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1 La genetica mendeliana; Le caratteristiche di un individuo che vengono trasmesse da una generazione all'altra sono chiamate caratteristiche ereditarie; queste caratteristiche sono sotto il controllo di tratti di DNA chiamati geni. La costituzione genetica di un individuo è chiamato genotipo, mentre la manifestazione fisica di una caratteristica genetica è chiamato fenotipo. Gli esperimenti di Mendel; Incroci tra monoibridi; Nel tentativo di comprendere i criteri dell'ereditarietà Mendel cominciò ad incrociare piante di pisello (Pisum Sativum) che differivano per determinati caratteri. La scelta di questa pianta era basata su alcuni criteri: 1. Devono essere noti i precedenti dei genitori utilizzati negli incroci sperimentali. 2. L'organismo deve possedere un ciclo vitale piuttosto breve in modo da ottenere un gran numero di generazioni entro un periodo di tempo relativamente corto. 3. Da un incrocio deve essere prodotto un gran numero di figli. 4. L'organismo deve essere facile da maneggiare. 5. Gli individui di una popolazione devono differire in tanti modi diversi. Innanzitutto Mendel lasciò autofecondare per molte generazioni ciascuna varietà di piante in modo da ottenere delle linee pure, ovvero varietà nelle quali il carattere studiato rimaneva invariato dai genitori ai figli per molte generazioni. Egli isolò diversi caratteri sui quali compiere gli esperimenti ed uno di questi fu il carattere seme liscio ed il carattere seme rugoso ed effettuò il seguente incrocio: P Seme Liscio X Seme Rugoso F 1 Semi tutti lisci Successivamente lasciò autofecondare le piante della generazione F 1 ed ottenne: P Seme liscio X Seme liscio F 1 Rapporto 3:1 tra lisci e rugosi Applicando lo stesso principio per tutti gli altri caratteri egli ottenne i medesimi risultati. Le sue conclusioni furono che: 1. I caratteri alternativi (liscio e rugoso) erano controllato da fattori particolati che erano trasmessi alla progenie dai genitori attraverso i gameti. 2. Ogni fattore esisteva in forme alternative che determinano i caratteri (che ora chiamiamo alleli). 3. Dato che alla F 1 solo un carattere era visibile, questo doveva in qualche modo "mascherare" l'altro carattere: era dominante (seme liscio), mentre l'altro era recessivo (seme rugoso). 4. Individui appartenenti a linee pure che contengono un solo tipo di allele sono chiamati omozigoti, piante che possiedono due diversi alleli sono eterozigoti.

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lezione di genetica

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La genetica mendeliana; Le caratteristiche di un individuo che vengono trasmesse da una generazione all'altra sono chiamate caratteristiche ereditarie; queste caratteristiche sono sotto il controllo di tratti di DNA chiamati geni. La costituzione genetica di un individuo è chiamato genotipo, mentre la manifestazione fisica di una caratteristica genetica è chiamato fenotipo.

Gli esperimenti di Mendel;

Incroci tra monoibridi; Nel tentativo di comprendere i criteri dell'ereditarietà Mendel cominciò ad incrociare piante di pisello (Pisum Sativum) che differivano per determinati caratteri. La scelta di questa pianta era basata su alcuni criteri: 1. Devono essere noti i precedenti dei genitori utilizzati negli incroci sperimentali. 2. L'organismo deve possedere un ciclo vitale piuttosto breve in modo da ottenere un gran

numero di generazioni entro un periodo di tempo relativamente corto. 3. Da un incrocio deve essere prodotto un gran numero di figli. 4. L'organismo deve essere facile da maneggiare. 5. Gli individui di una popolazione devono differire in tanti modi diversi. Innanzitutto Mendel lasciò autofecondare per molte generazioni ciascuna varietà di piante in modo da ottenere delle linee pure, ovvero varietà nelle quali il carattere studiato rimaneva invariato dai genitori ai figli per molte generazioni. Egli isolò diversi caratteri sui quali compiere gli esperimenti ed uno di questi fu il carattere seme liscio ed il carattere seme rugoso ed effettuò il seguente incrocio: P Seme Liscio X Seme Rugoso F1 Semi tutti lisci Successivamente lasciò autofecondare le piante della generazione F1 ed ottenne: P Seme liscio X Seme liscio F1 Rapporto 3:1 tra lisci e rugosi Applicando lo stesso principio per tutti gli altri caratteri egli ottenne i medesimi risultati. Le sue conclusioni furono che: 1. I caratteri alternativi (liscio e rugoso) erano controllato da fattori particolati che erano

trasmessi alla progenie dai genitori attraverso i gameti. 2. Ogni fattore esisteva in forme alternative che determinano i caratteri (che ora chiamiamo

alleli). 3. Dato che alla F1 solo un carattere era visibile, questo doveva in qualche modo "mascherare"

l'altro carattere: era dominante (seme liscio), mentre l'altro era recessivo (seme rugoso). 4. Individui appartenenti a linee pure che contengono un solo tipo di allele sono chiamati

omozigoti, piante che possiedono due diversi alleli sono eterozigoti.

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Il principio della segregazione; In base ai dati raccolti Mendel propose la sua prima legge, ovvero il principio della segregazione che stabilisce che i due membri di una coppia genica (alleli) si separano (segregano) l'uno dall'altro durante la formazione dei gameti.

L'uso dei reincroci; Per verificare quale sia il genotipo di un individuo viene usato il reincrocio di prova o testcross; si tratta di un incrocio tra un individuo di genotipo ignoto che generalmente manifesta il fenotipo dominante, ed un individuo omozigote recessivo. Se tutta la progenie ottenuta da questo incrocio mostra il fenotipo dominante, allora il genotipo dell'individuo in esame è omozigote dominante; se la progenie presenta un rapporto approssimativo di 1:1 tra fenotipi dominanti e recessivi, l'individuo è eterozigote.

Incroci tra diibridi; Mendel effettuò una serie di incroci stavolta considerando due caratteri per volta ed in base ai risultati ottenuti enunciò la sua seconda legge sul principio dell'assortimento indipendente: i fattori (geni) che controllano caratteri diversi si distribuiscono in modo indipendente gli uni dagli altri. Vediamo un incrocio di esempio: P (semi lisci e gialli) SSYY X ssyy (semi rugosi e verdi) F1 (semi lisci e gialli) SsYy X SsYy F2 Rapporto 9:3:3:1 tra lisci-gialli; lisci-verdi; rugosi-gialli; rugosi-verdi; Questo confermò il suo principio, se infatti questo non fosse stato vero (cioè se i geni che controllavano i caratteri venivano trasmessi insieme dai genitori alla progenie) si avrebbe avuto un rapporto di 3:1 liscio-giallo e rugoso-verde.

La genetica mendeliana nell'uomo; Nella genetica umana evidentemente non si possono compiere incroci programmati, è necessario quindi esaminare gli incroci genetici avvenuti casualmente. Lo studio dell'albero familiare prende il nome di analisi dell'albero genealogico e, l'individuo dal quale si parte nella ricostruzione dell'albero prende il nome di probando.

Esempi di caratteri recessivi nell'uomo; Un esempio di carattere recessivo nell'uomo è l'albinismo, ma esistono molti caratteri determinati da alleli recessivi. I caratteri recessivi seguono alcuni criteri generali per ciò che riguarda la loro ereditarietà: • La maggior parte degli individui affetti ha genitori normali entrambi eterozigoti, il carattere

tende quindi a saltare di generazione. • Matrimoni tra genitori eterozigoti normali dovrebbero dare sia progenie normale sia progenie

che manifesta il carattere nel rapporto di 3:1. • Quando entrambi i genitori sono affetti tutti i loro figli manifesteranno il carattere.

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Esempi di caratteri dominanti nell'uomo; Un esempio è costituito dal fenotipo capelli lanosi, ovvero capelli che non riescono a crescere oltre una certa lunghezza in quanto poi si spezzano. Gli alleli mutanti dominanti sono espressi in un eterozigote quando sono in combinazione con l'allele definito selvatico (wild-type) che, è l'allele considerato normale per l'organismo. Una caratteristica molto comune dei caratteri dominanti è che la loro espressione può variare notevolmente; questa caratteristica prende il nome di espressività e quindi si riferisce al grado con il quale un individuo manifesta il fenotipo corrispondente al suo genotipo. Si ha poi la penetranza che rappresenta la frequenza con la quale un gene dominante od un gene omozigote recessivo si esprime nel fenotipo di un individuo. Una penetranza incompleta o bassa è uno dei problemi maggiori nell'analisi genetica qualora siano interessati caratteri rari (ad es. la polidattilia). L'ereditarietà dei caratteri dominanti è regolata dai seguenti principi: • Ogni persona affetta nell'albero genealogico deve avere almeno un genitore affetto. • Il carattere non deve saltare di generazione. • Un individuo affetto eterozigote deve trasmettere il gene mutato a metà della progenie.

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I cromosomi del sesso ed i caratteri a loro associati; Una conferma alla teoria cromosomica dell'ereditarietà che ipotizzo che i geni stessero fisicamente sui cromosomi, arrivò in seguito agli studi condotti sui cromosomi sessuali.

I cromosomi del sesso; In seguito a delle osservazioni compiute sul numero di cromosomi di vari animali, ci si rese conto che esistevano animali che possedevano un numero diverso di cromosomi tra maschio e femmina. Il cromosoma che era "dispari" nel maschio venne chiamato cromosoma X. Si osservò inoltre che nei maschi di alcune specie di animali era presente un altro cromosoma appaiato con l'X che prese il nome di cromosoma Y. Entrambi vennero definiti cromosomi del sesso; il maschio venne chiamato sesso eterogametico dato che produceva due tipi di gameti (uno con l'X ed uno con l'Y), la femmina prese invece il nome di sesso omogametico dato che produceva solo gameti X.

Ereditarietà associata al sesso; La prova definitiva dell'ereditarietà cromosomica venne raggiunta con gli esperimenti condotti da Morgan sulla mosca Drosophila. Morgan individuò una mosca maschio con gli occhi bianchi (al posto del rosso tipico del selvatico) e la incrociò con una femmina selvatica (quindi con occhi rossi). Da questo incrocio ottenne tutte le mosche con occhi rossi e per questo poté affermare che il carattere occhio bianco era recessivo. In seguito lasciò reincrociare tra loro le mosche della F1 e, una volta raccolti i dati sulla progenie si accorse che si discostava di parecchio dall'attesa segregazione nel rapporto di 3:1; egli notò inoltre che tutte le mosche con occhi bianchi erano maschi. Successivamente incrociò un maschio a occhi bianchi con una delle figlie ad occhi rossi ed ottenne un rapporto di 1:1:1:1 dimostrando che anche le femmine potevano avere gli occhi bianchi. Morgan propose quindi che il gene che determinava il colore dell'occhio era sito sul cromosoma X e che non era presente una copia di quel gene sul cromosoma Y; la condizione dei geni associati all'X è definita di emizigote e viene definita eredità crisscross il passaggio di un gene da un genitore maschio, attraverso una figlia femmina, ad un nipote maschio.

Nondisgiunzione dei cromosomi X; Bridges, uno studente di Morgan, notò che, se da un incrocio tra una femmina ad occhi bianchi ed un maschio a occhi rossi si dovevano ottenere tutti i maschi con gli occhi bianchi e tutte le femmine con gli occhi rossi, con una frequenza di 1 su 2000 apparivano delle mosche con i fenotipi scambiati: maschi con occhi rossi o femmine con occhi bianchi.

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La spiegazione di questo fenomeno è la nondisgiunzione del cromosoma X alla formazione dei gameti; se la nondisgiunzione avviene nella prima divisione meiotica si ottengono: • 2 gameti XX • 2 gameti senza cromosomi X Se invece avviene a livello della seconda divisione meiotica si ottengono: • 1 gamete XX • 1 gamete senza cromosomi X • 2 gameti normali con un X per ciascuno. L'analisi citologica dimostrò che effettivamente le mosche con occhi bianchi erano XXY, mentre quelle con occhi rossi erano X0 (fenomeno chiamato di aneuploidia).

La determinazione genotipica del sesso;

Determinazione del sesso in Drosophila; La Drosophila ha 4 paia di cromosomi, 3 paia di autosomi ed 1 paio di cromosomi sessuali. La determinazione del sesso non è relativa alla presenza o all'assenza di un cromosoma Y, bensì e determinata dal rapporto tra il numero dei cromosomi sessuali ed il numero degli autosomi. Questo rapporto è pari a 1 nelle femmine, è di 0,5 nei maschi, mentre se è compreso tra 0,5 ed 1 si ha un intersesso. Le mosche intersesso presentano un aspetto variabile con in generale la presenza contemporanea di organi sessuali maschili e femminili e sterilità. Questo meccanismo prende il nome di sistema di determinazione del sesso della bilancia cromosomica X-autosomi.

Determinazione del sesso nei Mammiferi; In questo caso la modalità di determinazione del sesso è data dal meccanismo cromosomico di determinazione del sesso. Ovvero è la presenza o meno del cromosoma Y a fare la differenza; difatti, quando è presente, regola la produzione del fattore di determinazione del testicolo che fa sviluppare gli abbozzi delle gonadi in testicoli anziché in ovari. La nondisgiunzione può provocare nell'uomo delle patologie. Un individuo X0 è una femmina che presenta la Sindrome di Turner; questa si presenta con un'altezza inferiore alla media, non sviluppano i caratteri sessuali secondari, presentano ritardo mentale e sono generalmente sterili. Un individuo XXY è invece un maschio con la Sindrome di Klinefelter; l'individuo si presenta con un'altezza superiore alla media, testicoli sottosviluppati, tendono a presentare ritardo mentale ed occasionalmente sono sterili.

Il meccanismo della compensazione di dose; Salvo rare eccezioni i Mammiferi non possono tollerare variazioni nel numero degli autosomi e, un meccanismo di compensazione di dose compensa i cromosomi X in più presenti nel corredo cromosomico. Ogni individuo con un cromosoma X in più del normale presenta una massa di cromatina inattivata chiamata corpo di Barr che rappresenta citologicamente un cromosoma X inattivato. Una femmina (XX) avrà quindi un corpo di Barr, un maschio (XY) non avrà alcun corpo di Barr.

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Caratteri associati al sesso nell'uomo;

Ereditarietà legata all'X recessivo; Un esempio di questo tipo di carattere è costituito dall'emofilia. Alcune caratteristiche di questo tipo di trasmissione sono: • Molti più maschi che femmine manifestano il fenotipo mutato. • Nei figli maschi di madri eterozigoti si dovrebbe osservare approssimativamente un rapporto

di 1:1 tra individui normali ed individui che manifestano il carattere.

Ereditarietà legata all'X dominante; Un esempio di patologia dovuta ad un'eredità di questo tipo è lo smalto difettoso dei denti.

Ereditarietà legata all'Y; Sono chiamati caratteri oloandrici (interamente maschili) e dovrebbero essere facilmente riconoscibili dato che tutti i maschi di un padre affetto devono presentare il fenotipo mutato (e nessuna femmina). Un esempio di questo tipo di ereditarietà è il carattere orecchie pelose che, su scala mondiale è molto poco diffuso, mentre è molto diffuso nelle popolazioni di origine indiana.

