali dopoaverdato epatiteacuta possono rimanere nell’organismo mantenendo l’infiammazione che caratterizzal’epatite cronica. Quindi non esiste il portatore cronico di epatite A ed E mentre esiste ilportatorediepatiteBCeDelta.

I virus epatitici minori che possono dare epatite acuta, si chiamano minori perchè dannomalattie a carattere sistemico e il fegato può essere interessato come epatite diaccompagnamento;ilquadrosaràcaratterizzatodaepatiteacutainsiemeadaltrisintomicheinteressanoaltriorgani,peresempioilcitomegaloviruspuòdarelinfoadenopatie,maldigola,febbre protratta può dare anche epatite ; epstein barr (mononucleosi infettiva) può darel’epatitesatelliteoltreall’interessamentodelle linfoghiandolecervicali,alla tonsillitepseudomembranosa, alla linfadenopatia generalizzata nel corso di queste infezioni si può avereipertransaminasemianoncosìelevatacomeincorsodiinfezionesostenutadavirusmaggiori.

Le metodiche sierologiche prevedono la ricerca di anticorpi della classe igM contro gliantigeni di questi virus contro citomegalovirus o l’antigene di Epstein barr quindi ilreperimentodi igMspecifichepermettedi farediagnosi (inpassatosi ricorrevaalla tecnicadeldoppioprelievoericercadeglianticorpidiclasseigG).

Ascopoculturalevicito:virusepatiticiesotici

Lassa, Marburg ed Ebola: vengono contratti soprattutto in Africa e Sudafrica, dannosintomatologiaepatiticaconelevatamortalità,hannocomeserbatoiodiinfezioneiroditoriepossonoinfettarel’uomo.Incasod’infezionedavirusMarburgedEbolasonopresentiancheemorragia,petecchie,eruzionicutaneeoltreallasintomatologiaepatitica.

Alterazioni istopatologiche: le alterazioni degenerative degli epatociti chiamate anchenecrobiosi possono presentarsi o come rigonfiamento idropico con epatociti balloniformi,pallidi, sfumati oppure degenerazioni disidratative in cui gli epatociti sono più piccoli concitoplasma più rosso, nucleo piccolo (picnosi nucleare); l’espressione più avanzata delladegenerazioneeosinofica è rappresentatadai corpi eosinofili. Lanecrosipuòpresentarsi inmanierapiùomenoestesa a seconda se coinvolgepochi omolti epatociti. Lamicronecrosifocalecoinvolgepochiepatocitiedèsparsa,cosìcomelanecrosifocalechecoinvolgegruppidi epatociti chiamataanche necrosi a spruzzo.Vi èpoi lanecrosi confluente in cui zonedinecrosiepatocitariaconfluiscono inaltrezoneadiacenti;questapuòessere intralobulareseinteressa più zone dello stesso lobulo, oppure se coinvolge zone di lobuli adiacenti è dettanecrosi interlobulare. Poi c’è la necrosi a ponte “bridging necrosi” che collega zoneanatomichedelfegatorappresentatedaglispaziportaliotraquestielavenacentrolobularequindi distinguiamo un bridging porto‐portoale da un bridging porto‐centrale o centro‐centrale.

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Sempre in rapporto all’estensione della necrosi distinguiamo la necrosi sub‐massiva dallanecrosimassiva che sipresenta con l’atrofia giallo‐acuta in cui il fegatoè atroficodi coloregialloperlapresenzadellabilefinoall’epatitefulminante.

Questi due fenomeni, degenerazione epatocitaria e necrosi epatocitaria interessanol’epatocita eparliamo rispettivamentedinecrobiosi enecrosi.Poi abbiamo l’infiammazioneche è rappresentata da linfociti emonociti ed esclude i neutrofili. Può interessare gli spaziportalifinoalmesenchimaperiportalepercuiparliamodiportiteeperiportite.Ricordatechenell’epatite cronica la portite e la periportite prevarranno sulla necrosi epatocitaria.L’infiammazione può essere presente anche a livello del lobulo epatico quindi piùpropriamenteparliamodinecro‐infiammazione, infatti lezone incui lanecrosiepatocitariahadistruttogliepatocitièoccupatadadetriticellularimaanchedalinfocitiemonociti. Allaperiferia di queste zone di necro‐infiammazione in cui ritroviamo protoplasma cellulare,linfociti e monociti, sono presenti cellule epatocitarie sane che provvederanno allarigenerazione dell’architettura cellulare attraverso la guida delle fibre collagene che nonvengono intaccate dalla necrosi e fanno da guida per la rigenerazione. L’infiammazione èaccompagnata anche dall’ipertrofia e iperplasia delle cellule di kupffer (cell di sponda chehanno una capacità macrofagica). Un altro fenomeno di accompagnamento alla necro‐infiammazione è la fibrosi epatica: che fine fa il mesenchima? la filiera epatocitarianecrotizzataè sostenutadalle cellule reticolaridi collagenechemantengono l’orientamentospazialedelle filiere epatocitarie, quando le filiere vengonodistruttenon sostengonopiù lefibre reticolari che collassano e si ha la fibrosi per collasso della trama quindi abbiamo lafibrosiepaticapercollassodellefibrereticolaridisostegnoalivellodelleareedinecrosi.Glialtri fenomeni anatomopatologici sono quelli di rigenerazione epatocitaria, infatti si puòottenerelacompletaguarigionedall’epatiteacuta,nonsoloilvirusvieneneutralizzatodaglianticorpi ma anche le cellule sane provvedono a rigenerare il parenchima, gli epatocitineoformatisonobinucleatielarigenerazionepuòesseremonoobilaminareasecondaselefibre reticolari sono rimaste integre; se sono integre si ha il ripristino della correttaarchitetturacellularealtrimentisipuòavereunarigenerazionepseudo‐adenomatosachenonè guidata in maniera rettilinea dalle fibre reticolari. Tali alterazioni sonocontemporaneamente presenti nello stesso preparato istologico per cui si parla dipolimorfismo quando ci si trova di fronte a degenerazione, necrosi, iperplasia e ipertrofiadellecelluledikupffer,infiltrazionelinfo‐monocitaria,collassodellatrama.

Mostra un lucido in cui ripassa l’anatomia del lobulo epatico classico definito di Kiernan,spazio portale (ramo sottile della vena porta, ramo dell’arteria epatica e dotto biliare) gliepatociti che stabiliscono il confine tra lo spazio portale e il lobulo sono chiamati “laminalimitante”ofilieralimitante(limes:inlatinoconfine).

Nell’epatite cronica l’infiammazione è prevalente nello spazio portale, costituita sempre dalinfociti e monociti, rosicchia a morso di topo gli epatociti limitanti e questo fenomeno sichiama“piecemeal”ovveronecrosiamorsoditopoincuiilinfociticheeranoconfinatinellospazioportalesconfinanonellaregioneperiportale,pertantoaccantoallaportiteabbiamolaperiportite. La periportite si chiama anche necrosi ad interfaccia. Non è obbligatorio cheall’esame istologicovoivediate tuttee tre le formazioni tubulari sevedete idottibiliarigiàquestovigarantiscechecitroviamonellospazioportaleperchèquestinonsonopresentinellobuloepatico.

N.B. nell’epatite B il linfocita è responsabile della necrosi autoimmunitaria, é un linfocitakiller.

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Nell’epatiteCilquadroanatomopatologicosicaratterizzaperlapresenzadimoltilinfocitineisinusoididispostiacatenellaoltreall’ipertrofiadellecelluledikupffer.

Imacrofagidigerendoidetriticellulariinglobanolaferritina.

Quando il paziente guarisce si ha il ripristinodell’architettura in cui si possono riscontraredellecicatricimailobuliepaticihannoriacquisitolalorointegrità.

Analizziamooraisingolivirus:

Comune denominatore è la sintomatologia, i quadri anatomopatologici sono piuttostosovrapponibiliconalcunecaratteristicheperl’epatiteC(lnfocitiacatenella)

La clinica dell’epatite virale acuta è rappresentata da anoressia, nausea, vomito, asteniaintensa, malessere generale, artralgia, mialgia, cefalea. E accompagnata da intolleranza alfumo di sigaretta, febbre (38°/39°) soprattutto in EVA‐A, dopo 1/ 2 settimane comparesubittero, ittero, urine ipercromiche color marsala o cocacola, feci ipocoliche. All’esameobiettivoilpazientepresentaepatomegalia,laconsistenzanonèmaiduranell’epatiteacuta,seloèvuoldirecheèpresentedegenerazionefibrotica.Altrosegnoèl’itterosclerale.

Le transaminasi sono aumentate. È possibile avere un rialzo anche della gamm‐gt e dellafosfatasialcalinasoprattuttonelleformecolestasiche

Altroparametroèiltempodiprotrombinacheèaumentato,aumentailtempodiprotrombinaesiriducel’attività,ifattoridicoagulazionenell’epatiteviraleacutasonoalterati,sel’attivitàprotrombinica scende al 25% 30% è un campanello d’allarme per una possibile epatitefulminante,chiedeteanchel’ammoniemiaelabilirubina.

Quantodural’epatiteviraleacuta?Circaunmese.

Laseveritàdellamalattiasiadaunpuntodivistaclinicochedidurataèinrapportoall’età,ingenere nei bambini si sopporta meglio tanto è vero che è sintomatica solo nel 4‐16% deibambinicontroil75‐95%degliadultidicuii2/3conittero.

Levarianticlinichedell’EVA:puòessereasintomaticapurpresentandotransaminasielevate;puòessereanittericaconunamodestanecrosiepatocitaria;colestasicaselabilirubinasuperai20‐30mg/dl,nellaformacolestaticaunaltrosegnoèilpruritointensoperildepositarsideisali biliari a livello cutaneo e si accompagna ad un innalzamento dell’ALP e GAMMAgt; inquestaformaletransaminasisonopiùbasseeingeneredurapiùalungo.Siosservauncalodelle transaminasi rispetto alla persistenza dei valori elevati degli enzimi di colestasi e unitterochetendeascenderepiùlentamenterispettoallaformaclassica.Inmedial’EVAduraunmese/unmese emezzo, esistonoperodelle formeprotratte chepossonoperdurare fino adue,tremesichesonoespressionedinecrosimarcatasubmassiva(necrosicheinteressapiùzonedellobuloepatico).

Poiesistel’epatiteadecorsobi/multifasicoincuiilpazientesembraguarito,letransaminasisisononormalizzate, lasintomatologiaèregreditaepoisihaunaripesadelle transaminasiperriacutizzazione(ingenerelasecondafaseèmenoimpegnativadellaprima)

Laformapiùgravediepatiteèquellafulminanteconencefalopatiaporto‐sistemica,cioèsihaun’ intossicazione da ammonio, il paziente è disorientato, ha il flupping tremor perappannamentodelsensorio.

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Sono presenti coagulopatie con aumento del tempo di protrombina, aumento dei leucociti,riduzionedellaglicemia.

Paradossalmente nell’epatite fulminante le transaminasi possono essere normali, questoperchè è presente l’atrofia epatica, la maggior parte del parenchima è andato distruttodall’atrofiagiallo‐acutaeilpazientepuòandareincontroacoma,l’exituspuòavvenireoperemorragiacerebraleoperemorragiagastricachesiaccompagnaadoligo‐anuria

Nellamaggiorpartedeicasi inpassato, inepocapretrapianti simorivaoggi ilpazientepuòsalvarsi.

SevogliamofarediagnosidiEVAdavirusAdobbiamochiedereleigMantiHVAnelsiero,laviremiaèinutile,nonlasicercanenellefecinetantomenonelsiero

PerilvirusBnonèsufficientechiederel’HBsAg,èimportantechiedereleigManti‐core,cheindicanoreplicazioneviralecomel’antigene“e”HBeAgindicalastessacosacosìcomel’HBVDNAchesiricercaconlaPCRindicareplicazionevirale.

VirusDeltanecessitadellaconfezioneconvirusB,siricercanoanticorpidellaclasseigMantiHDV,sipuòricercarel’HDVRNA,l’HBsAgeigManticoresonoilmarkerdicoinfezionedavirusB.

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Lezione di Malattie Infettive 10/04/14 Prof.ssa Sagnelli PROTOZOI E METAZOI Oggi iniziamo questo argomento, ovvero i protozoi e i metazoi. Che sono? Sono le infezioni non causate da batteri, non causate dai virus ma portate dai parassiti. Di norma queste infezioni sono quelle che hanno una distribuzione peculiare in relazione ai viaggi, perciò è importante la raccolta dell’anamnesi ed è importante sapere in che zona è andato il paziente, se la zona dove è andato è una zona ad endemia per particolari tipi di protozoi e per particolari ceppi di protozoi. Cerchiamo un attimo di ricordarci che cosa è un protozoo. Di norma le zone più coinvolte sono quelle dei paesi tropicali o subtropicali, ma perché? Perché queste patologie hanno bisogno di un vettore molto spesso, quindi spesso anche di un serbatoio intermedio e spesso il vettore vive in zone tropicali o subtropicali. Infatti ci vuole una condizione favorevole per lo sviluppo della larva del vettore, quindi non è così semplice avere la diffusione di queste malattie da noi. C’è stato, sicuramente voi vi ricordate, l’episodio della zanzara tigre che tramite i copertoni sono arrivate in Italia. Quindi c’è anche questo problema dei viaggi intercontinentali che può portare da noi il vettore. Per quanto riguarda le vie di trasmissione, possiamo avere la trasmissione oro-fecale per l’ingestione di cibo contaminato dalle acque in cui ci sono le uova o le cisti del protozoo, in alcuni casi la carne stessa può essere contaminata, quindi con l’ingestione della carne puoi ingerire la larva. Ovviamente l’altro veicolo che è quello principale e più importante è quello che vi dicevo tramite vettori. VI sono alcuni che penetrano direttamente, non nelle fasi intermedie dello sviluppo ma come veri adulti, nel corpo della persona. Ovviamente in relazione alla virulenza quindi ai meccanismi che ha il parassita di aggredire durante la patogenesi dell’infezione noi potremmo avere di norma dei disturbi molto generali aspecifici, ma nel momento in cui ho l’infiltrazione tissutale la sintomatologia diviene specifica. Come in ogni malattia è fondamentale ricordarsi che ci sono dei fattori sfavorevoli, come l’età (l’essere anziano), l’immunodepressione e lo stato nutrizionale. Lo stato nutrizionale è un campanello d’allarme importante soprattutto perché nei paesi sottosviluppati porta ad un problema immunitario. Altro problema è il pluriparassitismo, cioè voi non dovete pensare che io trovi soltanto un parassita! Io dalle feci di un bambino che vive in africa ne vedrò tanti, alcuni saranno dei commensali e non daranno malattia, altri daranno malattia. Come i virus, come anche i batteri hanno un tropismo, anche i parassiti hanno un tropismo quindi andranno a cercare il loro organo bersaglio, ma qual è il tropismo di un parassita? È l’organo che gli da il nutrimento. Quindi nelle parassitosi intestinali noi avremo dei disturbi come la diarrea purulenta-sanguinolenta in relazione ad un meccanismo di azione meccanica che ha il parassita, possiamo avere delle ostruzioni, per cui possiamo avere anche degli interventi per degli addomi acuti, per esempio alcuni vermi possono formare un agglomerato di vermi all’interno dell’appendice danno una sintomatologia acuta. Ci sono altri che hanno uno spiccato tropismo per il fegato come lo schistosoma, come la forma cistica amebica e l’echinococcosi. Ce ne sono altri che hanno un tropismo per l’apparato urinari. Però ragazzi non pensate che voi avete i sintomi dopo tot giorni se non riusciamo a fare una diagnosi! A volte i sintomi compaiono dopo tempo. A volte hai per 10 anni una parassitosi e poi hai direttamente una presentazione clinica complicata, è questo il problema! Spesso la diagnosi è tardiva. Ci sono queste forme muscolari che sono peculiari, in cui la larva cresce nel muscolo quindi hai quasi dei disturbi come nelle miastenie. A volte la larva la vedi che cammina nell’occhio, la vedi che cammina nel sottocute: dei vermetti bianchi sottili che tu puoi levare con un bastoncino. Vi ho detto che i vermi possono entrare direttamente così se tu vai a camminare scalzo, come succede, loro ti entrano tra le dita dei piedi, la loa loa per esempio ha la sua vita così. Tu non riuscirai mai ad eradicare il verme se non lo levi, però lo devi trovare, perché quello ti migra! Quindi non è semplice trovarlo, perciò molto spesso la diagnosi è veramente complicata. Di conseguenza avremo delle manifestazioni cliniche, quelle classiche ovviamente prurito, orticaria anche per aumento della liberazione dei prodotti di lisi del parassita stesso, dei sintomi generalizzati, febbre, brividi, sudorazione, splenomegalia, in relazione poi al tipo di parassita che poi andremo a vedere, e aumento degli eosinifili. Aumento degli eosinofili che è frequente in quasi tutte le malattie parassitarie, ce ne sono soltanto due che fanno eccezione che le vedremo poi. Ricordiamoci che i protozoi hanno varie forme vitali: abbiamo le cisti, la cisti in realtà è quella che vive nell’ambiente, quella che va a contaminare i cibi, per cui abbiamo una parete peculiare. In base ai vari tipi di cisti noi possiamo fare diagnosi differenziale dei vari parassiti. Abbiamo delle fasi riproduttive nell’ambito della cisti stessa. Di norma però vedete che al calore, fenolo(?), formalina e cloro noi questo problema lo eradichiamo. La giardiasi è presente in Italia e le acque che noi beviamo a casa sono clorate, altrimenti prenderemo le uova di giardia. La terapia si basa in relazione al ciclo vitale e al tipo di parassita, vedremo che in alcuni casi… per quello che compete il vostro programma a me non interessa il nome del farmaco nel vostro canale, mi interessa che voi capiate che io devo

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aver eradicato l’infezione e ci sono dei segni clinici fondamentali post terapia per valutare questo e lo vedremo poi più avanti. Ovviamente in relazione al parassita in molti casi la terapia è una terapia familiare e poi vedremo anche il perché. La forma vitale che è quella che poi vi da la patologia è il trofozoita. Quindi se io trovo il trofozoita la malattia è in fase attiva. Il trofozoita è flagellato, con le ciglia, con le membrane ondulanti. È differente per ogni tipo di parassita, il trofozoita può anche migrare nel tempo, ha degli psudopodi, quindi può anche spostarsi attraverso i tessuti. Si nutre ovviamente dell’ospite, ma anche dei batteri. Poi considerate che molte parassitosi hanno delle fasi intermedie, hanno degli ospiti intermedi. Come vi dicevo in relazione all’azione e alla patogenesi io avrò dei sintomi: posso avere una azione meccanica come da Giardia, e questo può dare un’occlusione e invasione, posso avere la liberazione di tossine come nei plasmodi, ovviamente avranno un azione tossica, potrei avere un interessamento linfonodale, la necrosi per la toxoplasmosi o l’entamoeba, come vedremo dopo, e le reazioni immunologiche con la formazione addirittura di granulomi. ENTAMOEBA HISTOLYTICA L’ameba ha un nucleo centrale, è piena di pseudopodi, ricordatevi che lo psudopodo si muove, è contrattile, cioè lui si sposta come se fosse un piedino. L’amebiasi è una parassitosi indotta da Entamoeba Histolytica, ci sono 5 tipi di entamoeba di cui soltanto due possono infettare l’uomo: E. Histolityca ed E. Dispar. Hanno lo stesso ciclo vitale però la prima da malattia, l’altra no. Ci sono degli altri tipi che raramente possono dare malattia nell’uomo come ad esempio l’acantameba. L’amebiasi può dare forme sia localizzate che disseminate. La tipica infezione da entamoeba è un infezione intestinale, si va a localizzare a livello del cieco e del colon e proprio perché ha questa capacità di movimento con gli pseudopodi, lei riesce a creare ascessi intra ed extra-intestinali, riesce ad arrivare anche a livello epatico e formare ascessi anche lì. Inoltre ha un tropismo per il sistema nervoso centrale, per cui può dare encefaliti e meningo-encefaliti acute o subacute, posso avere anche delle cheratiti a carico dell’occhio. In Italia i casi riportati sono da importazione, cosa che ci tranquillizza, però comunque è una malattia importante per la quale si muore, proprio perché arrivi tardi a fare diagnosi. È diffusa in Oriente, Africa, America centrale, e nelle aree del Mediterraneo, per cui se sei una persona che ha fatto questi viaggi hai un campanello d’allarme. Non pensate che basta chiedere un esame delle feci con coprocoltura, perché alcuni parassiti richiedono particolari terreni di coltura quindi tu devi avere un sospetto clinico da appurare in laboratorio, se no è tutto inutile. Abbiamo detto che la Dispar è un commensale, di norma colonizza il colon ma non causa malattia, perciò vi dicevo che a molte persone in africa comunque troverai le cisti di Dispar . Poi dovrai differenziare le uova della Dispar da quelle dell’Histolytica, e vedremo che è una cosa complicata. Invece quella che da patologia è L’Histolyica con delle manifestazioni intestinali importanti, che spesso seguono anche anni dall’infezione. Quindi tu puoi aver avuto una diarrea, poi dopo 20 anni hai questa forma extra intestinale che può essere considerata come complicanza dell’amebiasi. Ci sono delle aree di alta endemia di portatori sani che hanno le cisti ma non sviluppano malattia, ma io, per questioni economiche, non posso bonificare tutta una popolazione. Esiste un serbatoio animale rappresentato dal cane e dal gatto, ha una trasmissione oro-fecale come già detto. Ci sono due forme del ciclo vitale: Il trofozoita, che è piccolo (50micron) con nucleo rotondo, si nutre dei batteri che si trovano nel tratto del colon; è la forma vitale; in rari casi lo si può trovare nelle feci liquide se hai una diarrea, nei momenti quindi di colite amebica, lo puoi trovare negli amebomi se fai fare bene il prelievo, lo puoi trovare nel sangue se ti trovi nella fase circolante. Le cisti sono sferiche (17 micron), con quattro nuclei e mantengono un potere infettante a 30 giorni dall’emissione e quindi nonostante io metto il cloro resiste. Quindi se io mi vado a fare i bagni in India, questo è un campanello d’allarme e sicuramene posso avere qualche problema. Se sono stato in zone rurali in cui non ci sono impianti ben controllati, questo può essere un problema. Come vi ho detto la purificazione non basta. In teoria vanno ricercate nell’esame delle feci a fresco, ma non è semplice fare l’esame del vetrino. Questo è il ciclo vitale: Io ingerisco la cisti; la cisti inizia a maturare; abbiamo una scissione binaria con la formazione dei primi trofozoiti; alcuni trofozoiti daranno la colite amebica, altri potranno migrare per il circolo portale e andare a livello epatico dando degli ascessi e in alcuni casi l’ascesso per contiguità può arrivare a livello polmonare; il trofozoita poi continua la sua replicazione, la seconda parte della replicazione, formando la cisti, la cisti binucleata, la cisti a quattro nuclei che poi viene espulsa. Questo ciclo lo si trova su tutti i libri. Il trofozoita quindi cresce, abbiamo la forma minuta quando ancora non ha il flagello e la forma magna con gli enzimi, il flagello e tutto lo strumentario.

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Nel momento in cui il sistema immunitario non è in grado di controllare l’infezione noi abbiamo la dissenteria amebica, quindi è conseguente all’immunodepressione generale. Il trofozoita supera lo strato mucoso, non viene bloccato da quelle che sono le IgA di secrezione e tutto il resto, per cui attraversa completamente la lamina e fa un giochino molto particolare: crea un ulcera a bottone di camicia (il bottone di camicia ora è tondo, ma non era così negli anni in cui fu definita così), cioè penetra al di sotto della mucosa creando su di essa un piccolo foro, quindi superati alcuni strati della parete, inizia a replicarsi ed invadere il tessuto allargando la lesione e creando sul fondo dell’ulcera tutto uno strato di trofozoiti e di necrosi. Se io vado a fare un esame bioptico quindi non devo prendere solo il tessuto intorno all’ulcera, ma il fondo dell’ulcera. Perché se io lo prendo intorno, non prendo il parassita, il quale è solo sul fondo. Quindi bisogna dare indicazione all’endoscopista di andare al centro della lesione ed in profondità. Ovviamente la complicanza di ogni ulcera profonda è la perforazione che può dare sintomi importanti. Purtroppo ci sono le forme croniche che possono andare in contro alla formazione di un granuloma che quindi va in diagnosi differenziale con il carcinoma poiché si mostra come una massa all’ecografia. Non sempre quindi è facile arrivare rapidamente alla diagnosi, poiché il primo episodio di enterite è passato anni prima spesso inosservato. Oltre alla colite e alla perforazione si può avere un megacolon tossico, ma è un evenienza più rara che si vede soprattutto nei bambini italiani. Le localizzazioni extraintestinali possono essere polmone (raramente), cuore (rarissimamente), fegato (la più frequente). A livello epatico si formano degli ascessi che non hanno parete, quindi sulla parete troviamo il trofozoita come nell’ulcera, per cui come nell’ulcera può perforare, anche nel fegato l’ascesso può perforare il diaframma e raggiungere il parenchima polmonare e il peritoneo. Di norma l’intensità cambia tra un episodio di colite e l’altro e di norma il paziente non ricorda nemmeno più di aver subito questi episodi, spesso li confonde con la diarrea del viaggiatore, perché tu stai male una giornata e poi passa, quindi è difficile avere dei quadri peculiari che vanno avanti nel tempo in modo costante. Vedrete che possiamo avere dei quadri particolari con l’appendicite, però sono sempre forme diciamo molto poco frequenti. Più frequente è invece l’infezione cronica con perdita di peso, alterazioni dell’alvo, quindi avete fasi di intermittenza, ma non c’è dissenteria, il che porta il paziente a pensare che è l’alimentazione, a pensare che è una malattia celiaca, cioè porta lui verso un interpretazione diversa. L’ascesso amebico ha delle caratteristiche peculiari, può essere solitario, può essere multiplo, interessa prevalentemente il lobo destro, da necrosi con un estensione concentrica. I trofozoiti sono alla periferia della lesione, quindi sono quelli che deformano la parete virtuale dell’ascesso. Perciò quando noi parliamo di ascessi epatici, polmonari, di qualunque tipo di ascesso, noi abbiamo sempre detto che l’ascesso va drenato per iniziare a risolvere la problematica, ma alcuni tipi di ascessi tu li devi anche saper drenare, nel senso che io entro con un ago quindi aspiro il liquido, prima di tutto questo liquido va valutato nel colore quando lo caccio fuori, appena lo estraggo, e vedremo che sarà un liquido color cioccolato, agar cioccolato, sul marroncino come questo tavolo [tavolo della SG2 n.d.s.]. Andrà quindi in diagnosi differenziale ad esempio con le cisti biliari che danno a livello ecografico una cisti scura. Il materiale interno di una cisti amebica che deve essere corpuscolato, non sempre lo è. In più se abbiamo detto che il trofozoita è sulla parete, io per fare diagnosi dovrò andare a picchiettare con l’ago la parete e quando stacco l’ago dalla siringa, la siringa va nel contenitore sterile e quindi in microbiologia, ma l’ago non è che lo devo buttare, ci devo mettere una siringa con la fisiologica, fare scendere piano piano l’acqua e stenderla sul vetrino, perché in questo modo io quei piccoli trofozoiti che sono riuscito a prendere picchiettando la parete li metto sul vetrino. Ma non è che lo posso portare in anatomia patologica nel tragitto, lo devo vedere io al microscopio! Per cui anche queste indagini sono importanti… o per lo meno mettersi d’accordo, a volte vengono loro, bisogna concordare le manovre. Allora guardate che di norma, con questo tipo di malattia abbiamo un periodo d’incubazione di 1-3 settimane dal contagio, quindi i sintomi si manifestano dopo un mesetto con dolori, crampi, nausea, vomito, ovviamente tutti quelli che entrano nel contesto dei sintomi intestinali. C’è un’altra forma peculiare che è una localizzazione cutanea dell’amebiasi che di norma, essendo le cisti escrete a livello anale, voi avete un coinvolgimento perianale con tutte le complicanze, per cui vai all’intervento chirurgico con l’asportazione. Purtroppo la cosa più difficile è differenziare le uova di E. Histolytica ed E. Dispar perché sono quasi uguali, ma veramente quasi uguali, devi avere delle attrezzature e dei microscopi ad alta definizione.

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Il trofozoita da anche un effetto tossico che da le manifestazioni a livello centrale, ma non pensate che sia molto frequente un encefalite da questo parassita. Ci può essere, però non a tutti. I trofozoiti dell’Histolytica e della Dispar si assomigliano molto, ma non sono uguali, perché cambia lievemente l’aspetto esterno. Per fare diagnosi io posso fare un RX del torace, posso fare un ecografia epatica, in cui posso trovare gli ascessi anche in modo occasionale. Una scintigrafia in realtà non si fa più perché oggigiorno con l’ecografia si può controllare tranquillamente l’andamento della patologia. La sierologia è positiva nel 100%, ma quando io c’ho un ascesso amebico non mi serve neanche la sierologia, faccio direttamente la diagnosi. Vediamo quindi quali sono i quadri clinici: posso avere anoressia, alterazioni dell’alvo e non vi ho detto che la febbre non è uno degli elementi fondamentali, nel senso che non ho queste febbri molto alte, anzi di solito sono delle febbricole qualche volta o in alcuni casi io la febbre non ce l’ho proprio. Quindi io arrivo all’ameboma con disturbi dispeptici per esempio e quindi il paziente mi arriva già con una complicanza della malattia. Perciò vi ho detto anche a distanza di anni… La terapia è con un farmaco che si da per bocca, ci sono alcuni approcci a livello epatico di isolamento della cisti e di introduzione del farmaco loco-regionale per valutare come va avanti. Di norma la terapia per bocca è lunga, molto lunga. Ovviamente qualcosa di profilassi la posso fare ma bisogna fare attenzione con l’acqua che prendo che sia chiusa in bottiglia, non mi posso lavare con l’acqua del rubinetto e tutte queste cose qui. L’acqua deve essere pulita però in più ci devi mettere la tetraciclina dentro… insomma se tu vai in una zona endemica alla fine devi prenderti il rischio e valutare molto bene tutti i vari tipi di profilassi che devi fare. Ovviamente se io mi lavo la faccia l’acqua entra nella congiuntiva quindi il parassita si localizza nell’occhio. Quindi bisogna usare l’acqua chiusa. ECHINOCOCCOSI Ora passiamo all’echinococcosi che in realtà va in diagnosi differenziale con l’amebiasi. Viene definita una zoonosi negletta… che vuol dire? Ci sono soprattutto in Italia alcune malattie molto frequenti nel bestiame che ovviamente, se una persona lavora a stretto contatto con il bestiame è a più rischio di acquisire, perché usano l’animale come vettore. Questa malattia ha come ospite intermedio l’uomo, è molto frequente nei bovini, nelle pecore e nei cani. Ovviamente se non c’è un apparato idraulico buono e quindi una fonte di contaminazione continua non riesci ad eradicare l’infezione…vi dico questo perché nei paesi sottosviluppati come l’africa non ci sono le fognature, gli animali ci sono, le pecore ci sono quindi, nelle pozze dove vanno gli animali, va anche l’uomo e tutte queste patologie si trasmettono con le cisti, le cisti del cane che con l’acqua verranno a contatto con la persona, si avranno queste forme di contaminazione continua per cui non riuscirai mai ad eradicare l’infezione, dovresti eradicare l’infezione negli animali, eradicare l’infezione nelle persone ma non è possibile. L’IDATIDOSI è una infezione sistemica che ha uno spiccato tropismo per il fegato è data da Echinococcus Granulosus, che di norma da una infezione cistica epatica ed è una delle più piccole tenie, può dare anche un interessamento a livello polmonare però è un’altra specie, è sempre l’echinococco ma è il Multilocularis che da l’idatidosi alveolare. Le tenie sono cestodi, tra i cestodi abbiamo la Tenia Solum e Saginata che sono le più importanti ma ce ne sono anche altre come l’Echinococco, che è una delle più frequenti e che da appunto una malattia nell’uomo e di norma interessa in tratto gastro-intestinale. Vi dicevo che ha degli ospiti intermedi, che può essere l’uomo. Si è visto che la forma cistica a livello epatico può avere vari genotipi, questo si è visto chiaramente nel bestiame, si è visto che c’è una associazione con il tipo di infezione. Ad esempio l’alveolare c’è solo nelle volpi, non riesce ad infettare gli altri ospiti. Come è formata e come è organizzata la tenia? La tenia ha una testa piccolina ed è detta scolice, ha quattro ventose e dei rostri a doppia catena ( i rostri sono degli uncini) e già pensare che ha gli uncini vuol dire che ha un’azione meccanica importante, ha tre proglottidi, ogni proglottide è ermafrodita, vuol dire che ha un apparato riproduttivo maschile e femminile e produce uova. [commenta il disegno di una tenia]. Piano piano la proglottide matura fino alla fase sessuata con la formazione delle uova. Ci sono degli ospiti intermedi, che possono essere bovini, maiali, che possono ospitare le larve, l’ospite prende le uova e questo viene scarsamente considerato perché non è che se tu hai la cisti epatica non puoi mangiare la carne o non ti bevi il latte di pecora, quindi non ha una rilevanza clinica sull’allevamento del bestiame. Nelle zone rurali è più

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frequente e, purtroppo come vi dicevo, la persona a rischio è chi lavora con il bestiame. L’endemia nel sud è un’alta endemia, come in Africa e in Asia quindi non è che ce n’è poca. I casi legati alla pastorizia aumentano negli anni, quindi la popolazione che fa questo lavoro ha più possibilità di prendere l’infezione, quindi devi chiedere a una persona <Tu che lavoro fai?> <Lavoro in campagna, sono pensionato ma lavoro in campagna> però devi anche chiedere <Con che animali hai a che fare?ecc> per arrivare appunto a capire bene qual è il quadro clinico. ( commenta le immagini). Nel fegato con le cisti, il parenchima tutt’intorno sembra buono, è dello stesso colore del fegato normale, ovviamente quando tu vai al mattatoio il fegato non lo vendi ma la carne la utilizzi. Gli animali nel tempo si ammalano e di conseguenza se io ho il contatto con il cane, perciò l’allevatore che è a contatto con il cane è più a rischio, perché il cane mi lecca, è inevitabile, quindi io posso entrare in modo molto semplice in contatto: le verdure contaminate, le stoviglie che sono state usate dal cane io le lavo, ovviamente non ho nessuna accortezza nel pensare che lì può esserci una cisti, a tante cose uno non ci pensa, lava in automatico e basta. La cisti viene ad essere ingerita, si schiude, si iniziano a formare le larve fino alla formazione della tenia. [commenta l’immagine]. Quando ingerisco le uova, le uova si schiudono a livello del duodeno con la liberazione e la maturazione delle larve, la larva attraversa la parete intestinale e quindi va a livello epatico, preferenzialmente, in alcuni casi segue il circolo fino a quello polmonare. Può andare anche in altre localizzazioni, per esempio negli animali, noi possiamo avere anche a livello delle ossa, degli occhi. In alcuni casi la formazione di queste cisti può essere anche a livello del sistema nervoso centrale, però è molto raro. Cerchiamo di capire come è fatta una cisti, è completamente diversa da quello che era l’ascesso amebico e da qualsiasi altra cisti perché ha una parete esterna di cellule epiteliali, ha una parete interna di tessuto necrotico, ha un contenuto di liquido idatideo e addirittura nel tempo la cisti matura, da questa singola cisti nascono le cisti figlie e nella cisti stessa c’è quella che viene definita lamina proligena, che è un tessuto lungo il quale abbiamo tutta la maturazione della larva. Nella cisti io c’ho un sacco di parassiti, nell’altra, nell’ameba, io dovevo andare a picchiettare per sperare di trovare qualcosa, invece qua per esempio basta che prendo il liquido. La cisti classica prende il lobo destro ed ha una parete molto ben nutrita, più trofica e nell’interno, nella lamina proligena, iniziano a formarsi tutte le fasi di maturazione della tenia, quindi si forma proprio tutta la tenia qua dentro, ovviamente non è che se ne forma una sola, se ne formano di più, quindi nel liquido io troverò la cosiddetta sabbia idatidea, dove ci sono gli scolici, la capsula proligena, e dove ci sono oltre anche agli uncini, dei pezzi delle proglottidi per esempio quelle immature. Si formano le cisti figlie nell’interno della cisti madre e quindi la malattia evolve nel tempo. [commenta immagini] Ovviamente io ho delle complicanze, posso avere una rottura della cisti che mi stimola una risposta immunitaria importante con uno shock anafilattico, però questa di norma è quella a livello polmonare, perché io a livello polmonare io ho un iper-accumulo di IgE. Nell’idatidosi aumentano la IgE, aumentano gli eosinofili, nell’amebiasi aumentano gli eosinofili, non sono queste quelle che fanno eccezione. Come faccio a capire se si sta risolvendo? Ovviamente se non faccio terapia non si risolve, con la terapia tu puoi controllare la cisti e negli anni si riduce di volume fino ad avere una calcificazione, che è quello che si dice guarigione clinica. Però la cisti io la posso avere dopo vent’anni, quindi è una malattia che da sintomi tardivi, posso avere di conseguenza alla diagnosi più cisti, la cisti si può sovrinfettare e questo può essere un modo per arrivare alla diagnosi, quindi dovrete fare una diagnosi di ascesso con cisti idatidea, può degenerare. A livello epatico i disturbi che si hanno sono: la compressione, quindi ho dispepsia, nausea, difficoltà a digerire. In quella polmonare posso avere a volte delle reazioni asmatiformi, sempre dovute ad iperproduzione di IgE. Se io ho l’apertura della cisti a livello epatico, si può avere nei dotti biliari, posso avere una colangite, una peritonite se va nell’intestino come ne duodeno. Come diagnosi io ho l’ecografia, con l’ecografia io riesco a vedere una membrana fibrotica importante, nel momento in cui la cisti si sovrinfetta io il liquido non lo vedo nero, ma lo vedo torbido. Io posso definire la fase evolutiva della cisti, c’è tutto uno studio ecografico perché si è visto che ad un certo punto la cisti è come se si immortalizzasse, quindi va seguita nel tempo anche in relazione al trattamento. Quando faccio l’ecografia posso anche decidere di prendere il liquido, ovviamente tra queste cisti ci sono dei setti [sta mostrando l’immagine di una cisti grande con al suo interno alcune cisti più piccole], se io non vado a svuotare tra un setto e l’altro non è che svuotandone uno si svuotano tutti, perché non sono comunicanti, c’è un setto per ogni cisti. A livello ecografico posso ben definire la fase di crescita. Si può fare anche la risonanza, dove si può vedere la parete attorno alla quale c’è una reazione infiammatoria che è più scura che è edema e nell’interno c’è un’altra membrana che si muove che è la membrana proligena e questo serve a farmi fare diagnosi.

