incontro gennaio 2010

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Per una Chiesa Viva www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno V- N. 13 – Gennaio 2010 Sotto lo sguardo materno di Maria, Ma- dre di Dio e nostra, ripiena del dono dello Spirito, abbiamo iniziato il nuovo anno 2010. La divina Liturgia del tempo natalizio ci ha invitati a guardare l'anno che ci sta davanti con la serenità fiduciosa di Maria Madre di Dio che conservava il mistero del Natale "meditandolo nel suo cuore" ricollegando cioè tutti gli avvenimenti straordinari in cui si sentiva profonda- mente coinvolta alla ricerca della loro profonda unità;che cioè tutti i popoli di ogni razza,lingua e religione po- tessero accoglie- re il Bimbo divi- no nato da Lei, e fossero inseriti nel disegno divi- no della salvezza che Gesù, il Salvatore offriva al mondo. Per noi non a- vrebbe senso aver celebrato il Natale se il suo messaggio fosse svanito e non fosse accolto,custodito dentro il nostro cuore e trasformasse le nostra esistenza. Se il Natale fosse solo un avvenimento storico da commemorare ci potrebbe commuovere solo per un giorno; se inve- ce è il mistero della venuta del Salvatore e della presenza viva di Dio in tutta la nostra vita allora deve accompagnarci tutti i giorni e muovere e cambiare tutta la nostra esistenza. Accogliendo dalle braccia materne di Maria il suo Figlio divino Gesù che è nostro fratello, lo Spi- rito Santo ci ha confermato nella certez- za che siamo figli di Dio e costruttori di un mondo nuovo, capaci di rinnovare il volto della terra nella giustizia e nella pace. Dio in Gesù di Nazaret, il mistero della presenza viva di Dio che il Natale di Gesù ci richiama, se non lo facciamo scendere fino al centro della nostra vita e non gli consentiamo di trasformarci il cuore e di farci cambiare mentalità. Ciascuno di noi può chiedersi: Ho accol- to Cristo Gesù nella mia vita? La sua ma- nifestazione è chiara per me? Com'è ora il mio rapporto con Gesù? Com'è dopo tutte le celebrazioni natalizie? Dopo la grande indicazione del Papa, quando di- ce: "Il nostro programma di vita è Cri- sto: da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria e trasforma- re con lui la storia..."? In questo si riassu- me sostanzialmente il programma del lavoro spirituale da svolgere a livello personale e comunitario nei prossimi mesi da parte di coloro che hanno davve- ro celebrato con sincera e consapevole fede il Natale del Signore Gesù. Nel viaggio di 365 giorni che affrontia- mo nell'autostrada 2010 dovremo fare un pieno di buona volontà da impiegare con generosità e costanza nella ricerca delle verità essenziali della fede contenute nel Vangelo di Cristo e insegnate dal magi- stero ufficiale della Chiesa e nello sfor- zo di corrispondere all’infinito amore di Dio contemplato e rivissuto nelle celebrazioni natalizie mediante una più intensa pre- ghiera personale e comunitaria, e- spressa soprattutto nella piena, gioiosa e fruttuosa partecipazione alla celebrazione dell’Eucaristia do- menicale, all’adorazione eucaristica pri- vata e comunitaria, almeno settimanale, e nell’ assidua lettura meditata e pregata della Parola di Dio. Sono le condizioni fondamentali, indispensabili per crescere nella conoscenza di Gesù, luce e vita dell’uomo credente, e per consolidare il nostro rapporto di fede ed amore con il Signore da testimoniare concretamente nella quotidianità della vita. Continua a pagina 2 In viaggio sulle vie del Signore P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Anno V- N. 13 – Gennaio 2010 PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO Continua a pagina 2 Don Giuseppe Imperato PAGINA 2 PAGINA 3 Maria Carla Sorrentino PAGINA 4 Emilia Filocamo Stefania Gargano PAGINA 5 sulla bilancia dell’odio, facendo vacillare i pesi e le valutazioni. E già solo per que- sto motivo ho voglia di aspettare e di non perdermi il grande privilegio di sperare. In Dio prima e poi negli uomini.

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Page 1: Incontro Gennaio 2010

Per una Chiesa Viva

www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno V- N. 13 – Gennaio 2010

Sotto lo sguardo materno di Maria, Ma-dre di Dio e nostra, ripiena del dono dello Spirito, abbiamo iniziato il nuovo anno 2010. La divina Liturgia del tempo natalizio ci ha invitati a guardare l'anno che ci sta davanti con la serenità fiduciosa di Maria Madre di Dio che conservava il mistero del Natale "meditandolo nel suo cuore" ricollegando cioè tutti gli avvenimenti straordinari in cui si sentiva profonda-mente coinvolta alla ricerca della loro profonda unità;che cioè tutti i popoli di ogni razza,lingua e religione po-tessero accoglie-re il Bimbo divi-no nato da Lei, e fossero inseriti nel disegno divi-no della salvezza che Gesù, il Salvatore offriva al mondo. Per noi non a-vrebbe senso aver celebrato il Natale se il suo messaggio fosse svanito e non fosse accolto,custodito dentro il nostro cuore e trasformasse le nostra esistenza. Se il Natale fosse solo un avvenimento storico da commemorare ci potrebbe commuovere solo per un giorno; se inve-ce è il mistero della venuta del Salvatore e della presenza viva di Dio in tutta la nostra vita allora deve accompagnarci tutti i giorni e muovere e cambiare tutta la nostra esistenza. Accogliendo dalle

braccia materne di Maria il suo Figlio divino Gesù che è nostro fratello, lo Spi-rito Santo ci ha confermato nella certez-za che siamo figli di Dio e costruttori di un mondo nuovo, capaci di rinnovare il volto della terra nella giustizia e nella pace. Dio in Gesù di Nazaret, il mistero della presenza viva di Dio che il Natale di Gesù ci richiama, se non lo facciamo scendere fino al centro della nostra vita e non gli

consentiamo di trasformarci il cuore e di farci cambiare mentalità. Ciascuno di noi può chiedersi: Ho accol-to Cristo Gesù nella mia vita? La sua ma-nifestazione è chiara per me? Com'è ora il mio rapporto con Gesù? Com'è dopo tutte le celebrazioni natalizie? Dopo la grande indicazione del Papa, quando di-ce: "Il nostro programma di vita è Cri-sto: da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria e trasforma-re con lui la storia..."? In questo si riassu-

me sostanzialmente il programma del lavoro spirituale da svolgere a livello personale e comunitario nei prossimi mesi da parte di coloro che hanno davve-ro celebrato con sincera e consapevole fede il Natale del Signore Gesù. Nel viaggio di 365 giorni che affrontia-mo nell'autostrada 2010 dovremo fare un pieno di buona volontà da impiegare con generosità e costanza nella ricerca delle verità essenziali della fede contenute nel

Vangelo di Cristo e insegnate dal magi-stero ufficiale della Chiesa e nello sfor-zo di corrispondere all’infinito amore di Dio contemplato e rivissuto nelle celebrazioni natalizie mediante una più intensa pre-ghiera personale e comunitaria, e-spressa soprattutto nella piena, gioiosa e fruttuosa partecipazione alla celebrazione dell’Eucaristia do-

menicale, all’adorazione eucaristica pri-vata e comunitaria, almeno settimanale, e nell’ assidua lettura meditata e pregata della Parola di Dio. Sono le condizioni fondamentali, indispensabili per crescere nella conoscenza di Gesù, luce e vita dell’uomo credente, e per consolidare il nostro rapporto di fede ed amore con il Signore da testimoniare concretamente nella quotidianità della vita.

