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e 1- l- )- 'e li 1- i- )- ;!- 3..- re 363 La meccanica quantistica dell'atomo -- ---- ------------ -------- ---- -------- -- --- ..... UNITÀ 35 La doppia personalità della luce e della materia Per mettere in evidenza la natura duale della luce e delle particelle materia- li, lo statunitense Richard Phillips Feynman (1918-1988), premio Nobel nel 1965 per avere sviluppato un nuovo formalismo per la meccanica quantisti- ca, suggerì di riconsiderare l'esperimento di Young. Immaginiamo di porre, davanti a uno schermo dotato di due fenditure, indifferentemente una sorgente monocromatica di fotoni o di elettroni (una sorgente di elettroni è monocromatica se da essa le particelle fuorie- scono tutte alla stessa velocità) che, regolata opportunamente, emetta una sola particella alla volta. Dall'altra parte delle fenditure, a grande distanza, supponiamo poi di sistemare uno schermo sensibile che permetta di rileva- re il numero e la posizione particelle che lo colpiscono. Se aspettiamo un tempo sufficientemente lungo, le particelle (fotoni o elettroni), arrivando sullo schermo in successione dopo avere interagito sin- golarmente con le fenditure, si addensano su delle strisce, producendo la stessa figura di interferenza che si formerebbe se l'esperimento fosse svolto con la radiazione luminosa nelle condizioni ordinarie. Ripetendo l'esperimento dopo avere chiuso una delle due fenditure, in modo da essere sicuri che il fotone o l'elettrone passino attraverso l'altra, la fi gura di interferenza scompare. Sullo schermo si osserva solo una piccola macchia allineata con l'asse della fenditura rimasta aperta (figura 4). Quale conclùsione possiamo trarre da questo esperimento, che è stato eseguito più volte da diversi ricercatori fornendo effettivamente i risultati descritti? · Poiché l'interferenza è prodotta da una successione di fotoni o di elettro- ni che arrivano uno alla volta sulle fenditure, dobbiamo pensare che il ca- ra ttere ondulatorio sia una proprietà intrinseca della singola particella. Cia- scuna interagisce simultaneamente con entrambe le fenditure, che in tal m odo sono indotte a comportarsi, per il principio di Huygens, come due sorgenti coerenti di onde. Quando però si cerca di stabilire da quale fenditura i fotoni o gli elettro- ni siano passati, cioè a rilevare il loro percorso, essi tornano a mostrare il lo- ro aspetto corpuscolare. fotone o elettrone ([0 -- fotone di interferenza Ul figura di interferenza si forma anche se le particelle giungono sulle fenditure na alla volta. Il < La figura di interferenza scompare nel caso in cui l'una o l'altra delle due fenditure venga otturata. principio di complementarità . -\ livello microscopico le nostre osservazioni sono sempre indirette, mediate dagli esperimenti appositamente progettati per indagare particolari fenome- ni. La "realtà" del mondo microscopico risiede, in definitiva, nelle interazio- ni che possiamo stabilire con esso, cioè nei risultati dei nostri esperimenti . figura 4 Attraversando un interferometro di Young ogni fotone o elettrone interferisce con se stesso.

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363 La meccanica quantistica dell'atomo ------------------------------------------- ..... ---------=~~~~~~~~~~~~~ UNITÀ 35

La doppia personalità della luce e della materia Per mettere in evidenza la natura duale della luce e delle particelle materia­li, lo statunitense Richard Phillips Feynman (1918-1988), premio Nobel nel 1965 per avere sviluppato un nuovo formalismo per la meccanica quantisti­ca, suggerì di riconsiderare l'esperimento di Young.

Immaginiamo di porre, davanti a uno schermo dotato di due fenditure, indifferentemente una sorgente monocromatica di fotoni o di elettroni (una sorgente di elettroni è monocromatica se da essa le particelle fuorie­scono tutte alla stessa velocità) che, regolata opportunamente, emetta una sola particella alla volta. Dall'altra parte delle fenditure, a grande distanza, supponiamo poi di sistemare uno schermo sensibile che permetta di rileva­re il numero e la posizione d~lle particelle che lo colpiscono.

Se aspettiamo un tempo sufficientemente lungo, le particelle (fotoni o elettroni), arrivando sullo schermo in successione dopo avere interagito sin­golarmente con le fenditure, si addensano su delle strisce, producendo la stessa figura di interferenza che si formerebbe se l'esperimento fosse svolto con la radiazione luminosa nelle condizioni ordinarie.

