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Paolo Alfieri (a cura di) IMMAGINI DEI NOSTRI MAESTRI Memorie di scuola nel cinema e nella televisione dell’Italia repubblicana ARMANDO EDITORE

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Paolo Alfieri(a cura di)

IMMAGINI DEI NOSTRI MAESTRI

Memorie di scuola nel cinema e nella televisione dell’Italia repubblicana

ARMANDO EDITORE

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Sommario

Introduzione 7paolo alfieri

La scuola di ieri “vista” oggi. Le trasposizioni filmiche 19del libro Cuore nell’Italia repubblicana (1948-2001)simonetta polenghi

Memoria scolastica o memoria pedagogica? La scuola 53di don Milani al cinema e in televisione (1963-2012)paolo alfieri – carlotta frigerio

Costruire la memoria: la scuola italiana degli anni 77Settanta nello sceneggiato televisivo Diario di un maestroanna debè

Una scuola diversa è possibile. Gli esempi di Vittorio 99De Seta in Quando la scuola cambia (1979)damiano felini

«Il maestro con la classe più grande del mondo». 129La rappresentazione della pedagogia di Alberto Manzi nell’intervista TV buona maestra (1997) e nella fiction Non è mai troppo tardi (2014)michele aglieri

Indice dei nomi 155

Immagini 161

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Introduzionepaolo alfieri

Il processo di rinnovamento che, a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha interessato la storiogra-fia educativa ne ha progressivamente ampliato gli orizzonti euristici, portandola ad utilizzare nuove tipologie di fonti e ad adottare nuovi criteri interpretativi, spesso mutuati dal-le scienze antropologico-sociali. All’interno di tale svolta, compiuta soprattutto sulla scorta dei primi studi a proposito della “cultura scolastica”1, una crescente attenzione è stata dedicata al tema del patrimonio storico-educativo, un ter-reno di indagine che nel nostro paese è già stato battuto2 e che potrà trovare ulteriori occasioni di esplorazione anche grazie alla recente costituzione di una società scientifica – la SIPSE – dedicata alla promozione di ricerche proprio in questo stesso campo3.

1 Cfr. D. Julia, La culture scolaire comme objet historique, in A. Nóvoa, M. Depaepe, E.W. Johanningmeier (a cura di), The Colonial Experience in Education: Historical Issues and Perspectives, Ghent, Paedagogica Historica – Supplementary Series I, 1995, pp. 353-382; M. Depaepe, F. Simon, Is there any Place for the History of ‘Education’ in the ‘History of Education’? A Plea for the History of Everyday Educational Reality in- and outside Schools, «Paedagogica Historica», 1, 1995, pp. 9-16; A. Chervel, La culture scolaire. Une approche historique, Paris, Belin, 1998; A. Viñao Frago, Por una historia de la cultura escolar: enfoques, cuestiones, fuentes, in Culturas y civilizaciones. III Congreso de la Asociación de Historia Contemporánea, Valladolid, Secretariado de publicaciones e intercambio científico: Universidad de Valladolid, 1998, pp. 167-183.

2 Per un inquadramento euristico di questo tema e dei suoi possibili sviluppi nella ricerca storico-educativa in Italia, si rimanda a J. Meda, La conservazione del patrimonio storico-educativo: il caso italiano, in J. Meda, A.M. Badanelli (a cura di), La historia de la cultura escolar en Italia y en Espana: balance y perspectivas, Macerata, Eum, 2013, pp. 167-198.

3 Cfr. http://www.sipse.eu/.

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Le scuola del passato ha lasciato ai posteri sia tracce ma-teriali – dagli edifici scolastici agli arredi delle aule, dai li-bri di testo ai sussidi didattici, dagli elaborati degli scolari alla memorialistica dei maestri, dalle targhe commemorati-ve istituzionali ai necrologi4 – sia tracce immateriali, e cioè quell’insieme di saperi, pratiche didattiche, norme e consue-tudini che gli individui e le comunità nazionali o locali rico-noscono come appartenenti alla propria esperienza scolasti-ca, più o meno remota rispetto al presente.

Come hanno dimostrato alcune pionieristici studi con-dotti specialmente da alcuni storici dell’educazione spa-gnoli5, tale patrimonio storico-educativo intangibile costi-tuisce un interessante oggetto di ricerca storiografica anche perché in esso è custodita l’immagine del “fare scuola” e dell’“andare a scuola” che, esplicitamente o implicitamen-te veicolata pure dalla materialità educativa, ha alimentato e continua ad alimentare la memoria culturale di un popolo o di un gruppo sociale6.

Gli storici dell’educazione, infatti, indagano la memoria scolastica non come una delle modalità autoriflessive con

4 Un censimento aggiornato dell’ormai ampia bibliografia italiana sulla cultura materiale della scuola si trova ora in M. Brunelli, L’educazione al patrimonio storico-scolastico. Approcci teorici, modelli e strumenti per la progettazione didattica e formativa in un museo della scuola, Milano, Franco Angeli, 2018, pp. 12-15.