Continua a pagina 2

In viaggio sulle vie del Signore

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Se sceglieremo come compagna di viag-gio la Vergine Santa, Maria, Madre di Dio e nostra, che con il suo “eccomi” rappresenta il principale modello di vita cristiana, sapremo anche percorrere in-sieme il cammino di fede indicatoci dal piano pastorale della nostra Chiesa locale, rendendo attuale e visibile la co-munione fraterna, segno tangibile e ma ni f e s taz i one c onvi nce nte della Presenza del Signore Gesù da noi creduto, accolto e vissuto. In vista di tale ambito traguardo a cui il Signore ci invita, dovremo coraggiosa-mente prendere le risoluzioni necessarie per affrontare con entusiasmo, singolar-mente e nell’ambito dei gruppi e delle associazioni operanti nella comunità par-rocchiale, il lavoro del nuovo anno, anche se alcuni, privi degli stimoli essenziali, non sapranno condividerle, legati e rassegnati come sono alle vecchie con-suetudini di vita cristiana non sempre r i spondenti al le esigenze de i tempi nuovi e difficili che sfidano la no-stra fede. Questo anno nuovo sarà veramente buo-no solo se, nonostante i diffusi timori, le connaturali lentezze e gli eventi contrari, continueremo a camminare nelle vie del Signore nella direzione giusta che è quella propostaci dal Vangelo; e non ci s t a n c h e r e m o d i s t u p i r c i e meravigliarci della Presenza amorevole di Dio con noi; della novità inattesa di Gesù inviatoci dal Padre per la nostra salvezza; di Gesù che accolto e vissuto può cambiare la nostra vita. Solo la certezza che in Gesù Cristo è venuta la "pienezza del tempo” e sono iniziati i tempi nuovi, può dare significato e contenuto salvifico allo scorrere dei nostri giorni, e accompagnare il nostro cammino verso il fine ultimo della nostra vita, impedendo che l'anno nuovo si riduca ad uno squallido trascor-rere di giorni privi di senso, ad uno sbarcare il lunario in attesa di chi sa quali tempi migliori.

Don Giuseppe Imperato

SEGUE DALLA PRIMA OMELIA DEL PONTEFICE NELLA MESSA DI CAPODANNO 2010

Nel primo giorno del nuovo anno abbia-mo la gioia e la grazia di celebrare la San-tissima Madre di Dio e, al tempo stesso, la Giornata Mondiale della Pace. In en-trambe le ricorrenze celebriamo Cristo, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine e nostra vera pace! A tutti voi, che siete qui convenuti: Rappresentanti dei popoli del mondo, della Chiesa romana e universa-le, sacerdoti e fedeli; e a quanti sono collegati mediante la radio e la televisio-ne, ripeto le parole dell’antica benedizio-ne: il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda la pace (cfr Nm 6,26). Proprio il tema del Volto e dei volti vorrei svilup-pare oggi, alla luce della Parola di Dio - Volto di Dio e volti degli uomini - un tema che ci offre anche una chiave di lettura del problema della pace nel mon-do.Abbiamo ascoltato, sia nella prima lettura – tratta dal Libro dei Numeri – sia nel Salmo responsoriale, alcune espres-sioni che contengono la metafora del volto riferita a Dio: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti fac-cia grazia” (Nm 6,25); “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splen-dere il suo volto; / perché si conosca sulla terra la tua via, / la tua salvezza fra tutte le genti” (Sal 66/67,2-3). Il volto è l’espressione per eccellenza della perso-na, ciò che la rende riconoscibile e da cui traspaiono sentimenti, pensieri, intenzio-ni del cuore. Dio, per sua natura, è invisi-bile, tuttavia la Bibbia applica anche a Lui questa immagine. Mostrare il volto è espressione della sua benevolenza, men-tre il nasconderlo ne indica l’ira e lo sde-gno. Il Libro dell’Esodo dice che “il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico” (Es 33,11), e sempre a Mosè il Signore pro-mette la sua vicinanza con una formula molto singolare: “Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo” (Es 33,14). I Salmi ci mostrano i credenti come coloro che cercano il volto di Dio (cfr Sal 26/27,8; 104/105,4) e che nel culto aspirano a vederlo (cfr Sal 42,3), e ci dicono che “gli uomini retti” lo “contempleranno” (Sal 10/11,7). Tutto il racconto biblico si può leggere come progressivo svelamento del volto

di Dio, fino a giungere alla sua piena ma-nifestazione in Gesù Cristo. “Quando venne la pienezza del tempo – ci ha ri-cordato anche oggi l’apostolo Paolo – Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). E subito aggiunge: “nato da donna, nato sotto la legge”. Il volto di Dio ha preso un volto umano, lasciandosi vedere e riconoscere nel figlio della Vergine Ma-ria, che per questo veneriamo con il tito-lo altissimo di “Madre di Dio”. Ella, che ha custodito nel suo cuore il segreto del-la divina maternità, è stata la prima a vedere il volto di Dio fatto uomo nel piccolo frutto del suo grembo. La madre ha un rapporto tutto speciale, unico e in qualche modo esclusivo con il figlio ap-pena nato. Il primo volto che il bambino vede è quello della madre, e questo sguardo è decisivo per il suo rapporto con la vita, con se stesso, con gli altri, con Dio; è decisivo anche perché egli possa diventare un “figlio della pace” (Lc 10,6). Tra le molte tipologie di icone della Vergine Maria nella tradizione bi-zantina, vi è quella detta “della tenerez-za”, che raffigura Gesù bambino con il viso appoggiato – guancia a guancia – a quello della Madre. Il Bambino guarda la Madre, e questa guarda noi, quasi a ri-flettere verso chi osserva, e prega, la tenerezza di Dio, discesa in Lei dal Cielo e incarnata in quel Figlio di uomo che porta in braccio. In questa icona mariana noi possiamo contemplare qualcosa di

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Dio stesso: un segno dell’amore ineffabile che lo ha spinto a “dare il suo figlio unige-nito” (Gv 3,16). Ma quella stessa icona ci mostra anche, in Maria, il volto della Chiesa, che riflette su di noi e sul mondo intero la luce di Cristo, la Chiesa median-te la quale giunge ad ogni uomo la buona notizia: “Non sei più schiavo, ma fi-glio” (Gal 4,7) – come leggiamo ancora in san Paolo. Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Signori Ambasciatori, cari amici! Medita-re sul mistero del volto di Dio e dell’uomo è una via privilegiata che con-duce alla pace. Questa, infatti, incomincia da uno sguardo rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualun-que sia il colore della sua pelle, la sua nazionalità, la sua lingua, la sua religione. Ma chi, se non Dio, può garantire, per così dire, la “profondità” del volto dell’uomo? In realtà, solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano. La nostra percezione del mondo e, in particolare, dei nostri simili, dipende essenzialmente dalla pre-senza in noi dello Spirito di Dio. E’ una sorta di “risonanza”: chi ha il cuore vuoto, non percepisce che immagini piatte, pri-ve di spessore. Più, invece, noi siamo abitati da Dio, e più siamo anche sensibili alla sua presenza in ciò che ci circonda: in tutte le creature, e specialmente negli altri uomini, benché a volte proprio il volto umano, segnato dalla durezza della vita e dal male, possa risultare difficile da apprezzare e da accogliere come epifania di Dio. A maggior ragione, dunque, per riconoscerci e rispettarci quali realmente siamo, cioè fratelli, abbiamo bisogno di riferirci al volto di un Padre comune, che tutti ci ama, malgrado i nostri limiti e i nostri errori. Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto dell’altro, anche quando è differente da noi. Ormai è sem-pre più comune l’esperienza di classi scolastiche composte da bambini di varie nazionalità, ma anche quando ciò non avviene, i loro volti sono una profezia dell’umanità che siamo chiamati a forma-re: una famiglia di famiglie e di popoli. Più sono piccoli questi bambini, e più

suscitano in noi la tenerezza e la gioia per un’innocenza e una fratellanza che ci appaiono evidenti: malgrado le loro diffe-renze, piangono e ridono nello stesso modo, hanno gli stessi bisogni, comunica-no spontaneamente, giocano insieme… I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo. Perché allora spegnere i loro sorrisi? Perché av-velenare i loro cuori? Purtroppo, l’icona della Madre di Dio della tenerezza trova il suo tragico contrario nelle dolorose immagini di tanti bambini e delle loro madri in balia di guerre e violenze: pro-fughi, rifugiati, migranti forzati. Volti scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione. I volti dei piccoli innocenti sono un appel-lo silenzioso alla nostra responsabilità: di fronte alla loro condizione inerme, crol-lano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo sem-plicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo. Il mio Messaggio per l’odierna XLIII Gior-nata Mondiale della Pace: “Se vuoi colti-vare la pace, custodisci il creato”, si pone all’interno della prospettiva del volto di Dio e dei volti umani. Possiamo, infatti, affermare che l’uomo è capace di rispet-tare le creature nella misura in cui porta nel proprio spirito un senso pieno della vita, altrimenti sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non ave-re rispetto dell’ambiente in cui vive, del creato. Chi sa riconoscere nel cosmo i riflessi del volto invisibile del Creatore, è portato ad avere maggiore amore per le creature, maggiore sensibilità per il loro valore simbolico. Specialmente il Libro dei Salmi è ricco di testimonianze di questo modo propriamente umano di relazionarsi con la natura: con il cielo, il mare, i monti, le colline, i fiumi, gli animali… “Quante sono le tue opere, Signore! – esclama il Salmista – / Le hai fatte tutte con saggez-za; / la terra è piena delle tue creatu-re” (Sal 104/103,24). In particolare, la prospettiva del “volto” invita a soffermarsi su quella che, anche in questo Messaggio, ho chiamato “ecologia umana”. Vi è infatti un nesso strettissimo tra il rispetto dell’uomo e la