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Allelia multipla e interazioni tra geni; Benché un singolo individuo diploide possa possedere solo due alleli di un dato gene, nella realtà possono esistere molti alleli di uno stesso gene.

I gruppi sanguigni AB0; Questa classificazione dei gruppi sanguigni è molto importante dato che, quando si effettuano trasfusioni di sangue, alcuni di questi gruppi non sono tra loro compatibili e rappresentano un tipico esempio di allelia multipla. In questo sistema abbiamo quattro diversi gruppi: A, B, AB e 0 che sono determinati dalle combinazioni di tre diversi alleli: IA, IB e I0 (o i) che sono distribuiti in questo modo: • Gruppo A => IAIA; IAi • Gruppo B => IBIB; IBi • Gruppo AB => IAIB • Gruppo 0 => ii La determinazione dei gruppi è possibile in quanto, sulla superficie dei globuli rossi di ciascun individuo, sono presenti delle sostanze che prendono il nome di antigeni che, se poste in organismi diversi da quello originario, scatenano la reazione immunitaria da parte degli anticorpi di quell'organismo. Così esistono antigeni per il gruppo A, per il gruppo B e per quello AB (dati dalla presenza contemporanea dei due); caso particolare sono gli individui di gruppo 0 che non presentano antigeni sulla superficie dei propri eritrociti. Una patologia derivante dalle diversità tra i gruppi sanguigni che colpisce i bambini alla nascita è l'eritroblastosi fetale. Oltre al sistema AB0 esiste anche il sistema MN per classificare il sangue, dove i gruppi sono M, N ed MN e gli alleli sono IM e IN, per il resto il sistema è analogo a quello del sistema AB0. Un'altra classificazione del sangue viene effettuata per ciò che riguarda il fattore Rh; difatti ci si accorse che iniettando del sangue umano nel corpo di una scimmia (Rhesus), in alcuni casi vi era una risposta immunitaria, in altri casi no; nel primo caso si ha un Rh +, nel secondo un Rh -. La diversità è dovuta a sostanze per le quali codifica un certo gene D che, allo stato omozigote dominante o eterozigote (DD, Dd) codifica per Rh+, allo stato omozigote recessivo (dd) per Rh -

Modificazioni delle relazioni di dominanza;

La dominanza incompleta; In molti casi un allele non è completamente dominante sull'altro e questo crea un fenotipo intermedio rispetto ai parentali. Un esempio può essere rappresentato dalla bocca di leone, un fiore che si presenta con diverse varietà di colore; incrociando una pianta con fiori rossi con una con fiori bianchi otteniamo tutta la generazione F1 di colore rosa, facendo incrociare tra loro gli individui della F1 otteniamo un rapporto di 1:2:1 tra fiori rossi:rosa:bianchi.

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La codominanza; In questo tipo di modificazione delle relazioni di dominanza, l'eterozigote presenta entrambi i fenotipi degli omozigoti. Un esempio di questo fenomeno possono essere i proprio i gruppi sanguigni sia del sistema AB0 che quelli del sistema MN dove, nel primo l'esempio è dato dal gruppo AB, mentre nel secondo dal gruppo MN. In entrambi i casi la presenza contemporanea dei due diversi alleli porta alla manifestazione di entrambi i caratteri.

Interazioni geniche che determinano nuovi fenotipi; Un esempio è costituito dalla forma del frutto nella zucca ed il rapporto modificato di 9:6:1. Tra le diverse varietà di zucca due presentano il frutto di forma sferica e di forma allungata e quelle a frutto allungato sono linee pure. In alcuni casi incrociando piante con frutti allungati con piante con frutti sferici, alla F1 otteniamo piante che presentano tutti frutti a disco; in una situazione del genere alla F2 otteniamo frutti approssimativamente nel rapporto di 9:6:1 tra frutti a disco:sfera:allungati. La spiegazione è questa: 1. O l'uno o l'altro dominante da solo (A/- b/b oppure a/a B/-) determinano il frutto a sfera. 2. I due alleli dominanti non allelici tra loro (A/- B/-) danno il frutto a disco. 3. I frutti allungati come abbiamo detto sono linee pure ed hanno genotipo a/a b/b.

L'epistasi; L'epistasi è un'interazione tra geni non allelici in base alla quale l'espressione fenotipica di un gene dipende dal genotipo dell'altro. Un fenomeno di questo tipo può dar luogo a dei rapporti mendeliani modificati come quello riguardante il colore del pelo nei roditori e del rapporto modificato di 9:3:4. Il colore primitivo dei roditori è grigiastro ed è generato dalla combinazione tra due colori diversi, il pelo è infatti nero se si escludono delle sottili bande gialle poste verso l'estremità del pelo stesso, questo colore prende il nome di agouti. Con l'addomesticamento sono state isolate anche altre varianti nella colorazione del pelo: l'albino ed il nero. Incrociando tra loro topi neri con topi albini otteniamo topi di colore agouti; reincrociando tra loro gli agouti della F1, alla F2 otteniamo nel rapporto di 9:3:4 topi agouti:neri:albini. La spiegazione è questa: 1. Genotipicamente gli agouti sono A/- C/-; i topi neri sono a/a C/- e gli albini sono A/- c/c

oppure a/a c/c. 2. L'allele dominante C determina un prodotto necessario per la produzione di un qualsiasi

pigmento; l'allele c se omozigote impedisce quindi la produzione di un qualsiasi colore. 3. L'allele dominante A specifica un prodotto che determina la colorazione agouti; l'allele a è

presente in tutti i topi non agouti. 4. L'allele B dominante specifica un prodotto che controlla la sintesi del colore nero; se è allo

stato recessivo b omozigote si ha il colore bruno.

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Un'altra modificazione dei rapporti mendeliani tipici è quella che si riscontra nel colore del fiore del pisello con il rapporto di 9:7. Il colore purpureo è dominante sul bianco e dà alla F2 un tipico rapporto di 3:1; le varietà a fiori bianchi sono linee pure e incroci tra piante a fiori bianchi producono generalmente una progenie a fiori bianchi. In alcuni casi si ha che l'incrocio tra due piante a fiori bianchi dà una F1 di piante tutte a fiori purpurei, reincrociando si ottiene una F2 che presenta il rapporto di 9:7 tra purpurei:bianchi. La spiegazione è questa: 1. Possiamo ipotizzare che due geni C e P controllino diverse tappe di una via biosintetica di

produzione del pigmento porpora. Di conseguenza un'omozigosi recessiva dell'uno o dell'altro gene (o di entrambi) determina il blocco della sintesi del pigmento dando il colore bianco.

2. I genotipi C/- p/p; c/c P/- e c/c p/p saranno quindi bianchi e solo le piante C/- P/- saranno rosse.

3. Nel nostro incrocio i due parentali bianchi erano C/C p/p e c/c P/P, le piante della F1 erano eterozigote C/c P/p e quindi rosse.

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Concatenazione, crossing-over e mappatura negli eucarioti;

Esperimenti di Morgan sulla concatenazione in Drosophila; Sulla base di dati ottenuti da una serie di esperimenti Morgan concluse che i geni recessivi w (white: occhio bianco) e m (miniature: ali ridotte) erano siti sul cromosoma X e, dato che stavano sullo stesso cromosoma, i geni dovevano essere concatenati. Morgan incrociò una femmina con occhio bianco ed ali ridotte (w m/w m) con un maschio con occhi rossi ed ali normali (w+ m+/ Y). Come atteso tutti i maschi alla F1 presentavano i fenotipi recessivi occhi bianchi ed ali ridotte e, tutte le femmine erano selvatiche. Nella F2 ottenuta dal reincrocio degli individui della generazione precedente le classi fenotipiche più frequenti erano quelle dei "nonni" con occhio bianco /ali ridotte e occhio rosso /ali normali; ci si riferisce a questi come ai genotipi parentali o parentali. Morgan osservò inoltre che vi era un numero significativo di classi che presentavano i fenotipi incrociati rispetto ai parentali e li chiamò ricombinanti. Vennero condotti altri esperimenti analoghi considerando altri caratteri, ma le conclusioni furono sempre le medesime: in ogni caso le classi parentali erano le più frequenti e le ricombinanti erano decisamente meno frequenti. La conclusione di Morgan fu che, durante la meiosi, alcuni alleli tendono a rimanere insieme perché sono vicini l'uno all'altro sullo stesso cromosoma. Precedentemente era stato osservato a livello citologico che durante la meiosi esistevano dei chiasmi ovvero dei punti di scambio reciproco di materiale genetico tra i cromosomi omologhi che rappresentavano i punti dove avveniva quello che poi venne definito crossing-over.

Il crossing-over allo stadio di quattro cromatidi; La domanda che ci si è posti in seguito è in che fase della meiosi avvenisse il crossing-over, se allo stadio di due filamenti prima della meiosi, oppure allo stadio di quattro filamenti nella profase I della meiosi. Per osservare il fenomeno si è utilizzato l'organismo Neurospora Crassa. Questo è un fungo miceliale che normalmente si riproduce per via vegetativa; esistono tuttavia due diversi "tipi sessuali", il ceppo A ed il ceppo a che, se si trovano insieme in un terreno di crescita nel quale si esauriscono i fattori nutrizionali (ed in particolare l'azoto), fondono le rispettive cellule sessuali a dare uno zigote diploide che rapidamente va in meiosi producendo quattro nuclei aploidi siti all'interno di una struttura allungata che prende il nome di asco. Una successiva mitosi porta ad otto il numero delle spore presenti nell'asco; la particolarità sta nel fatto che le spore si vengono a trovare nell'asco esattamente nello stesso ordine con il quale è avvenuta la meiosi, sono delle cosiddette tetradi ordinate. Per studiare il crossing-over si sono usati due ceppi: uno A incapace di sintetizzare la metionina e selvatico per tutti gli altri geni, ed un ceppo a capace di sintetizzare la metionina ed incapace di sintetizzare l'istidina. Se il crossing-over avvenisse allo stadio di due filamenti nell'asco risultante si avrebbero solo due tipi di spore ricombinanti; se invece il crossing-over avviene allo stadio di quattro cromatidi viene prodotto un asco che contiene i due tipi di ascospore parentali ed i due tipi di ascospore ricombinanti così come si è dimostrato essere in realtà.

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Mappatura dei cromosomi; Quanto due geni sono concatenati è possibile costruire una mappa di quei due geni suo cromosoma. Innanzitutto bisogna quindi verificare che i geni siano concatenati; il metodo migliore per verificarlo consiste in un reincrocio di prova (l'incrocio di un individuo a genotipo ignoto con un individuo omozigote recessivo per tutti i geni implicati) in quanto la distribuzione dei fenotipi è il risultato di eventi di segregazione in uno solo dei due genitori; l'altro genitore contribuisce solo con alleli recessivi che non si manifestano fenotipicamente. Un incrocio di questo tipo: a+/a b+/b x a/a b/b se a e b non sono concatenati dovrebbe dare un rapporto di 1:1:1:1 tra le classi fenotipiche; una qualsiasi deviazione significativa da questo rapporto porta a presumere che i geni siano concatenati. Questo lo si può verificare con il Test del χχ2. Gli alleli di un individuo doppio eterozigote possono essere disposti secondo due diverse configurazioni: o in cis quando i due alleli selvatici sono su un cromosoma omologo, oppure in configurazione trans quando ciascun omologo porta l'allele selvatico di un gene e l'allele mutato dell'altro. Morgan pensò che le caratteristiche frequenze di crossing-over potessero essere correlate alla distanza fisica che separa i geni sul cromosoma. Così si decise di usare la percentuale di ricombinanti che si formano con un crossing-over come unità di misura; questa distanza viene misurata in unità di mappa. Ad esempio una frequenza di ricombinazione dell'1% è pari ad 1 u.m. di distanza sul cromosoma.

Interferenza e coincidenza; A volte, nei reincroci a tre punti, è possibile osservare una percentuale di doppi ricombinanti inferiore a quella attesa. Questa differenza non è imputabile solamente ad errori sperimentali, ad una progenie male analizzata o altro, bensì è dovuta ad un fenomeno legato al crossing -over. Infatti, quando un singolo evento di crossing-over è avvenuto in una parte della tetrade meiotica, la probabilità che ne avvenga un altro nelle immediate vicinanze è ridotta, questo è dovuta probabilmente ad interferenza fisica causata dalla rottura e dalla riunione dei cromatidi; questo fenomeno viene chiamato interferenza da chiasma. Il normale modo di esprimere il valore dell'interferenza è il coefficiente di coincidenza: Il coeff. di coincidenza varia tra 0 ed 1; se è pari ad 1 vuol dire che non vi è stata interferenza, se è pari a 0 significa che l'interferenza è completa, ovvero nessuno dei doppi ricomb. si è formato.

Numero dei ricombinanti % di ricombinanti = -------------------------------------- x 100

Numero totale della progenie

Freq. Doppi ricombinanti osservati Coeff. Coincidenza = --------------------------------------------

Freq. Doppi ricombinanti attesi

Interferenza = 1 - Coeff. Coincidenza

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Mappatura dei geni nei Batteri; Un batterio molto usato per l'analisi genetica è Escherichia coli che si trova nell'intestino crasso di molti esseri viventi (tra i quali l'uomo). Per mappare i geni di un batterio si possono seguire tre diverse procedure: la trasformazione, la coniugazione e la trasduzione.

Trasformazione batterica; Nel processo di trasformazione batterica, frammenti di DNA extracellulare vengono assunto da un batterio in vivo, determinando un cambiamento genetico stabile in tale cellula. Questo processo viene normalmente utilizzato qualora non sia possibile attuare coniugazione o trasduzione. Il DNA del donatore che viene assunto dal batterio può andare incontro a fenomeni di ricombinazione con la regione omologa del DNA del batterio; i riceventi che in seguito a ricombinazione presentano un fenotipo diverso vengono detti trasformanti. Esiste una notevole variabilità per ciò che riguarda la capacità di assumere il DNA, alcuni batteri vengono trasformati piuttosto facilmente e di conseguenza vengono mappati in questo modo (trasformazione naturale); altri come Escherichia coli non sono facilmente trasformabili in quanto possiedono degli enzimi che degradano il DNA extracellulare. Per mappare per trasformazione batteri come E.coli si trattano preventivamente le cellule in modo da renderle permeabili al DNA (trasformazione ingegnerizzata), tali cellule trattate prendono il nome di cellule competenti. Con cellule riceventi altamente competenti ed un eccesso di DNA trasformante si può ottenere una trasformazione per la maggior parte dei geni con una frequenza di 1 cellula su 103. Usando la trasformazione è possibile determinare la concatenazione tra i geni, il loro ordine e la distanza di mappa. Considerando due geni x+ e y+ di un donatore e due geni x e y di un ricevente, la probabilità di trasformazione simultanea (cotrasformazione) è di 1 cellula su 106 (103 x 103); se invece due geni sono abbastanza vicini da potersi trovare frequentemente su uno stesso frammento di DNA, allora la frequenza di cotrasformazione si avvicinerà alla frequenza di trasformazione di un singolo gene. Se poi consideriamo i geni p, q, r , possiamo stabilire il loro ordine; se p e q hanno un'elevata frequenza di cotrasformazione, ed anche q ed r, mentre p ed r non cotrasformano, allora l'ordine sarà proprio p - q - r. Con questo sistema si può ottenere una mappa fisica dei geni sul DNA del batterio.

