fowler platone

Upload: sandro-themel

Post on 17-Jul-2015

302 views

Category:

Documents


3 download

TRANSCRIPT

Universit degli Studi di Trento Corso di Laurea Triennale in Matematica

PLATONE E LE ORIGINI DELLA MATEMATICA

SEMINARIO

Angelo Danese & Giulia Perina (responsabile Prof. Gabriele H. Greco)1

1

aresco di 772 cm di base realizzato tra il 1509 ed il 15112

La Scuola di Atene Raaello Sanzio

1 In copertina:

Sulla porta d'ingresso dell'Accademia era scritto il motto: Non entri nessuno che sia ignorante di geometria

Il suo entusiasmo per la matematica lo rese famoso non come matematico, ma come il creatore dei matematici

CARL B. BOYER

3

4

PREMESSAQuando al liceo si studia Platone ci si soerma sulla sua biograa, su alcuni suoi scritti, sulle sue teorie pi note (come ad esempio la Teoria delle Idee o la Teoria della Linea. . . ), sulla sua Accademia e sulla sua opera di formazione e si trascura (quasi del tutto) la gura di Platone matematico . Scopo del seminario, infatti, quello di approfondire questo aspetto del losofo ateniese, il quale, prima di tutto, subordina il sapere scientico al sapere losoco aermando che la scienza deve rispettare due esigenze:

un alto grado di rigore nelle procedure conoscitive e nei concetti adottati; un distacco della ricerca teorica da interessi particolari e dalla dimensione applicativa delle conoscenze.

Ci possibile soprattutto alla matematica, che Platone concepisce come una disciplina formale, legata a concetti depurati dalla particolarit e variabilit dell'esperienza sensibile e legata a procedure dimostrative rigorose. Questo permette di valorizzarne gli aspetti teorici a danno di quelli pratico-applicativi, relativi al calcolo. Il seminario costituito da: 1. una prima parte (curata da Angelo Danese) in cui, con un approccio prevalentemente storico, si tratta lo sviluppo della losoa della matematica di Platone ripercorsa dal losofo bizantino Proclo e dal losofo novecentesco Hsle; 2. una seconda parte (curata da Giulia Perina) in cui si propone una reinterpretazione della prima matematica greca data dallo storico-matematico novecentesco Fowler, evidenziando i contributi matematici dell'Accademia di Platone; 3. due appendici (curate da Angelo Danese); nella prima si presenta la cronologia della matematica in et antica, mentre nella seconda la lettura dell'opera di copertina

5

6

IndiceI LA FIGURA DI PLATONE NELLA STORIA DELLA MATEMATICA 111 2 INTRODUZIONE PLATONE E IL SUO TEMPO2.1 2.2 La vita e il contesto storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gli scritti e le dottrine non scritte

11 1313 14

3

IL RUOLO DI PLATONE NELLA PROMOZIONE E DIFFUSIONE DEGLI STUDI MATEMATICI 16 CONFRONTI4.1 4.2 Pitagora e Platone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Platone e Peano: analogie nell'introduzione aritmetica del numero

4

1919 23

5 6 7 8 9

IL PROBLEMA DEL V POSTULATO DI EUCLIDE

25

LA FONDAZIONE ONTOLOGICA DELLA MATEMATICA 29 I MATEMATICI DELL'ACCADEMIA PLATONE VS ARISTOTELE 31 35

PROCLO: LA SUA FIGURA E IL RAPPORTO CON PLATONE 38 40

10 PLATONE COME MATEMATICO

II I CONTRIBUTI MATEMATICI DELL' ACCADEMIA DI PLATONE 4311 INTRODUZIONE 43

12 LE CARATTERISTICHE DELLA PRIMA MATEMATICA GRECA 4512.1 Il Menone di Platone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12.2 Una geometria non aritmetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12.3 Gli aritmi o numeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12.4 Logos /Analogon o rapporto/proporzionalit . . . . . . . . . . . . 12.5 Il linguaggio della matematica greca . . . . . . . . . . . . . . . . 45 49 52 53 56

7

13 LA TEORIA DEL RAPPORTO ANTIFAIRETICO13.1 Il rapporto antifairetico 13.2.1 Diagonale e lato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.2 Alcuni calcoli con l'antifairesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.2.2 Circonferenza e diametro 13.3 Algoritmi antifairetici

5757 58 58 61 62 62 62 64 66 69 69 71

13.2.3 Supercie e sezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.3.1 La Proposizione di Parmenide

13.3.2 Un algoritmo per il calcolo dell'antifairesi 13.4 Calcoli in cui si sfrutta l'antifairesi 13.4.1 Il ciclo metonico

13.3.3 Un algoritmo per il calcolo della convergenza

. . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

13.4.2 L'Equazione di Pell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

14

ELEMENTI

II: DIMENSIONE DEI QUADRATI

7373 73 76 78 87 96

14.1 Il problema della dimensione del quadrato . . . . . . . . . . . . . 14.2 Libro II degli Elementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14.3 Le ipotesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14.4 Primo tentativo: metodo degli gnomoni 14.5 Secondo tentativo: sintetizzare i rapporti

14.6 Terzo tentativo: lati e diagonali generalizzati

15 IL CURRICULUM MATEMATICO NELLA DI PLATONE15.2 Arithmetike te kai logistike

REPUBBLICA

100

15.1 Platone matematico? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 15.3 Geometria piana e solida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104

16

ELEMENTI

IV, X E XIII: IL DIAMETRO E IL LATO

109

16.1 Il diametro e il lato: presentazione del problema

. . . . . . . . . 109

16.2 Il pentagono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 16.3 La media e ultima regione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 16.4 Osservazioni da un punto di vista antifairetico . . . . . . . . . . . 112 16.5 Libro X . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 . . . 115 16.5.1 Una classicazione di alcune linee incommensurabili

16.5.2 Aree e linee esprimibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 16.5.3 Aree e linee mediane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118 16.5.4 Somme e dierenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 16.5.5 Binomio e apotome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124 16.5.6 Le sei linee alogoi additive e sottrattive 16.6 Lo scopo e le motivazioni del Libro X . . . . . . . . . . 125 . . . . . . . . . . . . . . . 129

III

APPENDICI

131

17 CRONOLOGIA DELLA MATEMATICA IN ETA' ANTICA 131

8

18 STORIA DI COPERTINA

133

IV

BIBLIOGRAFIA

135

9

10

Parte I

LA FIGURA DI PLATONE NELLA STORIA DELLA MATEMATICA1 INTRODUZIONEQuesta prima parte del seminario incentrata sullo sviluppo e sull'approccio alla matematica nell'opera losoca di Platone. Ho ripercorso prima di tutto il contesto storico in cui il losofo greco ha operato e, successivamente, ho inquadrato il suo pensiero losoco e le rispettive inuenze da parte dei suoi predecessori Socrate e Pitagora.

Per approfondire lo sviluppo della matematica in Platone ho letto il Com-

mento al primo libro degli Elementi di Euclide, un'opera del losofo Proclorisalente al V secolo d.C.; a tutt'oggi quest'opera resta una fonte essenziale per la conoscenza della storia della matematica greca. Un altro strumento di utilissima consultazione stata l'opera I fondamenti

dell'aritmetica e della geometria in Platone del losofo novecentesco VittorioHsle, il quale, facendo leva sulla convinzione di Platone di dover elaborare analiticamente i principi dell'aritmetica, come anche la convinzione che l'aritmetica deve essere sviluppata senza concetti geometrici, aerma che Platone supera la matematica del suo tempo e anticipa sviluppi molto posteriori. Aancando a questa lettura quella di un abstract di Domenico Massaro, ho analizzato il rapporto/contrasto tra il pensiero losoco di Platone e quello del suo allievo Aristotele. Quest'ultimo, che era soprattutto un losofo e un biologo, sempre stato restio a seguire i matematici platonici nelle loro astrazioni e

Vittorio Hsle

11

nei loro tecnicismi; ecco perch, fatta eccezione per aver posto i fondamenti della logica, non diede nessun contributo durevole alla matematica, nonostante i chiari interventi in materia presenti nelle sue opere che compongono il Corpus

Aristotelicum.Inne, confrontando l'opera di Platone con i noti Elementi di Euclide (composti tra il IV e il III secolo a.C.) ho osservato la modernit di Platone come matematico. Tuttavia, ci sono alcuni matematici, etichettati come denigratori di Platone , i quali vedono nel suo pensiero losoco-matematico una sorta di antiscienza che ha portato alla svalutazione della conoscenza e dell'esperienza sensibile. A mio parere, per, tutto questo senza fondamento perch nel Timeo (che l'opera in cui ci sono le maggiori tracce della matematica platonica) Platone, anche se ritiene la conoscenza sensibile inferiore, aerma che la conoscenza intellegibile pura esiste grazie a quella sensibile, cos come la matematica acquisisce il suo metodo di investigazione grazie all'osservazione dei fenomeni sici e meccanici.

12

22.1

PLATONE E IL SUO TEMPOLa vita e il contesto storicoAristone, che gli impose il nome

Nacque ad Atene da genitori aristocratici:

del nonno, Aristocle e Perittione, la quale, secondo Diogene Laerzio (storico greco antico, 180-240 d.C.), discendeva da Solone. La sua data di nascita viene ssata da Apollodoro di Atene (storico e grammatico greco antico, 180-115 a.C.), nella sua Cronologia, nel settimo giorno del mese di Targellione, ossia alla ne di maggio del 428 a.C.. Ebbe due fratelli, Adimanto e Glaucone, citati nella sua Repubblica, e una sorella, Potone, madre di Speusippo, futuro allievo e successore, alla sua morte, alla direzione dell'Accademia di Atene. Fu un altro Aristone, un lottatore di Argo, suo maestro di ginnastica, a chiamarlo Platone, (dal greco platos ampio) date le ampie spalle. Avrebbe partecipato a tre spedizioni militari, durante la guerra del Peloponneso: a Tanagra, Corinto e Delio (tra il 409 a.C. al 407 a.C.). Dopo la parentesi del governo oligarchico e lo-spartano dei Trenta Tiranni, il nuovo governo democratico accus di empiet e di corruzione Socrate, condannandolo a morte nel 399 a.C.. Platone frequent l'eracliteo Cratilo e il parmenideo Ermogene, ma non certo se questa notizia sia reale o se voglia giusticare la sua successiva dottrina, inuenzata sotto diversi aspetti dal pensiero dei suoi due grandi predecessori Eraclito e Parmenide da lui considerati gli autentici fondatori della losoa. Sempre verso il 399 a.C. insieme con altri allievi di Socrate sarebbe andato a Megara, poi a Cirene, frequentando il matematico Teodoro di Cirene e ancora in Italia, dai pitagorici Filolao ed Eurito. Di qui si sarebbe recato in Egitto dove i sacerdoti l'avrebbero guarito da una malattia, ma la fondatezza della notizia di questi viaggi molto dubbia. A partire dal 395 a.C. avrebbe iniziato a scrivere i primi dialoghi nei quali aronta il problema culturale rappresentato dalla gura di Socrate e la funzione dei sosti. Nascono cos, in un possibile ordine cronologico, l'Apologia (il suo primo dialogo), il Critone (in cui Socrate discute la legittimit delle leggi), lo

Ione (parodia ironica di poeti), l'Eutifrone, il Carmide, il Lachete, il Liside,l'Alcibiade I, l'Alcibiade II (queste ultime due attribuzioni a Platone sono tuttavia discusse), l'Ippia Maggiore, l'Ippia Minore, il Trasimaco (che conuir nella Repubblica come primo libro), il Menesseno, il Protagora ed il Gorgia. Intorno al 388 a.C. Platone stato a Siracusa, in quel tempo governata da Dionigi I. Qui strinse amicizia col cognato del tiranno, Dione, che guard con favore ai programmi politici di Platone. Ma opposto fu l'atteggiamento di Dionigi I, che costrinse Platone ad abbandonare Siracusa per Atene; fatto sbarcare nell'isola di Egina, nemica di Atene, l venne fatto prigioniero e reso schiavo, ma per sua fortuna il socratico Anniceride di Cirene lo riscatt. Tuttavia anche quest'episodio, narrato con varianti da Diogene Laerzio, molto dubbio. Nel 387 a.C. ad Atene, acquistato un parco dedicato ad Academo, fond una scuola con il nome di Accademia, in onore all'eroe greco, consacrandola ad Apollo e alle Muse. Sull'esempio opposto a quello della scuola fondata da Isocrate nel 391 a.C.