Ripetendo l'esperimento dopo avere chiuso una delle due fenditure, in modo da essere sicuri che il fotone o l'elettrone passino attraverso l'altra, la figura di interferenza scompare. Sullo schermo si osserva solo una piccola macchia allineata con l'asse della fenditura rimasta aperta (figura 4).

Quale conclùsione possiamo trarre da questo esperimento, che è stato eseguito più volte da diversi ricercatori fornendo effettivamente i risultati descritti? ·

Poiché l'interferenza è prodotta da una successione di fotoni o di elettro­ni che arrivano uno alla volta sulle fenditure, dobbiamo pensare che il ca­rattere ondulatorio sia una proprietà intrinseca della singola particella. Cia­scuna interagisce simultaneamente con entrambe le fenditure, che in tal modo sono indotte a comportarsi, per il principio di Huygens, come due sorgenti coerenti di onde.

Quando però si cerca di stabilire da quale fenditura i fotoni o gli elettro­ni siano passati, cioè a rilevare il loro percorso, essi tornano a mostrare il lo­ro aspetto corpuscolare.

fotone o elettrone

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fotone di interferenza

Ul figura di interferenza si forma anche se le particelle giungono sulle fenditure

na alla volta .

Il

M -·~ < La figura di interferenza scompare nel caso in cui l'una o l'altra delle due fenditure venga otturata.

principio di complementarità .-\ livello microscopico le nostre osservazioni sono sempre indirette, mediate dagli esperimenti appositamente progettati per indagare particolari fenome­ni. La "realtà" del mondo microscopico risiede, in definitiva, nelle interazio­ni che possiamo stabilire con esso, cioè nei risultati dei nostri esperimenti.

figura 4 Attraversando un interferometro di Young ogni fotone o elettrone interferisce con se stesso.

SEZIONE G

figura 5

~Fi~si~ca~q~ua~n~t=is~ti~c~a ---------------------~---------------------------------------

Questi esperimenti rivelano che il modello di onda e il modello di particel­la, che sono costruzioni concettuali formate in base all'osservazione del mondo macroscopico, sono complementari. Il primo è adeguato a descrive­re certi risultati, il secondo a descriverne altri.

Se uno sperimentatore vuole valutare la posizione di un elettrone, un'op­portuna apparecchiatura gli permette di localizzare la particella nello spa­zio. Se invece vuole valutare la lunghezza d'onda dell'elettrone, utilizzando un diverso dispositivo può trovare anche in questo caso una risposta. Ciò lo induce a pensare, però, che l'elettrone non sia una particella, ma un'onda.

Nella logica quantistica si assume che il fotone, l'elettrone, ecc. abbiano una forma indefinita fino all'istante in cui, per effetto di ' un rilievo stru­mentale, vengono evidenziati o come onde o come corpuscoli.

La complementarità fra onde e corpuscoli fu assunta da Bohr come prin­Clpto.

n principio di complementarità nella forma enunciata da Bohr Se un esperimento permette di osservare un ,aspetto di un fenomeno fisi­co, esso impedisce al tempo stesso di osservare l'aspetto complementare dello stesso fenomeno .

Secondo Bohr i concetti di corpuscolo e di onda non sono incompatibili: per indagare il mondo microscopico occorrono entrambe le descrizioni, che singolarmente si escludono, ma che insieme si completano.

La particella quantistica Particella quantistica libera rappresentata da un pacchetto di onde. In un dato istante la particella, in moto lungo una direzione x, è localizzata entro un breve segmento di lunghezza !!.x.

L'ipotesi di de Broglie permette di definire un'entità, che chiameremo particella quantistica, in grado di manifestare, in circostanze diverse, proprietà corpuscolari od on4ulatorie.

x

;.------------ ~x -----------.;

Mediante una sovrapposizione di onde armoniche è pos­sibile costruire, infatti, un "pacchetto di onde" di estensio­ne limitata che si propaghi con una prefissata velocità. Esso esprime la forma di una perturbazione dello spazio che, es­sendo localizzata e viaggiante, è adeguata a rappresentare una particella libera in movimento (f igura 5).

Così de Broglie, in un suo scritto, parlava della particella quantistica: "Quando l'onda unita a un corpuscolo si pro­paga liberamente in una regione di grandi dimensioni ri­spetto alla lunghezza d'onda, la nuova meccanica attribui­sce al corpuscolo associato all'onda il movimento che era previsto dalle leggi della meccanica classica ... Ma ci sono dei

casi in cui le leggi classiche della meccanica non arrivano più a descrivere il movimento dei corpuscoli. Il primo caso è quello in cui la propagazione dell'onda è ristretta in una regione dello spazio le cui dimensioni sono le stesse della lunghezza d'onda. È quello che accade per gli elettroni all'inter­no dell'atomo".

