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Inaugurazione dell’Anno Accademico 2004-2005 Palazzo Vecchio, lunedì 21 febbraio 2005

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Inaugurazionedell’Anno Accademico

2004-2005

Palazzo Vecchio, lunedì 21 febbraio 2005

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Notiziario2005

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Sommario

La cerimonia

I professori emeriti, le medaglie dell’Ateneo,gli studenti migliori

Relazione del Magnifico Rettore

Augusto Marinelli

Prolusione

Nicoletta BerardiLa psicobiologia nello studio delle relazioni fra esperienza e comportamento

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La cerimonia

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Il Salone dei Cinquecento durante la cerimonia

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La cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2004/2005si è svolta lunedì 21 febbraio 2005 nel Salone dei Cinquecentoin Palazzo Vecchio.

Numerose le autorità presenti, fra gli altri il prefetto di Firenze Gian Va-lerio Lombardi, Claudio Martini presidente della Regione Toscana, ilPresidente della Provincia Matteo Renzi, il vescovo ausiliare di FirenzeClaudio Maniago, il vice sindaco di Firenze Giuseppe Matulli, il sen.Francesco Bosi, sottosegretario alla Difesa, il presidente del ConsiglioRegionale Riccardo Nencini, gli onorevoli Giovanni Bellini, VanninoChiti, Valdo Spini, il Sovrintendente per il Polo Museale Fiorentino An-tonio Paolucci, il prof. Aldo Pinchera, in rappresentanza del C.U.N., ilgen. Giuseppe Barraco, comandante della Scuola marescialli e Brigadie-ri Carabinieri, il gen. Fabio Del Meglio, comandante della DivisioneFormazione Superiore/Scuola Guerra Aerea, il gen. Roberto Rosi, co-mandante regionale Carabinieri della Toscana, il magg. gen. FedericoMarmo, capo del Dipartimento Sanità dell’Esercito, l’amm. Franco Pao-li, comandante dell’Accademia Navale di Livorno, il primo presidentedella Corte d’Appello Marcello De Roberto, il procuratore generale del-la Repubblica presso la Corte d’Appello di Firenze Giorgio Brignoli, ilprocuratore capo della Repubblica Ubaldo Nannucci, il presidente deltribunale amministrativo regionale della Toscana Giovanni Vacirca, il

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Il Senato accademico durante l’inaugurazione

Il vice sindaco di Firenze Giuseppe Matulli

Il coro dell’Università di Firenze

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presidente della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana,Giancarlo Guasparri, il magg. gen. Renato De Filippis, comandante del-l’Istituto Geografico Militare, l’avvocato distrettuale dello Stato LuigiAndronio, assessori regionali, provinciali e comunali.Hanno partecipato alla cerimonia anche il prof. Raimondo Pasquino,rettore dell’Università degli Studi di Salerno, e il prof. Bruno Pellegrino,delegato del rettore dell’Università di Lecce.La cerimonia si è aperta con il saluto del vice sindaco di Firenze Giu-seppe Matulli a cui ha fatto seguito la relazione del rettore Augusto Ma-rinelli. Il rappresentante degli studenti Thilo Gerard Besançon, di cui eraprevisto l’intervento, ha rinunciato a prendere la parola. Dopo la pro-lusione inaugurale, svolta quest’anno dalla prof.ssa Nicoletta Berardi,ordinario di Psicobiologia e Psicologia fisiologica, sul tema: “La psico-biologia nello studio delle relazioni fra esperienza e comportamento”,sono stati consegnati i diplomi di professore emerito, le medaglie del-l’Ateneo e i diplomi di laurea agli studenti migliori.A conclusione della cerimonia il Coro dell’Università di Firenze ha can-tato il tradizionale Gaudeamus Igitur.L’inaugurazione dell’anno accademico ha coinciso quest’anno con unadata storica: il 230° anniversario della fondazione del Museo di StoriaNaturale dell’Ateneo. Per celebrare il 21 febbraio del 1775, giorno in cuiil Granduca Pietro Leopoldo istituì l’Imperiale e Reale Museo di Fisicae Storia Naturale, è stato effettuato uno speciale annullo filatelico com-memorativo distribuito ai partecipanti alla cerimonia.In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, prima dell’iniziodella cerimonia, il Cardinale Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, hacelebrato la Messa per gli universitari presso il Battistero.

L’annullo filatelico e la cartolinacommemorativa dell’anniversariodel Museo

Il Vescovo di Firenze, EnnioAntonelli, durante la celebrazionedella Messa per gli universitari inBattistero

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I professoriemeriti,le medagliedell’Ateneo,gli studentimigliori

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Nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accade-mico 2004-2005 sono stati consegnati i diplomi di profes-sore emerito a:

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Prof. CURZIO CIPRIANI, giàordinario di Mineralogia, nellaFacoltà di Scienze Matematiche,Fisiche e Naturali, Prorettoredell’Università di Firenze dal 1973al 1991

Prof.ssa ADA FONZI FOSCO, giàordinario di Psicologia delloSviluppo e Psicologiadell’Educazione, nella Facoltà diPsicologia, Preside della Facoltà diMagistero dal 1980 al 1983 e dellaFacoltà di Scienze dellaFormazione dal 2001 al 2002

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Prof. LUIGI LOTTI, già ordinariodi Storia Contemporanea, nellaFacoltà di Scienze Politiche, ePreside della Facoltà dal 1974 al1992

Prof. GIORGIO MORI, giàordinario di Storia Economica,nella Facoltà di Economia

Prof. MARIO POLSINELLI, giàordinario di Genetica, nellaFacoltà di Scienze Matematiche,Fisiche e Naturali

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Prof.ALESSANDRO SERPIERI, giàordinario di Letteratura Inglese,nella Facoltà di Lettere e Filosofia

Prof. DANILO TORRE, giàordinario di Paleontologia ePaleoecologia, nella Facoltà diScienze Matematiche, Fisiche eNaturali e Preside della Facoltàdal 1978 al 1981

È stato consegnato il diploma diprofessore onorario alProf. PIERLUIGI ROSSI FERRINI,già ordinario di Malattie delsangue, nella Facoltà di Medicina eChirurgia

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Il rettore Augusto Marinelli ha conferito la medaglia dell’ateneo per ilpersonale che ha svolto quarant’anni di servizio nell’Università a:

Prof. MARIO CAGNONI, già ordinario di Medicina interna, nella Fa-coltà di Medicina e Chirurgia

Prof.ssa TERESA CRESPELLANI, già associato di Geotecnica, nellaFacoltà di Ingegneria

Prof. MARIO GUIDO CUSMANO, già ordinario di Urbanistica, nellaFacoltà di Architettura e Preside della Facoltà dal 1979 al 1985

Prof. LEONARDO FOCARDI, già associato di Medicina del Lavoro,nella Facoltà di Medicina e Chirurgia

Prof.ssa FRANCA GORI, già associato di Anatomia Patologica, nellaFacoltà di Medicina e Chirurgia

Prof. MARIO INNAMORATI, già ordinario di Ecologia, nella Facoltàdi Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Prof. GIOVAN GUALBERTO LISINI, già ordinario di Meccanica ap-plicata alle macchine, nella Facoltà di Ingegneria

Prof. DOMENICO MASELLI, già associato di Storia del Cristianesimoe delle Chiese, nella Facoltà di Scienze della Formazione

Prof. ADRIANO PERONI, già ordinario di Storia dell’Arte Medievale,nella Facoltà di Lettere e Filosofia

Prof. PAOLO SCARPELLI, già associato di Nefrologia, nella Facoltà diMedicina e Chirurgia

Dott.ssa GIOVANNA TOMBARI, già assistente di ruolo di Diritto Pro-cessuale e Privato, nella Facoltà di Giurisprudenza

Prof. GIANCARLO ZAMPI, già ordinario di Anatomia Patologica, nel-la Facoltà di Medicina e Chirurgia, Prorettore vicario dell’Universitàdi Firenze dal 1979 al 2000

Prof. ALBERTO ZANNI, già associato di Economia Politica, nella Fa-coltà di Economia

Dott.ssa MARIA PIA CHECCHI, già funzionario nella Biblioteca Bio-medica

Sig. FABIO COZZINI, già funzionario nel Museo di Storia Naturale, Se-zione di Geologia

Sig. GIOVANNI CRUCIANI, già impiegato nella Facoltà di Agraria

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Rag. GIAMPAOLO DE STEFANIS, già funzionario nell’area ammini-strativa gestionale dell’Amministrazione centrale

Sig. CARLO MESSERI, già funzionario nell’area tecnico-scientifica delDipartimento di Ortoflorofrutticoltura

Sig.ra NERIANA NOVELLI, già funzionario nell’area amministrativagestionale del Dipartimento di Chimica Organica “Ugo Schiff”

Sig. SANDRO PAPALEO, già funzionario nell’area tecnico-scientificadel Polo scientifico di Sesto

Hanno ricevuto il diploma di laurea, inoltre, gli studenti migliori, unoper ogni Facoltà, laureati nell’anno precedente, con il massimo dei votie nel minor tempo possibile.