5 Cfr. almeno A. Escolano Benito, Memoria de la educación y cultura de la escuela, in J.M. Hernández Díaz, A. Escolano Benito (a cura di), La memoria y el deseo: cultura de la escuela y educación deseada, Valencia, Tirant lo Blanch, 2002, pp. 19-42; A. Viñao Frago, La memoria escolar: restos y huellas, recuerdos y olvidos, in «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 2005, pp. 19-33; C. Yanes Cabrera, El patrimonio educativo intangible: un recurso emergente en la museologia educativa, in «Cadernos de História da Educação», 6, 2007, pp. 71-85; Ead., El patrimonio educativo inmaterial: propuestas para su recuperación y salvaguardia, in J. Ruiz Berrio (a cura di), El patrimonio histórico-educativo: su conservación y estudio, Madrid, Biblioteca Nueva, 2010, pp. 63-90; A. Viñao Frago, La historia material e inmaterial de la escuela: memoria, patrimonio y educación, in «Educação», 1, 2012, pp. 7-17.

6 La memoria scolastica è, infatti, un’espressione particolare di quella memoria culturale cui sono dedicati soprattutto i noti studi di Maurice Halbwachs (La mémoire collective, Paris, Presses Universitaires de France, 1950) e di Jan Assmann (Das Kulturelle Gedächtnis: Schrift, Erinnerung und Politische Identität in frühen Hochkulturen, München, C.H. Beck, 1992).

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cui coloro che hanno concluso il loro percorso di istruzione o la loro occupazione magistrale prendono coscienza della propria singolare esperienza di discenti o docenti, ma come pratica di rievocazione di un comune passato scolastico. Si tratta, cioè, di gettare luce sulle generazioni che hanno at-traversato, al di qua o al di là della cattedra, un determinato periodo storico e, in particolare, di esaminare «l’autorappre-sentazione di se stessi fornita dagli insegnanti e dagli studen-ti», «le rappresentazioni della scuola e dell’insegnamento offerta dall’industria culturale e dal mondo dell’informazio-ne e della comunicazione» e la raffigurazione del sistema scolastico che è stata veicolata «dalle commemorazioni uffi-ciali promosse dalle istituzioni»7.

Questi tre livelli di analisi della memoria scolastica – in-dividuale, collettivo e pubblico –, possono essere affrontati ricorrendo a diverse tipologie di materiale documentario. Se per il terzo si devono considerare le medaglie scolastiche, i discorsi ufficiali, le lapidi commemorative, i luoghi depu-tati all’istruzione e tutti i sedimenti in cui si trova il riflesso dell’intenzionalità politico-pedagogica perseguita dagli ap-parati istituzionali della scuola, per il primo risultano utili soprattutto le testimonianze scritte e/o orali di singoli do-centi e allievi, insieme agli oggetti o ai repertori iconografici che richiamano o rappresentano le prassi didattiche e forma-tive di cui ciascuno di essi è stato promotore o fruitore.

Anche per percorrere il secondo piano di indagine, si pos-sono utilizzare alcune delle fonti appena richiamate, da in-terpretare, però, non più come l’espressione di esperienze individuali da sottoporre a confronto, ma come l’esito di un

7 J. Meda, A. Viñao, School Memory: Historiographical Balance and Heuristic Perspectives, in C. Yanes Cabrera, J. Meda, A. Viñao (a cura di), School Memories. New Trends in the History of Education, Cham, Springer, 2017, pp. 2-3.

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processo in cui, attraverso il tempo, è stata elaborata o ri-elaborata l’immagine della scuola. La memoria scolastica collettiva, infatti, è «una ricostruzione sociale del passato che scaturisce dalla fusione del “passato scolastico esperito” (ricordato dai partecipanti diretti) con il “passato scolastico costruito” (richiamato da osservatori, lettori e spettatori)»8. Per questo, come si è anticipato, sono specialmente i pro-dotti delle diverse agenzie di promozione e di divulgazione culturale ad offrire un bacino documentario che risulta assai fecondo in quanto capace non solo di custodire ma anche di costruire una memoria condivisa. In effetti, la rievocazione sociale del passato scolastico si realizza entro dinamiche co-municative e narrative, stimolate dalla lettura (come quella dei più celebri testi letterari o degli articoli di giornale che parlano della scuola di ieri), dal contatto con cimeli storici (come quelli conservati nei musei della scuola), dall’espe-rienza visiva e anche da quella audiovisiva, oggi vissuta so-prattutto attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

A quest’ultima si rivolge il presente volume collettaneo, i cui saggi muovono proprio dall’idea che il cinema e la televisione svolgano un ruolo decisivo non soltanto nel conservare e nel trasmettere un’immagine della scuola del passato, ma anche nell’attivare quel processo di negozia-zione semantica tra ricordi personali e ricordi socialmente rielaborati nel quale, come si è detto, prende forma la me-moria scolastica collettiva.

Una prima conferma della fondatezza di tale prospettiva euristica proviene innanzitutto dalla più nota storiografia che ha lumeggiato il rapporto del grande e del piccolo schermo

8 Ivi, p. 5.

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con la storia9. Per quel che riguarda il cinema, dopo gli af-fondi di Antonio Mura10, in parte ancora influenzati da un approccio metodologico di stampo positivista, sono stati so-prattutto i contributi di Marc Ferro11 e di Pierre Sorlin12 a mettere in relazione la settima arte con i processi di formazio-ne dell’immaginario: se il primo ha posto l’accento soprattut-to sulla capacità dei film di rivelare gli aspetti e i dinamismi impliciti di una determinata società, il secondo ha dimostrato come gli stessi film selezionino e organizzino la realtà che rappresentano sulla base non solo dell’intenzionalità dei loro registi e dei loro produttori, ma anche delle modalità con cui il pubblico è disposto ad accettarla e a riconoscerla.