salvaguardia del creato. “I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in rela-zione agli altri” (ivi, 12). Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichili-smo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze. Si può, in effetti, constatare un reciproco influsso tra volto dell’uomo e “volto” dell’ambiente: “quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae benefi-cio” (ibid.; cfr Enc. Caritas in veritate, 51). Rinnovo, pertanto, il mio appello ad in-vestire sull’educazione, proponendosi come obiettivo, oltre alla necessaria tra-smissione di nozioni tecnico-scientifiche, una più ampia e approfondita “responsabilità ecologica”, basata sul ri-spetto dell’uomo e dei suoi diritti e dove-ri fondamentali. Solo così l’impegno per l’ambiente può diventare veramente edu-cazione alla pace e costruzione della pa-ce. Cari fratelli e sorelle, nel Tempo di Nata-le ricorre un Salmo che contiene, tra l’altro, anche un esempio stupendo di come la venuta di Dio trasfiguri il creato e provochi una specie di festa cosmica. Questo inno inizia con un invito univer-sale alla lode: “Cantate al Signore un can-to nuovo, / cantate al Signore, uomini di tutta la terra. / Cantate al Signore, bene-dite il suo nome” (Sal 95/96,1). Ma a un certo punto questo appello all’esultanza si estende a tutto il creato: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, / risuoni il mare e quanto racchiude; / sia in festa la campa-gna e quanto contiene, / acclamino tutti gli alberi della foresta” (vv. 11-12). La festa della fede diventa festa dell’uomo e del creato: quella festa che a Natale si esprime anche mediante gli addobbi sugli alberi, per le strade, nelle case. Tutto rifiorisce perché Dio è appar-so in mezzo a noi. La Vergine Madre mostra il Bambino Ge-sù ai pastori di Betlemme, che gioiscono e lodano il Signore (cfr Lc 2,20); la Chie-sa rinnova il mistero per gli uomini di ogni generazione, mostra loro il volto di Dio, perché, con la sua benedizione, pos-sano camminare sulla via della pace.

BENEDETTO XVI

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“La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, an-che in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio Crea-tore per tutti, e, anzitutto, per protegge-re l’uomo contro il pericolo della distru-zione di se stesso.” Queste parole sono contenute nel messaggio per la 43° Gior-nata della pace che si è celebrata il 1° gennaio di questo anno appena iniziato e che ha avuto come tema “Se vuoi coltiva-re la pace, custodisci il creato”. Il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto così col-legare due temi che sono stati al centro del dibattito mondiale durante il 2009: la pace, sempre più precaria alla luce di quanto accade in alcuni scenari di guerra che sembravano, negli ulti-mi tempi, volgere ver-so un clima più pacifi-co, e l’ambiente, pro-tagonista dell’ultimo, in ordine di tempo, incontro tra i grandi della terra a Copenha-gen, conclusosi con un niente di fatto o quasi e con problemi insoluti, quali il riscaldamento globale e i cambiamen-ti climatici. Benedetto XVI sottolinea, quindi, la re-sponsabilità che ha la Chiesa nel custodire l’opera creatrice di Dio e soprattutto nell’indicare che l’uomo del nostro tem-po non può distruggere o sovrautilizzare ciò che della natura gli è stato affidato senza pensare alle generazioni future. Richiamando quanto già detto nell’ultima enciclica “Caritas in veritate”, il Papa ricorda che lo sviluppo umano, quello che gli economisti e chi si occupa di ge-stione definiscono sostenibile, non può essere disgiunto dai “doveri derivanti dal rapporto dell’uomo con l’ambiente natu-rale, considerato come un dono di Dio a tutti”, in quanto deve essere perseguito un atteggiamento definito nel documento “solidarietà intergenerazionale”, cioè un porsi nei confronti dell’ambiente come custodi e non esclusivi proprietari pronti anche a distruggerlo pur di ottenere il

proprio tornaconto. Il messaggio eviden-zia come già nel 1990 Papa Giovanni Paolo II parlasse di crisi ecologica da non sottovalutare per il bene dell’uomo stes-so e soprattutto richiama l’attenzione su due aspetti che a volte avvertiamo poco nella nostra quotidianità perché ci ap-paiono lontani: le migrazioni di massa a causa di crisi climatiche o ambientali e gli scontri per accaparrarsi le risorse natura-li. Esiste una guerra dal 2003, precisa-mente dal 26 febbraio, che insanguina una zona dell’Africa centrale, l’area del Darfur in Sudan, che sembrerebbe finita nel luglio 2009, anche se continuano attacchi a livello locale, considerata uno

scontro etnico tra la popolazione araba e quella africana che abita l’area, ma che secondo gli studiosi di geopolitica nasce a seguito delle tensioni che collegate alla “disuguaglianza strutturale fra il centro del paese, che si stende lungo le sponde del Nilo, e le aree "periferiche" come il Darfur sono state esacerbate negli ultimi due decenni del XX secolo da una combi-nazione di catastrofi naturali, opportuni-smo politico e geopolitica regionale.” Un libro che tutti dovrebbero leggere è “Guerra alla Terra – I conflitti nel mondo per la conquista delle risorse”, scritto dai componenti di Peace Reporter, con la prefazione di Gino Strada. In questo libro vengono riletti i conflitti più sanguinosi del pianeta alla luce delle cause ambienta-li che li hanno determinati. La guerra Israelo – Palestinese presenta tra i vari motivi anche quello dell’acqua, conside-

rando che il 30% della disponibilità di acqua per la regione proviene dalle Altu-re del Golan, occupati nel 1967 da Israe-le (fonte: Ziad Mimi, docente di Water Management all'Università di Birzeit nei Territori occupati in Cisgiordania), che alcune colonie da evacuare risiedono su pozzi acquiferi che potrebbero dissetare anche le comunità della Striscia di Gaza. E ancora il petrolio del delta del fiume Niger in Nigeria, dove la ricchezza non ricade sulle popolazioni locali, che vivo-no in condizioni di sottosviluppo e sono costretti molto spesso ad allontanarsi dai loro stessi campi, perché invasi dalle per-dite degli oleodotti. Tutto questo ci fa

capire l’urgenza del mo-nito del Papa a porre riparo ad una “mancanza di progetti politici lungi-miranti o del persegui-mento di miopi interessi economici, che si tra-sformano, purtroppo, in una seria minaccia per il creato”, valutando so-prattutto le ricadute morali delle decisioni economiche, per un uti-lizzo etico delle risorse naturali. Il 9 gennaio anche ad Amalfi, durante

la Giornata diocesana della Pace, si parle-rà di ambiente e sarà importante soffer-marsi a riflettere su questo argomento soprattutto per noi che viviamo in un territorio, considerato dall’Unesco Patri-monio dell’Umanità. La nostra responsa-bilità è sicuramente in questo senso mag-giore anche perché diceva un capo tribù indiano nel 1800, il famoso Toro Seduto: “Quando avranno inquinato l'ultimo fiu-me, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ul-timo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter man-giare il denaro accumulato nelle loro banche”. Sarebbe opportuno che l’uomo custode del creato ricordasse tutto ciò sì da rapportarsi con la natura in modo re-sponsabile, perché il rischio è che sia distrutto da tutto ciò che egli stesso ha perseguito con un’ostinazione letale.