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Facoltà di Agraria,Dott.ssa MARLENE CAROBBI,Diploma di laurea in Scienze etecnologie alimentari

Facoltà di Architettura,Dott. SANDRO MAZZANTI,Diploma di laurea in Urbanistica epianificazione territoriale eambientale

Facoltà di Economia,Dott. DAVIDE CANESTRARO,Diploma di laurea in Statistica

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Facoltà di Farmacia,Dott.ssa ALESSANDRA LAMANNA,Diploma di laurea in Farmacia

Facoltà di Giurisprudenza,Dott.ALESSANDRO NEPI,Diploma di laurea in ScienzeGiuridiche

Facoltà di Ingegneria,Dott. PAOLO PAOLETTI,Diploma di laurea in Ingegneriaelettronica

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Facoltà di Lettere e Filosofia,Dott.ssa MARGHERITARAMACCIOTTI, Diploma dilaurea in Comunicazionelinguistica e multimediale

Facoltà di Medicina e Chirurgia,Dott. EDOARDO CAVIGLI,Diploma di laurea in Medicina eChirurgia

Facoltà di Psicologia,Dott. GIORGIO GRONCHI,Diploma di laurea in Psicologia

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Facoltà di Scienze dellaFormazione, Dott.ssa SARA LISI,Diploma di laurea in Scienzedell’Educazione

Facoltà di Scienze Matematiche,Fisiche e Naturali,Dott.ssa SARA CIPRIANI,Diploma di laurea in ScienzeBiologiche

Facoltà di Scienze Politiche,Dott.ssa ANNA RENIERI,Diploma di laurea in ScienzePolitiche

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Relazionedel rettoreAugustoMarinelli

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Eminenza, signor Sindaco, Autorità tutte, Colleghi, cari Studen-ti, Signore e Signori, inauguriamo oggi l’anno accademico2004-2005. Abbiamo appena concluso le celebrazioni per l’ot-

tantesimo anniversario dell’Ateneo, un anno ricco di eventi: l’opera, lapubblicazione della storia dell’Ateneo, la consegna di 89 Salomoni d’o-ro, e ci troviamo a celebrare esattamente oggi i 230 anni dalla istituzio-ne, da parte del Granduca Pietro Leopoldo, dell’“Imperiale e Reale Mu-seo di Fisica e Storia Naturale”. In ricordo di questa data abbiamo pre-visto uno speciale annullo filatelico. Il museo è, infatti, una realtà im-portante dell’Università fiorentina e oggi è pronto ad affrontare anchequesto millennio con un nuovo assetto organizzativo in una prospettivadi crescita e di valorizzazione delle sue preziose collezioni. È proprio con la consapevolezza della nostra storia che ci prepariamo afar fronte ai grandi cambiamenti che attendono il mondo universitarionel prossimo futuro.

Il quadro generaleDa più parti, a livello europeo e internazionale, si parla ormai della ne-cessità di “reinventare” l’università ed altrettanto diffusa è la convin-zione che nei prossimi 10 anni avremo più cambiamenti che nei secolipassati. L’aumento della domanda di studi universitari per accedere al mondo dellavoro e la maggiore mobilità internazionale fanno immaginare tassi dicrescita del numero di studenti di circa il 10-15% annuo nei paesi a mag-gior sviluppo. Allo stesso tempo il fabbisogno formativo post laurea di-venterà un’esigenza irrinunciabile, tanto da far prevedere alle universitàamericane che nel 2010 oltre il 50% dei loro studenti sarà composto dalavoratori con più di 25 anni di età1. Ma le università, così come sonoora, riusciranno ad affrontare questa ulteriore enorme crescita dei pro-pri compiti istituzionali o abdicheranno al loro ruolo a favore di nuoveorganizzazioni, gestite – magari direttamente – dalle imprese?Come questa sfida si concatenerà con l’altra, forse ancora più difficile,della ricerca di eccellenza è infine lo scenario più problematico che ci sipresenta dinanzi. La ricerca scientifica sta assumendo connotati di grande complessità,come fanno intravedere gli sviluppi della fisica quantistica, degli studisui fondamenti molecolari della vita, insieme alle innovazioni nelle tec-nologie della comunicazione e dell’informazione, e richiederà un impe-gno innanzitutto in termini di alti investimenti in tecnologie e di vastiteam o reti di ricercatori a natura interdisciplinare finalizzate a progettispecifici. Il grande fabbisogno finanziario comporterà la concentrazionedelle risorse disponibili su centri di eccellenza, la forte interazione con ilmercato e con le grandi imprese private, che sempre più stanno diven-tando le maggiori fonti di innovazione in numerosi settori scientifici. Gliosservatori concordano nel prevedere che solo poche decine di univer-sità americane potranno nel futuro garantire elevati livelli di ricerca eche il gap fra di esse e le altre sarà destinato inesorabilmente a crescere.È interessante, in proposito, che i colleghi americani vedano nel proces-so di Bologna l’avvio di un miglioramento dell’offerta universitaria eu-

1 Almanac Issue, Chronicle of HigherEducation, 2003

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2 Cfr.“Reinventing the researchuniversity?”, a cura di Luc E.We-ber e James J. Duderstadt, Econo-mica, Paris 2004

3 Frans Van Vught, in “Reinventingthe research university?”, cit.

ropea e quindi l’ingresso di nuovi competitors nel mercato dell’alta for-mazione e della ricerca, ma rilevino, allo stesso tempo, come l’unico ele-mento che ancora impedisce una effettiva concorrenzialità europea siala resistenza ad accettare il principio della concentrazione delle risorsein un gruppo ristretto di università ad alta intensità di ricerca. Sono elementi su cui dobbiamo riflettere per impostare anche le nostrestrategie, immaginando di non poter puntare su tutto, ma trovando ilcorretto equilibrio fra eccellenze esistenti, nuove aree strategiche di ri-cerca ed esigenze-opportunità emergenti dal territorio.

Un altro elemento di profondo cambiamento che si sta delineando èquello relativo al ruolo pubblico dell’università. L’attuale sistema di finanziamento pubblico alle università è in crisi unpo’ in tutti i paesi e le università reagiscono con l’unica altra leva di-sponibile: innalzare le tasse studentesche. Oltre agli Stati Uniti anchel’Inghilterra ha ormai optato per tasse sempre più di “mercato”. In Ita-lia stiamo ancora tentando l’impossibile: aumentare i servizi senza alza-re né il finanziamento pubblico né quello privato. Sia pur a livelli diver-si di velocità fra Stati Uniti ed Europa, si sta, quindi, andando verso unagenerale “commercializzazione” dell’università, nel senso di una mag-giore attenzione al mercato in modo da poterne trarre direttamente ri-sorse. Ma quanto tale processo allontanerà l’università dal suo ruolopubblico, dal produrre “beni pubblici” anche al di là, se non “contro”,le leggi del mercato, quali una conoscenza critica, una capacità di indi-rizzo culturale, una ricerca autonoma, un’accessibilità diffusa all’istru-zione superiore? Credo che la più importante sfida che ci attende sia proprio questa: tro-vare l’equilibrio fra “mercato” e “pubblico” nella gestione dei nostriatenei. Altrimenti l’università rischierà veramente di “… diventare sianella percezione sia nella realtà solo un altro gruppo di interessi defini-to in larga parte dalle forze di mercato”2. Nel qual caso non si tratteràtanto di reinventare l’università ma di sostituirla del tutto.

Tutti i vari elementi che ho fin qui tratteggiato convergono in un dise-gno di crescente complessità del sistema universitario e contemporanea-mente in un aumentato bisogno di efficienza del suo funzionamento. Sipone quindi in modo evidente un altro tema: la definizione di nuovestrutture di governance.Un esempio di ciò è rappresentato dalla crescente specializzazione deisettori di ricerca che porta, oltre ad una frammentazione degli stessi, auna tendenza all’isolamento dei gruppi di ricerca all’interno della pro-pria area e nella conseguente propensione al conseguimento di un’auto-sufficienza gestionale e finanziaria. “Il pericolo di una estrema fram-mentazione organizzativa nell’università è che essa diventi una casualefederazione di mini stati sovrani che sono preoccupati solo dei propri in-teressi e non anche del benessere delle altre componenti federate né del-l’istituzione nel suo complesso, né della società di cui fanno parte”3. Sitratta della citazione di un collega olandese, ma credo che suoni fami-liare anche a molti.