Anche la televisione, inizialmente presa in considerazione per le sue trasmissioni di carattere esclusivamente storico, è stata progressivamente esaminata nella sua funzione di spec-chio del comune sentire di una comunità, come documentano, ad esempio, i volumi curati da Jean-Noël Jeanneney e Moni-que Sauvage13 e da Graham Roberts e Philip M. Taylor14.

Ma è nell’intreccio di queste acquisizioni storiografiche con gli studi sulla memoria culturale15 che si può trovare un’ulte-riore e più evidente conferma della validità di un’ipotesi di

9 Per una panoramica sull’evoluzione degli studi sul rapporto tra cinema/televisione e storia, basti rimandare al contributo di P. Ortoleva, Testimone infallibile, macchina dei sogni: il film e il programma televisivo come fonte storica, in G. Miro Gori (a cura di), La storia al cinema. Ricostruzione del passato/interpretazione del presente, Roma, Bulzoni, 1994, pp. 299-331 e a quello più recente di S. Carini, Media e storia: cronologia di un dibattito, in A. Grasso (a cura di), Fare storia con la televisione. L’immagine come fonte, evento, memoria, Milano, Vita e Pensiero, 2006, pp. 47-90.

10 A. Mura, Film, Storia e Storiografia, Roma, Edizioni della Quercia, 1963.11 M. Ferro, Cinéma et Histoire, Paris, Denoël-Gonthier, 197712 P. Sorlin, Sociologie du cinéma, Paris, Aubier-Montaigne, 1977. 13 J.N. Jeanneney, M. Sauvage (a cura di), Télévision, nouvelle mémoire. Les magazines de

grand reportage, Paris, Seuil, 1982.14 G. Roberts, Ph.M. Taylor (a cura di), The Historians, Television and Television History,

Luton, University of Luton Press, 2011.15 Sugli essenziali sviluppi di tale intreccio, cfr. C. Giaccardi, Introduzione, in Ead. (a cura di),

Memorie del presente, numero monografico di «Comunicazioni sociali», 3, 1999, pp. 291-293.

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ricerca che intende servirsi di fonti cinematografiche e te-levisive per lo studio della memoria scolastica. Se lo stes-so Sorlin, proseguendo le sue riflessioni sui meccanismi di appropriazione degli audiovisivi, ha sottolineato come essi incidano non solo sulla nostra «conoscenza del passato» ma anche sulla «nostra comprensione del presente»16, la medio-loga statunitense Vivian Sobchack ha notato che la narrativa cinematografica e televisiva, mentre produce una «netta di-stinzione» tra «l’evento personale» vissuto dallo spettatore e quello «storico» rappresentato dai mezzi di comunicazione di massa, al contempo la supera, consentendo così alla storia di persistere nella «coscienza» degli uomini e delle donne di oggi17. Del resto, pure Aleida Assmann ha affermato che «i mediatori tecnici», come il cinema e la televisione, «cancel-lano il confine tra processo intrapsichico ed extrapsichico»18.

I film e le trasmissioni televisive, insomma, non solo ri-ducono o annullano la distanza tra il passato e il presente, ma ristrutturano, in forma collettiva, i nostri ricordi, anche quel-li scolastici. Pure alla scuola raccontata dai media, infatti, può essere applicata la definizione di «comunità immagina-ta» che, già formulata da Benedict Anderson nel suo noto la-voro sul ruolo svolto dalla stampa popolare nella costruzione dell’identità nazionale19, risulta ancor più pregnante quando riferita alle società iper-mediatizzate come la nostra20.

16 P. Sorlin, L’immagine e l’evento. L’uso storico delle fonti audiovisive, Torino, Paravia, 1999, p. 27.

17 V. Sobchack, Introduction: history happens, in Ead. (a cura di), The persistence of history. Cinema, television and the modern event, New York, Routledge, 1996, pp. 3-5.

18 A. Assmann, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 21 (ed. orig.: Erinnerungsräume. Formen und Wandlungen des kulturellen Gedächtnisses, München, C.H. Beck, 1999).

19 B. Anderson, Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, London-New York, Verso, 1983.

20 Sulla nozione di «comunità immaginata» come esito dei processi di costruzione della memoria sviluppati dai media, si vedano M. Fanchi, Identità mediatiche. Televisione e cinema

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Nell’assecondare tale impostazione interpretativa – imper-niata attorno a quella che Geert Thyssen e Karim Priem hanno indicato come una vera e propria «transizione dallo schermo alla memoria collettiva»21 – i saggi che seguono si attengono ad un ben definito orientamento metodologico, che, già adot-tato anche da alcune ricerche di taglio storico-educativo22, esamina le fonti audiovisive non come una testimonianza di-retta del passato della scuola, ma come una sua ricostruzione mediatica e, per questo, sociale. Si intende, cioè, documenta-re come i processi di insegnamento/apprendimento descritti da alcuni film e programmi televisivi siano stati percepiti e descritti dai loro registi o autori, per poi far emergere come la loro rappresentazione e la loro diffusione abbiano concorso a formare negli spettatori dei cliché o, comunque, delle precise immagini dei maestri – e quindi della scuola – destinate ad alimentare e, in qualche caso, anche a ridefinire la memoria collettiva degli italiani del secolo scorso.