Platone discorre con

13

i suoi discepoli nell'Accademia

e basata sull'insegnamento della retorica, la scuola di Platone ha le sue radici nella scienza e nel metodo da essa derivato: la dialettica. sonaggi di passaggio ad Atene. Dalla creazione dell'Accademia al 367 a.C. Platone scrive i dialoghi in cui si sforza di determinare le condizioni che permettono la fondazione della scienza: il Clitofonte (tuttavia di incerta attribuzione), il Menone, il Fedone, l'Eutidemo, il Convito, la Repubblica, il Cratilo ed il Fedro. Nel 367 a.C., poco prima dell'arrivo di Aristotele nell'Accademia, Platone a Siracusa su invito di Dione che, con la morte di Dionigi I e la successione al potere di suo nipote Dionigi il Giovane, conta di poter attuare le riforme impedite dal precedente tiranno. Ma i contrasti con Dionigi, che sospetta nello zio intenzioni di ribellione, portano all'esilio di Dione. trasformazione istituzionale dello Stato siracusano. Nel 365 a.C. Siracusa in guerra e Platone torna ad Atene, con la promessa di poter tornare a Siracusa alla ne della guerra insieme con Dione. Ad Atene scrive il Parmenide, il Teeteto ed il Sosta. Nel 361 a.C. Platone compie il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia. Non c' per Dione, verso il quale Dionigi manifesta un'aperta ostilit. I tentativi di Platone di difendere l'amico portano alla rottura dei rapporti con il tiranno siracusano che arriva a imprigionare il losofo. Grazie all'intervento di Archita di Taranto, nel 360 a.C. Platone pu ripartire per Atene e durante il viaggio sbarca a Olimpia per incontrare per l'ultima volta Dione che progettava una guerra contro Dionigi, dalla quale Platone cerc invano di dissuaderlo. Nel 357 a.C. Dione riuscir a impadronirsi del potere a Siracusa ma tre anni dopo verr ucciso. Dunque, ad Atene, Platone scrisse le ultime opere: il Timeo, il Crizia, il Platone pu tuttavia rimanere a Siracusa come consigliere di Dionigi e coltivare i suoi progetti di Per questo motivo l'insegnamento si svolge attraverso dibattiti e conferenze tenute da illustri per-

Politico, il Filebo e le Leggi.Mor nel 347 a.C. e la guida dell'Accademia venne assunta dal nipote Speusippo. La scuola sopravviver no al 529 d.C., anno in cui venne denitivamente chiusa da Giustiniano dopo vari periodi di alterne interruzioni della sua attivit.

2.2lettere.

Gli scritti e le dottrine non scritte

Di Platone sono pervenute tutte le opere che comprendono 36 dialoghi e 13 Il losofo ateniese si avvale del dialogo perch lo ritiene l'unico mezzo in grado di riportare l'argomento trattato alla concretezza di un dibattito fra persone, oltre a far mettere in luce il carattere di ricerca, elemento chiave della sua losoa. Egli vuole inoltre evidenziare col ricorso al dialogo l'importanza del discorso orale rispetto al nero su bianco . In genere si suole riunire i dialoghi platonici in vari gruppi a seconda che risalgano:

14

1. ai primi anni della sua attivit letteraria, sotto la viva inuenza di Socrate; 2. alla maturit, quando compose e svilupp la teoria delle idee; 3. all'ultimo periodo, quando sent l'urgenza di difendere la propria concezione contro gli attacchi alla sua losoa, attuando una profonda autocritica della teoria delle idee. Lo stile muta notevolmente da un periodo all'altro: nei periodi giovanili si hanno interventi brevi e briosi che danno vivacit al dibattito; negli ultimi, invece, vi sono interventi lunghi che danno all'opera il carattere di un trattato e non di un dibattito, trattandosi piuttosto di un dialogo dell'anima con se stessa. In genere il protagonista Socrate, il suo maestro, che assume una parte secondaria soltanto negli ultimi dialoghi. La caratteristica di questi dialoghi che il soggetto principale in questione solito discorrere molto pi dell'interlocutore a cui si rivolge, il quale, si limita solamente a confermare o disapprovare quello che il protagonista espone. Aristotele, suo discepolo, ha poi aperto anche la questione delle dottrine non scritte di Platone. Alcuni studiosi contemporanei hanno, anzi, sostenuto che la vera losoa platonica non sia quella contenuta nei dialoghi, ma sia stata esposta in modo sistematico solo nelle lezioni da lui tenute nell'Accademia. I testi a noi giunti sarebbero stati, invece, destinati ad un pubblico pi largo, quindi avrebbero avuto un carattere divulgativo, perch incapaci di descrivere una verit che non si pu tradurre per iscritto.

15

3

IL RUOLO DI PLATONE NELLA PROMOZIONE E DIFFUSIONE DEGLI STUDI MATEMATICI

Ad ogni modo, attraverso le opere platoniche a noi giunte ed attraverso le ricerche condotte da studiosi e/o appassionati in materia, siamo in grado di argomentare quella che lo stesso Platone chiama Fondazione losoca della Matematica . I Dialoghi contengono un centinaio circa di passaggi di carattere matematico il cui valore molto variabile. Platone infatti arriv alla matematica solo quando aveva circa 40 anni, probabilmente durante il suo primo viaggio in Italia e dopo aver incontrato Archita di Taranto. Fino a questo momento le sue opere testimoniano un'ammirazione per cos dire passiva verso questa scienza. Il punto di svolta rappresentato dal

Menone a partire dal quale la matematica non solo gioca un ruolo sempre piimportante ma viene anche trattata in modo pi tecnico e specialistico. Non bisogna dimenticare che al tempo di Platone la matematica era l'unica scienza che fosse pervenuta a darsi uno statuto epistemologico compiuto, cio l'unica scienza che avesse raggiunto propriamente il livello di scienza, cosa che non si poteva dire per la sica, per la biologia, ecc.. Ad esempio, secondo Platone, la sica condannata ad essere esposta nei termini di un racconto verosimile vale a dire: la sola possibilit che le si ore quella di servirsi costantemente e strutturalmente di un linguaggio matematico, quindi la matematica merita il nome di scienza perch i suoi oggetti sono sempre esistenti. Ecco perch la matematica assume un grande valore agli occhi di Platone: essa scienza, non conoscenza empirica; conoscenza dell'universale; conoscenza di ci che vero sempre; dunque la matematica aiuta la mente ad innalzarsi al di sopra della realt empirica. E' noto che Platone nella Repubblica prescrive ai futuri loso un lungo curriculum di studi in cui la matematica occupa la posizione preminente. Secondo Platone sono necessari circa dieci anni di studi matematici per potersi dedicare con successo alla losoa. Al tempo stesso Platone colui che indica, per primo e con estrema chiarezza, quali sono i limiti della matematica: poich la stessa matematica dimostrazione, essa deve partire da presupposti, cio da ipotesi, a cui, per, non in grado di rendere ragione. Questo suo limite, addirittura, fa s che essa non possa nemmeno essere chiamata vera scienza; nella Repubblica, infatti, Platone dice che la matematica pi propriamente dianoia . Per capire esattamente cosa il losofo intende, e quindi il ruolo che la matematica occupa nel pensiero platonico, occorre far riferimento alla cosiddetta

Teoria della Linea esposta nella Repubblica con la quale si esplica il rapporto tra la losoa con il suo metodo specico e le altre scienze con i propri. Con questa teoria Platone vuole sancire l'enorme dierenza tra il mondo dell'opinione e quello della verit, tra il sensibile e l'intellegibile (ossia tutto ci che accessibile all'intelletto umano).

16

Immaginiamo un segmento bisecato rappresentante il mondo visibile da una parte (C-E), e il mondo intellegibile dall'altra (A-C); quello visibile, dato che accessibile alla nostra percezione, rappresentato dal tratto pi lungo. Suddividiamo ulteriormente i due segmenti in modo da ottenere quattro parti. lungo. Anche questa volta alla sfera del concreto va riservato il segmento pi

Secondo Platone la conoscenza si articola in due stadi:

l'opinione 1. immaginazione (AB) : Forme intelligibili pi alte, perch raggiunte e sviluppate per via puramente speculativa, cio la vera scienza che la losoa 2. credenza (BC) : Forme di verit intelligibili, ma meno alte, perch basate su un riscontro empirico, cio la geometria e le scienze in genere

la conoscenza 1. ragione discorsiva (CD) : Gli oggetti visibili, ossia gli animali, le piante, gli uomini e tutte le loro produzioni 2. intellezione (DE) : Le manifestazioni di oggetti visibili, ossia le immagini, le ombre, i riessi nell'acqua, i miraggi, le illusioni ottiche, ecc...

Dunque, la matematica attiene all'ordine intellegibile, ma non ancora conoscenza delle forme, non scienza in senso proprio: essa qualcosa di intermedio tra l'opinione e l'intelletto. In generale, anche se la scienza appartiene (per Platone) al mondo dell'intellegibile, sempre un gradino al di sotto del vero sapere, cio della losoa; infatti il losofo che giunge alla verit, non lo scienziato perch quest'ultimo non a contatto con la realt dell'idea. Questo ha portato molti interpreti a vedere nel modello platonico un ostacolo allo sviluppo della scienza sperimentale. Ma non va neppure ignorato che merito di Platone l'elaborazione di una teoria della scienza che si basa su modelli matematici e sul principio universale dell'ordine e dell'armonia di chiara derivazione pitagorica. Platone riconosce l'esistenza delle cosiddette idee-

numeri ; cerchiamo di capire cosa si deve intendere con questa espressione.Nel pensiero platonico l'idea traducibile pi correttamente con forma il vero oggetto della conoscenza: essa non soltanto il fondamento gnoseologico della realt (gnoseologia =dal greco gnoseos loghia, discorso sulla conoscenza), ossia la causa che ci permette di pensare il mondo, bens ne costituisce anche il fondamento ontologico, essendo il motivo che fa essere il mondo. Infatti, come ci fa notare Vittorio Hsle, Platone parla di ontologizzazione della matematica