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Il quadro europeo L’Europa sta cercando una propria via in questo complesso quadro dinuove sfide e di nuovi problemi. Al processo avviato a Bologna nel 1999per creare nel 2010 l’“Area europea dell’alta formazione”, che eviden-zia il ruolo centrale delle università nello sviluppo delle conoscenze, si èaffiancato nel 2000 quello della creazione dell’ “Area europea della ri-cerca” con l’obiettivo di fare dell’Europa “l’economia basata sulla co-noscenza più competitiva e dinamica del mondo, capace di uno svilup-po sostenibile con lavori migliori e una maggiore coesione sociale”4. Il processo di Bologna, finalizzato alla crescita quali-quantitativa del-l’alta formazione in Europa, si articola su quattro principali sotto-obiet-tivi: l’omogeneizzazione dei titoli universitari; lo sviluppo della mobilitàstudentesca; la certificazione della qualità dei corsi come strumento in-dispensabile per garantire l’efficacia dei precedenti obiettivi; lo sviluppodella formazione permanente. L’Area europea della ricerca ha, fra i principali obiettivi, quello di supe-rare l’attuale gap fra un livello eccellente nelle ricerche di base e una mo-desta capacità di produrre nuove applicazioni e quello di superare laframmentazione delle risorse umane e materiali dovuta all’esistenza deitanti stati sovrani che la compongono. I relativi strumenti approntatisono sinteticamente quelli finalizzati a favorire: il raggiungimento di“concentrazioni importanti” di risorse, come le reti di eccellenza e i pro-getti integrati; la mobilità dei ricercatori; l’abbattimento delle barriere altrasferimento dei risultati, come la semplificazione degli aspetti buro-cratici e il chiarimento sui diritti di proprietà intellettuale. Questi stessi obiettivi sono anche alla base della proposta di costituzio-ne del Consiglio Europeo della Ricerca, quale organo di raccordo fra ivari programmi degli stati membri e le strategie comunitarie, e della pre-disposizione del VII Programma Quadro, in cui l’indirizzo verso la co-stituzione di reti di eccellenza e la conseguente concentrazione delle ri-sorse divengono prioritari.Con il summit di Berlino del 2003, infine, le due strategie sull’alta for-mazione e sulla ricerca hanno trovato un punto di convergenza. Oltreall’impegno a incrementare gli sforzi già compiuti, è stata infatti sotto-lineata la necessità di completare il processo di Bologna, anche per il ter-zo ciclo di studi, entro il 2010. Il dottorato di ricerca diviene così parteintegrante dell’area dell’alta formazione europea garantendo anche lasaldatura con la strategia di creazione dell’area comune della ricerca. È evidente che la condizione sottostante a entrambe queste strategie è lacrescita delle risorse finanziarie per il sistema universitario, ma, purtrop-po, tale condizione viene attualmente a mancare come emerso anche nelrecente incontro di Berlino: “mentre molti governi hanno fatto conside-revoli progressi rispetto alla creazione del quadro normativo per permet-tere agli istituti di alta formazione di implementare le riforme decise a Bo-logna, solamente metà di essi hanno fornito i fondi per la realizzazionedi tali riforme. … Ciò significa che le riforme di Bologna sono state spes-so implementate a scapito di altre importanti funzioni o di altri miglio-ramenti essenziali negli istituti di alta formazione”5.Analogamente la Commissione Europea, a proposito dell’area della ri-cerca, nella comunicazione “Più ricerca per l’Europa, verso il 3% delPIL” (2002), afferma che l’unica via per raggiungere l’obiettivo previ-sto è proprio quella di garantire quel 3% del PIL alle attività di ricerca,

4 Consiglio Europeo di Lisbona, 2000

5 Trends 2003, Progress towards theEuropean Higher Education Area, UE2003

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in particolare con un aumento dei fondi privati, attualmente ad una quo-ta troppo inferiore rispetto a quelli statunitensi.In ultimo mi sembra importante riprendere quanto detto dalla stessaCommissione Europea: “…se l’Europa vuole raggiungere l’ambiziosoobiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competi-tiva e dinamica del mondo, essa deve semplicemente avere un sistemauniversitario di prima classe”.

Il quadro nazionaleI processi in atto in sede internazionale hanno avuto inevitabili effetti sulnostro sistema universitario, primo fra tutti la trasformazione della di-dattica per l’adeguamento alla struttura su due cicli della formazioneuniversitaria europea. Molto ci sarebbe da dire sulle modalità con cui si è realizzata in Italia lariforma, con l’introduzione della laurea triennale e della laurea speciali-stica: forse basta ricordare che, non ancora terminato il primo ciclo for-mativo, è stata varata una nuova normativa che fra l’altro rinomina lalaurea specialistica in laurea magistrale e modifica l’impianto di riferi-mento dei singoli corsi di laurea. Tutto questo sta causando incertezze einefficienze. Certamente gli atenei hanno compiuto un grande sforzo so-prattutto tentando di adeguare la didattica ad una articolazione e fina-lizzazione delle lauree molto diverse da quelle tradizionali. La rispostain termini di immatricolazioni è stata positiva, ma, purtroppo, a ciò nonsempre ha corrisposto un analogo risultato in termini di qualità. La li-mitatezza dei tempi e soprattutto delle risorse non ha consentito, anco-ra, il pieno sviluppo delle potenzialità della riforma e minaccia di ren-dere inefficaci anche altri importanti aspetti come l’istituzionalizzazionedei rapporti con gli utenti esterni della formazione universitaria, la va-lutazione della didattica, la certificazione di qualità dei corsi, l’introdu-zione dei manager della didattica, la mobilità degli studenti.Ad esempio, in tema di qualità ci troviamo a constatare che, senza ri-sorse disponibili per poter intervenire sui limiti emersi nel processo dicertificazione, il risultato prevalente è soltanto quello di un accresciutoonere amministrativo. Considerazioni analoghe potrebbero riguardare altre innovazioni pro-cedurali, quali la banca dati nazionale dell’offerta formativa, l’anagrafedegli studenti, il diploma supplement.

Anche dal punto di vista della ricerca gli ultimi anni sono stati prodighidi innovazioni miste a nuovi problemi. Mi limito a ricordare la riformadei finanziamenti per i progetti di rilevante interesse nazionale, l’intro-duzione dei Centri di eccellenza per la ricerca e l’alta formazione, l’in-troduzione del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca edel Sistema di Valutazione della Ricerca, lo sviluppo dei dottorati di ri-cerca con l’introduzione delle scuole di dottorato.Tutti questi provvedimenti sono ampiamente condivisibili e coerenti conle strategie internazionali, ma anche per essi il problema è rappresenta-to dall’insufficienza delle risorse disponibili. Basta a questo proposito ri-cordare come l’Italia sia agli ultimi posti nelle graduatorie OCSE per tut-ti i principali indicatori di valutazione delle risorse per la ricerca.

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Il tema del finanziamento del sistema universitario diviene sempre piùineludibile e in questo senso appare positiva l’introduzione nella leggefinanziaria 2005 del principio della programmazione degli organici daparte degli atenei, in quanto lega le politiche di sviluppo universitario al-le corrispondenti disponibilità finanziarie pluriennali. Questo provvedi-mento deve però trovare un effettivo riscontro nella programmazionedelle risorse per il sistema universitario. Oggi la situazione dei finanzia-menti statali, insoddisfacente in termini assoluti, è caratterizzata da unainaccettabile incertezza sui tempi e sull’entità dei trasferimenti ai singo-li atenei: ad oggi non conosciamo lo stanziamento definitivo 2004 e nonabbiamo ancora alcuna informazione su quello per il 2005. È quindi evi-dente che in tali condizioni è del tutto impossibile parlare di program-mazione.Il raggiungimento del rapporto del 3% fra spese per ricerca e formazio-ne e PIL, previsto dall’accordo di Lisbona, sembra veramente l’obietti-vo necessario per poter continuare ad avere un sistema formativo supe-riore confrontabile con quello degli altri paesi sviluppati.Non dimentichiamo a questo proposito la prospettiva prevista dallostesso processo di Bologna che ci porterà rapidamente a una concorren-za diretta fra tutti gli atenei europei, almeno per i livelli più alti dell’i-struzione.Non posso quindi che far mia la recente delibera della CRUI: “Sono or-mai indispensabili finanziamenti aggiuntivi che consentano all’univer-sità italiana di allinearsi a quelle europee mediante un piano plurienna-le di investimenti, da correlare alla programmazione del suo svilupponella qualità, nel quadro di una politica premiale e di valorizzazione del-le risorse disponibili”6.

Tema chiave per il futuro dell’università è infine quello della riforma del-lo stato giuridico dei docenti universitari, attualmente all’esame del Go-verno, di cui si è discusso troppo poco nelle sedi competenti. Condividole critiche della CRUI alle proposte finora circolate, in primo luogo sul-lo strumento della legge delega. È infatti necessario che per tale riformasi proceda attraverso una legge ordinaria “che assicuri la partecipazio-ne più ampia di tutti i soggetti istituzionali alla elaborazione di un testodefinito nei dettagli, del quale si possano misurare immediatamente econ certezza le implicazioni”.

L’Ateneo fiorentinoParlare di cosa è cambiato nell’Ateneo fiorentino negli ultimi anni e dicosa cambierà nei prossimi sarebbe veramente troppo lungo: mi limiteròa evidenziare alcuni dei mutamenti più importanti.

I rapporti con il territorioCredo che l’università sia oggi una risorsa riconosciuta per Firenze e perla Toscana, anche se certamente c’è ancora molto da fare per migliora-re il rapporto con il territorio e trarne tutti i frutti che può offrire, a co-minciare dal trasferimento di conoscenze per uno sviluppo fondato sul-l’innovazione e sulla qualità del lavoro.Un elemento importante di questa tematica, che mi preme sottolineare,riguarda la possibilità di individuare nuove strutture in grado di offrire

6 CRUI, assemblea del 20/1/2005,www.crui.it

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maggiori opportunità di raccolta di finanziamenti esterni: mi riferisco inparticolare alle fondazioni. Il tema è complesso ed è stato oggetto di am-pie discussioni: ritengo, però, che oggi i tempi siano maturi per proce-dere alla fase operativa. Credo che la costituzione di una Fondazioneuniversitaria per la ricerca a Firenze possa trovare il sostegno convintodi tutte le principali forze sociali ed economiche – come già dimostratoin un recente incontro in Aula Magna con rappresentanti del mondo dellavoro e delle imprese – e a queste condizioni possa effettivamente co-stituire il punto di partenza per il rilancio dello sviluppo secondo il mo-dello toscano.