Il volume si apre con il saggio di Simonetta Polenghi, che indaga il caso di due film e di due serial per la televisione dedicati al libro Cuore. Il capolavoro di Edmondo De Ami-cis viene esaminato nelle sue versioni cinematografiche e televisive, rilette alla luce della loro correlazione non solo con il testo letterario ma anche con lo scenario socio-politico nelle storie di vita di due generazioni di spettatori, Milano, Franco Angeli, 2002, pp. 13-49 e M. Scaglioni, L’immagine come fonte, come evento, come memoria. Questioni e problemi nel rapporto fra televisione e storia, in A. Grasso (a cura di), Fare storia con la televisione, cit., pp. 22-24.

21 G. Thyssen, K. Priem, Mobilising meaning: multimodality, translocation, technology and heritage, in «Paedagogica Historica», 6, 2013, p. 743.

22 Cfr. J.R. May, A field of desire: visions of education in selected Australian silent films, in «Paedagogica Historica», 5, 2010, pp. 623-637; L. Girotti, J. Meda, E. Patrizi, La figura dell’insegnante nel cinema italiano e straniero: modelli e stereotipi a confronto, in M. Corsi (a cura di), La ricerca pedagogica in Italia. Tra innovazione e internazionalizzazione, Lecce-Brescia, Pensa Multimedia, 2014, pp. 481-489; S. Polenghi, Film as a source for historical enquiry in education. Research methods and a case study: film adaptations of Pinocchio and their reception in Italy, in «Educació i Història», 2018, pp. 89-111.

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ed educativo del secondo Novecento nostrano. Dai film di Duilio Coletti (1948) e di Romano Scavolini (1973) agli sce-neggiati televisivi di Luigi Comencini (1984) e di Maurizio Zaccaro (2001), il contributo, attento anche ai giudizi della critica e alle reazioni del pubblico, attraversa la storia dell’I-talia repubblicana, documentando quali persistenze e quali discontinuità abbiano accompagnato l’immagine di scuola descritta dal romanzo del 1886 e poi ripresa dal cinema e dalla televisione.

Una prospettiva di lungo periodo è assunta anche dal contributo di Paolo Alfieri e Carlotta Frigerio, che si con-centra sulle rappresentazioni della scuola di don Lorenzo Milani fornite dal grande e dal piccolo schermo. Il lavoro si basa sull’analisi di nove documentari, realizzati tra il 1963 e il 2012, e di tre film, due prodotti per il cinema – quelli di Pino Tosini (1975) e di Ivan Angeli (1976) – e uno per la televisione, diretto da Andrea e Antonio Frazzi (1997). Sulla scorta dell’ampia messe di studi specialisti-ci che si è occupata del priore toscano, il saggio muove dall’ipotesi che le narrazioni mediatiche della sua propo-sta formativa abbiano alimentato la memoria degli italiani con un’idea di scuola unica ed originale, lontana dal loro comune vissuto scolastico, ma certamente intrisa di pro-fondi significati pedagogici.

L’eco del pensiero di don Milani, insieme a quella della riflessione di Célestin Freinet e del Movimento di Coope-razione Educativa, rappresentò senz’altro uno dei contorni ideali in cui si inscrisse Diario di un maestro, a cui è dedica-to il contributo di Anna Debè. Il telefilm, diretto da Vittorio De Seta e andato in onda su Raiuno nel 1973, risentiva, in-fatti, delle pressioni di coloro che chiedevano un marcato

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rinnovamento dell’istruzione in Italia, in una stagione pe-raltro marcata da diversi interventi riformistici che, com’è noto, intendevano democratizzare la scuola del nostro paese. In tale contesto è inquadrata la fiction, di cui si esamina l’ap-porto alla costruzione dell’immaginario educativo italiano degli anni Settanta. A questo scopo sono rivolti anche gli approfondimenti che Anna Debè compie sia grazie all’anali-si del rapporto tra il telefilm e il racconto autobiografico cui esso è liberamente ispirato (Un anno a Pietralata di Albino Bernardini) sia grazie ad un’intervista rilasciata da France-sco Tonucci, consulente pedagogico dello stesso telefilm.

Su di una successiva produzione televisiva dello stesso De Seta si sposta il lavoro di Damiano Felini, che si sofferma sulle quattro puntate di Quando la scuola cambia, girate dal regista palermitano nel 1978 e trasmesse dalla Rai nel 1979. La nuova serie abbandonava il genere della fiction per ap-prodare a quello del documentario: essa, infatti, indirizzava l’obiettivo su esperienze scolastiche effettivamente realizza-te sul territorio italiano, e cioè quella assai nota di Mario Lodi a Piadena (Cremona), quella di Carmine De Padova che faceva scuola ai ragazzi italiani di lingua albanese a San Marzano (Taranto), quella di stampo cooperativistico mes-sa in atto da Caterina Foschi nel quartiere Gorla di Milano e quella del Centro medico-psico-pedagogico per i bambi-ni disabili di Cutrofiano (Lecce). Il saggio si interroga sul modo in cui queste proposte pedagogiche progressiste siano state presentate dal regista, interessato a rinnovare profonda-mente la scuola italiana attraverso un approccio realistico ai suoi problemi e alle sue possibilità di cambiamento.

Il lavoro di Michele Aglieri è dedicato, infine, a due fonti audiovisive che si sono occupate di Alberto Manzi: l’intervista

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TV buona maestra, prodotta nel 1997 dal Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università degli studi di Bolo-gna, e la fiction Non è mai troppo tardi, andata in onda su Raiuno nel 2014. Il saggio considera i due documenti come complementari, in quanto capaci di parlare del maestro ro-mano sia ai ricercatori sia al pubblico generalista: infatti, se l’intervista consente ai primi di non dimenticare, anche da un punto di vista specialistico, l’importante eredità pedagogica di Manzi, la serie televisiva favorisce una più ampia e appas-sionata conoscenza della sua figura e della sua opera, ancora in grado di stimolare riflessioni sulle implicazioni educative, didattiche ed etiche della scuola.