Maria Carla Sorrentino

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato

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PAGINA 5 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Non inizierò come forse sarebbe più logi-co, non darò alla pace i contorni sfocati di una chimera oppure quelli abbaglianti di una cometa così veloce nella sua para-bola da poter essere appena sfiorata con lo sguardo per poi accorgersi disincantati di una conseguente veloce dissolvenza. Non enumererò i principi fondamentali che sono alla base della pace, che ne co-stituiscono una garanzia imperturbabile e che vanno tutti secondo una gamma di importanza equivalente: tolleranza, ri-spetto, amore per il prossimo, integra-zione, fratellanza. In questo quadro estre-mamente razionale dovrebbe di diritto rientrare anche la consapevolezza della paura che ci circonda e che rende la no-stra vita insicura. Siamo scolari perfetti e diligenti di un decalogo dettato dalla pau-ra stessa e il decalogo ha permeato le nostre coscienze in maniera capillare ed agile: il diverso può fare male, è più semplice utilizzare uno sguardo con una finalità indagatrice piuttosto che compas-sionevole, è più saggio voltarsi dall’altra parte e fingere di non vedere, se vedere è rischiare, aiutare, andare controcorren-te. E invece no, io voglio sorprendermi: è questo ciò che desidero. Voglio guarda-re all’orizzonte e sorridere, ma non con il sorriso retorico di chi disegna uno scial-bo e scontato lieto fine per cancellare intontito tutto il male che è intorno. No. Io voglio sorprendermi di ciò che può ancora arrivare, di un vaso di Pandora che improvvisamente si capovolge e, capovolgendosi, tramuta a sorpresa il proprio contenuto. Io credo nell’avvento di una meraviglia, di una rinascita di pa-ce: è come se fossi affacciata ad un balco-ne e potessi ammirare già la forma per-fetta, luccicante di questa creatura. Per-ché, oltre il male e il dolore, oltre tutto

ciò che ci attanaglia e tritura i nostri so-gni, ho voglia di trovare la pace delle e nelle piccole cose: nel sorriso e nelle nuove vite, nei girotondi dei bambini e nelle preghiere che si sollevano contem-poraneamente in più lingue e in più parti del mondo; so che mentre si uccide, si piange, si delinea una strategia di odio, si disegna la morte e la si traveste come un pagliaccio con l’abito delle scuse più infa-manti, fondamentalismo, odio razziale, vendetta, altrove qualcosa muove la ter-ra, le infonde un palpito buono e le da il ritmo della pace, la cadenza di un creato di armonia. So che Dio guida le mani giunte e quelle che si tengono per essere più forti, e ancora guida le mani che sen-za arrendersi trattengono chi non può più farlo da solo; so che ci sarà sempre una porta aperta e dietro quella porta qualcuno che accoglierà e sfamerà chi non ha niente. Probabilmente la pace ha bisogno del suo opposto, della guerra, per essere definita tale, come il bianco può essere bianco perché esiste il nero ed il caldo è tale perché si ha esperienza del freddo. Ma è confortante sapere che laddove la terra è esplosa di odio, qualcuno seminerà paro-le di amore e di speranza e che quelle parole saranno ascoltate, qualcuno le farà proprie e le insegnerà ancora, in una ca-tena ininterrotta.. Vedo in Dio in tutto ciò che arriverà a sorprenderci, nelle pause di gioia che alterneranno le sequenze del dolore, co-me i momenti di quiete fra le creste bianche delle onde più minacciose: vedo Dio sui campi di battaglia, fra i feriti dell’ultima guerra. E nella speranza più forte del sangue e del rancore. Io aspetto, ma posso farlo solo nella misura del tem-po che mi è concesso. Ecco perché ho fiducia in chi sarà dopo: il mondo forse non sarà mai totalmente sedato, guarito dalle manifestazioni più violente e scon-certanti, ma quanta gioia e speranza vi sono nell’ombra che, inattesa, offre ri-storo dal sole più insistente, nell’acqua che disseta dopo il deserto. Ci sarà sem-pre chi costruirà la pace, chi metterà un mattone laddove un altro distruggerà un’idea, una fede, un sogno, ci sarà sem-pre chi, guidato da Dio, sposterà l’ago

sulla bilancia dell’odio, facendo vacillare i pesi e le valutazioni. E già solo per que-sto motivo ho voglia di aspettare e di non perdermi il grande privilegio di sperare. In Dio prima e poi negli uomini.

Emilia Filocamo

RIFLESSIONE SUL NUOVO ANNO

Il nuovo anno è ormai iniziato tra fuochi d’artificio e tra brindisi con parenti e amici, tra feste danzanti o nel calduccio rassicurante del focolare domestico. La domanda che dobbiamo porci è : cosa aspettarci da questo nuovo anno? Ebbene , questo dipenderà essenzialmen-te da quanto abbiamo intenzione di “investire” in questo 2010: quanta è la nostra voglia di cambiare quello che non ci piace della nostra vita, quanto impegno siamo disposti a profondere nei nostri progetti, quanto di buono siamo riusciti a trarre dal pesante fardello del nostro passato. E quanto il Natale ha lasciato nel cuore di noi cristiani. Perché se i chili di troppo dovuti a cenoni e festini sono ben in vista e il portafogli piange amaramen-te, a volte dimentichiamo di domandarci quale dono, in effetti, il Natale abbia posto sotto l’alberello addobbato nel nostro animo. Se abbiamo imparato a perdonare un amico con cui vi era una vecchia ruggine, se abbiamo capito di essere a volte troppo egoisti e polemici, se abbiamo deciso di essere più disponibi-li con il prossimo, il nostro Natale non sarà stato sprecato. Se avremmo compre-so il valore della vita, allora avremmo davvero capito il valore di questo nuovo anno. Un bene che troppe volte è sciupa-to, maltrattato, gettato via. Un bene che troppo spesso è dato per scontato. Co-me, infatti, bene diceva Madre Teresa “La vita è un’avventura, rischiala; la vita è felicità, meritala; la vita è la vita, difendi-la”. Impariamo, come proposito del nuo-vo anno, a proteggere questo inestimabi-le dono che il Signore ci ha concesso, apprezzando e sfruttando nel modo più proficuo non solo per sé, ma anche per gli altri ogni attimo, ogni giorno, ogni anno…

Stefania Gargano

SPERARE NELLA PACE...

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La luce abbaglia. La luce avvolge. La luce attira e confonde, acceca e investe, rivela e cela le cose. Misteriosa è la sua natura. Difficilmente descrivibile la sua entità. Impalpabile eppure fortemente percepibile la sua essenza. Per questa sua realtà -duplice, triplice, multipla- è stata scelta come simbolo del Cristo, manifestazione della sua presen-za, metafora della creazione, sinonimo del Bene, in contrapposizione all’oscurità, alle tenebre, simboli del Male. E’ la Luce, con la sua “invadenza”, la sua irruenza, la sua forza a ritornare sempre nei racconti biblici, legandosi alle mani-festazioni della realtà dello Spirito: Gesù è sempre avvolto in un manto luminoso, il Signore si palesa come pura luce, di amore e di purificazione, gli angeli sono creature lucenti e così via. Nella stessa festa dell’“Epifania”, nient’altro che manifestazione della fede, il credente è accompagnato nella narra-zione da un racconto di luce. E’ la stella cometa, infatti, che brilla in cielo, a gui-dare i magi verso la grotta. Un cammino che li porterà a scoprire la magia della nascita del Signore e a diventare testimo-ni della Sua venuta. Ecco perché le parole del poeta Isaia: “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”, permettono di sintetizzare al me-glio, l’idea della rappresentazione del Cristo come scia luminosa che ci indica la strada e invita a rinnovare la propria vita, facendosi portatori della stessa Sua lucen-tezza. Contro il buio di una notte fatta di odio e di rancore, questo è l’appello a farsi messaggeri del Suo stesso fulgore, un consiglio a divenire noi stessi guida e forieri della Sua parola. Ci troviamo dinanzi l’alba di un giorno nuovo; dove tutto si vede, è chiaro, lim-pido. Un dì da vivere in pieno, grazie alla corazza dell’eterna lux, che investendo il credente, lo sostiene e lo accompagna. L’astro celeste del Vangelo cede il posto all’armatura, che diviene guida e compa-gna di avventura, faro che mostra la stra-da, fugando la nebbia, per un cristiano che partecipe dell’Epifania, si fa esso

stesso rivelazione del grande amore di Dio Padre. E allora, splendiamo e viviamo, gridiamo al mondo la verità della Parola, abbaglia-mo grazie alla bellezza dello Spirito e soprattutto annulliamo le tenebre, inon-dando di luce ogni dove. E’ questo l’augurio sincero che vi porgia-mo: che possiate vivere un nuovo anno, ricco di Fede, dove il sole Celeste non tramonti mai.