Lo sviluppo edilizio per la didattica e la ricerca L’Università di Firenze in questi anni è cambiata anche nel suo aspetto enelle sue strutture, e completerà la trasformazione nei prossimi 5-6 an-ni. La maggior parte delle facoltà ha cambiato o cambierà la sua sedestorica. Dopo il trasferimento della Facoltà di Scienze a Sesto, è stata lavolta dell’insediamento delle Scienze Sociali a Novoli, poi avremo Agra-ria e Ingegneria a Sesto e i trasferimenti delle facoltà umanistiche nei lo-cali lasciati liberi nel centro storico. Un discorso a parte merita, infine,Medicina che ha partecipato con l’azienda di Careggi alla completa ri-definizione degli spazi dell’area ospedaliera e di viale Morgagni. Si trat-ta quindi di una redistribuzione complessiva degli insediamenti univer-sitari che, insieme al decentramento di alcuni corsi di laurea nell’areametropolitana e nelle province di Prato e Pistoia, ridisegna completa-mente il quadro dei servizi universitari sul territorio, contribuendo sia aldecongestionamento del centro storico sia alla valorizzazione di aree pe-riurbane. L’università esce dai suoi tradizionali confini: nel nostro casonon è solo una metafora, ma un risultato concreto che da un lato ci hapermesso di realizzare spazi più funzionali alle attività universitarie edall’altro ci ha posto vari problemi organizzativi e gestionali, ma che nelcomplesso rappresenta l’unica soluzione percorribile per lo sviluppo del-l’Ateneo. In questa opera auspichiamo che prosegua il sostegno degli en-ti locali.In ultimo voglio ricordare l’impegno per le residenze universitarie con larealizzazione nel giro di pochi anni di circa 300 nuovi posti letto, a cuise ne aggiungeranno altri 600 tra breve. È un punto importante perchél’alloggio a Firenze per gli studenti fuori sede è il principale problema,un fattore discriminante che condiziona l’accessibilità agli studi di quan-ti sceglierebbero Firenze come sede universitaria.

La didatticaIl quadro d’insieme vede passare l’offerta didattica dell’Ateneo dai 40corsi di laurea quinquennale e 37 diplomi universitari dell’a.a. 2000-2001, agli attuali 104 corsi di laurea triennale e 102 corsi di laurea ma-gistrale, più 6 corsi di laurea a ciclo unico, con un aumento degli im-matricolati di oltre il 15% (+1200 matricole) nell’arco dei quattro anni.A tale offerta “tradizionale” si devono poi aggiungere i master universi-tari introdotti nell’anno accademico 2001-2002, che attualmente sono64 di primo livello e 21 di secondo livello per circa 1000 iscritti. I ma-ster, insieme ai corsi di perfezionamento (94 con alcune migliaia di iscrit-ti), rappresentano la più importante risposta del mondo universitario al-l’esigenza di formazione permanente espressa dal mercato del lavoro;

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l’Ateneo fiorentino è ai primi posti in Italia per numero di corsi istituiti. Parallelamente l’Ateneo ha investito sulla riduzione degli abbandoni,con forme di tutoraggio e di adeguamento dei percorsi formativi: nel-l’ultimo quadriennio si è registrato così un aumento del 20% dei laureatiper docente. Molto positivi sono anche i dati rilevati negli ultimi tre an-ni, nell’ambito del progetto Alma Laurea, sull'assorbimento dei laurea-ti da parte del mercato del lavoro, che vedono l'Ateneo fiorentino conpercentuali di circa 6-7 punti al di sopra della media degli altri atenei. Nonostante gli sforzi profusi, anche in termini di risorse finanziarie in-vestite in nuove strutture didattiche, una soddisfacente qualità della di-dattica è ancora un obiettivo da conseguire in vari corsi. Sono stati pre-visti specifici processi per il suo conseguimento e una strategia per leazioni di qualità della formazione impiegando strumenti quali l’accredi-tamento dei corsi di studio, la certificazione di qualità secondo il mo-dello CRUI e, solo per i Centri di orientamento di Facoltà e di Ateneo,secondo il Modello ISO 9001:2000. Una strategia per l’Innovazione della formazione si articolerà sui se-guenti punti principali: l’introduzione dei corsi di laurea a distanzaconformi allo specifico dettato ministeriale (il Corso di laurea in Scien-ze infermieristiche sarà il primo ad essere attivato secondo tali requisi-ti); la realizzazione di accordi quadro sulla formazione con la Regione,il sistema delle autonomie locali e il mondo del lavoro per lo sviluppo dicorsi di formazione permanente; il rafforzamento del rapporto scuola-università per il recupero dei debiti formativi e l’orientamento in in-gresso degli studenti dell’istruzione secondaria superiore.

Nei prossimi mesi completeremo, infine, con il contributo determinantedel Nucleo di Valutazione interna, il bilancio del primo triennio di ap-plicazione della riforma. Dovremo perciò considerare le risorse disponi-bili e i risultati conseguiti, affinché l’Ateneo fiorentino possa responsa-bilmente e realisticamente definire l’offerta didattica compatibile con inecessari standard qualitativi dei processi formativi che gli sono inter-nazionalmente riconosciuti.

La ricercaLa ricerca è il perno dell’attività universitaria: il principio dell’inscindi-bile rapporto fra ricerca e formazione deve essere preservato in quantounico reale strumento per garantire la qualità delle conoscenze trasmes-se. Numerose sono state le innovazioni intervenute nell’attività di ricerca diAteneo. Nel corso del 2004 sono stati definitivamente attivati i Centridi Ricerca Trasferimento e Alta Formazione, attualmente 10 in tutte learee di ricerca. Sulla base del nuovo regolamento per la brevettazione, l’Ateneo ha de-positato domanda per 17 nuovi brevetti, per 9 dei quali nel 2004 sonostate cedute le licenze di sfruttamento.Il nuovo regolamento per la partecipazione dei ricercatori e dell’ateneoa spin-off della ricerca, incentiva docenti e ricercatori al trasferimento eallo sfruttamento di brevetti attraverso la creazione di nuove imprese. Sempre nel 2004, sono stati acquisiti finanziamenti per la realizzazionedi un sistema di incubazione degli spin-off della ricerca e per la realiz-zazione di ambienti per ospitare i Centri e Laboratori di Eccellenza e il

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Liaison office dell’Ateneo. Il progetto appaltato prevede edifici per untotale di 8471 mq.

Un altro importante cambiamento avvenuto in questi ultimi anni, rela-tivamente alla ricerca, è lo sviluppo di nuovi strumenti per il recluta-mento dei giovani ricercatori. Nel 2004 sono stati attivati 801 assegni di ricerca, di cui 444 cofinan-ziati, e sono stati banditi oltre 70 posti di ricercatore universitario a tem-po determinato. Si tratta di nuove opportunità per migliorare l’ingressoalla ricerca che integrano, completandolo, il tradizionale canale di re-clutamento rappresentato dai dottorati di ricerca. Sui dottorati l’Ateneo sta impostando una forte strategia di sviluppo,nella convinzione che essi sempre più dovranno rappresentare uno stru-mento di formazione non finalizzato solo ad una élite di futuri ricerca-tori, ma ad una vasta area di professionalità di avanguardia da integra-re nel mondo del lavoro. L’esperienza statunitense e l’espressa previsio-ne dell’UE per l’inserimento del dottorato di ricerca nel processo di crea-zione “dell’Area europea dell’alta formazione” quale terzo livello di stu-di universitari, ci confermano in questa strategia. Nel complesso, dal2000 ad oggi, gli iscritti a dottorati di ricerca presso il nostro Ateneo so-no passati da circa 800 a quasi 1800. Oggi, con l’introduzione dellescuole di dottorato e il processo di internazionalizzazione dei dottorati,vogliamo compiere un ulteriore salto di qualità puntando a raggiungerel’eccellenza assoluta in questo terzo livello di studi.

L’internazionalizzazioneLa strategia dell’internazionalizzazione è ormai da diversi anni fonda-mentale per l’Università di Firenze, con gli obiettivi di: creare una retesistematica di collaborazioni intese a rendere possibili titoli di studio avalenza internazionale, in particolare dottorati di ricerca e master; par-tecipare attivamente alla strategia di internazionalizzazione promossadal MIUR per lo sviluppo di progetti internazionali e la creazione del-l’Area europea della ricerca; potenziare la rete di accoglienza per stu-denti non italiani, in collaborazione con organizzazioni pubbliche e nonpubbliche.In particolare, se nel 2000 Firenze era collegata a circa 90 università nonitaliane, oggi il numero di questi accordi è salito a 177. Va segnalato anche l’imponente e efficace sforzo per avviare dottorati emaster internazionali nell’ambito dei progetti “Interlink” del MIUR: uncampo dove le proposte presentate dal nostro Ateneo sono sempre sta-te fra il primo e il secondo posto nelle graduatorie nazionali.