Coniugazione batterica; Studiando due ceppi di E.coli che differivano per le richieste nutrizionali si scoprì un fenomeno interessante. Il ceppo A era selvatico per tutti gli amminoacidi tranne che per metionina e leucina che non era in grado di sintetizzare, il ceppo B era invece selvatico per metionina e leucina, ma non era in grado di sintetizzare altri tre amminoacidi che il ceppo A sintetizzava. Organismi di questo tipo che necessitano di aggiunte al loro terreno di coltura in quanto non sono in grado di produrre tutte le sostanze che sono a loro necessarie, vengono detti auxotrofi. Un ceppo che invece è selvatico per tutte le sostanze viene chiamato prototrofo.

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Mischiando i ceppi A e B ci si accorse che si generavano colonie prototrofe, al contrario se venivano lasciate separate, non erano in grado di crescere. I ceppi prototrofi comparvero con una frequenza di 1 su 10 milioni di cellule ed erano selvatici per tutti gli amminoacidi; tutto questo suggerì che fosse avvenuto un qualche cambiamento genetico tra i due ceppi. Questo cambiamento era dovuto al fenomeno della coniugazione nel quale il materiale genetico può essere trasferito tra i batteri che vengono tra di loro in contatto. In seguito si scoprì che questo scambio era unidirezionale e non reciproco, ovvero una cellula agisce da donatore e l'altra da accettore, ed inoltre che questo scambio fosse mediato da un fattore sessuale o fattore F che è costituito da un plasmide. Esistono così batteri F + che possiedono il plasmide e batteri F- che non lo possiedono. Un plasmide è un tratto di DNA circolare in grado di autoreplicarsi; il fattore F possiede una regione di DNA chiamata origine (O) che è richiesta per la replicazione all'interno di E.coli. Quando cellule F+ vengono messe in contatto con cellule F- il plasmide inizia la replicazione e, una copia del fattore F viene trasferita all'interno del batterio ricevente. Sul fattore F sono presenti dei geni che codificano per particolari strutture che prendono il nome di pili sessuali o pili F che permettono l'unione fisica dei due batteri coniuganti; non è mai stato dimostrato che il DNA passi attraverso il pilo. Nel processo di mappatura si utilizzano dei ceppi ad alta frequenza di ricombinazione o ceppi Hfr che si originano in seguito ad un singolo evento di crossing-over che fa si che il fattore F venga integrato all'interno del cromosoma batterico. Nella duplicazione, innanzitutto viene trasferita una parte di fattore F, poi il cromosoma batterico attaccato ad essa. Così come avviene l'integrazione del fattore F nel cromosoma batterico, può avvenire, anche se con una bassa percentuale, il processo inverso: l'excisione del fattore F; quando questo processo è impreciso si ha un fattore F'. Interrompendo periodicamente il processo di coniugazione tra un ceppo Hfr ed uno F- ed andando ad analizzare i tratti di DNA che sono presenti, si possono mappare i geni sul cromosoma batterico utilizzando come unità di misura il tempo (l'intero cromosoma di E.coli è lungo circa 100 minuti). Questo processo permette di mappare lunghi segmenti del cromosoma.

Trasduzione batterica; E' un processo attraverso il quale il trasferimento del materiale genetico tra ceppi batterici è mediato da virus chiamati batteriofagi o fagi, che sono virus che infettano i batteri.

I batteriofagi; Esistono numerosi fagi diversi che infettano diversi batteri. E.coli viene infettato dai fagi T2, T4, T5 e λ; la struttura dei fagi è semplice, il materiale genetico di un fago (DNA o RNA) è contenuto in un singolo cromosoma che è circondato da un involucro proteico, variazioni nel numero e nell'organizzazione delle proteine conferiscono ai fagi il loro caratteristico aspetto.

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I fagi possono avere due cicli di vita: • Ciclo litico • Ciclo lisogeno Ad esempio il fago T4 ha un ciclo di vita litico che può essere così schematizzato: 1. Infezione del batterio attraverso l'iniezione del materiale genetico del fago. 2. Rottura del cromosoma batterico ad opera di enzimi sintetizzati dal DNA fagico. 3. Replicazione del DNA fagico. 4. Espressione dei geni siti sul DNA fagico che porta alla sintesi delle proteine che

costituiscono la struttura del fago. 5. Assemblaggio delle particelle fagiche. 6. Lisi della parete cellulare del batterio e rilascio della progenie fagica. Il fago λ ha invece un ciclo di vita lisogeno (fago temperato) che può essere così schematizzato: 1. Infezione del batterio da parte del fago. 2. Integrazione del cromosoma di λ all'interno del cromosoma batterico 3. Numerose divisioni. 4. Solo in seguito ad induzione da parte, ad esempio, di raggi ultravioletti il cromosoma fagico

si excide da quello batterico ed entra nel ciclo litico con relativo rilascio di progenie fagica.

Mappatura per trasduzione; La trasduzione può essere di due tipi: • Trasduzione generalizzata (qualunque gene può essere trasferito da un batterio all'altro) • Trasduzione specializzata (solo alcuni geni possono essere trasferiti) Nella trasduzione generalizzata alcuni fagi della progenie fagica inseriscono nelle loro teste tratti di cromosoma batterico. Tutto ciò che è necessario per trasdurre un gene è quindi un fago in grado di operare trasduzione generalizzata e ceppi batterici che portino marcatori genetici diversi. Per mappare i geni si utilizzano normalmente esperimenti di trasduzione per due o tre fattori; ad esempio la trasduzione da un donatore a+ b+ ad un ricevente a b determina la formazione dei diversi trasduttanti a+ b, a b+ e a+ b+. Dato che la produzione di un fago trasducente è un evento raro, e dato chela quantità di DNA batterico che può essere trasportata nella testa di un fago è limitata, la probabilità che sia a+ che b+ siano inclusi nella testa di un fago è proporzionale alla loro distanza. Se sono sufficientemente vicini da poter essere inclusi in un'unica testa di fago allora saranno chiamati costraduttanti. Determinando le relative frequenze di costraduzione si possono ottenere le relative distanze di mappa. La trasduzione specializzata è operata da fagi temperati come il fago λ, in questo caso il fago trasducente è generato da un'excisione anomala del profago dal cromosoma batterico cosicché il DNA del fago comprende sia i geni del fago, sia alcuni geni batterici. La trasduzione permette la mappatura fine di piccoli segmenti di cromosoma.

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Ipotesi un gene - un enzima e patologie dovute a deficienze enzimatiche nell'uomo;

Ipotesi un gene - un enzima; Gli studi furono condotti su un fungo miceliale: Neurospora crassa. Questo fungo allo stato selvatico è prototrofo, ovvero, a partire da alcune sostane di base, è in grado di sintetizzare tutte le sostanze che gli sono necessarie per vivere. Beadle e Tatum isolarono dei mutanti auxotrofi e vennero divisi in categorie: • Non auxotrofi • Auxotrofi per aminoacidi. • Auxotrofi per vitamine. Una volta fatto questo decisero di analizzare i passaggi biochimici alterati dalle mutazioni. Essi ipotizzarono che le cellule di Neurospora funzionassero per interazione dei prodotti di un gran numero di geni ed immaginarono che la Neurospora selvatica convertisse i costituenti del terreno minimo di coltura in aminoacidi ed altre sostanze, con una serie di reazioni organizzate in una catena biochimica. In questo modo la sintesi dei componenti cellulari avviene in seguito ad una serie di piccoli passaggi ciascuno catalizzato dal proprio enzima. Beadle e Tatum chiamarono la relazioni tra i geni di un organismo e gli enzimi necessari per catalizzare le reazioni chimiche di una catena biochimica: ipotesi un gene - un enzima. Oggi questa ipotesi (che si è dimostrata corretta) può essere aggiornata nell'ipotesi un gene - un polipeptide; dato che sappiamo che un enzima (ovvero una proteina) può essere costituito da più catene polipeptidiche.

Deficienze enzimatiche nell'uomo; Molte patologia nell'uomo sono causate dall'alterazione di un gene che determina il blocco di una catena biochimica.

La Fenilchetunoria (o PKU); E' causata da una mutazione del gene che codifica per la fenilalanina idrossilasi. In seguito a questa mutazione la fenilalanina non può essere convertita in tirosina; dato che la tirosina concorre a produrre gli ormoni tiroxina, adrenalina e melanina, queste sostanze non possono essere prodotte nell'organismo di un individuo affetto da PKU. La tirosina può essere fornita dal cibo anche se non contiene una grande quantità di tirosina; di conseguenza gli individui affetti presentano pelle molto chiara, occhi azzurri (anche se hanno geni che codificano per occhi marroni) e livelli di adrenalina relativamente bassi. L'assenza della fenilalanina idrossilasi comporta però anche un accumulo di fenilalanina che non può più essere trasformata in tirosina; tuttavia viene convertita in una serie di derivati. L'accumulo di uno di questi derivati l'acido fenilpiruvico altera drammaticamente le cellule del sistema nervoso centrale e produce ritardo mentale, scarsa crescita e morte precoce.

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L'albinismo; E' causato da una mutazione recessiva e, gli individui devono essere omozigoti per presentare i segni della patologia. Il fenotipo tipico degli albini è dovuto all'assoluta mancanza di melanina infatti gli individui affetti hanno pelle bianca, capelli bianchi ed occhi rossi (dovuti alla mancanza di pigmento nell'iride). Esistono almeno due tipi di albinismo dato che esistono perlomeno due passaggi della catena metabolica che porta alla formazione di melanina che possono essere interrotti. Quindi se due albini di diverso tipo si incrociano possono avere dei figli normali dato che le due mutazioni non alleliche si complementano.

Anemia falciforme; Gli eritrociti degli individui affetti si presentano tipicamente con una forma "a falce", sono più fragili e meno elastici; di conseguenza tendono a bloccarsi nei capillari sanguigni piuttosto che scorrervi all'interno. Come conseguenza la circolazione sanguigna ne risente ed i tessuti serviti dai capillari rimangono senza ossigeno; gli individui affetti possono presentare una grande varietà di sintomi come danni cardiaci, polmonite, paralisi, insufficienza renale e dolori addominali. L'emoglobina, la molecola presente negli eritrociti che trasporta l'ossigeno, è un enzima costituito da quattro polipeptidi, due α e due β. L'anemia falciforme è causata da una mutazione omozigotica nel gene per il polipeptide β. La mutazione βS è codominante con il selvatico βA, gli individui βAβS fanno due tipi di emoglobina, una chiamata Hb-A normale, ed una chiamata Hb-S è un'emoglobina difettiva con due catene α normali, e due catene β anormali. Gli individui con emoglobina Hb-S presentano i cosiddetti tratti di anemia falciforme e, di norma, presentano una sintomatologia meno accentuata rispetto agli individui omozigoti recessivi βSβS. La mutazione è dovuta alla sostituzione dell'aminoacido Acido Glutammico (idrofilo) con l'aminoacido neutro Valina (idrofobo). Il differente comportamento dei due aminoacidi porta ad una modificazione nella struttura delle catene β che, per poter assumere la conformazione terziaria corretta, diventano strette ed allungate conferendo all'intera molecola di emoglobina (e di conseguenza all'intero globulo rosso) questo tipo di forma.

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La struttura del materiale genetico; Prima che si scoprisse che gli acidi nucleici erano i portatori dell'informazione genetica, i genetisti avevano stabilito delle regole che le molecole portatrici dell'informazione genetica dovevano avere: 1. Dovevano possedere in forma stabile l'informazione concernente la struttura, la forma, lo

sviluppo e la riproduzione delle cellule di un organismo. 2. Dovevano essere in grado di replicare accuratamente per trasmettere correttamente

l'informazione genetica alla progenie. 3. Dovevano però essere in grado di andare incontro a cambiamento in quanto, in caso

contrario, non sarebbe stato possibile l'evoluzione.

La scoperta del DNA come materiale genetico; Uno dei primi studi che portò sulla strada corretta i genetisti, fu condotto su un batterio: Diplococcus Pneumoniae (detto Pneumococco). Furono usati due ceppi di questo batterio, un ceppo liscio S (smooth) virulento che porta alla morte l'animale infetto, ed un R (rough) non virulento. La differenza sostanziale è dovuta all'involucro polisaccaridico posseduto dai batteri del ceppo S che li rende virulenti al contreario di quelli appartenenti al ceppo R. L'esperimento procedette in questo modo: 1. Vennero iniettati batteri S in un topo, questo morì e furono tro vati nel suo sangue batteri S. 2. Vennero iniettati batteri R in una topo, l'animale sopravvisse e non si trovarono batteri nel

suo sangue. 3. Vennero uccisi con il calore dei batteri S e poi vennero iniettati nel topo e questi sopravvisse,

non si trovarono batteri nel suo sangue. 4. Vennero iniettati in un topo dei batteri S precedentemente uccisi e dei batteri R vivi, il topo

morì e nel suo sangue furono trovati batteri S. Qualcosa nell'ultima fase dell'esperimento doveva aver fatto si che i batteri R acquistassero la capacità di costruirsi l'involucro polisaccaridico e quindi di diventare virulenti. Andando a scindere i batteri nei gruppi di molecole fondamentali che li costituiscono (lipidi, proteine, acidi nucleici e carboidrati) ci si rese conto che erano proprio gli acidi nucleici a trasporate l'informazione genetica, e, in questo caso specifico, trattando con DNasi ed RNasi i gli acidi nucleici scoprirono che era proprio il DNA che conteneva quel "fattore trasformante". Un analogo esperimento fu compiuto usando fagi λ e dei marcatori radioattivi per fosforo e zolfo (il primo si lega al DNA, il secondo alle proteine) e confermò i risultati di quello compiuto sul pneumococco.

L'RNA come materiale genetico; Fino ad ora si era considerato che fosse solo il DNA il portatore dell'informazione genetica; nella realtà studiando il virus a mosaico del tabacco che è costituito solo da proteine ed RNA ci si è resi conto che, in questo caso, era l'RNA a portare l'informazione in grado di provocare la patologia nelle piante di tabacco.

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La composizione chimica di DNA ed RNA; Sia il DNA che l'RNA sono molecole polimeriche composte da monomeri che sono chiamati nucleotidi. Ciascun nucleotide è costituito da tre parti distinte: • Un pentoso (Desossiribosio o il Ribosio) • Una base azotata • Un gruppo fosfato Le basi azotate si dividono poi in: • Purine: Adenina e Guanina • Pirimidine: Timina e Citosina Nella molecola di RNA al posto della Timina c'è l'Uracile

La struttura fisica del DNA; La struttura del DNA fu scoperta da Watson e Creek con metodi di diffrazione ai raggi X. Essa è costituita da una doppia elica con avvolgimento destrorso, ha un diametro di circa 2 nm., le due catene sono antiparallele (hanno polarità opposta) e ci sono 10 coppie di basi per ogni giro di elica. In seguito sono state individuate altre strutture del DNA: • B DNA: è la struttura tradizionale con 10 coppie di basi per ciascun giro dell'elica ed

un'inclinazione delle stesse di 2° rispetto al piano orizzontale. • A DNA: si viene ad avere in particolari condizioni di umidità, l'elica è meno schiacciata, le

basi sono inclinate di 13° e per ogni giro di elica ci sono 10.9 coppie di basi. Questa forma non è mai stata rilevata in vivo.