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Ovviamente togliere una cisti va valutato, se si toglie o non si toglie, se si aggredisce o non si aggredisce. Per quelle a livello epatico gli approcci sono diversi: puoi decidere di svuotare la cisti, quindi fai anche la diagnosi nel momento in cui tu svuoti la cisti, introdurre l’albendazolo, dare l’albendazolo per bocca già da prima, perché non è che svuoti direttamente, puoi valutare in relazione alle dimensioni se si sta riducendo con la terapia per bocca oppure se vuoi intervenire in maniera loco regionale con una PEYER oppure andare all’intervento chirurgico. Se tu hai un bambino che ha avuto l’idatidosi e i familiari non hanno mai fatto l’ecografia, non hanno sintomi né niente, anche per screening, si fa l’ecografia perché è probabile che anche loro siano entrati a contatto con l’animale, quindi conviene valutare in modo indiretto i conviventi. Altro modo è la chirurgia di prima scelta nel momento in cui tu vuoi fare la lobectomia però devi valutare le condizioni cliniche del paziente, l’età del paziente, quante cisti ha. Se io sto in Africa e gli tolgo un pezzo di fegato alla volta non ho risolto il problema perché loro continueranno ad avere l’infezione e allora che si fa? Si fa la Peyer nelle lesioni grandi, in altri casi si mettono i drenaggi e allora questi bambini li vedi con i drenaggi, ovviamente si può sovrinfettare però è l’unico modo perché quando diventa di grandi dimensioni o la dreni o il bambino ha anche difficoltà a respirare perché hai la sopraelevazione del diaframma. Ovviamente, ragazzi, l’albendazolo non fa male a nessuno, lo si trova in Italia e non è un farmaco tossico e si può gestire anche per più di un mese. Le cisti da echinococco da noi ci sono, sono frequenti nei pazienti immunodepressi e non, è comunque una zoonosi, quindi da noi c’è, ci sono dei centri di alta qualificazione per bucare le cisti, perché il sospetto e la paura dello shock anafilattico è descritto in letteratura però tu lo fai in un ambiente protetto con l’anestesista e tutto il resto poi se succede, succede però l’intervento lo devi fare. La prognosi è buona, perché tu svuoti e metti il farmaco, svuoti e metti il farmaco, svuoti e metti il farmaco e tende a ridursi fino alla cicatrizzazione. Si può avere la rottura e va nei dotti, puoi avere ittero sicuramente ma è un ittero da ostruzione, non altera il parenchima perché non entra nell’epatocita, però c’è la compressione dell’epatocita con l’edema intorno alla parete, quindi comunque una flogosi. Puoi avere un aumento degli enzimi di citolisi ma le transaminasi non le troverai mai a 300, puoi avere 50-60 però il problema è la compressione e quindi può evolvere. Spesso la diagnosi è occasionale e tardiva e quindi tu hai i sintomi da compressione, ma in teoria tu con lo svuotamento e l’albendazolo lo risolvi, ci metterai un anno, il problema è che recidiva. Nella recidiva continui comunque con l’albendazolo oppure in mebendazolo in seconda linea, però funziona bene. Quella polmonare è dovuta all’ E.Multilocularis che coinvolge come ospite la volpe, ovviamente è frequente nei cacciatori, negli allevatori. La diagnosi differenziale va con il tumore che si può sovrinfettare, con la caverna tubercolare. Il quadro alla risonanza è lo stesso di quello che abbiamo visto prima. Diversa è la sintomatologia: posso avere una vomica, l’ab ingestis nel momento in cui c’è la rottura. Con la vomica posso avere l’espulsione del liquido e la sabbia idatidea quindi ho gli uncini e tutto il resto. Quando la cisti è grande io non è che posso andare a drenare, quando la cisti arriva a 10 cm qualcuno va a valutare se è vicino o meno per tentare di drenare però drenando io posso rischiare di avere una peritonite e una fistolizzazione, a volte si preferisce andare all’intervento chirurgico perché se io ce l’ho ne lobo medio, si rimuove e gli altri due lobi si riespandono e non ho neanche una insufficienza del paziente e la potrei fare non a cielo aperto ma in laparoscopia [la prof dice laparoscopia ma credo intendesse toracoscopia] però dipende sempre dalla cisti perché io con la laparoscopia io devo andarla a stringere, non è che la posso tagliare perché se la taglio la apro. Quindi anche l’intervento dipende dalle dimensioni perché se è di pochi centimetri è una cosa, se è grande è un’altra. Prima dell’intervento chirurgico devo iniziare a 7 giorni l’albendazolo. Per la diagnosi ci sono dei vecchi metodi che non si usano più, in realtà tu cerchi gli anticorpi che in realtà ci mettono 28-30 giorni per arrivare . La diagnosi la fanno principalmente l’ecografia, la risonanza del torace e la TC del torace. Ci sono stati dei tentativi in cui facevano alcol prima e poi l’albendazolo, nel senso che svuotavano prima, buttavano alcol e poi mettevano il farmaco però comunque ci vuole tempo. Per vedere se risponde ovviamente dobbiamo considerare il volume e dobbiamo arrivare fino alla calcificazione della parete perché sennò recidiva: se la lamina proligena non calcifica vuol dire che riparte tutto. [mostra e commenta immagini] Ovviamente anche con l’RX si può vedere la cisti. Puoi avere plurime localizzazioni, però il parenchima intorno è sano.

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HIV

Un po’ come tanti virus è riuscito a mutare dando infezioni in più mammiferi fino a giungere all’uomo.

In Italia i primi casi risalgono agli anni’50 in un momento in cui non vi era neanche idea che questo virus

esistesse per cui non c’erano farmaci,dopo parecchi anni,nell’83 siamo riusciti ad isolarlo. Nell’87 si è

provato ad usare alcuni farmaci precedentemente usati per la terapia oncologica,questo perché non si

sapeva come agisse il virus ne come interagisse con il sistema immunitario.

Con l’avvento degli inibitori delle proteasi i pazienti sono riusciti a sopravvivere.

Era un virus subdolo perché l’esordio delle complicanze si aveva con lo stato di AIDS,in quel momento non

era sicura la sopravvivenza poiché le difese immunitarie sono particolarmente compromesse al punto di

non respingere i patogeni esterni.

Le cose oggi sono cambiate,la malattia ha acquisito un peso diverso,le persone possono sopravvivere e si

trovano in buone condizioni.

Un problema sono le “coppie discordanti” in cui o l’uomo o la donna ha l’HIV e il partner no,c’è un rischio

di trasmissione e ovviamente l’unico mezzo di prevenzione è l’utilizzo del profilattico cui utilizzo non è

frequente nelle coppie sposate che hanno avuto figli. Altro problema è che se ho un partner stabile penso

di essere sereno ma non so se ha un amante. Se un pz fa i farmaci e infetta il partner esso riceve il virus

mutato che ha già le resistenza ad alcuni farmaci per cui questa infezione avrà meno chance terapeutiche

nonostante il 100% di aderenza. Per questo motivo tanti anni fa sono nate molte campagne pubblicitarie,la

sensibilizzazione è principalmente nelle mani dei ginecologi. L’aderenza alla terapia deve essere al 100%

perché prendere i farmaci riduce la probabilità che il virus muti ma non la esclude. Se ha un pz ha l’HIV Il

medico non può dire della sua condizione al partner per la tutela della privacy. Con la terapia, nelle coppie

discordanti, i pz possono avere figli grazie all’inseminazione artificiale.Si prende il seme e si purifica dal

virus.

Il personale sanitario se è esposto può fare il test,c’è una legge per cui se vuoi fare il test devi dare

l’autorizzazione e il test viene svolto in via anonima.

Altro problema era quello delle trasfusioni di sangue che non erano controllate,per cui i pz a rischio era chi

aveva l’emofilia (successo anche per epatite),chi faceva le trasfusioni per problemi di anemia grave o

durante gli interventi o la dialisi.

Epidemiologia

Nel mondo l’Africa è il serbatoio principale,li ci sono due problemi:

-I farmaci che hanno non sono uguali ai nostri,anche se sono resistenti ad un farmaco non hanno i soldi per

cambiarlo e quindi continuano la terapia con lo stesso farmaco.

-Non hanno i soldi per la contraccezione ed è possibile ottenere infezioni da parte di più ceppi mutati.

In Europa ci sono ci sono casi di diagnosi dovute al fatto che queste persone hanno fatto il test in

gravidanza o perché sono state esposte a fattori di rischio (e.g. viene proposto alle donne che hanno subito

violenze). Oggi i casi di diagnosi sono aumentati,l’età è aumentata e gli stranieri sono aumentati.

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Si è visto che l’età a rischio è tra i 15-24,il 42% delle donne ha l’infezione,la prevalenza maggiore è nei paesi

dell’Est dove il virus è endemico.

Con l’introduzione della pillola anticoncezionale ha portato ad un aumento dell’incidenza di infezione.

La cosa nuova è che abbiamo più stranieri che vengono in Italia e che per fortuna scoprono di avere la

malattia,ci sono dei centri di accoglienza dove vengono ad essere proposti i test e viene somministrata la

terapia che non avrebbero nel loro. Il problema è che la popolazione straniera partorisce con maggiore

frequenza di quella italiana,quindi aumenta anche sorveglianza per malaria e tbc in questa popolazione

che può anche portare anche ceppi diversi.

Se un paziente non ha livelli leucocitari sviluppa vari problemi,per esempio come vi avrà detto il prof Di

Palma,il pz neutropenico va isolato perché può essere facilmente infettato dall’influenza,la candida o un

batterio. Si possono riattivare i virus in loro latenti (HV1,EBB,CMV) .

HIV 1 e 2

Prima il virus era presente nei mammiferi,c’è la variante HTLV1 che risponde bene o male anche alle

terapie dell’HIV 1 ed è il virus ancestrale che è ancora in circolo in minima quantità. I tipi principali sono il

tipo 1 e 2 di HIV.

Questo cambia notevolmente la terapia,il due è molto meno sviluppato e diffuso in Europa, quindi

l’impatto delle ditte farmaceutiche è stato sull’1,la difficoltà si ha addirittura non suoi test per la diagnosi

ma per la quantizzazione della carica virale del 2.I pz con HIV 2 vengono seguiti con i livelli di CD4+ e con la

clinica.

E’ un virus a Dna a doppia catena,le glicoproteine di membrana sono gp120 e gp41 che hanno il ruolo di

agganciarsi a dei correttori sulle cellule del sistema immunitario della linea T helper e macrofagi ,entra nella

cellula,replica,immortalizza e porta ad apoptosi la cellula,in più ha questo genoma che è abbastanza

semplice. Essendo un virus a DNA ed a differenza del virus a RNA deve essere retro trascritto,per questo ha

nel suo genoma GAG POL ed ENV che andranno a codificare per le gp di superficie e per complessi di

sintesi. La cosa che gli manca è il correttore di bozze per cui ha un tasso di errore altissimo.Se nella

trascrizione c’è un errore quell’errore rimane nelle generazioni virali successive. Considerando che ho 10^7

replicazioni al giorno da un'unica cellula avremo più tipi di virus con delle piccole mutazioni che possono

essere silenti o non.

Nel tipo 1 abbiamo vari sottotipi (clusters) virali con localizzazione precisa nel mondo.

Il problema del ricombinante è che può dare un infezione nuova (anche più di 20)nello stesso pz.Un virus

ricombinante può anche nascere dall’infezione di una cellula da più virus e nella trascrizione del DNA i

genomi si mescolano .Questa continua replicazione porta alla formazione di nuove specie che possono

comunque rispondere a terapia antivirale.

Oltre a trovarsi nel sangue il virus alberga in uno stato di latenza nei resevoir(cellule ed organi linfoidi)e lì

continua la sua replicazione.

Il virus nel resevoir è diverso da quello in circolo,per cui nel sangue posso avere una carica virale negativa

ma,per esempio nel liquor, la carica (valutata con la PCR) è ancora positiva. Questo mi orienta verso una

terapia farmacologica che oltrepassi la BEE.

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Il CD4 non è presente solo sulla cellula T ma anche su altri bersagli,inoltre c’è questa gp di membrana che è

un corecettore.

I corecettori sono di due tipi:i CCR5 e CXCR4 e si è visto che nell’evoluzione della storia dell’infezione

all’inizio prevale il CXCR4,nel momento in cui evolve verso l’AIDS,quindi nella fase conclamata, è

maggiormente espresso il CCR5.

Il CCR5 è anche su cellule stellate,le cellule di Langerhans, a livello epatico,in organi linfoidi,ecc … per cui il

virus ha accesso a più organi. Il tropismo è molto spiccato a livello del SNC :questo porta ad una patologia

come demenza o cefalite da HIV. Può arrivare a livello cardiaco,renale dove induce una glomerulo nefrite

molto importante,soprattutto nelle persone di colore che guarisce con la terapia per l’HIV nel 40% dei casi.

I correttori hanno un ruolo fondamentale nell’ancoraggio e nel cambio di conformazione a livello sterico

per far integrare i virus. Per cui il corecettore induce l’aggancio di gp 41,le membrane si fondono,l’RNA

entra e avvia la replicazione.

Dopo l’ingresso ho il ciclo nucleare e poi la gemmazione,durante la gemmazione,il virus non è ancora

maturo ma continua la sua replicazione.

Per fortuna i farmaci agiscono sui vari step,ciò non basta,la terapia deve essere combinata; per cui abbiamo

farmaci che bloccare la proteasi e la retrotrascrittasi (meno usati sono quelli per il corecettore) in modo

tale che il virus non replica.

Vie di trasmissione

Il problema della trasmissione delle donne è che possono essere trasmesse in gravidanza,allattamento e

parto di conseguenza il cesareo è obbligatorio,l’allattamento non è autorizzato. Durante la gravidanza si

somministrano farmaci non teratogeni che azzerano la carica virale con la speranza che il bambino non

venga infettato.

Il bambino che nasce sicuramente ha gli anticorpi della mamma se infezione non è acuta e potrei ancora

non vedere l’infezione se fosse stata acquisita nell’ultimo mese

Spesso i pz non riescono a trovare l’evento che ha trasmesso la malattia. Se ho l’HIV devo contattare tutti i

partner (anche se di norma non viene fatto). Loro pensano che il contagio possa esserci con le zanzare,l’uso

di stoviglie,parlano di incidenti di soccorsi fatti in cui hanno toccato il sangue infetto ma alla fine devono

essere istruiti al fatto che il contagio avviene solo tramite liquidi biologici.

[domanda]L’HIV può essere trasmesso con il bacio?Nella saliva dell’infetto la carica virale è bassissima,se

c’è del sangue può essere maggiore,spesso però non passa le difese locali. C’è uno studio su come le IgA

della mucosa infieriscono sul rischio di trasmissione in cui le coppie discordanti nonostante il non utilizzo

del profilattico dopo anni non riescono a prendere l’infezione,quindi c’è comunque un sistema che riesce a

bloccare un minimo di carica virale.

Il problema con gli aghi e sapere se l’ago è sporco e da quanto tempo,c’è una profilassi che si fa dopo

esposizione per operatori sanitari o per chi ha avuto violenza o per rapporto occasionale non protetto in

cui ho sospetti sul partner. Consiste nel trattamento con farmaci,prelievi e controlli di routine per un anno.

Progressione

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Di norma il livello soglia che accende il campanello d’allarme è quando la carica CD4 scende sotto i 200.In

realtà non ci sono studi immunologici tali da fissare un limite al di sotto del quale posso fare diagnosi

essendo questo molto individuale,infatti, varia di soggetto in soggetto.

Possiamo avere una fase acuta (nel 10%dei casi)simil -mononucleosica con febbre,faringodinia,dolori

muscolari,in alcuni casi gravi avremo manifestazioni cutanee e poi c’è una lunga fase asintomatica che può

durare anche 10 anni in cui il pz sta bene,e non ha nessuna difficoltà in nessun apparato e poi ha

direttamente la fase ascendente.

In un soggetto con un buon sistema immunitario, dal contagio, ho una carica virale positiva ed

elevata,quando poi il virus entra nelle cellule la carica si azzera o cala di parecchio. In questa fase i CD4+

muoiono,per cui ho un riequilibrio con la produzione di nuovi CD4 che saranno comunque minori ai livelli di

partenza del pz;però non si conoscono i livelli di partenza del pz,sono rari i casi in cui so la partenza

(magari perché il pz è venuto per i sintomi della fase acuta).Di conseguenza ho questi lunghi anni in cui sta

bene (fase di latenza clinica)e può durare anche 20-25 anni nei Long Term Non Progressor che arrivano poi

in questa fase in cui ho il decadimento completo dell’immunità, il virus ritorna a livelli molto elevati nel

sangue, il pz contrae malattie opportunistiche e non può essere più salvato.

Diagnosi

I sintomi della sindrome simil-mononucleosica sono:

Faringite

Esantema morbilliforme

Linfocitopenia

Positività per test HIV e carica virale,l’HIV DNA,posso anche cercarlo nei linfociti oppure posso andare

ancora a monte,per esempio se io so che il compagno della pz faceva terapia di terzo livello al contagiato

darò una terapia di terzo livello e non una di primo perche conosco già la fonte.

Io vi ricordo che gli anticorpi anti HIV non si maturano in un giorno,in molti casi,dall’inizio del contatto,c’è

un periodo finestra di sei mesi che quando sarà passato posso dire matematicamente che non c’è stata

l’infezione. Di norma ci vogliono almeno tre mesi per montare gli anticorpi.

La p24 viene prodotta prima degli anticorpi, per cui dopo il contagio può essere ricercata prima.

Per la diagnosi fondamentale serve la positività:

CD4

CD4/CD8

Carico viale con PCR Real time

ELISA +Western Blott di conferma

Vediamo se ci sono anticorpi per sottotipi 1 e 2 con l’ELISA,col wb valuto quelle che sono tutte le piccole

componenti virali che fanno parte della capsula.

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Ci sono delle condizioni come la gravidanza in cui la sensibilità scende del 20-30 % ,In tal caso cerco la carica

virale con la PCR (cerco il DNA)

Il test non si fa ad ogni nuovo rapporto sessuale,è importante capire i fattori di rischio e capire come gestire

le cose.

Malattie opportunistiche

Le malattie opportunistiche rimangono correlate,principalmente ai livelli dei cd4.La più frequente è la

Pneumocistis,che da un infezione alveolare importante con sindrome da distress respiratoria che può

essere fatale. Seguono:

-CMV di norma da delle infezioni asintomatiche,(gravi solo nella gravidanza o nelle forme congenite del

bambino) ,in AIDS mi può dare esofagite con ulcere importanti alla bocca con dolore ad ingestione di acqua

calda o fredda (segno distintivo)

-Le infezioni fungine sono la meningite da cripto cocco e la candida orofaringea o spesso esofagea,questa

può interessare anche l’ugola o può essere nascosta per cui è importante un esame attento. Da una

candida esofagea posso fare diagnosi di AIDS.( In questo caso ho fastidio ad Ingoiare cibo e non con l’acqua

perché non ho le ulcere come in CMV). La candida può andare in circolo e dare anche candidosi polmonare.

Quando vado a fare un ago aspirato in un pz HIV positivo però mi gioco tutto, perché è una procedura

invasiva,per cui chiederò la PCR per la ricerca dei micobatteri,di funghi e di altri virus. La meningite da

Criptococco evolve lentamente e va monitorata con la rachicentesi.

-L’aspergillo negli immunodepressi da infezioni polmonari,la differenza peculiare di una lastra di fungo è

l’aspetto cotonoso (ma non è sempre così).

-Infezioni batteriche cutanee con dermatite seborroiche che non vanno via con terapie dermatologiche

ma solo con l’aumento dell’immunità che viene data dall’aborto replicativo

- La TBC polmonare può essere riattivata però potrei avere anche direttamente manifestazioni extra

polmonari

-Le infezioni herpetiche sono da Herpes Zoster ( peculiare in HIV),da Herpes Virus 6,7,e 8 (con

sarcoma,linfoma) e da Herpes 1 e 2 che possono dare infezioni disseminate.

Lo Zoster che si riattiva in un HIV + può essere monometamerico o bimetamerico o disseminato,non si

vede la vescicola,come accade di norma nelle riattivazioni.

Il sarcoma è un tumore muco-cutaneo correlato al HV8,negli anni ’80 è stato un segno di riconoscimento

dell’infezione di HIV,ovviamente è presente anche nella popolazione generale,non è detto che chi ha un

sarcoma abbia l’AIDS. La diagnosi si fa con la biopsia cutanea e la terapia in HIV è più complicata, si arriva

all’utilizzo di farmaci altamente tossici e la speranza è che ci sia ancora una risposta immunitaria. Di norma

coinvolge prevalentemente gli arti inferiori. Il sarcoma si può sovrainfettare con pseudomonas,anaerobi, ed

in alcuni casi si arriva a gangrena e amputazione. Spesso la diagnosi viene ritardata se il sarcoma è su pelle

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nera e non su pelle bianca. L’encefalite erpetica coinvolge il lobo temporale,nel momento in cui ho il

sospetto devo andare con una banalissima tac o risonanza.

-Mollusco contagioso:in AIDS diffonde in modo molto maggiore rispetto alla popolazione standard

-Gyardia,shighella,salmonella,campylobacter e clostridium: possono portare diarree croniche

-Altra problematica sono i vermi:

Ascaridi possono creare ostacolo all’efflusso biliare.

Anchilostoma:le uova schiudono nel duodeno o nel ceco,si forma una larva che risale l’albero tracheale,va

nel polmone,si forma il vermetto e a volte le persone lo vomitano anche dal naso.Questa infezione

parassitaria può esserci in qualunque persona.

-Toxoplasmosi cerebrale: Si riattiva sotto i 100 CD4. Il toxoplasma gonidii è un parassita,(quindi cercheremo

le sue forme di trofozoita, cisti e ovocisti per la diagnosi), in HIV sarà spesso necessaria la diagnosi

differenziale con ascessi ed edemi. La diagnosi spesso si ottiene in pronto soccorso, considerando un

quadro con HIV positivo, vai in diagnosi differenziale con ascesso cerebrale. Tutti gli ascessi vanno

drenati,allora si va in neurochirurgia ed asportare la lesione, ,in risonanza le lesioni sono peculiari,faccio lo

studio,trovo i bradizoiti e faccio diagnosi. Posso avere un edema molto importante,il pz ha alterazioni anche

importanti del comportamento,può iniziare a non deambulare,a non vedere se ho la compressione del

chiasma ottico.La toxoplasmosi non è solo cerebrale ma può essere anche oculare:è l’unica che per salvare

la macula devo dare gli steroidi,a differenza delle coreo retiniti.

-Leishmaniosi: la leishmania è endemica da noi(soprattutto la viscerale) ed i tentativi sono difficili perché i

farmaci sono potenti ma nonostante questo se non aumentano le difese immunitarie recidivano a volte hai

delle febbricole,quindi pensi a leucemia e arrivi a fare la biopsia delle creste iliache,se hai un buon anatomo

patologo trovi i trofozoiti.

-I micobatteri atipici sono frequenti nelle infezioni degli immunodepressi.

Questo è il corteo standard ma in realtà ce ne possono essere altre. Il concetto della malattia

opportunistica la presentazione può essere variegata e completamente diversa da quella dei libri può

coinvolgere tutti i sistemi,il CMV può essere trovato ovunque.

Altre manifestazioni

-Ci sono delle equipe specialistiche che curano l’aspetto odontoiatrico dell’HIV + perché ci sono altri tipi di

tumori a livello sempre dei linfomi del cavo orale.

-Il Virus ha uno spiccato trofismo per il SNC,quindi un problema è la demenza. Ha uno spiccato trofismo per

la glia,che è il suo primo serbatoio, e li continua a replicare,perciò, in alcuni casi, si preferiscono farmaci che

passano la barriera emato-encefalica.Posso avere una meningite asettica,nel momento in cui ho

l’attivazione severa si può associare a demenza aids correlata. Quello che succede del 100% dei

casi,nonostante la terapia, sono le neuropatie periferiche. I pz iniziano a non avere sensibilità agli arti

inferiori,difficoltà a deambulazione,alcuni farmaci nel passato anno aggravato questa situazione ma quelli

erano gli unici al momento disponibili. Ovviamente si fanno i minimental (sono dei quiz con esercizi base

come somme algebriche o esercizi con le mani),devo capire la tua condizione mentale,ma non di

salute,proprio riuscire a fare un disegno o fare la somma algebrica,perché col tempo in seguito della terapia

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le situazioni possono migliorare. Ci sono persone che non riescono più a fare l’architetto e lo scoprono

quando sono in fase di demenza con perdite della memoria,spesso sono gli altri che se ne accorgono,per

loro quel disegno è fatto bene,quindi hanno dei disturbi di percezione della realtà.Il virus nel resevoir è di

un tipo e periferico è diverso posso fare il test di resistenza e scoprire se ho delle mutazioni,quindi scegliere

poi il migliore trattamento del mio pz in relazione al virus che ha nel sangue e al virus che ha nei tessuti.

Prima si faceva la rachicentesi a tutti,adesso solo se hai delle condizioni cliniche che fanno sospettare uno

stato di deficit,perciò devi fare questi test neurocongnitivi.La patologia HIV encefalica interessa la sostanza

bianca ed arriva a paralisi pur mantenendo la coscienza,per cui si muore di asfissia. Purtroppo in HIV

l’evoluzione è sfavorevole nell’arco di 2-3 anni si avrà paralisi addominale .Si deve fare la PEG,deve essere

cateterizzato,fino al blocco respiratorio,ci sono dei centri di accoglienza ma la gestione è difficile per le

infezioni batteriche .

-Ovviamente avremo che le malattie cardio-vascolari e renali che appaiono normalmente con

l’invecchiamento si avranno prima perché i farmaci hanno effetto a livello cardiaco e renale,le malattie

cognitive e tumori anche sono più frequenti,c’è un problema di demineralizzazione ossea:fratture

spontanee e osteoporosi,ci sono alcuni farmaci che hanno azione sull’osso.

-Tumori associati:

Sono dovuti alla riattivazione ad attivazione dei virus oncogenici che si riattivano e inducono l’evoluzione

tumorale.

-Linfomi HIV correlati,c’è alta differenza tra vecchi e nuovi farmaci,negli ultimi 10 anni sono

aumentati,insorgono in età giovanile ed hanno risposta peggiore alla terapia rispetto gli altri.

-K della cervice è AIDS associato

-Il K anale (anche se non è ancora incorporato nel range)

-Linfoma di Burkitt

-Linfoma cerebrale primitivo: devo fare la diagnosi differenziale con gli altri con la biopsia

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MALATTIE INFETTIVE (Prof. Pasquale) 14/04/2014

EPATITI VIRALI ACUTE

Per collegarci alla precedente lezione, vi ricordo che, parlando dell'epatite virale

acuta (e ci tengo all'aggettivo virale perchè l'epatite acuta può essere dovuta anche ad

altre cause: l'alcolismo può dare un'epatite che non è virale ma è acuta;

un'intolleranza a qualche farmaco, ad esempio il paracetamolo, 20 compresse di

aspirina possono uccidere una persona, è un'epatite acuta fulminante legata a farmaci.

Ecco perchè preciso che l'epatite acuta può essere dovuta anche ad altre cause.) è

un'epatite infettiva caratterizzata da:

necrosi epatocitaria associata a fenomeni degenerativi dei singoli epatociti che

vanno dal rigonfiamento idropico, fino alla disidratazione che caratterizza la

degenerazione eosinofila.

Infiltrazione infiammatoria

Iperplasia e ipertrofia delle cellule del Kupffer

Clinicamente tutte le epatiti virali acute sono accomunate dalla stessa sintomatologia:

senso di stanchezza profonda (astenia); disturbi digestivi caratterizzati da nausea,

disgusto per gli odori di alimenti e fumo di sigaretta, associati a vomito; presente (ma

non sempre) la febbre ed in genere si considera il periodo pre-itterico come un

periodo febbrile, con il quale compare ittero, associato a ipercromia urinaria e

ipocolia fecale.

L'ittero non sempre è presente, specie nell'infanzia possiamo avere delle epatiti

anitteriche.

All'esame obiettivo, oltre alla possibilità di rilevare ittero, possiamo apprezzare una

epatomegalia e una consistenza non dura (come il fegato cirrotico) ma

parenchimatosa; possibile a volte riscontrare splenomegalia.

Queste caratteristiche cliniche e semeiologiche accomunano tutte le epatiti virali

acute e, da un punto di vista degli esami di laboratorio, un altro dato che accomuna

tutte le epatiti è l'aumento delle transaminasi sieriche, liberate dai mitocondri

dell'epatocita necrotizzato e si può avere un aumento delle transaminasi fino a 50/100

volte il valore normale.

Vi consiglio, quando dovete citare un dato di laboratorio, ricordatevi prima quali sono

i valori normali e precisate sempre l'unità di misura.

Anche la bilirubinemia può essere aumentata e si tratta di una bilirubinemia mista, in

cui si bilanciano sia la frazione diretta che quella indiretta.

Per fare una diagnosi eziologica, in base ai dati epidemiologici o raccolti

dall'anamnesi, chiedete non tutti i markers ma se ad esempio il soggetto riferisce di

aver mangiato frutti di mare un mese fa, chiedete IgM anti epatite A. Anche la

richiesta dei marcatori sierici deve essere una richiesta ragionata e guidata

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dall'anamnesi e dallo stile di vita del paziente.

Infine i virus epatitici maggiori sono quelli che hanno uno spiccato epatotropismo:

l'organo bersaglio è il fegato, anche se, per quanto concerne il virus C altri organi

possono essere coinvolti. Infatti, una domanda che uno vi può fare è quali sono le

manifestazioni extraepatiche di un'infezione da virus C, quindi vi dovete ricordare

che il virus C è un po' ubiquitario, per cui può dare una malattia sistemica, che si può

esprimere oltre che con l'epatite anche con manifestazioni ematologiche come il

linfoma non-Hodgkin oppure una glomerulonefrite pseudomembranosa oppure una

crioglobulinemia.

Ricordatevi sempre che sono tutti virus ad RNA, tranne il virus dell'epatite B; sono

virus a trasmissione parenterale i virus B, C e D mentre gli unici a trasmissione orale-

fecale sono i virus dell'epatite A ed E.

Adesso passiamo in rassegna i singoli virus.

Virus dell'Epatite A

E' un virus ad RNA, piccolo, 30 nm. Appartiene agli Eparnavirus o agli enterovirus.

Esistono diverse regioni genomiche, una regione chiamata P1 che codifica per le

proteine virioniche p1, p2, p3; sono proteine strutturali del capside virale, sono le

proteine contro cui si monta la risposta immunologica della classe IgM e IgG.

Si conoscono diversi genotipi ma il genotipo 1 è quello responsabile del 90% delle

epatiti virali acute. Questo potrebbe servirvi a spiegare perchè, dopo che un soggetto

è apparentemente guarito da un'epatite virale A, può avere dopo un mese-un mese e

mezzo una recidiva: probabilmente sarà stato infettato da più genotipi, per cui risolta

la malattia da un genotipo viene a galla poi l'altro. E' un decorso a gobba di cammello

ma anche nel secondo caso la malattia è benigna, vi è un aumento delle transaminasi

più basso e il paziente guarisce.

Invece le regioni genomiche P2-P3 codificano per proteine non strutturali ed hanno

una funzione enzimatica. Questo concetto delle regioni genomiche strutturali e non

strutturali lo ritroveremo nella descrizione del genoma del virus dell'epatite C. Gli

enzimi sono l'elicasi, la proteasi, l'RNA polimerasi ecc.

E' un virus stabile in ambiente acido, a 60° per un'ora, per cui bisogna inattivarlo o

coi raggi ultravioletti o con il cloro a concentrazione adeguata per almeno 30 minuti.

La bollitura inattiva il virus quindi l'impepata di cozze può essere non dannosa se le

cozze vengono bollite a una temperatura maggiore di 60°. Anche la formalina inattiva

i virus.

Il prof mostra una diapositiva che mostra come appaiono le particelle virali al

microscopio elettronico, l'RNA è al centro e all'esterno ci sono le proteine di cui

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abbiamo parlato prima, nel capsomero, e contro le quali l'organismo produce gli

anticorpi che ci serviranno per la diagnosi eziologica.

Nelle malattie infettive la diagnosi indiretta è quella di tipo immunologico, che

ricerca gli anticorpi contro gli antigeni virali o protozoari (come la diagnosi di

Leishmaniosi che ricerca gli anticorpi contro la Leishmania); mentre la diagnosi

diretta è quella che prevede l'identificazione del microrganismo o identifica anche

direttamente il microrganismo con prelievi tissutali o colturali o attraverso

l'emocoltura; oppure coltivando direttamente il liquido biologico in cui può essere

presente il microrganismo.

Per quanto riguarda l'epidemiologia mondiale dell'epatite A, esistono paesi ad alta

endemia (Africa, Centro America, Sub continente Indiano), paesi a media endemia in

cui tra le popolazioni è trovato un tasso anticorpale IgG compreso tra 5 e 90% degli

abitanti. Quelli a bassa endemia sono quelli dove trovate meno del 5% dei soggetti

immunizzati contro quel virus e sono gli Stati Uniti, il Nord Europa, l'Australia, la

Nuova Zelanda. Noi apparteniamo ai paesi a media endemia.

Questo concetto ha la sua importanza ai fini pratici, nell'indicare l'opportunità di fare

la vaccinazione contro l'epatite A: se uno svedese viene nel bacino del Mediterraneo,

corre più rischio di contrarre l'epatite A perchè in Svezia non è venuto a contatto con

il virus quindi non è protetto. Se un napoletano va in Svezia sicuramente non rischia.

Laddove c'è una bassa endemia c'è minore protezione immunologica contro un

determinato virus.

Negli anni '50-'60-'70 in Italia vi era un'alta prevalenza di infezioni da virus A specie

nella popolazione infantile, poi con il miglioramento delle condizioni igienico-

sanitarie il rischio si è spostato progressivamente più avanti, per cui troviamo dei

bambini senza anticorpi contro l'epatite A e anche la popolazione medio-adulta, per

cui il rischio che anche una persona di 30-40 anni possa contrarre l'epatite A è molto

più elevato che non nell'età infantile. Quindi i soggetti a più levato rischio sono i

giovani tra i 15 e i 24 anni, con maggiore libertà nei costumi e nell'alimentazione.

I fattori di rischio sono: i frutti di mare crudi, i cibi contaminati, soggiorno in aree

iperendemiche.

L'incubazione è di 25-30 giorni. I fattori di rischio sono gli stessi dell'epatite E.

Alimenti responsabili:

frutti di mare, che hanno la capacità di filtrare le acque, concentrando il

microrganismo nella cozza ecc. per cui se non sono ben cotti possono

trasmettere non soltanto l'epatite ma anche la Salmonella typhi.

Verdure contaminate

acque contaminate

qualsiasi cibo contaminato da mani infette

Viaggi in zone endemiche sono ulteriori fattori di rischio, quindi un viaggiatore dovrà

fare attenzione a:

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non mangiare gelati artigianali

non bere acqua che non sia imbottigliata

non lavarsi i denti con acqua di rubinetto

Anche la coabitazione con soggetti affetti è un fattore di rischio, specie nel periodo di

incubazione.

La tossicodipendenza e alcune pratiche sessuali sono ulteriori fattori di rischio.

La trasmissione oro-fecale è la più frequente. Più rara è la trasmissione parenterale,

perchè anche se si verifica una viremia la probabilità che si possa ricevere una

trasfusione nel periodo di incubazione del virus è molto ridotta.

Il virus dell'epatite A non da cronicizzazione, quindi non esiste il portatore cronico.

La via che segue il virus: per via orale, arriva al tubo digerente, il primo organo che

incontra è la mucosa gastro duodenale (nausea e vomito, dovute ad una duodenite

consensuale e che precede le manifestazioni di tipo epatitico), nel fegato il virus si

moltiplica attivamente, passa nel sangue e negli altri organi e viene eliminato con il

rene e le urine ma anche attraverso le feci, che sono l'elemento infettante l'ambiente

che circonda il soggetto malato.

Nell'intestino non esiste nessun inibitore del virus, che viene eliminato dal fegato

nella bile e quindi si ritrova nelle feci. Le feci contaminano le acque, le acque

contaminate possono a loro volta contaminare frutta, ortaggi ecc.

Cosa succede quando il virus dell'epatite A raggiunge il fegato, attraverso il sangue

portale: dal duodeno passa nel tenue, poi attraverso i vasi portali raggiunge il fegato,

si àncora agli epatociti attraverso un recettore di membrana, si libera l'RNA virale che

costituisce lo stampo della RNA-polimerasi virale, quindi le proteine non strutturali, a

funzione enzimatica, provvedono alla replicazione del virus.

Trascritto l'RNA virale, si ha l'assemblaggio delle proteine strutturali in nuovi virioni

e i virioni sono contenuti in vescicole, che si trovano nel lume dei canalicoli biliari

intraepatici. Queste vescicole poi si dissolvono, liberando il loro contenuto virale per

mezzo della bile, che dissolve appunto la parete delle vescicole. Vengono così

eliminati nelle feci del soggetto.

Le feci sono infettanti ancor prima dell'aumento delle transaminasi, anche prima

dell'ittero. Ecco perchè questo virus è subdolo, perchè può contagiare i membri della

stessa famiglia o i compagni di scuola o negli orfanotrofi, manicomi ecc., perchè

prima che compaia la sintomatologia, il virus è già presente nelle feci e ci resta fino a

3 mesi dopo l'inizio dei sintomi.

Il sangue è infettante per tutta la durata della malattia perchè gli epatociti infetti

liberano il virus nel sangue (?).

Come ci si difende da questa infezione? Intanto viene attivata una risposta

infiammatoria dell'ospite, mediata da un infiltrato infiammatorio costituito da linfociti

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T citotossici (LTC) che corrispondono ai CD8. Questi linfociti riconoscono in modo

specifico le cellule infettate dal virus dell'epatite A, quindi ne inducono la necrosi. Il

riconoscimento viene mediato dall'intervento dell'MHC. Questo è il meccanismo di

necrosi epatocitaria, una volta che in virtù di questa vengono liberati i virus, questi

vengono neutralizzati dagli anticorpi anti virus A, quindi si completa la guarigione.

La necrosi epatocitaria è responsabile della ipertransaminasemia, dell'ittero, della

sintomatologia, quindi un meccanismo protettivo diventa anche la causa della

malattia. Se l'immunità è efficace il soggetto guarisce.

La necrosi epatocitaria si ritiene sia mediata dai linfociti T, come avviene anche per

l'epatite B e D. L'espressione della necrosi immunomediata è l'aggregazione di

linfociti che partecipano allo scopo di liberare il fegato dagli epatociti infetti, per cui

si parla di necrosi linfomonocitaria che può essere preceduta anche da cellule giganti,

cellule eosinofile ecc.

