emmaus ottobre 2013

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MUSILE DI PIAVE, CHIESANUOVA, MILLEPERTICHE, PASSARELLA, SANTA MARIA DI PIAVE, CAPOSILE ANNO 6 - N. 3 OTTOBRE 2013 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - [email protected] - www.collaborazionemusile.it DON, ANDIAMO A ROMA DAL PAPA? In questi sei mesi, a noi sacerdoti, è stata rivolta tantissime volte questa domanda. Papa Francesco ha un effetto “magico” verso tutti e tutti vogliono poterlo vede- re... E’ un grande segno di vicinanza e di apprezzamento, quasi di esaltazione verso questo papa che sta scardinando la lontananza vissuta dalla Chiesa di Roma, dalle gerarchie e fa vedere il volto di un Dio misericordioso, umile, povero... dove la chiesa ne deve essere la sua più limpi- da immagine. E’ bello ritrovare il Papa che si china sui poveri, che grida per i disoc- cupati e per gli immigrati e rifugiati, che ci insegna a non avere paura di annunciare con la nostra vita l’amore di Dio. Papa Francesco però, con il suo sorriso e il suo modo gentile e simpatico, dice cose dure e impegnative, controcorrente, forse “solo” evangeliche... tanto che spesso mi chiedo se andare a Roma non sia troppo presto! Mi spiego: forse sarebbe il caso prima di andare dal Papa, ascoltare ciò che ci dice, leggere i suoi interventi, conoscerlo di più per amarlo di più, soprattutto mettere in pratica almeno qualcosa di quello che proclama continuamente, fidarsi e cambiare stile alla nostra vita. Ecco alcune sue frasi che mi mettono in crisi... “Ognuno si chieda oggi: faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona. Sono motivo di divisione, di disagio? Ma voi non sapete il male che fanno alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità, le chiacchiere! Fanno male! Le chiacchiere feriscono. Un cristiano prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Sì o no? Mordersi la lingua: questo ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare. Ho l’umiltà di ricucire con pazienza, con sacrificio, le ferite alla comunione?”. E alcuni tweets del Papa dicono: “Chiediamo al Signore di avere la tenerezza che ci fa vedere i poveri con comprensione e amore, senza calcoli e senza timori.” “La vera carità richiede un po’ di coraggio: superiamo la paura di sporcarci le mani per aiutare i più bisognosi.” “Cristo è sempre fedele. Preghiamo di essere anche noi sempre fedeli a Lui.” “Ci sono tanti bisognosi nel mondo d’oggi. Sono chiuso nelle mie cose, o mi accorgo di chi ha bisogno di aiuto?” “Cercare la propria felicità nell’avere cose materiali è un modo sicuro per non essere felici.” “A volte si può vivere senza conoscere i vicini di casa: questo non è vivere da cristiani.” Forse allora per tutti noi è il caso, prima di andare a Roma dal Papa (e ci andremo), di verificare la nostra vita e di cambiare rotta... di cambiare stile, di prendere sul serio il nostro essere cristiani. Non andremo dal Papa per fotografarlo o perchè è la star del momento (non vogliamo che diventi “IDOLATRIA o PAPA- LATRIA”), ma andremo dal Papa per ringraziarlo di metterci in crisi e per riconoscere che essere cristiani è un cammino controcorrente ma bellissimo e solo allora nel suo volto e nel suo sorriso vedremo il volto e il sorriso di Gesù. don Saverio

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Emmaus ottobre 2013

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Page 1: Emmaus ottobre 2013

MUSILE DI PIAVE, CHIESANUOVA, MILLEPERTICHE,PASSARELLA, SANTA MARIA DI PIAVE, CAPOSILE

ANNO 6 - N. 3 OTTOBRE 2013 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - [email protected] - www.collaborazionemusile.it

DON, ANDIAMO A ROMA DAL PAPA?In questi sei mesi, a noi sacerdoti, è stata rivolta tantissime volte questa domanda.Papa Francesco ha un effetto “magico” verso tutti e tutti vogliono poterlo vede-re... E’ un grande segno di vicinanza e di apprezzamento, quasi di esaltazione verso questo papa che sta scardinando la lontananza vissuta dalla Chiesa di Roma, dalle gerarchie e fa vedere il volto di un Dio misericordioso, umile, povero... dove la chiesa ne deve essere la sua più limpi-da immagine. E’ bello ritrovare il Papa che si china sui poveri, che grida per i disoc-cupati e per gli immigrati e rifugiati, che ci insegna a non avere paura di annunciare con la nostra vita l’amore di Dio.Papa Francesco però, con il suo sorriso e il suo modo gentile e simpatico, dice cose dure e impegnative, controcorrente, forse “solo” evangeliche... tanto che spesso mi chiedo se andare a Roma non sia troppo presto! Mi spiego: forse sarebbe il caso prima di andare dal Papa, ascoltare ciò che ci dice, leggere i suoi interventi, conoscerlo di più per amarlo di più, soprattutto mettere in pratica almeno qualcosa di quello che proclama continuamente, fidarsi e cambiare stile alla nostra vita. Ecco alcune sue frasi che mi mettono in crisi...“Ognuno si chieda oggi: faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona. Sono motivo di divisione, di disagio? Ma voi non sapete il male che fanno alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità, le chiacchiere! Fanno male! Le chiacchiere feriscono. Un cristiano prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Sì o no? Mordersi la lingua: questo ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare. Ho l’umiltà di ricucire con pazienza, con sacrificio, le ferite alla comunione?”. E alcuni tweets del Papa dicono:

• “Chiediamo al Signore di avere la tenerezza che ci fa vedere i poveri con comprensione e amore, senza calcoli e senza timori.”• “La vera carità richiede un po’ di coraggio: superiamo la paura di sporcarci le mani per aiutare i più bisognosi.”• “Cristo è sempre fedele. Preghiamo di essere anche noi sempre fedeli a Lui.”• “Ci sono tanti bisognosi nel mondo d’oggi. Sono chiuso nelle mie cose, o mi accorgo di chi ha bisogno di aiuto?”• “Cercare la propria felicità nell’avere cose materiali è un modo sicuro per non essere felici.”• “A volte si può vivere senza conoscere i vicini di casa: questo non è vivere da cristiani.”

Forse allora per tutti noi è il caso, prima di andare a Roma dal Papa (e ci andremo), di verificare la nostra vita e di cambiare rotta... di cambiare stile, di prendere sul serio il nostro essere cristiani.Non andremo dal Papa per fotografarlo o perchè è la star del momento (non vogliamo che diventi “idolatRia o PaPa-latRia”), ma andremo dal Papa per ringraziarlo di metterci in crisi e per riconoscere che essere cristiani è un cammino controcorrente ma bellissimo e solo allora nel suo volto e nel suo sorriso vedremo il volto e il sorriso di Gesù.

don Saverio

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2 OTTOBRE 2013

Il tema del Battesimo nell’arte cristiana compare a partire dalle pitture nelle catacombe romane che risalgono al III secolo d.C. per svilupparsi poi nei secoli seguenti. Nella vicina Padova potete ammirare uno di questi esempi nel ciclo degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, uno dei più straordinari capolavori dell’arte pittorica italiana eseguiti dal pittore Giotto (Vespignano 1266 - Firenze 1337). Fondata nel 1303 da Enrico Scrovegni, uno dei più ricchi cittadini di Padova, la Cappella degli Scrovegni (o dell’Arena) fu consacrata due anni dopo nel 1305, completa degli affreschi giotteschi che narrano le Storie di Maria e di Cri-sto. Nel Battesimo di Cristo Giotto ritrae Gesù al centro della scena, immerso fino a metà busto nelle acque del fiume Giordano, mentre riceve il battesimo dalle mani di san Giovanni Battista. Quest’ultimo è accompagnato da due discepoli, uno anziano con l’aureola e uno più giovane, in attesa anche loro di ricevere il Sacramento. Sulla roccia opposta, quattro angeli tengono la tunica e il mantello di Gesù e si sporgono leggermente in avanti pronti a ricoprirlo nel momento in cui uscirà dall’acqua.In alto, tra la luce divina, appare Dio Padre con un libro in mano nell’atto di benedire il Figlio. Le figure avvolte in ampi mantelli colorati contrastano con il blu intenso del cielo; altissima è la qualità dei volti, carichi di umanità, affetto e sentimento, propri a celebrare l’importanza e la solennità del momento.Gesù fu battezzato in un giorno in cui tutto il popolo accorreva per sottoporsi al rito. «Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compia-ciuto» (Mt, 3, 13-17).

Con il Battesimo veniamo accolti nella Chiesa e nasciamo, nel segno dell’acqua, a una vita nuova. Siamo realmente figli di Dio, fratelli di Gesù, dimora dello Spirito Santo.

Diana Sgnaolin

IL BATTESIMO DI CRISTO

Giotto, Battesimo di Cristo, affresco, 1303-1305, Padova, cappella degli Scrovegni (o dell’Arena).