• Z DNA: è costituito da un'elica sinistrorsa, le basi sono inclinate di 8,8° e vi sono 12 paia di basi per ogni giro completo di elica. Esistono delle situazioni nelle quali sono stati rilevati tratti di DNA in questa conformazione nelle cellule in vivo e si pensa che possano costituire un qualche segnale di controllo non ancora definito.

La natura e le caratteristiche del codice genetico; • Il codice è a triplette.

Ogni codone dell'mRNA che specifichi per un aminoacido è costituito da tre nucleotidi. • Il codice non ha segni di interpunzione.

L'mRNA viene letto in maniera continua senza saltare alcun nucleotide. • Il codice non ha sovrapposizioni.

Un messaggio del tipo AAGAAGAAG sarebbe possibile leggerlo in tre modi diversi, o AAG, AAG; AAG; oppure AGA, AGA, AGA; oppure ancora GAA, GAA, GAA a seconda di dove si inizi la lettura. Nella realtà esistono dei meccanismi che impediscono questo fenomeno.

• Il codice è quasi universale. Tutti gli organismi condividono lo stesso linguaggio dal punto di vista genetico; ad esempio AAA codifica per Lisina in tutti gli organismi. In questo modo sarebbe possibile isolare l'mRNA di un organismo, farlo tradurre da un altro organismo e produrre delle proteine identiche a quelle che si sarebbero prodotte nel primo organismo. Nella realtà ad esempio i mitocondri dei Mammiferi possiedono minori variazioni del codice.

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• Il codice è degenerato. Tranne nel caso della metionina (AUG) e del triptofano (UGG), per ogni aminoacido è presente più di un codone con il fenomeno chiamato della degenerazione del codice. Nella realtà si è visto che l'uso dei diversi codoni non è casuale, infatti esistono dei codoni che vengono usati più frequentemente di altri.

• Il codice ha dei segnali di inizio e di fine. Nel codice sono contenuti dei segnali specifici di inizio e fine traduzione. Il segnale di inizio è costituito dalla tripletta che codifica per la metionina: AUG anche se in alcuni rari casi può venire usata GUG. Solo 64 codoni codificano per aminoacidi e questi vengono chiamati codoni senso; gli altri tre codoni: UAG, UAA e UGA non specificano per nessun aminoacido, vengono chiamati codoni non senso e costituiscono i codoni di stop o di terminazione.

• L'anticodone vacilla. L'ipotesi del vacillamento dell'anticodone si basa sul fatto che la base posta al 5' terminale dell'anticodone (che è complementare alla base 3' del codone) non è sottoposta a restrizioni nell'appaiamento come lo sono le altre due basi che costituiscono la tripletta. Questa caratteristica permette un appaiamento della basi meno preciso cosicché la base posta al 5' dell'anticodone può potenzialmente appaiarsi con tre basi differenti al 3' del codone. In condizioni normali non esiste nessun tRNA in grado di riconoscere quattro codoni diversi, ma se la molecola di tRNA contiene il nucleoside modificato inosina, allora tre codoni diversi possono essere riconosciuti dallo stesso tRNA.

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Tecnologie del DNA ricombinante; Il DNA è tipicamente prodotto prendendo un pezzo di DNA da un organismo ed infilandolo in un vettore di clonazione che è una molecola in grado di replicarsi in un organismo ospite, come un batterio, producendo molte copie per lo studio e la manipolazione.

Endonucleasi di restrizione; Le endonucleasi di restrizione (o enzimi di restrizione) sono molecole in grado di riconoscere specifiche sequenze di DNA chiamate siti di restrizione e di tagliare la doppia elica in corrispondenza di tali sequenze. Esistono tantissimi enzimi di restrizione che vengono classificati in due categorie: • Enzimi di restrizione di Tipo I: riconoscono una specifica sequenza di DNA e poi tagliano il

DNA in punti non specifici ad una certa distanza da quella sequenza. • Enzimi di restrizione di Tipo II: riconoscono la sequenza di nucleotidi e tagliano il DNA

all'interno di questa sequenza. Evidentemente per gli esperimenti di DNA ricombinante sono più utili gli enzimi di Tipo II. Gli enzimi di restrizione più comunemente usati riconoscono sequenze di 4 o 6 paia di basi, alcuni enzimi riconoscono 5 coppie di nucleotidi, e recentemente sono stati individuati enzimi di restrizione in grado di riconoscere 8 coppie di nucleotidi. Evidentemente in un filamento di DNA con una distribuzione casuale delle basi, un enzima di restrizione che riconosce quattro coppie di basi taglierà molto più di frequente di uno che riconosce una sequenza di 5 coppie, e così via. Tuttavia il DNA dei viventi non possiede una distribuzione casuale delle basi, in quanto esistono molecole di DNA particolarmente ricche di GC o altre di AT; di conseguenza di usano delle tabelle nelle quali vi sono espresse le sequenze riconosciute dai vari enzimi e dove operano il taglio. Enzimi di restrizione che riconoscono 8 coppie di nucleotidi tagliano con una frequenza abbastanza bassa e per questo, vengono usati per tagliare pezzi piuttosto grandi di genomi di grandi dimensioni come quello umano. Alcuni enzimi operano un taglio ad estremità piatte, ovvero tagliano entrambe le eliche di DNA tra le stesse due coppie di nucleotidi; altri tagliano ad estremità appiccicose (o a zigzag) appunto tagliano tra due coppie di nucleotidi diversi. Gli enzimi di restrizione che producono estremità appiccicose sono molto utili nella clonazione di frammenti di DNA dato che, tagliando con lo stesso enzima due DNA diversi, questi presenteranno delle estremità complementari che tenderanno spontaneamente a riunirsi, in presenza di DNA ligasi poi queste unioni possono essere "saldate". Comunque anche frammenti di DNA ad estremità piatte possono essere saldati con alte percentuali di DNA ligasi.

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I vettori di clonazione; Per clonare un tratto di DNA sono necessarie due cose: un ospite inattivato (come E.coli) ed un vettore di clonazione.

I plasmidi; I plasmidi sono tratti di DNA circolare in grado di replicarsi autonomamente; i plasmidi utilizzati nella clonazione del DNA sono tutti derivati da plasmidi trovati in natura e vengono manipolati in modo da facilitare la clonazione dei geni. Un vettore plasmidico deve possedere tre caratteristiche: 1. Una sequenza ori che diriga la replicazione del plasmide nel batterio ospite. 2. Un marcatore selettivo dominante che generalmente si tratta di un gene che conferisce la

resistenza ad antibiotici come l'ampicillina o il cloramfenicolo. 3. Siti unici di taglio per enzimi di restrizione. In alcuni plasmidi i siti di restrizione per le endonucleasi di restrizione sono raccolti in una zona del plasmide che prende il nome di polilinker o sito di clonazione multiplo.

Il fago lambda;

Come vettore do clonazione è possibile usare anche il fago λ modificato in modo da compiere solo il ciclo di vita litico. Il fago λ possiede un unico cromosoma costituito da due bracci sui quali sono siti tutti i geni per la sintesi del suo involucro proteico e per lo sviluppo del suo ciclo vitale; tra le due braccia è posta una certa quantità di DNA che viene definito dispensabile dato che non porta alcun gene fondamentale per il fago. Il punto di giunzione delle due braccia con il DNA dispensabile è caratterizzato da un sito di restrizione per un determinato enzima di restrizione; trattando il cromosoma del fago con tale enzima i due bracci vengono separati. Trattando il DNA che vogliamo clonare con il medesimo enzima e ponendo il risultato in soluzione con i bracci separati del cromosoma del fago insieme a DNA ligasi, si riformano i cromosomi del fago con però in aggiunta il tratto di DNA da clonare. I soli eventi di giunzione che però danno origine ad un cromosoma funzionale sono quelli nei quali il DNA da clonare finisce al posto di quel tratto di DNA dispensabile. Inoltre, dato che nella testa del fago ci stanno al massimo 45-50 kb e, considerando lo spazio che occupa il materiale genetico del fago, si possono clonare solo brevi tratti di DNA di circa 15 kb.

I cosmidi;

Mentre i plasmidi ed il fago λ si trovano in natura, i cosmidi sono delle strutture sintetizzate dall'uomo e sono una via di mezzo proprio tra un plasmide ed un fago λ. Nei vettori cosmidici possono essere clonati tratti di 35-40 kb.

Vettori navetta; Quando non si tratta di E.coli come organismo ospite oppure quando si tratta di una cellula eucariotica, allora si usano i vettori navetta dei quali, quelli meglio sviluppati, sono stati quelli usati per trasformare le cellule di lievito. Alcuni vettori navetta non sono in grado di replicarsi autonomamente, questi si integreranno nel cromosoma dell'ospite e replicheranno con esso.

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Regolazione dell'espressione genica nei batteri e nei batteriofagi; Quando nel batterio l'espressione genica viene attivata all'aggiunta di una sostanza al terreno, i geni sono chiamati inducibili. La sostanza che opera l'induzione del gene è chiamata induttore e fa parte di una categoria di piccole molecole che prendono il nome di effettori.

L'operone Lac in E.coli; E.coli è in grado di crescere in un terreno minimo di coltura che contenga sali minerali (tra i quali una fonte di azoto) ed una fonte di carbonio che generalmente è costituita dal glucosio. Il glucosio viene usato dai viventi di preferenza rispetto ad altre molecole dato che è di più rapida metabolizzazione. Evidentemente in una situazione di questo tipo, gli enzimi richiesti per la metabolizzazione del glucosio sono tutti codificati da geni costitutivi. Nel momento in cui poniamo un batterio di E.coli in presenza di lattosio come fonte di carbonio, in breve tempo vengono sintetizzati gli enzimi necessari a metabolizzarlo; questi enzimi sono: 1. La β-galattosidasi ha due funzioni: catalizza l'isomerizzazione (il cambiamento di forma) da

lattosio ad allolattosio e catalizza la scissione del lattosio in glucosio e galattosio. Il glucosio viene utilizzato dagli enzimi codificati dai geni costitutivi, mentre il galattosio viene metabolizzato da uno specifico sistema di geni.

2. La lattosio permeasi si trova nella membrana di E.coli ed è necessaria per il trasporto attivo del lattosio dall'esterno del batterio all'interno.

3. La transacetilasi è una proteina la cui funzione non è ancora ben nota.

Dimostrazione sperimentale della regolazione dei geni lac; Inducendo delle mutazioni con agenti mutageni ed andando poi ad analizzare i prodotti enzimatici sintetizzati dal batterio, si sono rilevati tre geni che codificano per i tre enzimi precedenti: • LacZ => codifica per la β-galattosidasi. • LacY => codifica per la lattosio permeasi. • LacA => codifica per la transacetilasi. Inducendo delle mutazioni non senso (che portano alla terminazione della trascrizione dell'mRNA) all'interno di questi tre geni si sono avuti effetti diversi: 1. Inducendo la mutazione in LacZ nessuno dei tre enzimi veniva sintetizzato. 2. Se la mutazione avveniva in LacY, la β-galattosidasi veniva regolarmente sintetizzata,

mentre gli altri due enzimi no. 3. Inducendo infine la mutazione in LacA, la β-galattosidasi e la permeasi venivano

regolarmente sintetizzati, ma la transacetilasi no. Questo stava ad indicare che i tre geni stavano su un unico mRNA che prende il nome di mRNA poligenico o mRNA policistronico. La trascrizione di questo mRNA avviene a partire dall'estremità 5' e procede verso 3' così, il ribosoma sintetizza la galattosidasi, la permeasi e di seguito la transacetilasi e si dissocia dall'mRNA. Una qualunque mutazione non senso provoca il prematuro distacco del ribosoma dall'mRNA e la conseguente mancata sintesi degli enzimi che stanno a valle della mutazione.

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Mutanti della regolazione; Jacob e Monod isolarono un certo numero di mutanti costitutivi per la sintesi degli enzimi per il lattosio e li classificarono in due categorie: • L'operatore (o gene LacO) sono mutanti costitutivi che mappano in una zona relativamente

piccola di DNA adiacente al gene LacZ. Le mutazioni di questa zona LacOC sono mutazioni cis-dominanti, ovvero alterano solo i geni loro adiacenti sul cromosoma.

• Il repressore lac (o gene LacI) sono una classe di mutanti che mappano ad una certa distanza e con una dimensione tipica da gene. I mutanti LacI- sono invece mutanti trans-dominanti dato che i geni sono in una configurazione in trans. Inoltre si propose che il gene LacI sintetizzasse un prodotto diffusibile con funzione di repressore che poi si rivelò essere una proteina.

Modello dell'operone per la regolazione dei geni lac; Sulla base di questi studi venne formulato la definizione di operone: Un operone è un insieme di geni la cui espressione è regolata dalle interazioni della proteina regolatrice con il sito operatore, dalla regione operatore stessa e dal sito promotore. Ciò che accade normalmente è questo. Il gene Lac I sintetizza costitutivamente una proteina repressore che ha una particolare affinità per il sito operatore LacO. Questo legame fa si che le RNA polimerasi che si attaccano al DNA a livello del sito promotore per iniziare la trascrizione, scivolino sul filamento fino al LacO e qui vengano fermate dall'interazione tra la proteina repressore ed il sito operatore. Tutto questo avviene in presenza di glucosio come fonte di carbonio. Nel momento in cui sostituiamo al glucosio il lattosio, l'isomero del lattosio (l'allolattosio) si lega ad un altro sito della proteina repressore, impedendo a quest'ultima di andare a legarsi al LacO. In questo modo le RNA polimerasi sono libere, non solo di attaccarsi al DNA a livello del sito promotore, ma anche di trascrivere liberamente i geni LacZ, LacY e LacA che si trovano a valle di questo sistema.

Effetti delle mutazioni;

• Mutazioni LacOC: questo tipo di mutazioni determinano la produzione costitutiva dei tre enzimi per metabolizzare il lattosio. Queste mutazioni rendono infatti irriconoscibile per la proteina repressore il sito operatore impedendo qualunque tipo di regolazione.

• Mutazioni LacI -: anche in questo caso si ha la sintesi costitutiva dei tre enzimi per il lattosio dato che una mutazione che mappa in LacI provoca la sintesi di proteine repressore non più in grado di legarsi al sito operatore.

• Mutazioni LacIS: vengono chiamati superrepressori dato che gli enzimi lac non vengono prodotti sia in assenza che in presenza di lattosio. La proteina sintetizzata dal gene LacI con questa mutazione è si in grado di legarsi regolarmente al sito operatore, ma non è in grado di legarsi all'allolattosio.

Controllo positivo dell'operone lac; Se poniamo un batterio in presenza sia di glucosio che di lattosio, il batterio utilizzerà il glucosio; la cosa particolare è che, nonostante sia presente il lattosio, i geni dell'operone lac non vengono espressi. Per spiegare questo bisogna fare un passo indietro. Normalmente (in presenza di lattosio) a favorire la trascrizione da parte delle RNA polimerasi dell'operone lac, vi è una proteina chiamata CAP che si lega alla cAMP (adenosina 3'-5' monofosfato ciclica); il complesso così formato va a legarsi ad un sito posto sul DNA chiamato sito del CAP; questo legame promuove l'attacco delle RNA polimerasi e la conseguente trascrizione.