17

anzich di matematizzazione della losoa : la matematica non pu fondare l'ontologia (=dal greco ontos loghia, discorso sull'essere tutto ci che riguarda l'essere), ma solo l'ontologia pu fondare la matematica, anche se quest'ultima, nel movimento dialettico della via in su, in grado di indirizzare ai principi supremi. I numeri, invece, costituiscono l'oggetto proprio della matematica; infatti, i numeri e le grandezze (che a loro volta sono l'oggetto della geometria) presentano dei caratteri che non si riscontrano nella realt empirica. la geometria ne descrive e dimostra le propriet. Per, questi oggetti matematici sono a loro volta molteplici. Ad esempio ci sono molti cerchi, molti triangoli, ci sono anche molti numero tre, molti numero quattro (infatti possiamo sommare tre pi tre, quattro pi quattro, possiamo moltiplicare tre per tre. . . ) ma ciascuno di questi oggetti matematici a sua volta , secondo Platone, l'immagine di un'idea, di una realt ideale che non pu avere questo carattere di molteplicit perch, proprio per la sua universalit, essa deve essere una. Ad esempio nella realt empirica non si trova un cerchio perfetto, tuttavia il cerchio esiste perch

18

44.1

CONFRONTIPitagora e Platone

Abbiamo gi visto una piccola analogia tra il pensiero pitagorico e quello platonico. Pitagora nacque a Samo nel 575 a.C. circa e mor a Metaponto nel 495 a.C.; stato un matematico, legislatore e losofo greco antico. La sua gura avvolta nel mistero e le informazione note su di lui le dobbiamo a testimonianze risalenti ad epoca pi tarda. Pitagora fonda la Scuola Pitagorica a Crotone intorno al 530 a.C. sull'esempio delle comunit orche e delle sette religiose d'Egitto e di Babilonia, terre che secondo la tradizione avrebbe conosciuto in occasione dei suoi precedenti viaggi di studio. L'indirizzo del pensiero pitagorico era politicamente conservatore e seguiva un rigoroso codice di condotta. Ai membri veniva imposta una dieta vegetariana, infatti sembra che i Pitagorici credessero nella dottrina della metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime, con la conseguente preoccupazione che un animale macellato potesse essere la nuova dimora dell'anima di un amico morto. La scuola di Crotone eredit dal suo fondatore non solo lo studio dei culti esoterici, ma anche l'interesse per la matematica, l'astronomia, la musica e la losoa. In campo matematico i Pitagorici si interrogarono sulle propriet dei numeri pari e dispari, dei numeri triangolari e dei numeri perfetti, lasciando un'eredit duratura a coloro che si sarebbero occupati di matematica. Ad essi si devono le seguenti scoperte: 1. la somma degli angoli interni di un triangolo pari a due angoli retti. Pi in generale, nel caso di un poligono di n lati la somma degli angoli interni uguale a 2n-4 angoli retti; 2. in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, ossia il teorema noto come Teorema di Pitagora ; 3. la soluzione geometrica di alcune equazioni algebriche; 4. la scoperta dei numeri irrazionali ed in particolare l'esistenza di 5. la costruzione dei solidi regolari. Se teniamo presente che i babilonesi avevano assegnato misure numeriche alle cose che li circondavano (dai movimenti del cielo al prezzo dei loro schiavi), possiamo intravedere nel motto pitagorico secondo cui Tutto numero una forte anit con la cultura mesopotamica. Il teorema stesso che oggi viene associato al nome di Pitagora molto probabilmente aveva un'origine babilonese. Per giusticare la denominazione di Teorema di Pitagora stata avanzata l'ipotesi che i Pitagorici siano stati i primi a fornirne una dimostrazione anche se questa congettura non ore possibilit di verica.

2;

19

Secondo i Pitagorici, inoltre, esiste una coppia di principi: l'Uno o principio limitante e la Diade o principio di illimitazione. Dunque tutti i numeri derivano da questi due principi: dal principio limitante si hanno i numeri dispari, da quello illimitato i numeri pari. I Pitagorici individuarono, inoltre, 10 coppie di opposti, conosciuti come

opposti pitagorici, intorno ai quali ruota il pensiero losoco pitagorico:1. bene e male 2. limite ed illimite 3. dispari e pari 4. rettangolo e quadrangolo 5. retta e curva 6. luce e tenebre 7. maschio e femmina 8. uno e molteplice 9. movimento e stasi 10. destra e sinistra Ed inne, individuarono i cosiddetti numeri importanti :

1 o Monade : indica l'Uno, il principio primo ed considerato un numero n pari n dispari che geometricamente rappresenta il punto; 2, o Diade : femminile, indenito e illimitato; rappresenta l'opinione (sempre duplice) e, geometricamente, la linea; 3 o Triade : maschile, denito e limitato; geometricamente rappresenta il piano; 4 o Tetrade : rappresenta la giustizia, in quanto divisibile equamente da entrambe le parti e, geometricamente, rappresenta una gura solida; 5 o Pentade : rappresenta vita e potere; infatti la stella iscritta nel pentagono era il simbolo dei pitagorici; 10 o Decade : numero perfetto; infatti secondo la loro concezione astronomica i pianeti erano dieci e questo numero veniva rappresentato con il

ttraktys (cio il triangolo equilatero che ha 4 punti per lato) una guraritenuta sacra e considerata la radice e la fonte della natura eterna. Su di essa i Pitagorici prestavano giuramento in segno di adesione alla scuola. Inoltre il 10 contiene l'intero Universo poich dato dalla somma di

1+2+3+4 in cui l'1 rappresenta il punto geometrico, 2 sono i punti necessari per individuare la linea, 3 sono i punti necessari per individuare un piano e 4 sono i punti necessari per individuare un solido

20

21

Ecco perch, dunque, per i Pitagorici la razionalit misurabilit e armonia; tutto ci che si presenta come incommensurabile , invece, irrazionale. Dal canto suo Platone voleva riscattare le ipotesi dell'aritmetica e della geometria dalla loro mancanza di fondazione usandole come veri e propri gradini (questo uno dei possibili signicati letterali della parola hypothesis hypo sotto e tithemi metto/colloco) per salire alla contemplazione del Bene o, per lo meno, fondare tutto il campo degli enti matematici nell'Uno. Nel Parmenide Platone pone la seguente ipotesi l'Uno che l'Uno e dimostra che: 1. l'Uno esclude la molteplicit, in nessun caso pu essere molti; 2. l'Uno in s non ha parti e non un tutto, in quanto il tutto ci che non privo di nessuna parte; 3. l'Uno in s non ha alcuna forma geometrica, perch non ha inizio, non ha mezzo, non ha ne; 4. l'Uno in s non n in s, n in altro, cio non in alcun luogo; 5. l'Uno non in movimento e neppure in quiete; 6. l'Uno non identico o diverso n a s n ad altro; 7. l'Uno non simile o dissimile a s n ad altro; 8. l'Uno non ha misure uguali o disuguali n a s n ad altro; 9. l'Uno in s del tutto esterno al tempo; 10. l'Uno che Uno non partecipa dell'Essere, non uno e non conoscibile. Il concetto di Uno viene ripreso da Platone in due saggi nei quali spiega la struttura degli enti matematici; oltre all'Uno, a cui attribuisce un carattere aritmetico, viene introdotto anche il concetto di Diade Indenita a cui, invece, attribuisce un carattere geometrico. Sempre nel Parmenide, Platone esalta la determinazione duale dell'Uno , cio una dualit fondata su una sorta di principio grazie al quale possibile ottenere una molteplicit innita: partendo dall'Uno vengono generati tutti gli altri numeri, per mezzo di un'azione sinergica dell'Uno e della Diade Indenita. Ma per Platone, la Diade Indenita non solo responsabile della generazione dei numeri naturali a partire dall'Uno; essa diviene sempre pi dominante nell'articolazione dei rapporti, delle grandezze razionali e allo stesso tempo di quelle irrazionali che, com' noto, i Greci non consideravano numeri. A questo punto, Platone pone la dierenza tra Diade Indenita e diade, la quale intesa come il primo numero ideale (equivalente al nostro due): la Diade Indenita funge da principio di molteplicit e non pu essere identica al numero due . Essa, infatti, si manifesta all'interno della serie numerica per la prima volta nella diade, ma non si manifesta soltanto in essa, bens in tutti i numeri maggiori di Uno (cio non principio solo del due ).

22

D'altra parte Platone fonde quanto esposto nella Teoria della Linea con quanto esposto nella sua Teoria dei numeri naturali aermando che il concetto di pari e dispari trova la sua specica applicazione in tutte le sfere dell'essere (in natura, nella storia, nell'etica, nella politica e anche sul piano delle entit matematiche). In un certo senso Platone sintetizza questo suo pensiero impostando la seguente proporzione: Uno : diade = dispari : pari che ricalca quella impostata da Pitagora: uno : molteplicit = quadrato : rettangolo A prescindere da ci la Diade Indenita ricorda il concetto di sezione di Dedekind; infatti, allo stesso modo della Diade Indenita, la sezione garantisce l'esistenza di grandezze irrazionali. Ma, in aggiunta a ci, interessante che gi in Platone venga stabilita una certa continuit fra i numeri naturali e le grandezze siano esse razionali o irrazionali (una continuit che com' noto era estranea alla matematica antica e che solo in quella moderna ha ricevuto riconoscimento generale). Dunque la Diade Indenita di Platone si potrebbe interpretare come un prodromo del concetto di sezione di Dedekind: in quest'ultimo stato portato a concettualit il pensiero per cui fra i numeri naturali e le altre grandezze non sussiste una profonda cesura ma un nesso da cogliersi in modo puramente aritmetico.

4.2

Platone e Peano: analogie nell'introduzione aritmetica del numero

Nello scenario storico-matematico del XIX secolo spicca il matematico italiano Giuseppe Peano, nato a Spinetta di Cuneo il 27 agosto 1858 e deceduto a Torino il 20 aprile 1932. Nel corso della sua attivit precis la denizione di limite e forn il primo esempio di una curva che riempie una supercie, la ben nota curva di Peano, mettendo in evidenza come la denizione di curva allora in corso non fosse conforme a quanto intuitivamente si intende per curva. Inoltre essa rappresenta uno dei primi esempi di frattale (ed stata ragurata in un monumento a Cuneo). Uno dei primi a contribuire al calcolo vettoriale di Grassmann fu proprio Peano; inoltre dimostr importanti propriet delle equazioni dierenziali ordinarie ed ide un metodo di integrazione per successive approssimazioni. Nel 1894 pubblic il Formulario di matematica (contenente oltre 4000 tra teoremi e formule per la maggior parte dimostrate) con il quale si propose di sviluppare un linguaggio formalizzato che potesse contenere tutti i risultati dei pi importanti settori della matematica.

23

Ma, sicuramente, uno dei meriti di Peano quello di aver fatto ordine nell'aritmetica; egli, infatti, ha caratterizzato l'insieme dei numeri naturali ponendo degli assiomi (che in quanto tali sono indimostrati ed indimostrabili) attraverso i quali determina il signicato di tre simboli:

N0 := 0

insieme dei numeri naturali

:=

zero applicazione del successore tale che

:=

[x] := x + 1

Tali assiomi aermano che: 0. 1. 2.