FoNti biblioGRaFiche:Giotto, La pittura, A. Tomei, Art e Dossier, Giunti, Firenze, 1997 - Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, J. Hall, Longanesi & C., Milano, 2003

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3OTTOBRE 2013

“Se tu conoSceSSi il dono di dio”lettera paStorale del noStro VeScoVo MonS. Gardin Gianfranco aGoStino

Venerdì 20 settembre scorso, nel Tempio di San Nicolò a Treviso, si è aperto il nuovo anno pastorale diocesano: un appuntamento che segna l’inizio del nuovo anno pa-storale per la nostra diocesi e “se-gno di una chiesa viva che cammi-na nel tempo con lo sguardo fisso su Colui che la guida e la sostiene, e nel quale ripone tutta la sua fi-ducia”. Giovani e adulti, sacerdoti, religiose e religiosi, laici e operatori pastorali impegnati durante l’anno nelle parrocchie, si sono ritrovati per riflettere sulla frase di Gesù alla Samaritana “Se tu conoscessi il dono di Dio” contenuta nel Vange-lo di Giovanni (4,10). La lettera del nostro Vescovo propone l’avvio di un nuovo cammino alla risco-perta del Battesimo. Il Vescovo, nel richiamare gli impegni per il nuovo anno pastorale, ha introdot-to i contenuti della sua nuova Lette-ra “Se tu conoscessi il dono di Dio” che ha come sottotitolo “riscoprire il nostro Battesimo” richiamando il cammino intrapreso ormai da alcu-ni anni, sull’urgenza della trasmis-sione della Fede e sull’importanza della formazione cristiana degli

adulti. Mons. Gardin ha ricordato che, già dall’anno scorso, la no-stra diocesi ha posto l’attenzione sul Battesimo ed in particolare sulla formazione dei catechisti che preparano i genitori al Bat-tesimo dei loro figli. Ha rilevato l’importanza della valorizzazione dei tempi da scandire durante l’anno pastorale affinché il pro-cedere avvenga con obiettivi e modalità che aiutano i fedeli ad essere chiesa che avanza in-sieme sulle strade di Dio.Nella sua lettera il Vescovo sottolinea che il Battesimo è il sacramento della fede. Il Battesimo è l’origine della no-stra identità di cristiani che, illuminati dalla grazia dello Spirito Santo, rispondono al Vangelo di Cristo. Proprio sul

Battesimo nella recente riflessione episcopale del Vescovo vi sono an-che le parole di Papa Francesco: “Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella chiesa e attraverso la chie-sa”. Ma, sottolinea il nostro Ve-scovo, se guardiamo attentamen-te nelle nostre comunità, pare che per molti la storia con Dio, iniziata nel Battesimo, si sia interrotta o si sia sfilacciata e spinge a chieder-si “quale consapevolezza battesi-male” vi sia nelle nostre comunità cristiane. I catechisti trasmettono ai genitori dei battezzati la bellez-za e la grandezza del dono che il loro figlio sta per ricevere, ma poi viene sincero domandarsi se chi ha ricevuto questo dono lo ricordi, ne prenda coscienza e lo viva. “I ge-nitori che fanno battezzare i loro bambini trovano una comunità cristiana che riconosce il proprio battesimo, così da aiutare loro e i loro piccoli battezzati ad acco-gliere questo dono? La comuni-tà cristiana, che accoglie il nuo-

vo battezzato, si presenta come una comunità che riconosce nel battesimo l’origine della propria identità?”Siamo ben consapevoli che la fede può essere realmente trasmes-sa solo da chi la vive, fa presente il Vescovo, in altre parole la fede non è qualcosa che passa da una mente ad altre menti, ma da un’e-sigenza ad altre esigenze. La fede si trasmette se ci ha preso, ci è penetrata dentro e ci ha sorpre-so. Papa Francesco chiede “una chiesa capace di riscaldare il cuo-re” ma come riscaldare il cuore degli altri se il nostro è abitato da una fede – se ancora si può chia-mare tale – fredda, stanca, inerte, annoiata e noiosa? Afferma Mons. Gardin che il credente è uno che ha dentro di sè “la bella notizia” e che non può tenerla per sé. E’ all’interno di questo percorso, sot-tolinea il Vescovo, che si è sentito il bisogno di dedicare una maggiore attenzione agli adulti. E’ urgente il bisogno di una chiesa in cui i credenti adulti si impegnino e contribuiscano a sostenere nella fede fanciulli, adolescenti, giova-ni e anche altri adulti. In altre pa-role c’è il bisogno di “cristiani adulti in una chiesa adulta”. E spiegando la scelta del titolo della sua lettera pastorale, il Vescovo dichiara che, se non conosciamo Dio, il cristia-nesimo e la fede, se non vi è in noi la percezione e la consapevolezza di quello che Dio è e opera per noi, l’essere cristiani perde tutta la sua bellezza, la sua forza e così anche il suo annuncio centrale si riduce ad uno sterile insieme di precetti, in-compresi e subiti.Su questo aspetto Papa Francesco ci dice : “ la chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in pic-coli precetti”. La cosa più impor-tante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato”! E che cos’è il Battesimo se non la sal-vezza di Cristo morto e risorto

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4 OTTOBRE 2013

centenario della Morte di papa San pio X

La nostra Diocesi di Treviso ricor-da quest’anno, con varie mani-festazioni e incontri il centenario della morte di Papa San Pio X.

Nato a Riese, in provincia di Trevi-so, il 2 giugno 1835, Giuseppe Mel-chiorre Sarto assumerà la ben più nota denominazione di Pio X nel 1903, all’elezione al soglio pontifi-cio. Seminarista a Padova, fu consa-crato sacerdote nel 1858 e divenne vicario della parrocchia di Tombo-lo. Dal 1875 fu direttore spirituale del seminario diocesano finché, nel 1884, ottenne la consacrazione a Vescovo di Mantova. Nel 1893, non senza dissensi con l’allora Regno d’Italia che rivendicava in favore del Re il potere di nomina del Patriar-ca lagunare, fu nominato Patriarca di Venezia e, contestualmente, fu creato cardinale. Alla morte di Le-one XIII, il più accreditato succes-sore era il cardinale Rampolla che, tuttavia, venne scartato in ossequio ad un antico potere di veto (c.d. veto laicale, abrogato proprio da Pio X con la costituzione pastorale “Commissum nobis”) riconosciuto ai monarchi cattolici europei, eser-citato, all’epoca, dall’arcivescovo di Cracovia, in nome e per con-to dell’imperatore austroungarico Francesco Giuseppe, contrariato, fondamentalmente, dalle posizioni filofrancesi del Rampolla. Fu così che lo sguardo del conclave si rivol-

se al Patriarca di Venezia: eletto il 4 agosto 1903. Giuseppe Melchiorre Sarto scelse il nome di Pio X. Ricordato per essere stato il primo Pontefice a vantare origini umili e per aver affrontato l’intero cursus honorum ecclesiastico, visse in Vaticano assistito dalle sorelle in grande modestia. Pio X si trova ad affrontare un’epoca politicamente, sociologicamente ed economica-mente estremamente complicata, senza, peraltro, disporre di solide basi universitarie, ampiamente sur-rogate, però, dal senso pratico e dalla carità: l’unificazione italiana, i movimenti operai, l’affermarsi dei partiti di massa, la questione della laicità, le istanze sociali, l’innova-zione dei metodi produttivi, la pros-simità alla rivoluzione russa, alla I guerra mondiale sono i principali problemi che il Papa dovette affron-tare. Importante fu la presa di po-sizione in favore di un allentamento

del “non expedit” voluto da Pio IX: la partecipazione alla vita politica dei cattolici italiani non poteva più essere tabù. Importanti furono gli in-terventi di Pio X quando ancora era vescovo di Mantova, quando, sulla scorta del pensiero di Pio IX, favorì il costituirsi di cooperative tra ope-rai. Inoltre, pur contrario al diffon-dersi del pensiero liberale, liberista e socialista, seppe affrontare con capacità critica il disagio degli ope-rai, istituendo le casse operaie par-rocchiali, uffici di collocamento e un corso di scienze economico-sociali presso il seminario. Mons. Sarto era da molti considerato un pensatore non favorevole alle istanze liberali e liberiste, tanto che si ricordano gli interventi di Pio X contro il moderni-smo, ideologia affermatasi a cavallo tra Otto e Novecento che pretende-va distaccare l’uomo da ogni assio-ma di valore assoluto, favorendo un affermarsi del concetto di uomo del tutto indipendente da dogmi ed altri vincoli alla propria libertà e ripren-dendo, sotto certi aspetti, una con-cezione scientista della realtà. Morì il 21 agosto 1914, pochi gior-ni prima dello scoppio della I guer-ra mondiale. Beatificato il 3 giugno 1951, fu dichiarato santo il 29 mag-gio 1954.

Luca Cadamuro

P.s.: La Diocesi organizza un pellegrinag-gio a Roma con udienza del Santo Padre dal 8 al 10 Settembre 2014.PeR infoRmazioni:telefono: 0422.576882e-mail: [email protected]

che ci raggiunge e ci fa nuovi im-mettendo la sua vita nella nostra e ci fa tralci della vite che lui è? “ ….Davvero se conoscessimo il dono di Dio!” esorta il nostro Ve-scovo.Mons. Gardin propone alla nostra chiesa, nel suo cammino verso la fede adulta, verso un più intenso impegno di trasmissione della fede e di testimonianza della “bella no-

tizia del Vangelo”, di impegnarci nella riscoperta, riflessione e rias-sunzione del nostro Battesimo. Ci indica un cammino pastorale bien-nale per capire chi siamo e cosa fare per diventare quelli che siamo chiamati ad essere. Ci invita a de-dicare il primo anno alla riflessione e all’approfondimento del dono del Battesimo ed il secondo anno a re-alizzare quegli impegni che il nostro

Battesimo ci chiama a compiere nella quotidianità della nostra vita concreta, valorizzando l’anno litur-gico ed i segni liturgici. Il Vescovo ci chiama tutti a camminare insieme sulla strada proposta, nei diversi ambienti pastorali ed in particolare nei “fecondi percorsi delle nuove realtà” delle Collaborazioni Pasto-rali.