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La presenza del glucosio porta però ad un abbassamento consistente della quantità di cAMP presente nella cellula con quello che viene chiamato repressione da catabolita o effetto glucosio, impedendo così l'attacco delle RNA polimerasi a livello del promotore. Conseguenza di tutto questo è che, nonostante vi sia lattosio, l'operone Lac non viene espresso.

L'operone triptofano in E.coli; Così come il glucosio può non sempre essere presente nel terreno di crescita, lo stesso discorso vale anche per gli aminoacidi. Al contrario dell'operone Lac dove la presenza del lattosio attiva la trascrizione dei geni; in questo caso è la mancanza dell'aminoacido a determinare l'espressione dell'operone relativo, è cioè un operone reprimibile.

Organizzazione dei geni dell'operone Trp; Nell'operone triptofano sono presenti cinque geni: A, B, C, D e E; le regioni operatore e promotore sono strettamente vicine e si trovano a monte del gene TrpE. Tra queste due regioni (promotore ed operatore) ed il gene TrpE vi è però una regione di 162 coppie di basi chiamata TrpL o regione leader; all'interno della regione leader, relativamente vicino a TrpE vi è una regione chiamata sito attenuatore che svolge un importante ruolo nella regolazione dell'operone Trp.

Regolazione dell'operone Trp; Un gene regolatore TrpR che è sito a monte e più lontano rispetto all'operone Trp, codifica per una proteina che prende il nome di aporepressore che da sola non mostra alcuna affinità per il sito operatore. A questo punto si possono delineare tre diverse situazioni: 1. Presenza di triptofano: se la proteina aporepressore si lega al triptofano, questa viene

convertita a repressore attivo (come le proteine repressore dell'operone Lac) e ciò riduce fino a 70 volte la trascrizione dell'operone Trp.

2. Assenza di Triptofano: in questo caso la proteina aporepressore non agisce in alcun modo sul sito operatore e la trascrizione (e conseguente traduzione) dell'operone Trp avviene senza alcun impedimento.

3. Presenza di una limitata quantità di Triptofano: in una situazione come questa vengono sintetizzati due diversi tipi di trascritti; un trascritto copre l'intero operone ed un altro - più breve- copre solo le prime 140 basi dell'operone e comprende la regione leader. Quindi, tanto più triptofano sarà presente nel terreno di coltura, e tanti più trascritti brevi saranno sintetizzati dalle RNA polimerasi. L'esistenza di trascritti parziali suggerisce l'esistenza di un sito di terminazione della trascrizione all'interno della regione leader e, in particolare, si tratta del sito attenuatore. Nella regione leader, vicino al sito attenuatore, sono presenti due codoni che codificano per il triptofano; se la cellula si trova in carenza di triptofano, la quantità di tRNA.Trp cala notevolmente cosicché un ribosoma che traduca il trascritto leader si fermerà in corrispondenza dei codoni Trp dato che l'aminoacido codificato (il Trp) non può essere aggiunto alla catena.

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Modello molecolare dell'attenuazione; La regolazione è dovuta a diversi tipi di appaiamento ai quali può dar luogo il trascritto leader, le regioni coinvolte nell'appaiamento sono indicate con in numeri 1, 2, 3 e 4. Consideriamo che un ribosoma che sta traducendo il trascritto poco lontano da dove la RNA polimerasi sta sintetizzando l'mRNA; in una situazione come questa, la trascrizione e la traduzione sono strettamente correlate. Questo accoppiamento avviene in quanto si crea un segnale di pausa della trascrizione che, è dovuto all'appaiamento delle zone 1 e 2 del trascritto leader; questa pausa è un arresto transitorio della trascrizione che permette al ribosoma di attaccarsi all'mRNA. La posizione del ribosoma sul trascritto determina a questo punto quali tipi di appaiamenti si avranno. Se le cellule sono in carenza di triptofano, il ribosoma (come già detto prima) si arresterà in corrispondenza dei due codoni Trp; questo arresto permette l'appaiamento delle regioni 2 e 3 non appena vengono sintetizzate, di conseguenza la zona 4 non può appaiarsi con la 3 dando un segnale di antiterminazione. Questa struttura che si viene a formare fa si che l'mRNA polimerasi continui la sintesi oltre il sito attenuatore e trascriva i geni dell'operone. Se invece è presente una quantità sufficiente di triptofano tale da permettere al ribosoma di leggere i due codoni Trp, allora il ribosoma si fermerà al codone di terminazione della regione leader. Questo fa si che la regione 2 non riesca ad appaiarsi con la 3 e, di conseguenza, permette alla 3 di appaiarsi con la 4; tale appaiamento stimola in qualche modo l'RNA polimerasi a terminare la trascrizione con il segnale che prende il nome di terminazione. Sostanzialmente l'RNA polimerasi "sente" la struttura secondaria che sta sintetizzando, ed in base a questa agisce di conseguenza.

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Mutazioni geniche; Una mutazione è un qualsiasi cambiamento identificabile ed ereditabile nel materiale genetico che non sia dovuto a fenomeni di crossing-over. Una mutazione può essere somatica se la cellula mutata da origine solo a cellule somatiche creando una zona od un settore mutato; oppure, può essere della linea germinale ed in tal caso l'individuo è mutato sia nelle sue cellule somatiche sia nelle cellule della linea germinale, e negli organismi che si riproducono per via sessuale, la mutazione viene trasmessa alla progenie.

Tipi di mutazioni; Le mutazioni vengono classificate in molti modi, per la "quantità" di materiale genetico colpito: • Mutazione cromosomica • Mutazione genomica • Mutazione genica • Mutazione puntiforme: è una mutazione che altera una singola coppia di basi. Le mutazioni possono poi essere: • Mutazioni indotte • Mutazioni spontanee Ed ancora possono essere classificate in: • Mutazione per sostituzione di una coppia di basi: è una mutazione puntiforme dove una

coppia di basi viene rimpiazzata da un'altra. • Mutazione per transizione: quando si passa da una coppia di basi purina-pirimidina, ad

un'altra coppia purina-pirimidina. • Mutazione per transversione: si ha quando si passa da una coppia purina-pirimidina ad una

coppia pirimidina-purina. • Mutazione missenso: è una mutazione che provoca l'inserimento nel peptide di un

aminoacido diverso da quello codificato dall'allele selvatico. • Mutazione nonsenso: è una mutazione che determina la formazione di uno dei tre codoni

nonsenso (UAG, UGG, UGA), dato che questi tre codoni determinano il distacco dell'mRNA polimerasi dal DNA, si crea un peptide incompleto e non funzionale.

• Mutazione neutra: questo tipo di mutazioni porta alla sostituzione dell'aminoacido previsto dal codone "selvatico", con un altro aminoacido con caratteristiche chimiche tanto simili a quelle del primo aminoacido, da non provocare malfunzionamenti nella proteina.

• Mutazione silente: è un caso particolare di mutazione neutra; dato che per tutti gli aminoacidi (tranne che per Trp e Met) vi è più di un codone che codifica per lo stesso (per la degenerazione del codice), una mutazione che trasformi un codone che codifica per un aminoacido in un altro codone che codifica per lo stesso, evidentemente non porterà ad alcun malfunzionamento della proteina.

• Mutazione frameshift (scivolamento di fase): è il risultato di una inserzione o di una delezione di una coppia di basi in un gene che provoca l'aggiunta di aminoacidi non corretti dal punto della mutazione in poi.

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Reversioni e mutazioni di tipo soppressore; Le mutazioni puntiformi possono essere divise in mutazioni in avanti (A => a) e mutazioni per reversione (a => A) dette anche reversioni. Gli effetti di una mutazione possono essere diminuiti od aboliti da una mutazione in un sito diverso; questo caso è chiamato soppressore che, per definizione, si tratta di una mutazione che avviene in un secondo sito che ripristina parzialmente o totalmente la funzionalità perduta con la prima mutazione. Una mutazione soppressore non comporta la reversione della mutazione originaria, essa la maschera o ne compensa gli effetti. Esistono due classi di soppressori: quelli che avvengono all'interno dello stesso gene in cui si trova la prima mutazione, ma in un sito diverso prendono il nome di soppressori intragenici; quelli che avvengono in un gene diverso prendono il nome di soppressori intergenici.

Cause di mutazione; Esistono mutazioni spontanee e mutazioni indotte.

Mutazioni spontanee; Per quantificare gli eventi di mutazione vengono di solito usati due termini diversi: il tasso di mutazione che indica la probabilità di un particolare tipo di mutazione in funzione del tempo; e la frequenza di mutazione che invece rappresenta il numero di eventi di un particolare tipo di mutazione in una popolazione di cellule o di individui. Le mutazioni spontanee possono essere indotte in seguito ad errori nella replicazione del DNA o in seguito a cambiamenti chimici spontanei. • Mutazioni indotte da errori nella replicazione del DNA;

Gli accoppiamenti errati delle basi possono formarsi perché le stesse esistono in più forme alternative chiamate tautomeri; quando ogni base è nella sua forma rara diventano possibili legami idrogeno differenti dagli originari che portano ad errori nell'appaiamento. Ad esempio la forma rara della citosina può appaiarsi con l'adenina e la forma rara della guanina può appaiarsi con la timina. E' da notare il fatto che verrebbero prodotte molte più mutazioni in seguito a cambio tautomerico se non vi fosse l'attività di "correzione delle bozze" effettuata dalle DNA polimerasi.

• Mutazioni indotte da cambiamenti chimici spontanei;

Nella depurinazione, una purina (adenina o guanina), viene rimossa dal DNA rompendo il legame tra essa ed il desossiribosio. Normalmente migliaia di purine vengono perse per depurinazione e, se queste lesioni non vengono riparate, non vi è una base che serva da complementare durante la replicazione del DNA; quindi in suo luogo verrà posta una base scelta a caso e questo potrà portare ad errori nell'appaiamento. Nella deaminazione si ha invece la rimozione di un gruppo aminico da una base. Una base soggetta a questo evento è, ad esempio, la citosina che per deaminazione diventa uracile; se l'uracile non viene riparato questi porterà alla sintesi di un'adenina nella nuova elica di DNA durante la replicazione dello stesso.

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Mutazioni indotte; Dato che il tasso di mutazione è piuttosto basso, i genetisti generalmente utilizzano mutageni per alzare al frequenza delle mutazioni. Vengono utilizzate due diverse classi di mutageni: le radiazioni e i mutageni chimici. • Mutazioni indotte con radiazioni;

Le radiazioni si dividono in: ionizzanti (Raggi X, Raggi Gamma, Raggi cosmici) e non ionizzanti (UV). Le radiazioni ionizzanti hanno un'elevata energia e, lungo la traccia di un raggio ad alta energia, si forma una serie di ioni che possono dare inizio a reazioni chimiche tra le quali le mutazioni. Gli UV non sono radiazioni ad alto contenuto energetico tuttavia sono un mutageno utile, e a dosi sufficientemente elevate possono uccidere le cellule. I raggi UV vengono usati per indurre mutazione dato che le basi del DNA assorbono fortemente le radiazioni comprese in questo spettro. Uno degli effetti delle radiazioni UV sul DNA è la formazione di legami chimici anormali tra pirimidine adiacenti, o tra pirimidine di eliche opposte nella doppia elica; questi legami vengono indotti principalmente tra timine adiacenti sulla stessa elica o su eliche opposte del DNA dando luogo a quelle strutture che prendono il nome di dimeri di timina (TT). Questo appaiamento inusuale impedisce il normale appaiamento delle T con le corrispondenti A causando una deformazione dell'elica del DNA ed indebolendo i legami tra le T e le A dell'elica opposta.

• Mutazioni indotte con mutageni chimici;

Esistono diversi mutageni chimici che si distinguono per come agiscono. Gli analoghi alle basi come il 5-Bromouracile (5BU) sono sostanze che hanno una struttura molecolare estremamente simile a quelle delle normali basi del DNA. Il 5BU esiste in due forme alternative: nello stato normale assomiglia alla T e si appaia con la A, nel suo stato raro si appaia solo con la G; il 5BU induce mutazioni in quanto può cambiare forma una volta incorporato nel DNA con un meccanismo che è sostanzialmente simile a quello delle mutazioni spontanee per errori nella replicazione del DNA. La differenza sta nel fatto che la forma "rara" del 5BU si trova con una frequenza decisamente superiore rispetto alla forma normale, quindi la frequenza delle mutazioni indotte è molto elevata. Esistono poi gli agenti che modificano le basi come l'Acido Nitroso (HNO2) che è un agente deaminante che rimuove i gruppi aminici trasformando ad esempio la citosina i uracile.

Meccanismi di riparazione; Sia le cellule procariotiche che quelle eucariotiche possiedono diversi sistemi di riparazione del DNA; alcuni di questi sistemi correggono direttamente la lesione, altri excidono il tratto mutato e lo sintetizzano ex-novo.

Correzione diretta di lesioni mutazionali;

• Riparazioni dovuta all'attività delle DNA polimerasi; Le DNA polimerasi batteriche, oltre ad avere un'attività polimerasica da 5' a 3', hanno anche un'attività esonucleasica da 3' a 5'. Quando viene inserito un nucleotide scorretto l'errore viene spesso scoperto dalla polimerasi probabilmente per il fatto che la coppia di basi errata determina una sporgenza nella doppia elica.

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Il nucleotide scorretto viene exciso dall'attività esonucleasica della polimerasi che scorre in senso inverso (da 3' a 5') lungo l'elica stampo cosicchè la polimerasi che procedeva in senso 5'-3' può riprendere la sua attività di polimerizzazione.

• Fotoriattivazione dei dimeri di timina indotti da UV;

In questo processo i dimeri TT sono riportati allo stato iniziale in seguito ad esposizione a luce visibile (blu); questo è reso possibile da un enzima la fotoliasi che, quando è attivato da un fotone di luce rompe i dimeri TT. Le fotoliasi sono apparentemente molto efficaci date che solo pochi dimeri di timina rimangono dopo il loro passaggio.

Metodi di riparazione per excisione di una coppia di basi;

• Riparazione per excisione; Un secondo sistema per riparare i dimeri di timina è chiamato riparazione per excisione o riparazione al buio dato che non dipende dalla presenza della luce. Le distorsioni dell'elica sono rilevate da una endonucleasi UvrABC che opera un taglio a otto nucleotidi dall'estremità 5' del danno, e a quattro nucleotidi in direzione 3'; la regione che viene a mancare viene sintetizzata di nuovo dalla DNA polimerasi I ed il filamento viene saldato con DNA ligasi.

• Riparazione per glicosilazione;

Le basi danneggiate possono anche essere excise grazie all'azione di un enzima glicosilasi; questo enzima, quando rileva una base non normale catalizza la sua rimozione dal desossiribosio al quale è attaccata. Questa attività lascia un buco nel DNA che viene chiamato sito AP (sito apurinico o sito apirimidinico); questo buco viene riconosciuto da un enzima chiamato endonucleasi AP che taglia lo scheletro del DNA a lato della base mancante e lascia un'estremità libera per la DNA polimerasi I che sintetizza il filamento che poi viene saldato da DNA ligasi.