Al dato anatomopatologico fa riscontro la sintomatologia dell'astenia, della nausea,

talvolta anche dei dolori addominali (varianti colostatiche che simulano appendiciti

acute) che disorientano il medico, la febbre che può orientare verso una sindrome

influenzale e solo quando compare l'ittero o il vomito ci si rende conto che è un'altra

patologia.

Per ogni malattia bisogna sapere quanti giorni di astensione dalle normali attività

sono previste. In questo caso la guarigione avviene in 1-6 mesi. La guarigione

avviene sicuramente, la mortalità è dello 0,1%, dopo i 50 anni. L'epatite dei bambini

può essere anche anitterica.

Uno studente chiede se l'epatite fulminante può avere anche un periodo di

incubazione, il professore risponde che dopo il periodo di incubazione “ti fulmina”

ma ce ne accorgiamo da un dato di laboratorio importante: l'attività protrombinica,

che quando scende al 20-25% è particolarmente preoccupante (domanda d'esame). Il

fegato presiede alla sintesi dei fattori della coagulazione, quindi se un fegato è affetto

da atrofia, l'ittero aumenta, il fegato è distrutto e le transaminasi possono anche essere

normali, ciò che orienta è l'attività protrombinica, che se scende a 20-25% vuol dire

che il fegato è molto sofferente. Il paziente può avere un'encefalopatia porto-

sistemica, un'insufficienza epatica fulminante con ittero, edema cerebrale, coma

epatico, iperammoniemia, manifestazioni emorragiche. Il fegato è un organo filtro,

che serve a detossificare, quindi un aumento di ammonio nel sangue indica

l'incapacità del fegato di procedere all'ureogenesi, all'inattivazione dell'ammoniaca,

così come gli altri fattori della coagulazione sono sintetizzati dal fegato. Più che

infiammato il fegato è necrotico, non produce questi fattori e si possono quindi avere

manifestazioni emorragiche. Vi sono anche gli squilibri idroelettrolitici e la salvezza

di questi pazienti è la vicinanza ad un centro di trapianto epatico. Un criterio clinico,

oltre al disorientamento spazio-temporale del paziente (sintomatologia dell'encefalite

porto-sistemica), è la riduzione del volume epatico. Anche l'esame ecografico

consente di valutare le dimensioni.

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Il professore mostra un grafico che mostra come in presenza di virus nelle feci

compare la sintomatologia e le transaminasi aumentano. Intanto monta la risposta

anticorpale, inizialmente con anticorpi della classe IgM. Poi compaiono anche gli

anticorpi IgG. Le IgM fanno fare diagnosi di epatite acuta in atto, man mano che

passano i giorni, si incrociano con le IgG, che saranno quelle che poi prevarranno per

tutta la vita. In alcuni casi si può avere una ripresa della malattia, con transaminasi

più basse, forse perchè il soggetto è stato infettato da più genotipi virali e in tal caso

avrà di nuovo comparsa di IgM e transaminasi (decorso bifasico).

Nella diagnostica dell'epatite A abbiamo sia i marcatori diretti che indiretti. Quelli

diretti sarebbero identificati nella ricerca nelle feci del virus dell'epatite A o degli

antigeni ma ai fini pratici non si applica. Più importante invece cercare gli anticorpi

della classe IgM. Se non li troviamo siamo di fronte a un caso di epatite di altra

eziologia, specie se presenta soltanto anticorpi IgG. Se non ha né IgM né IgG, vuol

dire che il paziente non è mai venuto a contatto con il virus dell'epatite A. Quindi, se

deve fare un viaggio in Thailandia o nel Sud-est asiatico, si deve vaccinare.

Quando seguite un paziente affetto da epatite virale acuta bisogna fare dei controlli.

Anzitutto visitarlo dal punto di vista clinico; vedere l'evoluzione dell'ittero,

controllare il sensorio, valutare fegato e milza; chiedere se i disturbi dispeptici sono

passati, in genere durano i primi giorni di malattia, poi si sviluppa una fame da lupo

per cui ritornano subito ad una buona alimentazione. Per esempio se l'ittero resta o

aumenta potete trovarvi di fronte alla variante clinica di epatite virale ad impronta

colostatica, laddove aumenta fosfatasi alcalina, gammaGT, bilirubina. Questa anche

se dura di più tende comunque alla guarigione e non c'è bisogno di terapie particolari,

le transaminasi tendono a diminuire mentre la bilirubina e gli enzimi di colestasi sono

ancora più alti. Controllo settimanale delle transaminasi e dell'attività protrombinica.

Utile un'ecografia del fegato se l'ittero aumenta.

Terapia: non esiste una terapia specifica con antivirali. Bisogna invitare il paziente a

stare a riposo a letto e alzarsi solo per le necessità personali nella prima fase; letto e

poltrona poi fino alla ripresa della cinestesi, fin quando le transaminasi non

accennano a scendere. La ripresa dell'attività fisica deve essere lenta e graduale.

La dieta: in genere è preferibile utilizzare liquidi zuccherati nella fase della nausea e

vomito, che possono essere sostituiti dalle flebo glucosate da 0,500 o 1 litro al giorno,

a 5-10%.

Dopo la scomparsa della nausea e vomito, apporto bilanciato di glicidi e protidi,

ridotti ma non aboliti i lipidi. Poi vitamine del complesso B, vit. K e se il soggetto

tende alla stitichezza (ed è probabile perchè l'ittero può causare una stipsi) è bene

liberare l'intestino, perchè un fegato che riceve ammoniaca, mercaptani e tutte le

sostanze putrefattive di origine intestinale è un fegato che non è in grado di filtrare,

quindi mantenere l'alvo libero anche con dei piccoli clisteri è una misura terapeutica.

Se il paziente avverte ancora quella duodenite dovuta al passaggio dei virus può

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prendere anche antiacidi tipo Malox o inibitori di pompa protonica per qualche

settimana.

In sintesi la dieta deve essere libera, ipercalorica, privilegiando i glicidi, iperproteica

o normoproteica e normolipidica (pasta, riso, pane, carne, pesce, formaggi, uova che

sono nutrienti se non ci sono problemi di calcoli, verdura, frutta, dolci fatti in casa,

prosciutto magro, caffè, orzo, tè).

Evitare: alcolici, alimenti grassi, insaccati, fritture, cibi sotto sale o in scatola, per gli

additivi e conservanti.

Come difendersi dall'infezione: vanno attuate tutte le norme di prevenzione comuni a

tutte le malattie a trasmissione fecale-orale (igiene personale, idonei trattamenti di

potabilizzazione delle acque, adeguato smaltimento dei rifiuti, controllo su qualità e

commercio dei frutti di mare).

Una volta si utilizzava la profilassi passiva, che prevedeva l'uso di immunoglobuline

della classe IgG contro il virus A, alla dose di 0,02-0,05 (?) i.m., però è difficile

reperire in commercio queste globuline perchè non vengono più utilizzate.

Esiste invece una immuno-profilassi attiva, che è formata da virus inattivati con

formaldeide, come per l'influenza. E' indicato: nei bambini in zone endemiche, ai

militari che vanno in zone di endemia, ai viaggiatori che vanno in zone endemiche,

agli operatori ecologici, ai tossicodipendenti, al personale di laboratorio, ai candidati

ai trapianti, pazienti affetti già da epatite cronica o cirrosi epatica (perchè se prendono

anche l'epatite A quel poco di fegato che rimaneva viene distrutto dall'infezione

acuta), gli omosessuali maschi, personale addetto agli asili infantili e agli istituti dei

ritardati mentali.

Il vaccino per l'epatite A più diffuso è l'HAVRIX: si tratta di una sospensione

contenente il virus ceppo HM175 inattivato con formaldeide.

La schedula vaccinale è raccomandata alle categorie già citate prima e inoltre: agli

addetti allo smaltimento di acque reflue e liquami.

La dose per gli adulti è di 1 ml, per i bambini 0,5 ml. La via di somministrazione è

quella i.m. nel deltoide, se si sceglie la via sottocutanea o intradermica la risposta

anticorpale è più bassa. Quella per via endovenosa non è indicata.

Tempi: prima dose al tempo 0, la seconda a un mese e la terza o al 6° o 12° mese.

Esiste anche la schedula rapida: prima dose al tempo 0, seconda a 14 gg, la terza a 6-

12 mesi. Anche se la protezione avviene in tempi più brevi, la risposta anticorpale è

più modesta.

VIRUS DELL'EPATITE E

Cambia la sigla ma il comportamento è sovrapponibile a quello dell'epatite A, anche

se le regioni dove il virus è più diffuso sono: l'Asia, il Centro America, l'Africa e il

Medio Oriente. In questi paesi è responsabile di epidemie idriche durante la stagione

delle piogge, perchè si contaminano le acque potabili con le condutture di materiale

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fecale. In Italia e nei paesi industrializzati si registrano <1% dei casi di epatite acuta.

In genere quelli che contraggono l'epatite E sono viaggiatori che tornano dai paesi

dove il virus è endemico. I casi autoctoni sono più rari e dovuti anch'essi a consumo

di frutti di mare crudi, a contatto intrafamiliare o intraospedaliero con soggetti con

epatite E.

Anche il virus dell'epatite E induce una risposta anticorpale di classe IgM prima ed

IgG dopo.

Il virus E fu responsabile in passato di epidemie di tipo idrico in paesi come il Nepal,

Sud-Est Asiatico, Africa settentrionale, Algeria e Messico perchè quando ci sono le

piogge l'acqua rende permeabili le condutture dell'acqua potabile e delle acque fecali.

L'incubazione va da 2 a 9 settimane, 90 giorni in media. Le forme colostatiche sono

molto più frequenti della A. Sono particolarmente gravi nelle donne gravide, infatti il

20% di mortalità da epatite E si riscontra nelle donne gravide. Anche per l'epatite E

può esserci un decorso bifasico.

La patogenesi è quella della necrosi immunomediata, quindi i meccanismi invocati

per l'epatite A li ritroviamo anche nella E. Il serbatoio d'infezione è rappresentato da

soggetti con l'infezione acuta perchè anche l'epatite E non cronicizza.

La diagnosi si fa per esclusione, quando non si trovano i marcatori delle altre epatiti

acute virali, per conferma cercando nel sangue gli anticorpi della classe IgM contro

HEV.

Anche per l'epatite E, la profilassi si fa col miglioramento delle condizioni igienico-

sanitarie ambientali, la denuncia dei casi di epatite E e l'isolamento del paziente

perchè è facile il contagio, i vaccini con proteine ricombinanti di superficie sono in

fase di studio. VIRUS DELL'EPATITE B

Per poter comprendere la dinamica immunologica di questo virus è opportuno

familiarizzare con la particella di Dane, che è il virus completo, formato da un

involucro di superficie chiamato mantello, costituito dall'HBsAg, un antigene contro

il quale l'organismo sintetizza un anticorpo anti-HBs. Non possono questi che essere

anticorpi a funzione protettiva, perchè bloccando la superficie esterna bloccano tutto

il virus, impedendone l'ancoraggio agli epatociti.

Nel sangue possiamo trovare anche soltanto l'involucro esterno, o sotto forma di

particelle sferiche o sotto forma di tubuli. Tutto il virus ha una dimensione di 42 nm,

all'interno della particella di Dane troviamo l'antigene core, che pure è un antigene

strutturale, fatto da proteine del core. Anche contro questo, l'organismo sintetizza

anticorpi, della classe IgG e IgM. Il significato degli anticorpi della classe IgM

(concetto fondamentalissimo!) contro il core indica replicazione virale. E' importante

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perchè se chiediamo le IgM anti-core per capire se il soggetto ha un virus che si

moltiplica facciamo spendere pochi soldi rispetto alla richiesta di HBV-DNA, un altro

marcatore di replicazione virale; quindi volendo fare un discorso dal punto di vista

economico è preferibile chiedere le IgM anti-core.

Una molecola solubile, presente nel core, è l'antigene e, che passa nel siero ed indica

la replicazione del virus. Qual è la differenza tra HBc antigene ed HBe antigene?

L'HBc non lo troviamo nel siero, per poterlo enucleare dovremmo trattare la

particella di Dane con degli agenti che spaccano per lisi osmotica la particella e fanno

uscire l'antigene. Però l'organismo è in grado di sintetizzare anticorpi anti-HBc. Poi

abbiamo l'HBV-DNA.

La particella completa comprende HBsAg, il core, il DNA. Invece le particelle

incomplete sono formate soltanto dall'HBsAg ed ovviamente non sono infettanti,

tanto è vero che i primi vaccini erano plasma derivati: si identificavano i portatori del

virus B, si salassavano, poi si filtrava il siero per spiazzare le particelle di Dane

infettanti, separando invece soltanto i filamenti o le particelle sferiche, che venivano

utilizzati per l'allestimento dei vaccini plasma-derivati.

Oggi, avendo scoperto il gene che codifica per l'HBsAg, che induce gli anticorpi

proteggenti, con l'ingegneria genetica è possibile utilizzare vaccini fatti con filamenti

indotti artificialmente, in animali di laboratorio, con la somministrazione di geni

responsabili di queste sintesi.

Se esaminiamo il sangue di un soggetto che ha avuto l'infezione da virus B, nel

sangue troviamo sia le particelle allungate, che quelle sferiche, che sono solo

l'HBsAg. Mentre le particelle sferiche a coccarda sono quelle che corrispondono alle

particelle di Dane, infettanti.

Contro ogni componente antigenica l'organismo monta la sua risposta. Abbiamo

quindi anticorpi anti-HBs, a funzione proteggente, che indica immunità acquisita, o in

seguito a infezione naturale o in seguito a vaccinazione. Contro il core HBcAg e

HBeAg l'organismo sintetizza anticorpi, con la differenza che gli HBcAb di classe

IgM danno informazioni sulla replicazione del virus, così come anche HBeAg indica

replicazione del virus. Esiste poi l'HBV-DNA, che si identifica con la PCR.

Il virus dell'epatite B ha un periodo di incubazione superiore a quello dell'epatite A,

che va da 30 a 180 gg. La forma fulminante va dallo 0,1-1%.

Se vi chiedo in che % questo virus induce cronicizzazione voi non mi dovete dare un

numero fisso, dovete rispondere: in rapporto all'età dell'infezione la cronicizzazione è

differente. Un neonato che si infetta con epatite B ha più probabilità di cronicizzare,

perchè l'immunità è ancora inefficace, non ci si libera facilmente del virus e si può

istituire la condizione di portatore anche asintomatico, con transaminasi normali,

attraverso una fase di tolleranza immunitaria. Invece se l'infezione viene contratta in

età adulta la probabilità di cronicizzare è molto più bassa (1-10%). Se il contagio

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avviene assieme al virus D, la probabilità di cronicizzare è del 5-8%.

Il picco delle transaminasi è elevato come per l'epatite A. La diagnosi si fa attraverso

non soltanto l'HBsAg ma soprattutto attraverso l'identificazione nel siero degli

anticorpi IgM contro il core. Non rispondete soltanto HbsAg, questa è una condizione

necessaria ma non sufficiente, perchè uno può essere portatore asintomatico e non

avere la malattia o addirittura non replicare il virus, quindi la risposta è HbsAg ma

soprattutto IgM anti core. Se proprio volete spendere soldi si può cercare anche

l'HBV-DNA.

In Italia esistono circa 1.500.000 portatori di HBV e una fonte di rifornimento oggi è

costituita dagli immigrati che vengono da paesi dove non hanno potuto vaccinarsi,

quindi oggi la diagnosi da virus B con ceppi di tipo selvaggio interessa soprattutto le

popolazioni immigrate.

I fattori di rischio una volta erano le trasfusioni di sangue o di emoderivati, oggi lo

screening dei donatori, attraverso l'identificazione dei marcatori virali, fa si che

l'epatite B post trasfusione siano pressochè a 0.

I rapporti sessuali con partner infetto sono fattori di rischio, basta una goccia di

sangue infetto, diluito in una vasca da bagno, prendere una goccia d'acqua è ancora

infettante per l'alta contagiosità, notevolmente superiore all'infettività dell'HCV.

La trasmissione verticale da madre a figlio dopo la nascita è possibile, tanto che oggi

alle madri infette ma anche ai neonati non infetti si somministra il vaccino.

Emodialisi, tossicodipendenze, servizio come operatori sanitari, servizio di raccolta e

smaltimento rifiuti, la convivenza con soggetti affetti, sono tutti fattori di rischio.

Il virus può penetrare non soltanto da lesioni evidenti, si parla di trasmissione

parenterale inapparente: contatti intimi, mucosa contro mucosa, pelle contro pelle,

purchè ci sia un'escoriazione anche minima, costituiscono una trasmissione

parenterale, inapparente perchè non è così evidente come la trasfusione di sangue o

l'incisione con il bisturi infetto.

Il virus che dovesse penetrare per via orale troverebbe nel lume intestinale un

inibitore, ...(non riesco a decifrare), una volta arrivato nel fegato il virus si moltiplica

attivamente come accade per l'epatite A ed E, passa nel sangue, si ha quindi una

viremia.

I meccanismi della necrosi epatocitaria ricalcano in parte quelli dell'epatite A, con

alcune differenze: una volta penetrato nel fegato, il virus si replica, produce le

proteine virali nell'epatocita infetto ed espone sulla superficie epatocitaria alcuni

costituenti, che sono l'antigene c ed e, che sono processati dagli MHC II. La

superficie dell'epatocita perde la sua autonomia biochimica, diventa non-self, per cui i

linfociti T citotossici riconoscono una membrana epatocitaria non self e la

aggrediscono causando la necrosi epatocitaria, nell'intento di eliminare gli epatociti

infetti. Quindi da una parte la necrosi ha la funzione di purificare il fegato dagli

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epatociti infetti, nello stesso tempo la necrosi spiega l'ipertransaminasemia.

L'HBcAg alla superficie dell'epatocita, non tutto il virus ma semplicemente una

componente virale, perchè la sintesi delle particelle che costituiscono il virus non è

una sintesi sincrona, per cui è possibile che alla superficie dell'epatocita arrivino non

necessariamente le particelle virali complete ma semplicemente un antigene

strutturale, che modifica la costituzione chimica della membrana, per cui consentono

il riconoscimento degli epatociti in cui avviene la replicazione del virus, per cui la

necrosi epatocitaria è una necrosi immuno-mediata, che avrebbe lo scopo di eliminare

gli epatociti infetti.

I linfociti TH1, che pure intervengono attivando interferone gamma, IL2 e TNF,

regolando la risposta infiammatoria mentre il TNF dovrebbe inibire la replicazione

virale, attraverso la produzione di nitrossido.

Anche questo meccanismo mediato dai linfociti TH1 avrebbe lo scopo di eliminare

gli epatociti infetti.

Un'altra cosa importante è che gli stessi linfociti possono attivare la risposta

anticorpale contro l'HBsAg, così i virus che sono sfuggiti dall'epatocita sono inattivati

anche dalla risposta UMORALE. Quindi da una parte abbiamo la necrosi degli

epatociti infetti, dall'altra la inattivazione del virus se la risposta umorale è efficace

nella produzione di IgM.

Il prof mostra poi una slide in cui sono riassunte tutte le possibilità che possono

accadere ad un soggetto affetto da epatite B: la mediazione dei linfociti T citotossici

che inducono la necrosi nell'epatocita, i TH1 che inducono risposta infiammatoria e

blocco della replicazione virale, i linfociti B che sintetizzano anticorpi anti-HBs. Se

queste tre risposte sono efficienti, noi possiamo avere la guarigione. Le altre

condizioni cliniche possono essere: tolleranza immunitaria, per cui abbiamo un

portatore sano, l'immunità non agisce per cui non vi è infiammazione né necrosi, il

virus si moltiplica, il soggetto è un portatore asintomatico, stabilendosi un'alleanza

non nociva tra virus e ospite; se invece la risposta non è efficace in uno dei tre

momenti si ha epatite cronica, perchè ammesso pure che si abbia la necrosi, se non ci

sono gli anticorpi il virus resta e attacca altri epatociti, perpetuandosi la necrosi degli

epatociti, e si ha lo spettro dell'epatite cronica perchè l'immunità non è efficiente nei

suoi tre bracci; se invece l'immunità è esaltata e tutti gli epatociti vengono

necrotizzati in maniera sincrona si ha l'epatite fulminante.

Il segreto quindi è che si abbia la fortuna che l'immunità, nei suoi vari settori, sia

efficace e ben bilanciata, per cui si ha la necrosi senza esagerazione e senza

l'incapacità di eliminare il virus, che poi porta il soggetto alla guarigione.

Quando dopo l'episodio acuto si ha la sintesi di HBsAg e di HBV-DNA e HBeAg che

indica la replicazione virale, così come la replicazione è indicata dagli anticorpi della

classe IgM anti core. Il soggetto che tende a guarire, dopo la sintesi di IgM comincia

a sintetizzare anticorpi IgG contro il core. Man mano che ci allontaniamo dalla fase

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acuta, scompare l'HBV-DNA, perchè la replica finisce, compare l'anti HBe e compare

l'anti HBs. Il virus non si moltiplica più e nel siero troviamo anticorpi IgG contro

HBc e scompaiono le IgM anti core. Questo è il destino sierologico di chi guarisce.

Nell'epatite cronica invece succede qualcosa di diverso.

A cura di Anna Chiara Fabrizio

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Malattie Infettive

Lez. Del 23/04/2014

Prof. Pasquale

I virus epatitici maggiori sono i virus A,B,C,D,E; sono tutti ad RNA tranne il virus B che

è a DNA. I virus dell’epatite A ed E si trasmettono per via oro-fecale; entrambi i virus

non cronicizzano, quindi non esiste il portatore cronico del virus dell’epatite A o

dell’epatite E. Questi virus vengono disseminati nell’ambiente e quindi attraverso le

acque reflue, scoli fognari, possono contaminare gli alimenti,ma soltanto a partire

dall’uomo malato. Epatite B,C, e D si trasmettono per via parenterale o parenterale

inapparente, attraverso i contatti intimi, le microabrasioni di cute e mucosa, quindi anche

attraverso i rapporti sessuali, l’uso promiscuo di utensili per mangiare, siringhe, pettini,

etc. Quindi i virus dell’epatite B, C e D sono accomunati dagli stessi meccanismi di

contagio. I serbatoi di questi virus sono prevalentemente le persone dedite alla

tossicodipendenza, per il loro stile di vita, la promiscuità, anche sessuale, e l’utilizzo di

mezzi non a perdere. Oggi un meccanismo di contagio da parte di questi virus è

rappresentato anche da alcune pratiche cosmetiche, ossia tatuaggi, piercing, pedicure,

manicure, se questi operatori utilizzano mezzi non a perdere. Una volta anche gli studi

odontoiatrici non erano perfettamente igienici, ma poi il dentista anche per difendere se

stesso si é convinto a sterilizzare gli strumenti con l'autoclave per le pratiche

odontoiatriche.

I virus dell'epatite B, C e D oltre a dare l'epatite acuta possono determinare lo stato di

portatore cronico. Il portatore cronico di virus B,C e D può essere un portatore

ASINTOMATICO, il che significa che può avere delle transaminasi normali, cioè può

non esservi infiammazione e necrosi epatica, e presenta viremia. Il paziente

ASINTOMATICO contagiato dal virus B,C e D è un paziente che ha il virus nel sangue,

però il suo sistema immunitario agisce in maniera tale da aver creato un compromesso

con il virus, come se il virus dicesse all'organismo “tu mi ospiti perché io ho bisogno

delle tue cellule per potermi replicare e in cambio io non ti danneggio il fegato”; questo

detto in parole avanzate sarebbe TOLLERANZA IMMUNOLOGICA, significa che il

virus viene accettato dall'organismo senza che vi sia necrosi epatica.

Laddove non vi é tolleranza immunologica si possono stabilire due condizioni:

Situazione di IMMUNITÀ EFFICACE e allora si ha la condizione di

IMMUNOELIMINAZIONE del virus. Immunoeliminazione significa eliminare

tramite un sistema immunitario efficace il virus dagli epatociti, attraverso il

meccanismo della necrosi epatocitaria. La necrosi epatocitaria in un soggetto che

ha una buona funzione immunitaria, sia sul versante umorale che sul versante

cellulo-mediato, significa epatite virale acuta destinata a guarire con la sintesi di

anticorpi protettivi antiHBs per il virus B o quelli per il virus Delta senza che

l'episodio acuto possa condurre ad una forma cronica. La necrosi epatocitaria qui

ha un valore positivo benefico per l'organismo perché significa purificare il fegato

da quelle cellule che hanno avuto la sfortuna di accettare il virus. La necrosi

dell’epatite acuta, se il sistema immunitario è efficiente, è una necrosi che è

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destinata a finire, le transaminasi tendono a calare, si normalizzano man mano che

il paziente guarisce, contemporaneamente l'immunità monta la sua risposta con la

sintesi di anticorpi antiHBs (nel caso dell’epatite B), l'ittero se presente passa e

resta solo il ricordo, la cicatrice immunologica della presenza di anticorpi

antiHBs. Questo episodio di epatite acuta vale per tutti i virus ed in particolare per

il virus B,C e delta.

Laddove invece l'immunità non é efficiente, cioè non funzionano i linfociti T

helper, i linfociti T citotossici, i linfociti che devono produrre gli anticorpi, c'è

qualche sfasatura in questi tre bracci dell'immunità non vi é la

immunoeliminazione, ma vi é la fase della CRONICIZZAZIONE dell'infezione,

cioè il virus resta presente negli epatociti e seppure esce da un epatocita che

indubbiamente sarà necrotizzato entra in un'altra cellula e perpetua quindi nel

tempo la necroinfiammazione, che é substrato anatomopatologico dell’epatite

acuta se il paziente guarisce, ma in particolare dell'epatite cronica se l'immunità

non ha ancora liberato il fegato dal virus. Nell'epatite cronica i valori delle

transaminasi non sono mai 1000, 2000, 3000 come nella forma acuta, ma sono più

bassi, arrivano a 150,200, 400 (DOMANDA D’ESAME).

Quindi nell'epatite cronica c'è questo continuo tentativo dell'immunità di liberare le

cellule, ma senza successo e nel suo perpetuarsi l'infiammazione del fegato comporta la

formazione anche di una fibrosi ATTIVA, cioè la necrosi epatocitaria è capace di attivare

le cellule di Ito, deputate alla sintesi del collagene e quindi oltre all'infiammazione

abbiamo la cosiddetta fibroblastosi cioè la produzione attiva di tessuto connettivo

laddove nell'epatite acuta il connettivo non è l'espressione di una produzione attiva, ma di

collasso delle fibre reticolari che non più sorrette dalle lamine epatocitarie si affossano le

une alle altre formando cicatrici PASSIVE. Ovviamente la fibrosi epatica è un indicatore

anatomopatologico di evoluzione della malattia cronica verso la fase finale che si

definisce cirrosi epatica, caratterizzata dalla nodulazione o meglio dalla formazione di

pseudonoduli epatocitari circondati da connettivo a cercine e la fibrosi epatica giustifica

la durezza del fegato alla palpazione di questi pazienti. Cirrosi epatica significa che anche

la circolazione arterovenosa del fegato è compromessa, quindi abbiamo ipertensione

portale e shunt vascolari e di conseguenza l'encefalopatia portosistemica perché tutte le

sostanze tossiche di provenienza intestinale (principalmente l’ ammoniaca) non sono

detossicate dal fegato e vanno direttamente al cervello; la stessa fibrosi epatica crea una

ipertensione portale perché il sangue non riesce a superare il filtro epatico, per fortuna

una parte del sangue shunta, ma il resto fa marcia indietro causando ASCITE e quindi le

varici gastriche ed esofagee.

In un soggetto che ha un buon sistema immunitario abbiamo una fase di replicazione del

virus con dei marcatori specifici quali HBeAg e l'HBV-DNA e poi gli anticorpi della

classe IgM antiHbc; l'HBsAg esprime, invece, uno stato di infezione, ma non di

replicazione del virus, infatti lo possiamo trovare nei soggetti asintomatici i quali possono

avere una fase di non replicazione virale. Quindi HBV-DNA é un'indagine che si fa con

la PCR, l'HBeAg è un antigene solubile del core che passa nel sangue e viene sintetizzato

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nella fase della replicazione del virus; l’anticorpo della classe IgM anti proteina del core

quando presente indica replicazione del virus. Durante la replicazione virale in un

soggetto con una buona risposta immunitaria abbiamo i sintomi dell'epatite virale acuta

con o senza ittero, il quale può essere anche colestatico, e ovviamente a causa della

necrosi epatocitica abbiamo ipertransaminasemia.

Il paziente è destinato a guarire, ha una buona risposta immunitaria, quindi si arresta la

replicazione del virus, può scomparire anche l'HBsAg, e viene montata la risposta

immunitaria anticorpale contro l'antigene E o contro l'antigene S, le IgM tendono a calare

mentre si sintetizzano gli anticorpi contro il core della classe IgG. In un soggetto che ha

l'epatite che non guarisce, ma che tende a cronicizzare, il sistema immunitario è

inefficace, si ha la persistenza degli anticorpi della classe IgG, l'antigene E può persistere

e soprattutto vi è una continua replica di HBV-DNA e presenza di HBsAg. Quindi

nell'epatite cronica da virus B non abbiamo gli anticorpi anti HBs, possiamo non avere gli

anti HBe e abbiamo invece la persistenza dell'antigene E, dell'HBsAg e della viremia che

esprime la replicazione del virus, le transaminasi non più alte come nell'episodio acuto

possono avere valori più bassi.

La maggior parte di questi marcatori si possono evidenziare con tecnica ELISA o con

tecniche immunologiche; l'HBV-DNA plasmatico si evidenzia invece con tecnica PCR.

Vediamo cosa succede con questi marcatori nelle varie fasi della infezione:

se l'infezione è acuta l'HBsAg è presente ed ovviamente non vi è il suo anticorpo,

gli anticorpi della classe IgM sono presenti, successivamente si sintetizzano quelli

totali, l'HBeAg può essere positivo o negativo a seconda di quello che vi dirò

dopo, l'antiHBe tende ad essere negativo nel soggetto che è portato a guarire, ma

quando persiste l'antiHBe indica una situazione cronica che può anche associarsi

ad aumento delle transaminasi. Nell'infezione acuta l'HBV-DNA è presente.

Nell'infezione cronica l'HBsAg è presente, l'antiHBs non c'è, l'antiHBc della

classe IgM é negativo, sono presenti invece gli anticorpi della classe IgG, anche

l'HBeAg e l'anti HBeAg possono essere presenti o assenti in rapporto a quello che

vi dirò dopo; l'HBV-DNA se è un'infezione cronica non può che essere presente,

e questo è il pattern sierologico del soggetto con infezione cronica.

Se il soggetto ha una buona immunità e guarisce negativizza l'HBsAg e sintetizza

(questo è l'effetto auspicabile) l'antiHbs che in una prima fase può essere negativo

e poi si positivizza ed ovviamente la presenza indica protezione immunitaria.

Questo è quello che otteniamo con la vaccinazione.

L'HBsAg indica soltanto infezione, presenza del virus, ma non necessariamente

replicazione. Gli anticorpi della classe IgM contro il core indicano il danno acuto oppure

una riattivazione successiva nel corso di una epatite cronica che può riattivare la sintesi

degli anticorpi IgM. Gli antiHBc totali indicano o un'infezione oppure una risoluzione.

L'HBeAg e l'HBV-DNA sono indici di replicazione (non confondere concetto di

infezione e di replicazione virale), quindi uno può avere HBsAg senza che il virus si stia

replicando.

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L'antiHBe può scomparire oppure può essere presente nel soggetto che ha una variante

detta variante E-virus che significa che il paziente non è capace di sintetizzare l’antigene

E e presenta nel siero soltanto l'anticorpo anti-E che quando é associato alla replicazione,

indicata da HBV-DNA, caratterizza il soggetto affetto dalla variante E-virus o difettiva

del virus B. Oggi la maggior parte delle epatiti croniche da virus B è sostenuta da questo

virus che ha subito una mutazione genetica, per cui nel sangue abbiamo l'HbsAg,

abbiamo l'antiHBe e HBV-DNA che indica la replicazione, e questa variante del virus è

responsabile di forme più severe di epatite cronica. Questo virus si differenzia dal virus

primitivo che viene chiamato ceppo Wild.

Il portatore asintomatico del virus B è un soggetto che ha nel siero la dosabilità dell’

HBsAg per almeno sei mesi, l'HBeAg non c'è, l'antiHBe c'è, l'HBV-DNA è presente ad

una concentrazione inferiore a 10.000 copie /ml; la quantizzazione o la misura dell'HBV-

DNA è espressa o dalle copie o dalla unità internazionali; per sapere a cosa

corrispondono 10.000 copie basta diminuire di 5 volte il valore avendo quindi 2000 UI.

Le transaminasi nel portatore asintomatico sono normali, altrimenti non lo chiameremmo

portatore, infatti se facciamo la biopsia epatica a questo soggetto noi abbiamo

un'infiammazione o molto molto lieve oppure il paziente non presenta né infiammazione

né lesioni di deposito.

Quindi l'epatite B può essere sostenuta o dal virus Wild ed è caratterizzata dalla presenza

di HBsAg, HBeAg ed HBV-DNA e da transaminasi alterate (classico esempio di epatite

acuta o anche di epatite cronica da virus selvaggio, la differenza sta nel valore delle

transaminasi decisamente alto nelle forme acute); oppure dal virus mutato che viene

definito E-virus perché incapace di sintetizzare l'antigene E, rappresenta una variante pre-

core del gene che sintetizza il core. Il virus mutato presenta l'HBsAg però rispetto al virus

Wild ha l'antiHBe e come il Wild ha l'HBV-DNA nel sangue, in questo caso le

transaminasi possono avere andamento fluttuante con picchi a 200/300,poi si va a calare

con periodi anche normali, quando fa così si comporta come il virus C, oppure l'altro

comportamento è quello fluttuante senza picchi, senza spikes di ipertransaminasemia. Si

possono anche avere fluttuazioni sieriche del HBV-DNA. Le fluttuazioni indicano la

tendenza dell'immunità a liberarsi delle cellule infette, ma alla fine l'organismo non ci

riesce perchè successivamente, dopo alcune settimane e alcuni mesi, si hanno nuovi

picchi, ci può riuscire solo grazie a tentativi terapeutici legati all'interferone e agli

antivirali.

Il soggetto che ha l'antiHBe deve aver avuto il contatto con l'antigene E, deve averlo

prodotto in una fase della sua storia, poi a un certo punto l'anticorpo c'è e l'antigene non

c'è quindi o è subliminale quell'antigene ovvero non lo possiamo snidare, stanare dal

sangue e questa quota subliminale è capace di stimolare la sintesi dell'anticorpo relativo

oppure è il fenomeno della memoria immunitaria del soggetto che può venire a contatto

con dosi infinitesimali di antigene, ma sufficienti a indurre una risposta più florida

dell'anticorpo anti E a dispetto di chi ne ha provocato la stimolazione.

Questa variante pre-core del virus B è dovuta alla mutazione del DNA virale in un punto

del gene del core dove la guanina viene sostituita dalla adenina e basta questa

sostituzione perché si interrompa il processo di trascrizione della informazione genetica e

perché si abbia una interruzione prematura della proteina pre-core (l'HBeAg) e quindi si

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interrompe la sua sintesi e secrezione; questo fenomeno può avvenire o spontaneamente

durante la replicazione di HBV o in un momento successivo, questa mutazione consente

la persistenza del virus e causa un decorso grave e prolisso dell'epatite cronica B.

Oltre che spontaneamente durante la replicazione del virus questa mutazione può

avvenire anche nei soggetti con epatite cronica da virus Wild, la cui condizione di

malattia può ad un certo punto virare verso il ceppo E-virus a causa dell'accumulo della

mutazione descritta nel genoma del virus residente nel fegato; più rara la comparsa della

mutazione nei portatori sani.

Il mutante pre-core è caratterizzato quindi dalla positivitá dell'HBsAg, dell'antiHBe e

dell'HBV-DNA, l'unica differenza rispetto al ceppo Wild è proprio l’assenza dell'antigene

E con contemporanea presenza dell'antiHBe. Ricordate che in questo caso l'HBV-DNA è

superiore a 100.000 copie/ml, le transaminasi possono essere o persistentemente elevate o

con andamento fluttuante, le fluttuazioni sono correlate alla produzione di HBV-DNA,

poi magari la replicazione si riduce e scendono entrambi i valori.

Se facciamo una biopsia epatica a questi soggetti abbiamo necroinfiammazione e fibrosi,

questi hanno una evoluzione più rapida verso la sclerosi epatica, fibrosi, cirrosi ecc.

L’immunotolleranza si può avere nell’infezione perinatale e condiziona poi lo stato di

portatore cronico del virus o asintomatico.

L'immunoclearance o immunoeliminazione caratterizza invece l'episodio acuto durante il

quale si puó avere o la sieroconversione da antigene E ad antiHBe e si ha il portatore

inattivo o asintomatico e le copie dell'HBV-DNA sono inferiori a 2000 UI/ml, le

transaminasi sono normali ed è possibile una scomparsa dell' HBsAg nell'1-2% dei casi

annuali spontaneamente. Se vi è la sieroconversione ad antiHBe si può avere o la

riattivazione da E ad AntiE e prende il nome di sieroreversione oppure si può avere la

variante pre-core.

Il soggetto che è HBsAg negativo potrebbe avere addirittura una riattivazione virale

perchè esiste il fenomeno della deposizione nel nucleo dell'epatocita di una frazione

genomica del virus B chiamato cccDNA. Questa è una riserva del genoma del virus che

se ne resta lì quieta quieta nascosta nel nucleo degli epatociti di un soggetto che può

essere anche HBsAg negativo e che può dare una riattivazione grave del virus nei

soggetti che sono immunodepressi da terapie oncologiche, reumatologiche, da farmaci

biologici.

Il soggetto che è portatore asintomatico, cioè immunotollerante, del virus alla biopsia

epatica presenta questi epatociti che sono un poco più lucidi definiti appunto cellule a

vetro smerigliato, che si differenziano da quelle che hanno il citoplasma più granuloso.

Esse hanno questo aspetto in quanto sono piene di HBsAg; questo (indicando il lucido) è

un piccolo focolaio di necroinfiammazione che è compatibile con una situazione

pressoché normale, un quadro pressoché tranquillo di un soggetto portatore cronico

asintomatico del virus B; anche con altre colorazioni oltre ad ematossilina-eosina

possiamo colorare il citoplasma e mostrare l'abbondanza di HBsAg.