Elisa Montagner

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5OTTOBRE 2013

Collaborazione Pastorale di Musile di PiaveLETTURA DELLA BIBBIA

“UN CUOR SOLO E UN’ANIMA SOLA”Lettura continuata e commento degli ATTI DEGLI APOSTOLI

Il ProGrAmmA - CAlENDArIo DI lETTUrA:

Tutti gli incontri si svolgeranno alle ore 20.30 presso le sale parrocchiali di Chiesanuova. Portare con sé la Bibbia, un quaderno e una penna.

ASCOLTO DELLA PAROLA Presso la canonica di Passarella, da martedì 15 ottobre e per ogni martedì alle 20.30, insieme a don Flavio, si ascol-ta il Vangelo della Domenica successiva dando spazio al dialogo ed alla condivisione. Questi incontri sono aperti a tutti coloro che vogliono prendere sul serio la Parola preparandosi alla Liturgia della Domenica.

VI ASPETTIAMO! I VOSTRI SACERDOTI

Guidati da don Saverio in questo sesto anno, proseguiamo il percorso di lettura continuatadi un libro della Bibbia dando spazio ad una semplice esegesi, ad un tempo diriflessione e di preghiera.Per alcuni incontri ci aiuteranno fratel Moreno, Brunetto Salvarani e Vincenzo Giorgio.

Incisione del IV secolo nelle catacombe romane

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6 OTTOBRE 2013

Che Papa Francesco non ambisca a ricoprire l’incarico di mero “impie-gato della Chiesa” è cosa chiara fin dal primo giorno del suo pontificato perché – come riferisce lo storico e docente universitario Franco Cardi-

ni – «sotto l’atteggiamento mite da prete, c’è un panzer che vuole pro-vocare scandalo». Uno “scandalo” – ammesso che lo si possa così definire – funzionale, soprattutto, a risvegliare la Chiesa, istituzione millenaria che sembra aver nasco-sto, per troppo tempo, la propria essenza, travolta dal peso di ac-cuse che ne hanno compromesso l’autorevolezza. È proprio questo tratto caratteri-stico ed energico del pontificato di Papa Bergoglio ad aver segna-to le sue visite a Lampedusa ed in Sardegna: due visite diverse tra loro nel significato prettamente pastorale ma accomunate dal desiderio del Pontefice di mo-strare una Chiesa non già nuo-va bensì rinnovata e alla ricerca del cammino verso le vere origini della Chiesa che è comunità e, in quanto tale, condivisone di dove-ri, quindi, di servizio. A Lampedusa, lo scorso 8 luglio, Papa Francesco ha rinunciato a grandi allestimenti (risulta un’e-splicita richiesta di non alterare la vita quotidiana dell’isola), alla nota papa-mobile (sostituita da una Fiat campagnola messa a disposizio-ne da un abitante dell’isola), senza altari bordati con metalli preziosi poiché l’altare s’è ricavato da una barca in legno. Papa Bergoglio ri-

sponde così, con una insolita, scon-certante ma efficace semplicità, al fenomeno che lui stesso ha definito “globalizzazione dell’indifferenza”. Il concetto espresso a Lampedusa comprende più significati ma, una

volta interpretato in maniera organi-ca e in combinato disposto con le parole dell’omelia di domenica 29 settembre, assu-me un valore es-senziale per la vita cristiana: «cosa succede se un cristiano si com-piace solo del

suo benessere ignorando i tanti Lazzaro che gli chiedono un aiu-to? Guai agli spensierati di Sion che mangiano, bevono, cantano e si divertono e non si curano dei problemi degli altri. Questa è gente che sta sull’orlo di un abisso di disumanizzazione: se le cose, il denaro, la mondani-tà diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini. Guardate bene: il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente “un ricco”. Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri». E stupisce notare come alla celebrazio-ne eucaristica celebrata nell’isola non fossero presenti rappresentanti delle istituzioni (solo il Prefetto era presente), come spesso accade durante altre cerimonie presiedute dal Pontefice; erano presenti, inve-ce, gli abitanti dell’isola e i migran-ti, anche di fede islamica. Anche questa immagine, forse, manifesta un senso di indifferenza che, al di là delle posizioni partitiche ed ide-ologiche, è sintomo – appunto – di una indifferenza che conduce, nel caso di specie, anche ad una inca-pacità di percepire i fatti e ad una consequenziale incapacità di forni-re risposte ai fatti stessi.

Dopo l’importante messaggio lan-ciato da Lampedusa, non è manca-to un ulteriore intervento da Caglia-ri. In Sardegna si parla di lavoro, di crisi e «di un sistema economi-co che porta a questa tragedia, un sistema economico che ha al centro un idolo che si chiama de-naro, ma Dio ha voluto che al cen-tro del mondo non ci sia un idolo ma l’uomo. L’uomo e la donna che portino avanti il mondo con il loro lavoro». Un messaggio for-te che non si limita alla critica ma abbonda di sentimenti intimi che, come sappiamo, possono toccare molto più delle parole, dei dogmi. Per questo il Pontefice parla del-la propria esperienza personale di figlio di immigrati che durante il periodo della grande depressione persero tutto, anche la speranza. Un Papa che parla di esperienza di vita comune, un Pontefice che sembra assumere le vesti del par-

roco qualsiasi, mentre affronta pro-blemi quotidiani, non è certo cosa di ogni giorno, come non è cosa di ogni giorno che parli di coraggio vivo, di un coraggio che egli stes-so si impegna a trasmettere non in qualità di studioso delle scritture o di gesuita né, tantomeno, in qualità di “impiegato della Chiesa”: Bergo-glio parla di un impegno personale per riportare il coraggio.Ecco il grande messaggio di Fran-cesco, coerente con il nome scelto: un messaggio di essenzialità co-raggiosa per tornare al messaggio di Gesù.

Luca Cadamuro

papa franceSco a laMpeduSa e a caGliari

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7OTTOBRE 2013

“che coSa c’è dopo la Morte?”Estate, tempo di riposo, di diverti-mento, di mare, di montagna, di va-canza… si allentano le attività, ci si rilassa, si vorrebbe essere più spen-sierati. La nostra comunità da qualche anno ha deciso di approfittare invece della pausa estiva per approfondire alcuni temi riguardanti il nostro essere cri-stiani con il leggere insieme un libro. Cornice di questo bel momento è il giardino della comunità del Piccolo Rifugio di San Donà di Piave. Quest’anno la scelta del libro si è ispirata alle diverse morti improv-vise di persone della nostra co-munità. È stato quasi “naturale” orientarsi sul libro di Anselm Grün: “Cosa c’è dopo la morte: l’arte di vi-vere e morire”.Devo dire che mi sono "avvicinata" a questo libro con un po’ di titubanza, ma con il desiderio di capire (o forse di avere delle conferme) cosa ci succe-derà quando moriremo. La mia vita è stata attraversata più volte dalla mor-te di famigliari e persone care, ma ho sempre sentito ogni volta, oltre al do-lore della perdita, anche una grande speranza-certezza: quello che la no-stra fede professa e cioè che la nostra vita continuerà nell’aldilà nella luce e nell’amore di Dio. Non meno impor-tante: potremo rincontrare le persone che ci hanno preceduto.Dalle prime righe, l’autore ci ha fatto subito capire “che solo se accettiamo la morte come meta della nostra vita, e non come an-nientamento, possiamo vivere pie-namente la nostra essenza di uo-mini mortali, eppure chiamati alla resurrezione”. Ma quale percorso psicologico, spirituale dobbiamo fare per interiorizzare tutto ciò? Come te-stimoniare questa speranza quando il dolore della perdita ci assale? Credo che all’inizio non abbiamo tro-vato risposte ma abbiamo aumentato le nostre domande. Possiamo accet-tare la morte delle persone anzia-ne, e forse di quelle ammalate, ma la morte di giovani e bambini? Le morti violente? Esiste il Paradiso? L’inferno? E il purgatorio? Come stare accanto alle persone che si preparano alla morte e ai loro fami-

gliari e amici?Anche la psicologia e la filosofia, se-condo l’autore, ci incoraggiano a fi-darci delle intuizioni della nostra ani-ma che nel profondo sa che esiste un’altra forma di vita, dopo la morte, che non è vincolata dalle categorie dello spazio e del tempo. Molto interessante è stato capire che le immagini bibliche cercano di darci consolazione e vincere la paura della morte e, penetrando la nostra anima, trasformano la paura della morte e dell’ignoto che ci aspetta e ci mettono in contatto con la fiducia e la speranza che già esistono nel nostro intimo.Sono tante le immagini proposte (e non le cito tutte per invitare alla lettura del libro) ma quella a me più cara è quella che ho vissuto personalmente e che mi sono “spiegata” con la let-tura del libro. Anselm Grün la chia-ma “Preparare un posto”: Gesù nel discorso della montagna descrive ciò che ci attende quando moriamo. “Non sia turbato il vostro cuore. Ab-biate fede in Dio e abbiate fede an-che in me. Nella Casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no vi avrei mai detto: vado a prepararvi un po-sto?...” L’interpretazione che Gesù dà della propria morte vale anche per le persone a noi care, alle quali siamo legate da amicizia e amore. Quando muoiono portano con sè già una par-te di noi nella dimora eterna. Tutto ciò che abbiamo condiviso: gioia, dolore, amore, sofferenza, i discorsi fatti, vie-ne portato nella casa che preparano per noi. Avvertiamo sempre che qual-cosa di noi se ne va quando muore una persona cara, ma non dobbia-mo considerarlo uno strappo, bensì un avvicinamento a Dio. Possiamo confidare che una parte di noi è già con Dio e ci aiuta nella vita terrena e quando moriremo forse sarà più facile incontrarlo. Può succedere quindi di avvertire nel dolore della perdita la vicinanza consolatrice di Dio.Chi crede in Dio e ha un dialogo di amore con Lui, non può interromperlo con la morte: è questa l’interpretazio-ne di Giovanni della resurrezione. La comunione con lui si verifica già nella terra; credere significa capire l’essen-za delle cose, in tutto "riconoscere

Dio come il fondamento". Quando moriremo vedremo più chiaro e puro e saremo un tutt'uno con Lui.