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Le aberrazioni cromosomiche; Le aberrazioni cromosomiche si definiscono come le variazioni rispetto alla situazione normale (selvatica), sia della struttura, sia del numero dei cromosomi.

Variazioni della struttura dei cromosomi; Questo tipo di variazioni sono state studiate nei cromosomi politenici che sono un particolare tipo di cromosomi costituiti da fasci di cromatidi che sono presenti in alcuni insetti. I cromosomi politenici derivano da cicli ripetuti di duplicazioni di cromosomi senza divisioni nucleari o cellulari, possono avere una dimensione di migliaia di volte superiore rispetto ai cromosomi normali e sono facilmente osservabili al microscopio. Come conseguenza dello stretto appaiamento sono osservabili delle caratteristiche bande che inizialmente si credeva corrispondessero ciascuna ad un gene; nella realtà si è poi visto che in ciascuna banda sono presenti anche fino a 7 geni diversi che possono essere trascritti in modo indipendente l'uno rispetto all'altro.

Delezione; E' un'aberrazione cromosomica che si ha quando si ha la perdita di un tratto di materiale genetico e dell'informazione in esso contenuta. Il segmento perso può essere localizzato in un punto qualsiasi del cromosoma anche se la perdita di un'estremità di un cromosoma lo rende instabile a meno che non venga ricoperto da un telomero. Negli individui diploidi la delezione se è eterozigote può non dare problemi, se invece la delezione è omozigote allora le conseguenze possono essere anche molto gravi. Negli individui con delezione eterozigote, la conseguenza sono delle anse di delezione visibili all'appaiamento dei due omologhi alla meiosi. Un certo numero di patologie nell'uomo è causato da delezioni e sono quasi sempre eterozigoti dato che la delezione omozigote è quasi sempre letale. Una di queste patologie è la Sindrome del Cri du Chat che è dovuta alla delezione del braccio corto del cromosoma 5; i bambini affetti da questa sindrome hanno un grave ritardo mentale, un certo numero di anomalie fisiche ed un pianto simile al miagolio di un gatto (a questo si deve il nome francese).

Duplicazione; E' un'aberrazione che si ha in seguito al raddoppiamento di un tratto di un cromosoma. I segmenti duplicati possono trovarsi in punti diversi del genoma, oppure l'uno vicino all'altro in una configurazione detta a tandem; quando l'ordine dei geni è invertito abbiamo un tandem inverso, quando i tratti duplicati sono posti all'estremità di un cromosoma si ha un tandem terminale. La duplicazione di determinate regioni possono avere effetti fenotipici ben precisi, come quelli che si hanno in Drosophila. Una mutazione in Drosophila che determina un occhio più sottile rispetto al selvatico sferico, è dovuta difatti alla duplicazione di un piccolo tratto del cromosoma X e prendono il nome di mosche con occhio bar; sono state trovate anche mosche con tre copie di questo tratto e presentavano degli occhi ancora più a fessura (doppio bar). Una duplicazione di questo tipo può essere provocata da un crossing-over ineguale, questo si può verificare in seguito ad un appaiamento non corretto tra gli omologhi forse a causa di sequenze di nucleotidi simili poste vicino sul cromosoma.

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Inversione; E' un'aberrazione che si ha quando un segmento di cromosoma viene exciso e poi reintegrato dopo rotazione di 180°. L'inversione può essere paracentrica quando riguarda solo un braccio del cromosoma, oppure pericentrica quando comprende il centromero e quindi tutte e due le braccia del cromosoma. Se l'inversione è omozigote, alla meiosi non vi è alcun problema di appaiamento tra gli omologhi; nel caso in cui sia eterozigote alla meiosi si forma un anello di inversione. In conseguenza di crossing-over all'interno dell'anello di inversione, un cromatidio ricombinante viene stirato attraverso la cellula con la formazione di un ponte dicentrico quando i due centromeri cominciano a migrare. Man mano che la migrazione procede e che la tensione aumenta, il ponte dicentrico si rompe in un punto a caso; l'altro prodotto ricombinante dell'evento di crossing-over è privo di centromero e viene perso. Al termine della meiosi due gameti possiedono tutti i geni (uno normale e l'altro con l'inversione) e sono vitali, mentre gli altri due mancano di molti geni del cromosoma e non sono vitali.

Traslocazione; In seguito a una traslocazione vi è un cambiamento di posizione di segmenti cromosomici e delle loro sequenze geniche. Le traslocazioni possono essere classificate in due midi: • Le traslocazioni intracromosomiche implicano un cambiamento di posizione di un tratto

cromosomico entro lo stesso cromosoma, sia da un braccio cromosomico all'altro, sia entro lo stesso braccio.

• Le traslocazioni intercromosomiche implicano lo spostamento di un segmento cromosomico da un cromosoma ad un altro cromosoma non omologo (traslocazione non reciproca), o lo scambio reciproco di materiale genetico tra due cromosomi non omologhi (traslocazione reciproca).

Le traslocazioni reciproche sono le più frequenti. Nei ceppi omozigoti per una traslocazione reciproca, la meiosi procede normalmente dato che tutte le paia di cromosomi possono appaiarsi regolarmente. Nei ceppi eterozigoti per una traslocazione reciproca, come conseguenza del tentativo di appaiarsi degli omologhi si osservano delle strutture a croce costituite da quattro cromosomi associati e, ogni cromosoma, è parzialmente omologo agli altri due cromosomi del gruppo. A seconda del diverso tipo di segregazione sono possibili tre diverse configurazioni, due "ad anello" ed una "a otto". Quella "a otto" dà due gameti vitali con serie complete di geni, mentre quelle "ad anelli" danno dei gameti spesso non vitali dato che presentano duplicazioni e delezioni di tratti cromosomici; inoltre dato che una coppia di gameti (ad anello) si forma molto raramente, possiamo dire che la metà dei gameti ottenuti sarà vitale, mentre l'altra metà no; una condizione che prende il nome di semisterilità (che è valida anche per le inversioni eterozigoti).

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Variazioni del numero dei cromosomi; Le variazioni del numero dei cromosomi danno origine a fenomeni di aneuploidia, monoploidia e poliploidia.

Cambiamenti relativi ad uno o a pochi cromosomi; Il termine aneuploidia descrive la situazione anormale in cui uno o pochi cromosomi vengono persi o aggiunti rispetto all'assetto cromosomico normale. Nel caso di organismi diploidi abbiamo: • Nullisomia (2N - 2): implica la perdita di un paio di cromosomi omologhi. • Monosomia (2N - 1): consiste nella perdita di un singolo cromosoma. • Trisomia (2N + 1): implica la presenza di un singolo cromosoma in più. • Tetrasomia (2N + 2): sono presenti un paio di cromosomi in più

La trisomia del cromosoma 21 porta ad una patologia che prende il nome di Sindrome di Down; gli individui affetti presentano un ridotto quoziente intellettivo, statura al di sotto della media, mani corte e tozze e pieghe epicantiche sopra agli occhi. Nell'uomo la trisomia del 21 è probabilmente più comune rispetto alle altre trisomie dato che il cromosoma 21 è un cromosoma molto piccolo con meno geni della maggior parte degli altri cromosomi. Secondo studi statistici si è osservato che la probabilità di avere un figlio affetto aumenta con l'età della madre ovvero, apparentemente la probabilità di non disgiunzione alla maturazione della cellula uovo, aumenta con l'aumentare dell'età. Per verificare l'assetto cariotipico del bambino si possono prelevare i villi coriali o praticare un'amniocentesi. Individui affetti da Sindrome di Down possono anche derivare da un tipo diversi di aberrazione cromosomica, quella che viene chiamata traslocazione Robertsoniana. Questa forma della sindrome è chiamata Sindrome di Down familiare. Una traslocazione Robertsoniana è una traslocazione reciproca in cui i bracci lunghi di due cromosomi acrocentrici (con i centromeri vicini all'estremità) non omologhi si ritrovano attaccati ad un singolo centromero. Nell'uomo quando una traslocazione di questo tipo unisce il braccio lungo del cromosoma 21 con il braccio lungo del 14 (o15), il portatore eterozigote è fenotipicamente normale. D'altra parte vi è un rischio elevato tra i figli di questo portatore.

Le aneuploidie dei cromosomi del sesso si osservano molto più di frequente rispetto alle aberrazioni degli autosomi. Questo perché esiste il meccanismo di compensazione di dose in base al quale i cromosomi X in eccesso vengono inattivati diventando masse di cromatina estremamente addensate che prendono il nome di corpi di Barr. Fra le sindromi osservate nell'uomo e dovute ad aberrazioni dei cromosomi sessuale abbiamo la Sindrome di Turner (� - X0), la Sindrome di Klinefelter (� - XXY), maschi XYY e femmine XXX.

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Cambiamenti relativi ad un intero assetto cromosomico; La monoploidia e la poliploidia implicano variazioni rispetto al normale di interi assetti cromosomici. Sia l'una che l'altra sono letali per la maggior parte delle specie animali, ma sono molto più tollerate dalle piante. • Monoploidia;

Se un individuo normale è diploide (2N), un individuo monoploide sarà N. La monoploidia si verifica raramente a causa di mutazioni recessive che normalmente sono mascherate dalla presenta dell'allele selvatico in individui eterozigoti. Alcune specie hanno organismi monoploidi come parte normale del loro ciclo vitale (come alcune vespe maschio, formiche ed api) dato che si sviluppano da uova non fecondate. I monoploidi, dato che possono essere mutagenizzati, sono molto utili in quanto le mutazioni non rischiano di essere mascherate dall'eterozigosi.

• Poliploidia;

Riferendoci ad una normale cellula diploide, una cellula con tre assetti cromosomici 3N è chiamata triploide e, una con quattro assetti cromosomici 4N è detta tetraploide. I poliploidi possono insorgere spontaneamente o essere indotti sperimentalmente, spesso derivano da un'alterazione dell'apparato del fuso mitotico e, ad esempio, la colchicina inibisce la formazione del fuso e questo può generare un tessuto somatico con assetti cromosomici raddoppiati. Nell'autopoliploidia tutti gli assetti cromosomici appartengono alla stessa specie; se ad esempio un gamete diploide generato da una meiosi errata si fonde con un gamete normale abbiamo uno zigote triploide così come tutte le cellule dell'organismo. Nell'allopoliploidia gli assetti cromosomici derivano da specie diverse anche se generalmente correlate. Questo accade quando ad esempio due gameti N1 ed N2 (aploidi) di piante diploidi diverse in grado di incrociarsi si fondono dando una pianta che presenta un assetto N1 + N2. Una pianta di questo genere è generalmente sterile a causa delle differenze tra i due assetti cromosomici e da questo deriva il fatto che non vengono prodotti gameti vitali. Raramente accade che, a causa di un errore nella divisione, l'assetto cromosomico raddoppi producendo un individuo 2N1 + 2N2; un individuo di questo tipo alla meiosi darà dei gameti normalmente funzionanti del tipo N1+ N2. Se due gameti di questo tipo di fondono si avrà un individuo allotetraploide del tutto fertile con assetto cromosomico 2N1 + 2N2. Esistono due classi di poliploidi, quelli con numero pari di assetti e quelli con un numero dispari. Quelli con numero pari hanno una maggior probabilità di essere almeno parzialmente fertili dato che esiste la possibilità per i cromosomi alla meiosi di appaiarsi. D'altra parte i poliploidi con numero dispari di assetti hanno sempre un cromosoma spaiato ed una più bassa probabilità di avere gameti bilanciati, di conseguenza questi organismi sono generalmente sterili. Un esempio di poliploide con numero pari è il frumento che è esaploide (6N), un esempio di poliploide con numero dispari di assetti è il banano che è triploide (3N) e che, proprio per questo viene coltivato e fatto riprodurre prevalentemente per riproduzione agamica. Dagli studi compiuti ci si è resi conto che la poliploidia negli animali è molto mal sopportata tanto che pare che la maggior parte degli aborti spontanei nell'uomo o negli animali sia proprio questa.

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Genetica quantitativa; Un carattere che presenti pochi fenotipi ben distinguibili tra loro è definito carattere discontinuo, un carattere di questo tipo può essere descritto in termini qualitativi con le leggi di Mendel; nella maggior parte dei casi ogni genotipo da luogo ad un unico fenotipo, e frequentemente ogni fenotipo è il risultato di un singolo genotipo. Un carattere continuo è tale in quanto i diversi fenotipi derivanti non si possono classificare in poche categorie (come per i caratteri continui) dato che sono molto numerosi. Caratteri di questo tipo devono essere descritti in termini quantitativi e, lo studio di questi caratteri, costituisce la genetica quantitativa.

Perché alcuni caratteri possiedono fenotipi continui; Esistono ragione di origine genetica ed altre di origine ambientale. Spesso si viene ad avere una gamma di fenotipi perché in un gruppo di individui esistono numerosi genotipi, e questo accade quando il carattere è influenzato da un gran numero di loci. I caratteri che sono codificati da molti loci sono detti caratteri poligenici. Quando dei fattori ambientali esercitano un'influenza importante sul fenotipo, ciascun genotipo è in grado di produrre una gamma di fenotipi. Nella maggior parte dei casi un fenotipo è influenzato sia dai genotipi multipli che da fattori ambientali, un tale carattere si dice multifattoriale.

Argomenti studiati in genetica quantitativa; In genetica quantitativa non si possono fare predizioni precise circa la probabilità di ereditare un determinato carattere continuo così come si faceva per i caratteri discontinui; inoltre lo studio a livello molecolare dei tratti continui sono di solito impossibili. Nonostante questo ci si può porre alcune domande sui caratteri continui: 1. Fino a che punto i fattori ambientali o genetici influenzano un dato carattere ? 2. Quanti sono i geni che determinano il fenotipo per il carattere ? 3. I contributi dei geni che determinano il carattere sono uguali oppure alcuni geni hanno un

effetto maggiore di altri ? 4. Esistono interazioni tra i geni , e se esistono in quale misura ? …

Statistica; La statistica è necessaria per analizzare i dati del campione che si sta considerando; un campione è un sottoinsieme significativamente scelto da una popolazione nella quale si vuole studiare un certo carattere.

Distribuzioni; Una volta raccolti i dati per il carattere continuo che si vuole studiare è necessario stabilire delle classi nelle quali porre tali dati; una volta fatto questo possiamo rappresentare il tutto con un grafico ad istogrammi che viene chiamato distribuzione di frequenza. Se si traccia una curva seguendo i margini dell'istogramma, questa assume una forma che è quella caratteristica di quel carattere. Molti fenotipi hanno una forma a campana che viene chiamata distribuzione normale:

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La media; La media è una delle grandezze statistiche che permettono di riassumere in modo conveniente una distribuzione fenotipica, ed in particolare ci da informazioni sul centro della distribuzione. La media, che non è altro che la somma dei singoli valori divisa per il numero degli stessi, viene usata frequentemente per riassumere i fenotipi di un gruppo di individui.

La varianza e la deviazione standard; La varianza è una misura di quanto i singoli valori si distribuiscono attorno all media, la varianza indicata con s2 viene quindi definita come il valor medio delle deviazioni quadrate dalla media:

Varianza =e

p Npq

s2

2 =

Un'altra grandezza statistica strettamente correlata è la deviazione standard che non è altro che:

Deviazione Standard = s = 2s La deviazione standard viene spesso preferita alla varianza dato che la deviazione standard è espressa nelle stesse unità di misura dei dati misurati, mentre la varianza è espressa come un valore al quadrato.

Ereditarietà poligenica; Incrociando e studiando individui appartenenti alla specie Zea mays, ed in particolare studiando il carattere "lunghezza della spiga", i genetisti trassero alcune conclusioni: • Il valor medio del carattere quantitativo nella generazione F1 è circa intermedio tra le medie

delle due linee pure parentali. • Il valor medio del carattere del carattere nella generazione F2 è all'incirca uguale alla media

della popolazione F1. • La F2 presenta una variabilità maggiore attorno alla media che non la F1. • I valori estremi nella F2 si estendono più verso gli estremi della distribuzione dei due valori

parentali rispetto a quanto non avvenga per la F1.

0500

1000150020002500

Numero dei fagioli

Peso dei fagioli (mg)

Distribuzione normale di frequenza

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Ipotesi poligenica dell'ereditarietà quantitativa; La risposta più semplice ai dati ottenuti con gli esperimenti compiuti sulla lunghezza delle spighe di Zea Mays era che i caratteri quantitativi erano controllati da più geni; questa spiegazione viene chiamata ipotesi poligenica dell'ereditarietà quantitativa. Gli alleli che contribuiscono a determinare il fenotipo sono detti alleli additivi, gli alleli che non hanno effetto sulla determinazione del fenotipo prendono il nome di non additivi. Le assunzione dell'ipotesi poligenica sono: 1. In nessuna delle coppie alleliche uno degli alleli presenta dominanza sull'altro. Risulta

piuttosto coinvolta una serie di alleli additivi e non. 2. Ogni allele additivo in una serie ha uguale effetto. 3. L'effetto di ciascun allele additivo è additivo. 4. Non esiste interazione genetica (epistasi) tra alleli di loci differenti di una serie. 5. Non esiste associazione genetica tra i geni di una serie poligenica, quindi il loro assortimento

è indipendente. 6. Non ci sono effetti ambientali. Dato che i punti 4, 5 e 6 non sono sempre veri, l'analisi delle serie multigeniche che controllano i caratteri quantitativi risulta complessa.

Ereditabilità; L'ereditabilità è la proporzione di loci variabilità fenotipica di una popolazione attribuibile a fattori genetici. Calcoliamo due tipi di ereditabilità: l'ereditabilità in senso lato e l'ereditabilità in senso stretto. Per calcolare l'ereditabilità occorre prima misurare la variabilità del carattere e quindi scomporre la varianza in componenti che si possano attribuire alle diverse cause.

Componenti della varianza fenotipica; Innanzitutto la varianza fenotipica (VF) deriva da differenze genetiche tra gli individui ovvero dalla varianza genetica (VG) e dalla varianza ambientale (VA), inoltre bisogna considerare la varianza dovuta all'interazione tra l'ambiente ed i genotipi ovvero VGA; in sostanza:

VF = VG + VA + VGA La varianza genetica può però essere ulteriormente scomposta in: • Varianza genetica additiva: supponiamo di avere un allele g che mediamente contribuisce

all'altezza della spiga per 2 cm., mentre l'allele G per 4 cm.; l'omozigote recessivo gg sarebbe pari 2 + 2 = 4 cm.; l'eterozigote Gg a 6 cm. mentre l'omozigote dominante GG sarebbe di 8 cm.

• Varianza genetica di dominanza: la dominanza esiste quando un allele maschera l'espressione di un altro allele nello stesso locus. Considerando l'esempio precedente si avrebbe che l'eterozigote Gg avrebbe lo stesso fenotipo di 8 cm. dell'omozigote dominante GG.

• Varianza epistatica: qualora sia presente deve essere considerata. Possiamo quindi riscrivere la varianza fenotipica come:

VF = VADD + VDOM + VEPI + VA + VGA

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Ereditabilità in senso lato ed in senso stretto; L'ereditabilità in senso lato corrisponde alla proporzione di varianza fenotipica che è attribuibile a varianza genetica ed è pari a:

Ereditabilità in senso lato = H 2 = F

G

V

V

Un valore di 0 per questa ereditabilità significa che quel determinato fenotipo non è determinato in alcun modo da varianza genetica, un risultato di 1 significa invece che il fenotipo è determinato esclusivamente da varianza genetica; un risultato di 0,5 stabilisce che quel determinato fenotipo è determinato per il 50 % da varianza genetica. Molto più spesso viene però calcolata l'ereditabilità in senso stretto che da una misura di quanto gli effetti genetici additivi influiscano su un dato fenotipo:

Ereditabilità in senso stretto = h 2 = F

GA

V

V

Dato che la varianza genetica additiva indica quella parte di varianza che risponde alla selezione, l'ereditabilità in senso stretto fornisce informazioni anche su come si evolverà un certo carattere.

Il calcolo dell'ereditabilità; Un punto importante da ricordare è che gli individui imparentati che vengono studiati non devono condividere anche un ambiente omogeneo dato che, in questo caso, sarebbe molto più difficile distinguere il contributo genetico da quello ambientale. • Regressione genitori-progenie.

E' possibile rappresentare la relazione tra il fenotipo della progenie e quello dei genitori mettendo in grafico il fenotipo medio dei genitori contro il fenotipo medio della progenie:

Ciascun punto del grafico rappresenta una famiglia, se i punti sono dispersi nel grafico allora non esiste alcuna relazione tra il fenotipo della progenie e quello dei genitori e, in un caso del genere concluderemo che le differenze genetiche additive non sono importanti nel determinare il fenotipo. Se invece (come nel grafico) i punti si raccolgono attorno ad una retta (di regressione), la pendenza di quella retta ci da una misura dell'ereditabilità in senso stretto. Se la pendenza è 0 (retta parallela all'asse X), allora l'ereditabilità è 0; quando la pendenza è 1 (45°) il fenotipo medio della progenie è esattamente intermedio al fenotipo dei genitori e tutte le differenze fenotipiche sono determinati da varianza genetica additiva. Se la pendenza è maggiore di 0 e minore di 1, la variabilità fenotipica è influenzata sia da fattori genetici additivi che da fattori ambientali.

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• La risposta alla selezione. La selezione naturale è senz'altro una delle forze evolutive più potenti nelle popolazioni naturali e venne ampiamente descritta da Charles Darwin. Quando su di un fenotipo applichiamo selezione (naturale o artificiale), il fenotipo cambierà da una generazione all'altra a patto che nella popolazione esista variabilità genetica per quel carattere. La quantità di variazione per il fenotipo in una generazione è chiamata risposta alla selezione; la quota di variazione che avviene in una generazione dipende da due fattori: l'ereditabilità in senso stretto e il differenziale di selezione. Il differenziale di selezione viene definito come la differenza tra il fenotipo medio dei genitori selezionati ed il fenotipo medio della popolazione non selezionata. Dato quindi che:

Risposta alla selezione = Ered. in senso stretto x Diff. di selezione

Allora:

h 2 = Risp. alla selezione / Diff. di selezione

Genetica delle popolazioni; La genetica di popolazioni è quel campo della genetica che studia l'ereditarietà in gruppi di individui. Il soggetto di studio è quindi una popolazione mendeliana ovvero un gruppo di individui interfecondi che condividono un insieme di geni comune; questo insieme di geni è chiamato pool genico.

Frequenze geniche e frequenze genotipiche; Per studiare la composizione di una popolazione mendeliana da un punto di vista genetico i genetisti di popolazioni devono innanzitutto calcolare le frequenze genotipiche e le frequenze geniche (o alleliche) all'interno della popolazione.

Frequenze genotipiche; Per calcolare le frequenze genotipiche ad un dato locus, si conta il numero di individui con un dato genotipo e si divide questo valore per il numero totale degli individui nella popolazione.

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Frequenze geniche (o alleliche); Mentre le frequenze genotipiche sono utili per calcolare l'effetto di certe forze evolutive, nella maggior parte dei casi vengono calcolate le frequenze alleliche., L'uso di tali frequenze presenta alcuni vantaggi: 1. Esistono per prima cosa sempre meno alleli che genotipi, in questo modo il pool genico può

essere descritto con un minor numero di termini. 2. Se un locus presenta 3 alleli è necessario calcolare 6 frequenze genotipiche, mentre bastano 3

frequenze alleliche. 3. Inoltre negli organismi che si riproducono per via sessuale, i genotipi si riducono ad alleli al

momento della formazione dei gameti, e sono gli alleli e non i genotipi ad essere trasmessi da una generazione all'altra.

Le frequenze alleliche possono essere calcolate in vari modi; quando in un locus sono presenti due alleli possiamo calcolarle in questo modo: (2 x numero AA + numero Aa) p = ƒ(A) = ---------------------------------------- (2 x numero totale individui)

(2 x numero aa + numero Aa) q = ƒ(a) = ----------------------------------------- (2 x numero totale individui)

Le frequenze alleliche sono inoltre facilmente calcolabili a partire dalle frequenze genotipiche: p = ƒ(A) = (Freq. AA) + (1/2 Freq. Aa) q = ƒ(a) = (Freq. aa) + (1/2 Freq. Aa) Quando un locus è concatenato al cromosoma X il calcolo delle frequenza alleliche è un po' più complesso; si possono calcolare in questo modo: (2 x Femm XAXA) + (Femm XAXa) + + (Maschi XAY) p = ƒ(XA) = -------------------------------------------------- (2 x Numero Femm)+ (Numero Maschi)

(2 x Femm XaXa) + (Femm XAXa) + + (Maschi XaY) q = ƒ(Xa) = -------------------------------------------------- (2 x Numero Femm)+ (Numero Maschi)

Oppure possiamo calcolarle partendo dalle frequenze genotipiche: p = ƒ(XA) = ƒ(XAXA) + 1/2 ƒ(XAXa) + ƒ(XAY) q = ƒ(Xa) = ƒ(XAXA) + 1/2 ƒ(XAXa) + ƒ(XaY)

La legge di Hardy-Weinberg; Questa legge è il principio più importante della genetica delle popolazioni e può essere così enunciata:

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Data una popolazione infinitamente grande, ad accoppiamento casuale, e non soggetta a forze evolutive, le frequenze alleliche non variano nel tempo, e dopo una generazione di accoppiamento casuale, le frequenze genotipiche si stabiliranno sulle proporzioni: p2 (Frequenza di AA), 2pq (Frequenza di Aa) e q2 (Frequenza di aa). Dove p è la frequenza allelica di A, q quella di a e con P2 + 2pq + q2 = 1.

Assunzioni della legge di Hardy-Weinberg; La prima parte della legge di Hardy-Weinberg presenta delle condizioni che devono essere applicate perché la legge sia considerata valida. Come prima cosa parla di una popolazione infinitamente estesa il che evidentemente non è possibile, dunque il genetista deve considerare una popolazione sufficientemente grande in modo da non ricadere nel fenomeno della deriva genetica che si vedrà in seguito. La seconda condizione posta riguarda il fatto che l'incrocio deve essere casuale; se questo è vero per alcuni caratteri, può non esserlo per tutti. Nell'uomo l'accoppiamento, per alcuni caratteri, non è assolutamente casuale, come ad esempio per il ceto sociale, il livello culturale, la razza, il quoziente intellettivo etc. Tuttavia se consideriamo i gruppi sanguigni (ad esempio del sistema MN) senz'altro li possiamo considerare ad accoppiamento casuale. La terza condizione posta è che la popolazione non debba essere soggetta a forza evolutive come migrazione, mutazione o selezione naturale. Anche in questo caso tale condizione si può verificare per alcuni caratteri ma non per altri rendendo quindi i primi idonei ad essere studiati con la legge di Hardy-Weinberg. Se vengono rispettate queste condizioni la popolazione si trova in equilibrio e sono attesi due risultati. Il primo è che le frequenze alleliche non cambiano al trascorrere delle generazioni; il secondo risultato è che frequenze genotipiche si troveranno nelle proporzioni di p2, 2pq e q2. Quando i genotipi si trovano in queste proporzioni si dice che la popolazione è in equilibrio di Hardy-Weinberg.

Modelli di variabilità genetica; Durante gli anni '40 e '50, i genetisti di popolazioni elaborarono due modelli per spiegare la quantità di variabilità genetica all'interno di una popolazione: il modello classico ed il modello bilanciato. • Il modello classico;

Questo modello fu elaborato principalmente da genetisti da laboratorio i quali proposero che la maggior parte delle popolazioni naturali possiede una scarsa variabilità genetica. Secondo questo modello all'interno di una popolazione uno degli alleli funziona al meglio e tale allele viene fortemente favorito dalla selezione; la conseguenza è che quasi tutti gli individui di una popolazione sono omozigoti per quell'allele. Raramente per mutazione si formano dei nuovi alleli che però sono quasi tutti deleteri; molto di rado una mutazione produce un allele migliore del "selvatico" che con il trascorrere delle generazioni diventa egli stesso il "nuovo" selvatico.

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• Il modello bilanciato; Questo modello è stato invece elaborato da genetisti che avevano delle basi di studi di storia naturale e di popolazioni selvatiche. Il modello bilanciato propone invece che la variabilità all'interno di una popolazione naturale sia elevatissima ed il pool genico di una popolazione sia costituito da molti alleli; di conseguenza gli individui della popolazione sono eterozigoti per molti loci. La selezione naturale avrebbe il compito di mantenere la variabilità genetica attraverso una selezione equilibrante che eviti che un singolo allele raggiunga delle frequenza troppo elevate. Una forma di selezione equilibrante è la sovradominanza dove l'eterozigote ha fitness maggiore di ciascuno degli omozigoti.

La misura della variabilità con elettroforesi di proteine; Per molti anni non si poté stabilire quale dei due modelli fosse quello giusto; questo fino a quando non si cominciò ad applicare la tecnica dell'elettroforesi proteica allo studio sulle popolazioni naturali. Questa tecnica biochimica permette di separare le proteine con strutture molecolari diverse ed era una tecnica che permetteva ai genetisti di stabilire velocemente il genotipo di molti individui per molti loci. La quota di variabilità genetica all'interno di una popolazione si misura di solito mediante due parametri: la proporzione di loci polimorfi e l'eterozigosità. Un locus polimorfo è un qualsiasi locus che presenti più di un allele nell'ambito di una popolazione, la proporzione di loci polimorfi la si ottiene dividendo il numero dei loci polimorfi per il totale dei loci analizzati. L'eterozigosità (H) è la proporzione dei loci di un individuo che sono polimorfi. Gli studi effettuati dunque con l'elettroforesi proteica hanno dimostrato che il modello classico non era valido dato che le popolazioni possiedono una grossa variabilità genetica. A questo punto nacque l'ipotesi neutralista la quale afferma che la selezione naturale non controlla le frequenze degli alleli (così come propone il modello bilanciato), ma sono eventi casuali come mutazione e deriva genetica che plasmano la variabilità genetica che vediamo nelle popolazioni naturali. Tuttora il dibattito è in corso e pare che entrambi le ipotesi (modello bilanciato ed ipotesi neutralista) potrebbero essere parzialmente corrette, dato che ad alcuni loci la variabilità genetica potrebbe essere sostanzialmente di tipo neutro, mentre ad altri potrebbe fornire la base sulla quale agisce la selezione naturale.