N0

un insieme

lo zero un numero naturale : 0

N0 [n]

il successore di un numero naturale un numero naturale :

N0 , n N03.

principio di induzione (un insieme a cui appartengono lo zero ed i successori dei suoi elementi contiene i numeri naturali) : sia S uninsieme tale che

0S

e

[n] S n S ,

allora

S N0 m, n N0e

4.

due numeri naturali distinti hanno successori distinti :

[m] = [n] m = n5.

lo zero non il successore di nessun numero naturale :

[n] = 0

n N0D'altra parte abbiamo visto che Platone riconduce la molteplicit innita dei numeri naturali a due concetti fondamentali: all'Uno, come principio della serie numerica, ed alla Diade Indenita come un'operazione che, qualunque forma abbia avuto, era in ogni caso da iterarsi. Infatti, anche se quest'ultima non ha la funzione di un'addizione iterata bens di duplicazione, ha nel suo contenuto una somiglianza formale al concetto di successivo di Peano: la Diade Indenita responsabile della generazione dei numeri naturali a partire dall'Uno cos come l'applicazione del successore genera i numeri naturali partendo dallo 0 (0,

1 = [0] = 0 + 1, 2 = [1] = 1 + 1,

3 = [2] = 2 + 1, 4 = [3] = 3 + 1,

. . . ).

Dunque, possiamo dire che l'applicazione del successore denita da Peano richiama in linea di principio la Diade Indenita di Platone e come aerma Vittorio Hsle nella sua opera I fondamenti dell'aritmetica e della geometria in

Platone (Milano, Vita e Pensiero, 1994, p. 82 3d):[. . . ] Si potrebbe dire che il concetto di successivo di Peano il successore storico della Diade Indenita di Platone. E non si esagerer a dire che anche in aritmetica, e non solo in geometria, Platone e l'Accademia si sono avvicinati alle ricerche assiomatiche della matematica moderna molto pi di quanto sia capitato in qualunque altro periodo intermedio fra la loro epoca e quella moderna..

24

5

IL PROBLEMA DEL V POSTULATO DI EUCLIDE

Nel Parmenide di Platone presente un interessante tentativo di fondare e stabilire la validit e la verit della geometria euclidea e reciprocamente la falsit delle geometrie non euclidee. Le geometrie non euclidee sono quelle geometrie costruite negando o non accettando uno dei cinque postulati di Euclide. Quello che oggetto di studio per Platone e non solo il V postulato (noto anche come postulato delle rette parallele ): Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli minore di due angoli retti. Detto V postulato nella tradizione didattica moderna in genere sostituito dall'assioma di Playfair : Data una qualsiasi retta r ed un punto P non appartenente ad essa, possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta

r data.Il desiderio di dimostrare tale postulato risale n dall'epoca antica a Tolomeo e Proclo, ma il fatto che esso venga introdotto in modo esplicito come assioma (dallo stesso Euclide), fa pensare che Euclide si fosse gi accorto intuitivamente della sua indimostrabilit. Proclo (410-485 d.C.), che l'autore al quale dobbiamo la maggior parte delle informazioni sulla matematica greca nel suo Commento al I libro degli

Elementi di Euclide, a proposito del V postulato scrive:[. . . ] Anche questo deve essere assolutamente cancellato dai

postulati perch un teorema. Solo agli inizi dell'Ottocento in alcuni studiosi cominci a maturare la convinzione che il V postulato fosse indimostrabile e, come tale, non fosse un teorema. Da parte sua Proclo, come tanti altri studiosi, riuscito solamente a mostrare che esistono numerosi teoremi della geometria euclidea che sono equivalenti al V postulato. Quest'ultimo regola il comportamento di due rette tagliate da una trasversale e tuttavia equivalente a proposizioni relative alla somma degli angoli dei triangoli e dei poligoni; agli angoli inscritti in una semicirconferenza; al teorema di Pitagora (che relativo all'equivalenza di quadrati); all'esistenza dell'ortocentro e del circocentro di un triangolo. Il V postulato il presupposto dell'intera teoria euclidea della similitudine (infatti, senza di esso non si pu dimostrare che esistano poligoni simili che non siano uguali). La storia dei tentativi di dimostrazione del V postulato rivela come il risultato sembrasse sempre pi vicino; tuttavia, alla ne, risultava che la conclusione

25

era ottenuta facendo appello a una nuova proposizione che risultava equivalente al V postulato stesso. Ad esempio, prendiamo in considerazione la Proposizione sull'unicit della

parallela attribuita a Proclo:Dati nel piano un punto e una retta esterna ad esso, per il punto passa al pi una retta parallela alla retta data. Sappiamo che l'esistenza della parallela un teorema della geometria, che ritroviamo nella Proposizione 31 del I libro degli Elementi di Euclide. Dunque, la proposizione precedente aerma che la parallela per un punto a una retta, che gi sappiamo esistere, unica. Quindi si dimostra che:

Dal V postulato segue l'unicit della parallela.

Dimostrazione Siano r una retta e P un punto esterno ad essa. Siauna trasversale qualsiasi e

PQ l'angolo che essa forma con r. Delle rette passanti per P al pi una pu formare con P Q (dalla parte di ) un angolo tale che + = 2 retti (si veda la gura sotto). Tutte le

altre, per il V postulato, incontrano r, per cui per P passa al pi una retta parallela a r.

Dall'unicit della parallela segue il V postulato.

Dimostrazione Siano r e s due rette che, tagliate dalla trasversale t,formano due angoli sopra). Sia che

e

tali che

+ < 2

retti (si veda la gura

PR + = 2

la retta per P che forma con retti.

PQ2

un angolo

PR

risulta distinta da r (poich

tale > ) e

risulta parallela a r per le Proposizioni 27 e 28 degli Elementi di

Euclide. Dall'unicit della parallela segue allora che s non pu essereparallela a r e che di conseguenza s'interseca con r, come richiesto dal V postulato.

2 Se due rette r e s formano con una trasversale t due angoli coniugati interni la cui somma due retti (oppure angoli alterni interni o angoli corrispondenti uguali), allora r e s sono parallele.

26

Altre proposizioni equivalenti al V postulato sempre attribuibili a Proclo sono le seguenti: 1. Se una retta incontra una di due rette parallele, allora incontra anche l'altra. 2. Due rette parallele a una terza sono parallele fra loro. 3. Se una retta parallela a una seconda retta e quest'ultima parallela a una terza retta, allora la prima retta parallela alla terza (transitivit del

parallelismo ).4. Due rette secanti sono divergenti (ossia i segmenti di perpendicolare abbassati dai punti di una sull'altra ad essa secante aumentano oltre ogni limite) mentre due rette parallele mantengono distanza nita (ossia superiormente limitata). Inoltre, sempre grazie a Proclo, si apprende che Posidonio (II secolo a.C.) riusc a dimostrare il V postulato assumendo come denizione di rette parallele la seguente: Si dicono parallele due rette equidistanti. Questo risultato appare a prima vista risolutivo, in quanto sembra comportare solo il cambiamento di una denizione e nel denire si pu agire con una certa libert. In realt le cose non stanno cos: quando si congiungono due o pi propriet bisogna accertare che esse siano compatibili, altrimenti la denizione priva di referente (ad esempio non esiste alcun cerchio con quattro angoli retti , dato che essere cerchio e avere quattro angoli retti sono propriet incompatibili). Prima di denire parallele due rette equidistanti occorre stabilire che essere retta e essere il luogo dei punti equidistanti da una retta sono compatibili; in altre parole bisogna aver dimostrato la seguente proposizione: Il luogo dei punti equidistanti da una retta una retta. Posidonio, proponendo la nuova denizione di parallele per ottenere come teorema il V postulato, assumeva implicitamente la proposizione precedente che, come si pu dimostrare, equivalente al V postulato. Infatti, consideriamo una gura, detta quadrilatero birettangolo isoscele ; su una base AB si tracciano due segmenti uguali AD e BC perpendicolari ad AB e si unisce C con D:

27

La domanda sorge spontanea: si ottiene un rettangolo? Bisogna stare attenti prima di rispondere. Dato che siamo abituati a ragionare nella geometria euclidea saremmo tentati a rispondere aermativamente. Ma qui stiamo ragionando nella geometria assoluta (o neutrale, cio quella geometria in cui non si assume il V postulato di Euclide, in nessuna delle sue forme equivalenti) ed occorre essere cauti. Osserviamo che i triangoli rettangoli DAB e CBA sono uguali per il primo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli, per cui DB = AC ; ne segue che sono uguali, per il terzo criterio, i triangoli ADC e BDC. Sono quindi uguali gli angoli in C e in D del quadrilatero. Non si pu per concludere che tali angoli sono retti. Anzi, come gi sappiamo, supporre che C e D siano retti equivale ad affermare che la somma degli angoli di ABCD 4 retti, e quindi che vale il V postulato. Osserviamo ancora che, se si suppone che AB = CD allora, per il terzo criterio di congruenza, sono uguali i triangoli DAB e CDA e pertanto l'angolo in D retto, per cui ABCD un rettangolo e vale il V postulato. Quelle che abbiamo analizzato sono due proposizioni equivalenti al V postulato, ma ve ne sono numerose altre, tra cui, ad esempio: 1. Un angolo inscritto in una semicirconferenza retto. 2. L'angolo al centro di una circonferenza doppio del corrispondente angolo alla circonferenza. 3. Per tre punti non allineati passa sempre una circonferenza. 4. Le tre altezze di un qualsiasi triangolo passano per uno stesso punto. 5. I tre assi dei lati di un qualsiasi triangolo passano per uno stesso punto. 6. . . . Dunque, il V postulato di Euclide non un teorema bens un'aermazione non dimostrata e non evidente che viene assunta per vera in modo da fondare una teoria, una dimostrazione o un procedimento che altrimenti risulterebbe incongruente. Sar solo nella prima met dell'Ottocento che verr gettato il principale presupposto per l'evolversi delle geometrie non euclidee, quando Gauss e Bolyai, al termine di numerosi e intelligenti tentativi di dimostrare il V postulato di

Euclide, si sono convinti della sua indimostrabilit.

28

6

LA FONDAZIONE ONTOLOGICA DELLA MATEMATICA

Nel Menone Platone aerma che la caratteristica peculiare della Matematica quella di non fondarsi da s; in particolare, secondo il losofo, la geometria procede a partire da presupposti ottenuti da immagini sensibili. Per presupposto Platone intende, sempre nel Menone, il punto di partenza di una deduzione geometrica (quindi potrebbe essere l'equivalente del postulato per i matematici) che esige comunque una fondazione. all'intuizione. Ed proprio in questo che Platone, facendo anche uso della sua Teoria della linea, manifesta una grave crisi della matematica: troppo viene giusticato con l'intuizione. Solo nel dubbio sulla possibilit di fondare la matematica che consegu al riconoscimento dell'indimostrabilit e quindi del carattere ipotetico del V postulato di Euclide sar compiuto il tentativo di appellarsi all'intuizione. Entro tale crisi Platone cerca di superare l'ostacolo facendo riferimento ad argomentazioni di tipo ontologico. In ogni caso Platone percorre il suo pensiero (probabilmente) gi a partire dal Protagora e da altri dialoghi sparsi , senza mai pubblicare esplicitamente il suo progetto ontologico di fondo. Nello scenario della crisi geometrica dei fondamenti di grande rilievo il contributo di Leodamante di Taso, un geometra greco attivo intorno al 380 a.C. (quindi contemporaneo di Platone). Nella sua scuola matur il concetto di diorisma che consisteva nella distinzione dei casi di possibilit o di impossibilit nella risoluzione di determinati problemi, soprattutto geometrici. Inoltre, secondo il losofo Eudemo da Rodi discepolo di Aristotele Leodamante contribu ad aumentare il numero dei teoremi conosciuti e a giungere a un insieme pi scientico. Di Leodamante, sia Diogene Laerzio (storico greco antico, 180-240 d.C.) che Proclo (losofo bizantino, 412-485 d.C.) scrivono che ricevette da Platone lo stimolo ad adoperare per primo il metodo dell'analisi. A tal proposito, von Fritz dice (Vittorio Hsle, I fondamenti dell'aritmetica Per la matematica da sola non in grado di fornire questo fondamento, a meno che non ricorra

e della geometria in Platone, Milano, Vita e Pensiero, 1994, p. 132 9):[. . . ] nella versione di Diogene Laerzio viene allo stesso tempo sottinteso che Platone ha scoperto il metodo analitico del quale abbiamo traccia gi nel Menone. Anche se qualche accenno di tale metodo l'abbiamo gi in Ippocrate di Chio (geometra, 470-410 a.C.), sicuramente, continua von Fritz, Platone che [. . . ] ha contribuito a far s che un metodo no ad allora applicato in maniera pratica, ora pi, ora meno, divenisse oggetto di un'accurata ricerca. Questo vuol dire che Leodamante fu spinto da Platone ad articolare il metodo analitico; non a caso, grazie ad un appunto di Diogene Laerzio, si capisce che