L’organizzazione Tutti i cambiamenti finora illustrati hanno manifestato e stanno mani-festando i loro effetti sulle strutture organizzative dell’Ateneo, che han-no cercato di adeguarsi alle nuove esigenze pur con i vincoli normativi,regolamentari e, soprattutto, finanziari esistenti.Un’analisi delle voci di sintesi delle entrate e delle uscite dell’Ateneo pergli anni dal 2000 al 2004, mostra come le entrate ministeriali siano au-mentate nel periodo di soli 13 milioni di euro, pari a poco più dell’1%su base annua, a fronte di aumenti retributivi di 38 milioni di euro (+4%annuo) e di maggiori spese di gestione ordinaria di circa 10 milioni di

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euro (+10% annuo) a cui sono anche da aggiungersi 5 milioni di europer aumenti nelle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Da sottoli-neare inoltre come l’altra voce di entrate possibile per l’Ateneo, le tassestudentesche, sia rimasta sostanzialmente invariata nel periodo, nono-stante la crescita degli iscritti.Come ha fatto l’Ateneo a sopportare questa situazione? Possiamo direche ce l’ha fatta dando fondo a tutte le sue risorse oltreché patrimonia-li anche di impegno e di inventiva. Ad esempio, tutte le fonti esterne difinanziamento per la ricerca sono state duplicate nel periodo. L’altra,unica, azione possibile sul lato entrate è stata la sottoscrizione di un ac-cordo di programma sull’edilizia con il Ministero, che permetterà dicontinuare uno sviluppo indispensabile per rimanere competitivi nellaricerca e nella formazione. Da ricordare inoltre la valorizzazione del rap-porto con gli enti territoriali: un esempio per tutti è l’importante accor-do raggiunto con la Regione Toscana che ha portato all’applicazione de-gli atti aziendali delle aziende ospedaliere universitarie di Careggi e delMeyer. Su questa base sarà quindi sviluppato il progetto del nuovo Ca-reggi ed il completamento del nuovo Meyer, con la riqualificazione de-gli spazi per la didattica e la ricerca universitaria.Dal lato delle spese l’Ateneo ha cercato di sviluppare una politica di dif-ficile equilibrio fra esigenze di risparmio e di rafforzamento degli orga-nici. Fra gli interventi di maggior rilevo effettuati si ricordano: la ridu-zione del 20% del turn over dei docenti con il recupero delle anticipa-zioni sui pensionamenti concesse negli anni ’90; i successivi accordi sin-dacali per il personale tecnico amministrativo che, oltre a consentire lavalorizzazione delle competenze acquisite dai dipendenti con le valuta-zioni per i passaggi di categoria, hanno condotto alla definizione dellapianta organica di Ateneo e alla previsione di importanti assunzioni.

Il miglioramento dell’efficienza gestionale è stato un altro obiettivo co-stante nell’ultimo triennio e lo sarà nel futuro. La riorganizzazione am-ministrativa con l’istituzione dei poli di servizio è il risultato più evidentedi questa azione. La valutazione dei risultati è stata positiva e siamopronti a varare l’assetto definitivo per i servizi dell’Ateneo già da que-st’anno. Altre rilevanti azioni sono state il riordino dei servizi di segreterie stu-denti e la riorganizzazione dei servizi informatici, con cui è stato possi-bile colmare in buona parte il ritardo in cui versavano, riuscendo allostesso tempo a razionalizzarne i costi: lo stanziamento relativo in bilan-cio è costante da 5 anni. Nonostante tutti gli interventi richiamati, l’evoluzione delle risorse illu-strata inizialmente è tale da averci costretto, già da due anni, a chiude-re il bilancio preventivo ricorrendo alla vendita di patrimonio non stra-tegico per far fronte agli aumenti dei costi di personale e di gestione. Èchiaro che questa è una strada di breve percorso, senza interventi im-portanti di finanziamento del sistema universitario non potremo anda-re avanti. In questo senso diviene indispensabile una programmazionevera delle risorse. Da un lato trasferimenti certi nel tempo da parte delMinistero, dall’altro strumenti operativi reali a disposizione degli ateneiper intervenire sui propri bilanci. Il tutto ovviamente integrato con ade-guati sistemi di valutazione dei risultati conseguiti e opportuni strumen-ti di sanzionamento e di incentivazione.

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7 Bologna 1999 Universities’ inde-pendence and autonomy ensure thathigher education and research sy-stems continuously adapt to chan-ging needs, society’s demands andadvances in scientific knowledge.

Anche le recenti proposte di un cambiamento nella concessione dei fi-nanziamenti, subordinandone una quota, in prospettiva crescente, alraggiungimento di determinati indicatori di qualità, non sembrano nécredibili né accettabili almeno fino a quando, per molti degli atenei piùgrandi, la quasi totalità dei trasferimenti sarà impegnata per le spese delpersonale e gli incrementi stipendiali saranno annualmente maggiori del-le variazioni nel fondo di finanziamento ordinario. Solo nella prospettiva di una programmazione complessiva delle risorsesi può pensare allo sviluppo del sistema universitario e non attraversointerventi autoritari o velleitari.Ciò non toglie che gli atenei debbano fare tutto il possibile per esserepronti a raccogliere la sfida e migliorare la propria efficienza.

La governanceUna questione impegnativa per i prossimi anni è l’adeguamento dellastruttura di governo – costruita quando il ruolo di un ateneo non eramolto diverso da quello di un grande ufficio statale – alle trasformazio-ni intervenute e alle nuove sfide.Una per tutte, la sfida principale, il conseguimento di una reale autono-mia. Come superarla se non intervenendo su processi decisionali pensa-ti soprattutto per obiettivi di garanzia e di controllo, e certo non per fa-vorire, o meglio, consentire una gestione dinamica con l’introduzione diinnovazioni, la programmazione di investimenti e risorse, in altre paro-le, reali processi di sviluppo dell’università? Uno dei principi chiave del-l’agenda europea in tema di alta formazione è l’autonomia delle istitu-zioni ad essa preposte: “…l’indipendenza e l’autonomia delle universitàgarantiscono che l’alta formazione e la ricerca si adattino continuamen-te ai nuovi bisogni, alle nuove domande della società e permettano ilprogresso nella conoscenza scientifica”7.

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(Importi in mig lia ia di E uro)

Anni 2000 2001 2002 2003 Prev.2004

Budget al net to di assegnaz ioni una-t antum 219.935 225.039 226.914 225.462 232.200

Ent rate cont ribut ive 50.099 45.643 50.367 53.506 52.221

F inanziament i per l' ediliz ia 7.581 23.246 4.805 31.909 20.935

(importi espress i in mig lia ia di euro)

anni 2000 2001 2002 20032004

(Prev.Ass .)

208.878 223.527 230.249 238.722 246.000

3.857 5.088 5.243 4.755 8.626

24.056 29.814 28.769 31.220 34.298

10.081 9.900 10.413 10.891 12.203

5.403 5.604 5.761 4.332 4.735

22.587 27.394 30.530 33.600 43.776

Spese patrimonio edilizio (manutenzione ordinaria, straordinaria eattrezzature/impianti)

Spese per stipendi

Spese funzionamento generale

Ricerca MIUR, CNR e altri (compreso convenzioni)

Ricerca Università

Dotazione alle unità amministrative

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È proprio la responsabilità di garantire il libero pensiero e l’indipen-denza nelle scelte didattiche e di ricerca a giustificare il principio costi-tuzionale di autonomia, unico in tutto il panorama dei servizi pubblicie internazionalmente riconosciuto. È chiaro anche che tale concetto è in-scindibilmente legato alla libertà e alla capacità di scelta da parte delleuniversità e a forti sistemi di controllo sui risultati.

Ritengo sia necessario concretizzare quel percorso di adeguamento del-la governance dell’Università di Firenze che ho annunciato già nel mioprimo mandato e che è stato coerentemente condotto negli anni succes-sivi. Un mutamento di questo genere richiede la consapevolezza e la con-divisione più ampia possibile fra tutte le forze dell’Ateneo e quindi an-che un congruo periodo di tempo. Dopo gli incontri avuti in occasionedelle Conferenze di Ateneo è stato dato incarico a una commissione dipredisporre un documento base su cui elaborare le modifiche statutarie.Il principio guida del documento è il seguente. “Il nostro sistema uni-versitario attraversa per molti aspetti quella che si potrebbe definire unacrisi di governabilità. La nuova università fondata sull’autonomia si statrovando davanti a compiti di progettazione strategica e di gestione deltutto inediti rispetto al passato e deve assolverli coniugando responsa-bilità, efficienza e trasparenza delle scelte con una effettiva capacità dirappresentanza democratica di tutte le sue componenti, ognuna con ri-ferimento al ruolo che ricopre nel sistema”.Questo primo documento è già stato oggetto di una discussione da par-te di varie componenti universitarie e il principio guida è risultato am-piamente condiviso.Ritengo perciò che si debba andare avanti nel processo cercando di con-cluderlo, anche se non intendo forzare i tempi. Tutti i passaggi necessa-ri devono essere effettuati. Sarebbe sbagliato puntare solo alla bontà“tecnica” della riforma: senza un reale diffuso apprezzamento, la rifor-ma sarebbe automaticamente sbagliata.Non so se il periodo di tempo che manca alla scadenza del mio manda-to sarà sufficiente a completare questo percorso, ma mi auguro che inogni caso il mio successore lo ponga quale assoluta priorità. Il tema della programmazione emerso con la legge finanziaria e con ilsuccessivo decreto legge, le varie iniziative per la ridefinizione dei meto-di di finanziamento del sistema universitario promosse anche dalla stes-sa CRUI, la situazione finanziaria del nostro Ateneo, le esigenze di guar-dare al medio periodo per le scelte di investimento per una universitàcompetitiva internazionalmente, le prospettive di un concentramentodelle risorse per la ricerca verso le aree di eccellenza e infine le opportu-nità e i problemi connessi agli elevati tassi di quiescenza del personaledocente nei prossimi anni, sono tutti elementi che richiedono risposteimmediate e soprattutto processi decisionali in grado di cogliere tutte leprospettive di sviluppo esistenti.

Con la consapevolezza dell’impegno e della qualità del personale dell’Ate-neo, con la speranza di riuscire a compiere anche quest’ultima riforma conil sostegno di tutti e con la determinazione che l’Università di Firenze af-fronti le sfide del cambiamento e partecipi al programma europeo di crea-zione della “economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamicadel mondo” DICHIARO APERTO L’ANNO ACCADEMICO 2004-2005.