I quattro studi di caso contenuti nel volume possono offri-re un originale apporto alla storia della cultura scolastica nel nostro paese, integrandone i già rilevanti risultati con nuove acquisizioni che, almeno per gli esempi qui presentati, con-sentano di cogliere più chiaramente gli scarti o le continui-tà tra la scuola effettivamente vissuta dagli italiani e quella elaborata dalla loro memoria collettiva. Gli stereotipi che il nostro immaginario conserva anche tramite il grande e il pic-colo schermo richiedono di essere decostruiti per addivenire ad una più lucida conoscenza della scuola di ieri, una cono-scenza necessaria dal punto di vista storiografico ma anche da quello educativo.

Infatti, pure nella formazione delle giovani generazioni – e specialmente di coloro che intendono dedicarsi all’in-segnamento – il discorso storico contribuisce a ridefinire le visioni ingenue del passato, spesso sottoposto a sbrigative valutazioni che tendono ad esaltarlo oppure a denigrarlo. Considerare il percorso di istruzione dei nostri genitori o dei nostri nonni come migliore o peggiore rispetto al nostro

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significa accostare il problema in modo troppo sbrigativo, e cioè non comprendere quella complessità che solo lo stu-dio della storia può illuminare. In questo senso, il volume si propone anche come un utile strumento didattico. Grazie all’utilizzo di fonti cinematografiche e televisive, la narra-zione storica può risultare più accattivante e, al contempo, non rinunciare a coltivare lo spirito critico dei suoi lettori, aiutandoli a vagliare le immagini quali «oggetti con cui pen-sare, e da problematizzare come segni o tracce dei complessi intrecci del passato ma anche del presente»23.

23 I. Dussel, K. Priem, The visual in histories of education: a reappraisal, in «Paedagogica Historica», 6, 2017, p. 646.

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La scuola di ieri “vista” oggi. Le trasposizioni filmiche del libro Cuore nell’Italia repubblicana (1948-2001)1

simonetta polenghi

1. Memoria collettiva e film scolastici come fonte storica

M.-C. Lavabre, nel suo saggio Historiography and Me-mory, ha evidenziato come la memoria collettiva sia detta tale non tanto perché sia la memoria di un gruppo, bensì perché la collettività o la società è lo stato nel quale ne-cessariamente l’individuo esiste2. La memoria collettiva ha pertanto una base culturale: la conoscenza condivisa di un insieme di simboli, che esistono sino a che gli individui vi si riconoscono e li trasmettono. È la collettività nella qua-le gli individui vivono che plasma la loro memoria, come Assman ha messo bene in luce3.

1 Il presente contributo è una versione rivista ed ampliata del saggio Remembering School through Movies: The Films of the Book Cuore (1886) in Republican Italy, in C. Yanes Cabrera, J. Meda, A. Viñao (eds.), School Memories. New Trends in the History of Education, Cham, Springer, 2017, pp. 203-217, presentato al Convegno internazionale “School memories. New Trends in Historical Research into Education. Heuristic Perspectives and Methodological Issues”, (Siviglia – 22-23 Settembre, 2015).

2 M.-C. Lavabre, Historiography and Memory, in A. Tucker (ed.), A Companion to the Philosophy of History and Historiography, Oxford, Wiley-Blackwell, 2009, p. 368.

3 J. Assmann, Das kulturelle Gedächtnis: Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen, Monaco, Beck, 1992.

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Maurice Halbwachs a sua volta ha illustrato come la com-prensione che il singolo ha del suo passato sia strettamente correlata alla sua coscienza di gruppo e Pierre Nora, distin-guendo tra storia, storiografia e memoria, ha discusso l’uso politico del passato: la memoria collettiva è il ricordo di una esperienza vissuta e/o mitizzata da una identità collettiva vivente della quale la storia passata è parte integrante4. Vi sono dunque una serie di luoghi, reali, simbolici, monumen-tali, paesaggistici che incarnano questa memoria collettiva. Il sentimento di identità nazionale è intriso di questi siti: mo-numenti, campi di battaglia, poesie, canti, figure che segna-no l’immaginario di un popolo5.

La memoria collettiva ha una dimensione sociale ma pure politica, ovvero il passato è suscettibile di letture cul-turali politicamente rilevanti6. La memoria collettiva deriva dall’immaginazione collettiva, i cui materiali simbolici pro-vengono dalla cultura popolare, ma sono oggi anche prodot-ti dall’industria culturale e dai media. Popkewitz, Pereyra e Franklin hanno affermato che la storia culturale è l’impegno critico del presente ad analizzare e rivedere la sua produzio-ne di memorie collettive7.

Le memorie scolastiche, se considerate nell’ottica di me-morie collettive, sono esse pure plasmate attraverso le gene-razioni ed essendo un prodotto culturale, subiscono un pro-cesso di alterazione e selezione. In altre parole, le memorie collettive di scuola ci restituiscono un riferimento al passato

4 M. Halbwachs, La mémoire collective, Parigi, PUF, 1950 e P. Nora, Les lieux de mémoire, Parigi, Gallimard, 1984-1992.

5 M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria, 3 voll., Roma-Bari, Laterza, 1996-1997.6 K. Myers e I. Grosvenor, Cultural learning and historical memory: a research agenda, in

«Encounters on Education», 15, 2014, p. 12.7 T.S. Popkewitz, B.M. Franklin, M.A. Pereyra (eds), History, the problem of knowledge,

and the new cultural history of schooling, in Idd. (eds), «Cultural History and Education. Critical Essays on Knowledge and Schooling», New York, Routledge, 2011, p. 4.