Il cccDNA è una frazione genomica circolare dell'HBV-DNA che si trova nel nucleo

dell'epatocita e costituisce da un punto di vista genetico una riserva del virus e

caratterizza l’infezione occulta da HBV, detta occulta perchè nel sangue non troviamo

l'HBsAg, troviamo addirittura l'anticorpo anticore e addirittura qualcuno anche

l'anticorpo anti-HBs, ma soprattutto nel sangue di questi soggetti non vi é l'HBV-DNA,

questa condizione è rivoluzionaria rispetto a quello che abbiamo detto prima. Non tutti

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hanno questo particolare virus, si trovano in questo particolare stato ovvero presentano

questo CCCdna. Ma cosa significa da un punto di vista clinico avere o poter avere questa

riserva, significa poter avere la riattivazione del virus, ovvero questa piccola riserva è

capace di ricostituire la particella di Dane, il virus selvaggio. Se un soggetto che ha una

infezione occulta fa per altri motivi o altre patologie una chemioterapia o una terapia con

steroidi o con farmaci biologici, questi farmaci sopprimendo l’immunità favoriscono la

ripresa di questo virus permettendogli di replicarsi e il fegato e il sangue di questi

soggetti si ripopolano del virus. A causa dell'immunosoppressione non c'è necrosi

epatica, abbiamo solo la fase di replicazione del virus indotta da questi farmaci (pazienti

onco-reumatologici). Sotto l'effetto della terapia si ha la moltiplicazione del virus B senza

particolari effetti fino a quando si sospende la terapia e quindi l'immunosoppressione; la

ripresa di funzione dell'immunità trova l'organismo impregnato di virus e quindi si ha il

fenomeno di epatite virale. Non in tutti i soggetti possiamo sospettare l'infezione acuta, in

chi andiamo a sospettarla? Proprio in questi soggetti che fanno questa terapia

immunosoppressiva; per esempio un paziente con linfoma ha HBsAg negativo però ha

antiHBc positivo, questa é la spia che ci può far pensare di trovare il cccDNA, nel siero ci

vuole comunque una spia, perché se abbiamo tutto negativo non si pone il problema.

Se è presente questo anti-Hbc un contatto con il virus deve esserci stato, allora se sono

presenti nel siero anticorpi anti-Hbc e sono anticorpi di tipo IgG vuol dire che è

ipotizzabile che il soggetto posso avere questa forma genomica. Se questo soggetto

affetto da linfoma deve fare la chemioterapia si deve prevenire la possibilità di una

riattivazione del virus e di una necrosi epatocitaria quando, una volta sospesa la

chemioterapia, si riattiva l’immunità del soggetto. Per fare ciò bisogna dare a questo

paziente un antivirale a scopo profilattico quale la lamivudina (in passato); oggi si da o

tenofovir o entecavir, farmaci non rischiosi che non danno effetti collaterali se non in

maniera molto limitante e che sono dei potenti inibitori della replicazione virale.

Il paziente, pochi mesi prima della chemioterapia, deve cominciare la terapia con il

tenofovir o con l’entecavir (il nome commerciale del tenofovir è viread e quello

dell’entecavir è baraclude) che mi blocca la replicazione del virus, e la deve continuare

durante e anche per alcuni mesi dopo la fine della chemioterapia. Quando al termine della

chemioterapia si riattiverà l’immunità del soggetto essa non troverà il virus perché ne è

stata bloccata la replicazione con la profilassi antivirale.

Ci sono stati casi mortali di persone che hanno avuto un’epatite fulinante durante

trattamento per una leucemia o un linfoma perché l’ematologo non aveva ancora

assorbito questo concetto di fare profilassi.

Il virus delta (chiamato anche agente delta) è l’altro virus epatitico maggiore, anche se

viene considerato minore perché incapace di sintetizzare l’HBsAg e per poter sintetizzare

il mantello esterno, che è uguale a quello del virus dell’epatite B, ha bisogno della

presenza del virus B nell’organismo. E’ un virus piccolissimo, 35-37 nm, è un virus ad

RNA e presenta un mantello di HBsAg che gli viene fornito dal virus B ed è provvisto di

un antigene, l’antigene delta, contro il quale l’organismo sintetizza gli anticorpi della

classe IgM, che indicano la replicazione del virus, e della classe IgG che indicano

infezione pregressa. L’aspetto all’ultramicroscopio è piccolo, somiglia un po’ ai rotavirus

e al virus dell’epatite A, il diametro delle particelle è molto variabile. Si trasmette come i

virus B e C, ossia per via parenterale o parenterale inapparente. Avere un’infezione da

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virus delta non è un evento auspicabile perché visto che ha bisogno del virus B possiamo

avere 2 evenienze cliniche:

1. Coinfenzione con virus B: ci si può infettare contemporaneamente con il virus B e

con il virus delta e questo succede ovviamente in chi è esposto al rischio di

trasmissione virale per via parenterale o parenterale inapparente e la coinfezione

si ha nei soggetti che non erano infettati precedentemente con il virus B per cui è

facile adesso calcolare o prevedere quali sono i marcatori sierologici di questi

virus. L’HbsAg ci deve essere perché se c’è coinfezione significa che c’è

infezione acuta con virus B, HbeAg ci deve essere, anche gli anticorpi della classe

IgM anti-core e l’ HBV DNA. Questa infezione acuta con virus B si associa ad

un’ infezione altrettanto acuta con virus delta. I marcatori del virus delta sono

HDV-RNA, cioè l’acido nucleinico del virus, poi abbiamo gli anticorpi della

classe IgM contro il delta che poi virano verso quelli IgG. Possiamo avere anche

l’antigenemia delta, ma è così fugace che è difficilmente identificabile dalle

indagini di laboratorio.

2. Soggetto già portatore cronico asintomatico o malato del virus B ed allora, visto

che ha superato la fase acuta, non possiamo avere IgM anti-core però ha l’HbsAg

e l’HBV DNA. Il delta, che si sovrappone al B, è presente con il suo antigene

(quando lo acchiappiamo), con la viremia delta e con le IgM anti-delta e le IgG.

La domanda secca che uno vi fa è questa: che differenza c’è da un punto di vista

sierologico tra la coinfezione e la superinfezione.

Nella coinfezione abbiamo le IgM anti core perché il virus B si moltiplica

contemporaneamente alla moltiplicazione del virus delta.

Nella superinfezione il soggetto già ha fatto i conti con il virus B ed è rimasto o portatore

asintomatico o con una malattia cronica. C’è già un substrato virologico del virus B, su

questo substrato ci piove l’agente delta, il quale fa tutti i fatti suoi con la presenza delle

IgM anti-delta, la viremia, etc. però il soggetto manca degli anticorpi della classe IgM

anti-core perché la fase acuta ormai è finita. Però visto che un minimo di viremia c’è nel

soggetto portatore dell’infezione, il virus B è in grado di sintetizzare il mantello esterno

della particella virale delta che è l’HBsAg.

Quello che bisogna ricordare è che la sovrainfezione dà una marcia in più all’evoluzione

dell’epatite cronica da virus B. Nella superinfezione delta o nella coinfezione ovviamente

si può avere anche una evoluzione più grave della malattia.

Nella coinfezione B-delta abbiamo una malattia acuta spesso severa però si può avere una

guarigione da entrambe le infezioni nel 95% dei casi.

Nella superinfezione delta in portatori cronici asintomatici o malati si può avere

un’epatite fulminante molto più frequentemente (nel 6% dei casi) e una cronicizzazione

nell’80 % dei casi. L’epatite cronica B-delta è responsabile di forme severe di epatite

cronica. Le cirrosi giovanili, cioè maturate a 40-50 anni, spesso sono da superinfezione

B-delta.

Quando abbiamo i due virus abbiamo sia le IgM anti delta che le IgM anti core, poi con il

tempo calano gli anticorpi di replicazione di entrambi i virus, il soggetto sintetizza

anticorpi anti HBs e anti delta IgG e il soggetto guarisce perché si può guarire da

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entrambe le infezioni. Nella coinfezione i sintomi sono presenti, le transaminasi sono

elevate, l’HDV-RNA è presente nel siero così come è presente anche l’HBV-DNA. Nel

fegato troviamo il focolaio di necroinfiammazione e possiamo identificare i monociti e i

linfociti che hanno aggredito il virus. Nuclei un po’ più colorati sono quelli che

contengono l’antigene delta che si può anche evidenziare con tecniche colorimetriche

apposite.

L’altro virus responsabile di epatite acuta e cronica è il virus dell’epatite C, un virus che è

ad RNA e che appartiene ai cosidetti flavivirus. Esistono sei varianti genomiche del virus

C. Abbiamo un HCV-RNA a catena singola, abbiamo un core anche per il virus C e

abbiamo poi un envelope costituito da glicoproteine E1 ed E2. Il periodo di incubazione

del virus va da 5 a 12 settimane, quindi circa 3 mesi di incubazione. Si tratta di un virus

che ha le stesse modalità di infezione del virus delta e del virus B. La viremia è presente

nel sangue già 1-2 settimane dopo l’infezione e un mese prima dell’innalzamento delle

transaminasi. Quindi se uno si punge con un ago ed ha delle transaminasi normali dovete

comunque chiedere l’HCV-RNA perché può essere presente ancor prima dell’impennata

delle transaminasi. Un altro concetto da ricordare è che mentre l’anticorpo anti-HBs del

virus B, l’anticorpo anti-HAV del virus A e l’anticorpo anti-HEV del virus E sono

anticorpi protettivi, gli anticorpi anti-HCV non sono neutralizzanti cioè non neutralizzano

il virus, non hanno una funzione protettiva, spesso essi coesistono con la viremia. Questo

dimostra anche perché sia ancora difficile allestire un vaccino contro questo virus, a parte

il fatto che è un virus che muta facilmente. Nel mondo esistono più di 300 milioni di

portatori cronici con o senza malattia oltre che di virus B anche di virus C, quindi la

dimensione del problema del virus C è più o meno quella del virus B. L’Africa è il

continente dove più è endemica questa infezione che però non risparmia il bacino del

Mediterraneo e anche Stati Uniti e Canada. Da un punto di vista biologico possiede un

RNA a singola catena formato da 10.000 nucleotidi e 6 genotipi. Esiste una regione

genomica del virus C che codifica per le proteine strutturali del nucleocapside che sono

quelle identificate con la sigla C22 e un’altra regione genomica che codifica per gli

enzimi elicasi,proteasi, per altri antigeni come il C33,C10-3 e così via.

La classificazione più usata oggi è quella di Simmons che ha codificato le varienti

genetiche del virus C in 1A, 1B e 1C; 2A, 2B e 2C; 3A, 3B; 4A; 5A e 6A. Sono 6 varianti

genomiche con dei vari sottotipi.

In Italia è più diffuso il genoma HCV 1 (in Campania particolarmente l’1B), abbiamo

anche l’HCV 2 e l’HCV3; più rari sono gli altri genotipi.

La regione C del genoma del Virus codifica per la proteina C22-3 che è una proteina

strutturale e che viene sfruttata anche a scopo diagnostico ricercando gli anticorpi anti-

C22-3. Poi ci sono queste altre regioni genomiche che codificano per la proteina C33,

C70, C100.

Quando si ricerca l’anticorpo anti-HCV nel sangue, questo anticorpo è un anticorpo

contro queste proteine C22-3, C33, C100-3,5-1-1 e NSC (spero di aver capito bene tutte

le sigle).

Queste proteine vengono sfruttate come antigeni per i test diagnostici. In parole povere in

ogni reazione immunologica esiste il termine noto e il termine ignoto, che può essere

l’anticorpo che vogliamo cercare. Nella Widal-Wright il termine noto è la salmonella che

abbiamo nel laboratorio o la brucella, il termine ignoto è l’eventuale presenza di anticorpi

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contro il batterio. Allora noi cimentiamo il siero del paziente con il termine noto che è il

batterio. Nel caso specifico dell’epatite C noi abbiamo una striscia di nitrocellulosa con

gli antigeni che poi cimentiamo con il siero del soggetto. Se il soggetto è infettato dal

virus C avviene la reazione antigene-anticorpo, questi anticorpi vengono catturati

dall’antigene e quindi avviene la reazione di visualizzazione degli anticorpi.

Gli unici antigeni strutturali sono il C22, il nucleocapside e le proteine dell’envelope.

Gli antigeni non strutturali sono gli altri, sono antigeni solubili, questa è la differenza tra i

vari antigeni codificati dal virus.

E’ possibile oggi identificare l’HCV-RNA con la tecnica della PCR in real time ed

esistono due tipi di ricerca dell’HCV-RNA: quella qualitativa che mette in evidenza

semplicemente il virus e quella quantitativa che rileva anche bassissime concentrazioni

dell’acido nucleico del virus C nel siero o in altri liquidi biologici; la sensibilità arriva

fino a 30 UI/ml cioè anche piccolissime quantità di RNA presente nel sangue sono

identificabili con questa tecnica della PCR con un range di linearità che va da 30 a 200

milioni di UI/ml. Una PCR per la ricerca dell’HCV RNA viene considerata negativa se il

test è al di sotto di 30 UI/ml. Se superiore a 30 abbiamo pazienti a bassa, media e alta

viremia.

In Italia abbiamo circa un milione e mezzo di portatori del virus B e circa 2 milioni di

portatori del virus C con o senza malattia; modalità di contagio sono le stesse del virus B

e del virus delta.

Anche la chirurgia più pulita, un intervento di cataratta ad esempio, può trasmettere il

virus C. Paradossalmente un grosso intervento di chirurgia che prevede un

organizzazione della sala operatoria è meno rischioso che non un intervento di chirurgia

ambulatoriale al pronto soccorso o appunto un intervento di chirurgia pulita i quali

possono nascondere insidie di un possibile contagio con questo virus.

Una differenza che bisogna ricordare è che mentre l’epatite B nell’adulto cronicizza nel

5-10% dei casi (nel 90% dei casi nei neonati), l’epatite C cronicizza nel 40-50% dei casi.

Mentre l’epatite acuta nel virus B è spesso sintomatica, nel virus C l’epatite acuta è

spesso asintomatica per cui il riscontro di una infezione da virus C spesso è occasionale,

il paziente è raramente itterico. Solo i tosscicodipendenti e altre categorie possono avere

una fase acuta con evidente espressione dell’epatite C.

Il 50% delle epatiti croniche del virus C dopo circa 10 anni può sviluppare una cirrosi

epatica e anche la cirrosi epatica, come pure l’epatite cronica, può essere asintomatica.

Una caratteristica del virus C è la oligo- o asintomaticità dell’infezione rispetto al virus

B. In Italia il 70% delle epatite croniche è attribuibile al virus C, il 5% al virus B.

Cosa succede quando un individuo viene contagiato dal virus C? L’infezione può essere

subclinica, inapparente, in circa l’80% dei casi, in una percentuale dal 20 al 40 il paziente

può avvertire i sintomi dell’epatite acuta. L’epatite acuta può non guarire nel 50-70% dei

casi e diventare epatite cronica. E’ rara l’epatite fulminante da virus C. L’epatite cronica

è caratterizzata da un decorso apparentemente benigno-asintomatico in circa il 25% dei

casi. In altri casi invece l’epatite cronica evolve, dopo 10-15 anni, in una cirrosi epatica,

nel 15-20% dei casi e la cirrosi a sua volta può evolvere in epatocarcinoma con

un’incidenza di 1-4 casi per anno. L’epatocarcinoma frequentemente è dovuto all’epatite

C oltre che all’epatite B.

Anche per l’epatite C che tende a guarire si ha questa situazione che già abbiamo visto

per l’epatite B, l’HCV-RNA può essere presente ancor prima dell’inizio delle

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transaminasi, abbiamo l’impennata che può essere anche asintomatica e successivamente

dopo 10-15 settimane si ha la sintesi degli anti-HCV che non hanno un significato

protettivo e scompare dal siero l’HCV-RNA. Guarigione da epatite acuta C significa che

l’HCV-RNA non si ritrova più nel siero. Ci può essere in alcuni casi anche l’anti-HCV

presente che può essere una cicatrice immunologica, ma che non è associato alla viremia

nel soggetto che manca di HCV-RNA. In un soggetto che guarisce dall’epatite C, dopo i

sintomi scomparirà l’HCV-RNA; laddove invece il soggetto non guarisce e cronicizza ha

le transaminasi che continuano a fluttuare ed è presente ancora nel siero l’HCV-RNA

oltre all’anti-HCV.

Come si comportano le transaminasi in corso di un’epatite acuta o cronica da virus C?

Possono avere un diverso comportamento. L’andamento può essere monofasico con una

cupola e poi tutto finisce, possono avere un andamento bifasico o anche a yo-yo (sali e

scendi, nel soggetto che tende a cronicizzare) oppure possono avere un plateau a valori

più bassi, ma sempre alterati nel tempo. Nell’epatite acuta da virus C la bilirubinemia è

normale o poco alterata, le transaminasi si dice che nei soggetti affetti da epatite acuta da

virus C non tossicodipendenti e non alcolisti hanno un valore un po’ più basso che non

nei soggetti con epatite da virus B.

Quindi la prima norma di prevenzione per l’epatite C è la persuasione dei giovani al

rifiuto dell’uso delle droghe, soprattutto quelle per via endovenosa, evitare l’uso di

siringhe in comune nei soggetti già tossicodipendenti, evitare l’uso promiscuo di lamette,

rasoi, forbicine, spazzolini da denti, etc., non sono rischiose stoviglie, gli indumenti e non

sono rischiosi i normali rapporti sociali; quindi il soggetto portatore del virus C non è un

soggetto appestato che deve essere relegato oppure considerato pericoloso, soltanto il suo

sangue è contagioso e lo è molto meno che non nei rapporti sessuali, differentemente dal

virus B.

E’ possibile una trasmissione del virus C durante la gravidanza, l’incidenza è molto più

bassa e diventa più elevata nei soggetti che hanno contemporaneamente infezione da HIV

e HCV. 1/3 dei feti nati da donne portatrici del virus sono viremici entro le 72 ore dalla

nascita, i ¾ sono viremici al primo mese, però la maggior parte dei feti negativizza il

virus per cui il problema va anche un po’ ridimensionato per quanto riguarda la

trasmissione materno-fetale del virus ed è più probabile questa trasmissione se la viremia

materna supera le 600.000 UI/ml o nelle donne che hanno doppia infezione HIV-HCV.

La viremia materna non controindica la gravidanza, se una donna con virus C viene a

consulto e vuole avere un bambino la si deve avvisare di dare priorità alla gravidanza

perché anche un eventuale trattamento con interferone pregiudica il concepimento perché

c’è un rischio di embriotossicità.

Quindi lo screening per l’HCV è indicato soltanto nelle donne tossicodipendenti per via

endovenosa e nei trapiantati epatici. E’ possibile l’allattamento al seno per i bambini nati

da mamme con virus C se sono assenti condizioni tipo ragadi a livello del capezzolo e

non è indispensabile il taglio cesareo.

Anche per il virus C intervengono i bracci della immunità umorale mediata dai linfociti T

helper e dai linfociti B con la sintesi degli anticorpi e la clearance del virus circolante,

così come l’altro braccio rappresentato dai linfociti T citotossici che attivano la sintesi di

citochine che poi attraverso i fenomeni di apoptosi mediano la distruzione delle cellule

infette e la clearance del virus. Se questi 2 bracci dell’immunità, cellulare da una parte ed

umorale dall’altra, funzionano si ha l’eradicazione del virus. Se uno dei due bracci non

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funziona il concetto è lo stesso dell’epatite B (cronicizzazione), anche se con le dovute

riserve.

La profilassi specifica dell’epatite C non esiste, le gamma globuline non sono efficaci, il

vaccino è ancora in fase di studio. Quello che voi potete affrontare è questo: mi sono

punto con un ago mentre ero sulla spiaggia, ho inciampato su una siringa trovata per

strada, mi sono tagliato con un bisturi mentre operavo un soggetto affetto da epatite C.

Che devo fare? In caso di ferita con aghi o altro strumentario sospetto infetto fare uscire il

sangue, lavare, disinfettare e poi per sapere che cosa è successo fare un prelievo per la

ricerca di marcatori virali. Un chirurgo deve sapere chi opera, se non l’ha fatto prima di

operare un soggetto almeno lo facesse dopo, così da sapere se preoccuparsi o no perché

se il paziente del cui sangue si è contaminato il chirurgo è negativo per il B e negativo per

il C il problema non sussiste; se invece il paziente è portatore o del B o del C che cosa

bisogna fare? Al soggetto che si è punto si fa un prelievo al tempo 0 e si vede la sua

situazione com’è: se è già portatore del B o del C il problema non sussiste. Se tutto è

negativo si ripetono le transaminasi ogni mese per almeno 6 mesi, cioè per coprire il

periodo massimo di incubazione. Se dopo 6 mesi le transaminasi sono normali o, se uno

vuole essere proprio scrupoloso, gli anti-HCV sono assenti il discorso si chiude.

Ricapitolando un po’ tutte le epatiti:

nell’epatite A e nell’epatite E malessere generale, stanchezza, febbre, astenia, nausea,

vomito, inappetenza e ittero sono più frequenti.

Il virus delta da maggiori sintomi rispetto agli altri due, B e C.

Epatite B anche da malessere, astenia , nausea, etc. ma molto meno frequentemente

dell’epatite A ed E.

Epatite C da un certo senso di malessere ma spesso passa inosservata tranne che in

soggetti particolari dove la viremia è elevata.

La febbre è più presente nel’epatite A e nell’epatite E e l’ittero è più frequente

nell’epatite E che si trova in forme colostatiche nelle donne gravide che possono anche

morire per un’epatite fulminante. Il prurito è più frequente nelle forme colostatiche di

epatite E ma non disdegna le altre eziologie. L’epatite fulminante è assente nell’epatite A,

è più frequente nell’epatite E, nelle donne gravide soprattutto, epatite delta dal 2 al 17 %

può dare epatite fulminante, 0-1 % nell’epatite C, 1-3 % nell’epatite B.

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MALATTIE INFETTIVE 24/04/14 Prof.ssa Sagnelli

ENCEFALITI E MENINGITI

ENCEFALITI

Le encefaliti e le mieliti sono processi di infiammazione acuta del tessuto nervoso indotti da un patogeno o

da un evento flogistico. La cosa importante è che essendo vicine le strutture la flogosi può estendersi per

adiacenza alle meningi e potremmo avere una encefalo-mielite o una meningo-encefalo-mielite. Quindi

posso avere la fonte principale a livello dell’encefalo con disseminazione del patogeno e flogosi a livello

delle strutture cerebrali.

Se l’infezione è localizzata nel tessuto cerebrale (ad esempio un ascesso o anche nell’endocardite un

embolo che parte e che può dare un infarto cerebrale o una seconda localizzazione e quindi disseminazione

nel tessuto nervoso) e rimane circoscritta all’encefalo avrò una encefalite; se il patogeno e l’infezione

interessano meningi e parenchima avrò una meningo-encefalite; se la disseminazione continua e c’è

interessamento anche del midollo spinale avrò una nevrassite.

Le encefaliti sono causate da batteri e da virus con un quadro neurologico importantissimo. I patogeni

coinvolti a volte sono gli stessi delle meningiti. I virus sono diversi, i virus hanno trofismo per il SN, i virus

nella fase di immunodepressione possono riattivarsi come Citomegalovirus, EBV, Herpes Simplex, HHV-6 e

dare encefalite o meningite. Ci sono alcuni sottotipi peculiari di Adenovirus che danno encefalite. Forme

poco frequenti di encefaliti come l’encefalite di Saint Louis, l’encefalite Giapponese e l’encefalite di West

Nile sono causate da virus che fanno parte della famiglia dei Flaviviridae dove c’è anche il virus dell’epatite

C e il virus della dengue che hanno una sintomatologia completamente diversa e vanno ricordati perché la

diagnosi è più complessa a causa del difficile isolamento del virus rispetto a un batterio. Ci sono i virus della

rabbia, Echovirus, Coxsackievirus, Polivirus. C’è HIV che dà demenza cerebrale e anche encefalite. Ma alla

fine i più coinvolti sono i riattivati virus erpetici HSV, CMV, EBV e Polivirus, Coxsackievirus, Echovirus.

Clinicamente non ci sono differenze peculiari tra i vari virus. In relazione al quadro del paziente (quindi in

immunodepressione) alcuni patogeni possono dare infezione ed encefalite (l’immunodeficienza deve

essere ben etichettata cioè capire se è determinata da terapie con steroidi, da chemioterapia, in paziente

anziano o se è da AIDS o da sifilide). Oltre ai virus ci sono i funghi causa di blastomicosi, coccidioidomicosi,

criptococcosi protozoi Amebe, Tripanosoma ( può dare una encefalite che può volgere verso una

meningite definita cronica nel senso che porta a un lento coma) Naegleria, Acanthamoeba, Plasmodium,

Trypanosoma, Toxoplasma e batteri Rickettsia, Brucella, Leptospira, Neisseria, Micobatteri. La loro

frequenza è bassa ed associata a bambini e a immunodeficit. Possiamo avere nevrassiti dovute a

localizzazione del virus nel SNC che sono legate ad alterazione della sostanza bianca. Si possono avere nelle

fasi di acuzie dell’infezione e poi le altre nevrassiti importanti da ricordare sono quelle post-infettive e post-

vacciniche che se interessano il SNP possono dare la Sindrome di Guillain-Barrè.

Patogenesi. C’è infezione diretta del tessuto nervoso (neuroni, glia) con infiammazione ed edema tissutale

fino alla necrosi. La via di infezione è ematogena. I focolai possono essere respiratori (morbillo, parotite,

influenza, HVB, BK, criptococco), gastroenterici (enterovirus), cutanei (arbovirus, rickettsiae, tripanosomi,

piogeni), endocarditici (piogeni). Ci sono le infezioni per migrazione attraverso l’assone: rabbia, polio, HSV,

HVZ, amebe come Naegleria e Acanthamoeba che entrano direttamente attraverso il naso dopo aver fatto

il bagno in mare, nei laghi o nei fiumi di zone rurali). Ci sono le infezioni per contiguità: un focus vicino al

cervello (otiti, sinusiti), traumi o fratture (S. aureus, S. epidermidis), post-chirurgiche (S. aureus,

S.epidermidis). Ci sono infezioni da sala operatoria con patogeni multiresistenti. Per il trauma è

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fondamentale sapere la modalità con la quale esso si è verificato; basti pensare, ad esempio, a fratture del

naso oppure a fratture della base cranica con fuoriuscita di liquor a diretto contatto con patogeni della

cavità orale e delle vie aeree superiori. Anche per gli interventi chirurgici pensiamo a condizioni di

ipertensione endocranica con posizionamento di drenaggi esterni provvisti di valvole per il regolamento

della pressione che possono infettarsi (principalmente Pseudomonas). Un’altra condizione presente nel SNC

è l’encefalomielite acuta disseminata (ADEM) ad eziologia autoimmune, caratterizzata da un processo

infiammatorio e demielizzante. Nelle encefaliti post-infettive c’è infiltrazione perivascolare a livello dei

PMN, demielizzazione e il patogeno arriverà per via retrograda al SNC. I virus sono maggiormente coinvolti:

varicella-zoster, mumps, measles, rubella, influenza A e B che si risolve in pochi giorni quindi nonostante il

trofismo dei virus influenzali per il SNC l’encefalopatia non sarà clinicamente importante, il problema è la

nevrassite post-vaccinale. La patogenesi dell’encefalite è caratterizzata da infezione, flogosi diffusa,

alterazioni dello stato di coscienza e del comportamento. La flogosi se è a livello della corteccia focale può

dare convulsioni e anche core generalizzate. Con la necrosi neuronale avrò tutti i deficit correlati come

atassia, turbe dell’equilibrio, demielizzazione con deficit cognitivo-motori complessi. Dal punto di vista

clinico ho un insieme di sintomi di irritazione meningea ed encefalica associati alla febbre che è il sintomo

cardine dell’encefalite virale. In alcuni casi posso avere meningo-encefalite o interessamento midollare.

Segni e sintomi. I segni di sofferenza dell’encefalo sono convulsioni, turbe mentali, deficit di memoria,

alterazione dei movimenti volontari, aumento dei riflessi osteo-tendinei, positività del Babinski, l’emiparesi

e la paralisi. Posso avere edema e la sua compressione su altre strutture potrà dare ulteriori problemi legati

alla zona interessata. Nel momento in cui l’interessamento evolve verso la sofferenza mesencefalica avrò

paralisi dei nervi cranici, atassia e sintomi neurovegetativi. Per la sofferenza midollare avrò paralisi flaccida

e turbe della sensibilità. (NB. La paralisi flaccida sarà trattata anche in tetano e botulino quindi diagnosi

differenziale).

Per identificare la condizione cognitiva del nostro paziente c’è il Glasgow Coma Scale che va dallo stato di

coscienza, all’obnubilamento del sensorio iniziale, perdita di risposta a stimoli verbali e dolorosi, letargia,

sonnolenza, apertura dell’occhio, fino al coma ai quali si attribuisce un valore. Il punteggio totale va da 3 a

15 e già con uno score di 8 le complicanze sono importanti.

L’encefalite erpetica è una delle principali encefaliti. È dovuta ad HSP1. Frequente nel 2-3 % dei casi. Ha

una risposta alla terapia molto favorevole. Di norma coinvolge la sostanza bianca a livello del lobo

temporale. Il problema è che se acquisisco il virus nel momento in cui non ho ancora immunità allora la

mortalità è del 100% in assenza di terapia (encefalite neonatale). Il tasso di mortalità è del 70% se non

trattata in altri casi. Si tratta con farmaco in vena e se la terapia è cominciata precocemente è molto

efficace. Lì dove ci sono segni e sintomi si inizia con la copertura per l’encefalite erpetica (il farmaco è di

norma ben tollerato) e per l’encefalite batterica, si fa TAC e RMN, si valuta lesione e presenza di edema, se

è indicato o meno il trattamento con steroidi o mannitolo e si decide l’impostazione. Però il trattamento

antivirale e antibiotico nelle encefaliti, nelle meningiti e nelle endocarditi parte appena si è posta la

diagnosi clinica. Dopo aver fatto le indagini di laboratorio si inizia la terapia accurata. Può dare anche una

mielite trasversa con paralisi successiva e questa se non trattata non migliora. L’effetto virale è citopatico

con lesioni necrotico-emorragiche e induce attivazione del danno immunomediato. Si avrà perdita di

coscienza in ogni caso, febbre, alterazione della personalità di cui se ne accorgono i familiari, convulsioni

con eventuale polmonite ab ingestis, allucinazioni rare. La diagnosi è clinica. Nell’EEG ci sono alterazioni nel

lobo temporale >80% dei casi, complessi periodici lateralizzati, onde teta aumentate (le onde teta

aumentano anche in altre patologie come quelle da prioni che danno una sofferenza cerebrale) . La RMN e

la TAC sono fondamentali, la risonanza è più sensibile ma come prima indagine si fa la TAC perché meno

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costosa. Si valuta presenza di edemi o alterazioni a livello del parenchima. Per gli ascessi cerebrali è

importante il contrasto, per le lesioni calcifiche è meglio la TAC. La rachicentesi è fondamentale per

encefaliti e meningiti. Con questa valuterò l’aspetto del liquor, la cellularità, le proteine, il glucosio. Le

encefaliti hanno liquor limpido perché di norma sono di tipo virale, inducono richiamo di 5-100 linfociti e

monociti, possono o meno avere richiamo di proteine perché nelle infezioni virali la permeabilità della

barriera ematoencefalica non è aumentata come in quelle batteriche, essendo di norma virali il glucosio è

normale e la coltura aerobi/anaerobi è negativa. Posso chiedere al laboratorio: l’esame chimico/fisico, lo

striscio con la colorazione di Gram, le colture per batteri micobatteri virus e miceti, le colture in terreni

specifici per amebe e plasmodio della malaria, immunofluorescenza per le amebe, la colorazione india-like

per il criptococco, nell’encefalite post-infettiva le bande oligoclonali. Posso richiedere altri virus: simplex,

varicella-zoster.. cercando specificamente genoma virale. La terapia (acyclovir) è necessaria altrimenti si

muore. Come terapia di supporto per l’ipertensione endocranica dare diuretici osmotici e cortisonici,

monitorizzare le funzioni vitali, non somministrare mai ipnotici sedativi e antipiretici perché bisogna

valutare se con la terapia da noi somministrata il paziente migliora (quindi valutare sempre i farmaci assunti

prima del ricovero). Nel soggetto immunocompromesso si possono avere recidive con sviluppo di

resistenze e in questo caso si usano farmaci alternativi. Per gli altri virus che danno encefalite non c’è

terapia.

MENINGITE

È una emergenza medica importante e con una diagnosi precoce c’è possibilità di fare terapia già a casa. La

rapidità con la quale si arriva in ospedale è fondamentale. Nella maggior parte dei casi la terapia domiciliare

non si riesce a fare e si comincia a intervenire solo dopo conferma della rachicentesi. Il problema legato alla

rachicentesi è che a volte può risultare non diagnostica per la somministrazione di un antibiotico prima

della manovra chirurgica.

Ricordiamo come è fatto il SNC. Abbiamo le meningi: leptomeningi (pia madre e aracnoide) e

pachimeninge (dura madre). Queste avvolgono l’encefalo e lo proteggono dalla scatola cranica. Il liquor

dalle cisterne si diffonde a tutto l’encefalo occupando i venticoli cerebrali, lo spazio subaracnoideo e il

sacco durale del midollo spinale: porta nutrimento. La pia madre riveste la superficie dell’encefalo, il

midollo spinale e continua fino al IV ventricolo. Più esternamente si trova l’aracnoide. Infine la dura madre

aderisce al periostio, ai primi corpi vertebrali, protegge anche il cervelletto e la sella. Ci sono degli spazi tra

le meningi: spazio subaracnoideo, spazio subdurale e spazio epidurale. Quando ho maggiore infiammazione

e maggiore edema questi spazi vengono ad essere interessati. È importante sapere come sono fatti gli spazi

(rivedere anatomia, ndr).

Liquor normale. Facciamo in primis la rachicentesi. Questa si può fare da seduti o da supini in decubito

laterale (in caso di coma o in bambini di pochi mesi). Si valuta la pressione con cui il liquor esce: sarà 40

mmHg se si fa da seduti e 15 mmHg se si fa da supini. La differenza è la gravità. L’ago si inserisce tra L4-L5

prendendo come riferimento la cresta iliaca. La condizione ideale è quella da seduti perché facendo piegare

un po’ la schiena in avanti i processi si allontanano. Non bisogna assolutamente sedare il paziente. Le cose

importanti sono: l’aspetto limpido del liquor (in condizioni patologiche potrà essere limpido o torbido), la

proteinorrachia 20-30 mg/dl di cui albumina 10-25 mg/dl (in condizione normali la barriera encefalica non

fa passare le proteine, in particolare l’albumina per il suo maggiore peso molecolare, ma in un liquor

normale troviamo una piccola quantità di proteine perché pungiamo sotto la barriera), la glicorrachia 60-

70% del glucosio plasmatico, i leucociti < 5 cellule al microL.

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I patogeni coinvolti nelle meningiti sono batteri, virus, funghi, protozoi, elminti. Il decorso può essere acuto

e subacuto. Quello acuto è frequente di norma nelle forme batteriche, micotiche e virali. Il subacuto è

frequente nella tubercolosi, nella sifilide, nella brucellosi, nella criptococcosi. Anche il liquor avrà aspetto

diverso: è limpido nei virus, nelle leptospire, nella brucella e diventa torbido nei batteri, nei protozoi e nei

miceti. Quindi già dalla rachicentesi posso ipotizzare se il danno è dovuto a un virus o un batterio e

soprattutto, grazie alla storia clinica del paziente, posso ipotizzare anche il tipo in base all’età, alle infezioni

o agli interventi chirurgici recenti. Le parassitosi, come la malaria, si definiscono a decorso “cronico” con

riferimento non alla meningite ma all’infezione (quindi la meningite è acuta o subacuta, su qualche libro si

può trovare anche meningite cronica ma per la prof.ssa il termine cronico è riferito all’infezione, ndr). Le

subacute hanno una evoluzione lunga, si parla ad esempio di settimane per il micobatterio; si parla di anni

per la sifilide e per l’HIV (e quindi si capisce il significato di decorso “cronico” in questi casi). Per i batteri c’è

aumento di neutrofili e i tipi più coinvolti sono S. Pneumoniae, la N. Meningitidis, l’H. Influenzae. Invece

nelle infezioni asettiche che hanno sintomi di acuzie con aumento di linfociti troviamo i virus Enterovirus,

Herpesvirus e qualche batterio. Anche qui tra i protozoi troviamo Naegleria e Acanthamoeba. Per i funghi

oltre al Criptococco troviamo Candida e Mucor (la mucormicosi è un infezione che di norma prende i seni

mascellari, si diffonde alla mastoide e può coinvolgere il tessuto molle; si cura con l’intervento chirurgico

perché l’aggressività dell’infezione può portare anche alla scomparsa del tessuto osseo).

Patogenesi. La disseminazione è simile a quella dell’encefalite: per via ematogena, da focolai a distanza

(otite, sinusite) oppure da contiguità tramite gli spazi, per via retrograda. Però non dobbiamo pensare solo

al patogeno. Nelle rickettsiosi, nelle encefaliti anche le tossine prodotte possono indurre sintomatologia

meningea. La prima localizzazione è a livello della mucosa (parliamo di batterio in questo caso) con

sviluppo ad esempio di otite, sinusite, oppure formazione di un ascesso; segue la diffusione per via

ematogena, con batteriemia che può evolvere verso la sepsi, oppure diffusione per via linfatica; a questo

punto si ha la penetrazione e l’invasione della meningea con moltiplicazione di batteri (in questa seconda

localizzazione) che liberano alcuni componenti come LPS e peptidoglicani (a seconda se sono gram – o

gram +); ciò induce l’attivazione delle cellule infiammatorie con liberazione di IL-1 e TNF-alfa; tutte queste

citochine determinano flogosi, edema, ipertensione endocranica, alterazione del flusso cerebrale e danno

vascolare; infatti aumenta l’espressione di molecole di adesione per i neutrofili, aumenta la loro

degranulazione e si ha edema citotossico; questa infiammazione dello spazio subaracnoideo aumenta la

permeabilità della parete ematoencefalica permettendo il passaggio di albumina e l’edema citotossico

evolve verso l’edema vasogenico che induce aumento delle resistenze nell’assorbimento del liquor e quindi

si ha edema interstiziale; segue l’ipertensione endocranica e l’ipoperfusione cerebrale così da rendere il

danno completo. Per i virus il concetto è simile però dopo la penetrazione si ha la localizzazione a livello dei

neuroni, della glia e dei plessi carotidei ed essendo virus ho stimolazione di linfociti Th con produzione di IL-

6, IFN-gamma e il TNF-alfa.

Ci aiuta, nell’ipotesi del contagio e del batterio in questione, l’età del paziente.

Tra 0-4 settimane: è una infezione connatale complicata o una infezione della madre trasmessa. S.

Agalactiae, E. Coli, S. Pneumoniae, L. Monocytogenes.

Tra 1-3 mesi: è una infezione da colonizzazione nosocomiale o causata da immunodeficit. E. Coli, H.

Influenzae, N. Monocitogenes.