Le onde di de Broglie e il modello atomico di Bohr Per diversi anni il modello di Bohr dell'atomo di idrogeno era stato una sorgente di ispirazione per ricerche teoriche e sperimentali nel campo delli fisica atomica. Aveva tuttavia lasciato spazio a molte perplessità, per le sue

Jifdt•Wifl Fisica quantistica

a a Spiegalo tu _ _

1. Secondo la logica quantisti­ca, ha senso aspettarsi che le palle da tennis lanciate a ri­petizione da un cannoncino vengano diffratte dalla rac­chetta del tennista? Giustifi­ca la tua risposta alla luce dell'ipotesi di de Broglie e del principio di corrispondenza .

366

Il principio di corrispondenza Come la fisica relativistica, nata dalla revisione dei concetti di spazio e di tempo, contiene la meccanica classica come caso limite, così, da una siste­matica revisione del modello di Bohr, i fisici quantistici intendevano co­struire una nuova meccanica che potesse fornire risultati conformi all'espe­rienza nelle applicazioni ai sistemi microscopici e, nello stesso tempo, ten­desse alla fisica classica per i fenomeni in cui le discontinuità quantistiche diventano trascurabili. Questa ipotesi di lavoro, formulata da Bohr, fu chia­mata principio di corrispondenza.

In termini generali, il principio afferma che le previsioni della meccanica quantistica devono concordare con quelle della meccanica classica man ma_no che il si­stema quantistico si ingrandisce verso dimensioni macroscopiche.

2. La meccanica ondulatoria di Schrodinger

Le idee di de Broglie sulla natura ondulatoria della materia acquistarono un soddisfacente formalismo matematico nel1926 per opera del viennese Erwin Schrodinger, in quel tempo professore di fisica teorica all'Università di Zurigo.

Funzione d'onda e densità di probabilità Schrodinger sviluppò la sua teoria, la meccanica ondulatoria, da un'equa­zione differenziale simile a quelle che descrivono la propagazione delle on­de meccaniche o elettromagnetiche.

L'equazione di Schrodinger permette di calcolare la distribuzjone nello spazio e l'evolversi nel tempo di una particella o di un sistema di particelle soggette a forze conservative, nel limite in cui gli effetti relativistici siano trascm:abili.

Perché distribuzione nello spazio e non, piuttosto, posizione? La particella quantistica non è il punto materiale della fisica classica: es­

sendo rappresentata da un pacchetto di onde che, per quanto limitato nel­lo spazio, ha sempre una certa estensione, non possiede una posizione pre­cisamente definita.

L'equazione di Schrodinger ha come soluzione una funzione a valori complessi delle coordinate spaziali e temporali della particella quantistica. Tale soluzione, nota come funzione d'onda e generalmente indicata con il simbolo 'l' (lettera greca "psi"), contiene tutta l'informazione circa l'evolu­zione dell'onda-particella nello spazio e nel tempo.

Per mettere in relazione la funzione d'onda con le grandezze misurabili e stabilire un obiettivo contatto fra la meccanica ondulatoria e la realtà speri­mentale, il tedesco Max Born (1882-1970) ricorse al concetto di probabilità.

Egli chiarì che, se si tenta di rivelare sperimentalmente in un certo istan­te la posizione di un corpuscolo, la probabilità di trovare l'oggetto micro­scopico in una piccola regione di volume Ll V contenente un punto di coor­dinate x,y, e z e in un piccolo intervallo di tempo Llt centrato intorno all'i­stante t considerato è direttamente proporzionale a:

l 'l'(x,y, z, t) 12 Ll V Llt

Il quadrato del modulo della funzione d'onda, chiamato densità di proba­bilità (a indicare la probabilità per unità di volume e per unità di tempo) acquistò così un ben definito significato fisico.