Interessante poi è stato analizzare la preghiera che facciamo per i defunti: l’eterno riposo. Il riposo, che caratterizza già la no-stra vita terrena, e non è quello della tomba, è il riposo divino del sabato. In Dio potremo riposarci da tutte le tribolazioni e fatiche, e come Lui po-tremo dire che ciò che abbiamo fatto era buono perché ci ha portato a lui. Come gli ebrei, nel riposo non oziamo, ma familiarizziamo con Dio. S. Agosti-no dice che “Lì riposeremo e vedre-mo, vedremo e ameremo, ameremo e loderemo”. Quindi nella preghiera auguriamo al defunto di guardare alla propria vita dal punto di vista di Dio e riconoscere che è tutto buono e di aumentare l’amore nel rapporto con Lui. La luce: la morte è associata al buio e all’oscurità. Perciò auguriamo al de-funto che risplenda a lui la luce perpe-tua, che possa riconoscere gli avve-nimenti della propria vita alla luce di Dio. Che tutto si illumini, che ciò che non appariva chiaro ora si riveli.Gli chiediamo di diventare Lui stesso luce per noi.Interessanti sono state anche le de-scrizioni dell’Inferno, Purgatorio e Pa-radiso che sono luoghi dell’anima che

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8 OTTOBRE 2013

possiamo già vivere su questa terra. Rimando anche qui la curiosità del let-tore al testo. L’ultima parte del libro (morire nella speranza) ci ha permesso la con-divisione delle nostre esperienze di accompagnamento alla morte di genitori, amici, figli... L’atteggia-mento che ha caratterizzato il mo-mento è stato il profondo rispetto e pudore sia di chi parlava sia di chi ascoltava. L’esperienza della morte, se affrontata, non ci chiude alla vita, bensì ne dona un significato nuovo; non ci chiude nella disperazione ma ci apre alla gioia del dialogo con Dio già sulla terra; non ci fa sentire soli ma in

compagnia di un Dio che vuole solo la nostra felicità, che ci accetta con i nostri limiti e che ci perdona ogni volta che sbagliamo.

La lettura del libro ha aumentato in me la consapevolezza di testimonia-re con la presenza a volte silenziosa questo Amore e consolazione di Dio, di non aver paura di parlare di questo argomento che tanto ci spaventa. La fede però non va gridata ma instil-lata e testimoniata nei piccoli gesti costanti di vicinanza alle persone che soffrono e nel ricordo quotidia-no della nostra preghiera. Le nostre comunità parrocchiali dovrebbero

dedicare delle attenzioni particolari a chi si trova ad affrontare un lutto.Inoltre dovrebbe aumentare in noi cri-stiani la consapevolezza che “In Gesù, Dio ci ha donato la grazia di vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà, nell’attesa della beata speran-za e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio Salvatore Gesù Cristo. È una beata speranza quella che Dio ci ha donato, una speranza che ci rende beati già oggi e ci fa vi-vere in armonia con noi stessi e con la nostra esistenza, e quindi felici, pur nella prospettiva della morte.”

Susanna Paulon

VeGlia per la pace: MuSile 11 SetteMbre 2013“Signore, scusa, siamo ancora noi che bussiamo alla tua porta...”

“Siamo noi, “piccoli” uomini che ancora una volta ti ab-biamo deluso...Dopo esser risorto, quando sei apparso ai tuoi aposto-li, li hai salutati con uno dei più bei saluti che qualcuno possa ricevere: “PACE A VOI”. Ma noi non riusciamo

a vivere nella pace, non la conosciamo perchè non siamo ca-paci di essere uomini di pace. Il Caino che c’è in ognuno di noi, conti-nua a risponderti indi-sturbato: “Sono forse io il custode di mio fratello?” E così le guerre con-tinuano, il sangue di

innocenti si riversa sulla terra e il clima di indifferenza di chi sta intorno si allarga...Non sappiamo cosa fare se non inginocchiarci davanti a Te e pregarti come se fossimo “un cuore solo e un’a-nima sola”...E’ per questo che siamo qui, in questa chiesa, uno accanto all’altro: giovane, vecchio, bambino, italiano, siriano, musulmano... Siamo qui Signore, chiamati dal nostro pastore che ci invita a vegliare per la pace.Sopra l’altare la luce delle lampade illumina la tua ma-estosità, il tuo silenzio, la tua Presenza.Sullo sfondo un grande quadro: Signore, lo vedi? Vedi come quella colomba sembra voler portare un filo di speranza a una terra che sembra allontanarsi da Te? E Tu invece continui ad allungare le mani, ad aspettarla, a custodirla.Ai piedi della Tua croce una bandiera colorata, la ban-

diera della pace, i colori della pace... ma non basta una bandiera a costruirla!Signore, quante persone in silenziosa adorazione. Solo Tu sei l’unica speranza per questa nuova guerra alle porte che sembra scoppiare da un momento all’altro.Ascolta la nostra preghiera. Non hai detto forse Tu: “Quale padre darebbe un sasso al figlio che gli chiede un pezzo di pane?”Siamo qui, intorno a Te, ti chiediamo la pace, aneliamo alla pace, quella vera, quella che nasce nella profondità del cuore e che può davvero far cambiare il mondo.Fai scoppiare la pace Signore! In ogni angolo della ter-ra! Negli angoli più bui, nelle zone più oscure, nei me-andri dei nostri cuori...Che ogni lumino qui acceso, intorno a questa bandiera, porti una luce di speranza a chiunque ne abbia biso-gno e che ogni abbraccio scambiato e accolto possa diventare un desiderio di pace realizzato.”

Monica Scarabel

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9OTTOBRE 2013

praGa: diario di ViaGGioRaccontare di un viaggio vissuto è sempre piacevole perché ci aiuta a ricordare luoghi, colori, profumi, sa-pori e sensazioni provate. Eccomi allora pronta a proporre il diario dei 5 giorni trascorsi a Praga, condivisi con don Flavio e un gruppo di noi.

Lunedì dell’angelo 1° aprile 2013Partenza di buon'ora da Passarel-la con prima destinazione Chiem in Baviera, la più grande e visitata regione della Germania ricca di fo-reste, montagne, laghi, storia ed arte. Dopo una breve attraversata in battello giungiamo a Herrenin-sel (l’Isola degli uomini) mentre da lontano ammiriamo Fraueninsel (L’Isola delle donne). Visi-tiamo il castello di Herrenchiemsee costruito da Re Ludwig II come copia della Reggia di Versailles. Ma-gnifica costruzio-ne che ben riesce a farci assaporare ed immergere negli sfarzi di quell’epo-ca. Scopriamo che l’Isola degli uomi-ni è chiamata così perché ospitava un convento di Cano-nici Agostiniani a differenza dell’Isola delle donne che ancora oggi accoglie una comunità di monache Benedettine. Il paesag-gio è talmente suggestivo che nep-pure il freddo pungente (che non ci abbandonerà mai in questi giorni) riesce a farci distogliere dall’ammi-rarlo.

martedì 2 aprileSiamo ancora nel cuore della Bavie-ra, ad Altotting, centro spirituale di questa regione dove, in un picco-lo santuario ottagonale, possiamo pregare davanti alla bellissima im-magine della Madonna Nera, molto venerata in Germania e dal Papa

emerito Benedetto XVI, realizzata in legno di tiglio e così soprannomina-ta da quando il fumo delle cande-le, nel corso degli anni, le ha fatto assumere la particolare colorazio-ne scura. Andiamo poi nella vicina Markt, per visitare la casa natale di Papa Ratzinger.

mercoledì 3 e giovedì 4 aprileSiamo a Praga, nella Repubblica Ceca, città che ha vissuto drammi e resurrezioni ed è riuscita a con-servare magicamente i segni di queste tappe storiche. Visitiamo il quartiere Hradcany, il castello reale Boemo e la cattedrale di San Vito,

raccolta nel suo interno. Impariamo che il cuore di Praga è costituito da quattro quartieri: Starè Mesto (Cit-tà Vecchia) con Josefov (il quartiere ebraico), Novè Mesto (Città Nuova), Hradcany (il Castello) e Malà Strana (Città Piccola). La moneta in circo-lazione è la corona ceca e questo c’impegna a confrontarci con una valuta diversa dal nostro euro. A Starè Mesto spaziamo dal Ponte Carlo, uno dei ponti più belli del mondo con le sue 30 statue e 3 tor-ri, alla piazza della Città Vecchia alla scoperta del cuore storico di Praga, vera sinfonia di stili, tra torri goti-che, palazzi rinascimentali decorati

ed esuberanti facciate barocche. Ci lasciamo affascinare dall’Orolo-gio astronomico, una meraviglia del 1400 che segna il movimento dei pianeti e delle stelle e allo scoccare d’ogni ora un meccanismo di pre-cisione fa danzare le sue statue e suonare le campane. A Josefov riu-sciamo a visitare alcune sinagoghe ed il cimitero ebraico. Novè Mèsto si sviluppa intorno all’immensa Piazza Venceslao simbolo della resisten-za ceca contro l’occupazione so-vietica. Malà Strana, la misteriosa, offre ai nostri occhi la sua struttu-ra urbana medioevale, tra stradine, passaggi, scalinate e vicoli ciechi.