Tra 3 mesi-18 anni: è una infezione a seguito di sinusiti otiti, di epidemie, di deficit del

complemento (condizioni patologiche che predispongono a reinfezioni, superinfezioni e recidive).

H. Influenzae, N. Meningitidis, S. Pneumoniae.

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Tra 18-50 anni: è una infezione causata da deficit del complemento c5-c8, da otite sinusite. N.

Meningitidis, S. Pneumoniae.

> 50 anni: è una infezione causata da immunodeficit, da diabete mellito, da alcolismo, da otite

sinusite. L. Monocytogenes, S. Pneumoniae.

Non età correlata: è una infezione a seguito di interventi neurochirurgici, di derivazioni ventricolo-

peritoneali, di endocarditi, di ascessi, nei bambini causata da interventi chirurgici per l’esportazione

di tumori quali gliomi.

Ricordiamoci che nel SNC ci sono meccanismi di difesa localizzati come la glia, l’astroglia. Queste sono

cellule presentanti l’antigene quindi possono fagocitare il patogeno che trovano e toglierlo dal circolo.

Anche queste cellule partecipano al meccanismo di infiammazione locale. Ricapitolando come

conseguenza della flogosi nello spazio subaracnoideo abbiamo l’inizio della vasculite cerebrale, in alcuni

casi ci può essere anche l’infarto cerebrale come complicanza, ci può essere edema per aumento della

permeabilità di membrana, ci può essere idrocefalo per aumento del liquor vista la difficoltà al

riassorbimento quindi edema interstiziale e infine aumento della pressione endocranica con riduzione

della perfusione e di conseguenza perdita di controlli.

Ora se ricordiamo i patogeni presenti nell’encefalite, oltre ai virus erpetici qui troviamo anche

Echovirus, Coxsackievirus e Poliovirus e come batteri rimangono quelli precedenti tra cui anche la

Chlamydia (c’è una polmonite da C. in età neonatale che si sviluppa nei primi giorni di vita e che evolve

in meningite).

MENINGOCOCCO. È un gram -, asporigeno, a chicco di caffè. Ci sono 12 sierotipi di N. Meningitidis.

Quelli più patogeni e che di norma danno meningite sono A, B e W135. È presente per il 25 % nel nostro

cavo orale e quindi in particolari condizioni di immunodepressione può diventare patogeno e dare

malattia. La mortalità è del 10 % e le sequele sono presenti nel 20 % dei casi. Ci sono delle zone

altamente endemiche e la stagione secca predispone a infezioni del tratto superiore che possono dare

complicanze.

S. PNEUMONIAE. Si trova nel 60 % della nostra flora batterica un po’ ovunque. La mortalità è del 30 %.

Induce infezione in quasi tutte le fasce d’età.

H. INFLUENZAE. Presente di norma nell’80 % dei bambini. L’età infantile è quella più coinvolta però

adesso c’è la vaccinazione. Rimane scoperta la fascia > 50 anni. Si può decidere di vaccinare in

prevenzione. Se una persona ha una co-patologia oltre a fare eventuale vaccino per l’influenza

bisognerebbe fare il vaccino per meningococco per pneumococco. Nei bambini si sceglie se vaccinare

per il meningococco.

I virus maggiormente coinvolti di norma sono gli ARBOVIRUS che hanno bisogno a volte di un vettore.

Clinica. Ci sono sintomi generali: ipertensione endocranica (cefalea, vomito cerebrale a getto non

associato a nausea o ingestione di cibo), sofferenza cerebrale, alterazione del sensorio, febbre elevata,

esantemi, manifestazioni a livello del sistema respiratorio e a livello gastrico. Nei neonati e nei lattanti

abbiamo agitazione, grido idrocefalico e tensione/turgore delle fontanelle. Negli adulti abbiamo

l’edema papillare. Poi ci sono tutti i segni di irritazione: posizione a canna di fucile, rigidità nucale,

rigidità del dorso (segno del treppiede di Amoss), positività del segno di Babinski, positività del segno di

Kerning. Ancora ci sono i sintomi di sofferenza corticale: convulsioni, core, spasmi, movimenti

automatici e problema di complicanze per polmonite ab ingestis. Alterazioni psichiche: stupore, delirio

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e coma (con il test visto prima). I segni sensitivo-sensoriali sono: fotofobia, ipoacusia, le vertigini,

iperestesia superficiale e profonda. Sia nelle meningiti che nelle encefaliti i pazienti sono facilmente

irritabili (anche la luce accesa diventa insopportabile). Come disturbi neurovegetativi ho:

dermografismo di Trousseau, stipsi, bradicardia, respiro di Biot (profonda inspirazione da fame d’aria

con seguente apnea che può durare diversi secondi), confusione. All’e.o. troviamo il 60 % di questi

segni. Altri segni di irritazione e rigidità delle radici spinali sono il segno di Bimba e la manovra di

Lesagé. Le caratteristiche cliniche della meningite da meningococco sono ad esempio lo stato settico e

il rush che arriva ad essere petecchiale. Ovviamente la meningite e la sepsi meningococcica hanno

caratteristiche diverse. Sicuramente nella meningite ho la rigidità del collo e della nuca, la nausea e la

mortalità è del 10 %; nella sepsi il danno vascolare porta allo shock e la mortalità è del 40 %. Nella

meningite tubercolare il decorso è subacuto, l’esordio insidioso e c’è compressione dei nervi cranici.

Nella meningite da criptococco c’è febbre e di norma gli altri sintomi possono anche mancare, qualche

volta c’è un po’ di cefalea o vertigine. Nel post-traumatico può fuoriuscire liquor con rino-otite. Nel

bambino c’è grido idrocefalico e la presenza della testa a ciondoloni, quindi abbiamo flaccidità e manca

la contrattura muscolare. Nell’anziano c’è letargia e può mancare la febbre.

Complicanze. Nessuna alimentazione, disidratazione (nel bimbo ci vuole una giornata), iponatriemia

con edemi, alterazioni della coscienza, alterazioni focali, ischemia, emorragie, ascesso cerebrale per la

seconda localizzazione dell’infezione.

Diagnosi. Rachicentesi ed e.o. Su liquor e su sangue si effettuano esami colturali. Però il sospetto clinico

ci sarà quando il paziente è febbrile, con rigidità nucale, alterato stato mentale o almeno 2 dei segni

clinici di questa triade classica.

Laboratorio. Fra i vari esami: ricerca degli antigeni dell’H. Influenzae, di N. Meningitidis, dei suoi

sottotipi A B C ed Y, di S. Agalactiae; analisi del liquor; esame diretto dopo colorazione di Gram; test al

latex per evidenziare gli antigeni di N. Meningitidis, H. Influenzae e S. Pneumoniae; esame colturale che

ha maggiore sensibilità; per i protozoi esame diretto; emocolture con 2 prelievi da sito a distanza di 15

min. per iniziare terapia anche se il paziente non ha febbre. Ci sono condizioni in cui non si può

effettuare la rachicentesi come alterazioni della coscienza importanti, immunodepressioni importanti,

convulsioni recenti, papilledema, problemi di coagulazione. Ci possono essere delle anomalie vascolari

per cui non è indicata la manovra.

Liquor. È torbido nei batteri e limpido nei virus, con neutrofili nei batteri e linfociti nei virus, le proteine

sono maggiori nei batteri, il glucosio nei batteri diminuisce drasticamente. Nella forma tubercolare ho

caratteristiche simili a quelle batteriche, ma il decorso è subacuto e cambia il liquor che è limpido.

Eccezione particolare sono gli ascessi in cui posso avere liquor limpido o torbido, ho richiamo solo di

neutrofili, il glucosio sarà normale ma le proteine saranno aumentate come nella batterica.

Solo con alcuni patogeni ci sono petecchie ed esantema come per la N. Meningitidis, alcuni Enterovirus,

H. Influenzae e S. Typhi.

La profilassi per N. Meningitidis è solo nei rapporti stretti entro 24 h dall’esposizione. Si fa con un

antibiotico che si prende per bocca, l’alternativa è il ciproxin. Il problema del vaccino è che non copre

tutti i sierotipi.

Per lo Pneumoniae c’è il problema delle sequele: sordità 30 %, paralisi 10 %, cecità, idrocefalo. C’è una

vaccinazione che si può fare contro lo Pneumoniae indicata nei bambini < 4 mesi. La vaccinazione è

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facoltativa. Il problema è che lo Pneumoniae diventa resistente quindi sarebbe preferibile evitare il

contatto. Il problema delle resistenze alla penicillina vede il laboratorio dare la MIC del farmaco che

devo somministrare per scegliere la terapia ideale. Le misure di profilassi: il paziente deve essere

isolato in stanza singola perché non so se è un patogeno che può dare epidemia, eventuale

individuazione di focolai epidemici per N. Meningitidis, l’immunoprofilassi attiva e la chemioprofilassi.

La vaccinazione dell’H. Influenzae è indicata < 5 anni e in condizioni a rischio come l’HIV.

La Listeria è più frequente nei bambini e negli anziani con una mortalità del 30 %. Pericolosa nel terzo

trimeste di gravidanza. La clinica è caratterizzata da convulsioni, atassia, tremori, nistagmo, paresi,

ascessi cerebrali.

Per le forme virali abbiamo: il Coxsackie è più frequente nei periodi estivo-autunnali e ha una letalità

del 10 %, gli Echovirus sono di norma benigni con piccole vertigini e piccoli esantemi, la parotite

epidermica, l’H. Simplex, il Criptococco, l’Aspergillo è molto raro.

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MALATTIE INFETTIVE 24/ 04/ 14

Prof. ssa Caterina Sagnelli

LE RICKETTSIOSI

La Rickettsiosi è una malattia infettiva causata da patogeni simil-batteri. Ha delle caratteristiche cliniche

peculiari con degli esantemi che spesso sono a carattere emorragico.

Abbiamo più tipi e più generi di Rickettsie. Sicuramente tra le più importanti ricordiamo gli agenti patogeni

della febbre bottonosa, della febbre da graffio di gatto, della peliosi epatica. Le Rickettsie hanno delle

colorazioni specifiche, possono essere dei bacilli corti con un filamento o possono essere dei cocco bacilli,

dei diplococchi e, proprio per queste caratteristiche, vengono definiti “simil-batteri”. Recentemente sono

state classificate come Gram- . Della famiglia delle Rickettsiaceae dobbiamo ricordare la sottofamiglia

Rickettsiae e da questa i generi più importanti Rickettsia e Coxiella (nella quale annoveriamo la Coxiella

burnetii). I diversi tipi di Rickettsiosi più importanti sono divisi in quattro gruppi:

- il tifo, il tifo epidemico, la malattia di Brill-Zinsser, il tifo murino (che sono molto simili tra loro per

quanto riguarda le caratteristiche cliniche)

- la febbre petecchiale, la febbre delle montagne rocciose, la rickettsiosi da zecche dell'est (che

hanno caratteristiche marcatamente emorragiche)

- la febbre Q e la febbre delle trincee

- la Ehrlichiosi (questa, in realtà, non è causata da Rickettsia, ma da Ehrlichia, un batterio simile alla

rickettsia trasmesso all'uomo dalle zecche)

Prima di tutto cerchiamo di capire alcune cose fondamentali sul ciclo vitale di questi patogeni. Sono

intracellulari obbligati, utilizzano un serbatoio animale e un vettore che infetta l’ uomo (quindi le

Rickettsiosi possono essere considerate delle zoonosi). Si moltiplicano per la maggior parte nella sede di

ingresso e qui provocano una lesione localizzata chiamata escara (che è fondamentale per la diagnosi).

Possono penetrare nella cute o nella mucosa, si moltiplicano nell’ endotelio, arrivano nei vasi sanguigni

provocando una vasculite. Questo è il motivo per cui abbiamo delle lesioni con caratteristiche emorragiche

come trombosi, infiltrazioni perivascolari, endovasculiti con rash e segni encefalici, gangrene della cute e

dei tessuti. Le Rickettsiosi sono patologie che possono evolvere, quindi, in gravi situazioni cliniche.

I vettori di norma sono diversi a seconda del tipo di Rickettsia e, in base al vettore, il patogeno può

replicare oppure no. La Rickettsia typhi, che è l’ agente patogeno del tifo murino, ad esempio, utilizza come

vettore la flea rodents. Ci sono molti studi che mettono in evidenza come la diffusione delle Rickettsiosi è

strettamente associata con la diffusione del vettore, questo perché se non abbiamo il vettore non vi è il

mezzo per trasmettere l’ infezione (una situazione simile la abbiamo anche nella dengue degli Arbovirus e

nelle Leishmaniosi).

Le Rickettsie necessitano di peculiari terreni di crescita, sono utilizzati per la coltura , infatti, il sacco

vitellino di embrioni di pollo e frammenti tissutali oppure viene fatta l’ inoculazione del patogeno nelle

cavie di topo. L’ infettività nell’ ambiente esterno, a differenza di quanto accade in altre zoonosi e

parassitosi, viene persa. E’ necessario fare diagnosi differenziale con le malattie esantematiche (anche

queste responsabili di lesioni emorragiche). Le Rickettsie presentano un DNA e una struttura antigenica

peculiare che è importante per la diagnosi. Questi antigeni possono essere solubili ed insolubili, hanno dei

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ceppi caratteristici OX19, OX2 e OXK che li rendono positivi alla reazione di Weil-Felix. Le Rickettsie, inoltre,

inducono la formazione di anticorpi anticoagulanti che fissano il complemento e che portano alla

formazione di immunocomplessi i quali precipitano portando ad una sintomatologia correlata al loro

deposito. Alcuni anticorpi di superficie specie-specifici si possono trovare con l’ immunofluorescenza, altri

possono essere identificati ed attivati nel sangue degli animali che fungono da serbatoio.

Le Rickettsie presentano un caratteristico ciclo di replicazione. Queste, infatti, entrano nelle cellule

endoteliali e vengono fagocitate (vengono riconosciute, incapsulate e incorporate). All’ interno della cellula,

essendo patogeni intracellulari, si replicano, successivamente, mediante la lisi della cellula, vengono

liberate a livello locale e vanno in circolo. La prima reazione che noi abbiamo è quella locale di replicazione.

Le Rickettsie non necessariamente determinano una lisi completa della cellula, possono anche fuoriuscire

per gemmazione.

Ogni Rickettiosi ha una diffusione in determinate aree del mondo. In America, ad esempio, è frequente la

febbre delle montagne rocciose, il tifo murino è diffuso un po’ ovunque, lo tsutsugamushi lo ritroviamo

maggiormente in Asia, in Africa e nelle isole del Pacifico. E’ indispensabile, come in tutte le malattie

parassitarie, all’ anamnesi chiedere al paziente se ha fatto un viaggio e dove lo ha fatto. Se questo è stato di

recente in una zona dove è presente il vettore con un determinato tipo di Rickettsiosi e io ho dei segni

clinici rilevanti per quella malattia posso fare diagnosi quasi con certezza.

Ci sono tanti tipi di artropodi vettori che si differenziano per forma e dimensione. Alcuni sono molti piccoli

e, quindi, non necessariamente ci si accorge della loro puntura. La localizzazione principale del patogeno,

come abbiamo detto, è a livello del punto di inoculo dove replica, induce una vascolopatia localizzata e la

formazione di un’ escara. Come prima cosa, quindi, è necessario individuare questo punto di inoculo

ricercandolo tra le zone esposte come la faccia, il collo, le braccia, le gambe, il torace, la testa (tra i capelli).

Altre volte la zecca, che si nutre di sangue, può essere così piccola da riuscire ad entrare in un vaso, quindi

potremmo non trovarla. Se si trova la zecca si trovo il patogeno e si riesce, così, a capire che tipo di

Rickettsia ha causato l’ infezione. Quindi, come le persone che vivono in campagna sanno, quando si viene

punti non bisogna schiacciare o togliere la zecca, ma bisogna prendere l’ artropode delicatamente con la

pinzetta, metterlo in un barattolino ed andare al pronto soccorso anche perché non è detto che la

sintomatologia insorga subito, si può avere anche dopo un lasso di tempo più lungo. Se non si riesce a

conservare la zecca, perché ad esempio non ci accorgiamo della puntura, la diagnosi della malattia risulta

più difficile. In questo caso bisogna utilizzare l’ anamnesi ed in particolare l’ anamnesi epidemiologica.

Azioni come andare in bicicletta per sentieri montani o a cavallo (è importante analizzare gli animali con cui

si è entrati recentemente a contatto) espongono a rischio.

La zecca presenta un peculiare ciclo di replicazione. La zecca femmina produce le uova, queste uova

maturano e si trasformano in larve, dalla larva origina la ninfa che può maturare nella zecca maschio o in

quella femmina. Non solo la zecca punge, anche la larva e la ninfa sono in grado di farlo e, poiché queste

sono più piccole, più facilmente invadono il torrente ematico e potremmo non trovarle. Le zecche possono

pungere anche gli animali creando a livello della puntura una zona di necrosi, gli animali infetti a loro volta

possono fungere da serbatoi per la trasmissione dell’ infezione all’ uomo.

La Rickettsia rickettsi è l’ agente patogeno della febbre delle montagne rocciose, presenta tropismo per le

cellule endoteliali dei piccoli vasi, si moltiplica per scissione binaria, nel citoplasma delle cellule endoteliali

in cui è penetrata, fino a provocare la rottura della cellula. Libera un’ endotossina che è responsabile di una

vasculopatia locale a livello cutaneo e che, se entra in circolo, può causare danni al SNC e a livello renale.

Tra le caratteristiche cliniche che sicuramente ci dobbiamo ricordare vi sono: l’ esantema (che è

prevalentemente di natura emorragica), le petecchie e la porpora (a causa dell’ endotossina responsabile

della vasculopatia locale), la piastrinopenia, la riduzione del fibrinogeno e l’ aumento del tempo di

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protrombina (perché abbiamo un’ alterazione di alcuni fattori della coagulazione e un richiamo locale di

piastrine).

La Rickettsia prowazekii è l’ agente patogeno del tifo esantematico, ha come ospite naturale l’ uomo e

come vettore i pidocchi. Ha un periodo di incubazione di 8 – 15 gg. Poiché il vettore è il pidocchio non

ritroveremo l’ escara nel punto di inoculo. Vi sono altri tipi di Rickettsiosi, come la febbre delle montagne

rocciose, in cui tuttavia l’ escara può essere assente. La lesione esantematica petecchiale è, invece, sempre

presente (tranne nella febbre Q in cui non vi è danno dell’ endotelio). Nella febbre Q l’ ospite è il

mammifero e il periodo di incubazione è di 20 gg. Nella febbre quintana, invece, il periodo di incubazione

dura addirittura un mese e questo rende più difficile correlare la sintomatologia alla diagnosi perché molto

spesso ci si dimentica di essere stati punti.

Per fare diagnosi, come abbiamo già detto, molto importante è la reazione di Weil-Felix che identifica la

presenza di determinati antigeni (OX19, OX2 e OXK) e che di norma è positiva nella febbre bottonosa e

nella febbre delle montagne rocciose. Spesso risulta positiva anche nel tifo murino (soltanto OX19) e nello

Tsutsugamushi (solo OXK). Il dato epidemiologico è un altro importante fattore nella diagnosi che da un

lato ci aiuta, ma dall’ altro lato ci complica la vita. In Italia, infatti, la Rickettsia conorii è il patogeno più

frequente, ma ciò non esclude la possibilità di trovare, soprattutto a causa di viaggi all’ estero, altri tipi di

Rickettsie. Storicamente in Italia le Rickettsiosi più importanti sono la febbre bottonosa (o febbre del

Mediterraneo), il tifo murino ed il tifo esantematico. Il tifo esantematico, indotto da Rickettsia prowazekii e

trasmesso dai pidocchi, risulta spesso legato, nel corso della storia, alle guerre a causa dei viaggi all’ estero

che i soldati facevano spesso anche in stretto contatto con animali. Si sono registrati 4 casi tra l’ ’89 e il ’90

e un ultimo caso a Verona nel ’93. I pidocchi vivono tra i vestiti, di norma si trovano in condizioni di scarsa

igiene e di povertà e vivono bene durante la stagione fredda. La riattivazione e la recrudescenza della

Rickettsia prowazekii possono provocare la malattia di Brill-Zinsser.

La febbre bottonosa, o febbre del Mediterraneo, è provocata dalla Rickettsia conorii e presenta come

vettore la zecca del cane o del topo. E’ trasmessa da animali selvatici o domestici, l’ uomo funge da ospite

occasionale. Tra le caratteristiche cliniche di questa malattia ricordiamo: la febbre, l’ esantema maculo-

papuloso petecchiale, la tache noir (lesione cutanea eritematosa in corrispondenza del morso della zecca).

Spesso sono le larve, grandi poco più di un millimetro (la zecca matura misura circa 5 mm), a pungere ed

inoculare la Rickettsia. Queste larve, poiché piccolissime, possono entrare in circolo facilmente. La febbre

bottonosa è diffusa lungo tutto il bacino del Mediterraneo, tuttavia si sono registrati casi anche in Austria

(correlati alla Rickettsia australis) e in Siberia (con la Rickettsia siberica). I serbatoi sono animali domestici o

selvatici come cani, roditori, ovini, caprini, bovini e, occasionalmente, conigli e lepri. In Italia la febbre

bottonosa è frequente principalmente sulle isole (Sicilia e Sardegna), in particolare nelle zone rurali. Nel

cane la massima infettività si registra entro 12 gg e la Rickettsia persiste per circa 18 mesi durante tutto il

ciclo vitale della zecca. La zecca, infatti, durante tutto il ciclo vitale, continuerà a deporre uova infette che

riescono a resistere anche in un ambiente sfavorevole (con basso tasso di umidità, temperature non

opportune ed esposizione ai raggi solari). E’ importante cercare di distruggere il vettore prima che inoculi il

patogeno. A tal scopo in passato sono state fatte delle bonifiche con il DDT. Oggi questo, data la sua

tossicità, non viene più usato, ma vengono utilizzati altri prodotti che spesso agiscono su roditori e uccelli. Il

problema della distruzione del vettore, tuttavia, non è stato estirpato data la presenza di grosse aree non

coltivate che non sono controllate e a causa del fenomeno del randagismo animale. Il periodo di maggiore

diffusione della malattia è tra Luglio e Settembre a causa delle condizioni climatiche favorevoli alla

replicazione del vettore e alla maggiore esposizione (più facilmente si organizzano viaggi o scampagnate

fuori). In Italia i casi di febbre bottonosa registrati nel 2002 sono stati 890. La porta di ingresso della

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Rickettsia è nel 90% dei casi la tache noir e nel 10% dei casi la congiuntiva. Il danno è a livello delle piccole

arteriole capillari con una vascuilte acuta generalizzata. Clinicamente, come abbiamo già detto, avremo

febbre, esantema, cefalea e vertigini (a causa delle tossine liberate), mialgie (per la precipitazione a livello

del distretto muscolare degli immuocomplessi formati da antigeni specifici della Rickettsia e da anticorpi).

Spesso nei bambini ritroveremo anche sinoviti (dovute sempre al deposito di immunocomplessi). E’

importante, quando si presente un esantema, fare diagnosi differenziale con le malattie esantematiche

soprattutto quando non è visibile il punto di inoculo. La febbre bottonosa presenta caratteristiche cliniche

differenti tra l’ adulto ed il bambino. Febbre, esantema e tache noir sono presenti in entrambe le categorie

di soggetti; cefalea intensa, altralgie e mialgie sono molto più frequenti nell’ adulto rispetto al bambino;

danno epatico e danno splenico, provocati dalle tossine, sono prevalenti nel bambino. Quest’ ultima

considerazione è molto importante poiché indica che il bambino deve essere monitorato più da vicino

rispetto all’ adulto.

La diagnosi della malattia è supportata da diversi tipi di criteri:

- criteri epidemiologici. Questi sono legati alla stagione, alle zone endemiche, al contatto con animali

come cani e roditori

- criteri clinici (come la presenza di febbre, esantema, tache noir). Con due o tre criteri clinici si può

già orientare la diagnosi, se si trova la zecca la diagnosi è certa.

- criteri biologici. A causa dell’ interessamento epatico vi sarà un’ ipertransamminasemia (che

solitamente non è molto elevata).

- criteri batteriologici. Si rileva la presenza della Rickettsia facendo una biopsia cutanea o un prelievo

di sangue.

- criteri sierici. Si valutano le IgG nel campione di siero, il titolo di queste, per avere significatività,

deve essere maggiore o uguale a 1 : 128. Si misurano sia le IgM che le IgG ed è necessario fare più di un

dosaggio. Si dosa almeno un secondo titolo a distanza di 15 gg questo perché è necessario valutare se si è in

una fase acuta dell’ infezione, in una fase di risoluzione o se vi è una riacutizzazione. Durante un’ infezione

acuta, infatti, in prima istanza vengono montate le IgM, dopo 7 gg si inizia a produrre IgG. In questa fase nel

siero saranno presenti sia di IgG che di IgM. Gli anticorpi fanno una specie di “curva”. Al tempo 0 avremo la

presenza contemporanea delle due immunoglobuline e questo indica che c’è stata un’ infezione acuta e che

l’ organismo sta cercando di risolvere questa infezione e montare l’ immunità permanente delle IgG. Una

sola determinazione non ci permette di capire le IgM a che punto della loro curva si trovano (importante

per comprendere in che fase della malattia siamo) e quindi se ci troviamo nella fase del plateau delle IgM o

se queste stanno calando di titolo. A 15 gg di tempo, se facciamo una misurazione, ci troveremo in una

situazione per cui le IgG saranno aumentate e le IgM saranno diminuite (rispetto ai valori al tempo 0) fino a

registrare una completa scomparsa delle IgM e una stabilizzazione nel tempo delle IgG nelle misurazioni

successive. Tutto questo vale, ovviamente, per qualsiasi malattia. Importante è anche il problema delle

riattivazioni. Se un patogeno in un organismo si riattiva (come può accadere, ad esempio, quando vi è una

condizione di immunodeficienza) le IgG da una condizione di stabilità inizieranno lentamente ad aumentare

e le IgM verranno prodotte nuovamente. Nelle riattivazioni quindi avremo la presenza sia di IgM che di IgG

(come nella fase acuta delle infezioni) e questo vale non solo per le riattivazioni, ma anche per le reinfezioni

e nelle sovrainfezioni. Potremmo infatti avere un sottotipo diverso di Rickettsia che infetta nuovamente l’

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organismo e che presenta antigeni comuni alla Rickettsia che ha infettato l’ organismo in fase iniziale. In

questo caso saranno già presenti IgG attive contro questi antigeni e l’ infezione sarà meno grave.

La febbre bottonosa ha un’ incubazione di circa 6-8 gg e presenta, spesso, un esordio con febbre e brividi.

Altri sintomi e segni clinici saranno cefalea, congiuntivite, artromialgia, epatosplenomegalia e

obnubilamento del sensorio se le tossine vengono prodotte in grosse quantità. La febbre può essere

continua o con remissione mattutina, solitamente è associata al fenomeno di lisi cellulare dovuto alla fase

di replicazione della Rickettsia e, quindi, potremo ritrovarla anche dopo 10-20 gg (a seconda di quando

avviene la replicazione del patogeno). Possiamo avere la tache noir (una piccola ulcerazione che di norma

dura circa 1 settimana) con una zona di necrosi centrale e spesso associata ad un’ linfoadenite satellite. La

tache noir non sempre c’è/non sempre è visibile, spesso, infatti, è presente solo un’ esantema e questo

complica la diagnosi. La febbre bottonosa può presentarsi anche con rigidità nucale provocata dalle tossine

prodotte dalla Rickettsia perché queste provocano un’ alterazione della permeabilità della barriera emato-

encefalica. Questa modifica della BEE comporterà un richiamo di albumina e, tramite diversi meccanismi,

un’ irritazione delle meningi, per questo motivo avremo i sintomi definiti “meningei” come la rigidità nucale

(è un meccanismo analogo a quello delle meningiti).

Tra gli esami di laboratorio, per la diagnosi della febbre bottonosa, oltre al dosaggio delle transaminasi, di

cui abbiamo già fatto cenno, vi sono anche gli indici di citolisi (come l’ aumento dell’ LDH) e l’ iponatremia.

Per quanto riguarda le complicanza della malattia sicuramente tra le più pericolose è da ricordare la CID

(coagulazione intravascolare disseminata) che provoca fenomeni ischemici principalmente a livello

cerebrale, renale e cardiaco. Per la febbre del Mediterraneo possiamo considerare alcuni “fattori

prognostici sfavorevoli” quali diagnosi tardiva, alcolismo, età avanzata del paziente, presenza di comorbilità

come insufficienza renale o cardiaca, immunodepressione. La presenza di uno o più di questi fattori è

correlata con una patologia più aggressiva che spesso si può presentare con meningite, insufficienza renale,

complicanze a livello cardiaco e polmonare, rabdomiolisi. Nelle forme più gravi possiamo avere anche uno

squilibrio elettrolitico che porta ad un’ alterazione dell’ omeostasi e alla formazione di eruzioni cutanee

pruriginose e vescicole. La prevenzione della malattia è, ovviamente, il cercare di evitare il contatto con la

zecca. La terapia consiste nell’ utilizzo di un semplice antibiotico (doxicilina o, in alternativa, altri antibiotici

utilizzati più comunemente come la levofloxacina e il ciproxin). La prognosi, se si arriva precocemente alla

diagnosi, è favorevole eccetto che per gli anziani, i defedati e gli alcolisti che possono presentare un quadro

clinico più importante.

Quando parliamo di tifo, principalmente tifo murino, parliamo di un gruppo di malattie provocate da

Rickettsie (tramite acari, pulci o zecche che fungono da vettori) che hanno una caratteristica patogenesi

con invasione e localizzazione intracellulare del patogeno, alterazione dei grossi vasi e delle regioni peri-

vascolari, fenomeni trombotici e necrotici, rottura delle pareti endoteliali e piccole emorragie. Al gruppo

del tifo appartengono le Rickettsie typhi, canadensis e prowazekii.

Il tifo europeo (o esantematico) è causato, come abbiamo già visto, dalla Rickettsia prowazekii veicolata dai

pidocchi. La forma clinica più caratteristica di questo tipo di tifo è la malattia di Brill-Zinsser dove il rash

cutaneo non è molto frequente, ma la prognosi è molto favorevole (mancano complicanze come CID e

alterazioni vascolari altamente distruttive) e la mortalità è nulla.

Il tifo murino (o endemico) ha come serbatoio il ratto e un periodo di incubazione di 7-14 gg, E’ provocato

dalla Rickettsia typhi o, meno frequentemente, dalla Rickettsia mooseri ed ha una sintomatologia

caratterizzata da cefalea, febbre della durata di circa 10 gg (con recrudescenze in correlazione con i

fenomeni di lisi cellulare), rash (che nel 60% dei casi manca), mialgie, artralgie e tutto quel corteo di sintomi

che abbiamo visto per le malattie precedenti. Possiamo avere un coinvolgimento polmonare con tosse

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secca e stizzosa. Gli ultimi casi di tifo murino sintomatico si sono registrati in Italia nel ’91, tuttavia frequenti

sono i casi di tifo murino asintomatico che si registrano attualmente (principalmente in Sicilia). La terapia

prevede l’ utilizzo di antibiotici diversi da quelli utilizzati per la febbre bottonosa.

Il tifo da acari (o Tsutsugamushi) è frequente soprattutto in Giappone, presenta come vettore il cyclops che

infetta il ratto. Ha un’ incubazione di una settimana, si presenta con eruzioni cutanee e rash, febbre elevata

e, nei casi più gravi, con complicanze cardiache, delirio, stupore e coma. La profilassi prevede l’ utilizzo di

repellenti e insetticidi per eliminare il vettore.

La febbre Q, causata da Coxiella burnetii viene trasmessa tramite zecche e può infettare uccelli, mammiferi,

altri artropodi e l’ uomo. La trasmissione della malattia, a differenza delle altre Rickettsiosi, può avvenire

non solo a causa della puntura dell’ artropode, ma anche stando a stretto contatto con animali infetti

(principalmente per ingestione di latte o per via inalatoria). La moltiplicazione della Coxiella avviene nei

macrofagi all’ interno del fagosoma. L’ incubazione è caratterizzata da un periodo che dura dai 9 ai 28 gg, l’

esordio è improvviso e brusco. Clinicamente la malattia può colpire diversi organi come il polmone,

provocando una polmonite interstiziale, o il fegato portando alla formazione di un granuloma (che andrà in

diagnosi differenziale). Si possono, inoltre, avere cefalea alterazioni dell’ immunità cellulo-mediata e del

respiro. Casi gravi di febbre Q si hanno quando vi è un consolidamento della malattia a livello polmonare

con rischio di una sovrainfezione batterica. L’ epatite, solitamente importante, ha un’ incidenza di 1 su 3

casi. La terapia prevede l’ utilizzo di un antibiotico (tetraciclina), ma non sempre porta alla completa

risoluzione del quadro patologico. Indispensabili per la scelta e la modifica della terapia sono gli esami di

laboratorio (in particolare la valutazione del titolo anticorpale).

Accanto alle Rickettsiosi, inoltre, dobbiamo affiancare le Ehrlichiosi provocate da Erlichia. Questo patogeno

ha un ciclo vitale lievemente diverso rispetto alla Rickettsia: viene inglobata all’ interno della cellula,

moltiplica all’ interno di una vescicola neoformata e fuoriesce dalla cellula per gemmazione provocando lisi

cellulare.

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Malattie infettive 28-4 Prof. Pasquale

EPATITE CRONICA

Le epatiti croniche virali, sono responsabili di un’infiammazione cronica del fegato. Queste possono esser causate dal virus dell'epatite B,dal virus delta dell'epatite D e dal virus dell'epatite C . Quando è che si sospetta un'infezione cronica virale ? Quando le transaminasi sono persistentemente alterate o

fluttuanti per almeno 6 mesi consecutivi. L’ iper-transaminasemia raggiunge valori non elevati come nelle epatiti acute, attestandosi su valori da 2 a 4 volte il valore normale , questa persistenza di una elevazione costante o fluttuante delle transaminasi sieriche esprime un processo infiammatorio cronico a carico del fegato , onde la definizione di epatite cronica come processo infiammatorio del fegato che dura senza miglioramento da almeno 6 mesi come testimoniato dalla ipertransaminasemia protratta. Se oltre a questo troviamo nel siero i markers di infezione da virus HBV, delta, HCV possiamo dare una responsabilità eziologica alla ipertransaminasemia , e quindi diciamo epatite cronica da virus B , C o delta o Bdelta come nella superinfezione . Altre cause di epatiti croniche sono : abuso di alcool , cause metaboliche (emocromatosi --->accumulo di ferro, morbo di wilson---> accumulo di rame ,o pazienti con deficit di alfa1-antitripsina), autoimmuni (delle quali sono espressioni la presenza nel siero di autoanticorpi non organo specifici come gli Ana, Sma ,che caratterizzano le epatiti autoimmuni di tipo 1, gli anti LKM che caratterizzano le epatiti autoimmuni di tipo 2 e gli antigeni solubili epatocitari che caratterizzano le epatiti autoimmuni di tipo 3), farmaci e infine cause criptogenetiche . I virus responsabili di epatite posso agire o da soli o in associazioni, ad esempio un soggetto può avere l’epatite cronica da virus delta o da tutti e 3 i virus o averli in successione ,come accade alle persone che per il loro stile di vita sono esposte a più occasioni di contagio per via parenterale . L'infiammazione del fegato e la persistente ipertransaminasemia sono espressione della persistente infezione virale , se il virus non persiste nel fegato è improbabile o impossibile che esso sia responsabile dell'infiammazione o dell'ipertransaminasemia ,quindi la sua presenza e replicazione è una conditio sine qua non ci sarebbe l’epatite

cronica virale. Nel caso che il virus ci fosse ma non si replicasse avremmo una condizione di portatore asintomatico del virus . La persistente infezione virale, associata alla replicazione del virus, è responsabile di una riposta

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infiammatoria di tipo immunitario da parte dell'organismo .Perchè avviene questa risposta ? Avviene nel tentativo di eliminare gli epatociti infettati dal virus . La risposta immunitaria nell'epatite cronica a differenza di quella acuta non è in grado di eliminare tutti gli epatociti infetti, ne di neutralizzare il virus con gli anticorpi perchè abbiamo una risposta inefficiente in uno dei 2 bracci dell'immunità umorale o cellulare o in entrambi, per cui l'infezione persiste e il virus si può trasmettere da un epatocita infetto a uno sano e così si perpetua la replicazione virale e l’ infiammazione .In questo modo l'infiammazione può evolvere dando forme più severe di epatite cronica fino all'evento terminale non reversibile, la cirrosi epatica . L'infiammazione del fegato non è altro che l'espressione anatomopatologica del tentativo di eliminazione degli epatociti infetti ,essa non è fine a se stessa ma espressione dei fenomeni immunitari inefficienti che cercano di eliminare gli epatociti infetti . Quindi l’infiammazione è espressione del danno epatico , il danno epatico si esprime con la necrosi epatocitaria e quindi con l'aumento delle transaminasi sieriche espressione degli epatociti distrutti dal meccanismo autoimmunitario e con la contemporanea infiammazione linfo-monocitaria.Gli elementi dell'infiammazione del fegato durante l'epatite cronica non sono i linfociti polimorfonucleati cioè i neutrofili ma sono i linfociti e i monociti e occasionalmente le plasmacellule . L'espressione morfologica del danno anatomopatologico in corso di epatite cronica è espresso dalla necro infiammazione. Questa da vita a un processo fibrotico che porta alla distorsione dell'architettura lobulare del fegato. La fibrosi epatica è un processo attivo legato alla capacità fibrogenetica delle cellule di Ito (dette anche cellule stellate) situate negli spazi di Disse dei sinusoidi epatici. Questi stimolati dalla necrosi epatocitaria e dalle linfochine producono in maniera attiva il collageno di vario tipo che costituisce la matrice extracellulare .

La percentuale di coinvolgimento dei virus epatitici nella eziologia delle epatiti croniche è dato per il 49% da HCV,per il 9% da HBV, mentre tralasciando le cause virali un buon 20% è dato dall'alcool . La progressione dell'infezione virale in cronicità per quanto concerne il virus B si attesta sul 95 % se il virus è acquisito nell'infanzia, quando c'è un'immunità poco matura , ma nell'età adulta un’infezione da virus B è seguita solo nel 5% da una progressione in cronicità ; per l'epatite delta la superinfezione è responsabile nel 70% dei casi di cronicizzazione della infezione da virus B-delta ,mentre nella coinfezione meno del 5% dei casi evolve in cronicità. Per quanto riguarda l'eziologia dell’infezione da virus C una volta era imputabile alle trasfusioni di sangue oggi con lo screening più serrato del donatore questo non è più vero , ed è

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più frequente l'infezione sporadica ,anche da cause non identificabili . Quindi oggi l'epatite cronica da virus C è dovuta a un'infezione parenterale inapparente , altre cause possono essere interventi di microchirurgia, oppure piercing, tatuaggi ecc .