Misura della variabilità mediante gli RFLP ed il sequenziamento del DNA; Supponendo che due individui differiscano per uno o più nucleotidi ad una data sequenza di DNA e, che le differenze avvengano a livello di un sito di restrizione per un'endonucleasi di restrizione. Digerendo i due DNA con l'enzima di restrizione e separando i frammenti ottenuti su gel, i due individui producono profili diversi dei frammenti; questi profili sono chiamati RFLP. Uno degli svantaggi nell'utilizzo di questa tecnica è che rileva variabilità solo per un piccolo gruppo di nucleotidi che compongono un gene anche se i risultati sono comunque interessanti. Un genetista ad esempio ha sequenziato 11 copie di un frammento di 2659 paia di basi di un gene di Drosophila trovando differenze nucleotidiche in 43 posizioni, inoltre solo 3 delle 11 copie erano esattamente identiche per tutti i nucleotidi analizzati ! Questo risultato suggerisce che le popolazioni conservano a livello delle loro sequenze nucleotidiche un'immensa quota di variabilità genetica.

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Variazioni delle frequenza geniche delle popolazioni;

Mutazione; Una delle forze evolutive che ha la capacità di alterare le frequenze alleliche in una popolazione è la mutazione. Il concetto di fondo è che la mutazione è la fonte di tutta la nuova variabilità genetica, mediante ricombinazione possono insorgere nuove combinazioni di alleli; così la mutazione fornisce il "materiale genetico grezzo" sul quale agisce l'evoluzione. La mutazione da A ad a viene detta mutazione in avanti, mentre le mutazioni da a ad A prendono il nome di reversioni e solitamente avvengono con frequenza inferiore rispetto alle prime. La frequenza della mutazioni in avanti viene indicata con la lettera u, mentre la frequenza delle reversioni è indicata con v. Inoltre conoscendo la relazione:

v q = u p e sapendo che p + q = 1 possiamo ricavare le frequenze alleliche.

Deriva genetica; Le popolazioni non sono infinite come richiede la legge di Hardy-Weinberg, però generalmente sono sufficientemente grandi per poter essere considerate tali; alcune popolazioni sono tuttavia piccole ed in questi gruppi i fattori casuali possono produrre variazioni nelle frequenze geniche. Questo fenomeno prende il nome di deriva genetica. Deviazioni casuali dalle frequenze attese sono generalmente definiti come errore di campionamento; ad esempio lanciando una moneta ci aspetteremmo un 50 % di testa ed un 50 % di croce, se eseguiamo 1000 lanci ci avvicineremo molto a questo risultato, ma se la lanciamo 4 volte non ci sorprenderemmo del fatto che potranno uscire magari una testa e tre croci od anche tutte croci. Quando il campione è ridotto (in questo caso il numero di lanci), l'errore di campionamento può essere grande, tutti i casi di deriva genetica sono il risultato di tale errore. La quota di variabilità che risulta dalla deriva genetica viene misurata dalla varianza della frequenza genica ed è pari a:

ep N

pqs

22 =

dove Ne è la dimensione effettiva della popolazione e p e q sono le frequenze alleliche. Una misura più utile è l'errore standard della frequenza genica che è:

ep N

pqs

2=

Esistono diversi modi per ricadere in errori di campionamento, in primo luogo si ha l'errore quando la popolazione rimane di ridotte dimensioni per un periodo di tempo prolungato; un'altra causa di deriva genetica è il principio del fondatore che ha luogo quando una popolazione ha origine da un numero ridotto di individui.

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Infatti sebbene la popolazione possa in seguito crescere in dimensioni, il pool genico della popolazione è sempre quello derivato da quello dei fondatori e questo ha effetti profondi sul pool genico delle generazioni seguenti. Un'ulteriore forma di deriva genetica si ha per l'effetto collo di bottiglia, ovvero l'effetto che si ha quando una popolazione subisce una drastica riduzione delle dimensioni; durante tale riduzione alcuni geni possono venire persi dal pool genico per effetto del caso.

Migrazione; La migrazione ha il potenziale di alterare l'equilibrio secondo Hardy-Weinberg e può avere influenza sull'evoluzione delle frequenze geniche all'interno delle popolazioni. Il termine migrazione di solito implica movimento di organismi, nella genetica delle popolazioni tuttavia viene considerato il cosiddetto flusso genico. Il flusso genico ha due effetti principali. Innanzitutto introduce nuovi alleli nella popolazione, in secondo luogo quando le frequenze geniche dei migranti e della popolazione ricevente sono diverse, il flusso genico cambia le frequenze alleliche all'interno di quest'ultima.

La selezione naturale; Darwin descrisse la selezione naturale principalmente in termini di sopravvivenza, ma ciò che è più importante è la capacità, oltre che di sopravvivere, di riprodursi, e di trasmettere quindi alle generazioni future i propri geni. Quindi la selezione naturale si misura stabilendo il tasso di riproduzione ovvero la fitness (W). Dal momento che la fitness è una misura della capacità riproduttiva relativa, di solito viene assegnata una fitness pari a 1 al genotipo che produce la prole maggiore. Supponiamo ad esempio che il genotipo AA produca in media una progenie di 8 individui, il genotipo Aa una progenie di 4 individui ed il genotipo aa una progenie di 2 individui. Il genotipo AA avrà una fitness pari ad 1, la fitness di Aa è pari a 4 / 8 = 0,5, la fitness di aa è di 2 / 8 = 0,25. Una misura collegata alla fitness è il coefficiente di selezione che è una misura dell'intensità relativa di selezione contro un determinato genotipo, è indicata con s ed è pari a 1 - W. • Metodo generale per la determinazione della variazione della frequenza genica in seguito a

selezione naturale; le frequenze geniche iniziali sono: p = 0,6 e q = 0,4: Genotipi

A1A1 A1A2 A2A2 Frequenze genotipiche iniziali P2 = (0,6)2 = 0,36 2pq = 2(0,6)(0,4) = 0,48 Q2 = (0,4)2 = 0,16 Fitness W11 = 0 W12 = 0,4 W22 = 1 Frequenza dopo la selezione P2 W11 = (0,36)(0) = 0 2pq W12 = 0,19 Q2 W22 = 0,16 Frequenza genotipica relativa dopo selezione

0 / 0,351 = 0 0,19 / 0,351 = 0,54 0,16 / 0,351 = 0,46

Frequenza genica dopo selezione:

1 Questo valore è dato dalla somma tra tutte le frequenze dopo selezione: 0 + 0,19 + 0,16 = 0,35

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p' = 0 + 0,54 /2 = 0,27 q'= 0,46 + 0,54/2 = 0,73 Variazione della frequenza genica dovuta alla selezione: ∆p = p' - p = 0,27 - 0,6 = - 0,33

LA GENETICA MENDELIANA;....................................................................................................................... 1

GLI ESPERIMENTI DI MENDEL; ............................................................................................................................ 1 Incroci tra monoibridi; ................................................................................................................................. 1 Il principio della segregazione; ..................................................................................................................... 2 L'uso dei reincroci; ....................................................................................................................................... 2 Incroci tra diibridi; ....................................................................................................................................... 2

LA GENETICA MENDELIANA NELL'UOMO;............................................................................................................. 2 Esempi di caratteri recessivi nell'uomo; ........................................................................................................ 2 Esempi di caratteri dominanti nell'uomo; ...................................................................................................... 3

I CROMOSOMI DEL SESSO ED I CARATTERI A LORO ASSOCIATI;...................................................... 4

I CROMOSOMI DEL SESSO; ................................................................................................................................... 4 EREDITARIETÀ ASSOCIATA AL SESSO;.................................................................................................................. 4

Nondisgiunzione dei cromosomi X; ............................................................................................................... 4 LA DETERMINAZIONE GENOTIPICA DEL SESSO;..................................................................................................... 5

Determinazione del sesso in Drosophila;....................................................................................................... 5 Determinazione del sesso nei Mammiferi; ..................................................................................................... 5 Il meccanismo della compensazione di dose; ................................................................................................. 5

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CARATTERI ASSOCIATI AL SESSO NELL'UOMO; ..................................................................................................... 6 Ereditarietà legata all'X recessivo;................................................................................................................ 6 Ereditarietà legata all'X dominante;.............................................................................................................. 6 Ereditarietà legata all'Y;............................................................................................................................... 6

ALLELIA MULTIPLA E INTERAZIONI TRA GENI; .................................................................................... 7

I GRUPPI SANGUIGNI AB0;.................................................................................................................................. 7 MODIFICAZIONI DELLE RELAZIONI DI DOMINANZA;.............................................................................................. 7

La dominanza incompleta; ............................................................................................................................ 7 La codominanza; .......................................................................................................................................... 8 Interazioni geniche che determinano nuovi fenotipi; ...................................................................................... 8 L'epistasi; ..................................................................................................................................................... 8

CONCATENAZIONE, CROSSING-OVER E MAPPATURA NEGLI EUCARIOTI; ................................... 10

ESPERIMENTI DI MORGAN SULLA CONCATENAZIONE IN DROSOPHILA; ................................................................ 10 IL CROSSING-OVER ALLO STADIO DI QUATTRO CROMATIDI; ................................................................................ 10 MAPPATURA DEI CROMOSOMI;.......................................................................................................................... 11

Interferenza e coincidenza; ......................................................................................................................... 11

MAPPATURA DEI GENI NEI BATTERI; ...................................................................................................... 12

TRASFORMAZIONE BATTERICA; ........................................................................................................................ 12 CONIUGAZIONE BATTERICA; ............................................................................................................................. 12 TRASDUZIONE BATTERICA; ............................................................................................................................... 13

I batteriofagi; ............................................................................................................................................. 13 Mappatura per trasduzione;........................................................................................................................ 14

IPOTESI UN GENE - UN ENZIMA E PATOLOGIE DOVUTE A DEFICIENZE ENZIMATICHE NELL'UOMO; ................................................................................................................................................... 15

IPOTESI UN GENE - UN ENZIMA; ......................................................................................................................... 15 DEFICIENZE ENZIMATICHE NELL'UOMO; ............................................................................................................ 15

La Fenilchetunoria (o PKU); ...................................................................................................................... 15 L'albinismo;................................................................................................................................................ 16 Anemia falciforme; ..................................................................................................................................... 16

LA STRUTTURA DEL MATERIALE GENETICO;....................................................................................... 17

LA SCOPERTA DEL DNA COME MATERIALE GENETICO; ...................................................................................... 17 L'RNA come materiale genetico; ................................................................................................................. 17

LA COMPOSIZIONE CHIMICA DI DNA ED RNA;.................................................................................................. 18 La struttura fisica del DNA; ........................................................................................................................ 18

LA NATURA E LE CARATTERISTICHE DEL CODICE GENETICO; .............................................................................. 18

TECNOLOGIE DEL DNA RICOMBINANTE; ............................................................................................... 20

ENDONUCLEASI DI RESTRIZIONE; ...................................................................................................................... 20 I VETTORI DI CLONAZIONE; ............................................................................................................................... 21

I plasmidi; .................................................................................................................................................. 21 Il fago lambda; ........................................................................................................................................... 21 I cosmidi;.................................................................................................................................................... 21 Vettori navetta;........................................................................................................................................... 21

REGOLAZIONE DELL'ESPRESSIONE GENICA NEI BATTERI E NEI BATTERIOFAGI; .................... 22

L'OPERONE LAC IN E.COLI; ............................................................................................................................... 22 Dimostrazione sperimentale della regolazione dei geni lac;......................................................................... 22 Mutanti della regolazione; .......................................................................................................................... 23 Modello dell'operone per la regolazione dei geni lac;.................................................................................. 23 Effetti delle mutazioni; ................................................................................................................................ 23 Controllo positivo dell'operone lac; ............................................................................................................ 23

L'OPERONE TRIPTOFANO IN E.COLI;................................................................................................................... 24 Organizzazione dei geni dell'operone Trp; .................................................................................................. 24 Regolazione dell'operone Trp;..................................................................................................................... 24 Modello molecolare dell'attenuazione; ........................................................................................................ 25

MUTAZIONI GENICHE; ................................................................................................................................. 26

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TIPI DI MUTAZIONI; .......................................................................................................................................... 26 Reversioni e mutazioni di tipo soppressore;................................................................................................. 27

CAUSE DI MUTAZIONE; ..................................................................................................................................... 27 Mutazioni spontanee;.................................................................................................................................. 27 Mutazioni indotte;....................................................................................................................................... 28

MECCANISMI DI RIPARAZIONE; ......................................................................................................................... 28 Correzione diretta di lesioni mutazionali;.................................................................................................... 28 Metodi di riparazione per excisione di una coppia di basi; .......................................................................... 29

LE ABERRAZIONI CROMOSOMICHE; ....................................................................................................... 30

VARIAZIONI DELLA STRUTTURA DEI CROMOSOMI; ............................................................................................. 30 Delezione; .................................................................................................................................................. 30 Duplicazione; ............................................................................................................................................. 30 Inversione;.................................................................................................................................................. 31 Traslocazione; ............................................................................................................................................ 31

VARIAZIONI DEL NUMERO DEI CROMOSOMI; ...................................................................................................... 32 Cambiamenti relativi ad uno o a pochi cromosomi; ..................................................................................... 32 Cambiamenti relativi ad un intero assetto cromosomico; ............................................................................. 33

GENETICA QUANTITATIVA;........................................................................................................................ 34

Perché alcuni caratteri possiedono fenotipi continui; .................................................................................. 34 Argomenti studiati in genetica quantitativa; ................................................................................................ 34

STATISTICA;..................................................................................................................................................... 34 Distribuzioni;.............................................................................................................................................. 34 La media; ................................................................................................................................................... 35 La varianza e la deviazione standard; ......................................................................................................... 35

EREDITARIETÀ POLIGENICA; ............................................................................................................................. 35 Ipotesi poligenica dell'ereditarietà quantitativa;.......................................................................................... 36

EREDITABILITÀ; ............................................................................................................................................... 36 Componenti della varianza fenotipica; ........................................................................................................ 36 Ereditabilità in senso lato ed in senso stretto;.............................................................................................. 37 Il calcolo dell'ereditabilità; ......................................................................................................................... 37

GENETICA DELLE POPOLAZIONI;............................................................................................................. 38

FREQUENZE GENICHE E FREQUENZE GENOTIPICHE; ............................................................................................ 38 Frequenze genotipiche; ............................................................................................................................... 38 Frequenze geniche (o alleliche);.................................................................................................................. 39

LA LEGGE DI HARDY-WEINBERG; ..................................................................................................................... 39 Assunzioni della legge di Hardy-Weinberg; ................................................................................................. 40

MODELLI DI VARIABILITÀ GENETICA; ................................................................................................................ 40 La misura della variabilità con elettroforesi di proteine; ............................................................................. 41 Misura della variabilità mediante gli RFLP ed il sequenziamento del DNA;................................................. 41

VARIAZIONI DELLE FREQUENZA GENICHE DELLE POPOLAZIONI;.......................................................................... 42 Mutazione;.................................................................................................................................................. 42 Deriva genetica; ......................................................................................................................................... 42 Migrazione; ................................................................................................................................................ 43 La selezione naturale;................................................................................................................................. 43

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