In questo quartie-re all’interno della Chiesa di Santa Maria della Vittoria riusciamo a pre-gare davanti alla statua del Bam-bin Gesù di Praga, che nonostante le ridotte dimensioni sprigiona un enor-me fascino.Praga ci offre anche locali caratteristici, storiche birrerie e negozi tipici che ci aiutano a respirare l’atmosfera unica di questa città.

Venerdì 5 aprileRitorniamo a casa soddisfatti, per-ché i giorni vissuti nella magica Pra-ga con le uscite serali che ci hanno visto spostare in gruppo in metro-politana per scoprirne il fascino not-turno, sono stati cosi belli ed intensi da lasciare in noi la voglia di ritorna-re in questa città dai mille volti. Ringraziamo don Flavio per aver-ci offerto la possibilità di iniziare a conoscere la splendida Praga e per essere riuscito, come sempre, a far sì che nei giorni vissuti insieme, si-ano nate amicizie e simpatie spon-tanee.

Emanuela Fortunato

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10 OTTOBRE 2013

bretaGna e norMandia: terra di Santi e cattedraliViaGGio pelleGrinaGGio della collaborazione 18 - 25 GiuGno 2013

Anche per quest’anno spetta a me raccontare qualco-sa del pellegrinaggio che ha portato, nel giugno scorso, una cinquantina di persone, provenienti prevalentemen-te dalle parrocchie delle nostra collaborazione, in Nor-mandia e Bretagna.

Questa volta però non volevo semplicemente descrive-re i luoghi visitati, le esperienze vissute, le testimonian-ze ascoltate o le amicizie rinsaldate; bensì cercare di spiegare cosa significhi, per me e per molte delle per-sone che in questi dieci anni hanno fatto i pellegrinaggi proposti prima dalla parrocchia di Musile di Piave dalla collaborazione poi, andare in pellegrinaggio.Sfatiamo un luogo comune: il pellegrinaggio come lo intendiamo noi oggi non è come quello che si inten-deva molti anni fa; non è andare in alloggi di fortuna, tornare a casa con le scarpe rotte per il tanto cam-minare, mangiare quello che capita – sperando che tutto vada per il meglio; visitare solo luoghi stretta-mente legati a santi, apparizioni, “pagine” della vita di un cristiano.Pellegrinaggio è, fondamentalmente, mettersi in cammino con gli altri lasciandosi interrogare da quanto vediamo, ascoltiamo e, soprattutto, viviamo.Certamente ci sono dei luoghi che, inevitabilmente, associamo più facilmente al termine di pellegrinag-gio, uno fra tutti la Terra Santa … ma anche la Terra Santa può diventare un semplice viaggio che non ha nulla a che fare con il pellegrinaggio anche se tutti i luoghi visitati parlano di Gesù Cristo se non la si affronta con la modalità giusta. Il pellegrinaggio innanzitutto è un modo di viaggiare, di guardare, di ascoltare insomma … di vivere.Detto questo veniamo al pellegrinaggio di quest’an-no: riuscite a dire che Normandia e Bretagna

sono mete usuali per un pellegrinaggio? Ci siete riu-sciti? Bravi! Io, nonostante abbia un po’ di esperienza di pellegrinaggi, ad una prima impressione non ci sono riuscitaQuando è stato deciso di andare in Normandia e Breta-gna le mie riflessioni sono state di tutt’altro tipo: dopo Israele, Egitto, Turchia… ecco finalmente un viaggio più tranquillo, un paese meno caldo in tutti i sensi, pratica-mente dietro l’angolo! Normandia e Bretagna sono diventati pellegrinaggio solo vivendoli come tali e allora pellegrinaggio è sta-to seguire le orme di due grandi sante Santa Teresa di Lisieux e Santa Giovanna d’Arco; pellegrinaggio è stato lasciarci rapire dalle maestose cattedrali di Ruen, Caen, Mont Saint-Michel, Chartres; pellegri-naggio è stato camminare nei luoghi dello sbarco dove innumerevoli croci di marmo bianco ricordano quei ragazzi… e li il silenzio assordante è divenu-to preghiera; pellegrinaggio è stato rimanere basiti dinnanzi alla bellezza del Creato: il fenomeno delle maree, le scogliere sempre diverse, le varie sfumature dell’azzurro del cielo e del mare che si abbracciano in un punto indefinito; pellegrinaggio è stato aver la for-tuna di avere accanto a noi don Saverio e don Stefa-no che, ogni giorno hanno celebrato la messa, pregato con noi le lodi e vespri, ci hanno dato preziosi spunti di riflessione; pellegrinaggio è stato camminare con altre persone, ascoltando confidenze, condividendo fatiche, rimanendo assieme in silenzio, o un semplice braccio sulla spalla quando le parole erano superflue.

Barbara Fornasier

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11OTTOBRE 2013

Saluto SaMuele taMai Sabato 14 SetteMbre 2013Caro Samuele, don Flavio, don Michele ed io in questa cele-brazione eucaristica vogliamo, come Collaborazione di Mu-sile, dire grazie al Signore per la tua presenza in mezzo a noi nei fine settimana di questi tre anni. Non possiamo dire che sei “cresciuto” (ci mancherebbe altro!!!) ma possiamo certamente dire che la tua pre-senza nei vari luoghi di servizio (catechesi e gruppo giovani a Caposile, il nuovo gruppo giovanissimi Caposile-Millepertiche, l’ACR e gli educatori a Chiesanuova, chierichetti, ancelle, campiscuola…) dicevo che la tua presenza è stata importante, significativa, bella! Perché? Per vari motivi: avere tra noi un giovane in ricerca vocazionale diventa ric-chezza per tutti e crea nei giovani anche una certa inquietudine nel non dare per scontato che nella nostra vita decidiamo tutto noi; la tua discrezione e la tua modalità di porti con i ragazzi e con i tuoi coetanei è stata sem-pre vissuta con umiltà, non sei (scusa se te lo dico) uno di quei seminaristi: “so tutto io, ho la soluzione in tasca! Io so!!!”… e spesso noi preti siamo un po’ così! Non copiarci, resta quello che sei. Ancora il tuo modo bello di approfondire e anche di valutare le cose con

quel distacco necessario, con calma, il tuo essere distaccato dalle cose esteriori. I tuoi molti interessi (dalla musica rock più spinta ai libri su suor Faustina Kowalsca o Marthe Ro-bin) interessi che credevo inconciliabili: in te ho visto che è

possibile mettere insieme gli opposti. Basta sviolinate!Grazie allora al Signore per aver fatto un pez-zo di strada insieme (e ricordiamo con gioia la Settimana Vocazionale dove tutta la comu-nità teologica è rimasta con noi un’intera set-timana): ti auguriamo buon cammino, buona strada a ciò che il Signore della tua vita, il tuo Amore ti chiederà come passi ulteriori. Ti af-fidiamo a Lui e a sua madre Maria sicuri che insieme con questa compagnia e con la tua bella famiglia e con i compagni di Semina-rio potrai sempre più comprendere la volon-tà di Dio dentro la tua vita. Ancora grazie al Signore e grazie a te Samuele. Ti chiediamo di pregare per noi affinchè il Signore continui a chiamare al suo servizio umile e generoso,

giovani (ragazzi e ragazze) e che, ascoltando la Sua Voce, non abbiano paura di dire di sì. Grazie ancora.

don Saverio

Caro Samuele,non sembra, ma sono già passati ben tre anni da quando sei venuto nella parrocchia di Caposile. Pian piano hai conquistato la fiducia e la simpatia di tutti e sei diventato ormai un membro di questo paese. Con la tua semplicità e il tuo immancabile senso dell’umorismo sei riuscito a creare un grande gruppo:

quello di noi ragazzi delle superiori. In questi anni, passati tra giochi, feste per i bambini e le immancabili preghiere, ci siamo divertiti tantissimo e sono stati i momenti più belli della nostra vita... ma come tutte le cose belle, anche questo cammino è giunto alla fine ed è arriva-ta l’ora di salutarci. Nonostante questo sia un “arrivederci” e non un “addio”

mancherai a tutti noi, giovani e meno giovani. Hai lasciato un segno indele-bile nei nostri cuori e non ti dimenti-cheremo mai. Ciao Samu speriamo di vederci presto.