L'infezione cronica a sua volta si distingue in infezione HbeAg positiva che evolve in epatite cronica “e” positiva con possibile siero conversione in anti-e, ed epatite cronica HbeAg negativa se avviene la variante “e” virus . La siero conversione da “e” ad anti-e può caratterizzare lo stato di portatore inattivo del virus HbsAg con siero conversione ad antiHbe, quindi questo soggetto è portatore del virus per tutta la vita oppure può avvenire in circa il 5% dei casi, la clearance dell'HbsAg, il virus si può liberare dell'HbsAg ma, vi può anche essere la recrudescenza dell'infezione in circa il 20% di questi portatori o da parte del ceppo wild quello “e” secernente o perchè è intervenuta la variante e-virus. Quando avviene la sovrainfezione delta in un portatore cronico HbsAg è frequente la cronicizzazione ; il soggetto ha le transaminasi alterate ,presenta l'HbsAg perchè è portatore del virus B ma, vi è anche HBV-Rna e nel sangue abbiamo gli anticorpi anti-delta della classe IgG. Le transaminasi non si normalizzano perchè restano sempre fluttuanti e le IgM anti-delta non ci sono, perchè non si parla di un’infezione acuta ma di una superinfezione da virus delta e quindi la fase acuta è già passata. La fluttuazione delle transaminasi sieriche la presenza di HbsAg , della viremia delta che non sempre riusciamo a cogliere, degli anticorpi anti-delta della classe IgG, tutto questo è il pattern sierologico del soggetto che ha l'epatite cronica da virus B-delta .

Durante l’epatite cronica da HCV persistono nel siero sia l’HCV-Rna che gli anticorpi anti-HCV questi anticorpi non hanno alcun valore proteggente o neutralizzante perché si associano alla viremia , una persistente viremia oltre alla presenza degli anticorpi anti-HCV evidenziabili con ELISA più l’ipertransaminasemia fluttuante (andamento a yo-yo) , questo è il pattern sierologico dell’epatite da virus c . Tutti i genotipi possono dare epatite cronica . I genotipi 1 e 4 sono chiamati difficili perché più resistenti alla terapia ( risposta del solo 45-50%) ,al contrario i genotipi 2-3 sono definiti facili perchè più controllabili con essa, arrivando all’inattivazione o all’eradicazione del virus e alla normalizzazione delle transaminasi sieriche. Tutti i genotipi possono dare evoluzione in cirrosi ed epatocarcinoma . Da un punto di vista clinico le epatiti croniche virali sono spesso asintomatiche , le si sospettano dalle alterazioni delle transaminasi fatte per controlli di ruotine, da

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qui poi si chiedono i marcatori di epatite e così ne avviene la scoperta . La sintomatologia clinica è molto vaga : senso di peso nella parte alta dell’addome o al fianco destro , digestione lenta , astenia , il fegato può

essere aumentato di volume ma, non sempre , anche l’ittero non compare

sempre , a differenza delle epatiti acuti dove c’è astenia ,anoressia , nausea, vomito disgusto per gli odori ecc . Quindi la diagnosi è spesso occasionale . Se vogliamo dare una carta d’identità alle epatiti croniche da un punto di vista clinico e biochimico dobbiamo dire che si tratta in quanto epatiti croniche di malattie evolutive e questa evoluzione giustifica la terapia con antivirali e immunomodulatori . Altra caratteristica oltre l’evolutività è la presenza della ipertransaminasemia in maniera costante o fluttuante a valori non elevati come nell’acuta . L’esame istologico eseguito dopo biopsia epatica è di aiuto a differenza delle epatiti acuti ,qui la biopsia può costituire caso per caso una scelta utile o necessaria per capire la gravità o lo stadio della malattia . Così facendo la necrosi epatica e l’infiammazione sono vagliabili da paziente a paziente, e si può valutare lo stesso paziente in diverse fasi della vita , comunque l’associazione di necrosi e infiammazione esprime il grado dell’epatite cronica (GRADING) ,mentre la fibrosi definisce lo STAGING. Stadiare l’epatite cronica virale significa valutare il grado di fibrosi, valutare la fibrosi mi permette di dire se il paziente si trova all’inizio della malattia o se è già in fase cirrotica o pre-cirrotica . L’evolutività della malattia cronica del fegato ,dell’infiammazione , avviene ad una velocità variabile in rapporto alla

replicazione del virus e alla presenza dei cofattori (alcol,mutazioni del virus , contemporanea presenza di steatosi ,dall’emocromatosi , da fenomeni

autoimmuni e infezioni multiple HBV+HCV,HCV+HBV+virus delta associati o meno a HIV ecc.) e comorbidità . Tutto questo ci fa esprimere il giudizio prognostico per quel paziente. Esistono anche le manifestazioni extraepatiche dell’infezione cronica da virus C il quale è un virus sistemico a differenza del B e del delta può coinvolgere anche altri organi e quindi possiamo avere una crioglobulinemia mista, una porfiria cutanea tarda , glomerulo nefrite membrano-proliferativa , linfomi non Hodgkin . Nella diagnosi di un’epatite cronica virale ci aiutano le transaminasi sieriche ,il quadro proteico che può essere più o meno alterato, soprattutto per quanto riguarda le gammaglobuline e le albumine nei casi di cirrosi avanzata, anche una piastrinopenia al di sotto dei 120mila/mm^3 ci permette di dire che siamo di fronte ad un’epatite cronica avanzata. Alla palpazione la milza potrebbe o meno essere aumentata di volume , mentre nell’epatite cronica non cirrotica

la milza è di sicuro nella norma . La ricerca dei marcatori virali di virus B,

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delta e C ci aiutano ad identificare un’eziologia unica o associata di più virus ,

sempre ai fini di una caratterizzazione diagnostica della malattia. Oggi non si nega a nessuno un’ecografia epatica che ci da una serie di informazioni sull’eco-pattern dell’epatite e soprattutto sulla cirrosi , ci dice anche qualcosa sulle condizioni del bordo epatico , se c’è o meno la riduzione delle vene sopraepatiche, se c’è l’aumento del calibro della vena porta , la presenza di steatosi, ascite e noduli epatici. Quindi quest’esame è fondamentale nella diagnostica del danno cronico del fegato . La biopsia epatica che oggi è diventata selettiva ; fornisce info sulla necroinfiammazione che definisce il grading e sullo stadio della fibrosi epatica che definisce lo staging. Esistono anche sistemi non invasivi per quantificare la fibrosi , e sono i risultati ottenuti con il FIBROSCAN che altro non è che un ecografia del fegato associata ad un altro strumento che invia delle onde elastiche al fegato, la cui velocità di propagazione è direttamente proporzionale all’entità della fibrosi, la usa unità di misura è il kg Pascal. La fibrosi può in questo modo essere quantificata con un valore numerico: valori inferiori a 7 indicano uno stadio iniziale di fibrosi , più di 7 uno stadio più avanzato (ad es. un valore di 14 indica una fibrosi avanzata ) Quindi il fibroscan misura l’elasticità del fegato in rapporto

alla presenza di fibrosi più o meno estesa è utile per valutare gli stadi avanzati o l’assenza della fibrosi , non è in grado di identificare le fibrosi intermedie cioè quelle caratterizzate dei setti porto-portali e porto-centro lobulari . Utile è identificare la presenza di HBV-Dna per il virus B ,HCV-Rna per il virus C e gli anticorpi antidelta, IgG e IgM per il virus delta . La classificazione per le epatiti croniche è una classificazione basata sul danno subito dal fegato, per poter capire il significato della infiammazione cronica del fegato bisogna ricordare le alterazioni istopatologiche dell’epatite virale

acuta, dove si ha un quadro morfologico polimorfo del fegato caratterizzato da fenomeni di degenerazione idropica con epatociti valoniformi più tutto un altro corteo di alterazioni morfologiche, con la necrosi epatocitaria che caratterizza per la sua prevalenza il danno del fegato con micronecrosi focale , necrosi confluente , necrosi a ponte ecc. Oltre ai fenomeni di necrosi c’è anche l’infiammazione delle cellule linfomonocitarie a livello degli spazi portali ,lobulari e anche l’iperplasia delle cellule di Kpuffer . Ritornando sulla fibrosi, nelle epatiti acute essa è passiva cioè legata al collasso delle fibre reticolitiche che sostengono le filiere epatocitarie e a questo, seguono fenomeni di degenerazione epatocitaria . Ciò che differenzia l’epatite acuta da quella cronica è che l’infiammazione, il danno dell’epatite cronica avviene

a partenza dello spazio porto biliare, da qui nasce tutto il danno che si

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propaga poi in tutto il lobulo, allo spazio portale e così via, con infiltrazione linfo-monocitaria che pure se presente nell’epatite acuta, non avviene in maniera così marcata. Bisogna ricordarsi che l’infiammazione degli spazi

portali prende il nome di portite (infiammazione linfo-monocitaria degli spazi portali ) , accanto alla portite è presente nelle forme più evolutive la infiammazione della zona lobulare periportale e che si chiama periportite

oppure epatite all’interfaccia. Un altro importante concetto è quello della necrosi peacemel degli epatociti periferici ,un’infiammazione linfomonocitaria che parte dallo spazio portale e supera la lamina limitante della filiera degli epatociti che segna il confine tra lo spazio portale e il parenchima . Gli epatociti della lamina limitante appaiono come rosicchiati infatti peacemel significa a morso di topo (necrosi a morso di topo ). Degli epatociti periportali che vengono distrutti dai fenomeni autoimmunitari e considerando il grado di invasione del lobulo epatico a partire dallo spazio portale, possiamo avere delle forme più o meno severe , quindi con un grading più o meno elevato di epatite cronica, ed è per questo che le epatiti croniche vengono classificate in medie severe ,con o senza bridging con o senza cirrosi a seconda di questo fenomeno di infiammazione periportale . Nel lobulo che succede ? Possiamo avere dei focolai di necrosi, la necrosi può essere confluente o può essere con bridging cioè c’è una comunicazione infiammatoria tra spazi portali e la vena centro lobulare che possono essere collegati da un ponte di cellule infiammatorie che si chiama bridging porto-portale o porto-centrale o centro-centrale . Laddove i fenomeni di necrosi possono confluire ma senza collegare strutture anatomiche si parla di necrosi confluente senza bridging . L’insieme della portite , periportite e della necrosi focale , fenomeni questi più o meno associati tra di loro , costituisce il grading o meglio l’ activity ovvero la severità della necro-infiammazione , la severità è espressa dall’indice HAI (Histological activity index ) , questa sigla è espressa da un numero che è ricavato dal sistema usato, che da un punteggio all’espressione della portite , della periportite e della necrosi

lobulare ( il sistema più usato è quello di Hishak ) , l’altro dato

anatomopatologico è la fibrosi attiva perché il collageno è sintetizzato attivamente dalle cellule stellate (o Ito cells ) poste nello spazio di Disse (spazio sub endoteliale che va dall’endotelio fenestrato del sinusoide alla filiera di epatociti ) , anche la fibrosi può avere la sua localizzazione o negli spazi portali o nella regione periportale o può essere espressa da setti fibrotici porto-portali o porto-centrali questi setti possono essere lineari si limitano a collegare le strutture anatomiche oppure possono contribuire in

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virtù della presenza di fibre elastiche nel loro contesto a distorcere il parenchima lobulare, fino ad avvolgerlo come un cercine nello stadio della nodulazione. La cirrosi epatica è caratterizzata da 3 elementi la fibrosi , la nodulazione ,cioè i lobuli si deformano in virtù della rigenerazione e si formano degli pseudo lobuli chiamati così perché non è più presente la vena centro lobulare. Fibrosi epatica non significa cirrosi epatica , lo è se associata ai noduli e alle alterazioni vascolari : shunt artero-venosi , dilatazione dei sinusoidi , trasformazione dei sinusoidi in capillari (che normalmente non lo sono , perché hanno la parete fenestrata , le cellule endoteliali sinusoidi sono interrotte qua e la per cui il contatto del sangue con le filiere epatocitarie è un contatto immediato ma, se il sinusoide si trasforma in capillare cioè, se le cellule endoteliali sono più continue e costituiscono nicchie più sottili si viene a stabilire una barriera tra sinusoidi sangue ed epatocita allora, quel capillare riduce i contatti tra il sangue e le filiere epatocitarie ) . La fibrosi è una fibrosi attiva ,con produzione attiva di fibre collagene che formano la matrice extracellulare del connettivo . La fibrogenesi parte dalla necrosi epatocitaria ( conditio sine qua non ) ,che attiva a sua volta le citochine ( IFN-gamma, TNF,IL2 ecc.) e chemochine e sono questi i mediatori chimici dell’infiammazione che attivano le cellule

stellate le quali normalmente sono quiescente e fungono da deposito della vitamina A , così stimolate producono fibre collagene attivamente ed è questo connettivo che trasforma il sinusoide in un capillare e da fibrosi . La fibrosi non è un processo necessariamente evolutivo , cioè se si elimina la causa della necrosi epatocitaria si arresta o addirittura si arriva alla digestione delle fibre collagene da parte degli enzimi chiamati proteinasi . Se la causa non è eliminata la fibrosi continua fino alla formazione di collagene più stabile e il processo è irreversibile . Uno dei sistemi di quantizzazione del danno necrotico infiammatorio è quello di Hishak.

La fibrosi viene conteggiata a parte. La fibrosi può essere confinata solo agli spazi portali ma, può anche espandersi al di fuori di esso e dare dei setti più o meno marcati con cirrosi iniziale o più avanzata . In base al valore dell’HAI

che va da 0 a 18 , in virtù della quantizzazione del danno morfologico e necrotico-infiammatorio che la classificazione moderna delle epatiti croniche identifica con un valore Hai compreso tra 1 e 3 un’epatite cronica definita minima, (quella che una volta era chiamata epatite cronica persistente) ,con un valore HAI compreso tra 4 e 8 un’epatite definita mite , con un HAI tra 9 e 12 un’epatite definita media e infine con un punteggio HAI tra 13 e 18 un’epatite severa .

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Perché curare una epatite cronica e quale è lo scopo della terapia ? L’epatite

cronica da virus delta, B e C ha una diversa velocità di evoluzione verso la cirrosi e poi ad epatocarcinoma . La velocità è più rapida nella superinfezione delta infatti le cirrosi giovanili sono spesso dovute al virus B-delta mentre una evoluzione in cirrosi di un’epatite cronica del virus C è molto più lenta velocità

intermedia per il virus B . Lo scopo della terapia quindi è quello di diminuire la infiammazione del fegato perché l’infiammazione è la premessa alla necro-infiammazione e della fibrosi , l’altro scopo è eliminare il virus così impediamo la necro-infiammazione e quindi preveniamo la fibrosi . Gli scopi della terapia antivirale è essenzialmente : eliminare il virus , per farlo c’è bisogno di impostare una terapia mirata e quindi identificare il virus implicato (HBV-Dna per il virus dell’epatite B ricercato con tecnica PCR , HCV-Rna qualitativo o quantitativo per il virus dell’epatite C con PCR , il delta lo identifichiamo con gli anticorpi della classe IgG contro e delta e laddove possibile la viremia delta )

Terapia (non si deve sapere per l’esame ma, dato che il prof ne ha parlato, io

l’ho riportata ) :

Contro virus B : interferone pegilato alfa2A si chiama Pegasys o anche il Pegitron , poi ci sono gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sono farmaci che assomigliano ai nucleosidi e ai nucleotidi del Dna virale , somigliano perché per competizione questi analoghi come la Lamivudina la Telbivudina e l’Etacavir analoghi nucleosidici e l’Adefovir , Tenofovir ed Etrititabina tra gli analoghi nucleotidici inibiscono l’HBV polimerasi così facendo si blocca la

replicazione del virus B . Oggi si usa in clinica nel infezione da virus B l’entecavir e la telbivudina tra gli analoghi nucleosidici , non si usa più la lamivudina se non in caso di infezione occulta nei pazienti trattati con chemioterapici . Tenofovir tra quelli nucleotidici . Entecavire e tenofovir non hanno subito mutazioni quindi sono sempre efficaci

HDV si cura con interferone standard

HCV si cura con Interferone pegilato alfa2A o alfa2B in associazione obbligatoria con un analogo nucleosidico la ribavirina che inibisce la polimerasi virale

Quali pazienti vanno trattati con interferone associato o meno ad antivirali ? Quelli con transaminasi aumentate , quelli con viremia presente e con attività istologica rappresentata dai vari valori di grading e di staging . Come risponde il paziente alla terapia antivirale ? Se risponde bene normalizza le

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transaminasi si abbatte la viremia e si ha anche il miglioramento delle alterazioni istologiche .Si parla risposta completa sostenuta quando la risposta si mantiene oltre il sesto mese dopo la sospensione della terapia ( questo è il massimo della risposta ) .

Cosa sono gli interferoni : sono delle proteine naturali prodotte dalle cellule eucariotiche in risposta a vari stimoli , 3 tipi di interferoni interferone alfa , beta e gamma . IFN alfa usato nella terapia antivirale oggi si sintetizza con la tecnologia ricombinante (IFN alfa 2A, IFN alfa 2B rispettivamente quello linfoblastoide e quello leucocitario naturale ) IFN viene utilizzato in Giappone e quello Gamma non viene usato nelle epatiti croniche virali . L’IFN ha molti

bracci terapeutici , ha un’azione antivirale , ha un’azione immunomodulatriche

perché stimola la sintesi del complesso maggiore di istocompatibilità HLA 1 e HLA 2 , stimola la sintesi della betamicroglobulina , e di alcuni componenti del complemento e questa è la sua azione immunomodulatrice e poi attiva anche i macrofagi le NK i linfociti citotossici interagisce con le citochine (stimola IL-2 ecc) . L’INF non può essere dato a chi ha un’epatite cronica autoimmune

perché potenzia l’attività autoimmunitaria e quindi la necroinfiammazione .

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Lezione del 29/04/2014 Ilaria De Pascale

MALATTIE INFETTIVE, prof.ssa Caterina Sagnelli

VIRUS INFLUENZALI E POLMONITI

Nello studio delle malattie infettive bisogna sempre aver ben chiaro la patogenesi dell’infezione, la

clinica e la diagnosi. L’infezione si determina nel momento in cui c’è un’alterazione nell’equilibrio

ospite-patogeno. Gli individui posso essere esposti al patogeno e non avere l’infezione, oppure

avere l’infezione e stare comunque bene nelle forme subcliniche.

Un patogeno diventa non più controllabile nel momento in cui supera un determinato numero di

mutazioni caratteristica del tipo di virus, della sua virulenza, della sua aggressività.

I virus possono mutare ad esempio per ricombinazione o per riassortimento ed è proprio il

concetto di mutazione che spiega perché uno stesso virus, come ad esempio quello dell’influenza

verso il quale ci si è immunizzati ad una prima infezione, può determinare nuovamente infezione in

uno stesso soggetto. Il tasso di replicazione è associato al tasso di mutagenesi, i virus a DNA

mutano meno rispetto ai virus a RNA.

I virus possono, coinfettando una stessa cellula, mischiare i propri genomi e determinare la

comparsa di una nuova specie virale che andrà ad infettare un’altra cellula in cui potrà andare

incontro a delle ricombinazioni geniche.

I virus dell’influenza si trasmette per via aerea tramite tosse, starnuti; la sua incubazione è breve (5

giorni). I sintomi possono comparire dopo 2 giorni e continuare anche per 5 o 6 giorni. Tutto questo

è legato all’età della persona e al suo sistema immunitario. Tra i sintomi più comuni abbiamo la

febbre, raffreddore, deglutizione dolorosa, tosse, malessere generale come ad esempio mal di testa,

stanchezza, dolori ossei, e quando subentrano le complicanze avremo la congiuntivite, la bronchite,

la polmonite ed il distress respiratorio. Nonostante la banalità della sintomatologia, si continua

ancora a morire per il virus dell’influenza. Ad esempio il virus della SARS è un virus emergente

che viene fuori da un processo di mutagenesi a carico del virus dell’influenza. Il virus dell’influenza

ha determinato nella storia molteplici epidemie quella del ‘18, del ‘57 o del ‘68 e questo virus è

stato isolato e tipizzato intorno agli anni ‘40 negli Stati Unit (il tipo B), negli anni ‘60 e ‘70 sono

state studiate le strutture virali mentre negli anni ‘80 sono stati identificati gli antigeni di superficie.

Si tratta di un Orthomixoviridae, genere Orthomixoviri, virus sferico con un genoma ad RNA

monoelica ad 8 filamenti che codificano per proteine strutturali. Ci sono tre tipi di virus

dell’influenza: tipo A, tipo B e tipo C (determinatisi per deriva antigenica). Gli antigeni sono

definiti come H e N. Il tipo A è ospite di più specie, il tipo B di norma colpisce solo l’uomo mentre

il tipo C colpisce uomo, cani e suini.

Tra le proteine strutturali abbiamo l’emoagglutinina che corrisponde all’antigene H e la

neuroaminidasi che corrisponde all’antigene N e tutte le altre che producono il nucleocapside.

L’emoagglutinina è una proteina capace di agglutinare i globuli rossi e capace di bloccare la

risposta immunitaria. Esistono 5 tipi diversi di emoagglutinina. Essa lega molecole di acido

salicilico espresse in superficie dalla cellula ospite favorendo in tal modo la fagocitosi della

particella virale da parte della cellula stessa che in questo modo si infetta.

La neuraminidasi è espressa invece in 9 tipi differenti. Emoagglutinina e neuraminidasi possono ad

esempio combinarsi tra loro determinando la comparsa di più sottotipi virali.

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Ma come si identificano e come vengono chiamati i virus?

Voi avete sentito parlare della SARS, abbastanza recente, quindi avete sentito l’influenza H1N5. La

cosa importante è capire la tassonomia del virus:

- È importante capire il tipo coinvolto; ne esistono tre tipi, A, B e C.

- Dove è stato identificato è fondamentale (quindi la città).

- Il numero di isolamento (ci sono dei numeri progressivi per anno).

- E ovviamente l’anno.

Es. A/Hong Kong/1/68

B/Yamagata/16/68

In più vengono aggiunte quelle che sono le varianti antigeniche virali, quindi l’emoagglutinina e la

neuroaminidasi, col numero di sottotipo relativo.

Non ci sono sottotipi per il virus influenzale di tipo B (non sono conosciuti); questo è importante e a

noi serve in modo peculiare nella costruzione del vaccino…non è che il vaccino si fa a Napoli solo

col virus di Napoli…il vaccino si fa con campioni isolati nel mondo, principalmente in tre città

(Londra, New York, Hong Kong); in base ai virus che sono circolati in quell’anno, si vanno a

studiare quelli che sono gli antigeni di superficie.

Il vaccino cambia di anno in anno, poi vedremo che in più a quelli dell’anno precedente se

vogliamo vengono ad essere inseriti anticorpi che vanno a riconoscere gli antigeni delle grandi

pandemie che abbiamo avuto in passato.

Abbiamo detto che abbiamo tre tipi di virus influenzale: tipo A, tipo B, tipo C.

Il tipo A è quello che causa la malattia più severa ed importante, ha una variabilità antigenica

fondamentale in quanto induce la formazione dell’antigene shift e dell’antigene drift (cosa che non

abbiamo nei tipi B e C), il genoma è fatto sempre da 8 subunità (a differenza del tipo C), le

glicoproteine di membrana sono diverse, in più i serbatoi sono diversi (il serbatoio animale di

norma è più frequente nel tipo A) e le pandemie ed epidemie sono più frequenti nel tipo A (si hanno

raramente e in modo sporadico nel tipo B e nel tipo C).

I farmaci che ci sono possono essere attivi o non attivi in relazione al momento in cui si inizia

l’assunzione: se io l’inizio il primo giorno dei sintomi ha un senso, altrimenti no. Ovviamente

questo tipo di trattamento non è che deve essere effettuato ogni volta che una persona ha

un’influenza, ma deve essere effettuato nei casi di virus letale (questi farmaci sono farmaci che si

comprano, non sono ovviamente passabili).

Un ruolo importante però non è soltanto dell’antigene, ma anche del recettore su cui si va a legare

l’antigene di superficie, l’emoagglutinina, perché induce un cambio nella membrana. Una cosa

importante è che questi recettori sono di vari tipi: il virus che infetta gli animali ha un trofismo per i

recettori alfa 2-3 e invece il virus che infetta l’uomo ha un trofismo per i recettori alfa 2-6. Però il

suino presenta entrambi i recettori; vi dico questo perché sicuramente voi avete sentito che questo

virus ha la capacità di fare un salto di specie, di infettare l’animale e dunque dall’animale

l’infezione può essere trasmessa all’uomo…l’uomo può prendere un virus che è un virus aviario,

che quindi ha bisogno di recettori alfa2-3, per cui io non riesco ad avere la malattia, ho preso il

virus dal bestiame, dai polli, dalle anatre, dagli uccelli selvatici ma non sviluppo malattia. Se però

questo virus è stato preso da un maiale, il maiale, che ha tutti i tipi di recettore, riesce poi a

trasmettermi un virus riassemblato che mi dà malattia e quindi abbiamo possibilità di epidemie e

pandemie. È dunque importante ricordarsi che i recettori hanno un ruolo fondamentale.

Il virus influenzale non è soltanto negli animali, nei mammiferi, è anche negli uccelli, nel pollame,

nell’uomo ed anche in mammiferi marini (questi ultimi hanno la peculiarità di indurre in alcuni casi

la malattia).

Cerchiamo di capire un secondo qual è il meccanismo del drift presente in tutti e tre i tipi e quello

dello shift che è presente solo nel tipo A.

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• il DRIFT è in realtà la cosa più banale che ci possa essere: è una mutazione, quindi è una cosa che

avviene normalmente a livello del genoma e che viene trasmessa. Ovviamente la mutazione deve

andare a coinvolgere quello che dà la possibilità di indurre patogenesi, quindi andrà a coinvolgere

principalmente la neuroaminidasi e l’emoagglutinina.

• Nel concetto del riassortimento genico (che si osserva nel meccanismo di SHIFT), che abbiamo

nel tipo A, si creano pandemie soprattutto perché si uniscono due virus, due virus che possono

infettare serbatoi e specie animali diverse e poi dare malattia nell’uomo anche in modo occasionale.

Questo è il concetto dello shift: abbiamo due virus con genoma differente che vanno ad infettare

una cellula ospite e nella cellula ospite si realizza il riassortimento genico, dunque abbiamo un

nuovo virus, nuovo virus che di norma si ha ogni 10 anni (quindi c’è una certa periodicità).

Considerando che abbiamo tanti sottotipi di neuroaminidasi 16 e 9, ovviamente le associazioni

possono essere maggiori, diverse, tantissime, considerando che si vanno ad associare le

neuroaminidasi umane insieme alle neuroaminidasi dell’animale nei nuovi virus.

Per avere malattia nell’uomo, devo avere un virus come è successo nella Spagnola, quindi H2N1,

che andava dal pollame, dalle anatre, a dare malattia nell’uomo; nel tempo, ci sono stati questi due

ceppi virali che si sono andati ad unire (quindi abbiamo avuto un riassemblaggio), e davano malattia

nell’uomo. Sono tutti virus che danno morte.

La stessa cosa con l’H2N2 di Hong Kong, la stessa cosa con qualsiasi famiglia che verrà.

Ovviamente, io posso avere anche un virus già riassemblato che si riassembla di nuovo con un altro

virus, quindi veramente le reazioni possono essere molteplici.

Di norma, il serbatoi principale, per questa questione dei recettori, è il maiale. Occasionalmente si

può avere il trasporto da pollame all’uomo. Nel maiale posso avere più riassemblaggi; abbiamo

detto che possono riassemblarsi il virus influenzale del maiale col virus aviario e dare poi un virus

attivo nell’uomo. Però ovviamente il tipo di malattia è altamente variabile (non è detto che si tratti

di una malattia letale), dipende sempre dai fattori di virulenza del virus. Quindi è a punto

interrogativo l’entità del danno.

Come ogni virus, anche il virus influenzale ha un tropismo: il tropismo principale è per il polmone e

per il cervello.

Abbiamo detto che vi è una contagiosità elevata, per cui sicuramente un fattore e fa scatenare quelle

che sono le epidemie è sicuramente la densità di popolazione; se vivo in una comunità chiusa, il

rischio di trasmissione è maggiore (voi vi infettate facilmente in aula quando avete l’influenza).

C’è il problema di chi vive con gli animali; ovviamente queste sono le prime persone che possono

prendere l’infezione e poi trasmetterla. Sono quelle persone che vengono ad essere vaccinate

sempre (la realtà italiana di chi vive con gli animali è diversa da quella cinese per esempio; i cinesi

ci dormono con gli animali. All’epoca anche in Italia si ritrovavano galline nel cortile, le masserie

con dentro soltanto un animale, i bambini giocavano con i pulcini…ecc. ecc. ecc.). Non sono a

rischio soltanto coloro che crescono gli animali, ma anche coloro che li uccidono; ovviamente nei

mattatoi c’è questo rischio (rischio di trasmissione del virus influenzale ma anche rischio di

trasmissione di Brucella).

La trasmissione ovviamente avviene per via aerea.

Come vi dicevo, c’è una certa periodicità in quelle che sono le variabili shift e drift: di norma, noi

abbiamo sempre delle pandemie quasi ogni 3-4 anni, con dei picchi poi importanti di pandemia,

quindi sono quelle in cui abbiamo l’antigene shift, quasi ogni 10 anni (si tratta di un intervallo più o

meno stabile, a volte può essere più accelerato anche per comparsa di nuovi virus).

Quindi il virus cosa fa: arriva nell’epitelio, penetra nelle cellule e inizia un suo primo ciclo

replicativo, poi viene ad essere liberato per gemmazione con formazione anche di nuovi virus. Per

evitare che la malattia diventi una malattia grave possiamo bloccare tutto prima di farlo replicare,

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ossia facendo il vaccino a soggetti a rischio (cardiopatici, pazienti con BPCO, con fibrosi cistica,

tutti i pazienti con immunodeficit).

E poi ricordiamoci che non è soltanto il virus influenzale che può complicare con una polmonite,

ma ci sono tanti altri virus che possono e anche non virus che possono avere un ruolo fondamentale

nelle infezioni delle vie aeree.

Vi faccio presente che c’è il Coronavirus, il virus isolato nell’ultima epidemia, si pensava fosse un

virus influenzale poi si scoprì che era un Coronavirus…quindi anche questo ci fa capire che c’è

qualcosa in più che dobbiamo indagare.

Il tratto respiratorio sappiamo che si divide in tratto respiratorio superiore ed inferiore, una malattia

del tratto respiratorio superiore può complicarsi per contiguità e dare infezione anche al tratto

inferiore (e quindi evolvere in bronchiolite e polmonite).

Il Rhinovirus di norma colpisce i bambini e dà prevalentemente rinite. Raramente può evolvere in

faringite.

I virus parainfluenzali possono dare da una rinite fino quasi ad una polmonite se complicano.

L’H. Influenzae può dare qualsiasi cosa come intensità e gravità, simile al virus influenzale.

Quindi quando uno dice “c’ho l’influenza!” non è detto che abbia l’influenza, potrebbe avere un

altro di questi virus, quindi mi aiutano quelle che sono le caratteristiche virali e la stagionalità (i

virus parainfluenzali li puoi trovare anche in primavera).

I bambini si ammalano frequentemente con i Rhinovirus ed hanno laringite con tosse, col

Parainfluenzale e col virus respiratorio sinciziale che nei bambini dà bronchiolite.

La pertosse dà da una tracheite ad una polmonite e l’H. Influenzae, che può essere presente in tutte

le fasce di età, prevalentemente in bambini e anziani, ovviamente dà spesso complicanze (meningiti,

endocarditi).

Tutto questo stimola il sistema immunitario; stimola in una prima fase l’attivazione dell’immunità

innata (poiché inizialmente come sintomatologia abbiamo febbre elevata, a 39-40 °C),

successivamente abbiamo il richiamo di interferon e quindi, con l’evoluzione della malattia verso

una forma più importante, abbiamo l’attivazione dell’immunità adattativa, con lo stimolo delle

citochine, dei T-helper e dei macrofagi, perché anche se io ho avuto l’influenza, alcuni anticorpi di

memoria ce li ho, quindi alcuni anticorpi possono in un certo modo neutralizzare la malattia o la

gravità della malattia. La cosa fondamentale è l’attivazione dei geni degli interferon.

Nella fase iniziale di malattia, abbiamo una prima replicazione, quindi la carica virale è a picco a

livello circolatorio e poi abbiamo subito lo stimolo dell’interferon. Dopo circa 8 giorni, iniziamo ad

avere una determinazione abbastanza buona di quelli che sono gli anticorpi per la neuroaminidasi e

gli anticorpi neutralizzanti. Il pacchetto degli interferon attivati, essendo un virus molto particolare,

di norma riesce ad attivare come abbiamo detto prima l’immunità innata poi l’adattativa, quindi può

attivare le cellule NK, i linfociti e in relazione alle cellule che tu attivi, si ha attivazione del

complesso dell’interferon 1, dell’interferon 2 e dell’interferon 3 (le varie cascate di interferone che

tu vai ad attivare dovete ricordarvi che attivano degli altri geni fondamentali per la risposta).

L’interferon gamma viene attivato difficilmente, ed è quello che viene attivato anche dai PMN

(tutto questo lo vedrete col prof. De Palma).

Cerchiamo di capire com’è che posso fare diagnosi. La diagnosi dell’infezione delle vie aeree, sia

nei bambini che negli adulti, la posso fare principalmente con la sintomatologia e vedete come la

frequenza dei sintomi non è tantissimo diversa tra i vari virus; la febbre è presente in tutti, nel

Rhinovirus la febbre è moderata e scompare in una sola giornata, mentre la tosse non c’è quasi

(perché raramente abbiamo un interessamento polmonare), quindi questo virus si riesce ad

etichettare meglio. Rhinovirus colpisce prevalentemente l’età non adulta e non anziana, però poi

negli studi fatti su broncoaspirati, su broncolavaggi, su secrezioni naso-faringee, non è che

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riusciamo sempre a sapere la nostra eziologia; c’è di norma un 50% in cui non arrivi ad una

diagnosi.

Come si esegue l’esame in un bambino? Ovviamente il virus si trova nelle particelle, si trova nelle

secrezioni nasali, si può trovare (in caso di polmonite) nel broncoaspirato, nel broncolavaggio,

nell’escreato, però insomma sono manovre che si fanno se hai una polmonite grave, se hai una

bronchiolite grave, quindi non si tratta di manovre da eseguire sempre per etichettare

l’eziologia…solo quando ti trovi in un caso grave (non è che in ogni polmonite fai un

broncolavaggio…una cattiveria!!!). Nel bambino procedi mettendo l’acqua nel naso e

raccogliendola, quindi sciacqui il naso e prendi le secrezioni.

A questo punto si possono fare tutte le ricerche possibili, con una PCR virale dei vari virus, quindi

andando a cercare il DNA o l’RNA (Adenovirus, Cocxaskie, Influenzali, Rhinovirus, Virus

Respiratorio Sinciziale – che è molto importante-, ecc.).

Poi c’è un’altra casistica che puoi andare a valutare, che è quella diciamo della malattia, ossia vai a

valutare qual è la frequenza di asma, di bonchiolite. Ovviamente bisogna valutare se il paziente è

allergico (anche gli allergici vanno profilassati).

I nuovi virus che da una decina di anni hanno un ruolo importante sono il Virus Respiratorio

Sinciziale e gli Adenovirus; nel periodo invernale ed anche primaverile abbiamo la prevalenza del

Respiratorio Sinciziale (nelle bronchioliti), ed anche il Coronavirus.

POLMONITI

Com’è fatto il polmone lo sapete…ricordatevi l’anatomia, ricordatevi gli organi contigui, ricordate

l’importanza di gabbia toracica e muscolatura per la respirazione. Come abbiamo detto, se io ho

un’infezione alle alte vie aeree essa può diffondere, abbiamo visto che questi virus vanno a livello

delle cellule epiteliali, si replicano, vanno in circolo ed in circolo possono dare anche una sepsi.

Possiamo avere complicanze batteriche(abbiamo visto con l’endocardite), quindi non parliamo solo

di virus, ma anche di batteri; possiamo avere un embolo che va a localizzarsi a livello polmonare,

possiamo avere un’ischemia polmonare, possiamo avere la formazione di ascessi polmonari e tutte

patologie che anche per contiguità (come abbiamo visto nel caso dell’amebiasi), possono dare

sviluppo di polmonite.

La definizione di polmonite, visto che finisce in –ite, consiste nell’infiammazione del tessuto

polmonare dovuta a patogeni (batteri, virus, funghi) che vanno ad alterare il normale epitelio.

Posso avere, da una semplice tracheite o bronchiolite, l’interessamento dell’alveolo, struttura a

livello della quale avvengono gli scambi, per cui se l’alveolo è “preso” gli scambi vengono alterati e

quindi come complicanza di quella che era un’infezione da virus influenzale posso avere un distress

respiratorio acuto.

Le polmoniti vengono ad essere ben etichettate in POLMONITE DI COMUNITÀ, che è quella

acquisita in comunità, non in ospedale(quindi già presente quando il paziente viene ricoverato),

ovviamente questo già ci fa capire che si tratta di patogeni diversi. Insorge dopo 72 h

dall’ospedalizzazione ed hanno un periodo di incubazione che si verifica durante

l’ospedalizzazione. Ovviamente è importante sapere se il paziente è venuto in ospedale prima o

dopo i ricovero. Di norma il bambino ma anche l’adulto prima stava bene e poi ha sviluppato la

sintomatologia. Le cause sono varie; da un punto di vista epidemiologico, gli anziani sono quelli

maggiormente colpiti (ancora adesso per polmonite si muore, perché non si riesce ad isolare il

patogeno, perché non si riesce ad attuare la terapia in tempo, e soprattutto in un anziano o in un

immunodefedato o in un neonato si può incorrere nel decesso).

Il problema di una polmonite ad eziologia virale è che il virus prepara il substrato per una

sovrainfezione batterica; nel polmone ci sono di norma dei batteri, che però in questo caso hanno un

ingresso facilitato e quindi danno malattia (quanto più è piccolo il bambino tanto più si avrà un’alta

incidenza di casi).

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Nel bambino, la polmonite è principalmente ad eziologia virale e, come dicevo, anche le forme

miste possono essere presenti vista la predisposizione del tessuto all’infezione. Sicuramente nei

neonati l’agente eziologico più coinvolto è lo Streptococco di gruppo B e nei lattanti tra i 2 ed i 6

mesi sono il Virus Respiratorio Sinciziale, i virus Influenzali e Parainfluenzali; come batteri

troviamo l’H. influenzae, lo Streptococco pneumoniae e lo Stafilococco aureus. E poi c’è la

polmonite da Clamydia thracomatis, che può trasmettersi dalla madre al neonato durante il

passaggio attraverso il canale del parto. Nel bambino un po’ più grande, fino a 5 anni, abbiamo un

altro tipo di virus, gli Adenovirus (più di 40-50 sierotipi che possono dare sintomatologie

completamente diverse – da gastroenteriti a infezioni delle vie urinarie, a meningiti, ad encefaliti, a

congiuntiviti, ecc.), inoltre a 5 anni comincia a comparire K. Pneumoniae, poi troviamo

Mycoplasma, Streptococchi.