Iolanda Mansi

ECCOMI Abbiamo meditato negli ultimi giorni del tempo natalizio alcuni messaggi impor-tanti per conoscere Gesù . Nel giorno dell’Epifania, le Letture ci hanno mostra-to il Bambino che si rivela ai lontani. Nella Domenica del Battesimo di Gesù,le letture, in particolare il Vangelo, fanno riferimento a Gesù che si mani-festa al popolo di Israele. Gesù giunge al Giorda-no come uno sconosciuto,( ha v i s s u t o p e r trent’anni nel nascondimento di Nazaret ),si met-te in fila con i peccatori, per entrare nell’acqua e compiere il rito penitenziale. Egli inizia la sua missione non prendendo le distanze dall’uomo peccatore, ma associandosi ad esso. Giovanni vorrebbe evitare tutto questo, ma Gesù lo invita “ a lasciare che le cose avvengano secondo il disegno di Dio”. Proprio nel momento di umiltà e di solidarietà con l’umanità peccatrice, il Padre proclama Gesu’ come “ Figlio Pre-diletto”. “ Tu sei il mio Figlio Prediletto, in Te mi sono compiaciuto”. Nel momento in cui il Padre ci presenta il Figlio, ci invita ad accoglierlo! Ed accogliere Cristo significa

innanzitutto credere in Lui. E’ questo il grande SI al quale siamo invi-tati. Prima di ogni cosa dobbiamo alle-narci all’ascolto della Sua Parola, per poi orientare la nostra risposta costante a Lui, che comunica il suo Amore, Egli come un Tenero Padre, ci chiama, ci ammonisce, ci corregge, promettendo, consolando, incoraggiando. Come Gesù, anche noi abbiamo ricevuto da Dio un grande dono, il giorno del nostro Battesi-mo, “ la nostra figliolanza”. In forza di questo dono, noi conosciamo Dio come nostro Padre, Egli ci riconosce come figli e ci ama. Noi abbiamo bisogno di crede-re, per rispondere al suo Amore , Dio ha bisogno dell’uomo come il partner es-senziale nella costruzione del “ suo Re-gno”. Non sciupiamo, allora, le opportu-nità, i momenti di Grazia che ci vengono

donati, e non stan-chiamoci di cercare “momenti di silen-zio”, per metterci all’ascolto della sua Parola, per confron-tarci con Essa , per poi mettere in prati-ca, quanto il suo ascolto ci suggerisce. La nostra risposta è indispensabile, Dio ha infatti bisogno di noi, per portare a termine la sua opera di salvezza. Certo, i tempi che viviamo non sono certo faci-li, soprattutto per un credente. “Il mondo nega Dio

e rifiuta la salvezza che Egli ci offre in Gesù, il mondo rifiuta la legge dell’Amore proposta dal Vangelo, e pone al centro di tutto l’Io, facendo dell’egoismo il centro di ogni scelta.” Ed è per questo motivo che la nostra vita di fede ha sempre bisogno di essere alimen-tata e sostenuta .Come figli, siamo con-vocati, ogni settimana, alla duplice Men-sa della Parola e dell’Eucaristia, per ave-re doni di “vita nuova”, “vita divina”, “vita eterna”, ed avere la capacità di cre-dere e di cooperare alla “ realizzazione

RIVESTITI DI LUCE

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del regno”.Nel Vangelo di Giovanni (cap1, 35-42), viene descritto l’episodio di due discepoli di cui uno è Andrea, essi hanno seguito Gesù per vedere dove abitava, e si sono fermati presso di Lui . Andrea, continua il racconto, dopo aver visto ,corre dal fratello Pietro, gli riferi-sce di aver trovato il Messia,( il Cri-sto) , lo conduce da Gesù che subito gli consegna la missione che continua anco-ra oggi : “ Tu sei Simone, il Figlio di Giovanni, ti chiamerai Cefa ( che signi-fica Pietro ) . “Senza troppe spiegazioni, con la docili-tà di chi segue Colui che chiama, seguo-no Gesù per sempre. Che cosa avevano visto ? Cosa aveva Gesu’ di così attraen-te da far lasciare tutto, per seguire non solo i passi, ma la vita stessa fino a mo-rire per professare la gioia di essere discepolo e comunicare questa gioia fino al martirio ?” Certamente è quel qualcosa che si chiama “attrazione dell’Amore”. Gesù infatti ha detto:“Quando sarò glo-rificato, attirerò tutti a Me”. La risposta univoca di chi ancora oggi, ha scelto di seguire Gesù, (sacerdoti, laici,consacrati, religiosi e tanti giovani) è : “ Gesù ti accosta quando meno te l’aspetti; si sente dentro il bisogno di trovare una risposta a tante domande, Egli ti invita :< Vieni e vedi >, la gioia ti pervade e tu non puoi più fare a meno di ascoltare e di seguire.” Per seguire Gesù, che è l’Unico che davvero ci riempie il cuore, occorre semplicemente la prontezza del giovane Samuele che risponde prontamente: “Eccomi!, parla o Signore, che il tuo servo ti ascolta.” “Eccomi” è la parola che tutti ( non solo i preti e le suore ) dovremmo pro-nunziare senza riserva, giorno dopo giorno nella nostra vita, e che descrive il modo migliore per accogliere Dio; il dono più grande che aiuta ad uscire dall’oscurità per essere immersi nella Luce di Dio .

Giulia Schiavo

Anche quest’anno Ravello sembra essere stato il paese della Costiera che ha orga-nizzato il più ricco programma di mani-festazioni in occasione delle festività na-talizie appena concluse. In effetti chi ha trascorso a Ravello il periodo di Natale ha avuto l’opportunità di vedere che,ancora una volta,la sinergia tra i vari enti e gruppi operanti sul territorio, ha permesso la realizzazione di un program-ma all’insegna della cultura,delle tradi-zioni e della solidarietà. Certo alcuni aspetti sono anco-ra da rivedere per evitare il rischio di festeggiare dimenticando il Festeggiato e so-prattutto le varie parroc-chie,almeno alla Messa di mezza-notte,per dare un forte segno teolo-gico e pastora-le,dovrebbero convergere nel Duomo e insieme celebrare la nascita del Signore. Sarebbe una grande occasione per capire il senso di unità che il Natale del Signore reca in sé. Forse,però, i tempi non sono maturi,considerato anche il fatto che le direttive diocesane,dispiace dirlo, vanno in senso opposto. Sono lontani infatti i tempi in cui, per aiutare il popolo di Dio della Diocesi di Amalfi-Cava a capire l’importanza dello stare insieme intorno all’altare del Signore per celebrare insie-me una sola Messa, si chiusero le Chie-se,nel pomeriggio della Domenica della SS. Trinità,per consentire ai parroci e ai fedeli di andare allo stadio di Cava dei Tirreni per la Festa diocesana della Fami-glia. Ma veniamo alla cronaca. Anche quest’anno il via è stato dato al Santuario di San Cosma dove il 19 dicembre si è celebrata la “Giornata del Parroco”che ha assunto un particolare rilievo in questo anno sacerdotale voluto fortemente da Papa Benedetto XVI. La corale “Fideles et amati”ha presentato l’oratorio sacro “L’Amore rivelato”che ci ha introdotti nell’atmosfera natalizia. Particolari pro-tagonisti di questo Natale 2009 sono stati i bambini che nelle singole parrocchie o

nel Teatro Tenda hanno dato prova della loro bravura recitando e ballando. La loro spigliatezza e il loro entusiasmo fanno comprendere l’invito di papa Be-nedetto XVI che nella Messa dell’Epifania ha esortato gli uomini ad avvicinarsi a Dio con il cuore di bambi-ni . Accanto ai bambini una particolare attenzione è stata rivolta anche agli anzia-ni di Ravello che si sono ritrovati nella stupenda cornice di Villa Episcopio,che ci auguriamo definitivamente restituita ai

Ravellesi, per la classica cena “in atte-sa del Nata-le”,un appun-tamento gio-ioso e affettu-oso che si è svolto al ter-mine di “Una sera a tea-tro”.Nel cor-so della serata

è stato proiettato un video dedicato allo scultore ravellese Francesco Mansi al quale l’associazione “Ravello Nostra” ha dedicato una mostra nel Complesso dell’Annunziata dove, fino al 6 gennaio, sono state esposte le opere di “Mastro Francesco” che nella sua casa-bottega continua ancora oggi,nonostante l’età,a scolpire il marmo,a creare mosaici ispi-randosi ai grandi capolavori presenti nel-le chiese di Ravello. La mostra è stata un’occasione per scoprire la maestria di Mastro Francesco, erede di quei tanti mastri che nel corso dei secoli hanno reso bella Ravello perché la conoscevano e l’abitavano e non progettavano a di-stanza. Con la Messa di mezzanotte ini-ziata con il dolce suono delle ciaramelle siamo entrati nel cuore della festa. La vera festa. Non si può negare infatti che cultura,tradizioni e solidarietà,i tre punti su cui si è fondato il Natale ravellese 2009,non hanno senso se si trascura l’essenziale,ossia Gesù Cristo. Accoglie-re nella propria vita Dio che si è fatto uomo è il senso pieno del Natale che ogni anno celebriamo.