I ragazzi di SamuLuca Beraldo, Luca Montagner, Riccardo

Salviato, Thomas Nava, Sara Mariuzzo, Martina Donè, Francesca Nori, Isabella Battiston,

Leonardo Tamai, Ottavia Paoli, Alice Ferrazzo, Giorgia Ferrazzo, Valentina Orlando

Colgo con piacere l’invito a scrivere questo breve articolo, per rinnovare i saluti a coloro che ho già incontrato il 14 ed il 15 settembre, nonché per estenderli a tutti i parrocchiani ai quali arriva Emmaus. Penso in particolare agli anziani e a coloro che, anche mai incontrati, sentono in maniera forte l’importanza del seminario per le nostre co-munità cristiane, e sostengono anche semplicemente con una attenzione particolare, un ricordo o una preghiera, noi seminaristi. Sono passati ormai tre anni da quando mi avete accolto nella collaborazione pastorale di Musile, e devo dire che mi sembrano veramente volati. La vita condivisa con i sacerdoti presenti in canonica, il servizio con i ragazzi e i giovani di vari gruppi e parrocchie, le relazioni con le famiglie, le piccole altre occasioni di servi-zio ed incontro che ho vissuto durante questi anni, ne hanno fatto un vero tempo di grazia. Un tempo, cioè, che il Signore mi ha donato per incontrare voi, e cominciare a percepire che questa, la Chiesa, è la sua carne; un tempo donatomi per conoscerla meglio e, sotto la sua provocazione, avere spunti per conoscermi meglio. Ora, terminato questo tratto di cammino, mi trovo a seguire il Signore attraverso nuovi paesaggi, come probabilmente capitava ai discepoli che passavano di villaggio in villaggio, attirati da Gesù e sempre più introdotti ad una logica di servizio del Regno. L’anno che mi aspetta è un anno particolare del percorso formativo del seminario, caratterizzato oltre che dalla scuola e dalla normale vita comunitaria, da un’esperienza chiamata “Siloe”. Essa può essere così brevemente descritta: invece di avere una parrocchia di riferimento in cui tornare e prestare servizio, con i miei compagni di classe incontreremo ogni fine settimana una parrocchia diversa della diocesi, in modo da conoscere un po’ meglio la realtà che saremo chiamati a servire, ma ancora di più per sensibilizzare le comunità cristiane riguardo la vocazione sacerdotale, nella certezza di fare un servizio a coloro che il Signore chiama, ed anche alla nostra chiesa diocesana.Carico di gioia per quanto mi avete lasciato nei tre anni trascorsi e con uno sguardo di fiducia e serenità verso il futuro, continuo a camminare portandovi nel ricordo e nella preghiera. Sono grato se farete altrettanto!

Samuele

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12 OTTOBRE 2013

newS newS newS per coppie di SpoSi luci di Speranza per la faMiGlia ferita

L’ufficio diocesano di Pastorale famigliare di Treviso, oltre ai tradizionali percorsi per fidanzati e coppie, propone due interessanti nuovi percorsi per persone separate o per coppie divorziate risposate che vivono dentro la co-munità cristiana.

PeRcoRso FoRmativo-sPiRituale coN i sePaRati-divoRziati Fedelidestinatari: coloro che, separati o divorziati, non escludono la possibilità di vivere la fedeltà al sacramento del matrimonio.

Martedì 24 settembre 2013, ore 20.30: accoglienza, conoscenza, presentazione.Domenica 13 ottobre 2013, ore 15.30: Rifarsi una vita Martedì 5 novembre 2013, ore 20.30: È proprio finita?Martedì 26 novembre 2013, ore 20.30: Un amore che può continuare: come?Martedì 17 dicembre 2013, ore 20.30: Da separato/a, quali relazioni?Martedì 14 gennaio 2014, ore 20.30: ...E i figli?Martedì 11 febbraio 2014, ore 20.30: Il sacramento del matrimonio rimane ancora un dono?Domenica 16 marzo 2014, ore 15.30: Il sacramento del matrimonioMartedì 8 aprile 2014, ore 20.30: “...Perché porti più frutto”(Gv 15,2)Martedì 13 maggio 2014, ore 20.30: “...Va’ dai miei fratelli...” (Gv 20,17)

PeRcoRso FoRmativo Nuove uNioNidestinatari: coloro che, per vari motivi, sono separati o divorziati risposati e intendono approfondire la loro relazione alla luce della verità e della carità.

Domenica 27 ottobre 2013, ore 16.00: “C’è ancora posto per noi?”. Separati, divorziati, nuove unioni nella ChiesaDomenica 15 dicembre 2013, ore 16.00: Un nuovo amore o un amore nuovo?Domenica 23 febbraio 2014, ore 16.00: Dall’isolamento alla solitudine verso la comunioneDomenica 4 maggio 2014, ore 16.00: Dall’ostilità all’ospitalità: le relazioni buone

Per ulteriori informazioni potete rivolgervi ai nostri parroci don saverio e don Flavio.

Il momento di incontro che abbiamo vissuto con la Santa messa del 15 settembre risponde, prima di tutto, all’esi-genza di ritrovare e favorire i momenti che vedono la famiglia al centro della nostra vita comunitaria.In una realtà piccola come la nostra è importante rimettere al centro il ruolo della famiglia, come cuore pulsante della Vita, dono Suo, e le relazioni familiari ( genitoriali, filiali, nonni) e tra famiglie per rafforzare il tessuto cristiano e sociale tra di noi. Una spinta verso questa direzione la riceviamo senza dubbio dalla necessità di ritrovarsi a celebrare la gioia, ma anche a condividere fatiche, dolori, tristezze e difficoltà piccole e grandi che stiamo vivendo in questo particolare momento storico. La messa della famiglia significa per noi celebrare nei riti del giorno del Signore anche la gioia di credere che alle difficoltà non ci dobbiamo arrendere perché, pur con tutti i nostri limiti, in questo particolare momento ci ritroviamo insieme a professare il nostro credo nella Sua infinita misericordia, riscoprendo che siamo fratelli.Ci scalda il cuore poi ripensare che anche Gesù, da bambino prima e da adulto poi - proprio come noi - il sabato, andava al tempio con la sua famiglia. Una volta lasciata la famiglia, l’ha ritrovata nei suoi discepoli e nelle persone che incontrava nel suo cammino, proprio come coloro che hanno perso un familiare e trovano conforto e calore nella comunità.Questa messa ci ha aiutato a ricordare che la famiglia è il luogo primario dove vivere il nostro essere cristiani, ad esempio come genitori da testimoni verso i figli, come figli per scoprire la vocazione , come nonni, dono di esempio ed aiuto. Infatti, se non viviamo il nostro essere cristiani all’interno della nostra famiglia ci sarà più difficile e vano l’esserlo al di fuori. Nella santa messa la famiglia si configura il luogo principe dei riti che rendono essa stessa viva e partecipe dell’amore di Cristo, inserita in una famiglia più grande, la comunità appunto, per collaborare insieme.E’ stato meraviglioso, comunque, constatare la partecipazione numerosa, di bambini, nonni e genitori e come si sia prolungato il momento di incontro anche nel dopo la messa, fuori dalla chiesa.L’iniziativa verrà riproposta con altri appuntamenti il 29 Dicembre, il 2 Febbraio e un’altra data ancora da decidere.

Stefania e Simone

la MeSSa della faMiGlia a chieSanuoVa

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13OTTOBRE 2013

piani di luzza: la faMiGlia, una piccola chieSaDifficile rendere in poche righe e a parole un’esperienza di comunità diocesana di otto giorni in monta-gna con tante famiglie provenienti dalle varie parrocchie della diocesi, 250 persone circa, e, viene proprio da dire, “che belle persone!”.Partiamo dal principio, ossia la scelta di partire per questo cam-po. I nostri parroci, sappiamo, sono sempre abili nel fare le proposte, e il titolo inizialmente ci è apparso un po’ preoccupante con un vago sapore di fregatura… cammino di formazione per animatori di pasto-rale familiare… che tradotto avrem-mo potuto interpretare come: “vogliono forse chiederci di fare qual-che cosa?”. Il tema però è affascinante, è di quelli importanti, anzi fondamentali, perché la famiglia è il nostro ca-posaldo, il nostro rifu-gio e la nostra vocazio-ne. La decisione è stata quindi di vivere questo momento non pensan-do a quello che ci po-trebbe essere stato da fare ma piuttosto nella speranza e nella curio-sità di poter conoscere più in profondità il mistero di que-sto legame, di questo sacramento che è il matrimonio…ed è stata una buona scelta. L’esperienza che abbiamo vissuto è stata sicuramente di incontro, a tutti i livelli: incontro con altre fa-miglie, con altre esperienze, con il/la proprio/a marito/moglie, e so-prattutto incontro con Gesù. L’in-contro è uno degli atteggiamenti fondamentali di Gesù, è lo stile che ci insegna, il modo per essere ve-ramente suoi discepoli. Questa av-ventura ci ha proprio fatto toccare con mano questa realtà: incontrare, abbiamo capito, significa anzitutto aprire il cuore per essere presenti con chi ci sta di fronte, a partire dal proprio marito/moglie ma, in senso più generale, con tutti. Se non ci

disponiamo all’incontro con l’altro, con fatica riusciamo ad amare: se ci pensiamo bene, Gesù non ci chie-de proprio tante cose, ma di amare sì, di amare il nostro prossimo…e con l’amore non si può sbagliare.La “scoperta” più bella che ci sia-mo portati a casa da questa espe-rienza (forse può sembrare banale ma a pensarci bene cosa può es-serci di più importante?) è proprio la consapevolezza che Dio ci ama, ci ha a cuore, così come siamo, con le nostre debolezze e le nostre for-ze. La nostra piccola esperienza di genitori in questo senso ci ha aiu-

tato meglio a comprendere questo mistero, a percepire quell’amore incondizionato e gratuito che Dio ha per noi, che si avvicina molto a quello che un genitore ha per i fi-gli… Il totale abbandonarsi di un bimbo con un profondo abbraccio alla propria mamma, è bello pensa-re che il Padre ci accoglie proprio così. L’esperienza a Piani di Luzza è sta-ta un susseguirsi di molti momenti di comunione, di condivisione di coppia e di gruppo, di preghiera e di confronto, tutto vissuto con una grande intensità e carica emotiva. Insomma dei bellissimi momenti di Chiesa, alla riscoperta di que-sto amore, di questa bellezza che è Dio. E Dio, questa bellezza, l’ha riversa-

ta in modo particolare sugli sposi attraverso il sacramento del matri-monio.Ciascuna famiglia, piccola chiesa domestica, è un mattone a fonda-mento della Chiesa, esempio di re-lazione di amore gratuito e salvifico, primo luogo di incontro con Dio e di carità. Per noi si è tradotto nella necessità di dialogo con il Padre, nel bisogno di trovare, anzi, creare tempi e momenti di preghiera con-divisa, sia di coppia che di famiglia. Ci siamo riscoperti in carenza di preghiera, ma con la fortuna di aver trovato qualche utile strumento di

supporto. Nell’espe-rienza vissuta abbiamo potuto provare che è proprio la preghiera lo strumento che ci aiuta ad avvicinarci all’incon-tro. Tornati dal campo, dopo qualche settima-na abbiamo festeggiato il giorno dell’anniversa-rio del nostro matrimo-nio, per la prima volta lo abbiamo ricordato andando a messa as-sieme, portandoci nel cuore una frase ricor-dataci più volte durante

il campo e che vorremmo condivi-dere con tutti: “L’amore si celebra, non si nascon-de”. Questo è il motto che vorrem-mo ci accompagnasse nel nostro cammino, il continuo richiamo alla nostra scelta ed allo stesso tempo “il libretto delle istruzioni” per poter vivere in pienezza questo sacra-mento. Crediamo che essere spo-si significa trovare le strade per far crescere l’amore, significa anche e soprattutto prendersene cura, gior-no per giorno, goccia dopo goccia, consapevoli che non è meritato ma un grande dono che abbiamo rice-vuto. La persona che ho accanto è il più bel regalo che abbia mai de-siderato di avere… Dio ci ama pro-prio tanto!

Simone e Nicoletta

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14 OTTOBRE 2013

Siamo Giovanni e Monia, residenti a Millepertiche e sposati dal 1992. Abbiamo quattro figli: Fabio di 20 anni, Alice 19, Saverio 14, Davide 10. Vista l’età dei figli maggiori, già da qualche anno, ci siamo rasse-

gnati all’idea che è finito per noi il tempo delle uscite della famiglia al completo... però ci siamo dovuti, con piacere, un pò ricredere.

STeSSa famiGLia ma ComUnQUe DiVeRSiSiamo una famiglia ma non diciamo niente di strano nel far presente che ciascuno di noi ha esigenze ed in-teressi che ci portano a percorrere strade anche molto diverse.Però a noi genitori piace l’idea di trovare periodicamente una propo-sta che possa interessare trasver-salmente tutti i nostri figli. Anche questa volta ci siamo riusciti!

anDiamo a TRoVaRe Lo zio PieRo?E così siamo partiti per il Brasile, destinazione Concordia do Parà, giusti sotto l’equatore. Lo zio, che non vediamo da quattro anni, è missionario Saveriano in Amazzo-nia dal 1972.

A noi genitori interessava soprat-tutto far toccare con mano ai nostri pargoletti la realtà e le contraddi-zioni di un grande paese che cerca a fatica di scrollarsi di dosso l’eti-chetta di “terzo mondo” che anche noi abbiamo contribuito a creare e cucirgli addosso.

BRaSiLe - iTaLia 5 - 5Molto più terra-terra, per questo viaggio, il motivo di entusiasmo dei nostri figli minori è stato l’idea di potersi confrontare, a suon di pallonate e dribbling, con i loro coetanei brasiliani. Di fatto non è potuta mancare la sfida “Brasile - Italia”, terminata 5 a 5, dopo che noi (squadra in trasferta) stava-mo vincendo per 4 reti a 1. Per completezza di informazione devo dire che il termine dell’in-contro non è stato sancito dall’arbitro (che non c’era) ma dalla sopraggiunta mancanza di illuminazione naturale che rendeva difficile l’individuazio-ne del pallone.

Tornando a prima del viaggio, an-che la nostra secondogenita Alice si è dimostrata affasci-nata all’ipotesi di que-sto viaggio. Si, perché decidendo di non veni-re, avrebbe avuto ben dodici giorni di com-pleta autogestione! E così è stato.

PenSieRino DeLBUon PRoPoSiToEd ora un’osserva-zione personale sul popolo brasiliano che pensiamo possa essere estesa un pò a tutte le genti, che per essere nate in un paese del terzo mondo, hanno acquisito, loro malgrado, lo stato di “vita precaria-cronica”. Grazie alla televisione... o meglio, purtroppo tramite quello che fanno vedere in TV, noi con il nostro stile di vita, an-cora spesso basato sul possedere,

siamo per loro il “sogno da raggiun-gere”.Credo che noi siamo debitori di un esempio diverso a questi miliardi di poveri (economicamente). La gioia e la partecipazione che abbiamo re-spirato nelle celebrazioni liturgiche, e la grande dignità con cui quel po-polo conduce una vita, certo non facile, ci ha rinfrancato nell’idea che le ricchezze umane non risiedono, certo, nei beni materiali.

Da VeCCHi Si ToRna Un PÒ BamBiniSiamo stati con vari missionari che erano baldi e giovani negli anni 60/70 ed ora ottantenni sono di una tenerezza estrema. Hanno fatto a gara per essere con noi accoglienti e, malgrado gli acciacchi, ci hanno voluto fare da ciceroni per la città.Spassosissimo è stato assistere alle loro colorite disquisizioni sul sostenere una linea pastorale al po-sto di un’altra, oppure, se è giusto o no accettare il contributo del “ric-cone” di turno. Come noi, anche i missionari Saveriani sono una fami-glia, ed è stato bello vedere come le

diversità dei vari soggetti non sono motivo di discriminazione, ma ac-cettate come percorsi diversi verso la stessa meta.

Monia e Giovanni

concordia do parà: la faMiGlia in Vacanza, Ma non Solo

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15OTTOBRE 2013

Don Giovanni Pesce, che ha collaborato nelle nostre comunità fino al Settembre del 2012, è tornato alla casa del padre il 30 Settembre scorso. Vogliamo ricordarlo come un sacerdote ricco di fede, di profondità spiri-tuale, amante della ricerca biblica e della riflessione. Uomo che non faceva sconti e che amava una Chiesa povera, essenziale e vicina ai problemi dell'uomo.Grazie don Giovanni per la tua testimonianza anche nel tempo della sofferenza. Ti ricordiamo nelle nostre preghiere.

Grazie don GioVanni

Mi chiamo Marco,62 anni scarsi, pensionato, soddisfatto della vita anche se con qualche errore e credente come molti.A Medjugorje ci andai la prima volta in pellegrinaggio nel 2010. Il “ campanellino” di chiamata era suonato alla fine della spesa in un supermercato, attraverso un volantino. Dopo l’incontro con don Saverio, ebbi conferma che ci “do-vevo” andare perché la Madonna mi chiamava. Ci sono andato con altri 50 in pulmann e la mia vita è cambiata, in meglio. Li si fa pace con se stessi, si comprende che la Madonna è una madre che non giudica, ma ci aiuta a riavvicinarci a Dio e si torna rinnovati, ricaricati. Lo scorso mese di settem-bre sentii di nuovo la necessità di tor-nare in Bosnia, ma qualcosa mi dice-va che ci dovevo andare da solo e non da “turista”, in autobus o auto, ma in bicicletta. Premetto che sì, sono sempre stato sportivo, ma mai ciclista ne campeggiatore.Comunque deciso, vado in bici, da solo e voglio essere lì il 1° di agosto per il Mlady Festival (Festival dei giovani).A Natale mi comprai, a rate, una citybike e pian piano

l’ho attrezzata per portare borsoni, una tenda canade-se e altro. Poi programma di viaggio, tappe, campeggi, alcuni mesi di allenamenti in pianura, 1° errore.Il 22 luglio ore 7.30 parto da Meolo, convinto che ci andavo perché la Madonna mi chiamava, 2° errore, enorme. Durante le lunghissime salite, sofferente sotto

il sole di fine luglio, ho capito quanto testardo e orgoglioso ero e sono an-cora. Non era Lei a chiamarmi, ma io avevo la necessità di capire il senso della mia vita di credente ma passivo. Attraverso il pensiero costante a Lei ho capito che non basta solo pregare, ogni tanto aiutare con qualche spic-ciolo i poveri, i bisognosi, gli ammalati attraverso la Chiesa o altre istituzioni. Dovevo mettermi a disposizione per essere veramente un cristiano. Che la fede, la carità, non sono “poesia” ma “pratica” costante, quotidiana. Ora spero che con l’aiuto di don Saverio o qualcun altro, possa mettere a di-sposizione una parte del mio tempo a volte inutile, per fare qualcosa che

serva a qualcuno.Marco Cagol

a MedjuGorje... Ma in bici

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16 OTTOBRE 2013

Da diversi anni le parrocchie della Collaborazione raccolgono tutte quelle coppie di sposi che intendono rin-novare le loro promesse d’amore che si sono scambiate nel giorno del loro matrimonio davanti a Dio e alla comunità.In preparazione di questa ricorrenza, gli sposi si sono chiesti che senso ha essere coppie di sposi cristiani e quindi essersi sposati in chiesa. La Chiesa ci ha insegnato che il Sacramento del matrimonio è il Sacramento dell’amore. “Sacramento”, nella dottrina cristiana, vuol dire “segno”. In altre parole significa che i due sposi devono essere un segno dell’amore. Ma per chi? Ci sembra d’aver capito, non solo per i «due sposi », ma anche per gli altri.Dio sceglie di manifestare l’amore attraverso gli uomini, perciò anche attraverso gli sposi che possono diven-tare testimoni di quel mistero d’amore che il Signore ha rivelato al mondo con la Sua morte e risurrezione.Ed anche quest’anno, domenica 9 giugno a Musile, domenica 21 luglio a Millepertiche e domenica 1 settem-bre a Chiesanuova, ci siamo ritrovati davanti al Signore per festeggiare: chi le nozze d’argento, chi di perla, chi di rubino, chi d’oro e chi di diamante...Trattasi di una bella occasione per riflettere sul cammino percorso fino ad oggi e per continuarlo di nuova lena nel tempo che abbiamo di fronte, per condividere affetti e fatiche, per ridarci fiducia e speranza, per conservare sempre viva la capacità di meravigliarci, di stupirci, di donarci, di donarsi agli altri e di gustare la bellezza del vivere insieme.I giovani hanno bisogno della nostra testimonianza per scelte coraggiose che segnino tutta l’esistenza, attra-verso l’impegno «un legame forte che si allarga dalla famiglia alla società intera».