La via di trasmissione ovviamente è quella aerea o per via ematica, abbiamo detto che dalle prime

vie aeree il patogeno può diffondere…

Per quanto riguarda la classificazione, le polmoniti possono essere classificate in modo diverso, in

base all’agente eziologico, in base al quadro anatomo-patologico del polmone ed in base

all’epidemiologia.

Per quanto riguarda l’eziologia, sono coinvolti Batteri, Virus, Miceti e Protozoi (vi sono alcuni

protozoi, come l’Anchilostoma, che vanno a terminare il ciclo replicativo a livello polmonare; le

larve salgono a livello polmonare, giungono a livello alveolare ove maturano, ripercorrono la

trachea e ritornano quindi nell’apparato gastrointestinale. Nel frattempo, possono danneggiare il

tessuto polmonare, facilitando anche sovrainfezioni).

Da un punto di vista anatomo-patologico, di norma noi distinguiamo polmoniti:

- Alveolari: l’essudato e la flogosi si localizzano a livello dell’alveolo, di conseguenza posso

avere un focolaio a livello di un lobo o di un segmento di lobo oppure posso avere

l’interessamento dell’intero parenchima. Le polmoniti alveolari si caratterizzano per il

presentare più fasi: essudativa → epatizzazione rossa → epatizzazione grigia → risoluzione.

- Interstiziali: la flogosi si localizza nell’interstizio

- Necrotizzanti: si vengono a creare dei veri e propri ascessi, è quella che viene anche

definita ab ingestis.

Di norma i batteri danno polmoniti alveolari; i batteri intracellulari danno forme interstiziali

(Clamydia, Micoplasma, Pneumococco, Coxiella), esattamente come i virus. È possibile identificare

un patogeno peculiare, Legionella, che è capace di dare sia polmoniti interstiziali che polmoniti

alveolari, in relazione alla patogenesi; la patologia causata da Legionella è una patologia

professionale, è un patogeno che si localizza nei condizionatori, che vanno puliti almeno una volta

all’anno, nelle acque (controllate a livello ospedaliero).

Clinicamente abbiamo delle differenze:

abbiamo un esordio brusco, con febbre elevata, brividi nella forma alveolare, mentre quella

interstiziale ha un decorso un po’ più subdolo, con cefalea, rinite, congiuntivite. La tosse è

peculiare; il paziente ha la tosse per tanto tempo, anche quando risolve l’infezione. Si tratta di una

tosse continua, stizzosa, non produttiva, ed alla fine è l’unico fastidio che ha poiché la febbre dopo

l’antibiotico scompare. Bisogna però considerare una cosa importante: se sono patogeni

intracellulari, io devo entrare nella cellula col farmaco, altrimenti non funziona. Se io vado dal

medico di base, i primi antibiotici che si danno sono le penicilline, se una persona ha una BPCO

cronica si danno le cefalosporine, per cui c’è una certa cultura nella gestione domiciliare di queste

patologie. Quindi quando l’infezione va avanti, io mi trovo con un paziente che ha già fatto

trattamenti.

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In più la questione dell’espettorato è fondamentale, perché possiamo chiedere al paziente di che

colore è l’espettorato (P. aeruginosa → espettorato a gelatina di lampone; S. pneumoniae →

espettorato rugginoso; S. aureus → espettorato emorragico; H. influenzae → espettorato purulento).

Altra cosa importante è il DOLORE TORACICO, differente dal dolore retrosternale; nella

polmonite alveolare, il paziente andrà a localizzare il dolore toracico precisamente dov’è la zona di

infiammazione. Come possiamo esserne sicuri? Facendo effettuare al paziente una radiografia.

Altra cosa importante: le alveolari hanno un corteo di sintomi che ci aiutano, come ad esempio la

comparsa di herpes labiale, di disidratazione del paziente che appunto ha questa febbre elevata con

inappetenza, di tachipnea. Le alveolari sono decisamente più pericolose delle interstiziali, perché se

non avvengo bene gli scambi gassosi il paziente va in cianosi e dalla cianosi posso avere

direttamente uno shock settico.

Caratteristico è l’esame obiettivo, con la presenza di: ↑ fvt, ipomobilità dellemitorace interessato,

crepitii, soffio bronchiale ed in alcuni casi sfregamento pleurico. Da un punto di vista di laboratorio,

possiamo sicuramente trovare leucocitosi con ↑ neutrofili ed ↑ VES

Nelle polmoniti interstiziali invece rileviamo i rantoli crepitanti, che differisce dal crepitio visto che

quest’ultimo è prodotto dall’apertura dell’alveolo ove c’è l’essudato; si ha murmure vescicolare

aspro, che però si può rilevare anche in altre patologie, per cui non è il murmure che ci fa fare

diagnosi. Da un punto di vista di laboratorio, i leucociti possono essere normali o diminuiti poiché

si tratta di patogeni intracellulari che vanno a stimolare diversamente il sistema immunitario, la

VES in genere è nei limiti.

Altra considerazione è questa: nelle forme alveolari, andremo a vedere che ci possono essere dei

casi con addensamento localizzato precisamente nel lobo, mentre nelle interstiziali si ha un

addensamento spesso monolaterale a livello del distretto interstiziale dei lobi inferiori, con

accentuazione diffusa della trama e visualizzazione del “reticolo a vetro smerigliato”, anche detto a

nido d’ape. (una localizzazione a livello del lobo medio deve essere identificata mediante

radiografia laterale).

Rimane la polmonite necrotizzante da definire, che di norma è causata da batteri anaerobi (S.

aureus, Clebsielle, Pseudomonas), però spesso l’origine è mista; può essere conseguenza di un ab

ingestis (pazienti con convulsioni, pazienti che non hanno il controllo della muscolatura esofagea,

pazienti con acalasia). I fattori di rischio sono gli stessi: alcuni tumori possono sovrainfettarsi, le

caverne (tubercolari) possono sovrainfettarsi senza avere riattivazione della tubercolosi. L’esordio è

subdolo, come nell’interstiziale, con febbricola, tosse e dolore toracico, anoressia e calo ponderale.

Da un punto di vista radiologico, di norma i segmenti coinvolti sono ai lobi inferiori, con evidenti

aree di necrosi.

Vi è un altro concetto di polmoniti, oltre a quelle acquisite in comunità, che sarebbe quello delle

POLMONITI NOSOCOMIALI, acquisite in ambiente ospedaliero ed associate alla ventilazione

meccanica. Le polmoniti nosocomiali sono quelle gravi; di norma sono necotizzanti, se non si riesce

ad avere una terapia mirata, il paziente muore.

C’è un altro complesso di polmoniti che inizia ad avere un ruolo fondamentale: le POLMONITI

ACQUISITE NEGLI HEALT-CARE. Nel reparto di Healt-care normalmente sei ricoverato per due

giorni e nei 90 giorni precedenti all’infezione. Ovviamente, nei pazienti che hanno ferite (ad

esempio anche chi fa dialisi) la polmonite si manifesterà prima perché presentano una via di

ingresso.

Vi sono inoltre quelle del PAZIENTE IMMUNODEPRESSO: paziente con ↓ CD4, oppure paziente

neutropenico, con ↓ neutrofili (meno di 500), a rischio di infezioni batteriche. C’è una terapia che si

fa per le epatiti a base di interferone, interferone che riduce i neutrofili e quindi ci sono a volte in

questi pazienti indicazioni ad assumere fattori di crescita. Per esempio vi sono alcuni farmaci

chemioterapici che abbattono le difese immunitarie. Inoltre, i trapiantati utilizzano

immunosoppressori, dunque hanno difese immunitarie molto basse. In questi casi sarebbe

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opportuno procedere con una profilassi sia per funghi sia per patogeni che potrebbero essere

opportunisti, profilassi da seguire nel tempo, poiché il paziente che ha difese immunitarie basse può

non sviluppare febbre (può avere 37°C, che comunque sarebbero come 40°C). Prima di iniziare la

terapia è comunque opportuno eseguire un’emocoltura.

In ogni caso io devo capire perché il paziente ha ad esempio una polmonite necrotizzante, poiché la

causa potrebbe essere un tumore polmonare od una metastasi polmonare che può sovrainfettarsi.

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Malattie Infettive

Lezione del 09-05-2014

Prof. Pasquale

Herpes Virus

(I primissimi istanti della registrazione sono indecifrabili, il registratore non era ancora stato piazzato nel

migliore dei modi)

Ad ogni famiglia di Herpes Virus umani corrisponde un certo tipo di sintomatologia, variabile da virus a

virus. Una delle caratteristiche dei virus erpetici è che tutti sono a DNA, quindi richiedono l’attività della

DNA-polimerasi. Di conseguenza i farmaci antivirali che bloccano la sintesi del DNA virale impediscono la

riproduzione del virus; questi farmaci sono l’aciclovir, il valaciclovir, poi il famciclovir (quest’ultimo a

differenza degli altri blocca la transcrittasi inversa). Sono farmaci di uso facile, anche uno studente di

medicina del quarto anno può con ragionevole sicurezza darli senza uccidere il paziente, per la semplice

ragione che si tratta di farmaci che agiscono soltanto nelle cellule che ospitano il virus, non attaccano le

cellule normali. Quindi sono farmaci di grande sicurezza farmacologica e anche di grande efficacia

terapeutica ed agiscono bloccando l’allungamento del DNA con meccanismi di competizione. Un’altra

caratteristica dei virus erpetici è quella di dare un’infezione PRIMARIA, che si verifica in soggetti che non

sono protetti dagli anticorpi perché è il primo contatto che il virus ha con l’organismo umano e di

conseguenza la diagnosi di infezione in atto si fa ricercando gli anticorpi della classe IgM contro gli antigeni

virali, seguita da uno stato di QUIESCENZA, in seguito al quale si potrebbe poi verificare una RECIDIVA o

ricorrenza. La ricorrenza è possibile, non obbligatoria, e le espressioni cliniche possono essere uguali alla

precedente infezione, quella primaria, ma possono anche essere differenti da questa. Un esempio classico è

quello del virus VZ il quale, come infezione primaria, da la varicella e poi, dopo la manifestazione clinica e la

guarigione, attraverso gli assoni si va a nascondere a livello dei gangli spinali. Le condizioni fisiologiche o

fisiopatologiche che facilitano o condizionano o predispongono ad una ricorrenza o recidiva sono tutte

quelle che determinano immunodepressione. Finchè il soggetto è immunocompetente il virus se ne resta

quiescente nelle cellule in cui si è nascosto; quando si instaura un’immunodepressione, che può essere

causata da vecchiaia, raggi UV, terapie immunodeprimenti quali uso protratto di cortisone, chemioterapici

o anche immunosoppressori come nei trapiantati, anche alcune patologie sono di per sé

immunodeprimenti come ad esempio la cirrosi epatica, si può avere la recidiva o la ricorrenza. Nel caso del

virus VZ la prima manifestazione clinica è la varicella, ma dopo, quando si risveglia, il virus dai gangli spinali

fa marcia indietro, torna alla cute, dando però l’Herpes Zoster che è una malattia completamente

differente dalla varicella, anche se la può simulare nella forma generalizzata che si chiama infezione

varicelliforme di Kaposi, che si riscontra nei pazienti immunodepressi.

Il virus HV-1 dà la gengivostomatite, la cheratocongiuntivite, l’herpes labiale cutaneo oppure l’herpes

genitale. L’HV-1 esiste in due ceppi: V-1 e V-2. Il V-1 da patologia prevalentemente a carico del soma

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superiore, il V2 da invece le forme genitali, ossia la balanite erpetica, la vulvovaginite erpetica, etc.

Ovviamente è solo una questione di probabilità, il V2 potrebbe anche dare gengivostomatite e viceversa.

Il virus può dare paralisi a livello facciale ed encefaliti (il virus erpetico è quello che più frequentemente può

dare encefaliti). In epoca pre-aciclovir la mortalità da encefalite erpetica era del 70%; con l’introduzione

dell’aciclovir per via endovenosa la mortalità è scesa al 20%.

Un’altra caratteristica è che i virus erpetico V1 e V2 ed il virus VZ danno come lesione elementare la

vescicola, cioè questa formazione rotondeggiante a contenuto sieroso che si forma in sede intraepidermica.

Nel caso dell’herpes zoster in genere si hanno dei grappoli di vescicole su una base eritematosa, sono

pruriginose e poi tendono all’essicamento; se ci si gratta con le unghie sporche si può avere un fenomeno

che si chiama impetiginizzazione, significa superinfezione,batterica ovviamente, di una lesione bollosa della

cute.

Nei pazienti immunodepressi HV1 può dare anche esofagite, epatite o polmonite; esistono forme

gravissime di malattia erpetica disseminata o viscerale. HV2, che pure appartiene agli alfa herpes virus, può

dare invece l’herpes genitale, cutaneo, labiale, quello neonatale, la meningoencefalite erpetica. Siamo

nell’ambito dei virus erpetici simplex, alfa herpes virinae, e questa è la sintomatologia di cui sono

responsabili.

Il virus VZ è HV-3 e dà come infezione primaria la varicella, come ricorrenza l’ herpes zoster; anche la

varicella può dare encefalite.

Veniamo poi ai gamma herpes virus. HV4 (virus di Epstein-Barr) dà la mononucleosi infettiva e può essere

responsabile anche di patologie neoplastiche come il linfoma di Burkitt, il linfoma cerebrale primitivo (nei

pazienti che hanno infezione da HIV), il linfoma immunoblastico e il carcinoma rinofaringeo, che è

frequente nelle popolazioni asiatiche. Nel soggetto immunocompromesso dà una sindrome

linfoproliferativa mono o policlonale e la leucoplachia.

Dei virus epatitici quali sono quelli oncogenici? B e C. L’unico virus epatitico per il quale noi possiamo

prevenire l’oncogenesi è il virus B, grazie ovviamente al vaccino.

Abbiamo ancora un altro virus erpetico, il citomegalovirus, che è HV5 ed appartiene ai beta herpes virus, il

quale dà la malattia citomegalica, può dare anche un’epatite o una sindrome simil-nucleosica. Nel soggetto

con AIDS il virus citomegalico può dare una corio retinite che può portare fino alla cecità. L’encefalite da

citomegalovirus esiste, così come esiste poi un complesso di disturbi dell’apparato digerente che vanno

dall’esofagite alla colite, poi polmonite e surrenalite, poiché il virus citomegalico è ubiquitario, dovunque

arriva fa diventare grande la cellula epiteliale con formazione di corpi inclusi intranucleari.

Poi abbiamo il virus HV6 che appartiene ai beta herpes virus e può dare esantema subito, ma anche otite,

meningite, meningoencefalite, epatite, etc. Quindi sono virus che danno talvolta sintomatologie

sovrapponibili. E nei soggetti immunocompromessi encefalite e poi morte.

Poi abbiamo anche il virus associato al sarcoma di Kaposi, che è il virus HV8, e il virus HV7 che da esantema

subito. I più importanti sono HV1,HV2,HV3,HV4 e virus citomegalico, quelli di cui ci interessiamo in maniera

più particolareggiata.

Virus erpetici, in particolare il simplex, hanno una grande diffusione ambientale. Tanti animali possono

essere interessati da questi virus: topo, tartaruga, pesci, etc.

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Ricapitolando abbiamo una fase primaria clinicamente manifesta in soggetti che non posseggono anticorpi,

poi la fase di latenza di durata indeterminata e poi le ricorrenze o recidive causate da tutte quelle cause che

danno immunodepressione.

HSV1 possono essere isolati dall’orofaringe, dalle lesione cutanee e dall’encefalo negli adulti con encefalite.

HSV2 può essere isolato dai genitali, dalle lesioni cutanee della parte inferiore del corpo e anche

dall’encefalo. La diagnosi di malattia è principalmente clinica e per quanto concerne il laboratorio si

ricercano gli anticorpi della classe IgM contro i virus erpetici. Sono virus a simmetria icosaedrica,

rivestimento esterno a base di lipidi, dimensioni simili fra tutti i virus e l’acido nucleinico è il DNA.

Nell’ospite recettivo il contagio avviene per via cutanea o per via mucosa e il virus si replica a livello

epiteliale o mucoso dando la manifestazione clinica o subclinica; in seguito vi è una viremia e l’invasione

delle fibre nervose superficiali con il virus che viaggia negli assoni dei nervi sensitivi e raggiunge i gangli

corrispondenti. Questo capita sia per l’Herpes Simplex che per il virus VZ. Si ha quindi una fase latente nei

neuroni e poi segue la riattivazione per varie cause: febbre, traumi, chirurgia, intossicazioni, tutte situazioni

immunodeprimenti. I virus ripercorrono in maniera centrifuga gli assoni per raggiungere di nuovo l’epitelio

della cute e dare le recidive. Il primum movens è il contatto cute-cute o anche, nel caso del HSV2, mucosa-

mucosa per via sessuale.

Una modalità di infezione del virus HSV2 può essere il passaggio nel neonato attraverso il canale del parto,

molto importante perché si possono avere encefaliti in seguito a contagio avvenuta in questa occasione.

Le cellule dell’epidermide interessate dalle vescicole sono quelle dello strato spinoso, vi può essere

l’acantolisi (acanto significa spina) di queste cellule e si ha quindi infezione citolitica, la cellula muore, e si

forma dunque un vuoto che corrisponde al contenuto della vescicola. Essendo una bollicina che si forma

abbiamo una base e un tetto. Il tetto corrisponde all’epitelio cheratinizzato squamoso dell’epidermide e la

base le cellule dello strato malpighiano che vanno incontro a degenerazione e rigonfiamento. Questo

avviene non solo a livello della cute, ma anche a livello delle mucose.

Le vescicole vanno incontro a rottura, quindi la diagnosi di un’infezione erpetica a livello genitale non è

obbligatorio che venga fatta vedendo le vescicole, basta anche l’osservazione, e forse è più frequente, di

un’ulcerazione, una disepitelializzazione, che vi deve far pensare che ci sia un’infezione erpetica, proprio

perché le vescicole si rompono e si possono super infettare. Se nei pressi dell’ ulcera trovate qualche

vescicola, questa è una spia clinica per farvi capire che dove c’è l’ulcera prima c’era il grappolo di vescicole.

Il bambino che ha una gengivostomatite erpetica è un bambino che soffre, ha febbre alta, non può

inghiottire e quindi difficoltà ad alimentarsi. Oltre alle gengive, anche la lingua e la mucosa orale sono

interessate dall’ iperemia e dalla formazione di vescicole, che rendono dolorosa la masticazione. Questa è

la sintomatologia della gengivostomatite erpetica.

Lo stesso bambino in via di guarigione sta un po’ meglio. Sono rimaste delle chiazzette eritematose, un po’

di vescicole, anche a livello del collo (non bisogna pensare che l’herpes sia soltanto periorifiziale, può anche

essere lontano dagli orifizi). Quando vedete una lingua impaniata dovete sospettare anche una candida nel

cavo orale. Le vescicole erpetiche del palato, se sono prevalentemente a livello anteriore, quindi palato

duro, devono far pensare all’herpes simplex; se invece le vescicole sono prevalentemente posteriori

bisogna pensare al virus coxsackie, che può dare uno stomatite virale con delle bollicine nella parte

posteriore del palato, quindi palato molle. Non sempre è facile distinguerle, però visto che siamo sempre in

ambito virale, la terapia non è che sia poi tanto differente, il farmaco è sempre lo stesso.

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L’ infezione erpetica può interessare anche altri organi; ad esempio si può avere una congiuntivite

follicolare con edema palpebrale, vescicole sulle palpebre da HSV1, opacità corneale, questa è una

cheratocongiuntivite erpetica.

Il patereccio erpetico può interessare i medici o gli infermieri che vengono a contatto con i malati. Un

dentista che non mette i guanti, ad esempio, può contagiarsi con la saliva del paziente. Queste vescicole

alle estremità delle dita si chiamano “patereccio erpetico” (normalmente il patereccio è da stafilo-

streptococco). Queste vescicole sono fastidiose, danno prurito,danno dolore.

Non c’è differenza, clinicamente parlando, tra l’infezione primaria e la ricorrente, la ricorrenza è un dato

anamnestico.

Grappolo di vescicole unilaterale potrebbe far pensare anche ad uno Zoster, però nello zoster c’è il dolore;

nell’herpes simplex, invece, ci può essere bruciore, sensazione di fastidio, ma non il dolore urente che è

tipico dell’infezione da herpes zoster, chiamato anche fuoco di Sant’ Antonio.

Un’infezione-infiammazione della gola si chiama herp-angina.

Nei pazienti immunocompromessi vi può essere anche una componente epatica da herpes simplex

disseminato, vi può essere una necrosi con citolisi da virus erpetico.

L’HSV2 dà delle forme prevalentemente genitali; in caso di vulvovaginite erpetica si osserva una cute più o

meno macerata, qualche vescicola che non sempre è evidente, bisogna differenziare dal rush da pannolino,

perché queste espressioni eritematose possono esser dovute al pannolino che rende umido l’ambiente

favorendo anche la candidosi. Il neonato quando attraversa il canale del parto può contagiarsi perché i

genitali della madre vengono in contatto con la mucosa dell’occhio e si può avere anche encefalite erpetica

ed in tal caso può essere preferibile il taglio cesareo. Nel maschio potete avere una balanite o una postite,

in cui anche il prepuzio è interessato dall’eruzione erpetica.

Quindi un herpes genitale può considerarsi una malattia sessualmente trasmessa.

Un’altra forma clinica è il famoso eczema erpetico che può interessare bambini e adulti e consiste in gruppi

di grappoli di vescicole che si sviluppano su una base di eczema. I soggetti con eczema hanno una

particolare recettività, sensibilità, ad un infezione erpetica.

Quando il paziente ha un’encefalite erpetica può andare in coma, può avere un’irritabilità, una sonnolenza

e all’EEG avere delle onde lente. Quindi la diagnosi strumentale di una encefalite erpetica è fattibile, oltre

che con l’esame clinico che consente di sospettare l’encefalite, con un EEG. Il quadro anatomo-patologico

di questa encefalite è lo stesso di quello che si può avere nell’encefalite post-morbillosa. Nella encefalite,

oltre all’iperemia, si avrà un infiltrato di linfociti attorno ai vasi sanguigni, i neuroni infettati con il virus

erpetico potranno essere evidenziati con l’immunofluorescenza, anche se è una pratica piuttosto cruenta

poichè necessita di una biopsia dell’encefalo. Anche nel fegato può essere individuato in questo modo.

Il virus può essere presente nelle vescicole, nella saliva, nel gargarizzato, nel sangue, nel materiale bioptico

e lo si verifica appunto con l’immunofluorescenza o con il microscopio elettronico che evidenzierà l’effetto

citopatico del virus. Tuttavia la sierologia occupa il primo posto per la diagnosi, per motivi di costo e

rapidità e si cercano anticorpi della classe IgM contro antigeni virali. Una volta si facevano due prelievi,

all’inizio e dopo quattro settimane, per vedere se le IgG totali aumentavano di 4 volte, ma questo è un dato

per lo più storico, oggi si ricercano direttamente le IgM per verificare l’infezione in atto.

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Il taglio cesareo è indicato se la gestante ha una vulvovaginite erpetica ed al neonato a rischio si possono

dare anche delle gamma globuline. La vaccinazione non si applica. Nelle infezioni gravi si può dare

l’aciclovir: 10 mg per kg ogni 8 ore per 14 giorni in infusione endovenosa è la posologia della encefalite

erpetica e questo farmaco ha fatto abbassare la mortalità dal 70 al 20 %. Altre vie di somministrazione

dell’aciclovir sono la via orale e la via topica, con le creme che si possono utilizzare nelle forme cutanee e

mucose, anche se hanno un costo esorbitante (si può arrivare a spendere anche 100 euro per curarsi un

herpes labialis). Quando l’herpes è ricorrente, appena ci si accorge del prurito e del fastidio e compaiono le

bollicine si può anche fare una piccola pasta di acqua e bicarbonato ed avere gli stessi effetti. Poi ci sono le

pomate oftalmiche per la cheratocongiuntivite erpetica. Questo per quanto riguarda l’aciclovir (zovirax

nome commerciale).Esistono anche altri prodotti come il valaciclovir (talavir nome commerciale, compresse

da 1 grammo) o il famciclovir (famvir nome commerciale). Questi farmaci accelerano la guarigione però non

prevengono le recidive, che possono essere trattate con gli stessi farmaci. La durata di somministrazione va

dai 5 ai 7 giorni; solo per l’encefalite ci vogliono 2-3 settimane ed in tal caso si da la formulazione

endovenosa.

Una patologia piuttosto frequente che può spaventare chi non la conosce è la mononucleosi infettiva. Può

spaventare perché facendo l’emocromo di una persona che ha la febbre e ha mal di gola, con ghiandole

ingrossate che fanno pensare a leucemie o all’ Hodgkin, si trovano 20.000 globuli bianchi. Chi ha studiato

questa malattia può differenziarla dalla leucemia per delle caratteristiche che sono proprie della

mononucleosi, una malattia nel 99% dei casi benigna. Si tratta di una malattia infettiva acuta a carattere

linfoproliferativo, cioè proliferano i globuli bianchi, e in particolare i linfociti B ed i linfociti T; i neutrofili in

questa malattia non c’entrano. E’ causata dal virus di Epstein-Barr, che ha un particolare tropismo per i

linfociti B, per le cellule epiteliali del faringe, che sono le prime cellule con cui il virus viene a contatto, e per

le cellule delle ghiandole salivari. Questo virus, oltre alla mononucleosi infettiva, può dare anche alcuni

tumori come, ad esempio, il linfoma di Burkitt, che è una neoplasia monoclonale maligna dei linfociti B che

insorge con maggiore frequenza nei pazienti infettati dal virus di Epstein-Barr. I bambini del centro Africa

sono quelli più interessati da questo linfoma. Nella Cina del Sud, invece, i maschi adulti possono avere il

carcinoma nasofaringeo a causa di questo virus. Alcuni identificano nel virus la causa del cosiddetto “nato

stanco”, soggetti che hanno la sindrome da fatica cronica; qualche volta viene incolpato il virus di Epstein-

Barr, qualche volta il citomegalovirus, altre gli adenovirus, non ancora si sa quale sia il virus responsabile.

Può dare anche linfomi di Hodgkin e linfoma cerebrale primitivo nei pazienti con AIDS.

Gli antigeni virali sono l’antigene virocapsidico, che è un antigene strutturale, e noi sfruttiamo gli anticorpi

contro il VCA (antigene virocapsidico) della classe IgM per fare la diagnosi di mononucleosi infettiva. Questa

ricerca ha reso inutile, non più attuale, la sieroagglutinazione di Paul-Bunnel-Davidsohn. Alcuni ricercano

anche gli anticorpi contro l’antigene di membrana, l’antigene precoce, EBNA (Epstein-Barr nuclear antigen).

Questi altri anticorpi hanno meno importanza ai fini di diagnosi di malattia in atto. Al laboratorio è più facile

richiedere questi anticorpi della classe IgM che poi decadono e vengono sostituiti dalle IgG, che non

implicano infezione in atto.

Esisterebbero di questo virus 2 ceppi, A e B. Danno tutti e due la stessa sintomatologia.

Una caratteristica del virus di Epstein-Barr quando ha raggiunto i linfociti B è quella di indurre un fenomeno

che si chiama blastizzazione linfocitaria, che significa che i linfociti B sotto la spinta del virus, che

attiverebbe un fattore di crescita, si moltiplicano notevolmente, per cui abbiamo l’aumento dei globuli

bianchi. Questo fenomeno si chiama anche immortalizzazione dei linfociti B. Se non intervenissero i linfociti

T avremmo una sindrome linfoproliferativa, tipo Burkitt. Invece l’efficacia dei linfociti T, anch’essi

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responsabili dell’aumento nell’emocromo della quota linfocitaria, fa si che si ponga un freno a questa

blastizzazione e il paziente guarisce. I neutrofili nell’emocromo di chi è affetto da mononucleosi infettiva

scendono dal 70% al 20% laddove invece i linfociti dal 20% salgono al 70-80%. In una tonsillite

streptococcica, invece, pure c’è leucocitosi, però i neutrofili salgono all’ 80-90%.

Il virus al microscopio elettronico ha una simmetria cubico-icosaedrica. Dopo che c’è stata la proliferazione

dei linfociti B anche per il virus di Epstein-Barr vi è un periodo di latenza o nei linfociti B o nell’epitelio

faringeo e si può avere una riattivazione nei soggetti con AIDS o sotto l’influsso dei farmaci.

Il virus non è che scompare dalla popolazione, ci saranno i portatori del virus che sono gli “untori” e sono

quelli che continuano ad eliminare il virus soprattutto attraverso le secrezioni salivari, non a caso viene

chiamato “malattia del bacio”. Anche l’uso promiscuo di rossetti, di posate, di stoviglie può facilitare il

contagio. E’ un virus molto diffuso nell’ambiente, tant’è che il 90% degli adulti può avere gli anticorpi

contro di esso. Nei paesi in via di sviluppo è una malattia che interessa anche i primi anni di vita. La

trasmissione può essere oro-faringea, diretta, attraverso la saliva (malattia del bacio) oppure indiretta,

attraverso piatti, bicchieri, posate e rossetto. Il virus può essere eliminato per oltre un anno, anche dopo la

guarigione, attraverso la saliva.

Il virus può essere eliminato per oltre un anno anche dopo la guarigione attraverso la saliva. Dopo la

penetrazione nell'orofaringe, il virus penetra nelle cellule epiteliali che esprimono un recettore da esso

riconosciuto (recettore di C3d del complemento) e si replica fino a determinare la lisi della cellula, questo

prende il nome di ciclo litico dell’orofaringe e al suo termine compaiono gli antigeni dca e antigeni precoci,

questo è un ciclo litico riproduttivo perché il virus si replica nelle cellule dell'epitelio a spese della cellula

epiteliale stessa che muore. Dalla cellula epiteliale il virus arriva ai linfociti B che vengono infettati e NON

uccisi, anzi si moltiplicano indefinitamente secondo il fenomeno della Blastizzazione.

I linfociti B prima interessati sono quelli cervicali, infatti sono tumefatte le linfoghiandole cervicali

posteriori, però anche la milza può essere interessata, le linfoghiandole ascellari, le inguinali, fino a sfociare

in una poliadenopatia generalizzata. Il virus poi dai linfociti B passa un circolo e si ha la diffusione

dell'infezione, in questa fase vi è l'esposizione degli antigeni virali e quindi la montata anticorpale contro

l'antigene precoce contro il late membran antigen e gli anticorpi contro l'antigene virocapsidico. Questi

anticorpi hanno anche una funzione neutralizzante il virus per cui si guarisce dalla mononucleosi sia per

l'attività degli anticorpi sia per l'attività dei linfociti T (non a caso su molti testi trovate scritto che nel corso

della mononucleosi infettiva vi è in corso una guerra civile tra i Linfociti T e i linfociti B), infatti i linfociti T

garantiscono, se attivi, la citolisi dei linfociti B (che contengono il virus ed espongono sulla superficie i suoi

antigeni) e quindi il fenomeno di proliferazione dei linfociti B viene arrestato.

E questa è la sequenza degli eventi che si hanno:

1. Penetrazione e replicazione faringea -> Angina

2. Infezione dei linfociti B della mucosa faringea e dei linfociti locali -> Linfoadenomegalia locale

3. “Immortalizzazione” policlonale dei linfociti B infetti -> Linfocitosi periferica e produzione Ab

eterofili

4. Diffusione ad altri distretti “linfatici” -> Linfoadenomegalia sistemica, epato-splenomegalia

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5. Risposta ai linfociti T citotossici (CD8) -> Virociti o cellule di Downey

6. Guarigione

L’incubazione è di 30-60 giorni.

Le manifestazioni cliniche sono diverse: Abbiamo la faringite o la tonsillite pseudomembranosa tant'è che la

mononucleosi e chiamata anche angina monocitica o linfoadenopatia laterocervicale di Pfeiffer. Poi si ha la

viremia poiché dalla cellula epiteliale il virus arriva ai linfociti B che vanno incontro a blastizzazione e

possono produrre anticorpi non soltanto contro gli antigeni virali ma anche ad esempio quelli contro le

emazie di montone, non si sa perché vengano sintetizzati questi anticorpi eterofili, ma anche degli

autoanticorpi quindi questa eccitazione delle cellule B significa anche iperfunzione, che li spinge alla

produzione di Ab particolari e non fisiologici.

Mentre alcuni di questi anticorpi ci servono solo per la diagnosi, altri anticorpi come quelli eterofili e contro

il VCA (antigene virocapsidico) possono agire contro le piastrine e dare una piastrinopenia oppure una

anemia emolitica; possiamo avere anche un danno renale perchè si possono formare immunocomplessi tra

anticorpi e antigeni renali. Dunque esiste tutta una sintomatologia clinica su base autoanticorpale da

immunocomplessi ma di contro una “facilitazione diagnostica” utilizzando gli anticorpi contro gli antigeni

virali.

Ricapitolando, sono i linfociti B eccitati che danno questi problemi e ciò spinge i linfociti T a reagire contro i

linfociti B dando un freno alla moltiplicazione linfocitica. I linfociti B con il virus presente in essi possono

localizzarsi nel SNC e dare una meningoencefalite o una nevrassite da virus EB. Il linfociti B possono

localizzarsi in altri organi e dare linfoadenomegalia, splenomegalia, epatomegalia con epatite da virus EB

caratterizzata dall'ittero (una normale epatite virale da virus epatitici minori).

Questa la possiamo considerare un po' come una sequenza di eventi: faringite ->splenomegalia ->

linfoadenopatia laterocervicale -> epatomegalia (con una percentuale di frequenza variabile da soggetto a

soggetto).

Nel sangue si trovano le cosiddette cellule di Downey o virociti , un aspetto variopinto dei globuli bianchi al

vetrino, tutti sono diversi l'uno dall'altro; tale reperto è caratteristico e consente di differenziare la

mononucleosi infettiva dalla leucemia linfatica cronica in cui i linfociti sono tutti uguali e si parla di aspetto

tombale.

L'angina pseudomembranosa è caratterizzata poi anche dalla difficoltà alla deglutizione e porterebbe alla

formazione delle pseudomembrane anticipate da un po’ di rossore e se per errore viene somministrata al

paziente ampicillina compare un rush cutaneo importantissimo scatenato dal farmaco nelle infezioni da

virus di EB che non deve essere confuso con una reazione avversa al farmaco.

I linfonodi sono classicamente grandi come un pisello, spostabili, dolenti, morbidi, la cute sovrastante non è

arrossata.

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“Un medico inglese al letto di un paziente che non poteva flettere il capo e che si trovava in uno stato quasi

semicomatoso pensò innocentemente ad una meningite, ma il paziente invece aveva le ghiandole così

tumefatte e dolenti che non poteva muovere il capo.”

Esiste anche una linfoadenopatia periferica con delle forme pseudoappendicolari.

“Amo sempre ricordare il caso di un bambino di 8-9 anni per il quale fui chiamato a consulenza in chirurgia

perchè il bambino aveva una dolorabilità in sede appendicolare, però la mamma più volte aveva

sottolineato ai chirurghi che il bambino oltre alla febbre aveva anche mal di gola ma i chirurghi lo volevano

portare per forza in sala operatoria. La mamma si oppose fermamente, chiedendo di aspettare il risultato

dell’emocromo, nel frattempo arrivai per la consulenza e vidi che la gola era arrossatae che l’appendicite

acuta non si manifestava chiaramente; pensai di chiamare il laboratorio per farmi dire in anticipo i globuli

bianchi, i bianchi totali erano 17000 e questo non poteva aiutarci e quindi chiesi la formula leucocitaria,

80% linfociti e 20% neutrofili, la mamma aveva ragione, era la forma di EB appendicolare e sicuramente non

da operare”.

Anche l’epatite virale acuta può esistere nella forma appendicolare e se non fate le transaminasi potete

sbagliarvi (ma nel dubbio, meglio operare una appendicite acuta che rischiare una peritonite mortale).

Ricapitolando c’è la splenomegalia, la milza è fragile e bisogna fare attenzione a non romperla alla

palpazione, vi può essere modesta epatomegalia con ipertransaminasemia che non è mai elevata come

nell’epatite virale acuta da virus maggiori (non oltre 400) con un ittero misto (possibile ma non frequente),

le manifestazioni cutanee possono essere rappresentate da un rush maculo papuloso come nel morbillo

che aumenta di frequenza in soggetti trattati con ampicillina o amoxicillina per errore.

Nella formula leucocitaria normale, mentre i bianchi totali vanno da 6.000 a 9.000 (da sapere i valori

normali), nella formula leucocitaria della mononucleosi infettiva possono arrivare a superare 10000 fino a

20-30.000 con INVERSIONE della formula leucocitaria (salgono i linfociti rispetto ai neutrofili).

Diapositiva clinica:

cellule di Downey, linfociti alterati nella mononucleosi, citoplasma iperbasofilo, forma variabile, reniforme,

nessun linfocita è uguale all’altro

Si può ancora avere anemia emolitica sostenuta da anticorpi anti-globuli rossi e piastrinopenia da anticorpi

anti-piastrine; nei casi in cui compare anemia può essere utile l’uso del cortisone, farmaco che a seconda

dei dosaggi può esplicare un’azione antiedemigena quindi antinfiammatoria o un’azione

immunosoppressiva, nella mononucleosi infettiva non possiamo utilizzare farmaci immunosoppressivi o a

dosi immunosoppressive sennò blocchiamo l’azione terapeutica dei linfociti T: lo diamo in caso di iperemia,

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difficoltà ad inghiottire, anemia emolitica ecc, perché in questi casi l’azione antinfiammatoria e

antiedemigena può essere salvavita.

“ Un giovane andò in ospedale perché aveva difficoltà ad inghiottire, gli fu dato solo l’antibiotico ed il

giovane è morto per insufficienza respiratoria, se il medico avesse pensato ad una angina da mononucleosi

infettiva particolarmente esagerata, dando 40 mg di (? sicuramente il nome commerciale di un cortisonico)

avrebbe potuto decongestionare laringe e gola e il paziente avrebbe potuto respirare”.

L’antibiotico non serve ovviamente a niente in un’infezione virale come questa, può essere somministrato

solo nel dubbio di una diagnosi streptococcica, ma l’emocromo toglie subito qualsiasi dubbio. Dunque il

cortisone può essere un farmaco salvavita nelle forme particolarmente ostruttive delle prime vie

respiratorie.