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(la scuola ricordata) ma anche al presente (come la scuola è/non è ricordata). La memoria collettiva può essere studia-ta, come hanno sottolineato J. Meda e A.Viñao, solo come processo, nella misura in cui essa è una ricostruzione socia-le del passato derivante dalla fusione di una scuola passata direttamente vissuta dal singolo e di un passato scolastico culturalmente costruito8. Questo processo culturale è mante-nuto anche dalla produzione di vari tipi di rappresentazioni, letterarie, iconografiche, filmiche. Tanto più un libro sulla scuola è letto, tanto più un film sulla scuola continua a essere visto, quanto più quella rappresentazione di scuola viene a essere condivisa come memoria collettiva del gruppo che vi si immedesima.

Diversi autori hanno ormai centrato l’attenzione sulle pel-licole cinematografiche come fonte storiografica. La diffe-renza tra fonte scritta, orale e visiva è stata analizzata, così come “le fonti visive in movimento” – cinegiornali, docu-mentari, film, serie televisive – sono state esplorate. Marc Ferro ha mostrato come i film siano il prodotto del loro tem-po ma pure come abbiamo il potere di influenzarlo9. Robert Toplin ha sottolineato l’impatto emotivo provocato dai film, particolarmente quando proiettati in sale cinematografiche, e quindi la loro capacità di influenzare lo spettatore10. L’im-portanza del cinema per la storia dell’educazione è stata ana-lizzata in modo crescente negli USA sin dall’ultima decade

8 J. Meda, A. Viñao, School Memory: Historiographical Balance and Heuristics Perspectives, in C. Yanes Cabrera, J. Meda, A. Viñao (eds.), School Memories: New Trends in the History of Education Research, cit., p. 5.

9 M. Ferro, Cinéma et Histoire, Parigi, Denoël/Gonther, 1977.10 R.B. Toplin, In Defense of Filmakers, in R. Francaviglia & J. Rodnitzky (edds), Lights,

Camera, History. Portraying the Past in Film, Arlington, Texas A&M University Press, 2007, pp. 113-136.

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del XX secolo11. Robert A. Rosenstone ha investigato a fon-do il carattere di queste fonti, comprendendo l’importanza dei media visivi per il nostro tempo, e concentrando la sua analisi sui film storici12. Sia Ronsenstone in USA, che Pier-re Sorlin in Francia13, hanno evidenziato come i film stori-ci riflettano le preoccupazioni del tempo in cui sono girati. In Italia, chi scrive ha messo in luce come non solo i film storici, ma altre categorie di pellicole siano rilevanti per gli storici dell’educazione: film sulla scuola, sull’infanzia e per l’infanzia e l’adolescenza, trasposizioni filmiche di capo-lavori della letteratura per l’infanzia, etc14. Nel 2004 Aldo Grasso ha promosso un importante congresso internaziona-le che ha analizzato immagini televisive e cinematografiche come fonti storiche15. I film sulla scuola, che sono fonti che riguardano la memoria immateriale della scuola16 ci possono descrivere situazioni reali o immaginarie, entrambe comun-que interessanti.

Analizzare il film in sé, non è però sufficiente: una analisi storica deve tenere conto degli spettatori, come ha già messo in luce Pierre Sorlin17. Come ha reagito il pubblico? Il film

11 S. Cohen, Challenging orthodoxies: toward a cultural history of education, New York, Peter Lang, 1999, pp. 125-153.

12 R.A. Rosenstone, Visions of the Past. The Challenge of Film to Our Idea of History, Cambridge-London, Harvard University Press, 1995 e Id., History on Film/Film on History, Harlow, Pearson Longman, 2006.

13 P. Sorlin, Sociologie du cinéma, Parigi, Aubier Montaigne, 1997.14 S. Polenghi, Film as a source for historical enquiry in education. Research methods and a

case study: film adaptations of Pinocchio and their reception in Italy, in «Educació i Història», 31, 2018, pp. 89-111.

15 A. Grasso (a cura di), Fare storia con la televisione. L’immagine come fonte, evento, memoria, Milano, Vita e Pensiero, 2005.

16 A. Benito Escolano, Memoria de la educación y cultura de la escuela, in «REXE: revista de estudios y experiencias en educación», 3, 2003, pp. 11-26; C. Yanes Cabrera, El patrimonio educativo intangible: un recurso emergente en la museología educativa, in «Cadernos de história da educação», 6, 2007, pp. 71-85; A. Viñao Frago, Memoria, patrimonio y educación, in «Educatio siglo XXI», 28 (2), 2010, pp. 17-42 e Id., La historia material e inmaterial de la escuela: memoria, patrimonio y educación, in «Educação», 35 (1), 2012, pp. 7-17.

17 P. Sorlin, Sociologie du cinéma, cit.

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ha avuto successo o no? Perché? Si tratta di questioni par-ticolarmente rilevanti se vogliamo verificare se un film ha interpretato la memoria collettiva e/o la ha influenzata.