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Il Natale 2009 a Ravello

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Se poniamo il Dio bambino solo nel pre-sepe ma non nella nostra vita facciamo teatro. E la fede non è spettacolo!Dopo la Messa vespertina di giorno 25,il Trio Tarantae ha presentato in Duomo “Natalea:versi e canti della Notte San-ta”.Domenica 27,si è celebrata la Festa della Famiglia. Purtroppo,anche questa celebrazione non ha avuto la dovuta riso-nanza perché ogni parrocchia ha scelto di festeggiare le proprie famiglie e così,a mio giudizio,abbiamo dimostrato,come comunità ecclesiale,di essere una famiglia divisa o meglio di essere figli che rinun-ciano a fare festa insieme perché attaccati al pezzo di terreno che abbiamo ricevuto. Grazie a Dio,la sera del 27,una buona rappresentanza della comunità civile e religiosa di Ravello si è ritrovata in Duo-mo per partecipare alla IV edizione del “Natale di Solidarietà”in favore dell’Associazione “Cielo-Terra. Progetto Madagascar “. E’ stato veramente un mo-mento molto intenso,in cui abbiamo rie-vocato la figura dell’indimenticabile pa-dre Andrea Sorrentino e abbiamo potuto ascoltare dalla voce del prof. Vincenzo Buonomo,membro della delegazione della Santa Sede presso la Fao,la dram-matica testimonianza a proposito dei gravi squilibri mondiali che creano e fomentano la divisione tra un mondo ricco e un mondo povero. Le melodie del bravissimo coro “Casella “ di Salerno sono state la degna conclusione della serata dedicata alla solidarietà. Il canto è infatti diventato preghiera allorquando i coristi sparsi nelle navate del duomo han-no eseguito in gregoriano” Ubi caritas et amor” creando un’atmosfera che ha fatto da preludio ad un’altra iniziativa che si è svolta nella Chiesa Madre dalla sera di lunedì 28 dicembre al mattino del 29.Si è voluto ripetere,infatti,nonostante il fred-do,l’esperienza dell’Adorazione Eucari-stica notturna proposta per la prima volta nell’agosto scorso. E’ una esperienza straordinaria che,debitamente organizzata e struttura-ta,deve assolutamente entrare nella pro-grammazione pastorale della Comunità ecclesiale di Ravello. Nella serata di mar-tedì 29 dicembre,nella Pinacoteca del Duomo, c’è stata la presentazione del

libro di Padre Gianfranco Grieco,”Padre Kolbe a Ravello nell’estate del 1919”.Un’altra grande occasione per conoscere , attraverso gli interventi dei relatori, una pagina di storia e di fede della nostra Città che ha avuto la gioia e l’onore di ospitare questo grande Santo che ne ha sicuramente apprezzato le bel-lezze naturali per le quali,come figlio

spirituale di san Francesco,ha lodato il Signore e non ha certo visto in esse divi-nità di dannunziana memoria. Una storia quella di Ravello sempre più ricca e affa-scinante che alcuni giovani della “Ravello Nostra”con competenza ed entusiasmo hanno voluto in parte far conoscere attra-verso le visite guidate a Palazzo Episco-pio. La sera del 31 dicembre con il canto del Te Deum abbiamo voluto ringraziare il Signore per tutto ciò che ci ha donato nell’anno, mentre nella Messa solenne del 1 gennaio,mons. Giuseppe Imperato ci ha proposto nell’omelia diversi spunti di riflessione sul significato ancora del Natale,sulla figura di Maria che la liturgia del giorno celebra con il più antico tito-lo,ossia quello di Madre di Dio,e sulla Giornata mondiale della Pace. Domenica 3 gennaio la liturgia ci ha riproposto il Prologo del Vangelo di san Giovanni,già proclamato nella Messa del giorno a Na-tale. Un’altra occasione per comprende-re l’essenziale, sull’esempio dei Magi che, come ci ha ricordato la Solennità dell’Epifania,si sono messi alla ricerca della Verità e l’hanno trovata perché non hanno avuto pregiudizi. La processione quindi che abbiamo fatto al termine della Messa vespertina dell’Epifania,lungi dal voler essere sol-tanto un mero ossequio delle tradizio-ni,ci ricorda che quel Bambino può esse-re tolto dal presepe ma non dalla vita di chi si professa cristiano.

Roberto Palumbo

La ricca programmazione natalizia, curata dall’Amministrazione Comunale di Ra-vello, ha vissuto, il 27 dicembe u.s., uno di momenti più significativi con il “NATALE DI SOLIDARIETA’”, manife-stazione in favore dell’Associazione “Cielo-Terra. Progetto Madagascar”, che si occupa di dare cura ed assistenza ai bambini di quella terra sfortunata. Un straordinaria gara di solidarietà che ha investito gli operatori turistici e i cittadi-ni di Ravello, finalizzata alla realizzazione di un campo scuola nella diocesi di Fort Dauphin in Madagascar e all’adozione a distanza dei bambini di quella terra sfor-tunata nel nome di un frate esemplare, il compianto Padre Andrea Sorrentino. A questa indimenticabile figura di “francescano esemplare, amorevole, maestro umile, esempio vivente calato nella quotidia-nità, che sapeva saturare di preghiera e di esortazioni, vero e proprio angelo del popolo, ultimo tra gli ultimi, semplice tra i semplici, umile fino allo spasimo per amore di Dio” è infatti legata l’associazione “Amici di Pa-dre Andrea” da anni impegnata nelle ado-zioni a distanza proprio in Madagascar. Nella splendida cornice della Basilica ex Cattedrale – Duomo di Ravello l’evento, giunto alla IV edizione, ha visto la parte-cipazione del prof. Vincenzo Buonomo, membro della Delegazione della Santa Sede presso la FAO e del giornalista e scrittore Padre Gianfranco Grieco, Capo Ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia e ideatore della manifestazione. “Noi abbiamo il grande dovere di rappresenta-re questa Città con sempre maggiore dignità: essere ravellesi significa essere cittadini del mondo, e per questo, attenti alle esigenze di chi vicino o lontano da noi soffre”, ha sotto-lineato il sindaco Paolo Imperato, pro-motore della manifestazione, al quale è giunto il messaggio di S.Em.za Rev.ma il Cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro. “E’ testimo-nianza profonda di altissima condivisione umana, è messaggio di civiltà che esalta una Città straordinaria come la Sua, è dimostra-zione del senso più autentico del Natale: il modo più vero per preparare la culla di Gesù e lastricare con gesti concreti la tortuosa via che conduce a Betlemme”. Queste le parole del Cardinale, che, da figlio spirituale di

SEGUE DA PAGINA 7 NATALE DI SOLIDARIETA’

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Madre Teresa di Calcutta, ha salutato la manifestazione con alcuni versi della reli-giosa. La serata si è aperta con una proiezione multimediale che ha illustrato i risultati dell’impegno profuso dalle associazioni in quelle terre sfortunate. Il prof. Buonomo, ordinario di Diritto Interna-zionale e Organizzazione Internazionale

alla Pontificia Università Lateranense, si è poi soffermato sul bisogno di una rin-novata “economia” su scala mondiale e, soprattutto, di una maggiore e più equa condivisione dei beni. I problemi non riguardano, infatti, la produzione dei beni ma essenzialmente una più equa distribuzione e un corretto utilizzo di essi dal momento che ingenti quantità di der-rate alimentari vengono attualmente utilizzate per la produzione di energie rinnovabili mentre la crescita incontrol-lata dei prezzi dei prodotti alimentari, fenomeno drammatico, sta affossando i Paesi poveri. La serata si è poi conclusa con uno stra-ordinario concerto del Coro Polifonico “Casella” di Salerno, che ha deliziato i numerosi convenuti con eccellenti esecu-zioni “a cappella”. Anche quest’anno il Natale della “Città della Musica”, all’insegna della Cultura, delle Tradizioni e della Solidarietà, si è distinto, pertanto, come un momento speciale di condivi-sione verso gli altri e, in special modo, verso gli ultimi e i sofferenti in quanto “è Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano, quando non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società, ogni volta che permetti al Si-gnore di rinascere per donarlo agli altri”.