Immagini:

- Striscio di sangue con cellule di Downey

- Angina con impossibile passaggio dell’aria (dare cortisone), tipica del bambino che ha una via

anatomica gia’ ridotta

- Angina con pus, ugola edematosa

- Ampie pseudomembrane biancastre, si distaccano e lasciano un po’ di sierosità ematica, una volta

era necessaria la diagnsi differenziale con la difterite, oggi non esiste più, ma in generale sono grigie

e non bianche; (osservate sempre la gola dei pazienti, ad ogni visita, in quanto spesso sono

successive all’arrossamento dei primi giorni).

- Pseudomembrane estremamente estese

- Edema palpebrale, sensazione di occhi gonfi al mattino

- Enantemi del palato e volte petecchie con possibile fuoriuscita di sangue

- Rush cutaneo maculo papuloso che può interessare il tronco nel 4% dei pz (aumenta se si fa uso di

ampicillina)

La DIAGNOSI di mononucleosi la fate in base a: febbre, angina, faringotonsillite, linfadenopatia

laterocervicale posteriore e generalizzata, astenia e dispepsia (quando presenti sono di solito associate alla

componente epatitica), dolenzia addominale, splenomegalia, epatomegalia; fate l’emocromo che vi

restituisce una linfocitosi atipica, il monotest per la ricerca degli anticorpi eterofili verso gli eritrociti di

montone e di cavallo; il test più utilizzato è quello che ricerca gli anticorpi anti-virocapside della classe IgM

che aumentano nella fase acuta e che vengono sostituiti da quelli della classe IgG i quali restano per tutta

la vita.

La TERAPIA si basa su misure sintomatiche, riposo a letto, antibiotici SOLO se si sospetta sovrapposizione da

streptococco, cortisonici per circa sette giorni a dosi scalari in caso di forme febbrili prolungate, di angina

con disfagia e difficoltà respiratoria, di anemia emolitica o porpora da pistrinopenia. Nel dubbio diagnostico

delle forme da streptococco basta fare un emocromo per vedere la neutrofilia.

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LEISHMANIOSI

Malattia dovuta al protozoo del genere Leishmania,è una antropozoonosi che interessa sia i cani che

l’uomo. E’ la malattia infettiva più splenomegalizzante che si conosca, la milza può arrivare fino alla fossa

iliaca sinistra; c’è la febbre, spesso bifasica a due picchi giornalieri detta ad “orecchie di gatto” o ad “M”, il

paziente è anche anemico, perché la splenomegalia comporta anche ipersplenismo e quindi un

abbassamento dei bianchi, una leucopenia e una piastrinopenia; il quadro anemico viene peggiorato

dall’invasione del midollo osseo da parte del protozoo. Il quadro proteico elettroforetico mostra

caratteristicamente una ipergammaglobulinemia.

Ascite e febbre nera sono stadi terminali che nel nostro paese sono praticamente inesistenti, più frequenti

ad esempio in India, dove c’è anche molta denutrizione.

La VES è molto aumentata.

La Leishmaniosi viscerale spesso pone un problema di diagnosi differenziale con un linfoma di Hodgkin e

frequentemente il primo medico a incontrare questa patologia è l’ematologo, nel caso questa patologia

non venga poi riconosciuta, il paziente rischia di rimanere senza cure specifiche per settimane arrivando ad

un grave stato di anemia. Se la malattia viene invece rapidamente riconosciuta, il paziente può guarire

grazie a farmaci molto efficaci quali l’Amfotericina B liposolubile o in sospensione lipidica la quale porta a

guarigione in pochi giorni a differenza dei vecchi pentavalenti (Glucantim?) che ora non sono più utilizzati a

causa di effetti collaterali cardiaci (aritmie).

La zona circumvesuviana,Portici, Ischia, Procida, Maddaloni, Castelvolturno, Casalnuovo, Caserta, sono zone

endemiche di Leishmaniosi, il randagismo fa da serbatoio e la mancanza di politiche efficienti in questo

senso non fanno altro che perpetuare il problema.

Esitono diverse forme, a nnoi interessano prevalentemente la forma viscerale africana ed indiana sostenuta

da L. donovani, e quella del bacino del mediterraneo sostenuta da L. Infantum

Le zone del mondo interessate sono prevalentemente India, Sud-Est asiatico, Africa, Sud America e le coste

del Mediterraneo. Non è una malattia rara, +350 mln di individui sono esposti al rischio ed ogni anno sia

hanno 500.000 nuovi casi. Grave è la coinfezione Leishmania-HIV che richiede un tempo maggiore di durata

terapeutica e che impedisce di cercare gli anticorpi anti-Leishmania che sono utili nella diagnosi.

Negli anni i casi in Campania, grazie ad una maggiore conoscenza medica, sono aumentati fino ad arrivare a

70-90 casi all’anno.

Il protozoo, nella forma di Promastigote, con il flagello, è infettante ed è trasmesso dalla Zecca del cane .

Una volta penetrato nella cute si trasforma in Amastigote, senza il flagello. Quest’ultima forma è quella che

troviamo nei macrofagi quando facciamo il puntato sternale.

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Il Flebotomo è un Dittero ed è l’insetto responsabile della trasmissione della patologia, il protozoo in forma

Promastigote si trova nella bocca e nell’esofago e viene trasmesso con la puntura.

Il serbatoio del protozoo è rappresentato dai cani ed il periodo di maggiore attività del protozoo è tra

giugno e agosto, ma questa patologia può avere un periodo di incubazione notevole, potendosi manifestare

anche la primavera successiva.

L’uomo è comunque un ospite occasionale, nel quale il protozoo si localizza nei fagociti.

Una volta che è stato iniettato in sede cutanea, vi è un accumulo di macrofagi che tentano di difendere

l’organismo nel punto dell’inoculo, dopo la fagocitosi la patologia si può autolimitare (forma cutanea)

oppure il Promastigote riesce a moltiplicarsi nella cellula macrofagica con successiva lisi, liberazione e

disseminazione nel fegato, nella milza e nel sistema reticolo-istiocitario, portando ad una

reticoloendoteliosi sitemica.

La risposta immune è mediata dagli anticorpi anti Leishmania con una attivazione policlonale dei linfociti B

e la liberazione di IL-2, contemporaneamente la liberazione dell’ IFN-γ può determinare la necrosi

dell’amastigote.

La milza è ingrandita, vi sono i follicoli sostituiti da cellule mononucleate parassitate, il fegato è aumentato

di volume e le cellule parassitate sono le cellule di Kuppfer .

Nella cute può esserci moltiplicazione dei macrofagi o una piccola papula che non sempre il paziente vede.

Il protozoo si trova nel midollo osseo, nei linfonodi, nella pelle, nel piccolo intestino; il midollo lo usiamo a

scopo diagnostico per isolare i macrofagi che contengono la Leishmania. L’incubazione va da 2 a 10 mesi, la

febbre è importante, può essere intermittente, una febbricola o a bicuspide.

La splenomegalia è notevole con aumento di dimensioni e consistenza della milza, l’epatomegalia è più

moderata, rara invece la linfoadenomegalia.

Nelle forme più gravi si può avere una ipoalbuminemia come nella forma indiana, ipotrofia muscolare, la

cute grigia/pallida (la famosa febbre nera nella Leishmaniosi indiana), la piatrinopenia è presente, la

leucopenia pure è presente e può facilitare le sovra infezioni batteriche.

La morte è inevitabile per emorragia, per anemia, per infezioni sovrapposte se la patologia non viene

diagnosticata.

La VES è molto elevata, l’anemia è presente, vi è piastrinopenia, leucopenia, ipoalbuminemia e

ipergammaglobulinemia, quadro simile a quello della cirrosi epatica.

La diagnosi differenziale si fa con brucellosi,dove c’è anche splenomegalia, febbre tifoide, tubercolosi

miliare, il linfoma (attenzione alla febbricola).

La diagnosi si fa ricercando gli anticorpi anti-Leishmania oppure attraverso l’esame microscopico

dell’aspirato midollare dove si vedono le forme amastigote intra-extracellulari. Se c’è il dubbio diagnostico,

il succo midollare può essere inviato all’istituto superiore della sanità dove viene fatta la coltivazione

perché in alcune forma a bassa parassitemia diventa difficile fare l’esame microscopico. Il ricorso alla PCR è

raro.

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La ricerca degli anticorpi si fa con l’immunofluorescenza indiretta, il termine noto (conservato in

laboratorio) sono i promastigoti fissati sul vetrino a cu si aggiunge il siero del paziente coniugato con la

fluoresceina, se compare la fluorescenza con un titolo di 1:80 in su potete fare diagnosi sierologica.

L’esame microscopico richiede poche gocce di aspirato midollare strisciate su dei vetrini, fissate con il

metanolo e colorate con il Giemsa, l’osservazione viene fatta al microscopio ad (inversione???); questa

tecnica è in grado di mostrare i macrofagi che contengono delle formazioni rotondeggianti dovute alla

presenza degli amastigoti della Leishmania, questa è una diagnosi inequivocabile di Leishmaniosi viscerale,

le amastigoti possono essere anche fuori dalle cellule.

Per l’esame culturale ci vogliono 16 giorni sul terreno detto NNN.

La terapia classica era con l’uso di antimoniali (antimoniato di meglumina - Glucantim®), con grave

tossicità(cardiaca, renale, epatica).

I nuovi farmaci sono le Amfotericine B in forma colloidale e soprattutto liposomiale, in quanto i macrofagi

sono avidi delle particelle di quest’ultimo preparato farmacologico e quindi lo accumulano nel citoplasma

dove può agire uccidendo la Leishmania se presente.

Sono farmaci scarsamente tossici, le dosi sono piccole 2mg/kg endovena pro die per 5 giorni e poi un

richiamo al 14° e 21° giorno; sono solo 7 giorni di terapia, al contrario dei vecchi farmaci, tossici, che

richiedevano una terapia di almeno un mese e mezzo. La terapia è più protratta (14gg)nelle Leishmaniosi

che interessano i soggetti sieropositivi per HIV, forma sicuramente più grave in quanto il soggetto non si

può avvalere della reazione immunitaria, il che significa che la diagnosi può essere fatta solo tramite

puntato sternale (sierologia negativa).

Immagine di cane malato

Immagini di forme cutanee e muco-cutanee (grave)

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Cosa dovete sapere della malaria? Che è una parassitosi **** provocata da protozoi del genere

plasmodium. Malattia proptozoaria come lo è anche la toxoplasmosi, o l’amebiasi.. se uno vi

chiede quali sono le malattie infettive da protozoi più famose, voi dite la malaria, toxoplasmosi,

amebiasi. È una infezione trasmessa all’uomo da zanzare femmina, non maschio, perché le

femmine hanno bisogno di nutrirsi del sangue umano per far maturare le loro uova. (la

epidemiologia non ci interessa) E una patologia endemica in molte regioni del mondo, e centinaia

di migliaia di persone muoiono per questa patologia.

La sintomatologia che caratterizza la malaria è la febbre preceduta da un brivido che definirete

scuotente, il paziente sobbalza sul letto, è il brivido corrisponde alla rottura delle emazie da parte

dei merozoiti. La febbre è alta (39/40) che poi scende per lisi dopo 6-7 ore.

Siccome c’è un a malattia che possiamo definire emolitica se vogliamo, l’emolisi caratterizza

l’anemia del malarico. Se lo visitate, il paziente oltre ad essere pallido, sudato, reduce da un

accesso febbrile, presenta una splenomegalia… quindi è una malattia splenomegalizzante, non

come la leshmaniosi che è la malattia più splenomegalizzante, e costituisce un grave problema

sanitario, con un’alta incidenza di malattie ma anche di mortalità.

Dalle nostre parti la malaria autoctona, cioè dovuta ad un’infezione acquisita in Italia, non esiste

(tantomeno la malaria cronica) più dagli anni 50, perché la bonifica delle paludi pontine ecce cc ha

fatto si che l’anofilismo, cioè l’anofiles non atticchisca più dalle nostre parti.

Quindi l’italiano che viene nel nostro studio affetto da malaria, è un paziente che ha fatto un

viaggio nelle zone tropicali, dove la malaria è una malattia endemica, e quindi si parla di malattia

da importazione, che si può manifestare dopo alcune settimane, mesi, anni (come accade con il

plasmodium malariae). Quindi se voi visitate un paziente che lamenta febbre a giorni alterni, con

brivido, chiedete sempre in sede di anamnesi dove è stato in viaggio… così da poter sospettare di

una malattia tropicale, che sia una malaria, amebiaes, malattia di chagas (o tripanosomiasi

americana)

Il falciparum, e lo dice la parola stessa, ricorda la falce della morte, è il protozoo (la malaria) più

pericoloso, perché quello responsabile della malaria perniciosa (o cerebrale), questo perché il

falciparum può dare un’elevata parassitemia, infettando sia gli eritrociti giovani che vecchi

(mentre p.malariae infetta solo quelli vecchi ad esempio) che fa si che si possano avere delle

trombosi cerebrali, per aggregazione delle emazie (le quali passano da una forma biconcava ad

una bernoccoluta quando sono parassitate) che sono modificate nella loro superficie per la

presenza dei parassiti e ,quindi, questo aumenta l’adesività, la coesione degli eritrociti tra di loro e

con i capillari, provocando delle trombosi cerebrali, che hanno come conseguenze un’anossia

cerebrale, edema e tutta quella cascata dell’infiammazione mediata da prostaglandine e mediatori

dell’infezione, il che porta a coma cerebrale e morte.

Il vivax e ovaie sono caratterizzati dal fatto che una volta che il protozoo è penetrato negli

epatociti, può dare delle forme di resistenza, entrare in “simbiosi” con gli epatociti e restare al loro

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interno e risvegliarsi a distanza di tempo, dando così delle recidive, quindi i ***zoiti sono dovuti

alla infezione da vivax od ovaie.

Poi c’è p. malariae che ha un periodo di incubazione più lungo, parassita solo le emazie adulte, da

una bassa parassitemia ma può recidivare anche a distanza di anni.

Per familiarizzare con la terminologia dei plasmodi, ricordate che schizonte indica una fase del

ciclo biologico del parassita, caratterizzata da divsione del plasmodio, e si divide in merozoiti, che

sono delle particelle che derivano per divisone dallo schizonte, mentre i trofozoiti caratterizzano la

fase di accrescimento del plasmodio sempre all’interno delle emazie, perché il plasmodio ha

bisogno dei prodotti delle emazie per poter crescere.

Quindi, i trofozoiti, indicano la fase di accrescimento del protozoo, a spese dell’emoglobina del

globulo rosso. La morfologia dei trofozoiti è diversa nelle varie specie di plasmodio, ed in base a

questa diversità morfologica, il parassitologo fa diagnosi di malaria da P. falciparum, ovaie e così

via.

Lo schizonte corrisponde alla fase di divisione dei merozoiti, che a loro volta si trasformano in

trofozoiti, che diventano schizonti e merozoiti un’altra volta, che ad un certo punto del ciclo

biologico, si trasformano in microgametociti e macrogametociti che sono le forme sessuate del

plasmodio che non lisano le emazie, quindi le emazie sono lisate soltano dai merozoiti e dai

trofoziti

Gli sporozoiti sono le forme infettanti, inoculate dalla zanzara all’uomo e sono asessuate.

Gli ipnozoiti sono le forme latenti nel fegato e sono simili ai merozoiti morfologicamente, e sono

soltanto appannaggio dei P. vivax od ovaie. Per cui nella terapia di malaria da vivax od ovaie,

bisogna dare anche la primachina, un farmaco antimalarico che uccide gli ipnozoiti.

La differenza del numero dei merozoiti nelle emazie, la forma dei gametociti, l’alta o bassa

parassitemia, le forme esoeritrocitarie e latenti come gli ipnozoiti, la formza dello schizonte, sono

tutti parametri che aiutano la diagnosi di specie del plasmodio.

Ricordiamo il ciclo dell’infezione, partendo dalla puntura della zanzara, lo sporozoite è la forma

infettante e va nel fegato, qui si moltiplica e libera le particelle che a loro volta vanno nelle emazie,

al cui interno si ha la crescita del trofozoite, che da luogo per divisione ad uno schizonte, il quale

dividendosi a sua volta porta a lisi delle emazie, con formazione di un merozoite, e all’accesso

malarico. Questo si chiama ciclo schizogonico-esoeritrocitario (nel fegato), il primo, e ciclo

schizogonico-divisione nelle emazie (nelle emazie il trofozoite ha una forma ad anello con castone,

che è caratteristica di plasmodium vivax, falciparum ecc e serve al parassitologo per fare diagnosi

di infezione malarica).

Ad un certo punto i merozoiti si trasformano in gametociti (che nel falciparum hanno la forma di

una falce), e la zanzara che punge l’uomo malato, assume quindi gametociti, che nel suo intestino

danno luogo ad uno zigote, facendo così iniziare il ciclo schizogonico della malaria, si formano

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delle oocisti che arrivano alle ghiandole salivari, dove si rompono rilasciando sporozoiti, che sono

la forma infettante e quindi il ciclo si ripete.

Perché si abbia la malaria sono necessari un uomo malato, uno sano a cui viene trasmessa

l’infezione e la zanzara, l’anofilismo. Ecco perché in alcuni luoghi la malaria è stata debellata

tramite la bonifica della paludi (come quelle pontine nel lazio), debellando l’anofilismo.

Da un punto di vista sintomatologico, abbiamo un periodo di invasione in cui abbiamo febbre, che

è continua dapprima e poi diventa alterna ogni 2-3-4 giorni (ciò a causa di un primo periodo di

stabilizzazione del plasmodio), con aspetti simil-influenzale (cefalea, vomito, malessere, vertigini,

spleno ed epatomegalia).

Per descrivere un accesso malarico, dobbiamo dire che nell’accesso malarico abbiamo uno stadio

inziale, o del brivido, con un brivido intenso in cui il paziente nonostante la febbre avverte freddo,

poi aumenta la temperatura fino a 40/41 gradi e la temperatura resta elevata per molte ore (2/7

ore, fase del calore)

La febbre nel momento in cui diventa intermittente, assume le caratteristiche di una febbre che si

ripresenta ogni 3 giorni (malaria terzana da P. falciparum, vivax, ovaie) od ogni 4 giorni (malaria

quartana da P. malariae), con i periodo intervallari tra gli episodi febbrili che sono caratterizzati da

una, paradossalmente, buona salute del paziente.

La diagnosi, oltre che dal sospetto clinico ed anamnestico, va confermata attraverso lo striscio

sottile e la goccia spessa.

Lo striscio sottile vuol dire prelevare una goccia di sangue dal polpastrello nel momento del

brivido, si analizza la goccia sul vetrino strisciato e si manda al laboratorio.

La goccia spessa vuol dire far depositare la goccia al centro del vetrino e, anziché strisciarla, si

tratta col bordo di un ago per defribinare, è una metodica di arricchimento, e consente di fare

diagnosi di malaria nei pazienti con bassa parassitemia, perché i parassiti sono concentrati in pochi

ml di sangue, che oltretutto è privato di fibrina. Il paziente avrà anche anemia (normocromica) ,

magari ittero e febbre causata dall’emissione di citochine pirogene (talvola possiam avere più di

una infezione, le quali sovrapponendo i cicli dei parassiti e le rotture delle emazie, con

riversamento in circolo, danno luogo alle così dette terzane doppie o quartane doppi, con febbre

praticamente continua a causa dei cicli continui delle varie infezioni).

La terzana maligna, o perniciosa, interessa soprattutto il SNC con compromissione del sensorio,

febbre elevata e tutte le conseguenze di una sofferenza cerebrale (lipotimia, ipertonia, positività a

sindromi meningee), oppure sofferenza agli organi interni (reni, fegato da trombosi da emazie

parassitate)

Le complicanze delle malaria sono legate allo shock circolatorio, edema polmonare, insufficienza

respiratoria acuta, insufficienza renale e rottura splenica (piuttosto rara).

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Pensiamo a diagnosi di malaria quando abbiamo questa febbre intermittente, con assenza di segni

clinici e focolai infiammatori a carico di altri organi e apparati, resistenza della febbre alle terapie

convenzionali (augmentin, rocefin), soprattutto in persone reduci da viaggi in zone a rischio

endemico.

Le raccomandazioni per le persone che vogliono andare in zone a rischio sono di rivolgersi

attraverso i siti internet al ministero della saluta o all’OMS o ai siti specialistici locali (come la asl al

chiatamone a Napoli).

Altre misure di profilassi sono: non uscire scoperti dal tramonto all’alba, indossare coloniali e

bianchi, uso di prodotti repellenti (come la permetrina), insettidici spray negli ambienti chiusi, uso

di zanzariere.

Dal punto di vista farmacologico si può consigliare il malavone? (o la clorochina, anche se ormai

poco utilizzata), che è un associazione di 2 prodotti antiparassitari, consigliando una compressa al

giorno nei 2 giorni prima della partenza, e fino a 7 giorni dopo il rientro in patria (non si da in

gravidanza e nei bambini).

Oltre il 28° giorno non è consigliata però la profilassi farmacologica perché diventerebbe tossica.

(il chinino solfato oggi si usa ancora perché è l’unico farmaco che può essere dato per via

endovenosa, quindi utile per i pazienti in coma ad esempio)

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Sintomi quali diarrea, tenesmo, dolore addominale, febbre, disidratazione, sono variamente

associati in rapporto all’eziologia, che può essere multipla.

Ad esempio possiamo riconoscere quali agenti eziologici batteri che va danno da escherichia coli

alle salmonelle minori (minori perché non dobbiamo pensare che il tifo sia una malattia diarroica,

in quanto può dare tanto feci molli quanto stipsi), salmonellosi minori che sono più di 2000, o

ancora le shigelle, stafilococcus aureus, clostridium, bacillus cereus, yersinia.

Ma anche virus (enterovirus, togavirus), soprattutto in età infantile, sono responsabili di diarree.

Cosi come anche i miceti (candida albicans) possono essere responsabili.

C’è anche la diarrea da antibiotici, determinata da uno spostamento degli equilibri ecologici in

ambito intestinale. I protozoi possono determinare diarrea, come ameba hystolitica, responsabile

di dissenteria amebica, con perdita di muco e sangue. Dell’amebiasi bisogna ricordare la

localizzazione nel contesto della parete del colon, delle ulcere amebiche, responsabili della

enterorragia, che l’amebiasi può dare manifestazioni extraintestinali (al cervello, fegato, polmone).

Se si sospetta che vi sia un’infezione da ameba, l’esame colturale va fatto sulle feci a fresco, che

quindi vanno portate subito in laboratorio.

Esistono diarree non infettive, come quelle neoplastiche, da intolleranze ecc.

Il contagio di tutte le diarree infettive avviene per via oro-fecale, cioè attraverso l’ingestione di cibi

o liquidi contaminati.

Da un punto di vista semantico dobbiamo differenziare 3 concetti a proposito delle diarree

infettive: la diarrea, la dissenteria, il tenesmo.

La dissenteria = condizione clinica caratterizzata da diarrea muco-sanguinolenta, con tenesmo e

defecazione dolorosa. Chi ha ad esempio una dissenteria da shigella o amebica (le 2 forme più

classiche).

Il tenesmo = sensazione fastidiosa o dolorosa della regione anale, che provoca nel paziente

un’irrefrenabile bisogno di andare in bagno, anche se la vescica o il retto sono stati svuotati da

poco.

La diarrea = emissione frequente di feci liquide o acquose, legata ad alterazioni

anatomo/funzionali della mucosa intestinale (ricordiamo che l’enterocita oltre alla funzione di

assorbire i cibi e l’acqua, assolve anche alla funzione di secernere acqua, sodio, cloro).

Differenza tra carica di contagio e carica patogena = la carica di contagio (o di contaminazione) è la

quantità minima di microrganismi ingerita capace di causare infezione, ed è variabile in rapporto

all’agente eziologico. Ad esempio per le shigelle, bastano poche (100/200 per ml) per dare

un’infezione, per la salmonella di più (maggiore di 500 per ml), questo indica che sono più

“pericolose” le shigelle.

La carica patogena, invece, è quella carica critica perché il germe possa svolgere la sua attività

patogena.

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In che modo un microrganismo può dare alterazioni funzionali dell’enterocita ? Attraverso la

produzione di tossine, che sono prodotte dopo l’ingresso nel meccanismo dell’uomo, oppure ci

sono tossine (come quella stafilococcica, di bacillus cereus) che sono prodotte prima dell’ingresso.

Se la tossina è concentrata in un alimento contaminato, la sintomatologia clinica (nausea, vomito,

diarrea acquosa, crampi) si manifesta in poche ore, addirittura mentre state ancora mangiando

l’alimento può capitare, per questo ai viaggiatori diretti nelle zone a rischio, si consiglia sempre di

mangiare gelati imbustati e non artigianali, bere acqua imbottigliata e non delle fontane ecc, per

evitare così la famosa diarrea del viaggiatore.

Esistono poi delle tossine che agiscono sugli enzimi, come l’adenilciclasi o guaninaciclasi, che sono

enzimi che vengono coinvolti nel riassorbimento del sodio e dell’acqua, e così si può avere una

secrezione di cloro, un diminuito assorbimento di sodio e così viene riassorbita anche meno acqua

e ciò porta alla diarrea acquosa causata dalle enterotossine (soprattutto le enterotossine di E.coli e

vibrio colera, quest’ultima composta da 2 segmenti, tossina A e B che causano comunque questo

tipo di diarrea). Oltre poi alle tossine, esistono anche le citotossine, che agiscono sul corpo

cellulare, non solo sulle funzioni, ed hanno un effetto citolitico con distruzione dell’enterocita,

provocando così una diarrea infiammatoria (non acquosa) e le feci possono essere emorragiche

con presenza di leucociti e cellule infiammatorie (danno questo tipo di quadro la shigella

dissenterie, lo stipite enteroemorragico di E.coli, e i microrganismi produttori di tossine shiga-like)

Ricordiamo un attimo la morfologia degli enterociti, che sono forniti di microvilli (che vanno

distinti dai villi intestinali, in quanto i microvilli sono una estroflessione della parete

dell’enterocita, mentre i villi intestinali sono estroflessioni della parete epiteliale dell’intestino),

poi abbiamo la lamina propria, il corion della mucosa. Quindi, i batteri possono agire sia sui

microvilli semplicemente aderendovi, e già ne alterano la funzione di assorbimento e secrezione,

oppure possono distruggere la superficie e penetrare nel corpo dell’enterocita, o ancora penetrare

nell’interstizio tra 2 cellule intestinali e raggiungere il corion.

Quindi, le modalità di azione dei batteri sono diverse, abbiamo quelli che aderiscono alla superficie

intestinale (come lo stipite enteropatogeno di E.coli o altri che agiscono in questo modo) e

provocano diarrea acquosa, febbre, crampi ecc; oppure si può avere una lesione dei microvilli ma

con il corpo integro (stipite enteroaderente di E.coli); oppure queste tossine possono essere

tossiche anche perché agiscono sugli enzimi dell’eneterocita (adenilciclasi, guanilciclasi),

aumentando l’espulsione di sodio e di acqua e diminuendo quella del cloro; possiamo anche avere

la penetrazione dei germi nell’enterocita, necrosi cellulare (che può essere causata anche da

tossina shiga-like, prodotta dagli stipiti enteroemorragico EHEC ed enteroinvasivi EIEC di E.coli).

Le complicanze delle diarree acquose sono soprattutto la disidratazione.

Nella diarrea da rotavirus, questo può danneggiare le pareti degli enterociti, che si desquamano, e

gli enterociti che salgono su per turnover, non sono sufficientemente maturi per adempiere alla

funzione di assorbimento e secrezione, e ciò provoca la fase diarroica.

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Per sintetizzare i vari eventi che possono portare ad alterazioni funzionali degli enterociti o a

distruzione degli stessi e, quindi, a diarrea acquosa o muco-sanguinolenta, sono state create delle

sigle per gli stipiti diversi E.coli ma valide per tutti i germi che possono dare questi meccanismi

patogeni, quindi possiamo avere:

ETEC, E.coli enterotossigeni (producono LT_1 e LT-2)= diarrea acquosa

EHEC, E.coli enteroemorragici (producono tossine shigalike stx-1 e 2) = diarrea sanguinolenta

EPEC, E.coli eneteropatogeni, aderiscono alla parete alterando le funzioni = diarrea acquosa

EAEC, E.coli enteroaderenti, producono fattori di adesione = diarrea acquosa

EIEC, E.coli enteroinvasivi, strettamente simili a shigella, = diarrea mucosanguinolenta

In casi di disidratazione possiamo avere oliguria, aumento dell’azotemia (compromissione

funzionalità renale), insufficienza circolatoria, apatia, polsi assenti, cute anelastica. La maggior

parte delle volte, per guarire, basta una semplice reidratazione con tanta acqua.

Come si fa una diagnosi di enterite o gastroenterite? La diagnosi clinica è facile, ma a noi interessa

quella eziologica, che si fa con la coprocoltura, e l’esame a fresco delle feci, che ci permette di

diagnosticare una amebiasi.

La terapia importante è quella della reidratazione con soluzione elettrolitica in vena. Gli antibiotici

non sono sempre necessari, soprattutto nelle diarree acquose e nell’ospite immunocompetente.

Laddove ci sono diarree infiammatorie, per invasione della mucosa, come accade con salmonelle,

shigelle, yersinie, allora si danno gli antibiotici adatti all’uomo, come il romicil, il bactrim,

l’ampicillina. Gli inibitori della motilità intestinale (come l’imodium), invece, vengono dati

solamente nelle diarree acquose, e nella dieta bisogna evitare gli stimolanti della parete

intestinale, come le verdure, gli alimenti ricchi di fibre o gli zuccheri che possono facilitare una

diarrea osmotica, mentre è consigliato il riso ad esempio, come fanno nei paesi poveri in cui

questo alimento abbonda, e a cui si associa anche bere acqua del riso per la reidratazione, sono

consigliati anche thè, limone e gli antibiotici devono essere limitati alle diarree infiammatorie.

Oltre alla coprocoltura, vanno poi controllati l’emocromo, la funzione renale, l’emogasanalisi per

definire una corretta reidratazione degli elettroliti sierici.

Gli antibiotici utilizzabili nei casi più invasivi sono i fluorochinolonici, l’ampicillina, i cefrotiaxoni,

sempre associati a reidratazione.

Le salmonelle sono sensibili ai fluorochinolonici e ai cefrotiaxoni, mentre in una giardiasi si può

dare il metronidazolo (flagil), così come anche lo si può dare per combattere l’ameba hystolitica.

La diarrea del viaggiatore colpisce i viaggiatori che non hanno seguito le norme igieniche

consigliate (scritte sopra). L’agente eziologico più frequente di questo tipo di diarree è E.coli, ma

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anche tanti altri. Conviene sempre portarsi un po’ di ciproxin, di bactrim e seguire le norme

igieniche consigliate.

Quando si parla di salmonellosi, ricordatevi che esistono 3 categorie di salmonellosi:

- quelle maggiori o batteriemiche, caratterizzate cioè dall’invasione del sangue da parte della

salmonella, come il tifo e il paratifo

- quelle minori o enterocolitiche, in cui il batterio resta confinato nell’intestino o, al massimo, nel

corion della mucosa, come le tossinfezioni alimentari e le enterocoliti, paratifo b e c. Le salmonelle

responsabili di tossinfezioni sono presenti nella carne di maiale, nella carne macinata, nelle uova e

derivati. È importante la coprocoltura specialmente nelle donne gravide che devono entrare in

sala parto, perché se portatrici di salmonellosi minori, possono dar luogo ad epidemie.

- quelle a primitiva localizzazione extraintestinale, le ostiomieliti per esempio da salmonella e così

via.

La salmonella della febbre tifoide presenta 3 antigeni caratteristici, che sono l’antigene VI, O, H, e

gli anticorpi contro l’antigene O sono quelli che si ricercano per la reazione di vidal, che è una

reazione sierologica basata sulla reazione di agglutinazione tra l'antigene, presente nel reattivo, e

gli anticorpi presenti eventualmente nel siero del paziente.

Titolo di positività di una reazione di sieroagglutinazione: è la più alta diluizione a cui la reazione

ancora si verifica, per il tifo (ad esempio) la positività va da 1:80 in su.

Da ricordare la classificazione delle salmonelle, in base alla distribuzione dell’antigene O ed H. la

salmonella typhi appartiene al gruppo B ed è responsabile della febbre tifoide, chiamata anche

ileo-tifo, perché l’organo bersaglio è l’ileo (placche di peyer dell’intestino tenue), ed è una

patologia pressochè scomparsa nelle zone europee.

Del tifo bisogna ricordare che è una malattia a carattere setticemico, si trasmette esclusivamente

per contagio interumano (mentre le salmonelle minori attecchiscono ad animali di vario tipo), o

per contatto diretto o attraverso la contaminazione di cibi (infettati magari a causa di scarse

condizioni igieniche da un portatore). Le lesioni che causa la salmonella typhi sono a carico del

distretto linfatico del tenue. La sintomatologia è caratterizza da febbre, splenomegalia con milza

molle (nella leshmaniosi è dura), disturbi sensori come stupore, abnubilamento, cefalea

importante, ma soprattutto un’astenia che non permette nemmeno di alzarsi dal letto (a

differenza del paziente con brucellosi che invece riesce a svolgere tranquillamente l’attività di

camminare).

Il paratifo A ha un quadro clinico simile al tifo ed è anche batteriemico, mentre i paratifi B e C sono

quelli che danno sintomatologia enterica come nelle salmonellosi minori.

Da ricordare i vari settenari, c’è quindi la fase della tumefazione, della congestione dopo che il

batterio è stato ingerito per os e c’è quindi la tumefazione delle placche di peyer con reazione

delle cellule reticolo-endoteliali dei linfonodi e tumefazione degli stessi, in questa fase è

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importante la emocoltura ai fini diagnostici. Poi successivamente si ha la fase del 2 e 3 settenario,

nel secondo settenario si ha la formazione dell’escara, cioè della necrosi delle placche di peyer e,

quindi, successivamente, si ha la formazione delle ulcere nel terzo settenario, in cui l’escara cade e

si formano le ulcere, e questa è la fase in cui si può avere enterorragia o perforazione con il rischio

di peritonite saccata. Nell’ultima settimana (4 settenario) si ha la pulizia dell’ulcera e la

riepitelizzazione dell’ulcera, della soluzione di continuo, a partire dalle cellule della base e si ha la

guarigione.

La diagnosi si fa tramite emocoltura nel primo settenario, con la reazione di widal dal 2 settenario

in poi, e nel 4 con la coprocoltura. Importante è ovviamente l’anamnesi per differenziare il tifo da

altre malattie infettive.

Le complicanze sono l’enterorragia, la perforazione, la colicistite acuta, perché la colecisti può

essere sede si infezione da salmonelle, e in tal caso si fa una cura antibiotica con compicillina? Che

non viene inattivata dal fegato, quindi arriva alla colecisti e combatte l’infezione, una miocardite,

ma comunque queste complicanze sono ormai molto rare.

Toxoplasmosi: malattia che nell’adulto è autolimitante, è dovuta a toxoplasma gondii, e può

causare 2 condizioni cliniche:

nell’adulto è spesso asintomatica o una linfoadenite laterocervicale, e non va trattata se il

soggetto è immunocompetente.

Nella donna gravida è, invece, molto pericolosa se contratta durante la gravidanza. Mentre nel

primo trimestre un’infezione da toxoplasma può dare un aborto, nel terzo trimestre può, invece,

dare delle infezioni connatali che si manifestano con gravi alterazioni del SNC e una corioretinite

(può portare a cecità), La triade classica è costituita da corioretinite, idrocefalo (presente già alla

nascita e diagnosticabile con tac) e calcificazioni intracraniche.

La toxoplasmosi rientra nel complesso TORC, Il complesso TORCH (a volte indicato con ToRCH[1]) è

l’acronimo di un gruppo di agenti patogeni responsabili di alcune malattie di notevole importanza

ostetrica che devono essere individuate attraverso screening in una donna gravida. Questi

screening, che van fatti prima della decisione di concepire, hanno lo scopo di ricercare la presenza

di anticorpi IgG e IgM nei confronti di Toxoplasma gondii, Virus della Rosolia (rubivirus),

Citomegalovirus ed Herpes Simplex. L’unico antibiotico che si può dare in gravidanza in corso di

toxoplasmosi, se la donna non vuole abortire, è la spiromicina.

Nel caso di pazienti immunocompromessi (come quelli infetti da HIV o ricettori di trapianti in

terapia immunosoppressiva) si può sviluppare la toxoplasmosi. La manifestazione più evidente

della toxoplasmosi in pazienti immunocompromessi è l'encefalite toxoplasmica, che può essere

mortale.

Il ciclo vitale del Toxoplasma gondii ha due fasi. La prima avviene nell'ospite definitivo, un felino e

comprende la riproduzione sessuata:il felide, ad esempio un gatto, si infetta ingerendo carne

contenente cisti del parassita oppure oocisti sporulate. Gli sporozoiti, grazie all'azione dei succhi

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digestivi, fuoriescono dall'oociste e possono infettare le cellule epiteliali dell'intestino tenue dove

si riproducono e formano oocisti. Le oocisti vengono espulse con le feci e in condizioni ottimali (al

riparo dalla luce solare diretta) impiegano 2 giorni a maturare, formando 2 sporocisti contenenti

ognuna 4 sporozoiti, gli elementi infettanti.

La seconda fase, nella quale il parassita si riproduce solo in maniera asessuata può aver luogo in

ogni animale a sangue caldo, mammiferi (incluso lo stesso gatto) o uccelli. Anche questi ospiti

intermedi si possono infettare o da oocisti sporulate presenti nelle feci o dal consumo di carne

cruda o poco cotta di animali parassitati: il parassita passa la barriera intestinale grazie a delle

cisterne dette micronemie che riescono a bucare le gap junctions e, presumibilmente veicolato da

macrofagi, invade per via ematogena cellule di svariati tessuti, le quali formano una serie

cosiddetta di vacuoli parassitofori. All'interno di questo vacuolo Toxoplasma gondii si propaga in

una serie di divisioni binarie (circa 3 o 4) finché la cellula infetta non scoppia. Questa forma di

replicazione veloce e asessuata di Toxoplasma gondii è chiamata tachizoite. Di norma dopo questa

prima fase l'ospite acquisisce una certa immunità e questo determina la comparsa di una forma

riproduttiva lenta, detta bradizoite perché gli anticorpi prodotti limitano l'invasività. I vacuoli del

bradizoite possono formare cisti nel tessuto degli ospiti infetti (soprattutto nei muscoli e nel

cervello) e possono impiegare anni a svilupparsi definitivamente.

L’infezione può essere trasmessa, quindi, anche attraverso il contagio di carni crude (le donne

dovrebbero non fare le polpette in gravidanza ^^) e l’ingestione delle stesse.

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