Un caso particolare di film interessante per lo storico dell’educazione riguarda la trasposizione su pellicola di un classico della letteratura per l’infanzia, come accennato so-pra. Questa tipologia di film può essere trattata alla stessa stregua dei film tratti da romanzi/racconti letterari: la sce-neggiatura difficilmente può rispettare appieno il testo origi-nale, per via del poco tempo a disposizione rispetto al tempo di lettura, o per via delle differenti esigenze artistiche di un medium diverso, e così via. Ma è importante considerare che cosa, rispetto al libro, viene conservato e che cosa viene tagliato; come la trama originale è modificata; come i pro-tagonisti sono rappresentati. Nel caso di un classico della letteratura per la gioventù, questi cambiamenti possono te-stimoniare di una diversa idea di infanzia/adolescenza, mu-tata rispetto agli anni in cui il libro fu scritto, come nel caso delle trasposizioni filmiche di Pinocchio18.

In questo saggio esaminerò il caso di due film e due se-rial televisivi sul libro Cuore, ovvero su come un capolavo-ro della letteratura per l’infanzia, che a lungo ha incarnato una scuola modello per gli italiani, sia stato riproposto sul grande e sul piccolo schermo, con quali cambiamenti e con che successo, nei cinquant’anni seguenti la seconda guerra mondiale. Prenderò in considerazione due livelli ermeneuti-ci: la correlazione esistente tra le quattro pellicole e il libro originale e tra il libro, le pellicole e la società. Questa anali-si restituirà l’immagine di una scuola immaginaria, parzial-mente rispondente a quella descritta da De Amicis, che viene

18 S. Polenghi, Film as a source for historical enquiry in education, cit.

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alterata o mantenuta per proporre allo spettatore un modello di scuola che lo spettatore possa riconoscere come quello tra-dizionale, ma anche che possa ritenere valido per il presente.

Per condurre questa meta-analisi mi concentrerò su alcuni punti chiave.

2. Il libro Cuore dal 1886 a oggi

Cuore (1886) è uno dei libri italiani per bambini più po-polari nel nostro paese e nel mondo. Il suo autore, Edmon-do De Amicis (1846-1908), brillante giornalista e scrittore, ex-ufficiale dell’esercito, reporter di guerra e patriota, aveva aderito al socialismo nel 189119. Come è noto, Cuore è un diario immaginario, scritto da Enrico, scolaro di terza clas-se di una scuola elementare di Torino, nell’anno scolastico 1881-82. Nel libro sono presenti tre generi letterari: 1. diari-stico, che è quello prevalente; 2. epistolare (le lettere scritte dal padre, dalla madre e dalla sorella di Enrico sul suo diario, lettere che hanno un tono fortemente prescrittivo); 3. rac-conti (nove racconti letti mensilmente dal maestro Perboni alla classe, idealmente del tutto congruenti con il messaggio morale del libro, ma leggibili anche separatamente)20.

Il successo di Cuore fu immediato e duraturo. In due mesi e mezzo il libro conobbe ben 41 edizioni, vendendo 1000 copie al giorno, ed ebbe 18 richieste di traduzione. Fu imme-diatamente tradotto in inglese, tedesco, francese, spagnolo, polacco, croato e ungherese. Nel 1911 aveva ormai vendu-to 500.000 copie e nel 1923 raggiunse l’incredibile cifra di

19 P. Boero, E. De Amicis, in G. Chiosso, R. Sani (a cura di), DBE. Dizionario biografico dell’educazione 1800-2000, Milano, Ed. Bibliografica, 2013, vol. I, pp. 438-439.

20 B. Traversetti, Introduzione a De Amicis, Bari, Laterza, 1991, p. 75.

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un milione di copie vendute ed era ormai tradotto in tutto il mondo21.

Cuore plasmò l’educazione di generazioni di italiani, sino agli anni Cinquanta del XX secolo almeno22. Il critico letterario marxista Alberto Asor Rosa lo definì «uno degli strumenti più potenti di unificazione culturale […] sotto l’e-gemonia intellettuale della classe media settentrionale»23. Lo scopo di De Amicis era quello di insegnare ai bambini i valori morali e civili laici, ovvero il sentimento patriottico, l’amore e il rispetto per la famiglia, la solidarietà tra classi sociali e al di sopra delle differenze regionali, l’obbedienza all’autorità e il valore del lavoro, del dovere e del sacrificio. Egli costruì trame assai commoventi, usando un linguaggio capace di impressionare profondamente e miscelò abilmente situazioni immaginarie e descrizioni storicamente accurate (De Amicis conosceva bene il mondo della scuola e scrisse altri libri su maestri e sulla vita scolastica).

Questi valori restarono dominanti nel comune sentire per decenni. Quando cominciarono a essere contestati e rifiutati, anche il libro fu posto sotto accusa e dovette affrontare cri-tiche pedagogiche e letterarie, che iniziarono con il famoso Elogio di Franti di Umberto Eco, nel 1962 (Franti è il bam-bino maligno, l’unico che il maestro Perboni non riesce a gestire, ma per Eco invece egli è l’unico bambino vero del libro, che smaschera la retorica e il classismo della società in cui vive) e raggiunsero l’acme dopo il 1968, negli anni Settanta. In seguito, a partire dal serial della RAI del 1984,

21 M. Mosso, I tempi del Cuore. Vita e lettere di Edmondo De Amicis a Emilio Treves, Milano, Mondadori, 1925, pp. 370-371.

22 G. Ferroni, Storia della letteratura italiana. Dall’Ottocento al Novecento, Milano, Einaudi Scuola, 1991, p. 461.

23 A. Asor Rosa, La cultura, in R. Romano e C. Vivanti (a cura di), Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi, v. IV/2, Torino, Einaudi, 1975, pp. 981–986.