29

con Platone e Leodamante viene per la prima volta imposto al metodo analitico di procedere no al suo punto terminale, ossia no agli assiomi, cos da diventare metodo deduttivo. Secondo Hsle, proprio grazie a questo appunto, si percepisce l'interesse di Platone per i fondamenti della geometria. Inoltre sorretta la tesi secondo la quale nella Teoria della linea si attua una valorizzazione ontologica delle ricerche promosse da Leodamante su stimolo di Platone: ricerche che hanno contribuito, secoli dopo, alla comprensione dell'indimostrabilit del V postulato di Euclide. Dunque, Platone avverte la necessit di colmare tale lacuna per mezzo di un assioma indimostrabile, ma questa necessit fece precipitare la geometria in una radicale crisi dei fondamenti, nella quale sembra che il ricorso all'intuizione (a cui lo stesso Platone si era convinto) abbia svolto un ruolo non irrilevante. In questa dicile congiuntura il ruolo di Platone stato quello di aver insistito su un concetto di geometria rigoroso (che rinuncia all'intuizione e quindi anche moderno ) e di aver rimosso la crisi per mezzo di una costruzione ontologica. In questa luce, Hsle conclude la sua opera I fondamenti dell'aritmetica

e della geometria in Platone (Milano, Vita e Pensiero, 1994, p. 136 11): verosimile che il responsabile del crollo di primi tentativi antieuclidei, no alla loro rinascita nel XVIII e XIX secolo, sia stato Platone. A buon diritto bisognerebbe chiamare la geometria euclidea geometria platonica .

30

7

I MATEMATICI DELL'ACCADEMIA

Platone fond la sua scuola ad Atene nel 387 a.C. con il nome di Accademia ; era una scuola losoca ed allo stesso tempo un istituto di formazione scientica e politica che durer pi di 900 anni e verr chiusa nel 529 d.C. da Giustiniano. Sul piano giuridico l'Accademia era un'associazione religiosa dedita al culto di Apollo e delle Muse. Inoltre, fu uno dei centri di formazione dei giovani di buona famiglia ateniesi e stranieri e per questo fu in diretta concorrenza sia con l'insegnamento dei sosti sia con altri istituti come la scuola fondata dall'oratore Isocrate e pi tardi il Liceo fondato da Aristotele. Grazie ad Aristotele sappiamo che all'interno della scuola, Platone insegn alcune dottrine che dierivano da quelle contenute nei suoi dialoghi ed erano pi profondamente inuenzate dal pitagorismo. L'Accademia, vivo Platone, da un lato funziona come un vero e proprio istituto di ricerca, frequentato da giovani intellettuali e da scienziati provenienti da diverse citt uniti da convinzioni e programmi comuni di lavoro; dall'altro luogo di formazione politica da cui escono loso che si impegneranno (in diverse citt) in tentativi di riforma costituzionale. Il modo in cui Platone ha diretto l'Accademia e le sue idee sugli elementi che formano un individuo educato sono state di grande inuenza nella teoria dell'educazione; infatti, nella Repubblica Platone enuncia un programma educativo basato sulla dialettica inteso come strumento per la ricerca del bene. Platone, soprattutto, imposta il problema educativo come problema politico in senso stretto (molto diversamente da Socrate) perch dall'educazione dei giovani dipende la loro corretta collocazione nello Stato. Secondo Platone tutta l'organizzazione dello Stato deve essere sottoposta al controllo dei loso perch soltanto essi hanno la migliore comprensione della verit e perch da essi dipende il buon governo dello Stato; dunque, occorre dedicare la massima attenzione alla formazione dei giovani che accederanno alla classe dei loso. Sin dal suo approccio alla matematica Platone ha sostenuto l'importanza di questa scienza nella formazione del losofo (e non solo); questa visione ha avuto un'inuenza duratura in materia, grazie alla quale ci si preoccupati di dare denizioni precise e ipotesi chiare costituendo, cos, le basi per il sistema di Euclide della matematica. Tra i matematici dell'Accademia di Platone rivestono un ruolo importante Teeteto, Eudosso di Cnido e Filippo di Opunte. Teeteto nacque ad Atene tra il 415 e il 413 a.C. e mor nel 369 a.C.; stato un losofo greco dapprima discepolo, a Cirene, del matematico Teodoro. Si trasfer ad Eraclea ed inne ritorn ad Atene dove entr nell'Accademia come scolaro e presto diviene amico di Platone che, tempo dopo, gli intitol un dialogo. Non ci sono giunte notizie di contributi particolari di Teeteto alla losoa, sebbene la sua presenza nell'Accademia testimoni il suo interesse per la disciplina. Per quanto riguarda l'indagine matematica, egli si occup del problema dell'irrazionale quadratico e di stereometria: probabilmente fu il primo ad ap-

31

plicare in stereometria i metodi di costruzione mediante la linea e il circolo, gi introdotti nella planimetria. A Teeteto attribuita anche la costruzione dei cinque poliedri regolari o solidi

platonici (cio poliedri convessi che hanno per facce poligoni regolari congruenticon tutti gli spigoli e i vertici equivalenti), di cui anche Platone parla nel Timeo.

Platone associa il tetraedro, l'esaedro (o cubo), l'ottaedro e l'icosaedro rispettivamente ai quattro elementi di Empedocle, ritenuti costituenti qualunque oggetto naturale: fuoco, terra, aria e acqua. Infatti, si riteneva che qualsiasi oggetto contenesse (come microcosmo) percentuali diverse di queste quattro sostanze (cio di questi quattro solidi) e che tali dierenze determinino il carattere dell'oggetto. Ad esempio, la pagina di un libro formata da un po' di terra ( solida ed ha una forma rettangolare denita), un po' di acqua (si pu deformare), un po' di fuoco (brucia) e un po' di aria (fa fumo). Il dodecaedro, invece, veniva associato all'immagine del cosmo intero realizzando la cosiddetta quintessenza, cio l'elemento costitutivo dei corpi celesti.

Nel Timeo, infatti, Platone scrive: [. . . ] Dio lo ha usato per il tutto.

32

Tuttavia, Euclide nel XIII libro dei suoi Elementi riferisce che tre dei cinque solidi regolari erano gi conosciuti dai Pitagorici e che grazie a Teeteto si giunse alla conoscenza dell'ottaedro e dell'icosaedro. Probabilmente a lui dovuto il teorema secondo cui vi sono cinque e soltanto cinque poliedri regolari . Un'ulteriore merito di Teeteto quello di aver calcolato i rapporti tra i lati dei solidi platonici e i raggi delle sfere circoscritte (discussi anche in seguito negli

Elementi di Euclide).Il dialogo che Platone compose in memoria dell'amico Teeteto contiene informazioni riguardanti un altro matematico greco ammirato da Platone: Teodoro di Cirene (465 a.C. ?). Platone fa notare che egli fu il primo a dimostrare l'irrazionalit delle radici quadrate degli interi non quadrati da 3 a 17 incluso. Eudosso di Cnido, nacque a Cnido (un'antica citt greca dell'Anatolia) nel 408 a.C. e mor nel 355 a.C.; stato un matematico e astronomo greco antico a cui sono attribuiti risultati di grande importanza per il fondarsi della matematica come scienza. Dato che tutti i suoi lavori sono andati persi, le nostre conoscenze su di lui sono ottenute da fonti secondarie, come ad esempio i poemi astronomici del poeta greco Arato di Soli (310 a.C. 240 a.C. circa). Oltre che allievo di Platone, Eudosso stato anche allievo dell'amico del losofo ateniese Archita di Taranto (Taranto, 428 a.C. Mattinata, 347 a.C.) che era losofo, matematico, politico, scienziato, stratega, musicista e astronomo. Si presume sia stato Archita ad avviare Eudosso allo studio del problema della duplicazione del cubo di lato unitario che consiste nel determinare, con riga e compasso, il lato di un cubo il cui volume doppio di quello di un dato cubo. Secondo Archimede fu Eudosso a sviluppare la teoria delle proporzioni che consent di superare le dicolt che si incontrano per trattare i numeri irrazionali. Questa teoria viene ripresa nel V libro degli Elementi di Euclide ed alla denizione 5 si legge: Si dice che una prima grandezza con una seconda nello stesso rapporto in cui una terza con una quarta, quando, se si considerano equimultipli qualsiasi della prima e della terza e altri equimultipli qualsiasi della seconda e della quarta, i primi equimultipli sono ambedue maggiori o minori o uguali, degli altri equimultipli presi nell'ordine corrispondente. Proviamo a chiarire la denizione con una notazione moderna; consideriamo

3

due qualsiasi numeri interi m ed n che formano gli equimultipli ma e mc del del quarto. Dunque, abbiamo tre possibilit:

a b, c e similmente la terza e la quarta hanno un rapporto . d a c Ora, per dire che b = d possiamo ragionare in questo modo: prendiamoquattro quantit a, b, c, d, tali che la prima e la seconda hanno un rapporto

primo e del terzo e, rispettivamente, i due equimultipli nb e nd del secondo e

3 Il problema di duplicazione del cubo di lato unitario uno dei tre problemi greci, assieme al problema di trisezione dell'angolo (cio la costruzione di un angolo di ampiezza pari ad un terzo di un altro angolo qualsiasi dato) e al problema di quadratura del cerchio (cio costruire un quadrato che abbia la stessa area di un dato cerchio, con uso esclusivo di riga e compasso).

33

1. 2. 3.

ma>nb mand mc

3 42

= 48 quindi 7:4 >

Questa volta, dunque, migliora la stima per eccesso: 5:3 a1 > a2

ma0 .a2 =

a3 > a2che:

e che

a1 ma2 = a3 ; vogliamo provare che a0 : a1 = a2 : a3 , cio che a0 .a3 = a1 .a2 . Abbiamo

93

a0 .a3 = a0 .(a1 ma2 ) = a0 .a1 ma0 .a2 = a0 .a1 na2 = 1 a1 .(a0 na1 ) = a1 .a2Poich, per ipotesi CVD. Si pu notare come in queste ultime due proposizioni le numerose espressioni simboliche che troviamo, bench possano essere sempre convertite nel loro corrispondente signicato geometrico, sono manipolate in modo algebrico molto di pi che in tutte le dimostrazioni che sono state n qui incontrate. Per questo motivo, non si possono pensare come possibili risultati della prima matematica greca. Vediamo, quindi, come abbiamo fatto per al murn, la costruzione che, data una linea retta

a0 > a1 , a0 .a3 = a1 .a2 < a0 .a2

e, quindi,

a3 < a2 ,

AB ,

ci permette di trovare su essa il punto

C1

tale che

AB :

AC1 = [n, m].COSTRUZIONE

Per prima cosa si deve individuare il punto B ' su AB tale che nAB '2 = mAB 2 . Si costruisca a tale proposito il quadrato ABDE , e su EA si prenda J tale che nAJ = mAB . Prendendo EJ come diametro, si tracci la semicirconferenza che incontra AB in B '. Per 2 2 la Proposizione 14 del Libro II, AJ.AE = AB ' , quindi, nAB ' = 2 nAJ.AE = mAB . Abbiamo, quindi, trovato il punto B ' necessario per procedere alla ricerca di C1 . Su AE , si prenda il punto Fm tale che AFm = m (AB); inoltre, sia G il punto su AJ tale 2

94

che

Fm G = Fm B '; inne, si ponga su AB il punto C1 con AC1 = AG. Si prendano, sempre su AB , i punti C2 , . . . , Cn , in modo che AC1 = C1 C2 = . . . = Cn1 Cn . Quello che dobbiamo provare, per 2 concludere, che mAB.Cn B = nAC1 .2 AFm

Fm G2 = (AFm + AG)2 = (AFm + AC1 )2 = 2 2 2 + AC1 + 2.AFm AC1 = AFm + AC1 + mAB.AC1Inoltre:

2 Fm G2 = Fm B '2 = AFm + AB '2 ; 2 AC1 + mAB.AC1 = AB '2 .

quindi:

A questo punto, si moltiplica da entrambe le parti per n, tenendo conto che

nAB '2 = mAB 2 :2 nAC1 + mnAB.AC1 = mAB 2 .

Quindi:nAC1

= mAB 2 mnAB.AC1 = mAB.(AB nAC1 ) = mAB.Cn B . Dunque, AB : AC1 = [n, m], CVD. AB ,abbiamo che:

2

Se prendiamo come unit la linea retta

AC1 = GFm AFm = B 'Fm AFm =2 (AFm AB '2 ) AFm =Quindi, ponendo

(m + 4

2

m n)

m 2

q=n

e

2p = m,

otteniamo:

[q, 2p] = 1 : (che equivale a:

(p 2p q )

2p q )

p), (p2 q 2p) : q un

[p, q, 2p] =

(p2

:1=

In altre parole, abbiamo provato che ogni rapporto della forma rapporto di lati di quadrati. seguente proposizione generale.

[p, q, 2p]

Estendendo questo risultato, possiamo dare la

PROPOSIZIONE 5 Setre numeri

AB : AC

= [n1 , n2 , ..., nk ], allora esistono

p, q

e

r,

che dipendono da

n1 , n2 , . . . , nk

tali che:

pAB 2 = qAB.AC + rAC 2e viceversa. Questa proposizione, tuttavia, richiede delle manipolazioni molto complicate che non sono pensabili all'interno della prima matematica greca, in cui non si poteva ricorrere all'uso di queste espressioni simboliche, cui oggi siamo abituati.

95

14.6

Terzo tentativo: lati e diagonali generalizzati

Quando abbiamo introdotto la procedura di sottrazioni a catena, a cui stato assegnato il nome antifairesi, il primo rapporto su cui abbiamo applicato questo

metodo quello della diagonale con il lato in un quadrato unitario

2 : 1.

Per svolgere l'antifairesi di tale rapporto, ci siamo appoggiati, secondo la consuetudine della prima matematica greca, ad una costruzione geometrica, che consisteva in un quadrato nel cui angolo sinistro inferiore abbiamo posto obliquamente un secondo quadrato pi piccolo. Con il terzo tentativo Fowler intende riprendere lo stesso tipo di procedura vista in questo esempio, per estenderla ad un qualsiasi rapporto tra lati di quadrati

n :

m.

Riprendendo la costruzione su cui si basa l'antifairesi di

2 : 1,

ricordiamo che aveva evidenziato le seguenti relazioni tra il quadrato

piccolo e di quello grande:

L=l+d D = 2l + d, l eL indicano il lato del quadrato piccolo e di quello grande rispettivamente, D le loro diagonali. Non ci sono problemi nel disegnare un quadrato con lato L = al + bd, qualsiasi siano i valori di a e di b, nel calcolare la diagonale corrispondente D = 2bl + ad; tuttavia, non tutti i valori che si assegnano ad a e a b confermano il comportamento periodico, che abbiamo visto caratterizzava D : L = 2 : 1 = [1, 2]. Per calcolare l'antifairesi e le convergenze dei rapporti d : s, basta utilizzare gli algoritmi che abbiamo gi esposto, in cui i rapporti venivano invece indicati come p : q . Per ricordare il funzionamento di tali algoritmi, riportiamo l'esempio del calcolo delle convergenze di 2 : 1. 2 : 1 = [1, 2, 2, 2, 2, . . . ] = dove

d

e

Questo signica che, partendo dalla stima iniziale dell'antifairesi di sono, quindi:

0 : 1 < < 1 : 0 e applicando

ad ogni passo la Proposizione di Parmenide secondo l'algoritmo per il calcolo

,

c' prima una stima di

per difetto, poi due per eccesso,

altre due per difetto, due per eccesso e cos via. Le convergenze che ne risultano

n1 = 1: la stima per eccesso resta 1:0, quella per difetto diventa (1 1 + 0) : (1 0 + 1) = 1 : 1; n2 = 2: la stima per difetto resta 1:1, quella per eccesso diventa (2 1 + 1) : (2 1 + 0) = 3 : 2; n3 = 2: la stima per eccesso resta 3:2, quella per difetto diventa (2 3 + 1) : (2 2 + 1) = 7 : 5 , ecc., ecc. . . .Schematizziamo questo procedimento come segue:

96

dove, appunto, le convergenze sono state calcolate come stato illustrato sopra, cio:

dk+1 = nk+1 dk + dk1 lk+1 = nk+1 lk + lk1con

d0 = l0 = 1 2:1della

Quello che dobbiamo fare a questo punto convertire il rapporto

diagonale con il lato, qui espresso aritmeticamente, in una forma geometrica, in modo da poter operare su di essa con quelle manipolazioni che abbiamo visto caratterizzano la matematica antica, grazie alle quali speriamo di poter dimostrare la periodicit dell'antifairesi di

D : S. =

Applichiamo l'algoritmo visto prima al rapporto

7 : 1.

L'ipotesi che intendiamo provare, dunque, che cercare un lato e una diagonale della seguente forma:

7 : 1 = [2, 1, 1, 1, 4],

in

cui il periodo comprende quattro termini; per questo motivo, siamo guidati a

dk+4 = 7blk + adk lk+4 = alk + bdkAltre analisi, inoltre, suggeriscono che i valori appropriati di a e di b corrispondono a quelli di e

dk esk

rispettivamente, appena prima del termine nale del pe-

riodo `2n0 '. In questo caso, quindi, dove

2n0 = 4 = n4 ,

abbiamo che

a = d3 = 8

b = l3 = 3.

La nostra congettura , dunque, la seguente:

dk+4 = 21lk + 8dk lk+4 = 8lk + 3dkCerchiamo, quindi, di trovare una gura geometrica con lato diagonale in forma geometrica.

L = 8l + d e D = 21l +8d, che sia adatta a convertire questa congettura aritmeticaLa scelta che Fowler trova pi congeniale quella di

prendere un parallelogrammo piccolo con lato

l = 1,

diagonale

d=

7

e l'altro

97

lato un multiplo intero

pl di l. l

Naturalmente questa costruzione si pu estendere

ad un qualsiasi rapporto tra lati di quadrati parallelogrammo ha un lato lungo

n:

m,

dove, in questo caso, il

m

una diagonale

d

che misura

n.

La Proposizione 20 del Libro I degli Elementi, che tratta la disuguaglianza

p deve soddisfare dl pl p 2 o 3; scegliamo p = 2 e disegnamo il parallelogrammo grande di lati L = 8l + 3d e 2L = 16l + 6d, dove l = 1 e 2l = 2 7 la sua diagonale maggiore. sono i lati del parallelogrammo piccolo e d =elementare tra i lati dei triangoli, ci informa che

d + l.

Nel caso di

7 : 1,

quindi,

Quello che manca da provare, per sapere se la gura scelta quella adatta, che la lunghezza dalla diagonale maggiore quella voluta, cio

D

del parallelogrammo grande sia

D = nbl + ad.

Guardando la gura, comunque, si deduce

immediatamente che:

AB = bl, DE = ad, EF = p2 blL'unica cosa che manca da calcolare , quindi, la lunghezza di questo sfruttiamo la Proposizione 12 del Libro II degli Elementi : Nei triangoli ottusangoli il quadrato del lato opposto all'angolo ottuso maggiore, rispetto alla somma dei quadrati dei lati comprendenti l'angolo ottuso, del doppio del rettangolo compreso da uno dei lati che contengono l'angolo ottuso e dalla proiezione dell'altro su esso.

BD.

Per far

G; il lato opposto a esso AB , AG e BG. Notiamo che BD due volte BC , quindi, il rettangolo contenuto da BD e BG due volte quello `compreso da uno dei lati che contengono l'angolo ottuso [BG] e dalla proiezione dell'altro su esso [BC ]'. La Proposizione 12 trova, quindi, la seguente esplicitazione:Nel nostro caso il triangolo ottuso in mentre i due lati che lo contengono sono

ABG,

AG2 = AB 2 + BG2 + AB.BD,che equivale a:

b2 d2 = b2 l2 + p2 b2 l2 + bl.BD,

98

cio, poich

d2 = nl2 , segue che b2 nl2 = b2 l2 + p2 b2 l2 + bl.BD, 1 p ) = bl.BD, e nalmente:2

quindi:

bl2 (n

BD = bl(n 1 p2)Abbiamo, quindi, tutti gli ingredienti necessari per calcolare

D:

D = AB + BD + DE + EF = bl + bl(n1 p2 ) + ad + p2 bl = nbl + ad, CVD. A questo punto, abbandoniamo il caso generale di n : m e occupiamoci 7 : 1, dove L = 8l + 3d e D = 21l + 8d, calcolando dell'antifairesi del rapporto anzich D : L, (2L + D) : L. (2L + D) : L = [4, L : (D2L)] = [4, (8l + 3d) : (5l + 2d)] = [4, 1, (5l + 2d) : (3l + d)] = [4, 1, 1, (3l + d) : (2l + d)] = [4, 1, 1, 1, (2l + d) : l] = [4, 1, 1, 1, (2L + D) : L] = [4, 1, 1, 1]. 7 : 1 = [2, 1, 1, 1, 4], CVD. n : mtra

Quindi,

Il terzo tentativo, dunque, fornisce uno strumento per vericare le congetture formulate a proposito dell'antifairesi di qualsiasi rapporto lati di quadrati, senza incontrare dicolt derivanti dalla lunghezza del periodo o dalla grandezza dei suoi termini, come avveniva invece nei due metodi precedenti. Le tecniche della prima matematica greca, per, non sono sucientemente potenti per formulare un'estensione generale dell'antifairesi di tali rapporti. Non si trova, inoltre, nessuna documentazione di osservazioni e studi condotti nell'antichit sul comportamento palindromo dei rapporti

n :

m.

Non , comunque, nemmeno pensabile che i primi matematici greci, con le conoscenze a loro disposizione, potessero giusticare in qualche modo questo comportamento, nemmeno per rapporti molto particolari.

99

15

REPUBBLICA DI PLATONEPlatone matematico?

IL CURRICULUM MATEMATICO NELLA

15.1

Il modo in cui Fowler guarda a Platone e al suo ruolo all'interno dell'Accademia, come egli stesso dichiara, stato fortemente inuenzato dalla lettura dell'analisi rigorosa e dettagliata che Cherniss conduce nella sua The Riddle of the Early

Academy. All'interno di quest'opera Cherniss parla dell'Accademia, precisandoche non si trattava di una scuola in cui veniva insegnata una dottrina metasica ortodossa n di un'associazione i cui membri dovevano aderire alla teoria delle idee. Le teorie metasiche, infatti, non erano uciali e l'istruzione formale era rilegata alla sola matematica. Tratta, poi, del ruolo che Platone aveva all'interno dell'Accademia, appoggiandosi agli scritti di Filodemo (losofo epicureo, vissuto tra il 110 a.C. e il 35 a.C. circa) e Proclo (losofo bizantino del V secolo d.C.), che aermano come la matematica abbia avuto uno straordinario progresso sotto la sua direzione, in particolar modo nel campo della geometria. Proclo nomina Teeteto, Leodamante, Filippo di Opunte e altri sei esperti in matematica, che condussero i loro studi insieme all'interno dell'Accademia. Si dice anche che Platone abbia indotto Filippo a rivolgere la sua attenzione agli studi matematici, abbia dato origine ai teoremi sulla sezione, e abbia raccomandato a Leodamante il metodo d'indagine per analisi. Nonostante queste testimonianze, per, come ammette Cherniss, non abbiamo documentazioni certe che Platone abbia insegnato a qualcuno di questi matematici. Fowler concorda con Cherniss nell'aermare che Platone ha contribuito all'eccezionale sviluppo della scienza all'interno dell'Accademia, grazie all'intelligente critica del metodo, alla formulazione di problemi pi generali, che i matematici attorno a lui riuniti ricercavano con zelo, e grazie al fatto di aver suscitato, in coloro che si occupavano di losoa, un interesse nei confronti della matematica. Resta, comunque, il fatto, aggiunge Fowler, che il principale interesse di Platone la dialettica, la scienza suprema delle idee, nei confronti della quale la matematica assume un ruolo propedeutico; d'altra parte, per, non si pu nemmeno escludere che il direttore dell'Accademia, il quale ha mostrato una conoscenza dettagliata sulle tecniche e sui problemi della scienza del suo tempo, abbia comunicato con i matematici, dimostrando pari competenze. L'importanza che Platone attribuisce alle scienze matematiche emerga con estrema evidenza alla lettura della Repubblica, dove viene ribadita, comunque, la superiorit assoluta della losoa. La Repubblica un'opera composta da dieci libri, ognuno dei quali comprende un dialogo, in cui emerge il pensiero politico platonico. Bisogna tener presente la profonda delusione di Platone nei confronti della politica di Atene, che aveva condannato Socrate, l'uomo a suo parere pi giusto; , infatti, proprio questo il motivo che spinge il losofo a tratteggiare, attraverso questi dialoghi, il disegno di uno Stato ideale, in cui l'uomo giusto possa trovare un suo collocamento senza essere tormentato. Platone

100

consapevole che questo Stato giusto condannato a rimanere ideale e, quindi, come avviene per ogni altra idea, va imitato, sebbene sia impossibile da attuare totalmente. Il Socrate di Platone presenta lo Stato ideale, partendo dalla sua nascita; egli ritiene che uno Stato, per funzionare, debba avere tre classi sociali: i governanti, i difensori, i produttori. Ogni classe ha il compito di svolgere le sue funzioni, che non sono per di ugual livello, sebbene siano tutte fondamentali. La classe dei governanti si costituisce tramite la selezione di difensori che maturando diventano governanti: la forza sica cede il passo a quella intellettuale e morale. Il Libro VII si apre con il celebre mito della caverna, allegoria del losofo che si solleva dal sensibile alle idee e ritorna nel mondo per governarlo; la missione del losofo, infatti, non si realizza nella pura contemplazione dell'intellegibile, egli dev'essere costretto a governare. Vengono, quindi, esposti i criteri di scelta dei futuri loso dialettici, le loro qualit e la loro educazione graduale, a partire dall'infanzia: dopo un periodo propedeutico di educazione ginnica, coloro che si sono dimostrati promettenti proseguiranno con lo studio della matematica; solo a trent'anni, dopo una seconda selezione, incominceranno a essere avviati alla dialettica, per un tirocinio quinquennale che preceder la loro attivit pratica all'interno della citt; inne, dopo i cinquant'anni, i loso governeranno lo Stato. Nella Repubblica VII, Platone distingue cinque diverse discipline matematiche: l'aritmetica (arithmetike te kai logistike, 524d526c), la geometria piana (526c527c), la geometria tridimensionale (528a-d), l'astronomia (527d528a) e la teoria musicale (530d531c). Alla ne della spiegazione sull'importanza di educare il futuro governante a queste discipline, Platone chiarisce che non si devono considerare come soggetti tra loro scollegati (531c-d). Credo, poi, ripresi, che, se l'indagine metodica di tutte queste discipline che abbiamo esaminate perviene a riconoscerne la comunanza e congenialit reciproca, e se si deduca quale sia la loro mutua anit, la loro trattazione contribuisca a portarci alla nostra meta e la fatica non sia vana; se non cos, proprio vana. . . . Per, Socrate un compito enorme quello di cui parli . . . Intendi dire, replicai, il preludio o che cosa? Non sappiamo forse che tutto questa non che un preludio alla vera canzone che si deve imparare? L'obiettivo nostro e di Fowler mostrare il contributo che questi argomenti possono dare nel chiarire il concetto che abbiamo n qui appreso di rapporto.

15.2

Arithmetike te kai logistike

Nei frammenti che ci sono giunti dall'antichit la parola logos compare molto frequentemente, ma con un gamma di signicati tra loro anche molto diversi; di tutti questi documenti, quelli interessanti, ai ni dell'analisi che stiamo conducendo, trattano argomenti di carattere matematico e proprio su di essi che Fowler si soerma.

101

Platone e i matematici dell'Accademia, ad esempio, usano spesso il termine

logos con il signicato di rapporto e utilizzano non meno di frequente le altreparole che da esso derivano, come logistike, l'arte del logos, e logismos, che sta per calcolo. All'interno del nostro studio sulla prima matematica greca, non si deve trascurare l'importanza dell'interrogarsi sull'accezione che Platone e i matematici del suo tempo attribuiscono, nei loro scritti, a tali termini. Questa indagine, tuttavia, complicata da alcuni fattori: Platone si riferisce alla logistike e all'arithmetike talvolta come fossero la stessa cosa, mentre altre volte sembra voler tracciare una distinzione tra esse; la parola logistike trova un utilizzo anche nel linguaggio quotidiano, quando viene usata per il calcolo pratico o all'interno di conti nanziari e Platone stesso la nomina, a volte, con questo signicato; a partire dal primo secolo a.C., la logistike teorica comincia a riferirsi a quel tipo di calcolo artefatto che i matematici tendevano a escogitare sugli insiemi numerici, come i `sassolini' o il `bestiame sull'isola di Sicilia'. Nonostante queste dicolt, per, indiscussa la volont di Platone, nella Repubblica VII, di rivolgersi alla logistike te kai arithmetike, alla geometria, all'astronomia e alla teoria musicale come a scienze teoriche, che non hanno nulla a che fare con il sensibile, come egli stesso ribadisce pi volte. Una discussione sul signicato che Platone attribuisce alle parole logistike e arithmetike si tova in Greek Mathe-

matical Thought and the Origin of Algebra di J. Klein (in Burkert, LSAP, 446n. 119, pp. 18-19). Ne riporto di seguito un passo. A fronte di denire una quantit di oggetti, abitualmente determiniamo il loro numero esatto - `numeriamo', cio contiamo, gli oggetti. . . Per essere in grado di contare, dobbiamo conoscere e distinguere i singoli numeri, dobbiamo distinguere l'uno e il due e il tre (Repubblica VII, 522c). Platone chiama la scienza che si occupa di tutti i numeri possibili l'`arte del numero' `aritmetica'. Tuttavia, abbiamo anche l'abitudine di moltiplicare e dividere queste quantit. Questo signica che non siamo pi soddisfatti del numero con cui abbiamo contato gli oggetti in questione, ma vogliamo generare da questo nuovi numeri, nel caso in cui desideriamo estrarre una terza parte di questa quantit o desideriamo produrne una che sia quattro volte pi grande. Nel svolgere tali moltiplicazioni o divisioni o qualsiasi altro tipo di calcolo che applichiamo alle quantit, dobbiamo sapere in anticipo come i dierenti numeri sono in relazione tra loro e come si costituiscono di per s. Questa scienza . . . chiamata l'`arte del calcolo' `logica'. Fowler d'accordo con queste aermazioni, anche se critica il modo e la terminologia con cui sono esposte. Ritiene, infatti, che Klein non abbia compreso appieno il ruolo dei numeri ripetuti nella matematica greca, ma soprattutto sia schiavo della concezione comune con cui oggi guardiamo al rapporto di due numeri, come se dovesse esser manipolato e pensato come frazione. Quest'aspetto, secondo Fowler, spiega la dicolt che Klein incontra nel dare una descrizione di moltiplicazione e di divisione, la quale, infatti, risulta esageratamente elaborata.

102

Prendendo spunto da questo, Fowler presenta la necessit di respingere le tecniche e le preoccupazioni che sono proprie della matematica aritmetica dei giorni nostri, fondata sulla manipolazione aritmetica delle frazioni, con la sua conseguente estensione ai numeri reali, e sviluppare al suo posto delle procedure che si adattino agli strumenti matematici dell'antica Grecia. Bisogna riconoscere e compiere questo passo, per capire che calcoli esatti, rapporti di grandezze incommensurabili, approssimazioni e altre manipolazioni possono essere fatte senza andare contro le restrizioni imposte dagli aritmi, di cui abbiamo gi parlato. Fowler ritiene che la logistike e il logismos devono esser concepite come `teoria del rapporto'. Fin qui, stata trattata la teoria della logistike antifairetica, ma ci sono anche altri tipi di teoria del rapporto, come la logistike riferita all'astronomia e alla teoria musicale. L'abilit con cui Platone riesce a passere tra queste dierenti idee di rapporto ha il merito di conferire unit al suo curriculum. Andiamo, quindi, a esaminare la descrizione che Platone d all'arithmetike

te kai logistike all'interno della Repubblica VII (522c-526c), per vedere se coincide con il nostro punto di vista. Lo studio del rapporto inizialmente legato alla manipolazione degli aritmi; infatti, i rapporti sono espressi in vari modi come una sequenza di numeri. In questo senso l'arithmetike e la logistike hanno un ruolo fondamentale; come dice Platone: Con questo intendo dire, in generale, la scienza del numero e del calcolo. Non vero che qualunque arte o scienza se ne deve servire? [522c] Che poi aggiunge, sempre riferendosi a questa scienza: appartiene a quelle discipline che cerchiamo e che per loro natura conducono all'intellezione. [523a] Per dimostrare quest'aermazione al suo interlocutore Glaucone, Platone usa l'esempio delle tre dita: pollice, indice e medio; mettendole a confronto, il pensiero viene destato dal torpore e l'intelletto guidato verso la vera comparazione, non basandosi sul modo in cui esse ci appaiono, che dipende dalla loro vicinanza o sulle loro caratteristiche irrilevanti, come il colore, il tatto o il peso, ma semplicemente osservandole in relazione al grande e piccolo . Gi attraverso l'analisi degli Elementi abbiamo potuto notare come la teoria delle grandezze geometriche e astratte, oltre a quella dei numeri, si servano proprio di questo stesso tipo di confronto; il minore con il maggiore , infatti, un'espressione onnipresente nei Libri V e VII. In altre parole, anche per Euclide questo confronto tra numeri e grandezze costituisce l'ingrediente essenziale per la denizione di ogni tipo di rapporto. Un altro aspetto evidenziato da Platone la dicolt di queste discipline, bench la fatica necessaria per il loro apprendimento sia ripagata dal loro straordinario fascino.