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La meccanica quantistica dell'atomo ii!Wijlfj

ErwlnRUclolr Joser AiexanCfer ScliioCJinger

(Vienna, 1887 - 1961) Favorito dalla sensibilità culturale paterna, si dedicò fin dai primi anni allo studio delle disci­pline umanistiche e scientifiche. Dopo essersi laureato all'Università di Vienna intraprese una brillante carriera acca­demica che da Vienna lo portò a Stoc­carda, a Zurigo e a Berlino. Per awer­sione al nazismo lasciò Berlino dopo l'ascesa al potere di Hitler, per conti­nuare l'opera di docente a Oxford e a Dublino. Bohr lo definì un "uomo universale". Fu infatti uno scienziato dai moltepli­ci interessi: dalla filosofia alla fisica, dalla storia alla politica, dalla biologia alla cultura greca. Con disprezzo per la moralità convenzionale, Schrodin­ger univa a un profondo pessimismo una voluttuosa indulgenza verso i pia­ceri della vita. Sintetizzando le sue virtù e le sue debolezze Einstein lo de­finì uno "scienziato libertino troppo intelligente". Fra i maggiori fisici teo-

rici del Novecento, formulò l'equazio­ne fondamentale della meccanica ondulatoria, considerata, per energie non relativistiche, lo strumento più importante per la descrizione di mole­cole, atomi e nuclei. La corrisponden­te equazione relativistica fu determi­nata da Dirac, con cui Schro-dinger condivise il premio Nobel nel 1933. Schrodinger deve es­sere anche ricordato per il suo contributo alle scienze biologi­che. Le sue lezioni te­nute a Dublino e rac­colte in un volume dal titolo What is fife, pub­blicato nel 1944, furono la principale fonte di ispirazione per i fondatori della biologia mole­colare.

Il collasso della funzione d'onda La meccanica quantistica rinuncia al rigoroso determinismo della fisica classica e si limita, invece, a stabilire la probabilità con cui una particella o un sistema si evolvono verso gli stati possibili. La densità di probabilità non dice dove una particella quantistica è in un dato istante, ma solamente do­ve è probabile che sia.

D'altra parte, l'intervento di uno sperimentatore, che con un opportuno strumento riveli una particella in un dato luogo, perturba l'evoluzione del­la funzione d'onda della particella. Istantaneamente, infatti, tutte le possi­bilità (tutti i luoghi in cui la particella avrebbe potuto trovarsi) si riducono a una sola (il luogo in cui è stata effettivamente catturata). Si parla, in que­sto caso, di "collasso della funzione d'onda".

Immaginiamo, per esempio, che in un certo istante un atomo errante nello spazio interstellare assorba un fotone, in modo che, in qualsiasi istan­te successivo, lo stesso atomo possa emettere un altro fotone.

Secondo la teoria di Schrodinger il fotone emesso, "sparso" nello spa­zio intorno alla sorgente e "distribuito" nel tempo che segue l'evento ini­ziale, è rappresentato da un'onda sferica che si propaga alla velocità della luce. Dopo un anno, l'onda copre una regione di un anno luce di raggio (1 a.l. = 9,46 · 1015 m), cioè un volume dell'ordine di 1048 m3

.

Se in ogni metro cubo di questa immensa regione fosse posto un rivela­tore, ciascuno di essi avrebbe, in quell'anno, la stessa probabilità di cattura­re il fotone. Nel caso in cui, però, uno dei tanti rivelatori registrasse effetti­vamente l'arrivo del fotone, l'onda che descrive la particella quantistica col­lasserebbe, cioè scomparirebbe. Nessun altro rivelatore, successivamente, potrebbe più captare lo stesso fotone.

figura 7 L'orbitale dello stato fondamentale dell'atomo di idrogeno.

figura 8 Distribuzione dell'elettrone dell'idrogeno nello stato fondamentale. Con la massima densità di probabilità, l'elettrone si trova a una distanza dal nudeo uguale al raggio di Bohr r1•

figura 9 Il gatto di Schròdinger.

Gli stati quantici atomici Oltre a fornire la probabilità con cui un oggetto microscopico può essere pre­sente in un volume dello spazio e in un intervallo di tempo dati, l'equazione di Schrodinger contiene un'informazione energetica. Applicata, per esempio, agli elettroni atomici, permette di determinare sia le funzioni d'onda associa­te agli stati quantici sia i corrispondenti livelli energetici. Per l'atomo di idro­geno, i livelli così calcolati coincidono con quelli indicati da Bohr.

L'equazione di Schrodinger risolve inoltre un problema che il modello di Bohr aveva lasciato senza risposta, cioè spiega perché le righe spettrali emesse dagli atomi eccitati abbiano ognuna una caratteristica intensità.

Come cambia, con la meccanica ondulatoria, la descrizione_ degli stati quantici atomici?