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Prolusione

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Nicoletta Berardi*

La psicobiologia nellostudio delle relazioni fra esperienza ecomportamento

Autorità tutte, Magnifico Rettore, esimi colleghi, cari studenti, si-gnori e signore, vorrei innanzi tutto esprimere il mio più sentitoringraziamento al Magnifico Rettore dell’Università di Firenze,

professor Augusto Marinelli, per avermi invitato a tenere questa prolu-sione in occasione della inaugurazione dell’anno accademico 2004-2005.Ritengo che questo invito sia un riconoscimento non soltanto per me eper il mio gruppo di ricerca ma anche per l’attività di tutta la Facoltà diPsicologia che sono orgogliosa di rappresentare in questa occasione nel-la sua interezza. Siamo una Facoltà giovane, ma abbiamo alle spalle unalunga attività qui a Firenze. Come indicato nel titolo della mia prolusione, vi parlerò delle relazionifra esperienza e comportamento. Questo è un argomento che ha impe-gnato la riflessione e la ricerca di studiosi nell’ambito di diverse disci-pline. Io vi presenterò alcuni esempi che illustrano il contributo della ri-cerca psicobiologica allo studio delle relazioni fra esperienza e compor-tamento sia durante lo sviluppo di un individuo che nell’adulto.Farò riferimento sia a risultati ottenuti dal mio gruppo di ricerca che arisultati ottenuti in altri laboratori.

La psicobiologia nasce proprio con lo scopo di comprendere le basi bio-logiche del comportamento. Per poter svolgere questo compito la psicobiologia deve necessariamen-te confrontarsi con processi complessi, per la comprensione dei quali ènecessario un approccio su diversi livelli, da quello dell’osservazione di-retta del comportamento a quello della misurazione dell’attività cere-brale a quello della determinazione dell’attività di singole cellule nervo-se. E’ solo attraverso questo approccio integrato che si può ottenere unacomprensione adeguata dei processi alla base delle manifestazioni com-portamentali.

Le moderne tecniche che consentono la visualizzazione dell’attività ce-rebrale hanno chiaramente mostrato che ad ogni percezione, azione,pensiero od immaginazione corrisponde l’attivazione di specifiche areecerebrali. Svolgere attività diverse significa attivare aree cerebrali di-verse. A sua volta l’attività delle aree cerebrali, visualizzata con le tecni-che di imaging, è dovuta all’attività delle cellule nervose presenti in que-ste aree. Le cellule nervose, o neuroni, presenti nel cervello sono un nu-mero enorme, 100 miliardi di neuroni nel cervello umano. I neuroni so-no tra di loro connessi attraverso strutture specializzate dette sinapsi, * professore ordinario presso

la Facoltà di Psicologia

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che servono a trasmettere l’informazione da un neurone presinaptico aduno o più neuroni postsinaptici. La complessità del nostro cervello è ta-le che in un mm3 di corteccia cerebrale possono essere presenti fino a600 milioni di connessioni.L’insieme di un gruppo di neuroni connessi fra di loro costituisce un cir-cuito nervoso. Il nostro comportamento dipende dalla attivazione coor-dinata di molteplici circuiti nervosi, che possono includere anche neu-roni situati in aree cerebrali differenti.

Esperienza e comportamento

Il nostro comportamento è modificabile dall’esperienza. Quale è la pe-culiarità della ricerca psicobiologica di fronte al fatto che l’esperienzamodifica il comportamento? La peculiarità della ricerca psicobiologicaè quella di cercare di determinare cosa accade nei circuiti cerebrali men-tre il comportamento si modifica sotto l’azione dell’esperienza, ad esem-pio mentre acquisiamo una nuova abilità o mentre un evento si impri-me nella nostra memoria, e di cercare di stabilire se gli eventi cerebralisiano causalmente relati ai cambiamenti del comportamento.

Con questi approcci, la psicobiologia ha contribuito, negli ultimi ventianni, a costruire evidenze a favore dell’ipotesi che l’esperienza modificail comportamento modificando, sia dal punto di vista funzionale cheanatomico, i circuiti cerebrali la cui attività è alla base delle diverseespressioni del comportamento.

La capacità dei circuiti nervosi di modificarsi in risposta all’esperienzaviene detta plasticità neurale. Tale proprietà, particolarmente evidentenei circuiti corticali, è essenziale per la nostra esistenza e per la nostraidentità. Senza di essa, il nostro cervello non si sarebbe sviluppato in ma-niera appropriata, il nostro comportamento sarebbe rigido e stereotipa-to, saremmo esseri senza memoria.

Esperienza e sviluppo del comportamento

Durante lo sviluppo il ruolo dell’esperienza è fondamentale affinché icircuiti cerebrali, inizialmente formatisi sulla base di specificazioni ge-netiche, maturino in maniera appropriata a garantire il normale svilup-po delle funzioni cerebrali e del comportamento. Infatti, l’organizzazione delle aree e delle connessioni cerebrali emergeda un complesso processo di sviluppo.Alla specificazione genica va il ruolo di guidare i processi iniziali dellosviluppo cerebrale e quello della formazione iniziale delle connessionineurali. All’esperienza specifica dell’individuo ed alle sue interazioni con l’am-biente va il ruolo di guidare le fasi finali dello sviluppo dei circuiti cere-brali, conducendoli allo stato maturo e quindi guidando lo sviluppo del-le diverse espressioni del comportamento in maniera individuo – specifi-ca.

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L’esperienza integra e completa quindi il lavoro svolto dai geni ed agisceovviamente entro i vincoli da essi stabiliti. In maniera molto semplifica-ta, potremmo dire che i geni sono la potenzialità di un comportamento,sono la costruzione iniziale dei circuiti che potenzialmente potrebberoesserne alla base. L’esperienza specifica dell’individuo determina se e inche modo tali potenzialità verranno espresse. Senza i geni l’esperienza èinutile; senza l’esperienza la potenzialità iniziale resta inespressa.Un esempio fra i tanti che illustra il ruolo dell’esperienza nello sviluppoè quello classico dello sviluppo delle funzioni sensoriali, ed in particola-re della funzione visiva. L’acuità visiva, ovvero la nostra capacità di ri-solvere i dettagli fini di un immagine, è bassa alla nascita. Lo sviluppodell’acuità visiva si completa nell’uomo intorno ai 5 anni, ma già nel cor-so dei primi 6 mesi di vita di un bambino l’acuità aumenta di un fatto-re 5. Questo aumento è completamente prevenuto dalla mancanza di ap-propriata esperienza visiva come può verificarsi nel caso di una catarat-ta neonatale densa bilaterale. L’acuità visiva di un bambino al quale lacataratta sia stata rimossa a 9 mesi di età è uguale a quella di un neo-nato di poche ore di vita: in assenza di esperienza appropriata l’acuitàvisiva non si è affatto sviluppata. Se la cataratta viene rimossa entro iprimissimi mesi di vita lo sviluppo dell’acuità parte immediatamente edil risultato finale è una acuità normale.I circuiti cerebrali, quindi, alla nascita non sono completamente maturied hanno bisogno di essere “esercitati” per completare il loro sviluppo.In che modo l’esperienza è in grado di “esercitare” i circuiti neuronali?Attraverso il tipo di attività elettrica che essa evoca nei circuiti stessi. At-tivando alcune connessioni nervose e non altre l’esperienza determinerà,ad esempio, quali connessioni si rafforzeranno e quali si ritrarranno,opererà quindi un’azione di selezione. Ma addirittura l’esperienza puòdeterminare la comparsa di nuovi circuiti cerebrali, favorendo la for-mazione di nuove connessioni fra i neuroni. Nei soggetti con sorditàcongenita che usano il linguaggio dei segni la combinazione di mancan-za di esperienza acustica e di utilizzo di un linguaggio “visivo” determi-na la colonizzazione delle aree acustiche da parte di ingressi visivi e lamodificazione dei circuiti delle aree del linguaggio, con comparsa di unaestesa rete di aree attivate dal linguaggio dei segni nell’emisfero cerebraledestro. Possiamo quindi ben dire che durante lo sviluppo l’esperienzacontribuisce letteralmente alla costruzione del cervello. In che modo? Agendo su fattori, quali i fattori neurotrofici, la cui espres-sione dipende dall’attività elettrica che l’esperienza evoca nei circuiti neura-li e che sono in grado di organizzare lo sviluppo di intere popolazioni neu-ronali e di guidare i processi di rimodellamento delle connessioni sinaptiche. Conoscere i fattori attraverso i quali l’esperienza agisce nel guidare losviluppo dei circuiti cerebrali e del comportamento può consentire di in-tervenire per prevenire deficit di sviluppo che si manifesterebbero qua-lora l’espressione di questi fattori fosse assente o alterata.

Periodi critici nello sviluppo

Una scoperta fondamentale per la comprensione della relazione fra espe-rienza e sviluppo del comportamento è stata quella dell’esistenza di perio-di critici.

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I periodi critici sono quelle particolari finestre temporali durante lo svi-luppo post natale entro le quali l’esperienza può agire in maniera parti-colarmente efficace per modellare lo sviluppo dei circuiti nervosi. Ter-minati questi periodi, che hanno una durata diversa per le diverse fun-zioni in sviluppo, l’esperienza non avrà più lo stesso effetto e quindi, sei circuiti cerebrali non sono stati “esercitati” in maniera appropriata du-rante queste finestre di opportunità, qualcosa è andato perso per sem-pre. Anche se in seguito fosse possibile per il soggetto “esercitare” talicircuiti, essi non risponderebbero più all’esperienza e lo sviluppo dellacorrispondente funzione non avverrà più come se l’esperienza appro-priata fosse stata fatta nel momento in cui avrebbe dovuto essere fatta.Gli esempi di periodi critici sono tantissimi. Per riprendere il discorso sulruolo dell’esperienza nello sviluppo dei sistemi sensoriali, in soggetti incui l’esperienza acustica o visiva è alterata o viene a mancare per tempipiù lunghi della durata del periodo critico per lo sviluppo di una deter-minata funzione uditiva o visiva, tale funzione risulterà permanente-mente alterata. I casi riportati in letteratura sono numerosi. Emblemati-co è il caso, descritto recentemente da colleghi americani, di un sogget-to che ha perso la vista per un incidente intorno ai tre anni di età. Daadulto, per una innovativa operazione oftalmologica, riacquista la ca-pacità di vedere. Ebbene, la sua acuità visiva è risultata di poco supe-riore a quella di un neonato, senza nessun segno di miglioramento an-cora 21 mesi dopo l’operazione. E’ da notare che il soggetto non haneanche mantenuto le capacità visive che aveva al momento dell’inci-dente: la mancanza di esperienza visiva ha causato quindi addirittura unregresso rispetto ai valori di acuità raggiunti, perché i circuiti non eranoancora completamente maturi e l’esperienza era ancora necessaria per ilconsolidamento delle connessioni.L’esistenza di periodi critici è stata dimostrata anche per lo sviluppo del-la capacità di riconoscere i volti, una abilità di chiara rilevanza sociale.

Ulteriori esempi di periodi critici stanno emergendo anche per gli effet-ti di alterazioni in specifici sistemi neurotrasmettitoriali durante lo svi-luppo postnatale e l’emergenza di una duratura alterazione del compor-tamento, ad esempio verso un fenotipo ansioso.

Quando la durata del periodo critico per lo sviluppo di una determina-ta funzione è stata misurata in specie diverse, la durata del periodo cri-tico è risultata correlata con la durata della vita. Quindi, più lunga la vi-ta, più lunga la finestra di opportunità entro cui l’esperienza può guida-re lo sviluppo. Una vita più lunga vuol dire anche un più lungo periododi sviluppo per le funzioni cerebrali. Infatti, la durata del periodo criti-co e la durata dello sviluppo di una funzione correlano. Questo signifi-ca che, man mano che l’esperienza guida la selezione delle connessionineurali, determinando la maturazione di un circuito e della corrispon-dente funzione, il circuito e la funzione diventano sempre meno modi-ficabili dall’esperienza.Tra i periodi critici più noti ci sono certamente quelli per lo sviluppo dellinguaggio. Un esempio viene dall’apprendimento di una seconda lingua.Se la seconda lingua è appresa tardivamente alcune distinzioni fonetichesono difficili da padroneggiare, come è il caso della distinzione fra la “l”e la “r”, per noi facilissima ma per i giapponesi estremamente difficile.

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Sarà inoltre presente un “accento” nel parlare la seconda lingua che nonè presente in quei soggetti bilingui che hanno acquisito entrambe le lin-gue precocemente. Del resto, senza andare all’apprendimento di una lin-gua straniera, quelli che si trasferiscono da una regione italiana all’altrada grandi, mantengono spesso l’accento originale e possono essere im-mediatamente riconosciuti come “non locali” anche dopo decenni dipermanenza. Ebbene, la differenza fra apprendere una seconda linguada grandi o da piccoli è visibile nell’attivazione delle aree del linguaggio.Ad esempio, se si visualizza l’attivazione nell’area di Broca, l’area mo-toria del linguaggio, in soggetti che hanno appreso una seconda linguada grandi, si osserva che quando parlano nella loro lingua madre si at-tiva una regione dell’area di Broca che non si sovrappone a quella che siattiva quando parlano la seconda lingua; pur essendo entrambi nell’areadi Broca, i circuiti neurali attivati dal parlare le due lingue sono diversi.In soggetti che hanno appreso due lingue contemporaneamente da pic-coli si attivano invece zone sovrapposte. Quando si dice che l’esperien-za “forma” il cervello!

È molto probabile che l’esperienza contribuisca anche allo sviluppo del-le capacità di capire le intenzioni e le convinzioni degli altri, ovvero del-la capacità di “mentalizzare”, una capacità che è cruciale per le intera-zioni sociali, e allo sviluppo di molte altre funzioni cerebrali alla basedelle nostre capacità e competenze.

È quindi estremamente importante allenare i circuiti cerebrali in svilup-po ed allenarli al momento giusto. Le esperienze appropriate devono es-sere fatte non prima che i circuiti neurali siano pronti per accettare laguida dell’esperienza, non dopo che non lo sono più. E’ importante nonsprecare le finestre di opportunità che lo sviluppo offre per non lasciareinespresse le potenzialità individuali.

Ma è possibile superare i limiti imposti dalla chiusura di un periodo cri-tico e riaprirlo, per correggere i difetti dovuti alla mancanza di esperien-za appropriata durante il normale svolgersi del periodo critico stesso? Perrispondere a questa domanda è necessario conoscere i fattori che deter-minano la chiusura dei diversi periodi critici. Questo è un argomento digrandissimo interesse nella psicobiologia, sul quale molti laboratori stan-no lavorando. Anche noi ci stiamo lavorando ed in particolare stiamo in-vestigando sul ruolo di un gruppo di fattori che compongono la matriceextracellulare. Queste componenti formano una sorta di rete intorno al-le cellule nervose nell’adulto, che avvolge completamente i neuroni, limi-tando le capacità di riarrangiamento delle connessioni neuronali. Duran-te lo sviluppo precoce, guarda caso proprio quando le connessioni neu-rali sono più facilmente modificabili dall’esperienza, questa rete non èpresente. Noi ci siamo chiesti se è possibile modificare la composizionedi questa rete, rendendola meno fitta, in modo da restituire al cervelloadulto la capacità di rispondere all’esperienza tipica del cervello giovane.La risposta a questa domanda sembra essere positiva. In particolare, ab-biamo risultati incoraggianti in modelli animali per quanto riguarda lapossibilità di annullare gli effetti deleteri di una scorretta esperienza visi-va sullo sviluppo delle capacità visive anche in soggetti ormai adulti,quando la capacità di recupero spontaneo è pressoché nulla.

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Vorrei chiudere questa parte sullo sviluppo con un esempio eclatante dicome esperienze precoci possono portare a modifiche permanenti delcomportamento. E’ noto da tempo che un elevato livello di cure mater-ne produce, in modelli animali, una prole meno soggetta agli effetti de-leteri dello stress e questo minor livello di suscettibilità si estende alla vi-ta adulta.Un gruppo americano ha recentemente dimostrato che il comportamen-to materno può indurre nella prole alterazioni stabili nella trascrivibilitàdel gene per il recettore dei glucocorticoidi, uno degli elementi chiave perla risposta allo stress.Questo risultato fornisce le basi per la comprensione degli effetti a lun-go termine del comportamento materno sulla prole. L’esperienza dellamadre si traduce, attraverso un meccanismo epigenetico, in variazionifenotipiche della prole. In questo modo gli effetti delle cure materne po-trebbero determinare la trasmissione di risposte adattive attraverso legenerazioni. Perché attraverso le generazioni? Perché madri meno su-scettibili allo stress tenderanno ad essere madri che curano molto la pro-le e quindi ad allevare una prole a sua volta meno suscettibile allo stress.L’azione sulla trascrivibilità di specifici geni potrebbe essere un proces-so che inscrive esperienze ambientali dinamiche su un genoma fisso, pro-ducendo una alterazione stabile del fenotipo.

Anche il cosiddetto “arricchimento ambientale”, ovvero il porre un in-dividuo in un contesto ricco di stimolazioni sensoriali e motorie, puòprodurre effetti a lungo termine sul comportamento e non è ancora no-to se questi effetti passino da meccanismi epigenetici come quelli appe-na descritti. Quello che è certo è che il crescere in un ambiente arricchi-to piuttosto che in un ambiente non arricchito ha un sorprendente ef-fetto sullo sviluppo visivo. Noi abbiamo recentemente dimostrato in unmodello animale che la funzione visiva sviluppa molto più rapidamentein un ambiente arricchito che in un ambiente non arricchito. Scalando itempi di sviluppo rispetto a quelli dell’uomo, è come se un bambinocompletasse lo sviluppo dell’acuità visiva a 3-4 anni invece che a 5-6.Quali effetti sullo sviluppo di altri aspetti del comportamento, che sullafunzione visiva fanno affidamento, questo accelerato sviluppo possaprodurre è tutto da vedere, così come da vedere è se questo effetto del-l’ambiente si estende allo sviluppo di altre funzioni e competenze.

Esperienza e comportamento nell’adulto

Nell’adulto l’esperienza continua a modellare i circuiti neurali, e quindiil comportamento, anche se non in maniera così estrema come durantelo sviluppo.