103

E certo, secondo me, non potrai trovare facilmente molte cose che ad apprendere e praticarle impongono maggiore fatica di questa. [526b] Riferendosi ai problemi in questo campo, aerma: Perch anche oggid, pur sprezzati e maltrattati dalla gente volgare nonch da chi li indaga senza rendersi conto di quanto siano utili, tuttavia crescono forzando tutti questi ostacoli, per il fascino che esercitano; e non c' da meravigliarsi che aquistino grande notoriet. S, disse, hanno il loro fascino, e un fascino sublime. [528c-d] Platone fa una distinzione tra questa logistike aascinante e quella legata al mondo quotidiano. Sarebbe, dunque, opportuno, Glaucone, prescrivere per legge la disciplina di cui stiamo parlando, e persuadere chi dovr svolgere nello Stato le funzioni pi importanti, a studiare il calcolo e ad applicarvisi, non in una maniera volgare, ma nch possa pervenire, con la sola intellezione, a contemplare la natura dei numeri, senza usarne per comprare e vendere come fanno grossisti e mercanti, ma per ragioni belliche e per aiutare l'anima stessa a volgersi dal mondo della generazione alla verit e all'essere ... utile per questo, come si diceva or ora: spinge energicamente l'anima in alto e la costringa a ragionare sui numeri in se stessi, sempre respingendo chi ragiona presentandole numeri relativi a corpi visibili o palpabili. [525] La logistike pratica, quella di mercanti e grossisti, fa riferimento principalmente ai calcoli aritmetici. Tuttavia, quale sia lo status ontologico dell'aritmetica dei rapporti tutt'altro che evidente; infatti, per quanto semplici e basilari possano sembrare ai nostri occhi queste operazioni, hanno presentato enormi ostacoli di comprensione nella prima matematica. Le documentazioni su queste frazioni da una parte, abbiamo aritmetiche, inoltre, sono molti scarse, se non assenti. La situazione , dunque, piuttosto straordinaria: la logistike pratica, quella del mondo sensibile, dove le quotidiane operazioni aritmetiche, che coinvolgono tipi di numeri comuni a tutti, sono svolte senza alcuna dicolt, anche se, molto dicile spiegare in modo corretto e completo la procedura con cui sono state fatte; dall'altra, invece, la logistike teorica in grado di denire tutti gli strumenti di cui si avvale in modo puntuale e preciso, ma senza riuscire ad eseguire i calcoli di ogni giorno.

15.3

Geometria piana e solida

Platone non d una denizione di geometria piana, ma espone i suoi vantaggi e aerma la necessit di apprendere questa disciplina, per arrivare a contemplare l'essere (Repubblica VII, 526d-527c). SOC. Occorre invece esaminare la sezione pi larga e di pi vasta

applicazione, per vedere se in qualche modo pu farci scorgere pi

104

facilmente l'idea del bene... Ora, se costringe a contemplare l'essere, la geometria conveniente; se la generazione, non lo . . . Ebbene, quelli che si intendono anche un poco soltanto di geometria non verranno a negarci che questa scienza sia proprio l'opposto di come la descrivono coloro che la praticano. . . La descrivono in un modo ridicolissimo e meschino, comportandosi da persone pratiche e non rilevando nei loro discorsi che scopi pratici. Parlano di `quadrare', di `costruire su una linea data', di `aggiungere per apposizione', usano ogni sorta di simili espressioni. . . La si coltiva in funzione della conoscenza di ci che perennemente , ma non di ci che in un dato momento o nisce di essere qualcosa.GLAUC. D'accordo!

La geometria la conoscenza di ci che

perennemente .SOC. Allora, mio nobile amico, attirer l'anima alla verit e

sar capace di produrre pensiero losoco, per mantenere in alto ci che ora (e non si dovrebbe) teniamo in basso... Allora, dobbiamo raccomandare gli abitanti del tuo Bello Stato di non trascurare assolutamente la geometria. Non sono disprezzabili nemmeno i suoi vantaggi secondari.Dal passo, che stato appena riportato, traspare l'importanza che Platone attribuisce alla geometria; resta, comunque, piuttosto dicile capire a quale geometria si stia riferendo in questa parte di dialogo. Nel trattare la geometria solida, invece, fornisce molte pi informazioni (528a-d). SOC. Dopo la supercie piana, prima di scegliere un solido in

se stesso, l'abbiamo scelto gi soggetto a un movimento di rotazione[astronomia].

Invece giusto prendere, dopo la seconda, la terza

dimensione, cio la dimensione dei cubi e degli oggetti dotati di profondit.GLAUC. ...Per, Socrate, si tratta di problemi di cui, sembra,

non si ancora trovata la soluzione.SOC. Duplice ne il motivo, feci io; nessuno stato tiene in onore

tali questioni, che vengono indagate con scarso impegno perch sono dicili; e coloro che indagano hanno bisogno di un maestro senza il quale non potrebbero trovare la soluzione. Ora, in primo luogo, dicile che questo maestro esista; poi, anche se esistesse, in una situazione come quella d'oggi, quei ricercatori non gli obbedirebbero, per l'esagerato concetto che hanno di s. Se per lo stato tutto collaborasse in quest'opera di magistero, tenendo quelle questioni nella dovuta considerazione, costoro obbedirebbero; e i problemi, indagati con continuit e intensit, si rivelerebbero nella loro eettiva realt. Perch, anche oggid, pur sprezzati e maltrattati dalla gente volgare, nonch da chi li indaga senza rendersi conto di quanto siano utili, tuttavia crescono forzando questi ostacoli, per il fascino che esercitano; e non c' da meravigliarsi che acquistino grande notoriet.GLAUC. S, hanno un loro fascino, e un fascino sublime.

105

Si noti come Platone rimarca il fatto che le questioni di geometria vengono indagate con scarso impegno cos come i problemi in questo settore vengono sprezzati e maltrattati dalla gente volgare . Non molto chiaro a cosa Platone si stia riferendo, se alla geometria solida in generale oppure, pi in particolare, alla costruzione di solidi regolari o alla duplicazione del cubo. Queste interpretazioni, per, che sono tra le pi accreditate, appaiono incompatibili con le informazioni che si ricavano da Ippocrate, Archita e Teeteto, i quali aermano che queste questioni erano molto indagate dagli esperti, mentre erano poco considerate dalla gente comune. Fowler avanza un'interpretazione alternativa. La prima fase del problema di duplicare un cubo consta nel trovare una composizione geometrica da cui ricavare appunto la costruzione del cubo doppio. Allo stesso modo si procedeva per la duplicazione del quadrato, come abbiamo dedotto esaminando il dialogo tra Socrate e il servo nel Menone. Ci sono giunte testimonianze che il problema della duplicazione del cubo, per quanto riguarda questa fase preparatoria, era stato risolto da Ippocrate e Archita, con il presunto contributo di Eudosso e Platone, al tempo in cui veniva composta la Repubblica. La fase successiva del problema sta nel cercare di arrivare alla soluzione eettiva. Per la duplicazione del quadrato, questa fase consisteva nello stimare il rapporto

2 : 1 ed stato battezzato da Fowler con il nome di `problema della dimensioneFowler ritiene che, nel passo della Repubblica VII che stato riportato, Pla-

dei quadrati'. tone intendesse riferirsi proprio a questo quesito, che possiamo chiamare `problema della dimensione dei cubi'; questo spiegherebbe la frase la terza dimensione, cio la dimensione dei cubi e degli oggetti dotati di profondit (528b). Proviamo, dunque, ad arrivare alla risoluzione di questo problema, procedendo, com'era stato fatto con i quadrati, con un ragionamento euristico. La generalizzazione della Proposizione di Parmenide in tre dimensioni e una tabella dei cubi no a 99 ci permettono di applicare l'algoritmo del calcolo delle convergenze, per ottenere la seguente espansione:

3

2 : 1 =[1,

3, 1, 5, 1, 1, . . . ].

Fin qui, non abbiamo alcuna informazione che ci permette di prevedere come potrebbe andare avanti l'espansione; estendiamo questo calcolo, andando a prendere una tabella che comprenda i cubi no a 999, cos da raggiungere (vedi tabella che segue):

3

2 : 1 =[1,

3, 1, 5, 1, 1, 4, 1, 1, . . . ].

Non abbiamo guadagnato niente di rilevante per il nostro obiettivo. Il calcolo di questo rapporto pu continuare ntanto che l'operazione di elevamento al cubo fattibile; i primi 75 termini sono:

3

2:1=

[1, 3, 1, 5, 1, 1, 4, 1, 1, 8, 1, 14, 1, 10, 2, 1, 4, 12, 2, 3,

2, 1, 3, 4, 1, 1, 2, 14, 3, 12, 1, 15, 3, 1, 4, 534, 1, 1, 5, 1, 1, 121, 1, 2, 2, 4, 10, 3, 2, 2, 41, 1, 1, 1, 3, 7, 2, 2, 9, 4, 1, 3, 7, 6, 1, 1, 2, 2, 9, 3, 1, 1, 69, 4, 4, . . . ].

106

Nemmeno i primi 75 termini dell'espansione mostrano la possibilit di formulare qualche ipotesi; infatti, non si manifesta nessuna chiara periodicit, n nessun apparente comportamento regolare di

p3 2q 3

che pu portare ad una

generalizzazione dell'equazione di Pell. Il grande ostacolo che si incontra nella risoluzione del problema della dimensione dei cubi, infatti, sta nel non riuscire, a questo livello, a formulare delle congetture, su cui cominciare ad indagare. Per usare la stessa metafora di Fowler: la caccia ai risultati non pu cominciare nch la preda non stata identicata . In realt, questo problema tutt'oggi compreso solamente in parte. Per formulare delle prime congetture generali, infatti, bisogna aspettare il lavoro di Gauss sull'espansione delle funzioni continue di un qualsiasi numero reale, che egli stesso lascia incompleto per la sua dicolt. Anche dopo la sviluppo elettronico dei computer, si riescono a raggiungere dei risultati solo molto particolari. Ci si pu, allora, fermare alla seguente indagine: i termini dell'espansione sono limitati o, se non lo sono, possiamo avere una qualche idea sul loro tasso di crescita? Ancora una volta, ci si deve accontentare di risposte molto particolari, come la limitazione molto debole di

nk ab

k

, con

a

e

b > 1.

Con la sua interpretazione alternativa, dunque, Fowler mostra come il problema della dimensione dei cubi presentato da Platone nella Repubblica VII trova la sua applicazione anche nei giorni nostri, infatti il suo fascino attrae ancora un certo gruppo di matematici, anche