Luigi Buonocore

Il giorno 20 dicembre 2009, a Ravello, nella Basilica del Complesso Monumen-tale della SS. Annunziata, alle ore 11.30, si inaugurerà l’esposizione dei lavori su pietra del Maestro Francesco Mansi, a cura dell’Associazione Culturale “Ravello Nostra”, in collaborazione con il Comu-ne di Ravello, nell’ambito della pro-grammazione natalizia 2009. La mostra è

stata il tributo al gusto artistico e al baga-glio di conoscenze di un cittadino ravel-lese, che, lontano dai riflettori, rappre-senta l’operosità della nostra gente. Perché questa mostra? Senz’altro per evidenziare due fattori che contraddistin-guono l’attività artistica del Mansi: da una parte c’è la conoscenza di un’arte, quale quella della lavorazione della pietra e del mosaico, che raccoglie una tradizio-ne che ha impreziosito il territorio amal-fitano di innumerevoli opere d’arte, dall’altra c’è la sensibilità di una persona che ha saputo riconoscere la grandezza dell’arte dei nostri avi, l’ha fatta propria rielaborandola ma soprattutto facendola sopravvivere. Ed è proprio questo l’aspetto più nobile dell’attività di Francesco Mansi: il far continuare a vivere tecniche che altri-menti sarebbero solo sui testi di storia dell’arte e nei monumenti, l’aver, cioè, dimostrato che la tecnica dell’intaglio della pietra e del mosaico possono ancora essere portate avanti con quella sapienza

e capacità che hanno contraddistinto grandi personalità artistiche del passato. Questo ruolo di memoria storica non solo di una tecnica ma, si potrebbe dire tranquillamente, dell’approccio con la realtà circostante, sia essa il territorio o semplicemente il materiale da trasforma-re, Francesco Mansi l’ha svolta anche nella sua vera attività lavorativa, quella di muratore: famose le sue volte, che, ri-prendendo il canone tecnico degli anti-chi, riproducono quelle macchine inge-gneristiche dove il calcolo strutturale al computer è sostituito dall’esperienza secolare di una conoscenza che si traman-da da padre in figlio. Questa attività parla di una visione della vita che non può essere frenetica, ma tranquilla, che rispetta i tempi della giu-stapposizione delle pietre nella forma della volta e la presa delle malte, che si ferma a riflettere sulle linee e che ha un prima, costituito dalla creazione della centina, e un dopo che è la visione dell’opera finita, che resta lì e va bene così anche senza rivestimento. Anche le sue opere di scultura e di arte musiva esprimono questa stessa visione: non si può andare di fretta quando si intaglia la pietra, quando si giustappon-gono le pietre colorate per definire il disegno; occorre anche in questo caso un prima e un dopo, un’attesa che permette di riassaporare i giusti ritmi di vita. Per questo l’Associazione Ravello Nostra ha scelto di proporre questa esposizione, un invito, attraverso la visione di opere che hanno richiesto tempo, a riappro-priarsi del proprio tempo ma anche una sollecitazione a riflettere su come la sen-sibilità artistica e la capacità tecnica non devono essere considerate un prodotto antico della nostra terra, quasi incellofa-nato in un tempo fuori dal tempo stesso che è la storia, ma come qualcosa che continua ad esistere e a divenire storia, qualcosa che scorre nelle vene di, pur-troppo, pochi superstiti ma a cui vale la pena affidare il nostro futuro.

Maria Carla Sorrentino

Un artista locale reinterpreta l’eredità dei nostri antenati:

Francesco Mansi

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Lasciando per un istante l’Occidente latino-germanico, il nostro viaggio alla scoperta degli autori medievali raccontati da Benedetto XVI continua nelle regioni dell’impero bizantino, interessato nei secoli VIII e IX dalla controversia icono-clasta. Primo oppositore del culto tributato alle immagini sacre fu l’imperatore Leone III, forse perché influenzato dalle religioni ebraica e araba. La persecuzione degli ebrei che ebbe luogo sotto Leone III deve essere piutto-sto considerata come un segno del raffor-zarsi dell’influenza ebraica, testimoniata, nel secolo VII, da numerosi scritti di teo-logia bizantina in risposta a quelli della cultura mosaica. Più marcata appare in Leone l’influenza araba, fortemente presente e pressante in Asia Minore, che a Bizanzio “non porta-vano solo la spada, ma anche la loro cul-tura, e insieme a questa, la loro caratteri-stica ripugnanza nei confronti della ripro-duzione delle sembianze umane.” L’iconoclastia nasceva così – per dirla con le parole del grande storico bizantino Georg Ostrogorsky - “nelle regioni o-rientali dell’impero da un caratteristico incrocio di un accezione rigorosamente spirituale della religione cristiana, con le dottrine dei settari iconoclasti e le conce-zioni delle antiche eresie cristologiche, come anche gli influssi di religioni non cristiane, il Giudaismo e l’Islam”. In questa particolare tensione spirituale, sfociata in vere e proprie guerre, non mancarono i partigiani dell’una e dell’altra causa, iconoduli (a favore del culto delle immagine) e iconoclasti (contrari). Tra i primi iconoduli incontriamo il pa-triarca Germano (715-730), il quale pre-se un atteggiamento deciso e fermo a favore delle immagini, per cui fu deposto e confinato nei poteri paterni del Plata-nion, dove mori quasi centenario nel 733. Come osserva Benedetto XVI, “nonostante dal punto di vista teologico non si possa qualificare Germano come un grande pensatore, alcune sue opere ebbero una forte risonanza soprattutto

per certe sue intuizioni sulla mariologia”. Di lui sono state conservate, infatti, di-verse omelie di argomento mariano e alcune di esse hanno segnato profonda-mente la pietà di intere generazioni di fedeli sia in Oriente che in Occidente. Le sue Omelie sulla Presentazione di Maria al Tempio sono testimonianze tuttora vive della tradizione non scritta delle Chiese cristiane. Generazioni di mona-che, di monaci e di membri di numero-sissimi Istituti di Vita Consacrata, conti-nuano ancora oggi a trovare in quei testi

tesori preziosissimi di spiritualità. “Creano ancora adesso stupore – conti-nua il Pontefice - anche alcuni testi ma-riologici di Germano che fanno parte delle omelie tenute In SS. Deiparae dormi-tionem, festività corrispondente alla no-stra festa dell’Assunzione. Fra questi testi il Papa Pio XII ne prelevò uno che inca-stonò come una perla nella Costituzione apostolica Munificentissimus Deus (1950), con la quale dichiarò dogma di fede l’Assunzione di Maria.” Ma il più grande e sistematico avversario dell’iconoclastia – come scrive Salvatore Impillizzeri – fu Giovanni Damasceno, di cui anche la nostra Chiesa di Ravello con-serva una reliquia. Appartenente a una ricca e nobile fami-glia cristiana di Damasco, svolse la sua attività in territorio che era già sotto la dominazione araba. Al principio dell’VIII

secolo entrò monaco nella laura di San Saba a Gerusalemme, dove divenne con-sigliere teologico del patriarca della città santa. Nella polemica iconoclasta si di-stinguono, fra gli altri, i suoi Discorsi apologetici contro gli iconoclasti, com-posti tra il 726 e il 730 , che furono con-dannati, dopo la sua morte, dal Concilio iconoclasta di Hieria (754). Questi di-scorsi, però, furono anche il motivo fon-damentale della sua riabilitazione e cano-nizzazione da parte dei Padri ortodossi convocati nel II Concilio di Nicea (787), settimo ecumenico. In questi testi è pos-sibile rintracciare i primi importanti ten-tativi teologici di legittimazione della venerazione delle immagini sacre, colle-gando queste al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel seno della Vergine Maria. Giovanni Damasceno fu inoltre tra i pri-mi a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra adorazione (latreia) e venerazione (proskynesis): la prima si può rivolgere soltanto a Dio, sommamente spirituale, la seconda inve-ce può utilizzare un’immagine per rivol-gersi a colui che viene rappresentato nell’immagine stessa. Ovviamente, il Santo non può in nessun caso essere iden-tificato con la materia di cui l’icona è composta. Ma l’aspetto più notevole della polemica di Giovanni è la sua vibrata protesta con-tro l’ingerenza imperiale nelle questioni di fede, che in tutto il periodo iconocla-stico divenne un motivo ricorrente di grande importanza storica. Lo spazio non ci permette di approfondi-re il grande teologo crisitano, ma ci piace concludere queste poche righe con le parole che Giovanni dedica alla venuta di Cristo sulla terra, del quale abbiamo ap-pena celebrato il mistero: “ … il Figlio di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese… presso i suoi servi… compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova sotto il sole, attraverso cui si manifestò di fatto l’infinita potenza di Dio”.