Un esempio viene dai processi di apprendimento memoria.Attraverso quali meccanismi l’esperienza conduce alla formazione diuna traccia stabile di memoria? Innanzi tutto è essenziale individuare le strutture nervose in cui tale pro-cesso può aver luogo. Facciamo un esempio dalla memoria dichiarativa,la capacità di ricordare fatti, eventi, luoghi. Una lunga serie di osserva-zioni sull’animale e sull’uomo ha dimostrato il ruolo cruciale dell’ippo-

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campo per la formazione di memorie dichiarative a lungo termine. L’ip-pocampo si attiva mentre si eseguono compiti che impegnano la memo-ria dichiarativa e lesioni all’ippocampo producono incapacità di forma-re tracce di memoria dichiarativa a lungo termine. La ricerca psicobiologica ha mostrato cosa accade nell’ippocampo men-tre si forma una nuova traccia di memoria dichiarativa, ed in particolarementre si forma una traccia di memoria spaziale. I risultati mostrano cheattraverso l’esplorazione di un ambiente, cellule specializzate dell’ippo-campo, dette “cellule di posizione”, formano dei “campi di posizione”,ovvero si attivano nel momento in cui il soggetto si trova in un punto pre-ciso all’interno dell’ambiente che sta esplorando, determinando così, conla sequenza della loro attività, la formazione di una mappa spaziale. Que-sta traccia viene rinforzata con il ripetersi dell’esperienza fino a che siconsolida e può essere recuperata a distanza di diversi giorni o mesi.Se però ora ripensate alla strada che facevate da bambini per andare dacasa a scuola, state recuperando una traccia di memoria che non è piùnell’ippocampo. Infatti, il sito finale delle tracce di memoria a lungo ter-mine di tipo dichiarativo non è l’ippocampo ma la neocorteccia.Le tracce di memoria dichiarativa dunque migrano dal loro iniziale sitodi formazione al loro definitivo sito di immagazzinamento. Vi è un con-solidamento iniziale della traccia, che avviene nel sito di formazione, edun processo, che potremmo definire consolidamento di sistema, che èquello attraverso cui la traccia viene progressivamente trasferita allaneocorteccia. Questo processo di trasferimento nell’uomo può richiede-re molti mesi o addirittura anni. E’ molto probabile che durante questoprocesso le tracce di memoria possano essere modificate, arricchite dinuovi elementi oppure, al contrario, semplificate. Le memorie sono “vive”, dinamiche, guidano il nostro comportamentoma dall’esperienza corrente possono essere modificate ancora per untempo molto lungo dopo la loro formazione. L’interesse della psicobiologia per i sistemi di memoria si mescola conquello della neuropsicologia e, a volte, con l’interesse della neurologia.Un esempio recente è il caso della memoria di riconoscimento visiva. Al-l’interno del sistema di memoria del lobo temporale mediale ci sono del-le specializzazioni. Ad esempio, per la memoria di riconoscimento visi-va una struttura cruciale sembra essere la corteccia peririnale. Un grup-po di neurologi ha suggerito che nella progressione dei segni patogno-monici della malattia di Alzheimer i grovigli neurofibrillari compaianoprima nelle aree paraippocampali che nell’ippocampo. Sono quindi at-tualmente in corso studi per verificare se la valutazione della memoriadi riconoscimento visiva possa essere utilizzata come strumento per laprecoce identificazione di pazienti con Alzheimer.Una volta individuate le strutture coinvolte nella formazione di una trac-cia di memoria (ad esempio l’ippocampo) ed i processi che al loro inter-no possono aver luogo (ad esempio la formazione dei campi di posizio-ne) possiamo passare a determinare i fattori attraverso i quali l’espe-rienza innesca questi processi. Un tipico approccio psicobiologico è quello di studiare il comporta-mento in un compito di memoria, l’attivazione delle strutture coinvolteed i processi al loro interno in soggetti in cui la funzione di un fattoreche potrebbe condurre al consolidamento della traccia di memoria è sta-ta ridotta o aumentata.

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Questo è un campo di grande interesse su cui stanno lavorando labora-tori in tutto il mondo e su cui abbiamo iniziato a lavorare anche noi.Molti sono i fattori risultati importanti per la formazione ed il consoli-damento delle tracce di memoria, e comprendono recettori per i neuro-trasmettitori, componenti delle catene intracellulari attivate dall’espe-rienza, fattori neurotrofici quali il BDNF. La gradita sorpresa è stata che alcuni di questi fattori risultano mutatiin sindromi di ritardo mentale o di deficit cognitivi nell’uomo, cosa cheha condotto alla messa a punto di modelli di deficit cognitivi umani subase genetica.Un’altra gradita sorpresa è stata la scoperta che, in particolar modo perle memorie relative a eventi spiacevoli e che inducono reazioni di paura,se la traccia di memoria, una volta consolidata, viene riattivata (ad esem-pio, il soggetto è posto di nuovo nel contesto in cui ha subito l’esperienzaspiacevole) la traccia ritorna labile e richiede altri fattori, diversi da quel-li necessari per il consolidamento iniziale, per mantenersi accessibile adun ulteriore richiamo. L’identificazione di meccanismi distinti per il consolidamento ed il ri-consolidamento delle tracce di memoria relative ad eventi spiacevoli opaurosi, se confermata, potrebbe fornire nuove opportunità per proget-tare approcci terapeutici a disturbi nei quali la persistenza intrusiva ditracce di memoria può essere responsabile di comportamenti maladatti-vi, quali il post traumatic stress disorder o le fobie. Memorie riattivate,che si vorrebbero sopprimere, potrebbero essere manipolate separata-mente dalle memorie recenti, senza causare quindi una amnesia globale.

Ed eccoci all’ultimo punto che vorrei illustrarvi: il contributo della psi-cobiologia alla comprensione dei meccanismi e dei fattori attraverso iquali l’esercizio fisico e l’interazione con un ambiente stimolante po-trebbero influenzare il nostro cervello. I nostri colleghi inglesi usanospesso l’espressione “train the brain” per indicare quello di cui abbiamoparlato finora, ovvero della necessità di “allenare” in maniera appro-priata il cervello durante lo sviluppo e mantenerlo “allenato” nell’etàadulta, particolarmente durante l’invecchiamento. Ma come è possibileche l’esercizio fisico possa “allenare” il cervello?Da diversi anni si discute se l’esercizio fisico possa ridurre il rischio dideclino cognitivo e addirittura quello di demenza negli anziani. Recen-temente è stato proposto che l’esercizio fisico e l’arricchimento ambien-tale possano persino esercitare effetti neuroprotettivi, ovvero ridurre lamorte delle cellule nervose in seguito ad insulti di varia natura.Ebbene, per riassumervi brevemente quindici anni di ricerca, l’arricchi-mento ambientale e l’esercizio fisico sembrano davvero possedere note-voli potenzialità: entrambi aumentano efficacemente l’espressione di fat-tori neuroprotettivi, tra cui fattori neurotrofici e IGF-I; aumentano l’e-spressione di molecole cruciali per la formazione di tracce stabili di me-moria; aumentano la generazione di nuovi neuroni (un processo chia-mato neurogenesi) che sembra essere presente nell’ippocampo anche inindividui adulti ed anziani. Agendo su fattori endogeni, quindi su fatto-ri già presenti nell’organismo, arricchimento ambientale ed esercizio fi-sico potrebbero quindi potenziare le capacità di far fronte al naturale de-clino delle funzioni cerebrali con l’età ed aumentare la capacità di ri-sposta a lesioni. Sono in corso numerosi studi per verificare l’efficacia

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dell’ambiente arricchito e dell’esercizio fisico nel contrastare la morteneuronale in modelli animali di lesioni o di malattie neurodegenerative.Noi stiamo lavorando su un modello di Alzheimer sporadica, il topoAD11. In questo modello c’è una progressiva neurodegenerazione checomprende i segni caratteristici della malattia di Alzheimer, grovigli neu-rofibrillari, placche amiloidi e deficit colinergico, cui si accompagna unprogressivo declino delle capacità di apprendimento e memoria. Noi ab-biamo cercato di valutare se l’arricchimento ambientale e l’esercizio fi-sico potessero prevenire l’insorgenza dei deficit di memoria. I risultatimostrano che in topi AD11 arricchiti dai due mesi di età, la comparsadi deficit di memoria visiva è completamente prevenuta.

Dato che l’arricchimento è un concetto relativo, questo risultato può an-che essere letto così: un soggetto affetto da neurodegenerazione che vi-ve in un ambiente povero, è isolato, non è coinvolto in attività, mostreràun più rapido declino e un’accelerata comparsa dei deficit rispetto ad unsoggetto che vive in ambiente ricco di stimolazioni e non è isolato.

In conclusione, la psicobiologia consente di comprendere i meccanismiattraverso i quali l’esperienza regola lo sviluppo del comportamento econtinua a modellarlo in età adulta. Questo ha condotto ad una più profonda comprensione delle relazionifra esperienza e comportamento, aprendo l’opportunità di ottimizzaretali relazioni in modo da favorire l’espressione delle potenzialità indivi-duali. La comprensione di tali meccanismi potrebbe anche permettere di pro-gettare interventi per correggere alterazioni nelle funzioni cerebrali e neicomportamenti da esse dipendenti dovute ad una mancanza di espe-rienza appropriata durante lo sviluppo oppure a difetti nella modifica-bilità dei circuiti cerebrali in risposta all’esperienza nell’adulto.Le conoscenze guadagnate in questo campo si stanno rivelando prezio-se anche nel campo del recupero da lesioni al sistema nervoso centrale.Noi cercheremo di procedere nelle direzioni che vi ho indicato. Il lavo-ro da fare è ancora molto, ma l’entusiasmo è ancora maggiore.Vorrei ringraziarvi per l’attenzione e vorrei augurare a tutti noi un annosereno e produttivo.Buon lavoro!Grazie.

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Anno XXVII, supplemento al n. 1/2005Registrazione Tribunale di Firenzen. 2826 del 13.10.1980

Direttore responsabileAntonella Maraviglia

RedazioneDuccio Di Bari, Silvia D’Addario

Sede della redazionePiazza San Marco, 4 – 50121 FirenzeTel. 055-2757693; fax 055-2756219e-mail: [email protected]

Fotowww.torrinifotogionalismo.it

Hanno collaboratoLiliana Cioni, Luigia Mennonna

GraficaStudio Grafico Norfini

Finito di stampare nel mese di aprile 2005Da Tipografia Imprima Unigraf - Firenze

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