Abbandonato il concetto classico di traiettoria, gli stati quantici non so­no più pensati come un insieme discreto di orbite circolari percorse da un elettrone puntiforme, ma sono caratterizzati da funzioni d'onda staziona­rie (soluzioni dell'equazione di Schrodinger indipendenti dal tempo) che definiscono, tramite il loro modulo quadrato, la densità volumica di proba­bilità, cioè la probabilità per unità di volume di trovare l'elettrone in un de­terminato punto intorno al nucleo.

A ogni stato è dunque assegnata una distribuzione elettronica, spesso chiamata orbitale, ch-e può essere visualizzata mediante una "nuvola", più densa nei punti dove è più facile rivelare l'elettrone, più rarefatta dove l'elet­trone py.ò trovarsi con minore probabilità.

In figura 7 è rappresentato il primo orbitale dell'atomo di idrogeno, cor­rispondente allo stato fondamentale: la distribuzione elettronica ha simme­tria sferica, con un massimo a una distanza dal nucleo uguale al raggio del­la prima orbita di Bohr. Un altro modo per raffigurare la stessa distribuzio­ne è tracciare, come in figura 8, il grafico del modulo quadrato l W(r) f

2 del­la funzione d'onda al variare della distanza r dal nucleo. ·

Un paradossale dilemma: il gatto quantistico di Schrodinger Nel1935 Schrodinger propose un famoso esperimento mentale, subito de­finito il paradosso del gatto di Schrodinger: se un gatto viene rinchiuso in una stanza isolata insieme a un congegno che, innescato da un evento casuale (come l'emissione di una particella nucleare da parte di una sostanza ra­dioattiva), possa rompere una fiala di cianuro, qual è, dopo un prestabilito intervallo di tempo, lo stato del gatto?

Secondo il consueto modo di ragionare il gatto o è vivo o è morto. La logi­ca quantistica, invece, porta a concludere che le due condizioni coesistano.

Poiché, in un istante fissato, la probabilità che il mecca­nismo letale sia già stato azionato è pari al 50%, così come del 50% è la probabilità che la fiala di veleno sia ancora in­tegra, il gatto si trova in una simultanea combinazione di vita e di morte. In altri termini, fino a quando non viene os­servato, il gatto è metà vivo e metà morto (figura 9).

Per decidere fra i due destini possibili occorre osservare e misurare. La buona o cattiva sorte del gatto è determina­ta solo nell'istante in cui l'osservatore decide di aprire la stanza, perché è allora che o l'uno o l'altro dei due stati, pri­ma entrambi potenzialmente presenti al 50%, è reso reale. Riguardo al comportamento di un elettrone, di un atomo, o

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--------------------------------~ La meccanica quantistica dell'atomo II!Wl!lfj:J

di un'altra particella, la meccanica quantistica non fornisce tutte le informa­zioni che eravamo soliti ottenere applicando a un punto materiale le leggi della meccanica classica. Per esempio, non permette di stabilire con certezza la posizione della particella in ogni istante.

Il paradosso del gatto mostra come questa indeterminazione possa pro­durre effetti sconcertanti se estrapolata da una realtà macroscopica.

La spesso citata frase di Einstein, "Non credo che Dio giochi a dadi con l'universo", esprime il disagio che comporta la rinuncia alla logica determi­nistica. Einstein rimase sempre convinto che la sorte del gatto non dipendes­se dall'osservatore, ma fosse predeterminata, e che. l'incapacità di scegliere fra vita e morte testimoniasse che la teoria quantistica era incompleta.

3. Il principio di indeterminazione di Heisenberg

La fisica classica ammetteva erroneamente che fosse possibile eseguire la misura, anche simultanea, di tutte le grandezze fisiche di un dato sistema con precisione sempre maggiore a condizione di utilizzare procedure e stru­menti sempre più raffinati.

In realtà misurare significa perturbare, cioè alterare le grandezze che caratte­rizzano uri sistema.

Nel caso in cui vogliamo determinare, per esempio, la posizione e la velo­cità di un oggetto in movimento, dobbiamo in primo luogo "vedere" l'og­getto, cioè stabilire con esso un'interazione. Immaginiamo di illuminarlo, a questo scopo, con un fascio di luce.

Se l'oggetto in questione è una palla da biliardo, gli urti dei fotoni non influenzano apprezzabilmente il suo moto. Se invece è un elettrone in volo attraverso un tubo a vuoto, gli stessi urti ne modificano posizione e velocità in modo non trascurabile.

Le grandezze coniugate e la loro determinazione simultanea Nel1927 Werner Heisenberg postulò l'impossibilità concettuale di valutare senza alcun limite di precisione la posizione e, simultaneamente, 1~ quantità di moto di un oggetto, oppure di determinare con esattezza l'istante di tempo in cui un sistema si trova in un particolare stato e l'energia del siste­ma nello stesso stato.