Salvatore Amato

GERMANO DI COSTANTINOPOLI E GIOVANNI DAMASCENO Due iconoduli nella lotta per il culto delle immagini

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Il tema della Preghiera per l’unità dei cristiani del 2010 si collega al ricordo della Conferenza missionaria internazio-nale di Edimburgo che viene riconosciuta come l’inizio ufficiale del Movimento ecumenico moderno. Nei giorni 14-23 del giugno 1910, oltre mille delegati, appartenenti ai diversi rami del Prote-stantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unì anche un ortodosso, si incontrarono nella città scozzese per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità al fine di annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù. A cento anni di distanza la tensio-ne missionaria che riunì quei cristiani può aiutarci a riflettere sul legame che c’è tra missione e comunione nella vita dei cristiani. Sappiamo bene, infatti, che l’evangelizzazione è tanto più efficace quanto più i discepoli di Gesù possono mostrare la loro comunione, la loro uni-tà. Del resto lo stesso Maestro li aveva avvertiti: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”. Queste parole del Signore fan-no emergere ancor più la contraddizione che c’è tra le divisioni dei cristiani e l’obbligo che comunque essi hanno di un annuncio credibile. D’altra parte non possiamo certo rinviare la comune testi-monianza evangelica fino al giorno in cui sarà ristabilita la nostra piena comunio-ne. E comunque sappiamo anche che la prima testimonianza è la nostra comu-n i o n e . L’urgenza di una evangelizzazione credi-bile ha spinto Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ut Unum Sint, a mettere il dito nella piaga: «È evidente che la divi-sione dei cristiani è in contraddizione con la Verità che essi hanno la missione di diffondere, e dunque essa ferisce gra-vemente la loro testimonianza… Come annunciare il Vangelo della riconciliazio-ne senza al contempo impegnarsi ad ope-rare per la riconciliazione dei cristiani? Se è vero che la Chiesa, per impulso del-lo Spirito Santo e con la promessa dell’indefettibilità, ha predicato e predi-ca il Vangelo a tutte le nazioni, è anche vero che essa deve affrontare le difficoltà derivanti dalle divisioni. Messi di fronte a missionari in disaccordo fra loro, sebbe-

ne essi si richiamino tutti a Cristo, sa-pranno gli increduli accogliere il vero messaggio? Non penseranno che il Van-gelo sia fattore di divisione, anche se esso è presentato come la legge fondamentale della carità?» (n.98). La comunicazione del Vangelo e la co-munione tra i cristiani sono due dimen-sioni che chiedono di essere vissute in maniera più responsabile da tutti i cri-stiani, anche in Italia. Durante il IV Con-vegno Ecumenico Nazionale, tenutosi a

S i r a c u s a , abbiamo ri-flettuto sul tema paoli-no: «Guai a me, se non annuncio il vangelo». La m e m o r i a dell’Apostolo ci ha aiutato a compren-dere ancor

più chiaramente il legame tra l’urgenza della evangelizzazione e una nuova auda-cia nel cammino ecumenico. Abbiamo ringraziato il Signore per il cammino ecumenico che le Chiese e le Comunità ecclesiali hanno compiuto in Italia so-prattutto a partire dal Concilio Vaticano II. E abbiamo sottolineato l’irreversibilità di tale cammino, sapendo bene che l’unità non è il frutto delle nostre alchi-mie umane ma un dono di Dio che dob-biamo chiedere anzitutto con la preghie-ra. Certo, a noi viene chiesto di non la-sciare nulla di intentato per compiere quei passi che ci portano verso l’unità. Abbiamo, infatti, riconosciuto il pericolo di cadere nella sottile tentazione di as-suefarci alla divisione, di convivere trop-po facilmente con la ferita della disunio-ne, ritenendola una condizione insupera-bile. Se così facessimo, saremmo respon-sabili di una grave colpa. Tanto più che abbiamo davanti a noi nuove sfide che chiedono invece un impegno più comu-ne. Basti pensare alla diffusione di quella mentalità materialistica che sta allonta-nando sempre più dal Vangelo uomini e donne, giovani e adulti, ed anche adole-

scenti e bambini. L’attitudine egocentri-ca che ne consegue spinge a ripiegarsi su se stessi privilegiando i propri interessi e dimenticando quelli dei poveri, dei de-boli, degli immigrati, degli zingari e di coloro che non hanno né voce né posto nella società. Non possiamo non guarda-re preoccupati questa involuzione che avvelena le radici stesse della convivenza nel nostro Paese. Vi è poi un altro feno-meno che ci riguarda da vicino e che chiede a noi tutti una rinnovata generosi-tà. Ci riferiamo alla immigrazione cristia-na nel nostro Paese. Si tratta di centinaia di migliaia di fratelli e sorelle sia orto-dossi che evangelici, oltre che cattolici, che sono approdati in Italia per cercare una vita migliore. La loro venuta è come una preghiera rivolta anche a noi perché ricevano una risposta di amore. Anche l’ecumenismo italiano deve ascoltare questo grido: dobbiamo affinare le orec-chie del nostro cuore, allargare la nostra mente e unire le nostre braccia per acco-gliere questi nostri fratelli e aiutarli a c r e sc e r e a n c h e n e l l a f e de . In questo orizzonte è stato scelto il capi-tolo 24 del Vangelo di Luca. E’ la narra-zione del giorno di Pasqua. L’ascolto comune di questa pagina evangelica può aiutarci a riscoprire il grande dono della Pasqua di cui tutti dobbiamo essere testi-moni. Lo furono quelle donne, lo furono anche i due di Emmaus ed anche gli Un-dici. Non possiamo che metterci sulle loro orme a partire dall’obbedienza nell’ascolto. Anche noi sentiremo ardere il nostro cuore e cercheremo di tornare verso Gerusalemme per testimoniare assieme l’incontro con il Risorto. La preghiera rivolta al Padre nell’ultima cena perché i discepoli “siano una cosa sola”(Gv 17, 21) trovava concretezza nel comando che il Risorto diede loro: “Voi sarete testimoni di tutto ciò”(Lc 24, 48). A noi è chiesto di accogliere questo invi-to e, nell’ascolto comune del Vangelo, chiedere al Signore di aiutarci per affret-tare i nostri passi verso la comunione piena.

Mons. Vincenzo Paglia Presidente Commissione CEI

Ecumenismo e Dialogo

Ottavario di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

18—25 gennaio 2010

Page 12: Incontro Gennaio 2010

Lettera alle Famiglie del mese di Gennaio - Febbraio

Cara famiglia,

ancora una volta mi è offerta la possibilità di poterti contattare e, in questo caso, all’inizio di un nuovo anno, anche di formularti gli auguri per un cammino laborioso e fecondo di rapporti umani, nella solidarietà con tutti. Quanto mi è gradito pensare alla reciprocità che vivi al tuo interno, tra i tuoi membri, con quella quotidiana molteplicità di azioni tese a ga-rantire la serenità, la confidenza e la comprensione. In modo legittimo penso a tutti quegli interventi che, all’occasione, riesci a dimostrare quando uno dei tuoi componenti è nel bi-sogno, nella necessità: la tua unità produce, allora, sostegno, vicinanza e … aiuto. In un momento epocale in cui sembra prevalere il soggettivismo, l’indifferenza, tu non stancarti di reclamare all’esterno ciò che, nello spirito di carità, produci di positivo all’interno dell’intimità casalinga. Sei il soggetto più considerato per

poter attestare che si è sé stessi quando si è per gli altri!

Ti benedico.

+ arcivescovo Orazio

VALORE: Aiutarsi

Per raggiungere la consapevolezza che ognuno ha bisogno dell’altro e arrivare ad un clima di apertura e disponibilità verso tutti quelli che hanno difficoltà.

SLOGAN DEL MESE: TI TENDO LA MANO...ATTENDO LA TUA!

CELEBRAZIONI DEL MESE DÌ GENNAIO

La Messa Vespertina nei giorni festivi (sabato e domenica) sarà celebrata alle ore 18.00 e nei giorni feriali alle 17.30.

14-21-28 GENNAIO

Ore 18.00: Adorazione Eucaristica

17 GENNAIO II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe GIORNATA DEL DIALOGO EBRAICO—CRISTIANO

18 - 25 GENNAIO Ottavario di preghiera per l’Unità dei Cristiani

SABATO 23 GENNAIO Ore 18.00: Santa Messa prefestiva

Ore 19.00: Catechesi ai soci della Confraternita 24 GENNAIO

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe

GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DÌ LEBBRA 25 GENNAIO

CONVERSIONE DÌ S.PAOLO 31 GENNAIO

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe