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G G l l i i a a l l i i m m e e n n t t i i p p e e r r l l a a v v a a c c c c a a d d a a l l a a t t t t e e : : i i f f o o r r a a g g g g i i Maria Teresa Pacchioli Giuseppe Fattori

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Page 1: Gli alimenti della vacca da latte: i foraggi - crpa.it · all'alimentazione della vacca da latte. I dati e le indicazioni riportate, pur nel formato schematico e succinto dell'e-book,

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A cura di Maria Teresa Pacchioli e Giuseppe FattoriTestiElena Bortolazzo, Aldo Dal Prà, Roberto Davolio, Marco Ligabue, Adelfo Magnavacchi,Stefano Pignedoli, Maria Teresa Pacchioli, Fabrizio Ruozzi, Vincenzo Tabaglio, Paola VecchiaAnalisi compositive dei foraggiAlessandra Immovilli, Cristina PanciroliProgetto grafico e impaginazioneGiuseppe FattoriEditoreCentro Ricerche Produzioni Animali – C.R.P.A. S.p.A. – Viale Timavo 43/2 – 42121 Reggio EmiliaQuesta pubblicazione è stata realizzata da CRPA con il finanziamento del Programma di SviluppoRurale dell’Emilia-Romagna 2007-2013, Misura 111 Azione 2 “Azioni trasversali di supporto alsistema della conoscenza”.È consentita la riproduzionedi testi previaautorizzazionedaparte di CRPA.Foto e disegni sono proprietà degli autori.RingraziamentiUn particolare ringraziamento ad Angelo Barilli, il quale da ricercatore e direttore ha avviato eportato avanti in CRPA la sperimentazione in foraggicoltura, unendo al rigore scientifico la grandeattenzione alle esigenze di agricoltori e allevatori.Si ringraziano anche le numerose strutture di ricerca che si occupano di agricoltura e produzionianimali, soprattutto emiliano-romagnole, che con CRPA hanno realizzato numerosi progetti. Dailoro risultati, pubblicati e divulgati nel corso degli anni, provengono buona parte delle conoscenzeed indicazioni riportate nel testo.Reggio Emilia, dicembre 2014Reggio EmEE ilia,a dicem

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PPrreesseennttaazziioonneeI foraggi sono alimenti destinati al bestiame costituiti da piante intere, utilizzate fre-sche appena sfalciate o dopo conservazione. La pianta da foraggio può essere usataa diversi stadi di maturazione e molto spesso piante che alla maturazione completaforniscono granelle (concentrati) hanno una valenza come foraggera negli stadi fe-nologici precedenti.Se la conservazione dei foraggi avviene per essiccazione (naturale o forzata) si parladi fieno, se avviene per acidificazione della massa in anaerobiosi si ha l'insilato.I foraggi sono tradizionalmente usati nei sistemi zootecnici intensivi, mentre il pa-scolo, in cui l'erba non viene tagliata ma assunta direttamente dagli animali, ca-ratterizza i sistemi estensivi.Queste poche indicazioni illustrano una suddivisione dei foraggi scolastica, maancora utile, in quanto le basi delle tecniche di produzione e conservazione sono ri-maste le stesse negli anni.Quella che invece è cambiata molto è l'organizzazione dei sistemi zootecnici e conquesta la dimensione delle aziende, il livello produttivo delle bovine, il grado dimeccanizzazione e la disponibilità di manodopera.La produzione e l'utilizzazione dei foraggi segue questi cambiamenti, che richiedono:specie più produttive in termini di quantità e qualità; modifiche dei cantieri di lavoroper rendere più efficienti la raccolta e la conservazione dei prodotti, riducendo leperdite; una migliore conoscenza del valore nutritivo dei foraggi, indispensabile perfare fronte alle esigenze nutrizionali di bovine più produttive.Questo testo riunisce informazioni utili per produrre e valutare i foraggi destinatiall'alimentazione della vacca da latte. I dati e le indicazioni riportate, pur nelformato schematico e succinto dell'e-book, derivano in buona parte dai risultati dinumerosi progetti di studio e sperimentazione che CRPA ha portato avanti comecoordinatore e partner entro lo strumento della Legge Regionale n.28/98 "Promozio-ne dei servizi di sviluppo al sistema agro-alimentare”, realizzati con il contributodalla Regione Emilia-Romagna e grazie alla collaborazione e il supporto di numeroseaziende agricole e produttori di mezzi tecnici.

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SSoommmmaarriioo

LLee ppiiaannttee ffoorraaggggeerree7 Erba Medica

13 Loiessa

17 Prato polifita

25 Mais

LLaa rraaccccoollttaa ee llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii31 Conservazione

35 Fienagione tradizionale

43 Fienagione in due tempi

47 Insilamento

LLaa vvaalluuttaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii53 Campionamento

57 Valutazione sensoriale

61 Composizione nutrizionale

79 Sicurezza igienico sanitaria dei fieni

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L'erba medica è la foraggera prativa più diffusa in Italia. In pianura pada-na vengono effettuati 4 o più tagli (6 o 7 in presenza di irrigazione); la pro-duzione è variabile a seconda dell'età della coltura e della disponibilità diacqua, ma in generale è massima nel secondo anno.

Quello di erba medica è anche il prato più produttivo, sia in termini di so-stanza secca che di proteina: considerando un valore medio di proteinagrezza della biomassa verde del 20% sulla sostanza secca, la potenzialitàproduttiva di un medicaio non irrigato di secondo anno è di 2,8 tonnellatedi proteina per ettaro, praticamente il doppio di quanto si può ottenere dallacoltivazione di una stessa superficie di soia (irrigata) e 3 volte quello che sipotrebbe ottenere dal pisello proteico in semina autunnale.

La quantità di foraggio prodotto dall'erba medica e la sua qualità sonoinfluenzate da diversi fattori, primo tra tutti lo stadio di maturazione al mo-mento dello sfalcio, poi la varietà scelta, le condizioni di crescita (peresempio piovosità, caratteristiche del suolo, trattamenti eseguiti).

In generale, l'anticipo del taglio determina una biomassa con minore so-stanza secca, ma con un contenuto unitario di proteina più elevato e fibramolto digeribile.

Per ottenere un foraggio di qualità l'erba medica dovrebbe essere sfalciataad inizio fioritura, quando il rapporto tra sostanza secca, contenuto di pro-teina e qualità della fibra raggiungono un livello di compromesso ottimaletra quantità prodotta e qualità del foraggio.

La semina

Negli ambienti centro-settentriona-li la semina va effettuata in primave-ra, durante il mese di marzo; nellafascia dell’alta collina è possibile po-sticipare fino a metà aprile. Negliareali meridionali, con decorso pri-maverile caldo e siccitoso, è beneanticipare la semina per ottenere unsufficiente accrescimento dellepiante prima dell'aumento delletemperature.La preparazione del letto di seminadeve essere accurata, come per tuttele specie a seme piccolo; perun'emergenza omogenea e pronta èbene rullare il terreno prima e dopola semina.La semina va fatta a file distanti 12-15 cm,utilizzando25-40kg/hadi se-me; la dose più alta va impiegata neiterreni più pesanti o con preparazio-ne meno accurata. Per favorire unapronta emergenza, la profondità disemina non deve superare 1-1,5 cm.

EErrbbaa mmeeddiiccaa((MMeeddiiccaaggoo ssaattiivvaa LL..))

Erbamedica. Produzionemedia dell'Italia del nord (pianura e collina)

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È una specie poliennale che si adatta anumerose situazioni pedoclimatiche,ma la sua elevata produttività si mani-festa appieno nei terreni profondi dimedio impasto o argillosi della pianurae della collina.

Infatti:• sopporta la siccità e le elevatetemperature per periodi prolungati;• è sensibile al freddo solo nei primistadi di sviluppo;• teme il ristagno idrico;• non si adatta a terreni sciolti, chesono generalmente poveri di potas-sio e di calcare;• non tollera i terreni a reazione aci-

da; il pH del terreno deve infatti es-sere compreso fra 6,5 e 8,0. Convalori di pH inferiori la simbiosi ri-zobica si instaura con difficoltà eviene compromessa la durata delprato.

La temperatura ottimale di accresci-mento per l’erbamedica è compresa trai 20 e 25°C: entro tali valori si ha lamas-sima velocità di fotosintesi e di azotofissazione.La pianta arresta la propria crescitaattiva entrando in riposo vegetativo contemperature inferiori a 5°C, tollerandotuttavia anche temperature invernali di–15°C ed estive di 35-40°C.

Pianta poliennale che fornisce la massima produzionein terreni profondi, di medio impasto e argillosi

TTEECCNNIICCAA CCOOLLTTUURRAALLEE

L'erba medica è una specie poliennale (si considera una vita produttiva media di3-4 anni), pertanto è una coltura miglioratrice: grazie all'assenza di lavorazioni sidetermina infatti un aumento della sostanza organica del suolo. Inoltre, residuanel terreno rilevanti quantità di azoto organico in favore delle colture in succes-sione. Di norma viene inserita in rotazione dopo il cereale vernino e viene segui-ta da una sarchiata o di nuovo dal cereale, colture in grado di avvantaggiarsidell'azoto che la leguminosa lascia nel suolo. Non è bene che la coltura succeda ase stessa a causa dell’accumularsi nel terreno di sostanze tossiche e parassiti checomprometterebbero la durata del prato.Nelle aziende zootecniche, che hanno necessità di produrre rilevanti quantità diforaggio, può essere adottata una rotazione chepreveda l'erbaio autunno-vernino.Oltre al loglio italico (loiessa) anche il frumento oun altro cereale da sfalcio sfruttaappieno la fertilità residua nel terreno.

La scelta delle varietà di medica è estremamente importante: infatti una sceltacorretta consente di ottenere il massimo produttivo in una data zona e una soddi-sfacente durata del prato. L’impiego di varietà selezionate impone particolariattenzioni alla pratica colturale e alle modalità di fienagione, al fine di noncompromettere i vantaggi produttivi raggiungibili. Anche l’acquisto della sementeè importante: le ditte specializzate forniscono in genere una garanzia sufficienteper quanto riguarda purezza, germinabilità, energia germinativa del seme. Iprincipali criteri di scelta di una varietà riguardano l’adattabilità all’ambiente, iltipo di conduzione aziendale e la destinazione del foraggio.

L'adattabilità all’ambiente rappresenta l’aspetto più importante da tenere inconsiderazione: per ambiente si intende l’insieme dei fattori climatici (piovosità,temperature), pedologici (pH, calcare attivo, tessitura del terreno) e orografici(altitudine ed esposizione). Una componente importante dell’adattabilità è costi-

CCAARRAATTTTEERRIISSTTIICCHHEE FFIISSIIOOLLOOGGIICCHHEE

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tuita dal grado di resistenza all’inverno, che è determinata dalla dormienza. Ladormienza consiste infatti nell’attitudine della pianta ad arrestare l’attività vege-tativa in inverno per un periodo più o meno prolungato: durante la stasi vegetati-va le piantenonvengonodanneggiate dal gelo. Per gli ambienti settentrionali sonoutilizzate le varietà dormienti; negli ambienti centro-meridionali sono proponibi-li le varietà semi-dormienti o non dormienti.In situazioni difficili, per esempio in aziende collinari senza possibilità di irriga-zione, la scelta varietale deve essenzialmente puntare sulla rusticità, al fine di ga-rantireunabuonaduratadelprato, conunbuonequilibrio fraproduzioneequalitàdel foraggio. In situazioni ottimali, in terreni fertili, irrigui, l’agricoltore puòspingere verso una intensificazione produttiva, scegliendo varietà ad elevata vigo-ria, resistenti ai tagli anticipati e frequenti e preoccuparsi anche di una migliorequalità del foraggio con l’impiego di varietà fogliose e a stelo sottile.

Anche l'uso foraggero indirizza la varietà: per la fienagione tradizionale sono dapreferire varietà fogliose con persistenza dei palchi inferiori; il fusto cavo facilital'essiccazione della pianta riducendo il tempo e quindi le perdite di fienagione, avantaggio della qualità. Se il foraggio viene essiccato tramite aeroessiccazione odisidratazione, poiché lo sfalcio viene normalmente praticato ad uno stadio vege-tativo anticipato rispetto alla fienagione tradizionale, è indispensabile sceglierevarietà resistenti ai tagli anticipati e frequenti, con precocità di ripresa vegetativadopo l’inverno ed elevata vigoria. Anche in questo caso le caratteristiche di foglio-sità, fusto cavo e non grossolano sono importanti per la qualità finale del prodotto.Per avere un'elevata qualità del foraggio va praticato il taglio anticipato e quindil’uso di varietà idonee deve essere fatto anche per produrre fieno.

Grazie alla simbiosi rizobica, il medicaio in produzione è completamente auto-sufficiente nei confronti dell’azoto; un suo eventuale apporto potrebbe addirittu-racomprometterne ladurata.Vaevitataanche ladistribuzionedi liquamineiprimitre anni in copertura, che favorisce lo sviluppo delle specie infestanti a scapitodelle piante di medica.

Si ricorda che gli apporti di fosforo e potassio risultano inefficaci in terreni in cuifosforo e potassio superano rispettivamente le soglie di 30-35 ppm di P2O5 assi-milabile e di 150-180 ppmdi K2O scambiabile. Oltre che dalla dotazione del terre-no, la somministrazionedi concimi chimici dipendeanchedalla quantitàdi letamedato in fase di impianto.

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L'irrigazione

L’erba medica è dotata di una radicefittonantemoltoprofonda, in gradodiutilizzare anche l’acqua che si trova inprofondità nel terreno; questoconsente alla pianta di produrrediscretequantitàdi foraggioanchenelperiodo estivo. In condizioni di siccitàla medica risponde bene all’irrigazio-ne, con incrementi produttivi ancherilevanti; con un apporto irriguo di1.000 m3/ha (pari a 100 mm dipioggia) effettuato in due interventi sipossono ottenere aumenti di produ-zionevariabilida2a4t/hadisostanzasecca, quantità paragonabili alla pro-duzione di un taglio. Nell’anno diimpianto èbene ridurre l’apporto irri-guo a 600 m3/ha (pari a 60 mm dipioggia), per evitare il rischio che legiovani piante, trovandosi in condi-zioni idriche favorevoli, non sviluppi-no a sufficienza l’apparato radicale.Anche per l’irrigazione, così come peril diserbo, è opportuno considerareattentamente icostidell’interventoe ilbeneficio che si ottiene, privilegiandol’utilizzazione dell’acqua di irrigazio-ne sulle colture più idroesigenti.

Il seguente schema di concimazione può essere un esempio consigliabile.

ALL'ARATURA• 40 t/ha di letame (che apportano circa 100 kg/ha di P2O5 e 280 kg/ha diK2O), integrate da 50-80 kg/ha di P2O5 in terreni poveri di fosforo;• se non è disponibile il letame, in terreni poveri possono essere somministrati100-200 kg/ha di P2O5 e 150-250 kg/ha di K2O;ALLA SEMINA• può essere utile in condizioni di scarsa fertilità una somministrazione di azotomolto ridotta (20-30 kg/ha), per sostenere la pianta nei primi stadi di svi-luppo, quando la simbiosi non si è ancora instaurata; non superare le dosiindicate per non favorire le infestanti e frenare l'instaurarsi della simbiosi;NEGLI ANNI INTERMEDI• solo se il terreno è povero in potassio, è necessario intervenire a fine invernocon 80-100 kg/ha di K2O;• il fosforo va apportato, anch’esso a fine inverno, solo in accertate condizioni dicarenza: se il terreno è ben dotato, la somministrazione di P2O5 in coperturanon porta beneficio né alla produzione né alla longevità del prato;NELL'ULTIMO ANNO• l’impianto si presenta generalmente più o meno infestato: può essere conve-niente in questi casi incrementare la produzione complessiva favorendo legraminacee avventizie con un apporto di 100-150 kg/ha di azoto a fineinverno o alla levata.

Il diserbo chimico delmedicaio è indispensabile nel caso esso sia destinato alla pro-duzione di seme o di farine disidratate. Nella coltura da foraggio, invece, si consi-glia di intervenire solo in caso di reale necessità, valutando il tipo di infestazione, lecaratteristiche delle infestanti per l'uso foraggero e il costo del trattamento.

Con due irrigazioni si possono ottenere aumentidi produzione paragonabili a un taglio in più

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Le avversità

Quelle di origine batterica e fungina raramente sono causa di danni rilevanti, tali da giustificare interventi fitosanitari.Normalmente una corretta tecnica agronomica (rotazioni appropriate e una razionale sistemazione del terreno che evitiil ristagno idrico), evitano l'insorgere di tali fitopatie.

Al contario alcuni insetti possono raggiungere livelli di presenza tali da causare seri problemi: gli afidi, che si nutrono dilinfa, rallentando lo sviluppo degli steli, il fitonomo (Hypera postica), la crisomela (Phytodecta fornicata) e l’apion (Apionpisi F.), che provocano erosioni fogliari.In caso di attacchi conviene, se il medicaio è sufficientemente sviluppato, anticipare il taglio; in caso di attacchi rilevantie se il ricaccio non è sufficientemente sviluppato si può intervenire con prodotti specifici. I principi attivi ammessi da uti-lizzare in questi casi sono le piretrine naturali, la lambda cialotrina, tau-fluvalinate e imidacloprid.

Fitonomo (Hypera postica) Apion (Apion pisi F.)

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LLooiieessssaa((LLoolliiuummmmuullttiifflloorruumm LL..))

La famiglia delle graminacee comprende i cereali da granella e molte foraggere;anche se le specie da granella, soprattutto i frumenti, possono essere proficua-mente utilizzati come erbaio per produrre foraggio, le principali graminacee tipi-camente foraggere sono: l'erba mazzolina (Dactylis glomerata L.), la festucaarundinacea (Festuca arundinacea Schreb.), il fleolo (Phleum pratense L.), il lo-ietto inglese (Lolioum perenne L.), la loiessa (Lolium multiflorum L.), il bromocatartico (Bromus willdenowii Kunth) e inerme (Bromus inermis Leyss.).

Tra queste si trovano specie poliennali utilizzabili nei prati e nei pascoli,ma anchespecie che ben si adattano all'uso annuale da erbaio come la loiessa, nota anchecome loglio o loietto italico. Pianta molto produttiva (sino a 40-50 tonnellate diverde e 8-10 tonnellate di sostanza secca per ettaro) come tutte le graminacee, laloiessa risponde molto bene alla fertilità residua del terreno e alla concimazione,anche organica, risultando adatta alla rotazione con il prato di erba medica, equindi utilizzata molto spesso nelle aziende zootecniche.

Il foraggio di loiessa può essere usato insilato o come fieno. A fronte di unaabbondante produzione di biomassa con un contenuto di sostanza secca attornoal 20% (inferiore ad altre graminacee), la fienagione della loiessa può essere diffi-cile in condizioni climatiche che ostacolano l'essiccazione del fieno. Per questo ènecessario seguire alcuni accorgimenti al momento della raccolta, come peresempio l'impiego di falcia-condizionatirici. Lo sfalcio dell'erbaio è da eseguire adinizio spigatura, ma sono disponibili varietà che spigano in periodo differenziatitra fine aprile e fine maggio. A partire dalla fioritura le piante lignificano rapida-mente. Il foraggio di graminacee si caratterizza per l'elevato apporto di fibra, bendigeribile se lo sfalcio della pianta avviene prima della lignificazione del culmo,un non trascurabile contenuto di zuccheri nei fieni (sino al 8-12% della sostanzasecca), mentre l'apporto proteico difficilmente supera il 10% della sostanza secca.

TTEECCNNIICCAA CCOOLLTTUURRAALLEE

La scelta della varietà di loiessa deve essere funzionale al tipo di impiego (p.e fie-no o insilato) preferendo comunque quelle più resistenti alle avversità. Le varie-tàdi loiessa si distinguonoancheper il numerodi cromosomi.Le tetraploidihannounnumerodi cromosomi doppio (2n=28) rispetto alle diploidi (2n=14), presenta-no foglie più larghe e, in generale, organi più sviluppati e colorazione più intensa;

La semina

Per l'erbaio di loiessa la seminaavviene in genere tra fine settembree inizio ottobre. È bene non andareoltre perchè il gelo può scalzare lepiantine in radicamento. Alcune va-rietà hanno poi una scarsa resi-stenza al gelo. In generale la loiessanon ha grossi problemi di impianto,anche se essendo una specie a semepiccolo una buona preparazione delletto di semina è sempre preferibile.La rullatura del terreno prima e do-po la semina è auspicabile.

La semina avviene a file distanti 13-18 cm, con quantità di seme variabi-li per le varietà diploidi (25-30 kg/ha) e le tetraploidi (30-35 kg/ha).La profondità di semina non devesuperare i 2 cm.

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per contro contengono più acqua delle diploidi (2-3%). Considerando che la pro-duttività è comunque paragonabile tra diploidi e tetraploidi, per la fienagione sa-rebbero da preferire le prime, scegliendo tra le più tardive.La precocità è un altro elemento di scelta. In pianura padana le varietà precocispigano attorno al 20 di aprile, le tardive un mese dopo. Le precoci sono indicatese si intende sfruttare questa caratteristica per avere a disposizione un erbaio che,comunque, libera terreno in tempo utile per la semina del mais, mentre le tardi-ve sono certamente più produttive perchè il ciclo è più lungo.

Perchè la loiessa possa esprimere le sue potenzialitàproduttive è necessario fornire soprattutto azoto

La loiessa è una specie autunno verni-na particolarmente adatta agliambienti freschi e fertili di pianura e dicollina. Infatti:• si adatta a tutti i tipi di terreno;• è sensibile alle alte temperature e aiperiodi prolungati di siccità;• risponde molto bene alla fertilitàdel suolo e alle concimazioni.

La loiessa germina con almeno 1-2°C,ma una volta insediata vegeta anche abasse temperature; le condizioni otti-mali di crescita sono intorno ai 18-20°C, mentre dai 35 °C cessa ogniaccrescimento.

CCAARRAATTTTEERRIISSTTIICCHHEEFFIISSIIOOLLOOGGIICCHHEE

Diserbo

L'erbaio di loiessa in genere nonnecessita di diserbo: la velocità diinsediamento e l'aggressività dellacoltura sono sufficienti a controllarelo sviluppo delle malerbe.

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Perchè la loiessa possa esprimere le sue potenzialità produttive è necessario forni-re elementi nutritivi a sufficienza, soprattutto azoto. La coltura si presta quindimolto a ricevere reflui zootecnici, che però a volte sono impiegati in modo ecces-sivo, con rischi di lisciviazione dell'azoto e/o eccessivo sviluppo della coltura, chealletta, puòmarcire ed è difficile da raccogliere. Inoltre, non sono da escludere ri-schi di presenza di nitrati nel foraggio. Utilizzando i reflui zootecnici per la conci-mazione azotata vengono inoltre apportati anche fosforo e potassio, per i quali lacoltura non ha però particolari esigenze. Uno schema di concimazione per l'erba-io in purezza può essere il seguente:• AZOTO – 100-150 kg (di cui 50 all'aratura). Vale la pena di ricordare chenella quantità indicata vanno considerati anche: eventuali effetti residui dellacoltura precedente; l'efficienza dell'azoto presente nei reflui distribuiti.• FOSFORO e POTASSIO – per la loiessa sono sufficienti nel terreno le quanti-tà minime di 8-10 mg/kg di P assimilabile e 100 mg/kg di K scambiabile; al disopra di tali soglie l'apporto non dà alcun miglioramento produttivo.

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PPrraattoo ppoolliiffiittaa

Quando una biomassa foraggera è ottenuta da un prato composto da più specievegetali si parla di prato polifita. Un insieme di aspetti tra i quali la zona altime-trica (pianura, collina omontagna), le condizioni pedo-climatiche, il sistema zoo-tecnico collegato, possono generare condizioni di uso e gestione del prato polifitadiversificate, che si posizionano tra i due casi estremi:• il prato polifita avvicendato (artificiale) di durata limitata, ma comunque piùlongevo di un medicaio, ottenuto con la semina di poche specifiche foraggereo miscugli;• il prato permanente (asciutto) o stabile (irriguo), di lunga durata, in cui allediverse specie seminate si aggiunge nel tempo una importante e diversificataflora spontanea con valore foraggero più o meno importante.

I prati polifiti abbinano graminacee e leguminose con lo scopo di trarre vantaggioda entrambe le famiglie botaniche.

PPrraattoo aavvvviicceennddaattoo

Quando il prato è usualmente parte di un avvicendamento colturale, la natura delterreno determina la scelta delle leguminose, soprattutto in riferimento al pH, allascarsità di calcare e alla presenza di ristagni idrici: il trifoglio, bianco e violetto, èla specie che si adatta meglio alle diverse situazioni. Le graminacee sono invecepiù condizionate dal clima. Nelle situazioni pedo-agronomichemeno facili (terre-ni argillosi di difficile preparazione, terreni soggetti a ristagni idrici, ecc.) è prefe-ribile utilizzare la Festuca arundinacea e in seconda istanza laDactylis glomerata(erba mazzolina). E' consigliato non superare le 6-7 specie complessive.

TTEECCNNIICCAA CCOOLLTTUURRAALLEE

In generale, la produzione di un prato avvicendato non supera le 14 tonnellate difieno per anno, ma il livello produttivo è sempre molto legato alla disponibilità omeno di irrigazione. La tecnica di coltivazione devemirare a prolungare il più pos-sibile il periododi utilizzazionedel prato, la cui durata può essere influenzata dallasemina, dalla concimazione e dalla eventuale risemina.

La semina

La semina avviene generalmente inprimavera. Le dimensioni dei semi,soprattutto delle leguminose, sonomolto ridotte, per cui è richiestaun'accurata preparazionedel letto disemina, così come la rullatura primae dopo la messa a dimora del seme.Le dimensioni e i pesi specifici deisemi nei miscugli sono differenti,per cui sono da preferire le semi-natrici universali a righe di tipomeccanico. Come per l'erba medicala distanza fra le righe consigliata edi 12-15 cm, la profondità 1-1,5 cm.Laquantità di seme richiesta è varia-bile: per calcolare la dose di semenelmiscuglio si parte dalle quantitàconsigliate per la semina in purezzadelle diverse specie e si tiene contodella presenza percentuale dellastessa nel miscuglio: per esempio,per un trifoglio bianco, che ha unadose in purezza di 8 kg/ha di semeed entra in un miscuglio al 10%, so-no richiesti 0,8kgdi semeper ettaro.

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Si tratta di colture poliennali di lunga durata, pertanto non ci sono vincoli per laprecessione, è consigliabile, piuttosto, far seguire una coltura in grado di utilizza-re la fertilità residua.

Tra i principali criteri di scelta delle varietà da consociare, oltre alla adattabilitàalle condizioni pedoclimatiche e al livello produttivo delle singole componenti, viè certamente la necessità di far coincidere l'epoca di spigatura delle graminaceecon l'epoca di fioritura delle leguminose:• nei miscugli in cui è presente l’erba medica, è bene utilizzare varietà tardive dierba mazzolina e Festuca arundinacea;• nei miscugli in cui le leguminose sono costituite da trifoglio bianco o lupi-nella, scegliere varietà di graminacee a precocità intermedia;• quando si inserisce il fleolo, è necessario utilizzarne le varietà più precoci.

Le fasi di raccolta del foraggio cominciano a maggio, quando inizia la spigaturadella graminacea più rappresentata nel prato, perchè le leguminose subisconomi-nore peggioramento della qualità quando si supera lo stadio fenologico ottimale(prefioritura). La tempestività nella raccolta è indispensabile per tutte le grami-nacee: si tenga presente comunque che per la festuca arundinacea le foglie e glisteli tendono a lignificare ed indurire più rapidamente che in altre specie.Gli sfalci successivi al primo sono effettuati ogni 4 - 5 settimane. Considerandoche le graminacee hanno un basso grado di rispigatura , i ricacci sono formati dasole foglie. Il foraggio quindi perdedi qualitàmeno rapidamente che inprimavera.

Concimazione• All'aratura 20-40 t/ha di letame, unitamente a 30-50 kg/ha di N alla semina,100-150 kg/ha di P2O5 e 100-150 kg/ha di K2O.• Negli anni successivi al primo in funzione anche del peso della componentegraminacea rispetto alle leguminose è consigliata la distribuzione di circa 200kg/ha di N di cui metà a fine inverno ed il resto dopo il primo sfalcio.

La natura del terreno determina la scelta delle leguminose,mentre le graminacee sono più condizionate dal clima

Irrigazione

I prati possono essere gestiti sia inasciutto sia, dove possibile, con irriga-zione. Il livello di nutrienti e di acquadisponibili influenza la composizionebotanica del cotico e la sua produttivi-tà. C'è comunque sempre una predo-minanza di graminacee, soprattuttoneiprimitagli,mentreneitagliestiviedautunnali si assiste ad un ritorno delleleguminose.

L'irrigazione, consente di mantenere unabuona presenza di graminacee anche neitagli estivi.

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• In autunno inoltre è bene apportare 50 kg/ha di ciascun elemento.• Per le concimazioni di mantenimento è da preferire, quando è possibile, l'uti-lizzazione dei reflui zootecnici in sostituzione dei concimi minerali.

Uneccessodi azoto rispetto al fosforo e al potassio favorisce le graminacee,mentreuna carenza di azoto associata a una migliore disponibilità di fosforo determinauna maggior presenza delle leguminose.

IILL RRIINNNNOOVVOO DDEEII PPRRAATTII DDEEGGRRAADDAATTII

Nei prati degradati, deve il cotico è rarefatto o dove buona parte delle speciepresenti sono cattive foraggere o le infestanti hanno preso il sopravvento, èpossibile effettuare una serie di interventi per rinnovare il prato.• Razionalizzare la concimazione. Essa è un potente fattore di modificazione dellacomposizione del prato poiché l’azoto favorisce le graminacee, mentre il fosforo eil potassio (con azoto equilibrato) favoriscono il recupero delle leguminose.• Trasemina. Serve per infittire il cotico con la semina diretta di buone foraggere;avviene senza lavorazione del terreno o con leggera erpicatura. La sua fattibilitàdipende dalla disponibilità di acqua per assicurare la pronta emergenza. Ilcontenimento del cotico preesistente, che altrimenti finirebbe per soffocare legiovani piantine in via di affermazione, può esssere effettuato mediantetrattamento disseccante, taglio o pascolamento diretto.• Risemina. Quando il degrado è totale conviene procedere al rinnovo completo delcotico.Dopouna lavorazione superficiale, si seminaunmiscuglio a più componenti.

Lungolavitadelpratopuòessered'aiuto"arieggiare"ilcoticoconun'erpicaturaprimaverile.

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PPrraattoo ssttaabbiilleeI prati stabili irrigui sono colture foraggere che non entrano in avvicendamentocon le altre coltivazioni aziendali e derivano da inerbimento più o meno sponta-neo del suolo. Si dicono stabili perchè il cotico non è rotto o modificato so-stanzialmente negli anni: la loro composizione è condizionata, più che per i pratiartificiali, dal clima e dal tipo di suolo, dalla tecnica di coltivazione e di utilizza-zione. Il prato stabile viene tradizionalmente concimato con fertilizzanti organici(letame e liquami aziendali), meno con quelli di sintesi, è irrigato per scorrimentoed è sfalciato 4-5 volte nell'anno; la produzione arriva fino a 15 tonnellate di fie-no per ettaro e per anno. La composizione nutrizionale del fieno riflette so-stanzialmente la composizione floristica del prato, in genere dominato dallegraminacee: a valori elevati di fibra (attorno al 55% sulla sostanza secca di NDF),ma con buona digeribilità, si accompagna modeste quantità di proteina (non piùdel 10-11% SS). Il fieno di prato associa a tutte le caratteristiche compositive e die-tetiche del foraggio di graminacea una varietà floristica che si può rifletteresull'appetibilità della razione e gli aromi del latte.

In Regione Emilia-Romagna i prati stabili irrigui sono presenti nelle provinceoccidentali, soprattutto nel comprensorio del Parmigiano Reggiano. Un lavoro distudio condotto da CRPA una decina di anni fa nelle province di Parma e ReggioEmilia su un campione di 90 aziende zootecniche, ha rivelato che il 60% dei pratistabili superava i 75 anni e circa l'85% i 25 anni; di conseguenza solo un 15 % èstato seminato o rinnovato nell'arco degli ultimi 25 anni.

Su questi prati sono state censite nel complesso più di sessanta specie botanichepresenti in modo significativo e continuativo nei cotici erbosi. Le specie presentinel prato stabile appartengono alle famiglie botaniche delle graminacee, le piùimportanti sia come numero che come contributo alla produzione. Le legumino-

Nelle province di Parma e Reggio Emilia il 60% dei pratistabili supera i 75 anni e circa l'85% ha più di 25 anni

Pieve di Bibbiano (RE)Prato di graminacee e leguminose di cui siconosce la esistenza dall’anno 1300 circa

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se, come ad esempio i trifogli, hanno un elevato valore foraggero e sono presentisoprattutto nel periodo successivo al primo taglio; poi si trovano numerose altrespecie in alcuni casi con discreto valore foraggero, altre con aromi molto caratte-ristici o proprietà officinali. Questa grande varietà di specie, attraverso l'alimenta-zione delle bovine, conferisce al latte e quindi, al formaggio quelle particolaricaratteristiche che lo possono diversificare da quello ottenuto a partire da erbamedica o erbai annuali.

Una conduzionemolto intensiva del prato, caratterizzata anche da sfalci frequentipuòdeterminareun impoverimentodelle specie presenti che, nei casi limite, portaalla "monocoltura permanente" di loiessa (Lolium multiflorum). Una coltivazio-ne meno spinta, invece, permette una maggiore biodiversità, aumentando il nu-mero di specie presenti. Nei prati con una maggiore ricchezza floristica le speciegraminacee più rappresentate, oltre alla loiessa e a Poa spp, sono l'erba mazzoli-na (Dactylis glomerata), i bromi (Bromus spp.), le festuche (Festuca spp), l'ave-na altissima (Arrhenatherum elatius) e il bambagione (Holcus lanatus).

ConcimazioneNei prati stabili la concimazione costituisce uno strumento di riequilibriofloristico e produttivo.

Il pratopuòutilizzare efficacemente i reflui zootecnici (letamee liquame), chepos-sono essere sfruttati in maniera razionale su cotiche prative a predominanza digraminacee: è però necessario tenere in conto del potenziale aumento di sviluppodelle infestanti. Inoltre, con i liquami si apportano contemporaneamente anchefosforo e potassio, a vantaggio di un migliore sviluppo delle leguminose.

La dose di azoto da distribuire negli anni di produzione si calcola con il metododel bilancio basato sugli asporti della biomassa sfalciata. La contemporanea pre-senza di graminacee e leguminose rende delicata e complessa la quantificazionedella dose di azoto da distribuire, dal momento che un'abbondanza di azotofavorisce le graminacee. Le leguminose sono piante azotofissatrici e ciò impedi-sce una esatta determinazionedella dosedi azoto basata sulle asportazioni, perchéunaquotapiù omeno rilevantedi elemento viene ricavatadirettamentedall'atmo-sfera. Nei regimi seccagni, dove vengono effettuati 2 - 3 tagli, la ripartizione si fa-rà in due dosi uguali, una alla fine dell'inverno e l'altra dopo il primo taglio.

L’apporto di fosforo e potassio è in funzione della dotazione del terreno: in casosia scarsa, si effettueranno distribuzioni annuali o periodiche, calcolate sulla ba-se delle asportazioni e delle precedenti reintegrazioni.

In ogni caso i quantitativi da distribuire per i tre elementi sono simili a quelli indi-cati per i prati avvicendati.

Le infestanti

La conduzione del prato può favorire la presenza di alcunespecie infestanti, che incidono negativamente sulla qualitàdel foraggioe, inalcunicasi, risultanodannoseotossicheperil bestiame: il ranuncolo deprime l’appetibilità e digeribilitàdel foraggio per la presenza di frutti con acheni pungenti e,inoltre, la pianta produce il glucoside anemonina, tossico edirritante per il bovino. Questa sostanza tuttavia si trova nelforaggio fresco, mentre si degrada con il processo difienagione.Losviluppodelranuncoloèassociatoallaelevataconcentrazionedi sostanzaorganica e azoto, insiemeadunasufficiente umidità nel suolo. Anche l’apporto di letamepuòfavorire la presenza di queste specie, creando un circolovizioso, perché gli animali alimentati con fieno contenentequesta pianta, producono letame con un’alta percentuale disemi. Altra specie infestante di rilievo, presente nel periodoprimaverile è la stellaria, che si sostituisce alle specie conbuon valore foraggero.

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LLAA SSTTOORRIIAA DDEELL PPRRAATTOO SSTTAABBIILLEE IIRRRRIIGGUUOO

Il prato stabile è sempre stato un importante elemento dell’economia e del paesaggiodell’area tipica del Parmigiano – Reggiano e della pianura padana occidentale. È la ri-sorsapiùanticaperl’alimentazionedellebovinedalatteenellazonasopravvivonoanco-ra prati che risalgono al 1700.

Lasuaoriginesi trovanellealtepianure,dovesi trovavanogli insediamentiumani.Que-ste aree erano irrigate con acque provenienti da torrenti che fluiscono dagli Appenninialla pianura. Il prato si trovava anchenelle zone con fontanili e pozzi. Il suonomesi de-ve al fatto che una volta impiantati non erano mai “rotti”. Ci sono riferimenti al pratostabile dal secoloXII, epoca in cui sono stati arginati e regimentati fiumi e torrenti, chein precedenza annegavano la pianura apportando fertilità ai prati stabili.

Dopo il 1550 si accentuòuna formaorganizzativadifferentenelle zoneoccidentali dellapianura caratterizzata dalle coltivazioni foraggere a fini zootecnici, favorite perl’abbondante presenza d’acqua nel territorio. Infatti, i prati erano impiantati solo dovec’era la possibilità di irrigare, poiché l’acqua nei periodi estivi è essenziale per la lororedditività. Il loro livellamento era fondamentale per favorire così lamassima utilizza-zione dei pochi quantitativi d’acqua a disposizione. Nonostante la discreta piovositàdell’ambiente emiliano di pianura, le piogge sono distribuite prevalentemente nel pe-riodoautunno–verninoed inprimavera,perpoi risultare scarseed irregolarinella sta-gione estiva, allorquando il prato, caratterizzato da apparati radicali superficiali,manifesta lemassime esigenze idriche.

Nelle province di ReggioEmilia e Parmanel 1878 la superficie a prato stabile era 7.810ettari e con tendenza ad aumentare. L’irrigazione, effettuata con le acque del torrenteEnza, era possibile ed anche abbondante soltanto nella primametà dell’estate: dall’ini-zio di luglio l’apporto diventava difficile e a voltemancava completamente l’acqua.

Erapraticacomuneutilizzataper la fertilizzazione il terricciato, valeadire il letameme-scolato con terra che venivadistribuito all’inizio dell’inverno con il duplice scopodi nu-trire e ripristinare il prato in seguito all’erosione superficiale causata dalle ripetuteirrigazioni per scorrimento. Tale pratica è oggi andata completamente persa, a causadegli elevati costi e difficoltà che essa comporta.Oggi nellamaggioranzadei casi ci si li-mitaafarmaturaresemplicementeedefinitivamente incampoilcumulodi letame.Allaperdita della frazione pedofisica che invece era presente nel vero terricciato, lemiglioriespressionidiquestapraticapropongonooggiunpaiodi rivoltamentimeccanicidel cu-mulo, che solo raramente èdislocato tra arginelli di terreno zappatopreventivamente eruspatoaccuratamente.La letamazionedelpratovenivaeffettuatautilizzando il letamebovino:mediamenteunagricoltorecalcolavache2capidibestiame“grosso”produces-sero il letame necessario per un ettaro di prato.

L'uso del prato stabile antico

Era abitudine effettuare tre sfalci, dicui il primo e il terzo erano comune-mente destinati alla fienagione. Ilprimo taglio si realizzava alla fine dimaggio o inizio di giugno (maggiati-ca), il secondo (guaime), a meta diluglio (nonabbondante per la scarsi-tà dell’acqua) e il terzo alla fined’agosto inizio di settembre eraincerto e a volte si utilizzava comepascolo. Le principali specie di que-sti prati, citate nella bibliografia,erano:• per il taglio primaverile: poa, lo-lio, festuche, l’Anthoxanthum;• per il taglio estivo: la pastinaca, iltrifoglio pratense e repens, l’orio-la e le cicorie;• per il taglio autunnale: i trifogli,l’achillea e i ranuncoli.

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Il mais è una pianta annuale e rappresenta uno dei più importanti cereali coltivatial mondo per l'alimentazione umana e per l'uso zootecnico.

Il mais è in generale la coltura principale nei sistemi zootecnici basati sull'impie-go di foraggi insilati e/o farine di cereali. Buona parte del mais prodotto in Italiaè impiegato per l’alimentazione degli animali, comepianta intera trinciata ed insi-lata per i ruminanti ed in particolare dei bovini; come farine e altri derivati dellagranella per i monogastrici.

Se le condizioni pedoclimatiche lo consentono le aziende che allevano vacche dalatte utilizzano un sistema di coltivazione che prevede la doppia coltura: mais perinsilato (ibridi precoci o a maturazione media) in combinazione con erbai di lo-iessa o cereali autunno vernini per l'insilamento. Il mais è un forte utilizzatore diazoto di origine organica, utilizzabile soprattutto all'aratura, quindi è adatto alleaziende che hanno una grande disponibilità di reflui zootecnici.

Ilmais esprime le sua potenzialità produttive in coltura irrigua, sia per la produzio-ne di foraggio (in primo o secondo raccolto), sia per la granella. La produzione dibiomassa ottenibile con la pianta amaturazione cerosa è attorno alle 60-70 t/ha dibiomassa con un a sostanza secca del 32%; tale produzione è da diminuire del 15-20% in condizioni di coltura asciutta. La produzione di granella si attesta media-mente a 10-12 t/ha, il prodotto in questo caso è raccolto ad un umidità del 20-22%.

TTEECCNNIICCAA CCOOLLTTUURRAALLEE

Nonè raro che ilmais sia coltivato inmonosuccessione (ristoppio) in alcune realtàdella pianura padana. Tuttavia, l’avvicendamento colturale è auspicabile per evi-tare: effetti negativi sulla struttura del terreno; lo sviluppo di erbe infestanti (flo-ra avventizia di sostituzione); la diffusione di patogeni responsabili di marciumi.

I terreni più adatti al mais sono quelli profondi, ma ben drenati: il rispetto di que-ste due condizioni rende la coltura adattabile alle diverse tessiture del terreno; ilpHminimo tolleratoèdi 5,5 e sonodapreferire terreninonsalini.Molto importantisono le condizioni climatiche per la gestione della coltura; la pianta infatti neces-sita di una temperaturaminima per la germinazione di 8 °C,ma lo sviluppo risultaritardato a temperature inferiori a 14°C.

Semina

La semina avviene tradizionalmentela prima metà di aprile, quindil'impiego del mais come colturaprincipale lascia scoperto il terrenoin inverno.

Le sistemazioni del terreno devonogarantire lo sgrondo delle acque ineccesso, da evitare soprattutto in fasedi emergenza e successivamente allaraccolta. La gestione delle lavorazio-ni pre-semina è condizionata dallaprecessione: aratura in autunno o la-vorazioni primaverili più leggere se ilmais è preceduto da erbaio autunnovernino o da una cover crop.

L’investimento di semina in colturaprincipale irrigua per granella variada 6 a 8 piante a m2 (6 per varietàtardive, 7 per varietà medio-precoci,8 per varietà precoci), si è soliti au-mentare di una pianta l’investi-mento, a parità di condizioni, per lacoltura destinata alla produzione dimais ceroso. La semina di precisioneviene eseguita, ad una profondità di4-5 cm (con interfila a 45 o 75 cm).

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I mais utilizzati in agricoltura sono generalmente ibridi. Questi sono classificatisecondo la precocità, cioè sui giorni impiegati per giungere a maturazione, se-guendo generalmente la classificazione definita dalla FAO (Organizzazione delleNazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura): il numero 100 corrisponde agliibridi più precoci, il numero massimo di 800 è dato ai più tardivi. La durata delciclo in giorni ha un valore puramente convenzionale e comparativo.

In Italia non sono comunemente utilizzati mais al di sotto dei FAO 200 ed al disopra dei FAO 700. Per la produzione di insilato ceroso, risulta fondamentale lascelta della classe di precocità e anche se non esistono precise regole possono es-sere utili alcune indicazioni: sono sconsigliabili i cicli particolarmente brevi (FAO300) che lasciano scoperto il terreno troppo presto e producono poco; i ciclimoltolunghi, invece (FAO 700), sono invece consigliati solo dove le condizioni agrono-miche e pedologiche, consentono: semine entro la prima decade di aprile; di nonavere problemi di portanza delle macchine utilizzate per la raccolta.

Il mais esprime le sua potenzialità produttive in colturairrigua, sia per la produzione di foraggio, sia per la granella

Il mais è una pianta monoica, con stelounico, grosso e carnoso, raramenteaccestito. Il fusto o culmo (“stocco”) èdistinto in nodi e internodi; a ciascunnodo è presente una singola foglia e lefoglie sono distribuite sul culmo in duefile opposte o distiche; ogni foglia consi-ste in una lamina espansa collegata auna guaina che avvolge il culmo.I nodi basali hanno la tendenza a formareramificazioni o culmi di accestimento(polloni) e sviluppano radici avventizie.L’infiorescenza maschile è una pan-nocchia (“pennacchio”) posta all’apicedello stelo, le infiorescenze femminili sonodellespighe(dette“pannocchie”)postealleascelle della settima, ottava foglia.

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ConcimazioneLe operazioni di fertilizzazione devono tenere conto della precessione colturale(per esempio mais che segue un prato di erba medica) della previsionedell'asportato dal campo con l’ipotetica produzione raccolta, che può variare a se-conda della classe FAO o per la presenza omeno di irrigazione. In ogni caso va te-nuto conto che l'asportazione minima per la produzione di mais a maturazionecerosa per trinciato, in condizioni agronomiche e climatiche non avverse, è di 200kg di azoto per ettaro. Il fabbisogno medio della coltura è di 200 kg/ha di P2O5 edi K2O (ossido di potassio).

IrrigazioneLa coltura risulta esigente sul fronte del fabbisogno idrico e sensibile alla carenzain tutte le sue fasi, in particolare in fioritura ed allegagione dove eventuali dannialla pianta e di conseguenza alle produzioni possono essere significativi.

L’irrigazione a scorrimento (con grande disponibilità d'acqua), può arrivare a 4irrigazioni con un turno di 10-12 giorni e fino a 3000 m3/ha; con irrigazione apioggia non si superano generalmente i 2-3 interventi da 50-70 mm/ha. Vacomunque sempre ricercata la migliore tecnica da applicare per la riduzione deivolumi d'acqua impiegati.

La scelta del momento ideale di raccolta, unitamente all’ottimale gestione del“cantiere di lavoro”, rappresentano la fase di cruciale importanza per la produzio-ne dell’insilato di mais di qualità. Il punto di compromesso va ricercato fra la traquantità e la qualità della produzione.

I fattori da considerare per la produzione di un buon trinciato sono vari:• la quantità di sostanza secca della pianta intera, che si deve attestareintorno al 33 %;• la lunghezza di taglio intorno ai 15 millimetri;• corretto uso dei dispositivo rompi-granella presente nelle trinciatrici, perchéla granella deve essere incisa, ma non spezzata o eccessivamente schiacciata;• trinciare ad un’altezza superiore ai 15 centimetri dal suolo per evitarel’imbrattamento da terra.

Aflatossine

La destinazione del mais a specie di-verse (poligastrici e monogastrici) ele diversematrici utilizzate (farine digranella o insilati di pianta intera),diversificano le problematiche re-lative alla presenza di micotossinenel mais. I ruminanti manifestanoinfatti una minore suscettibilità alleaflatossicosi, grazie alla capacità dialcuni microrganismi ruminali didetossificare certe micotossinecreando metaboliti meno dannosiall’animale.Analizzando la specieZeamaysL., lamatrice maggiormente esposta al ri-schio derivato da aflatossicosi ècertamente la farina, infatti, partico-lari condizioni climatiche, sommatea stress termici e danni strutturaliprovocati da parassiti, espongono lapianta allo sviluppo di funghi del ge-nereAspergillus flavus e parasiticussoprattutto a carico delle infiore-scenze femminili (pannocchie).L’insilato dimais invece, per le parti-colari caratteristiche chimico-fisiche(pH, umidità, temperatura ed anae-robiosi della trincee) non rappre-senta una matrice particolarmenteidoneaallo sviluppodi aflatossine.Lealtre micotossine che infestano lepiante di mais sono le fumonisine(Fusarium moniliforme) e lo zeara-lenone (Fusarium graminearum eculmorum).

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SSoommmmaarriioo

LLee ppiiaannttee ffoorraaggggeerree7 Erba Medica

13 Loiessa

17 Prato polifita

25 Mais

LLaa rraaccccoollttaa ee llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii31 Conservazione

35 Fienagione tradizionale

43 Fienagione in due tempi

47 Insilamento

LLaa vvaalluuttaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii53 Campionamento

57 Valutazione sensoriale

61 Composizione nutrizionale

79 Sicurezza igienico sanitaria dei fieni

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LLaa rraaccccoollttaa ee llaaccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii

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CCoonnsseerrvvaazziioonnee

I foraggi non possono essere conservati così come raccolti, ma debbono essereopportunamente trasformati in quanto la pianta verde, per il suo alto contenutoin acqua, andrebbe incontro a un rapido deterioramento. La trasformazionedell’erba deve essere quanto più rapida possibile così da ottenere un prodotto sta-bile, adatto a una lunga conservazione (fieno, insilato, ecc.), chemantenga almas-simo le qualità nutritive presenti al momento della raccolta.

Il processo di trasformazione deve interrompere nel più breve tempo possibilel'azione di enzimi, batteri, lieviti e muffe che conduce a perdite di sostanze nutri-tive e poi al deterioramento del foraggio.

La conservazione dei foraggi può essere ottenuta tramite fienagione (tradiziona-le o indue tempi) o insilamento. La fienagionepuò essere definita anche conserva-zione a secco, in quanto consiste nel sottrarre acqua dai tessuti vegetali, fino aivalori di umidità del 12-15%.

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L'insilamento consiste nella conservazione per acidificazione: in un ambiente chediventa rapidamente anaerobico le fermentazioni della biomassa producono aci-di (prima acetico, poi lattico) che abbassano il pH del foraggio impedendo lo svi-luppo della microflora di degradazione.

PPEERRDDIITTEE QQUUAANNTTII--QQUUAALLIITTAATTIIVVEE

Le tecniche della fienagione e dell'insilamento si caratterizzano per perdite di so-stanza secca e di valore nutritivo differenti durante il periodo che intercorre tra losfalcio e la stabilizzazione del prodotto pronto per la conservazione.

In generale il foraggio subisce diverse perdite:• in campo per attività di respirazione della pianta dopo lo sfalcio;• in campo per dilavamento in caso di pioggia;• causate da interventi meccanici durante la fienagione in campo, laraccolta e il trasporto;• di fermentazione che avvengono dopo la raccolta.

Perdite in campoLe maggiori perdite si hanno durante il periodo di permanenza in campo del fo-raggio. Le perdite di respirazione sono dovute al fatto che nella pianta falciatacontinua il metabolismo cellulare fino a quando la massa raggiunge un'umiditàdel 15% (il fenomeno si riduce considerevolmente già con umidità del 30-40%).

La combustione degli zuccheri (respirazione) provoca una diminuzione qualitati-va e quantitativa della sostanza seccamediamente del 6-8%. Eventuali piogge au-mentano l'umidità del foraggio e prolungano la respirazione, con perdite chepossono arrivare fino al 20%.

Per ottenere un prodotto stabile e a lunga conservazione, latrasformazione della pianta deve essere la più rapida possibile

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A parità di altre condizioni, l'entità delle perdite di respirazione dipende anchedalla tecnica di conservazione prescelta, ma inmedia si aggira sui seguenti valori:• 10-13% per la fienagione tradizionale;• 4-10% per la fienagione in due tempi e l'insilamento.

Le perdite per dilavamento sono dovute alle piogge che asportano i componentinutritivi solubili in acqua (sali minerali, zuccheri, amidi, acidi organici, compostiazotati semplici).

Le perdite variano in funzione dell'intensità della pioggia e dell'umidità del fo-raggio al momento dell'evento piovoso. Maggiore è l'umidità mantenuta dallapianta, minori sono gli affetti della pioggia: considerando una precipitazione di20-30 mm le perdite oscillano tra il 2 e 3% della sostanza secca con foraggio al30% di umidità, mentre sono del'1% con foraggio appena falciato; nel caso di pre-cipitazioni intense, con foraggio quasi secco, le perdite possono aumentare consi-derevolmente fino a superare il 40%.

Perdite per interventi meccaniciDipendono dal numero e dal tipo di operazioni che il foraggio subisce durantela permanenza in campo, la raccolta e il trasporto. Oltre a perdite di sostanzasecca si può verificare un netto calo qualitativo, in quanto è la frazione più pre-giata del foraggio, cioè le foglie, che rischia di essere perduta durante gliinterventi meccanici; di conseguenza le leguminose presentano maggiori perdi-te rispetto alle graminacee.

Le perdite meccaniche possono essere: fino al 35% nelle leguminose, che conun picciolo molto fragile perdono prevalentemente le foglie; dal 5 al 15% nellegraminacee, dove le lamine fogliari sono abbastanza resistenti. Il rischio diperdite aumenta in modo considerevolmente tanto minore è l'umidità del fo-raggio: 10-12% per la fienagione tradizionale; 3-8% per la fienagione in duetempi e l'insilamento.

Perdite di fermentazioneDopo la raccolta, a causa del compattamento della massa, nel foraggio si hannominori scambi gassosi; ciò favorisce l'attività dimuffe emicrorganismi che degra-dano proteine e carboidrati. I fieni “riscaldati” sono poco digeribili, soprattuttoper le proteine. Infatti, a causa dell'aumento di temperatura nella massa, zucche-ri e amminoacidi reagiscono tra loro formando composti indigeribili (prodotti diMaillard), che causano l’imbrunimento del fieno.

Anche in questo caso le perdite dipendono dal tipo di tecnica di conservazione:10-15%nella fienagione tradizionale (raccogliendo un foraggio troppo umido pos-sono aumentare al 30%); 3-10% per la fienagione in due tempi e l'insilamento.

Attenzione ai rischi connessi alla fermentazione del fieno:molto spesso non si tie-ne in debito conto il contenuto in zuccheri dei fieni, soprattutto di certi erbai, econ il foraggio stoccato troppo umido si rischia di avere un potenziale fermentati-vo che porta il fieno all'autocombustione.

La tabella che segue mette a confronto i parametri produttivi delle diverse tecni-che di conservazione del fieno. I valori in tabella si riferiscono a un'applicazionecorretta delle diverse tecniche e sono da ritenersi puramente indicativi.

Confronto fra diversi sistemi di conservazione

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FFiieennaaggiioonnee ttrraaddiizziioonnaallee

Il processo di fienagione si compone di diverse fasi: taglio e condizionamento,spandimento e rivoltamento, andanatura e raccolta in balle.

La velocità di essiccazione del foraggio, oltre che dall'acqua presente nella piantaal momento dello sfalcio, dipende dalla specie foraggera, dallo stadio vegetativo,dalla eventuale concimazione o irrigazione, dall'andamento climatico e dallamas-sa foraggera prodotta.

Mediamente occorrono dai 3 ai 4 giorni di tempo favorevole per completare l'es-siccazione in campo. Con la fienagione tradizionale le perdite complessive varia-no dal 30 al 40% della sostanza secca ottenibile dalla pianta verde, ma possonoanche oltrepassare anche il 50%. Nonostante queste basse rese, la fienagione tra-dizionale è un metodo di conservazione largamente diffuso in Italia.

TTAAGGLLIIOO EE CCOONNDDIIZZIIOONNAAMMEENNTTOO

La scelta dell’epoca di sfalcio riveste un ruolo determinante nel processo e deveessere gestita in modo da raggiungere il miglior compromesso fra quantità pro-dotta e qualità del foraggio. Per limitare l’imbrattamento del foraggio con la terra,salvaguardare le gemme basali e ottenere un ricaccio più pronto dopo lo sfalcio,si consiglia di regolare la falciatrice a un’altezza di taglio non inferiore a 5-7 cm.

In caso di falciatrice rotativa la velocità non deve essere inferiore a 8-10 km/h;con velocità di lavoro inferiori si ha un’eccessiva trinciatura del foraggio, con unaumento delle perdite. Nelle falciatrici rotative sono stati introdotti sistemi cheseguono il profilo del terreno attraverso la sospensione del gruppo falciante: que-sta innovazione consente di praticare alte velocità di avanzamento riducendo nelcontempo pericolosi contatti violenti con il terreno e conseguente “carico di terra”della massa vegetale.

Un secondo effetto positivo è costituito dalla costanza dell’altezza di taglio, che fa-vorisce un ricaccio più uniforme del cotico erboso. In alcuni casi questi sistemipossono fungere anche da dispositivi di sicurezza, qualora si sia in presenza di cu-muli di terra o piccoli ostacoli. Tutto ciò si traduce in un aumento della produtti-vità del cantiere di raccolta, in un miglioramento della qualità del foraggio edell’uniformità del prato.

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Tipologie di falciatrici e misure medie

Falciatrici con lama a movimento alternativo• Lama oscillante e controlama fissa– Larghezza lavoro: 1,5-3 m– Velocità avanzamento: 4-8 km/h– Velocità lame: 2,3-3 m/s– Capacità lavoro: 1,2-1,8 ha/h– Potenza assorbita: 2-2,5 kW/m– Altezza di taglio: > 2 cm• Doppio elemento oscillante– Larghezza lavoro: 1,5-3,5 m– Velocità avanzamento: 8-10 km/h– Velocità lame: 2,5-3 m/s– Capacità lavoro: 2,5-2,8 ha/h– Potenza assorbita: 2-2,5 kW/m– Altezza di taglio: > 2 cm

Falciatrici con lama a movimento rotativo• A dischi– Larghezza lavoro: 1,4-2,5 m– Velocità avanzamento: 10-15 km/h– Velocità dischi: 1500-3000 giri/min (80-90 m/s)– Numero dischi: 2-6– Capacità lavoro: 1,0-2,0 ha/h– Potenza assorbita: 10-20 kW/m• A tamburo– Larghezza lavoro: 1,4-3,5 m– Velocità avanzamento: 10-12 km/h– Velocità dischi: 1500-3000 giri (80-90 m/s)– Capacità lavoro: 1,5-2,8 ha/h– Potenza assorbita: 15-20 kW/m– Altezza di taglio: > 5-6 cm

Le condizionatrici e le falcia-condizionatrici provvedono a schiacciare e a sfibra-re gli steli del foraggio rendendo più rapida e omogenea la fase di essiccazione trafoglie e steli. Si riducono così del 30-50% i tempi di permanenza del foraggio incampo e la sua esposizione alle intemperie, ottenendo sensibili diminuzioni delleperdite meccaniche e di valore nutritivo.

SSPPAANNDDIIMMEENNTTOO//RRIIVVOOLLTTAAMMEENNTTOO//AANNDDAANNAATTUURRAA

Dopo lo sfalcio, il foraggio viene lasciato in andane (spazi in lunghezza tra due fi-le). In questa disposizione la biomassa è troppo ammassata e l'essiccazione è diffi-coltosa. Di conseguenza, per facilitare la perdita di acqua sono necessari una seriedi interventi meccanici per rendere uniforme l’apporto di radiazione solare e fa-cilitare il ricambio di aria nello strato di foraggio.

Questi interventi hanno lo scopo di:• aprire l’andana in uno strato uniforme, subito dopo il taglio (aumento dellasuperficie esposta);• rivoltare lo strato quando il contenuto di acqua è sceso al 50-60%;• restringere in andana il foraggio quasi secco per diminuire il riassorbimentonotturno e/o per asciugare il terreno scoperto su cui rivoltare l’andana.

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Tipi di condizionatrici emisure di riferimento

Condizionatrici a rulli in gommae/ometallo lisci o scanalati (per schiacciatura)

Indicate per foraggi di erbamedica, trifogli e leguminose in genere. Lavorano facendopassare il foraggio tra due rulli con superfi-ci variamente sagomate che provocano fenditure longitudinali e lesioni trasversali degli steli.

Inoltre, il lancioall’indietrodel foraggioschiacciatocontroi”grembiali”delcarterdellamacchinaportaallaformazionediun’anda-napiùsofficerispettoaquellaottenutaconlasemplice falciatrice; tuttavia, l’azionenondeveessere troppoenergicapernonperde-re quest’ultimo vantaggio. Per migliorare la qualità del lavoro della macchina la larghezza degli organi condizionatori dovrebbeessere pressoché uguale a quella degli organi falcianti. E’ preferibile che i condizionatori a rulli siano abbinati a falciatrici a dischi.

Queste lemisure di riferimento:• Larghezza lavoro: 1,5-3,5m• Velocità avanzamento: 8-12 km/h• Velocità rulli: 700-1000 giri/min• Capacità lavoro: 3-3,5 ha/h• Potenza assorbita: 15-20 kW/m

Condizionatrici a denti o flagelli (per sfibratura)

Sono indicache per foraggi di erbai e prati monofiti di graminacee e di prati permanenti dove queste specie abbondano; è consi-gliato anche permateriali destinati alla disidratazione (essiccamento più rapido).Nel condizionamento per abrasione della cuticola, il foraggio è sottoposto all’azione di flagelli in acciaio o, più recentemente, inmateriale plastico, calettati o fissi suunooduealberi rotanti posti perpendicolarmente alla lineadi avanzamentodellamacchina.

Gli utensili possono avere forme diverse, come bacchette singole o riunite a mazzetti, lamine, spazzole; comunque siano, la loroazione è quella di intaccare soprattutto la parte basale degli steli e proiettare all’indietro il foraggio contro il carter. La qualità dellavoromigliora con l’aumentare dellamassa di foraggio,mentre con i condizionatori a rulli avviene l’inverso.Dinormacon i flagelli si ottengonoandanepiùsoffici rispettoaquelleottenutecon i condizionatori a rulli perchégli steli rimango-no rigidi, però, sempre rispetto ai condizionatori a rulli, con i flagelli si hannomaggiori perdite di foglie, soprattutto nelle legumi-nose. I condizionatori a flagelli possono essere abbinati a tutti i tipi di falciatrici; diventano indispensabili con quelle a tamburo.

Queste lemisure di riferimento:• Larghezza lavoro: 2,0-3,5m• Velocità avanzamento: 8-12 km/h• Velocità rulli: 700-1000 giri/min• Capacità lavoro: 3-3,5 ha/h• Potenza assorbita: 15-20 kW/m

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Il rivoltamento-spandimento del foraggio è una delle operazioni colturali piùimportante del cantiere di fienagione, specie quando lamassa foraggera è notevo-le. Infatti, l’asciugatura del foraggio è determinata prevalentemente dall’aria chepenetra all’interno del cumulo, mentre il sole, aumentando la temperaturadell’aria e riducendonenel contempo l’umidità relativa, accelera il processodi eva-po-traspirazione. Nel primo taglio si può arieggiare il foraggio mediamente dopo6-8 ore dallo sfalcio e nel secondo taglio è possibile anticipare di qualche ora.

L’operazione è eseguita con girelli voltafieno specifici e consiste nel sollevare il fo-raggio da terra e ridistribuirlo in modo omogeneo. I girelli sono prevalentementecaratterizzati da un numero variabile di rotori (da 2 a oltre 6) dotati alle estremi-tà di bracci radiali muniti di molle, singole o in coppie, i quali per rotazioneconsentono il rimescolamento, il rivoltamento e l’arieggiamento del foraggio.La forma, lo spessore, la lunghezza e l’inclinazione delle molle rappresentanoormai specifiche tipiche di ogni costruttore. Il rivoltamento va eseguito a brevedistanza di tempo dallo sfalcio, quando la parte superiore dell’erba tagliata iniziaad appassire ed il terreno rimasto scoperto si è asciugato.

L'andanatura/ranghinatura serve a favorire la raccolta del foraggio sia per quanti-tà di foraggio raccolto a parità di superficie, sia per aumentare la capacità di lavo-ro (minor numero di passaggi). Le soluzioni meccaniche più diffuse perl’andanatura prevedono sempre sistemi rotativi con rotori singoli omultipli e conbracci mobili per la presa, il trasporto e il rilascio del prodotto. Esistono tipologiedi ranghinatori a stella, a pettine e rotativo.

Sulmercato sono oggi disponibili ranghinatori che, anziché trascinare il foraggio percreare le andane, lo carica, tramite denti, su unnastro trasportatore che provvede poia scaricare il prodotto formando l’andana. La principale differenza rispetto ai tradi-zionali ranghinatori sta proprio nell’eliminazione del trascinamento del foraggio, chepermette di limitare gli inquinamenti da terra e riduce il distacco delle foglie.

Una falciatura ottimale limita l’imbrattamento con la terra,ottiene un pronto ricaccio e riduce le perdite di fienagione

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RRAACCCCOOLLTTAA

La raccolta-imballatura consiste nel riprendere direttamente il fieno riunito inandana dal terreno e confezionarlo in balle.

A seconda del tipo di attrezzatura usata, quindi del grado di compressione datoalle balle, è possibile imballare il foraggio a diversi livelli di umidità.• 15-16% di umidità per densità maggiori di 250 kg/m3;• 17-20% di umidità per densità da 175 a 250 kg/m3;• 21-24% di umidità per densità da 100 a 175 kg/m3.

In sostanza, più il fieno è asciutto più intensa può essere la compressione.

Caratteristica delle balleLe balle possono essere diverse per densità, forma e dimensioni, a seconda deltipo di macchina imballatrice utilizzato e dell’organizzazione del lavoro scelta.

Nel parlare comune la densità del fieno indica il grado di compressione del fo-raggio nelle balle; si esprime in kg/m3. Si conoscono due densità: densità appa-rente e densità reale.La densità apparente corrisponde al quoziente tra il peso e il volume di una ballae può variare per diversi fattori: la comprimibilità del foraggio, caratteristica fi-sica di difficile apprezzamento, dipendente dalla percentuale di sostanza seccae dalla struttura dei vegetali (elasticità; resistenza a piegatura, schiacciamentoe sfregamento; tasso di elementi fibrosi; ecc.) e la quantità di sostanza secca.La densità reale o densità della sostanza secca esprime la quantità (in peso) disostanza secca contenuta in un m3; varia con la natura del materiale raccolto eil tipo di macchina utilizzata. Si indica in kg di sostanza secca per m3.

Con le macchine oggi disponibili si possono avere balle di densità: bassa, media,alta e altissima. Nella balle con densità inferiore a 140 kg/m3, la porosità internaconsente di perdere ancora qualche punto di umidità dopo la pressatura solo la-sciandole per qualche tempo sul campo; l’ulteriore periodo di arieggiamento ri-duce i rischi di riscaldamento della massa, soprattutto per quelle cilindriche amedia densità. Nelle balle con densità elevate è impossibile un’ulteriore perdi-ta di acqua, pertanto si deve raccogliere e pressare solo quando il fieno haraggiunto un'umidità inferiore al 15 %; in questo modo si evitano rischi diammuffimento e surriscaldamento che possono anche portare all’incendio delleballe entro il fienile.

Balle Parallelepipede MedieLa raccogli-imballatrice a stantuffo per balle di medie dimensioni possiede unpick-up di raccolta (rotazione contraria alle ruote) a denti flessibili che prelevail foraggio in andana e lo porta, mediante un alimentatore a forche, in una ca-mera di alimentazione, da cui una secondo dispositivo a forca lo trasferisce allacamera di compressione, dotata di pistone alternativo. Posteriormente alla ca-mera si trova il dispositivo legatore e la piattaforma di espulsione della balla avolte collegata con accumulatore di 2 balle.

Balle Parallelepipede GigantiLa raccogli-imballatrice a stantuffo per grandi balle (big baler) possiede unpick-up di raccolta, una coclea, un dispositivo di alimentazione per l’immissione delforaggio in una camera di compressione di grandi dimensioni, dotata di pistonealternativo. La macchina è dotata di dispositivo legatore, piattaforma diespulsione e accumulatore.

Rotoimballatrici (camera di compressione fissa)Le rotoimballatrici con camera di compressione a volume fisso sono dotate dipick-up di raccolta con ruotino tastatore, che introduce il foraggio nella cameradi compressione, dove – grazie agli elementi di trasporto e pressatura - è co-stretto ad assumere un movimento rotatorio. L’afflusso continuo di prodottospinge gli strati esterni a convergere verso il centro con pressione sempremaggiore. Si confeziona così una balla con “nocciolo morbido” a forma stellaree strato esterno compatto.

Balle ParallelepipedeMedie• Larghezza pick-up: 2,0m• Velocità avanzamento: 6,0-9,0 km/h• Resistenza trazione: 1,0-1,2 kN/m• Frequenza pistone: 60 colpi/min• Potenza assorbita: 28-30 kW/m• Massa: 3400 kgCaretteristiche della balla• Dimensioni: 47x80x120-200 cm• Massa: 160-210 kg (fieno) 90-120 kg(paglia)• Massa volumica: 210-280 kg/m3

(fieno); 120-160 (paglia)

Balle ParallelepipedeGiganti• Larghezza pick-up: 2,0m• Velocità avanzamento: 6,0-9,0 km/h• Resistenza trazione: 1,0-1,2 kN/m• Frequenza pistone: 70 colpi/min• Potenza assorbita: 40-45 kW/m• Massa: 5500-6000 kgCaretteristiche della balla• Dimensioni: 120x120x150-250 cm• Massa:160-210kg (fieno) 90-120kg (paglia)• Massa volumica:360-800kg/m3(fieno);240-600(paglia)

Rotoimballatrici(camera di compressione fissa)• Larghezza pick-up: 1,2-2,0m• Velocità avanzamento: 5,0-8,0 km/h• Resistenza trazione: 1,0-1,2 kN/m• Produttività lavoro: 15-30 balle/h• Potenza assorbita: 23-33 kW/m• Massa a vuoto: 1700-2000 kgCaretteristiche della balla• Dimensioni:altezza 1,2-2,0m;Ø 1,2-1,6m• Massa:180-400kg(fieno)120-270kg(paglia)• Massa volumica:140-180kg/m3(fieno);80-120(paglia)

Rotoimballatrici(cameradicompressionevariabile)• Larghezza pick-up: 1,8-2,0m• Velocità avanzamento: 4,0-7,0 km/h• Resistenza trazione: 1,2-1,4 kN/m• Produttività lavoro: 15-30 balle/h• Potenza assorbita: 23-30 kW/m• Massa a vuoto: 2100-2500 kgCaretteristiche della balla• Dimensioni:altezza 1,2-2,0m;Ø 1,2-1,6m• Massa:350-600kg(fieno)230-400kg(paglia)• Massa volumica:175-250kg/m3(fieno);120-160(paglia)

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CANTIERE di LAVORO per fienagione con ROTOIMBALLATRICE

Il costo e lamancanza dimanodopera unitamente alla facilità di trasporto delle rotoballe hanno fatto propendere da tempogli agricoltori verso l'utilizzo della rotoimballatrice, che ha soppiantato il cantiere basato su imballatrice tradizionale apiccole balle parallelepipede.Il cantiere può essere gestito da un solo operatore e ha capacità di lavoro è elevata. La possibilità di mantenere in campole rotoballe per qualche tempo e la facilità di manipolazione con caricatori a forca consentono di organizzare meglio iltrasporto del prodotto, soprattutto da appezzamenti distanti dal centro aziendale.

Macchine: falcia-condizionatrice, voltafieno, andanatore, rotoimballatrice, forche e rimorchio per il trasporto in azienda,1-2 trattrici.Pregi: investimenti contenuti, elevate capacità di lavoro; manodopera ridotta anche un solo operatore; efficienza neitrasporti; possibilità di posticipare di qualche giorno la raccolta delle rotoballe dal campo; elevata superficie lavorata perunità di manodopera.Difetti: possibile diminuzionedella qualità del foraggio; problemidi sistemazionedelle rotoballe in terreni declivi; difficoltàdi stoccaggio in fienili tradizionali; maggiore rigidità per quanto riguarda l'umidità di raccolta del foraggio.Tempi di lavoro: pianura 5-6 h/ha macchina e uomo; montagna 11-12 h/ha macchina e uomo.Fabbisogno di stoccaggio: 8 m3/t di fieno.

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Le balle sono legate con spago (10-18 spire) o con rete (2-3 giri); la rete richie-de minor tempo (10-15 secondi), riduce le perdite meccaniche di prodotto nellesuccessive fasi di post-raccolta, diminuisce la sensibilità alla pioggia.

Rotoimballatrici (camera di compressione variabile)Le roto-imballatrici con camera di compressione a volume variabile hannoanch’esse un pick-up di raccolta (a denti flessibili e ruotino tastatore) a cui se-gue un rullo alimentatore che porta il foraggio nella camera di compressione. Ilnucleo della balla prende forma in una cavità fissa delimitata anteriormente daalcuni rulli metallici e posteriormente dalle cinghie in gomma poste nella posi-zione di minor pressione. All’aumentare delle dimensioni della balla, le cinghieesercitando una pressione sempre costante sul prodotto in rotazione, si allarga-no formando una camera via via più voluminosa. Si formano così balle ad altadensità con nocciolo soffice.

CANTIERE di LAVORO per fienagione con IMBALLATRICE GIGANTE

Lo imballatrici giganti sono state realizzate negli Stati Uniti d'America a fine anni '70 per facilitare la manipolazione delfieno nelle grandi aziende, infatti il vantaggio principale di queste macchine consiste nel risparmio di tempo, di materialie di manodopera.

In generale il lavoro svolto da una imballatrice gigante corrisponde a quello di quattro imballatrici tradizionali. Le altedensità raggiungibili (200-300 kg/m3 e oltre) e le dimensioni delle balle parallepipede, consentono unminore fabbisognodi stoccaggio e una maggiore efficienza nel trasporti. Per questo motivo il loro impiego si è presto indirizzato anche versola raccolta della paglia destinata ad usi agricoli e industriali.

Di particolare interesse sono i dispositivi elettronici di controllo di cui alcune di queste macchine sono dotate e gliaccumulatori di balle che rendono la fase di raccolta e carico particolarmente veloce.

In Italia la loro diffusione è legata alla crescente specializzazione nel settore zootecnico che ha indotto un aumento delledimensioni aziendali e la necessità di reperire foraggio a grande distanza dal contro aziendale.

Gli elevati costi di acquisto della macchina, la necessità di utilizzare trattrici di potenza adeguata, la difficoltà di operaresu piccoli appezzamenti, sconsigliano questo tipo di cantiere per le aziende di piccole-medie dimensioni.

Macchine: falciatrice, voltafieno, ranghinatore, imballatrice gigante, forche per la movimentazione delle balle, rimorchi,1-2 trattrici.Pregi: elevata capacità di lavoro; grande efficienza nei trasporti specie quelli a grandi distanze; fabbisogno di manodoperacontenuto, minore spazio per lo stoccaggioDifetti: investimenti consistenti; elevate richieste di potenza; rischi nella fase di alimentazione dovuti all’utilizzo del filo diferro in alcuni modelli; elevati ingombri; rigidità per quanto riguarda il grado di umidità alla raccoltaTempi di lavoro: pianura 5-7 h/ha macchina e uomoFabbisogno di stoccaggio: 3-4 m3/t di fieno.

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FFiieennaaggiioonnee iinn dduuee tteemmppii

Per ridurre le perdite collegate con la fienagione tradizionale e ottenere un fienodi qualità, sono stati sviluppatimetodi alternativi riconducibili alle tecniche di fie-nagione in due tempi, che prevede di appassire il foraggio in campo, raccoglierloa umidità elevata e completare l’essiccazione in fienile.

La tecnica consente un incremento di produzione in quantità di foraggio e suo va-lore nutritivo, che la rende interessante e remunerativa.

L'incremento produttivo è essenzialmente dovuto alla maggiore elasticità nellagestione del prato e nella valorizzazione della capacita produttiva in relazione a:• possibilità di anticipare lo sfalcio primaverile;• pieno sfruttamento anche degli ultimi sfalci;• riduzione delle perdite;• limite dei rischi meteorologici in quanto il foraggio staziona in campo permeno tempo;• diminuzione sino all'eliminazione dei rivoltamenti;• possibilità di raccogliere anche il fieno sfuso;• minore danneggiamento meccanico perchè il prodotto viene lavorato umido.

La rapida essiccazione in fienile riduce le perdite dovute alla respirazione, bloccale fermentazioni grazie alla continua ventilazione effettuata all’interno della mas-sa fino ad essiccazione avvenuta e limita fortemente lo sviluppo di muffe.

Di contro questo sistema di fienagione richiede elevate capacità imprendi-toriali e tecniche.

EESSSSIICCCCAAZZIIOONNEE AARRTTIIFFIICCIIAALLEEDDEELL FFOORRAAGGGGIIOO SSFFUUSSOO

Questa tecnica prevede la raccolta del foraggio sfuso a umidità inferiore al 60%con il carro autocaricante. Il foraggio viene successivamente caricato in celle do-ve avviene l'essiccazione artificiale a opera di correnti d'aria prodotta da ventilato-ri (a temperatura ambiente o preriscaldata con incremento termico di 8-10 °C).

Le celle di essiccazione sono poste all’interno di fienili o tettoie: si adattanomolto

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bene anche vecchi fienili (purché di altezza non inferiore a 6-7m), nei quali vannotamponate tutte le aperture fino a livello del fieno; anche per la costruzione di es-siccatoi nuovi bisogna tener presente che il cumulo di fieno deve essere delimitatoda pareti a tenuta. Per diminuire le spese e aumentare l’efficienza dell’impianto èpossibile dotare il fienile di particolari strutture per catturare l'energia termica(per esempio, tetti solarizzati). Esistono sistemi alternativi di carico e distribuzio-ne del foraggio. Si tratta dei sistemi di carico a griffe, che consistono in una bennadi caricamento fissata a un ponteggio per la distribuzione il più omogenea possi-bile del foraggio nelle celle di essiccazione. Lo scarico del foraggio può essereeffettuato manualmente, con tagliafieno elettrico o in blocchi.

Questi impianti consentono di accelerare la velocità di caricamento, con un mi-nor consumodi energia e la possibilità di effettuare lo scarico con le stesse struttu-re di caricamento; di contro potrebbero presentare problemi per l’adattamento astrutture preesistenti.

Pregi e difettiPregi: produzione di fieno di qualità; drastica riduzione delle perdite; limitatifabbisogni di manodpera; possibilità di svincolarsi dall'andamento climatico,anticipando il taglio primaverile e sfruttando i tagli autunnali.Difetti: notevoli investimenti iniziali, necessità di elevate potenze elettriche e diparticolare attenzione da parte dell'agricoltore nella fase di essiccazione artificia-le: problemi di trasporto per appezzamenti distanti, prelievo del fieno più labo-rioso rispetto alle balle.Tempi di lavoro: pianura 6-7 h/ha macchina e uomo; montagna 12-13 h/hamacchina e uomo.Fabbisogno di stoccaggio: 50-60% di umidità 8-9 m3/t, < 40% di umidità. 10-12m3/t di fieno.

La rapida essiccazione riduce le perdite, blocca lefermentazioni e limita fortemente lo sviluppo di muffe

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EESSSSIICCCCAAZZIIOONNEE AARRTTIIFFIICCIIAALLEEDDEELLLLEE RROOTTOOBBAALLLLEE

Il maggiore vantaggio dell’essiccazione artificiale delle rotoballe, rispetto all’es-siccazione del fieno sfuso, consiste nella possibilità dimovimentare il foraggio conle stesse macchine della fienagione tradizionale; questo permette di ridurre gliinvestimenti iniziali utilizzando attrezzature già presenti in azienda.

La qualità del fieno prodotto risulta mediamente inferiore a quella del fieno sfu-so, perché il fieno deve essere raccolto più secco (umidità al 30-35%).

La raccolta di foraggio più secco comporta maggiore esposizione ai rischi meteo-rologici e aumento delle perdite meccaniche imputabili all'impiego della ro-toimballatrice.

Gli impianti di essiccazione sono costituiti da platee realizzate con piastre modu-lari dotate di un foro centrale in corrispondenza del quale è posta la balla da es-siccare. Nelle strutture piùmoderne le piastremodulari sono poste al coperto, manon necessariamente chiuse da pareti. Si adattanomolto bene anche vecchi edifi-ci aziendali, a patto che si possa costruire la platea e che sia possibile e agevole iltransito dei mezzi necessari alla movimentazione delle rotoballe.

Più elastici nell'impiego gli essiccatoi per rotoballe modulari a flussi contrappo-sti, che consentono l’essiccazione contemporanea di due rotoballe sovrapposte. Iflussi d’aria arrivano siadal basso, siadall’alto, attraversodiversi condotti di venti-lazione. La superiorità di questo metodo rispetto a quello descritto sopra non èdel tutto evidente. La scelta del sistema può dipendere, quindi, dal tipo di orga-nizzazione dell’azienda, in particolare dalla disponibilità di spazi e strutture.

Pregi e difettiPregi: unisce i pregi della raccolta delle rotoballe ai vantaggi dell'essicca-zione artificiale.Difetti: elevati investimenti iniziali; problemi di organizzazione dei turni di es-siccazione, difficoltà nel dimensionamento dell'impianto a causa della diversaproduttività dei diversi tagli, diminuzione della superficie gestibile con il cantieredi fienagione, rispetto alla sola rotoimballatrice.Tempi di lavoro: pianura 6-7 h/ha macchina e uomo montagna 12-13 h/hamacchina e uomo.Fabbisogno di stoccaggio: 9-10 m3/t di fieno.

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IInnssiillaammeennttoo

L’insilamento è una tecnica di conservazione dei foraggimediante l'acidificazionedella massa: sfrutta la capacità dei batteri lattici di fermentare gli zuccheri dibiomasse stoccate in condizioni di anerobiosi con produzione di acido lattico. Ilprocesso avviene correttamente quando, in una massa impermeabilizzata almeglio dall'aria, i processi di respirazione cellulare consumano rapidamentel'ossigeno, creando le condizioni per lo sviluppo deimicorganismi anaerobi. Nellaprima fase dell'insilamento la produzione degli AGV crea le condizioni per losviluppo dei batteri lattici. L'attività dei lattobacilli prosegue sino alraggiungimento di un pH di circa 4, creando così un ambiente che, per mancanzadi ossigeno e acidità, impedisce la crescita di altri microrganismi chedegraderebbero la matrice, soprattutto microrganismi proteolitici e muffe.

La tecnica, sviluppata in Italia principalmente nelle zone irrigue della pianurapadana per la conservazione del mais ceroso, si è molto diffusa anche in zone condiversa disponibilità idrica per l'insilamento di altri cereali come il sorgo, iltriticale, l’orzo ed il frumento.

Anche le graminacee foraggere (per esempio la loiessa) e l’erba medica possonoessere insilate. La scelta di insilare le colture destinate normalmente allafienagione può essere una valida alternativa in anni in cui le primavereparticolarmente piovose impediscono lo sfalcio e l'essiccazione delle foraggere almomento ottimale di raccolta.

Tra i vantaggi offerti dall'insilamento rispetto alla fienagione tradizionale, primotra tutti la possibilità di intensificare la produzione foraggera per ettaro: gli erbaiseminati prima dell'inverno e destinati ad essere trinciati, coprono il suolo nellastagione fredda e piovosa e in primavera liberano precocemente il terreno per lacoltura successiva. L'uso dei foraggi insilati, così come la loro presenza in azienda,è vietato per la produzione di latte per il formaggio Parmigiano-Reggiano.

LLAA RRAACCCCOOLLTTAA EE LL’’IINNSSIILLAAMMEENNTTOO

Il momento ottimale per la triciatura delle colture destinate alla produzione diinsilato varia a secondadella specie. Inogni caso sonodaconsiderarenon insilabilimatrici che non raggiungono il 18-20% di sostanza secca. Per il mais in generalesideve trinciareal raggiungimentodel32-33%disostanzaseccadellapianta intera

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e in corrispondenza dello stadio di maturazione latteo-ceroso. Per ilsorgo le indicazioni sono meno precise, vista la diversità di ideotipipresenti sul mercato per la produzione di trinciato (fibra, granella,zuccherini e da foraggio multisfalcio). Per i cereali autunno vernini lamaturazione latteo-cerosa è il momento più indicato per conciliare laproduzione e la qualità del prodotto.

Le graminacce foraggere, loiessa in particolare, hanno una elevataproduttività di biomassa che può porre difficoltà di essiccazione con lafienagione tradizionale, anche con condizionamento; per questol'insilamento può essere conveniente e favorito dalla buona dotazione inzuccheri di queste specie (8-10% della sostanza secca).

L’erba medica, matrice difficoltosa da insilare, dovrebbe essere sfalciata inpiena fioritura (solo per la conservazione tramite insilamento) e insilata conuna sostanza secca attorno al 40%: a questo stadio si ha la diminuzione delcontenuto di proteine grezze, accompagnata dalla riduzione degli zuccheri edel potere tampone della matrice, ricca di calcio, che rende possibile unsoddisfacente processo di insilamento.

Consigli per la produzione di insilato di maisLa lunghezza di trinciatura durante la raccolta ha un’importanza notevole neldeterminare le caratteristiche qualitative dell’insilato e le sue proprietàdietetiche: una dimensione ridotta facilita la compressione della massa e ilprocesso di insilamento, ma le dimensioni dell’insilato devono poi garantireun adeguato stimolo della ruminazione.

Per il mais la lunghezza ottimale di trinciatura è compresa tra gli 1,5 e 2cm. Le trinciatrici sono dotate di rompi-granella il cui uso corretto è digrande importanza. La pratica di spaccare la granella al momento della

Il vantaggio offerto dall'insilamento rispetto alla fienagionetradizionale è quello di intensificare la produzione foraggera

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trinciatura espone una maggiore superficie delle particelle di amido,aumentandone la fermentescibilità sia durante le prime fasi dell’insilamento,sia poi a livello ruminale.

Nel caso dei cereali autunno vernini le dimensioni sono simili a quelle delmais, ma deve essere posta attenzione alla presenza di reste e al livello diumidità del culmo, perchè prodotti troppo secchi pongono difficoltà allacompressione della massa.

Per le foraggere la lunghezza voluta dei frammenti si aggira intorno ai 2-3 cm.

Durante le operazioni di raccolta è importante la regolazione della distanzadel taglio della pianta rispetto al suolo. Vista la variabilità delle condizionidi campo è difficile dare misure di riferimento, ma è importante regolarel’altezza di taglio in modo da contenere al minimo le contaminazioni dellabiomassa con il terreno. Infatti, l'eccesso di terra può pregiudicare i proces-si fermentativi in trincea. Questa accortezza deve essere applicata anche infase di compattazione della biomassa in trincea, evitando di utilizzare itrattori con le ruote imbrattate dal terreno.

L’insilamento dovrà essere effettuato con tempestività (chiusura della trinceaentro la giornata di carico) e con una buona compressione della biomassa.L'obiettivo è limitare gli scambi gassosi con l’esterno in modo da ridurre alminimo il processo di respirazione e raggiungere le condizioni di sviluppodei batteri lattici.

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SSoommmmaarriioo

LLee ppiiaannttee ffoorraaggggeerree7 Erba Medica

13 Loiessa

17 Prato polifita

25 Mais

LLaa rraaccccoollttaa ee llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii31 Conservazione

35 Fienagione tradizionale

43 Fienagione in due tempi

47 Insilamento

LLaa vvaalluuttaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii53 Campionamento

57 Valutazione sensoriale

61 Composizione nutrizionale

79 Sicurezza igienico sanitaria dei fieni

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LLaa vvaalluuttaazziioonnee ddeeii ffoorraaggggii

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CCaammppiioonnaammeennttoo

L’analisi dei foraggi ha particolare importanza per il corretto razionamento deglianimali da reddito. Si è visto infatti che soprattutto nei fieni c'è una notevole va-riabilità compositiva. Ciò è da tenere in debito conto al momento di campionareil prodotto da inviare in laboratorio: infatti il materiale che arriva all'analisi(campione) deve essere rappresentativo dell’intero lotto di prodotto da qualifica-re. La definizione letterale di lotto è “un quantitativo di prodotto di caratteristi-che uniformi”: nel caso del fieno spesso il significato di uniformità si riferiscesoprattutto alla specie e al taglio (per esempio: lotto di fieno di erbamedica di pri-mo taglio); può arrivare all'appezzamento di provenienza o poco altro di più in ca-so di fieno autoprodotto. Risulta chiaro come sia fondamentale per qualificareanaliticamente un foraggio potere avviare al laboratorio un campione che lorappresenti, in modo che la determinazione di una caratteristica specifica di talefrazione rappresenti il valore medio della stessa caratteristica del lotto.

La frazione che corrisponde al campione da inviare al laboratorio è rappresentati-va se è stata ottenuta seguendo una precisa metodologia di prelievo; quindi fareun buon campionamento non significa prelevare tanto prodotto e inviarlo al labo-ratorio. Il quantitativo corretto da inviare per le analisi deve fornire al laborato-rio almeno 300 grammi di matrice essiccata, quindi 1 kg di tal quale per i foraggiinsilati e 500 grammi per un fieno. Il campionamento prevede il prelievo ripetu-to di campioni (detti elementari) in diversi punti del lotto. Tali campioni sonome-scolati per formare un campione globale, dal quale sono ricavati a loro volta deicampioni finali.

Le modalità di prelievo dei campioni destinati al controllo ufficiale degli alimentiper animali sono stabilite da specifica normativa: si tratta del Regolamento (UE)N. 691/2013 entrato in vigore il 1 gennaio 2014 e ha modificato il Regolamento.(CE) N. 152/2009 relativo ai metodi di campionamento e di analisi. Esiste inoltreuna specifica norma ISO (6497:2002) sul campionamento dei foraggi.

In ogni caso anche per il campionamento di lotti di foraggi aziendali da inviareall'analisi compositiva è necessario seguire criteri di rappresentatività: di seguitovengono suggerite alcune indicazioni utili ad ottenere un campione le cui caratte-ristiche compositive possano essere associate a tutto il lotto di prodotto.

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FFIIEENNII

Per determinare il numero di campioni da effettuare è necessario procedere allasuddivisione del fieno da campionare in lotti intendendo per lotto un gruppo dirotoballe (big baler o presse parallelepipede) appartenenti alla medesima tipolo-gia di fieno derivante da un solo appezzamento o su appezzamenti diversi purché

simili e comunque trattato con le medesime tecniche. Nella tabella seguente vie-ne riportato uno schema per il calcolo del numero di rotoballe da campionare e di

campioni finalida inviarealleanalisiperogni lotto.Nellaprimacolonnaèriportatoil riferimento al numero di rotoballe che costituiscono il lotto di fieno, il numerodi campioni da inviare alle analisi (campioni finali) per ogni lotto è riportato inseconda colonna, ognuno di questi campioni finali deve essere formato campio-nando il numero di rotoballe indicato nella terza colonna; moltiplicando il nume-ro di campioni finali (seconda colonna) per il numero di rotoballe per ognicampione finale (terza colonna) si ottiene il numero totale di rotoballe campio-nate per quel lotto (quarta colonna).

Metodologiadicampionamento–ilcampionamentosieseguecon carotatore.Perognirotoballa da campionare è necessario fare due carote: la prima a tre quarti dalla base ela seconda a metà altezza; in entrambi i casi è necessario arrivare con la sonda fino alcentro della rotoballa. Il quantitativo di foraggio che compone ogni campione finale dainviarealleanalisinondeveessere inferiorea0,5kg.Tutti i campionidevonoessere tra-

Il prelievo di una piccola frazione di foraggio deverappresentare il valore medio del lotto

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sportati in appositi sacchetti chiusi, identificati e conservati a temperatura ambiente.

TTRRIINNCCIIAATTII FFRREESSCCHHII

Per i trinciati verdi è consigliabile effettuare il campionamento direttamente alloscarico dei carri in trincea, nella tabella si suggerisce la frequenza di campiona-mento che può essere usata considerando la fornitura della trincea come un uni-co lotto. Questo è possibile se il materiale deriva da condizioni produttiveomogenee (sesti d’impianto, cultivar utilizzate e condizioni pedologiche. In casodi variazioni di omogeneità della coltura, il numero dei campioni da prelevare de-ve riferirsi ai diversi lotti omogenei tra loro.

IINNSSIILLAATTII

Sonomatrici disomogenee, stoccate in differenti strutture (silos, cumuli, silobag)di cui si deve tenere conto per determinare il numero di campioni da inviareall'analisi. Considerando lapiùdiffusa strutturadi conservazione, il silos a trincea,il prelievo deve essere effettuato sul fronte di taglio. È ovviamente da evitare nellapratica aziendale effettuare fori nella copertura del cumulo, che determinerebbe-ro un danneggiamento del prodotto, così come è scorretto effettuare campioni suun fronte di taglio vecchio, perchè l'insilato è particolarmente suscettibile all’os-sidazione e le caratteristiche compositive non sarebbero rappresentative.

Il prelievo deve essere rappresentativo di tutto il fronte di taglio, ad esclusione delcappello che comunque deve essere scartato. I campioni devono essere prelevatisul fronte di taglio in uso e qualora si intenda campionare una parte non desilatalo stesso giorno del campionamento, bisognerà prima eliminare la parte ossidata(esposta agli agenti atmosferici).

Metodologia di campionamento - il campionamento si esegue con carotatore.Prelevare 12 aliquote (carote) in diversi punti della trincea; mescolare molto be-ne i 12 campioni elementari; da questa massa raccogliere un campione di 1 kg dainviare al laboratorio. In alternativa al carotaggio, i campioni elementari possonoessere prelevati con l’ausilio del desilatore: individuare 3 zone sull'intero frontedella trincea dove effettuare tre strisce di taglio, con l’accorgimento di desilarel’intera altezza del fronte di taglio del silo; applicando la procedura con desilato-re, è necessario prelevare 2 aliquote per ogni “mucchio” desilato per un totale di6 campioni elementari, dallamescolanza dei quali si preleva il campione da invia-reall'analisi. Per campionare ipastoni integrali ed ipastonidi granella, soprattuttose stoccati nei silobag, è comunque necessario prelevare 6 aliquote lungo il frontedi taglio, in questo caso utilizzando palette. I campioni devono essere stoccati insacchetti di plastica ben chiusi per evitare la perdita di umidità e prodotti volati-li. I campioni vanno conservati refrigerati se la consegna in laboratorio avvieneentro poche ore, in caso contrario devono essere congelati al più presto. Nella fo-to seguente viene riportato uno schema di prelievo delle aliquote da campionaree di campioni finali da inviare alle analisi per ogni lotto.

Numero dei campioni daprelevare per il trinciato fresco

Esempio di distribuzione deipunti di campionamento.

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Rappresenta un utile strumento per una stima preliminare della qualità e perindirizzare le successive analisi di approfondimento nutrizionale. Anche questavalutazione deve essere fatta scrupolosamente e seguendo alcune indicazioniprecise sulla composizione floristica della matrice ispezionata e sullo stato diconservazione.

La valutazione sensoriale può inoltre essere applicata ad altre matrici foraggerecome i trinciati freschi e gli insilati; anche in questo caso sono fornite utiliindicazioni preliminari sullo stadio fenologicodelle piante trinciate, sulla quantitàe lo stato fisico delle granelle ed in caso degli insilati sul corretto processo diacidificazione.

Vengono di seguito date delle indicazioni per la valutazione sensoriale dei foraggiche consentono di ottenere informazioni e punteggi funzionali, sia per unapreliminare valutazione delle matrici, sia ad integrazione dei risultati analitici.

FFIIEENNOO

Per il fieno sono tenuti in considerazione diversi parametri utili a fornire ungiudizio qualitativo preliminare. I parametri fogliosità ed epoca di raccoltaspiegano la qualità del foraggio per il 60%, mentre colore, odore e sofficitàspiegano il 40% restante.

Può essere effettuata una valutazione sull’epoca di sfalcio, infatti, con l’avanzaredello stadio dimaturazione aumenta il contenuto di costituenti fibrosi delle piantee diminuisce quello di proteine. L’epoca di sfalcio corrisponde allo stadiofenologico di spigatura per le graminacee e all’inizio fioritura per le leguminose.In sede di valutazione sensoriale, possono essere individuate 3 classi:• inizio spigatura o fioritura: steli sottili e teneri, il numero di spighe o fiori nelcampione si può considerare < 10%;• piena spigatura o fioritura: il numero di spighe/fiori è prossimo al 50%;• tardiva (presenza semi o legumi): gli steli sono grossolani, si trovano dei semio dei legumi e poche foglie.

Il colore fornisce indicazioni sul processo di essiccazione, consentendo spesso didiscriminare se questa è avvenuta in campo o tramite essiccatoi. Il parametro

VVaalluuttaazziioonnee sseennssoorriiaallee

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aspetto e consistenza consente di verificare la fogliosità del fieno e la consistenzadegli steli. Nel caso dell'erba medica gli steli grossolani indicano che lo sfalcio èstato effettuato tardivamente e probabilmente coincide con scarsità di foglie e unmodestovalorenutritivo.Anche l’odoree le impurità fornisconoutili informazioneda trasferire all’utilizzatore del foraggio come anche al laboratorio d’analisi, chepotrà così relazionare le indicazione visive congli esiti analitici. I punteggi ottenutinelle valutazioni vanno sommati per ottenere le seguenti classi di qualità: 10/9(ottima), 8/7 (buona), 6/5 (discreta), 4/3 (mediocre), 2/0 (cattiva).

TTRRIINNCCIIAATTII

Anche per i trinciati freschi, matrici destinate al successivo insilamento, l’analisisensoriale verte sulla valutazione visiva del colore della matrice che dovrebbeessere tendenzialmente verde. Altri rilievi molto importanti servono per lavalutazione della qualità di trinciatura, in particolare per le dimensioni deltrinciato, la presenza della granella e la forma fisica della stessa, che dovrebbeessere intera, ma “intaccata” dal rompigranella.

La valutazione sensoriale consente di individuarevariazioni di colore, di odore e di aspetto

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IINNSSIILLAATTII

L’analisi visivadegli insilati consentedivalutareeventuali variazionidi coloreoltrealla consistenza delle fogli e degli steli. Quando si valuta un insilato, l’odore è unvalido indicatore per determinare la corretta acidificazione della matrice.

I punteggi ottenuti nelle valutazioni vanno sommati per ottenere le seguenticlassi di qualità: 12/11 (ottima), 10/9 (buona), 8/7 (discreta), 6/5 (mediocre),4/3 (cattiva).

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CCoommppoossiizziioonnee nnuuttrriizziioonnaallee

La conoscenza delle caratteristiche nutritive degli alimenti zootecnici sta alla ba-se della realizzazione di un piano di alimentazione (razionamento) per un ani-male da reddito. Infatti, oltre a conoscere i fabbisogni in principi nutritividell’animale e la quantità di alimento che questo può consumare giornalmente,è indispensabile sapere; quali e quanti principi nutritivi sono contenuti negli ali-menti; la quota di questi nutrienti che può realmente essere utilizzata dagli ani-mali che li consumano.

Tanto più i fabbisogni dell’animale e gli apporti degli alimenti in principi nutriti-vi sono vicini, migliore è la razione.

Per poter eseguire le operazioni di calcolo che permettono di cercare la miglioreuguaglianza tra fabbisogni animali e apporti alimentari è necessario che gli uni egli altri siano espressi con le stesse unità dimisura: in termini pratici significa che,per esempio, il fabbisogno di proteina di una lattifera deve essere espresso uti-lizzando la stessa unità di misura con cui sono indicati gli apporti proteici deglialimenti che compongono la sua dieta.

Le unità di misura che ci permettono di commisurare fabbisogni e apporti sonorappresentate dai parametri nutrizionali, in sostanza le proteine, i grassi, i carboi-drati. Questi componenti possono essere descritti con vari gradi di dettaglio, dal piùsemplice (per esempio per le proteine la proteina grezza, cioè tutto l’azoto rilevatodalle analisi è considerato come proteina), ai più completi (per esempio distingue-re la proteina digeribile e quella non utilizzabile dall’animale): la numerosità deiparametri utilizzati aumenta in proporzione all’accuratezza con cui si vogliono farecorrispondere gli apporti degli alimenti con i fabbisogni degli animali.

La conoscenza della fisiologia animale, in relazione all’ambiente di allevamento eallo stadio produttivo, è notevolmente migliorata negli ultimi decenni; questo hadato un forte stimolo anche alla migliore comprensione dei fabbisogni alimenta-ri della lattifera.Oggi sonodisponibili diversimetodi emodelli di calcolo dei fabbi-sogni della vaccada latte, i quali descrivonoaccuratamente l'animale (per esempiopeso, stadio produttivo, stato di ingrassamento) e dell'ambiente in cui vive (peresempio strutture di stabulazione, temperatura, umidità).

La condizione per potere utilizzare questi sistemi di razionamento è conoscere pergli alimenti gli stessi parametri che vengono usati per descrivere i fabbisogni.

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Per esempio, nel caso dei foraggi, si è passati della determinazione della fibragrezza alle frazioni fibrose: questo consente di individuare più precisamente i co-stituenti della parete cellulare (emicellulosa, cellulosa, lignina) diversamente uti-lizzabili dalle bovine; analogo discorso riguarda le sostanze azotate (dalle proteinegrezze alle frazioni azotate ed agli amminoacidi), i lipidi grezzi (dagli estratto ete-reo alla definizione della composizione in acidi grassi).

Di seguito viene riportata una descrizione sintetica dei principali parametri analiti-ci che descrivono i foraggi e gli alimenti zootecnici in generale e utilizzati in questotesto. I foraggi trattati vengono descritti con i parametri richiesti pressoché da tuttii supporti di calcolo diffusi in Italia per il razionamento della vacca da latte.

IILL SSIIGGNNIIFFIICCAATTOO BBIIOOLLOOGGIICCOO DDEEII NNUUTTRRIIEENNTTII

Le proteine e i carboidrati rappresentano rispettivamente il materiale di costru-zione e l’energia necessaria per ottenere qualsiasi produzione, latte o carne. Certa-mente tutta un’altra serie di nutrienti sono indispensabili come componenti dialcuni tessuti (minerali per lo scheletro, grassi), bioregolatori (microelementi mi-nerali e vitamine), ecc. Ma in termini di quantità necessarie all’animale per vive-re e produrre i carboidrati e le proteine sono i nutrienti più richiesti.I vegetali, granelle e foraggi, apportano carboidrati e proteine di diversa composi-zione, che si distinguonoper avere undiverso tipo e grado di utilizzazione digestiva.

Nel caso dei ruminanti si deve ricordare che una parte considerevole dei processidigestivi avvienenel rumine, una sorta di camera fermentativa dove si realizza unasimbiosi con microrganismi capaci di utilizzare per la crescita anche buona partedella parete vegetale. I prodotti del rumine (i microbi stessi come fonte proteica,i prodotti della fermentazione - acidi grassi volatili – come fonte energetica)rappresentano il nutrimento base della vacca da latte.

Tanto più i fabbisogni dell’animale e gli apportidegli alimenti sono vicini, migliore è la razione

La struttura della parete cellulare

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Nei vegetali i carboidrati sono presenti nella parete cellulare e dentro la cellu-la: nel primo caso servono a dare sostegno alla cellula vegetale e sonodetti struttu-rali o fibrosi; zuccheri e amidi sono contenuti dentro la cellula.

Le componenti della parete cellulare sono carboidrati complessi (cellulosa ed emi-cellulosa), legati tra loro ed associati a cere, cutina, lignina, proteine e minerali.

I carboidrati dei vegetali sonoun insiemedi composti diversi che all'analisi vengo-no dosati a secondo delle loro solubilità.

Il parametro analitico che rappresenta la parete cellulare è la fibra insolubile aldetergente neutro (NDF): per avere il dato più corretto è necessario ripulire ilcampione analizzato dall'eventuale amido presente con un trattamento enzimati-co (amilasi – a) ed esprimere il risultato al netto delle ceneri, cioè sulla sostanzaorganica (organic matter – om). Quindi il parametro più corretto per indicare laparete cellulare è l'aNDFom.

I carboidrati della parete cellulare sono, in misura più omeno rilevante, disponibi-li per l’attacco dei batteri ruminali, i quali li utilizzano come fonte di energia per laloro crescita e per la formazione di acidi grassi volatili: questi rappresentano unaimportante fonte energetica per il ruminante e di fatto il processo di degradazionee fermentazione dei carboidrati strutturali è la via principale con cui i foraggi forni-scono energia a bovini ed ovini. Però quote di fibra sono digerite anche nel trattointestinale, quindi risulta più corretto parlare di aNDFompotenzialmente digeribi-le nel rumine e nel cieco (pNDF) e aNDFom indigeribile (iNDF).

L'iNDF è costituita dalla lignina, da alcune frazioni delle proteine e dalle frazionidi fibra ad essa legate, pertanto la ripartizione tra quota pNDF e iNDF cambia conil livello di lignificazione della pianta.

La valutazione analitica della quota di NDF indigeribile è rappresentata dallaquantità di aNDFom che residua indigerita (undigested - u) dopo una incubazio-ne in rumine artificiale per un tempo sufficiente a fare degradare tutta la pNDF(in 288 ore in vivo o 240 ore in vitro).

Gli altri carboidrati dei vegetali (detti anchenon fibrosi) sonosolubili al detergenteneutro: sono compresi quelli del contenuto cellulare, gli zuccheri e l’amido; alcu-

La tecnica NIRS

I sistemi di analisi per via chimica dibiomasse e foraggi rimangono lemetodiche di riferimento, ma pre-sentano diversi svantaggi che nerendono difficile l'uso diffuso: lacomplessità di esecuzione, i lunghitempi di risposta e i costi elevati.

Per superare questi ostacoli sonostati messi a punto metodi più rapi-di di valutazione basati sul principiodella spettroscopia di riflettanza delvicino infrarosso (Near Infrader Re-flectance Spectroscopy).Le predizioni NIRS permettono ladescrizione precisa di prodottimolto variabili, come i foraggi, a co-sti accettabili per l'allevatore.

Con la tecnica NIRS viene misuratala riflessione di un fascio di luce delvicino infrarosso che attraversa ilcampione: considerando che ognicomponente chimica principale del

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La tecnica NIRS è rapida, poco costosae non richiede reagenti chimici

ne componenti della parete che risultano solubili come le pectine e i beta glucani(fibra solubile); composti che non sono carboidrati, come acidi di fermentazionee acidi organici.

I carboidrati non fibrosi sono stimabili sottraendo dalla sostanza secca: proteine,grassi, ceneri e aNDFom.

Singolarmente i carboidrati non fibrosi si determinano attraverso l’analisi di la-boratorio di acidi di fermentazione, zuccheri, amido, acidi organici.

Le proteine degli alimenti vengono a loro volta sostanzialmente modificate dallapopolazione microbica ruminale, che le utilizza per costruire proteina propria.Anche per la proteina alimentare è molto importante conoscere la degradabilitànel rumine, che anche in questo caso, e in modo molto stretto, è relazionata allasua solubilità.

Le proteine solubili sono rappresentate dall’azoto non proteico (NPN), dapeptidi, dalle proteine vere solubili (per esempio globuline, alcune albumine).

Le proteine solubili nel loro complesso si determinano con l’analisi chimica, cosìcome l’NPN se si è interessati anche a questo dato da solo.

Le proteine insolubili sono costituite dalle proteine vere non solubili (peresempio molte albumine e gluteine) e dalle frazioni delle proteine che rimangonolegate alla parete cellulare. Mentre le proteine legate all’NDF (NDIP) possono es-sere liberate ed utilizzate, quelle legate all’ADF (ADIP) sono sostanzialmente co-stituite da prodotti di Maillard, e risultano inutilizzabili ai fini nutritivi.

Per conoscere la quota di proteine vere insolubili,mautilizzabili, è necessario ave-re a disposizione una serie completa dei analisi della proteina che ne caratterizzitutte le componenti.

I carboidrati e le proteina di un foraggio sono convenzionalmente suddivisi in fra-zioni (A, B e C), alle quali corrispondono componenti chimiche e/o funzionali spe-cifiche: queste si determinano con le analisi o si calcolano a partire da queste.Questa distribuzione in frazioni è richiesta dai programmi di razionamento cheutilizzano il modello Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS), esono in parte adottate anche dal Nordic feed evaluation system (NorFor).

campione ha uno specifico spettro diassorbimento della luce del vicinoinfrarosso (e quindi di riflessione),questo permette di distinguerle. Lospettro di assorbimento vienemessoin relazione con i risultati di analisiottenuti per via chimica, così che dauna serie di campioni analizzati puòessere costruita una curva di predi-zione.

La predizione è buona quanto più ilparametro analitico a cui è associatolo spettro appartiene ad una speciechimica specifica. Questo fa sì, peresempio, che la precisione di predi-zione della proteina sia sempremolto alta, mentre “famiglie” chimi-camente meno definite (peresempio le fibre che riuniscono di-versi composti) raggiungono livellidi correlazione tra il dato analitico equello predetto meno elevate.

L'accuratezza della predizione di-pende sostanzialmente dalla dispo-nibilità di calibrazioni basate suanalisi chimiche affidabili e rappre-sentative della matrice da valutare.È per questo che le curve di predizio-ne devono essere mantenute alli-neate con le variazione che lematricida analizzare subiscono: nel caso deiforaggi, per esempio, le diverse ca-ratteristiche indotte dalle condizio-ni pedoclimatiche in cui le piantecrescono e l'andamento dellaraccolta e conservazione (essicca-zione e insilamento).

La tecnica NIRS è rapida, poco co-stosa, non richiede reagenti chimici.Non genera prodotti di scarto e noncrea problematiche di sicurezza e sa-lute per gli operatori. Per contro ri-chiede un investimento iniziale perla strumentazione e un costantemantenimento delle calibrazioniaggiornate.

Per la preparazione del campionesono tuttavia necessarie l'essicca-zione e la macinatura, indispensabi-li per una approfonditacaratterizzazione compositiva dibiomasse vegetali fibrose. Talimatrici, infatti, devono essere accu-ratamente campionate, nonchéomogeneizzate per ottenere unapiccola aliquota che sia rappre-sentativa dei campioni di prove-nienza.

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Quanto è digeribile la fibra dei foraggi?

Il valore energetico dei foraggi, in particolare dei fieni, dipende in larga misura dalla digeribilità della parete cellulare,cioè dal grado di lignificazione e quindi dall'età della pianta. Per questo per valutare il potenziale energetico di un foraggioè importante poter conoscere la quota di aNDFom che può essere degrada e utilizza nel rumine (pNDF) e quella che inve-ce risulta indigeribile. La quota di aNDFom che resta indigerita può essere stimata con un calcolo o, meglio, misurataattraverso un'analisi.

Il calcolo per la stima dell'iNDF nei programmi di razionamento che utilizzano il Cornell Net Carbohydrate and ProteinSystem (CNCPS) mette in relazione diretta la presenza di lignina con la digeribilità della parete cellulare:• NDF indigeribile (iNDF) = Lignina * 2,4;• NDF potenzialmente digeribile (pNDF) = NDF – (Lignina * 2,4).

Recentemente il gruppo di lavoro che ha formulato e periodicamente aggiorna il CNCPS ha indicato che la fibra indige-ribile può essere misurata in laboratorio attraverso la determinazione della quota di aNDFom che rimane indigerita do-po una incubazione in rumine artificiale di 240 ore. Il risultato ottenuto con l'analisi chimica viene indicato come uNDF(undigested), quando lo si vuole distinguere il dato calcolato da quello misurato.

Studi recenti condotti da un gruppo di lavoro internazionale, a cui partecipa anche l'Università di Bologna, ha evidenziatodelle forti discrepanze tra il valore di aNDFom indigeribile calcolato o misurato. Partendo da queste considerazioni il Di-partimento di Scienze mediche veterinarie dell'Università di Bologna e CRPA hanno sviluppato un metodo rapido per ladeterminazione dell'uNDF in spettroscopia di riflettanza nel vicino infrarosso (NIRS). La disponibilità di un metodo ra-pido ha permesso di evidenziare importanti differenze tra i valori di iNDF calcolato e uNDF misurato con l'analisi anchenei foraggi italiani.

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Per supportare la lettura del testo viene riportato ilsignificato dei parametri nutrizionali e di una serie ditermini utilizzati comunemente in nutrizione animale.Per facilitare la lettura in testo è in ordine alfabetico.

Acidi grassi volativi (AGV) – sono l'acido acetico, l'acidopropionico e l'acido butirrico: prodotti dalla fermentazionedei carboidrati, si generano nel rumine; sono presenti negliinsilati.Acido lattico – come gli AGV si genera dai processi di fermentazione,nel rumine e negli insilati. In condizioni normali nel runine è utilizzatocome gli AGV. La produzione di acido lattico prevale quando nelsubstrato c'è abbondanza di carboidrati solubili (zuccheri): se ciò èpositivo nel processo di insilamento, pone dei rischi di acidosi per lavacca da latte.

Amido – carboidrato formato da due polimeri del glucosio,amilosio e amilopectina. E’ la riserva energetica delle piante.Azoto non proteico (NPN) – azoto che non deriva dalle protei-ne vere, ma che la microflora ruminali può usare per produrreproteina. Sono fonti di NPN amminoacidi, peptidi e formeinorganiche dell'azoto (ammoniaca, nitrati e nitriti, urea).Carboidrati strutturali (NDF) – carboidrati complessi checostituiscono la parete della cellula vegetale, detti anche fi-brosi; includono cellulosa, emicellulose, lignina, pectine. So-nomisurati attraverso la determinazione dell’NDF.Carboidrati non fibrosi o non strutturali (NFC o NSC) –carboidrati semplici, come amido e zuccheri, accumulati co-me fonte energetica dalla pianta nel contenuto cellulare. So-no compresi anche i carboidrati della fibra solubile.Cellulosa – polisaccaride del glucosio, è il costituente princi-pale della parete cellulare dei vegetali. E’ rilevata all’analisicome differenza fra ADF e ADL. Fa parte della fibra po-tenzialmente degradabile nel rumine.Ceneri grezze – l’insieme degli elementi minerali dell’ali-mento, determinato in laboratorio come peso del residuo delcampione dopo l’incenerimento inmuffola.Emicellulosa – polisaccaride della parete cellulare che si le-ga alla cellulosa. E’ rilevata all’analisi come NDF – ADF. Faparte della fibra potenzialmente degradabile nel rumine.Energia netta latte (ENL) – quota di energia degli alimentiche gli animali utilizzano per il mantenimento e la produzio-ne di latte. Nel rapporto di prova è fornita l'ENL a tre livelli dimantenimento (ENL3m) calcolata secondo NRC 2001.Fibra insolubile al detergente acido (ADF) – quantità dimateriale che rimane dopo aver bollito un campione di ali-mento in una soluzione al detergente acido: il residuo è co-stituito principalmente da cellulosa e lignina.Fibra insolubile al detergente neutro (NDF o aNDFom) –quantità di materiale che rimane dopo aver bollito un

campione di alimento zootecnico in una soluzione al de-tergente neutro con l'aggiunta di sodio solfito: il residuo ècostituito delle componenti della parete cellulare, cioè emi-cellulose più ADF, oltre alle quali possono rimanere tracce diamidi e proteine. La soluzione al detergente neutro nonallontana efficacemente tutti gli amidi e per avere un dato diNDF corretto è bene utilizzare l'enzima alfa amilasi: il valoredi fibra al detergente neutro trattata con amilasi si indica co-me aNDF.La fibra neutro detersa presenta un residuo di minerali,quindi è bene correggerla per le ceneri ed esprimerla sullasostanza organica (aNDFom).Fibra insolubile al detergente neutro digeribile in vitro (dNDF)– viene stimata attraverso una analisi biologica che riprodu-ce in vitro le condizioni ruminali: la determinazione dellaNDF presente nel campione prima e dopo l'incubazione nelcosì detto “rumine artificiale” permette di valutare la degra-dazione avvenuta a carico dell'NDF in una determinata uni-tà di tempo, tipicamente dopo 12, 24, 48 ore di incubazione.Fibra insolubile al detergente neutro indigerita in vitro(uNDF) – eseguita come la precedente, ma utilizzando unaunità di tempo sufficiente a degradare tutta la NDF che po-tenzialmente è utilizzabile in rumine. La determinazioneanalitica che indica l'NDF indigeribile è l'NDF che rimaneindigerita (undigested) dopo 240 ore di incubazione nel ru-mine artificiale.Fibra insolubile al detergente neutro indigeribile (iNDF) – è unparametro calcolato. Per stimare la quota di fibra che resterebbe nondigerita si utilizza il valore di lignina (ADL) moltiplicato per 2,4.

Fibra insolubile al detergente neutro potenzialmente digeribile(pNDF) – è un parametro calcolato come complemento dellaindigeribile. Si ottiene sottraendo alla NDF la iNDF.

Grassi o lipidi grezzi – ottenuti con l'estrazione delle so-stanze solubili in etere come i grassi. Oltre ai grassi dell’ali-mento sono presenti pigmenti e cere, anche loro solubilinell’etere e per questo incluse tra i lipidi.Lignina (ADL) – polimero di composti fenolici che fa partedella parete cellulare. Non è un carboidrato, ma è classificatocon essi nella descrizione degli alimenti zootecnici. E’ determi-nato all’analisi chimica come ADL (residuo dell'ADF al tratta-mento con acido solforico al 72% e corretto per le ceneri).Minerali – elementi inorganici essenziali per la vita. Si divi-dono in: macroelementi, cioè quelli necessari in grandiquantità, dell’ordine dei grammi, calcio (Ca), fosforo (P), ma-gnesio (Mg), potassio (K), cloro (Cl), zolfo (S) e sodio (Na); mi-croelementi, cioè quelli richiesti dall’organismo in quantitàmolto basse, dell’ordine dei milligrammi, manganese (Mn),rame (Cu), zinco (Zn), selenio (Se), ferro (Fe), cobalto (Co), io-dio (I), molibdeno (Mo).

DDeessccrriizziioonnee ssiinntteettiiccaa ddeeii pprriinncciippaallii ppaarraammeettrrii nnuuttrriizziioonnaallii ddeeii ffoorraaggggii

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Pectina – polisaccaride (principalmente dell’acidogalatturonico) della parete cellulare. Fa partedella fibra solubile.Proteina disponibile – quota di proteina grezzache può essere digerita dagli animali. Può essererappresentata dalla proteina totale che restadopo la sottrazione dell’ADIP.Proteina grezza (PG) – è una stima del conte-nuto totale di proteina di un alimento otte-nuto moltiplicando l’azoto dosato conl’analisi chimica del campione per un valorefisso di 6,25. La PG è un dato non preciso, inquanto insieme alla proteina vera vieneconsiderato come proteico anche l’azoto dialtri composti atotati, per esempioammoniaca, urea, ma non l'azoto nitrico.Proteina legata all’ADF (ADIP) – è laproteina non disponibile alla digestione.Fornisce una indicazione di denatura-zione della proteina in un foraggio,spesso indotta dal calore perché do-vuta alla formazione dei prodotti di Maillard. Siottiene moltiplicando per 6,25 la quantità diazoto dosato nell’ADF (ADF-N).Proteina legata all’NDF (NDIP) – rappresenta laproteina legata alla parete cellulare. Si determi-na come l’ADIP sul residuo NDF.Proteina solubile – rappresentata dall’azotonon proteico (NPN), da peptidi, dalle proteinevere solubili (globuline, alcune albumine).Sostanza secca – tutte le componenti delcampione tranne l'umidità. Determinataper differenza di peso tra quello delcampione tal quale e quello dello stessoasciugato in stufa sino alraggiungimento del peso costante.Total digestible nutrients (TDN) – è unamisura dell’energia di un alimento. Nelrapporto di prova è riportato il TDN 1m,cioè il TDN a livello di mantenimento,calcolato secondo NRC 2001.Unità foraggera latte – è calcolatacome ENL3m/1700 kcal.Zuccheri – sono i carboidrati piùsemplici, presenti in quantità va-riabile nella cellula vegetale.

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Sia nel caso dei carboidrati che delle proteine passando dalle frazioni A alla C siha un progressivo aumento dei tempi di permanenza nel rumine e una paralleladiminuzione della disponibilità del nutriente. La letteraA indica le frazioni più so-lubili, che arrivate nel rumine sono velocemente utilizzate (degradate) dai batte-ri per la loro crescita. Le frazioni B sono insolubili e degradate più lentamente ein quote variabili passano alla digestione intestinale (quota by-pass o escape). Lafrazione C è indigeribile nel rumine e nell'intestino. La ripartizione in un foraggiodelle diverse frazioni, sia di carboidrati che di proteine, è influenzata da una seriedi fattori che si combinano tra loro: la specie botanica, lo stadio vegetativo, l'anda-mento climatico.

La quantità di aNDFompotenzialmente degradabile nel rumine (peNDF) dipendedal tipo di pianta (èmaggiore nelle graminacee), dall’età della pianta stessa e dallanatura dei legami che si instaurano fra la lignina, le emicellulose e le cellulose checostituiscono laparetedella cellula vegetale.Quando lapianta è sottoposta a stress(da caldo, per esempio) o cresce molto rapidamente (elevata disponibilità di luce,acqua e nutrienti), la quantità di lignina depositata è maggiore e i legami che sirealizzano fra questo composto indigeribile e le fibre sono tali da diminuirne lavelocità di utilizzazione ruminale.

Queste sono le motivazioni per le quali i foraggi che vengono prodotti in areetemperate (crescita meno rapida) a parità di stadio vegetativo, presentanoconcentrazioni meno elevate di lignina e la velocità di degradazione delle fibre èpiù rapida. Anche le modalità di irrigazione possono influenzare il grado di ligni-ficazione delle foraggere (per esempio, maggiore nel mais irrigato per scorri-mento), così come i trattamenti termici ad alta temperatura rendono la proteinameno solubile.

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La variabilità dei foraggi

I fieni, ancora più degli insilati, presentano una marcata variabilità di caratteristiche nutrizionali: la presenza frequentedi più specie botaniche, così come l'influenza delle condizione agronomiche e climatiche che intervengono sul processodi crescita della pianta e della fienagione, fanno sì che ogni prodotto abbia un suo profilo compositivo e difficilmente cisi possa affidare completamente ai dati medi tabellati.

A titolo di esempio si riporta il caso dell'NDF (da intendersi come aNDFom) e delle proteine (proteine grezze) di circa 600campioni di fieno aziendale prodotti nel 2013. Il rettangolo (boxplot) indica la collocazionedellamaggior parte dei campionianalizzati (75%); la linea nera dentro il box plot è il valore medio. L'intervallo di valori completo in cui si distribuiscono icampioni per ogni matrice è visualizzato dalla linea nera che attraversa il rettangolo e che va dal valore minimo riscontratoa quello massimo. L'ampiezza del box plot, cioè la variabilità del dato, è molto elevata per tutti i tipi di fieni.

I fieni e gli insilati presentanouna marcata variabilità di caratteristiche nutrizionali

APG = erbai di graminacee e foraggere - MPG = erbamedica con prevalenza di graminacee - MPM= erbamedica prevalente - MPU = erbamedica in purezza - PSG = prati polifiti

Frazioni dei carboidrati (a sinistra) e delle proteine (a destra) dei foraggi secondo il sistema CNCPS

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IILL FFIIEENNOO DDII EERRBBAA MMEEDDIICCAA

L'erba medica rappresenta da sempre la principale coltura proteica e foraggeraitaliana: la superficie investita mediamente negli ultimi 10 anni e stata di circa700.000 ettari, di cui il 40% in Emilia-Romagna. La sua coltivazione è moltoconcentrata nel comprensorio del Parmigiano-Reggiano, dove nell'azienda dalatte l'erba medica occupa mediamente il 48% della SAU disponibile; nei sistemiproduttivi da latte in generale è comunque presente per circa il 34 % della SAU.

La variabilità nella produzione e nella composizione dei foraggi, soprattutto in re-lazione alle condizioni climatiche, restanounpunto di debolezza quando si voglio-no usare i fieni di erba medica in dose elevate e come principale fonte proteica.

Il livello quanti-qualitativo della biomassa prodotta dalmedicaio dipende stretta-mente dal rapporto esistente fra i tessuti degli steli e quelli delle foglie della pianta.Infatti, mentre la composizione delle foglie è molto simile a quella di un supple-mento proteico (25,5%di proteina, poca fibra, una buonadotazione di carboidratinon fibrosi e un buon valore energetico), per i soli steli il basso livello proteico siassocia ad una maggiore quota di proteina legata alla fibra, a sua volta elevata emeno disponibile rispetto alla pianta intera. La quantità di parete cellulare (aND-Fom) degli steli di medica è molto simile a quella di un fieno di graminacee (53-58 %SS), ma risulta meno disponibile: il pNDF di una graminacea è circa il 70-72% della aNDFom, negli steli di erba medica solo il 57%.

Come per le altre foraggere, la qualità del prodotto ottenuto dall'erba medica di-pendedalmateriale geneticoutilizzatoedalla tecnicaagronomicaadottata; inoltreper l'erba medica influisce in modo particolare la scelta del momento del taglio,da effettuarsi in stadi vegetativi idonei a compensare le esigenze di qualità del fo-raggio conquelle della pianta; questo si ottiene raccogliendoa inizio fioritura (10%dei fiori aperti), anche se più spesso per lo sfalcio di attenda una fase di fioriturapiù avanzata (50% dei fiori aperti).

Dopo ciascun taglio risultano di estrema importanza per il ricaccio le riserve nu-trizionali allocate nella corona e nelle radici, così come le condizioni sanitarie diqueste ultime. In primavera le condizioni ambientali (temperatura, luminosità)determinano uno sviluppo limitato dei fiori, quindi il grado di fioritura è un cri-terio non applicabile per il primo taglio. In ogni caso va posta attenzione ad ese-guire il primo sfalcio prima che inizi l'ingiallimento dei palchi fogliari basali e iricacci, da cui dipende il taglio successivo, abbiano raggiunto un’altezza tale da es-sere danneggiati dalla barra falciante. Infine l’ultimo taglio autunnale dovrà esse-

L'erba medica rappresenta la principalecoltura proteica e foraggera italiana

Composizione di 54 campionidi erbamedica in purezza

Produttività del medicaio a secondadel momento dello sfalcio

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re eseguito almeno 4 settimane prima dell’arrivo delle gelate, per permettere il ri-costituirsi delle riserve necessarie per il ricaccio primaverile.

Valutando i risultati di prove condotte in vari progetti di ricerca si sono ottenuti ivalori medi riferiti alla produttività di un medicaio di secondo anno con tutti i ta-gli realizzati a inizio fioritura oppure in fioritura avanzata.

Se gli sfalci avvengono tra i due stadi fenologici sopra descritti ci si trova in unasituazione ottimale per un buon compromesso tra quantità di foraggio ottenuto,superiore del 6,5% a fioritura avanzata rispetto all'inizio, e qualità dello stesso (-6,5 % di proteina e 3 punti in più di NDF con fioritura al 50% invece che al 10%).La quantità di energia prodotta dal medicaio diminuisce con l'avanzare della fio-ritura (54.655 kcal vs 54.985 kcal).

Lo sfalcio dell'erbamedica a completa fioritura non è però inconsueto, soprattuttoa causa dell'andamento meteorologico avverso quando si opera con la fienagionetradizionale: gli agricoltori sono consapevoli del peggioramento qualitativo che siinducenel fieno,ma forsenonsempresiha laportatadiquantorealmentesiperde.

Il fieno di un medicaio fiorito al 100% in genere non raggiunge il 16 % di protei-na, la parete delle cellule lignifica rapidamente e la quota di NDF indigerito pas-sa dal 22-25% della sostanza secca delle epoche di sfalcio precedenti al 40%.

Per contro, anche a fronte di un fieno più proteico e con fibra più digeribile, unaraccolta troppo anticipata (prefioritura - bottoni fiorali verdi) ripetuta nel tempopotrebbe mettere a rischio la successiva produzione del medicaio. Anche in que-sto caso c'è una sostanziale equivalenza tra la sostanza secca persa (-8,4% rispettoalla fioritura al 10%) e l'aumento della percentuale di proteina del fieno (+ 8 %),ma in termini di proteina prodotta per ettaro non si ottiene alcun miglioramentosostanziale rispetto all'inizio fioritura.

Oltre a questo, le attrezzature e lemacchine disponibili, i carichi di lavoro presentiinaziendaneimomentidella fienagionecostituisconospesso fattori incontrollabilio perlomenodi forte complessità e rigidità. Per queste ragioni ogni singola aziendadovrà iniziare losfalcioadunostadio fenologico tale,daevitarechegliultimicampivengano raccolti ad fase di eccessiva maturazione. Infatti nei tagli estivi, ilpassaggio da inizio fioritura a fioritura avanzata avviene normalmente in 2/3giorni.

Composizione nutrizionaledi fieni di erbamedica

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Frazioni delle proteine e dei carboidrati del fieno di erba medica

La composizione delle frazioni di carboidrati e proteine nelle tre tipologie di fieno dimedica permette di evidenziare benele differenze tra i fieni in purezza, misti o a prevalenza di graminacee avventizie.L'erba medica è più ricca di fibra solubile rispetto alle graminacee, le quali apportano però maggiori quantità di cellulosaed emicellulose, anche meno lignificate che nella leguminosa.Fatta 100 la proteina contenuta dal fieno, l'erba medica in purezza si distingue per una quota più elevata di proteine vere(83% in MPU); queste diminuiscono con l'aumentare delle graminacee (74% in MPG), così come aumenta la quantità diproteine indigeribili (8,25 vs 12,65).Il risultato in termini di quantità di ciascuna frazione rispetto alla sostanza secca è presentato nella figura.

Composizione del fieno di erba medicaI fieni classificati come di erba medica possono avere una composizione floristicadiversificata, a seconda del taglio, che il prato sia diserbato, irrigato, ecc. Chiara-mente la composizione botanica del prato influenza decisamente le caratteristi-che compositive del fieno. Per dare indicazioni di qualità riconducibili a tipologiedi fieno di riferimento, dal date base delle analisi di CRPA Lab sono stati indivi-duati fieni di erba medica che, per la conoscenza della provenienza così come perla valutazione che si effettuaalmomentodella consegnadel campioni, fossero staticaratterizzati per la composizione floristica.

Questi sono stati suddivisi in 3 gruppi principali.• Erba medica in purezza (MPU), cioè oltre l'80% delle specie presenti è erbamedica; da medicai diserbati e da tagli successivi al primo nei medicai parti-colarmente puliti.• Erba medica prevalente (MPM), cioè almeno il 60% delle specie presenti èerba medica; da medicai non diserbati, dove le graminacee sono comunquepresenti come infestanti.• Erba medica con prevalenza di graminacee (MPG), cioè meno del 40% dellespecie presenti è erba medica; da primo taglio di medicai non diserbati e damedicai vecchi, o comunque dove le graminacee hanno preso il sopravvento.

Il fieno di erba medica presenta un contenuto di proteina medio-alto (oltre il 16%della sostanza secca ) sino a che le graminacee avventizie simantengono al di sottodel 40%. Oltre questa soglia il medicaio è un prato polifita e la composizione delfieno si avvicinamolto a quella della graminacea. È tuttaviamolto raro trovare fie-ni aziendali che raggiungono il 18-20% di proteina.

La quota di parete cellulare (aNDFom) si attesta sul 41-43% della sostanza secca,la lignina è tra il 7 e l'8%. A fronte di livelli di fibra inferiori rispetto alle gramina-cee foraggere, l'erba medica ha un aNDFom più lignificata; i livelli di fibra po-tenzialmente degradabile (pNDF) sonominori nell'erbamedica pura o prevalente(rispettivamente il 54% e il 58% della aNDFom) e aumentano con la presenza digraminacee (67%). Gli amidi sono poco rappresentati nei fieni, soprattutto di erbamedica, mentre gli zuccheri si attestano intorno al 7%.

Al di là di questi dati medi, sicuramente indicativi per individuare i valori di rife-rimento, va sempre ricordato che il fieno, soprattutto quando la medica non è inpurezza, presenta variabilità compositive estreme. Una valutazione riguardo al

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colore, le specie presenti, il rapporto tra steli e foglie, la presenza di fiori, permetteall'allevatore e al tecnicodi orientare l'usodel fieno e le successive analisi di appro-fondimento: va comunque ricordato che non raramente campioni apparente-mente molto simili forniscono risultati molto diversi all'analisi.

AmminoacidiL'erba medica è la principale coltura proteica diffusa in Italia: la volatilità deiprezzi della soia e delle materie prime proteiche sul mercato internazionale,accompagnata dalle esigenze di limitare le escrezioni azotata e fosforiche ai finidella protezione delle acque, destano l'interesse degli allevatori verso le diete a ri-dotto tenore di proteina grezza e, in ogni caso, verso l'erbamedica come fonte pro-teicadiproduzioneaziendale.Ricerchesvolte inEmiliaRomagnadadiversi gruppidi lavoro con il coordinamento di CRPA hanno indicato la possibilità di persegui-re questa strada, a patto di una gestione dell'alimentazione molto controllata e,soprattutto, con la disponibilità di foraggi sani e qualitativamente eccellenti.

L'erba medica però si caratterizza per una quota di fibra indigeribile più elevatarispetto agli altri foraggi, quindi è molto importante da un lato conoscere la qua-lità della proteina che apporta, cioè la composizione in amminoacidi, così come ladisponibilità di tali nutrienti nel rumine.

Alcuni progetti in corso, in particolare il lavoro della Università Cattolica del Sa-cro Cuore nella sede di Piacenza, hanno l'obiettivo di approfondire le conoscenzesulla composizione in amminoacidi dei foraggi diversamente conservati (affie-nati, disidratati/ventilati), valutarne la frazione potenzialmente degradabile,quindi utilizzabile sia nel rumine che a livello intestinale.

La proteina dell'erbamedica è risultata di ottimo valore biologico, in quanto riccadell'amminoacido più spesso limitante per la vacca da latte, la metionina, ben do-tata degli ammionoacidi che si ritrovano nella proteina del latte e dei batteri, co-munque non inferiore per valore biologico alla proteina da farina di estrazione disoia. Quello che cambia con il titolo proteico è invece la quota di amminoacidi uti-lizzabile. Le valutazioni fatte sui progetti in corsohannomesso in evidenza l'effettodellamaturazione (campioni con valori più bassi di proteina) sulla digeribilità de-gli amminoacidi essenziali dellamedica, che passanoda valori di circa 82-85%perfieni conmeno del 13 % di proteina grezza a valori superiori al 92-95% nei foraggimigliori.

Quindi, per i fieni di erbamedica in purezza o comunque prevalente, si deve consi-derare che la digeribilità degli amminoacidi diminuisce con il progressivo

Composizione in amminoacidi di proteina di:latte, batteri ruminali, soia farina di estrazione,fieno di erbamedica (g/100 g di proteina)Fonti: latte e batteri NRC 2001; soia farina diestrazione INRA 2002, erbamedica, UCSC daprogetto Zootecnia da latte di precisione, datinon pubblicati

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IILL FFIIEENNOO DDII GGRRAAMMIINNAACCEEEE

Gli erbai di graminacee e i prati polifiti sono colture che si possono associare otti-mamente con l'erba medica, sia nella rotazione dell'azienda zootecnica, sia nellarazione delle bovine da latte. Inoltre, in un sistema produttivo lattiero-caseariocollegato al territorio come quello del formaggio Parmigiano-Reggiano, dove il50% dei foraggi deve provenire dalla medesima azienda che alleva le vacche, c'èla necessità di associare all'erba medica, sempre più utilizzata come “proteica”specializzata, altri fieni appetibili, ad alta digeribilità e quindi energetici.

Sono diffuse le produzioni di insilati con cereali autunno vernini, utilizzati allamaturazione latteo-cerosa, ma specie e varietà a taglia elevata e non aristati (mu-tici) possono essere anche affienati. Gli erbai di cereali autunno vernini si pongo-no in alternativa alle tradizionali graminacee foraggere e può essere favorevoleper l'allevatore adottare questa coltura che entra in rotazione per produrre fienoda consumare in stalla e a cui fare seguire un secondo raccolto.

L'impiego di erbai di frumento e di altri cereali sta avendo una rapida diffusioneanche per la fienagione, ma con risultati non sempre buoni: la rapida modifica-zione della composizione del foraggio connessa al veloce passaggio da una fase fe-nologica all'altra (botticella, spigatura, maturazione lattea precoce), induce unaprogressiva modificazione della pianta anche se accompagnata da una maggioreproduzione di sostanza secca. Non di rado, proprio per la velocità di passaggio dauna fase fenologica all'altra, la maturazione si sposta verso la cerosa, certamentepiù adatta per l'insilamento piuttosto che per la fienagione, ma non è raro trova-re nel fieno cariossidi già formate.

Composizione del fieno di graminaceeLe caratteristiche compositive dei fieni di graminacee vengono fornite per le tretipologie principali:• prati polifiti (PSG), in cui le graminacee in genere predominano, diffusi incollina-montagna in asciutto, come prati stabili irrigati in pianura;• erbai di graminacee foraggere (APG), soprattutto loiessa;• erbai di cereali autunno vernini, per i quali si considerano i frumenti (FRU).I fieni di graminacee hanno un apporto proteico che si colloca tra l'8 e il 9% dellasostanza secca.Laquotadiparete cellulare (aNDFom)supera il 55%della sostanzasecca e i livelli di lignina sono tra il 5 e il 6%. Le graminacee foraggere hanno più

Frazioni delle proteine e dei carboidrati del fieno di graminacee

La composizione delle frazioni di carboidrati e proteine nelle tre tipologie di fieno di graminacee sono tutto sommatoequivalenti, fatta eccezioneper la composizione in carboidrati del frumento.L'erbaiodi cerealedagranellahapiù zuccheri,amido e fibra solubile rispetto all'erbaio di granimacee foraggere, mentre il fieno di prato ha caratteristiche intermedietra i due. Le graminacee sono più povere in fibra solubile rispetto all'erba medica, ma apportano maggiori quantità dicellulosa ed emicellulose, anche meno lignificate che nella leguminosa e quindi più digeribili.Le graminacee apportano per la maggior parte proteine solubili. Rispetto all'erba medica in purezza le graminaceecontengono più proteine a lenta fermentescibilità (B2) e indigeribili.

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fibra delle leguminose, ma più digeribile, con quote di fibra potenzialmentedegradabile (pNDF) intorno al 76% della aNDFom. Anche nei fieni di grami-nacee gli amidi sono molto pochi sino alla maturazione cerosa. Gli zuccheri,invece raggiungono livelli medi attorno all'8%, particolarmente alti per glierbai di frumento (9,47%).

In un progetto in corso realizzato con il contributo della Regione Emilia Roma-gna si sono testati per la campagna 2013/2014 16 frumenti foraggeri (in corsola prova 2014/2015), raccolti a tre diverse epoche di maturazione: inizio spi-gatura, maturazione lattea e maturazione cerosa. L'obiettivo è mettere in evi-denza le varietà di frumento più idonee alla fienagione e individuare comecambia la pianta da un punto di vista compositivo con la maturazione. Ancheda questi risultati si evidenzia che sino alla fase fenologica della maturazionelattea si può ottenere un fieno di buona qualità e con una produzione per etta-ro soddisfacente. Oltre (alla maturazione cerosa) le caratteristiche nutritivedella biomassa peggiorano velocemente.

Sfalciando ad inizio spigatura si può ottenere un fieno di frumento con unimportante contenuto proteico (11,92 % SS) e una composizione in carboidratiben bilanciata tra zuccheri, amido e fibra, che comunque a tutti e tre gli stadidi maturazione ha una modesta lignificazione. L’incremento percentualedell’amido accompagna il graduale decremento degli zuccheri durante l’evolu-zionedellamaturazionedella piante; questodato gestito conoculatezza, quandonon condizionati dagli eventi atmosferici, consente di ottenere delle produzio-ni foraggere molto bilanciate per la componente carboidrati tra le frazioni a di-versa velocità di fermentazione.

Composizione nutrizionaledi fieni di graminacee

Produzione e composizione dei frumenti a diverse epoche di sfalcio

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GGLLII IINNSSIILLAATTII DDII CCEERREEAALLII

Il foraggio insilato di pianta intera di mais è largamente impiegato nei piùimportanti sistemi zootecnici tra cui quello da latte, dove costituisce la base dellarazione delle bovine. Una serie di motivazioni, tra cui la necessità di sfruttaremeglio il terreno e le risorse idriche, ha determinato la diffusione di altri cerea-li alternativi o complementari al mais, tra cui i più importanti sono il triticale, ilfrumento e il sorgo.

Il triticale, come il frumento, è un cereale autunno vernino, che quindi copre ilterreno in inverno, può utilizzare la fertilizzazione organica distribuita in presemi-na e ha uno sfruttamento ottimale delle precipitazioni invernali e primaverili. Iltriticale, ibridoottenutodall’incrocio tra il frumentoe la segale, presenta le caratte-ristiche di pregio del frumento, come elevata produttività e contenuto proteico,accompagnate da alcune proprietà della segale, come la rusticità, la resistenza allemalattie dell’apparato fogliare e al freddo. L’interesse per la coltura del triticale de-riva essenzialmente dal fatto che è una coltura complementare a quella principaleestiva e, se raccolto al giusto stadio di maturazione, dà buone produzioni.

Recenti sperimentazioni, condotte da CRPA su finanziamento della RegioneEmilia-Romagna, hannomesso in luce come il momento ottimale per la raccoltadel triticale corrisponda allamaturazione latteo-cerosa o inizio-cerosa; è in que-sto stadio che si realizza il miglior compromesso tra qualità della biomassa eproduttività: la produzione delle parcelle in confronto varietale è stata di 12 t/hadi sostanza secca alla maturazione lattea, 15 t/ha alla cerosa. Va tenuto anche inconsiderazione che oltre lo stadio di maturazione cerosa, la conservazione dellabiomassa per insilamento diviene problematica a causa della presenza delle re-ste sulla spiga e della pagliosità degli steli, che rendono difficoltosa la compres-sione del prodotto.

Il frumento può essere utilizzato con le stessemodalità del triticale, può dare pro-duzioni inferiori, ma in genere fornisce fibra e proteine più digeribili del triticale.Quando poi si utilizzano varietà mutiche, si ottiene anche una migliore compri-mibilità della massa da insilare e una maggiore appetibilità del foraggio.

Il sorgo sta diventando in questi anni una coltura estremamente importante. Ilmiglioramento delle tecniche colturali, la selezione delle cultivar ed il diverso uti-lizzo (alimentazione animale, digestori anaerobici e centrali termoelettriche) so-

Gli ideotipi del sorgo

Per il sorgo, ai fini agronomici, sipossono individuare cinque gruppi.• Da granella, cariossidi relativa-mente grosse e solo parzialmenteavvolte dalle glume, stelo breve(nodi ravvicinati) e privo, o qua-si, di zuccheri, foglie larghe e pa-nicolo di forma e portamentovari, che si erge sopra della mas-sa vegetativa.• Zuccherino, altezza notevole(2,5-3,0 m), culmo succoso edolce (saccarosio), foglie ampie,granella normalmente piccola eda volte difficilmente separabiledalle glume.• Saggina, infiorescenza con rachi-de molto breve, ma con branchesviluppate, stocco legnoso esottile, granella piccola e avvoltada lunghe glume ellissoidali.• Da foraggio:- a foglia larga, stelo grosso ecarnoso, più o meno ricco disaccarosio, foglie ampie, svi-luppo notevole (60-70 t/ha), ri-caccio non rapido, 2 taglinell’arco stagionale;- a foglia stretta, definiti anche“gentili”, o “sottili”, o “sudanesi”,(tipo Sudangrass) caratterizzatida taglia ridotta (150-200 cm),stelo sottile, foglie allungate estrette, elevato accestimento, ra-pidità di ricaccio, grande preco-cità (fioriscono a 40-50 giornidall’emergenza), si prestano apiù sfalci (multisfalcio).• Da fibra, taglia di grandi di-mensioni (anche oltre 3 m), mo-derata capacità di ricaccio e stelorobusto e midolloso.

Composizione nutrizionaledi insilati di cereali

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no il corollariodi una coltura conun futurodi successo.Oltre alla granella di sorgo,che può raggiungere un valore nutritivo molto vicino a quello del mais e non è su-scettibile agli attacchi fungini che generano micotossine, di grande interesse èanche l'utilizzazione della pianta intera.

I diversi tipi di sorgo non sono sempre classificabili con chiarezza, poiché le va-rietà derivano sovente da attività di ibridazione tra diverse tipologie. Le accessio-ni e ibridi più produttivi presentano cicli vegetativimedio lunghi che in particolaricondizioni climatiche e in talune annate difficilmente riescono a superare il 25 -28% di sostanza secca alla raccolta. Quest’aspetto riveste particolare importanzaquando si vuole realizzare un secondo raccolto di sorgo dopo cereale autunno-vernino; infatti in questi casi è importate utilizzare ibridi che presentano un ciclovegetativo corto e non sensibili al fotoperiodo.

Prove condotte nel 2014 da Fondazione CRPA Studi Ricerche, azienda Stuard eBeta hanno permesso di dare una prima valutazione delle potenzialità produttivemolto diversificate tra ideotipi in due località di pianura, parmense e ferrarese.Anche se l'obiettivo della prova è la caratterizzazione per la produzione di biogas,si sono potuti osservare le caratteristiche di ideotipi a stadio fenologico di raccoltadifferente: maturazione cerosa per il foraggero e lo zuccherino, con piante di oltre3metri, maturazione lattea per il sorgo da fibra con piante di oltre 4metri, piantemorte per sorgo da granella. Le produzioni di sostanza secca sono massime, conoltre 35 t/ha per il sorgo da fibra nel parmense, mentre nel ferrarese la produzio-ne massima è stata raggiunta dalla tipologia zuccherina, di poco oltre le 25 t/ha.

Composizione degli insilati di cerealiPer fornire uno spaccato della composizione nutritiva degli insilati di cereale apianta intera, dal data base delle analisi di CRPA Lab sono stati individuati circa600 campioni suddivisi tra mais, sorgo, triticale e frumento, esclusivamente de-stinati all'uso zootecnico. L'insilato di mais si distingue dagli altri 3 cereali per ilminor contenuto in ceneri, una quantità nettamente inferiore di fibra (aNDFom)e un minor contenuto di ADF e di lignina. L'apporto di amido è elevato nel mais(32%), attorno al 8-10% in sorgo, triticale e frumento. In questi 3 cereali residuanell'insilatounaquotadi zuccheri, che inveceè irrilevantenelmais, comedovrebbeper altro essere dopo il processo di insilamento. È difficile affermare se questo li-vello di zuccheri sia un elemento fisiologico di queste matrici, che comunquepartono da un contenuto più elevato sul prodotto trinciato rispetto al mais.Il valore energetico inferiore è riscontrato nel sorgo; triticale e frumento si atte-stano su approti di energia netta latte (ENL) del 70% rispetto a quella del mais.

Frazioni delle proteine e dei carboidrati degli insilati di cereali

Dalle figure si può meglio valutare la ripartizione nelle diverse frazioni di carboidrati e proteine dei 4 insilati, dai quali sievidenzia il maggiore contenuto amilaceo del mais rispetto al prevalente apporto di cellulosa ed emicellulose degli altriforaggi.

Fatta eccezione per il sorgo, gli insilati di cereale presentano una predominanza della quota di proteina solubile sul totalee circa un 10%della proteina totale è indigeribile (ADIP). Questo valore sale al 15% nel sorgo, che ha anchemeno proteinadegli altri tre insilati.

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SSiiccuurreezzzzaaiiggiieenniiccoo ssaanniittaarriiaa ddeeii ffiieennii

FFIIEENNII

Nella definizionedi qualità dei fienimolta importanza viene attribuita alle caratte-ristiche igienico sanitarie, che possono essere riassunte nel contenuto di micotos-sine, clostridi e nitrati.

Avere attenzione per la sicurezza dei fieni significa fare un lavoro di prevenzionerispetto al problema della qualità del latte, che, nel caso della caseificazione aParmigiano Reggiano che avviene senza ausilio di conservanti, deve essere tale dapermettere la lunga stagionatura senza indurre difetti.

Da una indagine condotta da CRPA relativamente al contenuto di afltossina B1in circa 2.300 campioni di fieni prodotti in Emilia-Romagna, risulta che que-sti sono praticamente indenni dalla micotossina, indipendentemente dalletecniche e dal luogo di coltivazione, di raccolta e conservazione utilizzate. Re-sta il fatto che i fieni ammuffiti emal conservati possono, tra le altre controindi-cazioni che ne sconsigliano in ogni caso l'impiego, essere anche a rischio dicontaminazione da micotossine.

L'albo dei fornitori di foraggi e mangimi, promosso dal Consorzio del formaggioParmigiano-Reggianonel 2013 come evoluzione dell'albo dei solimangimisti, riu-nisce sotto un marchio collettivo i produttori di fieno collocati nelle zone limitro-fe al Comprensorio e che accettano di essere controllati per la qualità e la sicurezzadei loro prodotti.

I parametri di controllo dell'albo dei fornitori sono rappresentati dal contenuto dinitrati (minore di 5.000mg/kg di sostanza secca) e di ceneri (minore di 11% sullasostanza secca). Un eccesso di nitrati nel fieno è molto spesso riconducibile a unaconcimazione, soprattutto organica, troppo ravvicinata all'epoca del taglio.

Le condizioni che in generale possono favorire l’accumulo di nitrati nella piantasono principalmente: l'ombreggiamento o la bassa intensità luminosa; condizio-ni climatiche estreme quali siccità, gelo, grandine e basse temperature; l’uso didiserbanti,maanchemalattie delle piante. Anche lo stadio di sviluppodella piantainfluisce sulla quantità di nitrati: infatti la loro concentrazione normalmente de-cresce con l’avanzare della maturità.

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Nella stessa indagine fatta per valutare la contaminazione da aflatossina B1 neifieni è stata anche considerata la presenza di nitrati in 1.260 campioni: di questiil 93% si è posto sotto del limite di 3.000 mg/kg di sostanza secca (innocui per lavacca da latte). Deve però far riflettere il dato relativo al 2%di campioni che hannodato valori di nitrati al di sopra del limite di tossicità per le bovine (oltre 9.000mg/kg di sostanza secca).

L'elevata presenza di ceneri dipende da diversi fattori che devono essere valutatinon solo nei fieni acquistati, ma anche in quelli autoprodotti.

E' ormai consolidato il legame tra la presenza di terra nella razione distribuita allebovine e l'insorgere dei difetti di gonfiore tardivo del formaggio, dovuto alla pro-liferazione di spore di clostridi che passano dall'animale alle feci e giungono nellatte dalla contaminazione dell'ambiente di stalla. Le feci, poi a loro volta ritorna-no al terreno attraverso lo spandimento del letame e del liquame. Da qui il limiteindividuato per le ceneri a salvaguardia della sanità delle bovine e della qualità delformaggio.

Il livello di ceneri del foraggio varia per specie botaniche, ma è ormai consolidatoche valori di ceneri superiori al 10% sono non più legati al tipo di pianta, ma indi-ce di inquinamento da terra, perlopiù dovuto all'imbrattamento delle piante (peresempio per piogge battenti o allagamenti) o a una distanza tra la barra sfalciantee il terreno troppo ridotta. Infatti, è in generale consigliabile non scendere maisotto la distanza di 7 centimetri, che salgono a 10 in presenza di cotico disconti-nuo, facilmente riscontrabile negli erbai e medicai nell'anno d'impianto.

Uno spaccato del contenuto di ceneri dei foraggi utilizzati nel Comprensorio delParmigiano-Reggiano è presentato dalle figure. Una riporta la situazione di uncampione di 624 fieni, soprattutto di produzione aziendale, delle campagne 2012e 2013 e a provenienza nota. Il valore medio riscontrato per il contenuto di cene-

La presenza di terra nella razione favorisce i difetti di gonfioretardivo del formaggio, dovuto alle spore di clostridi

Distribuzione dei campioni di fienoin funzione del livello di nitrati

(progetto LR n. 28/98 Alimenti sicuri)

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ri è di 10,17 % sulla sostanza secca. Il 53 % dei campioni si colloca sotto la sogliadel 10% di ceneri, mentre ben il 20 % dei campioni (125 fieni) ha fatto registrarevalori di ceneri superiori all'11%: 86 di questi sono fieni di erba medica. Da tene-re presente che oltre un quarto dei fieni (27%) ha un contenuto di ceneri tra il 10e l'11 %, quindi è a rischio contaminazione.

L'altra figura riporta la distribuzione delle ceneri in 2.194 campioni di fieni di erbamedica di produzione aziendale analizzati da CRPA in circa 8 anni. Anche in que-sto caso la distribuzione è simile alla precedente e il valore medio di ceneri ri-scontrato è di 10,18% sulla sostanza secca; un terzo dei campioni supera l'11% diceneri e si evidenzia una situazione di rischio in una quota importante di campio-ni (20% del totale) che presenta tra l'11% e il 12 % di ceneri.

Nel caso dell'erba medica il contenuto di ceneri cambia anche con l'ordine disfalcio, aumentando progressivamente dal primo agli altri tagli.

Contenutomedio di ceneri in 2.523 campioni di fieno di erbamedica suddivisi per sfalcio (progettoLR n. 28/98 Alimenti sicuri)

Distribuzione del contenuto di ceneri in 624campioni di fieno utilizzati nel Comprensoriodel Parmigiano Reggiano

Distribuzione del contenuto di ceneri in 2.523campioni di fieno di erbamedica(progetto LR n. 28/98 Alimenti sicuri)

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Progetti realizzati da CRPAattraverso lo strumentodella Legge Regionale n.28/98 "Promozione dei servizi di sviluppo al sistemaagro-alimentare”

Progetti conclusiLR n. 28/98 PS 1999 – Alimentazione della vacca da latte: formulazione di razioni compatibili con il regolamento di produzione del Parmigiano-ReggianoLR28/98 PS2003 Alimenti sicuri per Parmigiano-ReggianoLR28/98 PS2005 - Caratterizzazione foraggeraLR n. 28/98 PS 2004 - Effetto di diete basate su proteaginose diverse dalla soia sulla qualità del latte e sui risultati della trasformazione casearia nellefiliere del Parmigiano-Reggiano e del Grana PadanoLR n. 28/98 PS 2004, 2005- Prove collegiali di adattamento e resa di varietà di piante foraggere e loro miscugli (Attività a supporto dei Disciplinari diProduzione Integrata)LRn.28/98PS2004 -Salvaguardiaevalorizzazionedelpratostabile irriguo inareaParmigiano-Reggianoattraverso l'ottimizzazionedella risorsa idricaeazotataLR n. 28/98 PS 2005 - Caratterizzazione dei foraggi prodotti e utilizzati nel Comprensorio del Parmigiano-ReggianoProgetto Interregionale 2006 - Azioni di innovazioni e ricerca a supporto del piano Proteine VegetaliLRn.28/98PS2007Applicazionedimetodi innovatividianalisideglialimentiedicalcolodei fabbisogniper il razionamentodellebovinedalatte inEmiliaRomagnaLR n. 28/98 PS 2009 - Sostenibilità di filiere agro-zootecniche e energetiche finalizzate alla protezione del suolo e al sostegno della competitivitàdell'agricoltura nel comprensorio ex bieticolo della regione Emilia-RomagnaLR n. 28/98 PS 2011 SI P-R - Sistema Informativo Filiera Parmigiano-ReggianoLR n. 28/98 PS 2011 Erbamedica di alta qualità per la filiera lattiero-casearia

Progetti in corsoLR n. 28/98 PS 2013 - Valutazione di specie e varietà vegetali ai fini di un miglioramento della produzione regionale di proteina ed energia perl'alimentazione animaleLR n. 28/98 PS2013 - Confronto varietale per la valutazione del potenziale produttivo di varietà di triticale destinate alla digestione anaerobicaLR n. 28/98 PS2013 - Applicazione di modelli e tecnologie innovativi a supporto della competitività e della sostenibilità del sistema zootecnico da lattedell'Emilia-RomagnaLR n. 28/98 2013 - Innovazione nella produzione ed utilizzazione degli alimenti proteici ed energetici destinati agli allevamenti zootecnici dell'area delsisma dell'Emilia-Romagna: vacche da latte per Parmigiano Reggiano e suini per circuito salumi DOPLR n. 28/98 2014 - Caratterizzazione tecnologica e qualitativa di diversi ideotipi di sorgo per digestione anaerobica, raccolti a diversi stadi dimaturazione

Progetto Interrerr gionale 2006 - Azioni di innovavv zioni e ricerca a supporto del piano Proteine VeVV getaliLRn.28/88 9// 899 PSPP 2007Apppp lill cii acc zaa izz oii nedidd metott didd inii novavv titt vivv didd analill sii idedd gee lill alillmii entitt edidd cacc lcll occ loll dedd i faff bbisii ogniper ilii rarr zaa izz oii namentott dedd llll ell bovivv nii edadd lall tttt ett inii EmEE ilii ill aii Romaga naLR n. 28/88 9// 8 PS 2009 - Sostenibilità di fiff liererr agro-z- ootecniche e energrr etiche fiff nalizii zzz ate alla protezee ione del suolo e al sostegno della competitivivv tàdell'a' gricolturarr nel comprerr nsorio exee bieticolo della rerr gione EmEE ilia-RomagnaLR n. 28/88 9// 8 PS 2011 SI P-R - Sisii tema Infoff rmativovv FiFF lierarr PaPP rmigi iano-ReggianoLR n. 28/88 9// 8 PS 2011 ErEE bamedica di alta qualità per la fiff lierarr lattiero-casearia

Progettitt in corsrr oLR n. 28/88 9// 8 PS 2013 - VaVV lutazione di specie e vavv rietà vevv getali ai fiff ni di un migi liorarr mento della produzione rerr gionale di proteina ed energrr ia perl'a' limentazione animaleLR n. 28/88 9// 8 PS2013 - CoCC nfrff onto vavv rietale per la vavv lutazione del potenziale produttivovv di vavv rietà di triticale destinate alla digi estione anaerobicaLR n. 28/88 9// 8 PS2013 - Applicazione di modelli e tecnologie innovavv tivivv a supporto della competitivivv tà e della sostenibilità del sisii tema zootecnico da lattedell'E' mEE ilia-RomagnaLR n. 28/88 9// 8 2013 - Innovavv zione nella produzione ed utilizii zzz azione degli alimenti proteici ed energrr etici destinati agli allevavv menti zootecnici dell'a' rerr a delsisii ma dell'E' mEE ilia-Romagna: vavv cche da latte per PaPP rmigi iano Reggiano e suini per circuito salumi DOPLR n. 28/88 9// 8 2014 - CaCC rarr ttett rirr zii zzz azz zaa izz one tett cnologicacc e qualitatt titt vavv di divevv rsrr i ideotitt pii i di sorgrr o per digi estitt one anaerorr bicacc ,a rarr ccoltitt a divevv rsrr i statt di dimaturarr zaa izz one

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