Indichiamo queste due coppie di grandezze, la posizione insieme alla quantità di moto e l'energia insieme al tempo, come grandezze coniugate.

Le leggi della meccanica classica da cui si calcolano, per esempio, la traiettoria e le trasformazioni energetiche di un corpo presuppongono che si possano perfettamente conoscere, almeno in linea di principio, eliminati gli errori sperimentali, la quantità di moto del corpo in una ben determina­ta posizione e la sua energia in un preciso istante.

La meccanica quantistica introduce invece, con l'enunciato di Heisen­berg, un'indeterminazione intrinseca nelle coppie di grandezze coniugate, o meglio, una correlazione fra le incertezze con cui i valori di tali grandezze possono essere determinati.

a a a Spiegalo tu __

2. Quali informazioni contiene la funzione d'onda di una parti­cella quantistica circa le pro­prietà dinamiche della parti­cella?

3. Come cambia, con la mecca­nica ondulatoria di Schròdin­ger, la descrizione degli stati stazionari dell'atomo di idro­geno?

~ J1fduWifl Fisica quantistica 370

Principio di indeterminazione Quando la coordinata di una particella lungo una direzione x e la com­ponente della quantità di moto della particella lungo la stessa direzione sono misurate simultaneamente, le incertezze ~x e ~Px sui risultati delle due misure soddisfano la condizione:

quantità · . incertezza su·11a ~

di moto (kg . mis) ~ costante d1 Planck ax a . > }!____ (kg . m2/s) (3)

Px - 2'ii" incertezza sulla posizione (m) J

Similmente, se l'energia di una particella viene misurata con un procedi­mento di durata !:it, l'incertezza !:iE sul suo valore è tale che:

incertezza sul tempo (s) ~ r

_ \ ~ costante di Planck aB at > }!____ (J . s)

- z'ii" (4)

incertezza sull'energia (J) J Quello di Heisenberg è un principio fondamentale della meccanica quanti­stica, che ha rivoluzionato la teoria della misura e il modo di interpretare le leggi della fisica.

Esso riflette la dualità-onda corpuscolo della radiazione elettromagneti­ca e della materia. Una particella quantistica si trova, infatti, in ogni punto dell'onda a essa associata, essendo distribuita con differente probabilità lo­cale in tutto lo spazio in cui l'onda è presente. D'altra parte la particella possiede una ben determinata quantità di moto solo quando questa gran­dezza viene misurata. Prima della misura la quantità di moto assume po­tenzialmente tutto un insieme di valori.

La localizzazione di un elettrone Numerosi sono gli esperimenti, reali o mentali, che consentono di control­lare la validità del principio di indeterminazione.

Immaginiamo di disporre di una radiazione elettromagnetica di lun­ghezza d'onda À. abbastanza piccola affinché possa interagire con un elet­trone libero secondo le modalità note dallo studio dell'effetto Compton, e di un microscopio capace di raccogliere e focalizzare la radiazione diffusa dall'elettrone.

Lungo una direzione x fissata il microscopio rivela, idealmente, la posi­zione dell'elettrone con una indeterminazione ~circa uguale alla lunghez­za d'onda della radiazione:

L'elettrone viene però localizzato solo dopo che ha diffuso la radiazione, cioè ha compiuto un urto con un fotone. Poiché l'urto fa variare imprevedi­bilmente la componente x della quantità di moto dell'elettrone di un valo­re ~Px compreso fra zero e il modulo hj À. della quantità di moto trasporta­ta dal fotone, possiamo porre:

....... _,==~=~~;;;;=;c-c---------- -- -

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371 La meccanica quantistica dell'atomo lllmftlfj

Il prodotto fra le incertezze delle due variabili è dunque:

b..x D..px "" h

Questo risultato è compatibile con la relazione (3) . La figura 10 illustra un'altra situazione fisica ideale dalla cui analisi si trae la stessa con­

clusione. L'indeterminazione sulla quantità di moto D..px è tanto maggiore quanto più precisa è la

misura della posizione D..x e viceversa. Al limite, se potessimo conoscere perfettamente la posizione della particella, la quantità di moto sarebbe completamente indeterminata.