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di cui si dirà, il dibattito sul libro assunse un tono meno ide-ologico, favorito dalla crisi delle ideologie politiche e delle pedagogie libertarie, sino a che il volume è stato ora rivalu-tato e riscattato24.

3. Dal libro allo schermo: i film e le serie televisive su Cuore nell’Italia repubblicana

Cuore ha ispirato molti film. Nel 1915 e nel 1916 furono girati 9 film sui 9 racconti mensili (non era una coincidenza: erano anni di guerra e il sentimento patriottico era veicolato e rinforzato dai media)25. Il racconto mensile Dagli Appen-nini alle Ande riscosse un grande successo, forse perché il tema dell’emigrazione era fortemente sentito: nel 1943 fu girato un altro film basato su di esso, seguito da un’altra ver-sione di Folco Quilici nel 1960 e da una terza negli anni Ot-tanta. Nel 1976 fu prodotto un cartoon giapponese (Marco) che riproduceva la stessa commovente e avventurosa storia del bambino che cerca la madre al di là dell’Atlantico, riesce dopo molte peripezie a trovarla e a salvarle così la vita. Nel 1981 seguì un cartoon su Cuore26.

Questo saggio analizza le quattro pellicole su Cuore, pro-dotte nell’Italia repubblicana a distanza di circa venti anni l’una dall’altra (Tabella n. 1): due film, il primo, una pellico-la di successo di Coletti, uscita al cinema nel 1948 all’indo-mani della seconda guerra mondiale e il secondo, del 1973,

24 A. Nobile, Cuore in 120 anni di critica deamicisiana, Roma, Aracne, 2009, pp. 59-116.25 Sulla relazione che ebbe De Amicis con cinema, appena nato, cfr. A. Boschi, De Amicis al

cinema: la scuola di Cuore nella filmografia italiana, in L. Bellatalla, G. Genovesi, E. Marescotti (a cura di), La scuola nell’Italia unita. 150 anni di storia, Padova, Cleup, pp. 97-105 (Boschi a mio avviso però sminuisce il Cuore di Coletti in modo ingiustificato).

26 M. Tortora, Primi schermi di Cuore, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007.

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del regista indipendente Scavolini, rimasto un prodotto di nicchia; poi due serial TV: nel 1984 lo sceneggiato RAI di grande successo di Comencini e nel 2001 quello di Zaccaro per Canale 5, di inferiore impatto.

Tabella n.1Le quattro pellicole su Cuore

1948 1973 1984 2001Regista Coletti Scavolini Comencini ZaccaroTipo di pellicola e lunghezza

Film91 minuti

Film80 minuti

TV serial RAI 2 Canale nazio-nale pubblico6 episodi di 60 minuti

TV serial Canale 5Canale nazio-nale privato6 episodi di 90 minuti

Audience Successo, premiato

Prodotto di nicchia

Grande succes-so, record di audience: più di 13 milioni di spettatoriPremio TV Film Gran Galà TV 1984DVD nel 2007

Successo ma audience infe-riore: in media 8 milioniTelegatto come migliore serie televisiva 2002

Per verificare il grado di fedeltà di queste opere al testo letterario, ho comparato i riferimenti diretti delle pellicole agli episodi del libro (tabella n. 2). La tabella tiene conto della lunghezza delle pellicole, che varia dagli 80/90 minuti per i film ai 360/540 minuti per i serial. Le pellicole che ri-sultano più aderenti a Cuore per numero di episodi riportati sono le versioni di Coletti (1948) e Comencini (1984). Al-cuni critici hanno considerato poco fedele lo sceneggiato di

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Comencini, accusandolo di avere tradito De Amicis27, ma un’analisi quantitativa rigetta questa opinione. L’opera te-levisiva di Comencini fa riferimento a 26 capitoli del libro, oltre a 5 racconti mensili e una lettera, totalizzando 32 rife-rimenti diretti, il punteggio in assoluto più alto. Ma il serial è lungo (360 minuti) e se comparata alla lunghezza totale della pellicola, la percentuale di riferimenti al testo scende all’8,8%. Il film di Coletti dura solo 91 minuti, nei quali vi sono 18 menzioni a capitoli di Cuore, solo quasi la metà rispetto a Comencini, ma se rapportiamo la lunghezza del film alle citazioni, la percentuale di riferimento al libro è del 19,7%, la più alta. Il film di Scavolini raggiunge il 5% e il serial di Zaccaro, che è molto lungo (540 minuti) arriva solo al 4,6%, pur avendo 25 riferimenti a capitoli del libro. Nelle quattro pellicole si registra chiaramente, già da questa ana-lisi, un distacco dal libro. Nuovi personaggi sono introdotti, altri sono presentati in modo diverso. L’alterazione raggiun-ge il massimo nella versione di Zaccaro del 2001. Il nucleo della trama viene sempre dal diario di Enrico, con l’eccezio-ne del film di Scavolini, che presenta solo 4 racconti mensi-li. Questi racconti ricevono uno spazio sempre maggiore (è però più facile presentarli in una versione seriale televisiva, che ha a disposizione molto più tempo di un film). Le lettere, che sono sicuramente la parte più pedante e caduca di Cuore, vengono sostanzialmente a sparire, non trovando risponden-za nel sentire contemporaneo.

27 A. Nobile, Cuore in 120 anni di critica deamicisiana, cit., pp. 71-72.

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