figura 10

DIFFRAZIONE DI UNA PARTICELLA

Se una particella passa per una fenditura di larghezza d paragonabile alla sua lunghezza d'onda di de Broglie )\, essa si diffrange. Nell'istante in cui attraversa la fenditura, la sua posizione lungo l'asse x perpendicolare alla direzione di incidenza viene individuata con un ' incertezza tlx = d. D'altra parte, la componente x della sua quantità di moto p diventa indeterminata di una quantità t:..px ~ p sin a, dove a è la semiapertura angolare della frangia centrale della figura di diffrazione. Ricordando, dallo studio della diffrazione, che è sin a = )1./ d, ed essendo p = hl)\, si trova:

. ..v!!_ l = h t:,x t:,.px ~ d p Sin a = }d X ;i

x

t:.. p -> / x

6JJ----+t:..'Xd'-= = - ~==---~~~l~~--- - ------------.j. --------- - ------·---- - - - - - - - -- ---- --

ESEMPIO 2

L'indeterminazione di un livello atomico eccitato La vita media di uno stato atomico eccitato, cioè l'intervallo di tempo che trascorre in media prima che l'atomo decada verso un altro stato a energia minore, è pari a 2,0 · 10- 8 s. Qual è la minima inde­terminazione del corrispondente livello energetico?

Dati e incognite M = 2,o . 1 o-s s

Soluzione

A.E = ?

L'energia di uno stato atom ico eccitato può essere misurata per una durata non più lunga dell'interval-

lo di tempo M durante il quale l'atomo permane

nello stato considerato. Utilizzando la relazione (4),

che lega l'incertezza sul valore ricavato da una mi­

sura di energia con la durata della misura stessa, si trova che la minima indeterminazione del livello energetico è:

h 6 626 . 1 o-34 J. s A.E - -- - ' -

- 2TIM - 2TI(2,0 · 10- 8 s) -= 5,3 · 10-27 J = 3,3 · 10-8 eV

372

La meccanica delle matrici Le idee di de Broglie sulla dualità onda-corpuscolo, rese concrete dagli espe­rimenti che avevano rivelato il comportamento ondulatorio delle particelle, indussero i fisici a riflettere sul concetto di "oggetto fisico".

Born, professore di Heisenberg a Gottingen, suggerì che si dovessero considerare come autentiche proprietà del reale solo gli osservabili, cioè le grandezze che possano essere sottoposte a un'operazione di misura: questa, che può sembrare una considerazione ovvia, divenne uno dei capisaldi del­la nuova ~eccanica.

Secondo Born, i fisici erano a torto ostinati nel voler attribuire un senso, anche avendo a che fare con atomi e particelle subatomiche, a tutte le gran­dezze di cui la meccanica classica si era servita per descrivere la realtà ma­croscopica. Alcune, invece, come la posizione, l' istante e la velocità, erano inadatte a descrivere una particella quantistica, perché la classificavano co­me un corpuscolo escludendo la possibilità di identificarla con un pacchet­to di onde, cioè con una perturbazione dello spazio di estensione e durata non nulle.

Condividendo la logica di Born, e convinto che qualsiasi tentativo di strutturare il mondo microscopico in analogia con quello macroscopico fosse destinato a fallire, Heisenberg rinunciò ad affrontare il problema del­le orbite e dei moti elettronici intorno ai nuclei. Egli spostò la sua attenzio­ne sulle grandezze atomiche operativamente valutabili: la frequenza e l'in­tensità delle radiazioni emesse dagli atomi nelle transizioni da uno stato quantico a un altro.

Già prima che Schrodinger pubblicasse la sua equazione, Heisenberg ave­va descritto le transizioni atomiche mediante tavole di numeri, o matrici.

Ogni casella di queste tavole corrisponde al passaggio da uno stato ini­ziale a uno stato finale e il numero in essa collocato è legato alla probabi-lità che si verifichi la transizione. ·

La meccanica delle matrici, come è chiamato il formalismo sviluppato da Heisenberg, e la meccanica ondulatoria di Schrodinger sono due "lin­guaggi" alternativi ed equivalenti con cui esprimere la teoria quantistica. Il primo utilizza uno strumento matematico, l'algebra matriciale, già da tem­po noto, ma mai adoperato nella fisica classica. Il secondo fa uso, invece, del più consueto calcolo differenziale.

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(Wurzburg, 1901 -Monaco di Baviera, 1976) Formato-si all'università di Monaco, perfezionò i suoi studi a Gottingen e a Copenaghen. Dal suo incontro con

Niels Bohr, nel 1922, ini­ziò una lunga amicizia e una fruttuosa collaqora­zione. Nel1925 Heisenberg ela­borò, ispirato da Max Born, la meccanica delle matrici. Due anni più tar­di formulò in un articolo il suo principio di inde­terminazione. Prese par­te ai dibattiti sulle que-

stioni epistemologiche sollevate dalle nuove idee quan-l tistiche e sostenne con Bohr la corrente di pensiero, nota come interpretazione di Copenaghen, che ride­finì in termini probabilistici i concetti di realtà fisica e di misura. Ricevette il Premio Nobel per la fisica nel 1932. Rimase in Germania durante la seconda guerra mon­diale, collaborando al programma nucleare tedesco sotto il regime nazista. La sua posizione nei confron­ti del nazismo è controversa, ma le vicende della guerra gli costarono la rottura dell'amicizia con Bohr, oltre all'arresto, nel 1945, e alla detenzione in Inghilterra. Facendo successivamente ritorno in Germania, si im­pegnò a ricostituire la scuola di fisica tedesca.

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373 La meccanica quantistica dell'atomo

L'effetto tunnel li comportamento degli oggetti microscopici è in certi casi sorprendente, co­me dimostra l'effetto tunnel, secondo cui una particella, senza alcuna azio­ne esterna, riesce a creare un "canale" per superare una barriera di potenziale.

Se lanciamo una palla su per un pendio con un'energia cinetica iniziale insufficiente affinché raggiunga la cima, la palla sale fino a una certa altez­za, poi torna indietro. Resta confinata, cioè, al di qua dell'ostacolo.

In generale, per una particella soggetta a una forza conservativa, una bar­riera di potenziale è una regione in cui l'energia potenziale associata alla forza supera l'energia totale della particella.

Secondo la fisica classica, per il principio di conservazione dell'energia, una barriera di potenziale è impenetrabile. Secondo la meccanica quantisti­ca, invece, una particella ha una probabilità non nulla di superare la barrie­ra-ostacolo, se questa ha una larghezza e un'altezza finite.

L'effetto tunnel, certamente non osservabile con una palla attraverso un pendio o una parete, riguarda gli elettroni e le altre particelle quantistiche. Esso può essere spiegato sia da un punto di vista ondulatorio, ricorrendo all'equazione di Schrodinger, sia in base al principio di indeterminazione . .

Dalla relazione (4) si deduce che, in un intervallo di tempo f:.t molto bre­ve l'energia di una particella può compiere una fluttuazione ilE talmente grande da raggiungere un valore istantaneo ancora più alto dell'energia po­tenziale massima della barriera. Ciò significa che, quanto più M è piccolo, tanto più facilmente la legge di conservazione dell'energia può essere viola­ta, in qnanto l'energia diventa sempre più indeterminata.

Applicando la stessa logica, un bancario disonesto potrebbe sentirsi au­torizzato a prelevare di nascosto dalla cassa una certa quantità di denaro e utilizzarla a proprio vantaggio, affrettandosi a restituirla prima che qualcu­no possa accorgersi dell'ammanco!

Dell'effetto tunnel si possono elencare numerose applicazioni tecnologi­che, nei campi della microscopia e dell'elettronica. Il diodo tunnel, per esem­pio, è un dispositivo semiconduttore che consente, regolando la tensione applicata, di variare l'altezza di una barriera di potenziale e controllare così il segnale elettrico generato dal passaggio di elettroni attraverso di essa.

L'effetto tunnel permette inoltre di spiegare un certo tipo di emissioni radioattive. Il nucleo atomico, infatti, può essere immaginato come un "pozzo" di potenziale attraverso le cui pareti, di tanto in tanto, determina­te particelle riescono a fuggire.

È stata anche avanzata l'ipotesi che lo stesso effetto possa giustificare il controverso fenomeno della "fusione fredda": due nuclei atomici darebbero spontaneamente origine a un processo di fusione nucleare, senza bisogno di reattori "a caldo", ma in una semplice provetta, oltrepassando, grazie a una fluttuazione quantistica, la barriera energetica prodotta dalle forze nucleari.

a a J Spiegalo tu -~---------------4. Immagina di determinare, con un errore di misura percentuale dell'l%, la quan­

tità di moto di una palla di 600 g lanciata alla velocità di 10,0 m/s. Qual è la mi­nima indeterminazione quantistica della posizione della palla? Potrai mai accor­gerti di tale indeterminazione? Perché?

5. Servendoti del principio di indeterminazione di Heisenberg, cerca di giustificare la seguente affermazione: "La probabilità che si verifichi l'effetto tunnel aumenta al diminuire dell'altezza e dello spessore della barriera di potenziale" .

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