A cura di due coppie di sposi delle nozze d’oro

anniVerSari di MatriMonio:un traGuardo SeMpre intereSSante... anche per i GioVani?

Millepertiche 21 Luglio 2013

Chiesanuova 1 Settembre 2013

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17OTTOBRE 2013

Musile di Piave 9 Giugno 2013

55°

40°

25°

60°

50°

30°

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18 OTTOBRE 2013

“caMMinando S’apre caMMino”escursione spirituale missionaria vicariale

Come ogni anno in collaborazione con tutti i gruppi missionari del Vicariato di San Donà, ci si ritrova per pensare e per proporre iniziative che stimolano alla riflessione missionaria.Ci siamo imbattuti in varie pro-poste e lo spunto per la tematica è venuto ricordan-do i nostri missionari martiri e pensando ad un detto brasiliano" camminando s'apre cammino". L'idea si

è sviluppata... si è evidenziato il luogo: Chiesanuova; l'ambiente era perfetto e pure l'atmosfera, le persone disponibili, coinvolte e motivate, quindi il via alle tap-pe per ogni gruppo missionario partecipante. Cinque le tappe, ognuna delle quali preparate e rappresentate con cura dai vari gruppi:1° tappa: CAMMINARE con il simbolo le ORME di-segnate con cura.2° tappa: SOFFRIRE con il simbolo i SASSI preparati con cura.3° tappa: CONDIVIDERE con il simbolo la MANO modellate con entusiasmo.4° tappa: TESTIMONIARE con il simbolo i LUMINI: tante piccole luci accese.5° tappa: PARTIRE con il simbo-lo una COLOMBA accompagna-ta dalla "preghiera semplice" di S.Francesco.Ogni tappa, vissuta nei giardini del-le famiglie che ci hanno accolto, du-rante il cammino, o in chiesa, pre-vedeva: la lettura della Parola,una testimonianza dal vivo o filmata, delle preghiere e dei canti.

Ecco la testimonianza di una parte-cipante: "Ripercorrere con la mente quella sera dopo mesi, mi ha dato l'opportunità di riflettere, fermarmi un attimo e ripensare alla bella indi-

menticabile, inaspettata sera del 14 giugno dedicata ai Martiri Missionari Cristiani, "il caro prezzo della fede" o ancora il "pagare di persona". Le cause di questi mar-tiri sono di varia natura, ma fondamentalmente, la cau-sa prima dell'accanimento nei loro confronti è la loro FEDE che li porta a stare con gli ultimi.I contenuti trasmessi nel percorrere le strade di Chiesa-nuova, le testimonianze vive di ciascuno, le riflessioni ad ogni lettura, i segni consegnati a ciascuno di noi, l'avvicinarci a persone inizialmente quasi sconosciute ma poi via via diventate amiche, le candele accese che ci hanno accompagnato fino alla Chiesa parrocchiale a conclusione del nostro percorso e della nostra se-rata sono stati avvolgenti. Ma ciò che mi ha toccato in modo inaspettato e sorprendente è stata la percezione della presenza viva di Cristo: è stata un'esperienza di fede."

Alcuni partecipanti

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19OTTOBRE 2013

VoGlia di GreSt

chieSanuoVa

Come ad ogni conclusione di attività, anche alla fine del Grest 2013, svol-tosi dal 25 giugno al 19 luglio, abbia-mo fatto un bilancio.

Punti di forza e novità sono stati i nuovi laboratori, di “Cake design” e “outfith”. Nel primo i bambini e ragazzi, divisi per squadre, hanno pro-gettato, realizzato e alla fine, anche mangiato, delle bellissime e natu-ralmente buonissime torte. Nel secondo invece si sono cimentati nella realizzazione di favolosi abiti con materiale di riciclo che abbiamo visto sfilare durante la serata finale. Ma anche il classico e intramontabile laboratorio di “falegnameria” ha avuto una missione non facile: la co-struzione del presepe che renderà più bello il nostro oratorio a Natale. Ovviamente restano irrinunciabili i laboratori di cucina, ballo e teatro, sempre in continua evoluzione. Altra cosa positiva è stata la voglia di mettersi in gioco degli animatori e aiuto-animatori. Il tema della serata finale “Super Mario Pass” li ha sicuramente coinvolti e quasi tutti si sono proposti per recitare nello spetta-colo, non succedeva da molti anni!! Non tutto è andato come avremmo voluto, ma nel complesso l’esperienza è stata positiva, i bambini si sono divertiti, le mamme-grest formano ormai un gruppo consolidato e propositivo, e gli animatori hanno fatto del loro meglio. Dagli errori si possono trarre preziosi insegnamenti per fare in modo che l’anno successivo, tutto fili al meglio.E’ con questo intento che ci lasciamo, pronti a ripartire tra qualche mese, con la programmazione per una nuova avven-tura: il GREST 2014!! I partecipanti

Uno spensierato girotondo di mani, un delicato bocciolo di rosa dal pro-fumo intenso, un arcobaleno di mille colori,… queste immagini affiorano alla mente quando pensiamo al bab-ygrest di quest’anno.È stata un’esperienza estiva (dal 8 lu-glio al 2 agosto) per bambini dai 2 ai 6 anni che si è svolta ormai per la quar-

ta volta nei locali della scuola dell’in-fanzia di Chiesanuova ed ogni anno assume toni e sfumature più decisi, è cresciuta in proposte e iniziative, ha stretto maggiormente le mani di bam-bini, maestre, animatori e genitori.Da mamme e papà promotori dell’ini-ziativa non possiamo che essere feli-ci di come ha funzionato il Babygrest quest’anno.Per il riscontro positivo dei sorrisi e delle ginocchia sbucciate dei 63 bambini che hanno corso, saltato,

cantato, ballato, disegnato, creato, osservato, imparato, riso, pianto, dor-mito e mangiato nelle 4 settimane di babygrest. Per i giudizi più che buoni ottenuti dalle verifiche somministrate a fine grest. Per la relazione colla-borativa, simpatica e schietta avuta con le maestre (un grazie a Tatjana e Monica). Per il percorso positivo e im-portante fatto con gli animatori, ben 7 (mille grazie a Agnese, Beatrice, Giada, Massimiliano, Sharon, Silvia e Veronica). Per la concreta, discreta e sorridente presenza di Suor Mereth. Per il clima che si è instaurato tra di noi, per la partecipazione attiva e vi-vace di tutti.Potremmo definire quest’esperienza come un buon esempio di fare per fa-recomunità.E come tutte le esperienze, anche questa è stata costellata di errori e difficoltà, di cui però non riusciamo a non coglierne il valore di insegnamen-to per il futuro.Il prossimo appuntamento sarà per luglio 2014, per poter continuare que-sta avventura con nuove idee, nuove forze (siamo accoglienti nei confronti di chiunque abbia voglia di aiutarci!) e con l’augurio che si creino sempre maggiori momenti di condivisione.

Alice, Caterina, Claudia, Margherita, Marina, Sara, Simone, Sonia

paSSarella

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20 OTTOBRE 2013

Anche quest’anno abbiamo fat-to l’esperienza di vivere insieme, nel mese di luglio, l’estate con i ragazzi di diverse età e di cercare di far provare a grandi e piccoli la bellezza della vita solidale, anche se comporta alcuni sacrifici e pone degli interrogativi, come sempre. È ancora pensabile far convivere ragazzi di età così diverse, come abbiamo fatto noi, con la presenza delle “ma-scotte“, che fanno una loro strada indipenden-te, pur accompagnati dalle loro mamme. Ab-biamo vissuto giornate intere di convivenza, di grande divertimento con i giochi di gruppo, ma anche di lavoro nei laboratori più svariati (cucina, orto, traforo, trucco e parrucco, bijou, costruzio-ni e musica attraverso le percussio-ni), contemporaneamente ci sono state giornate vissute altrove con la biciclettata nelle valli della Laguna e al Parco acquatico di Caorle, la vi-sita al Campo di volo delle “Papere vagabonde”, tra elicotteri e velivoli

leggeri. Con i ragazzi delle Medie e gli animatori si è vissuta l’esperien-za della tendopoli (una notte insie-me in Oratorio), con un bellissimo dibattito nato casualmente prima di cena, incentrato sulla valutazio-ne personale da comunicare a tutti circa l’impegno di coinvolgimento e sul carattere educativo delle attività svolte dagli animatori nei confronti dei ragazzi. Alla fine la buona parte-

cipazione dei genitori ha sostenuto una serata molto intensa e signifi-cativa, di spettacoli, canti, scenet-te e creatività, che ha permesso di cogliere l’intensità dei rapporti, nati in questo periodo. I ragazzi hanno espresso molto di più di quello che è stato loro comunicato, dato che ciascuno ha messo la propria emo-zione ed entusiasmo. È emerso che

nonostante la fatica iniziale di coin-volgerli e interessarli, i partecipan-ti hanno espresso alla fine le loro capacità di fantasia e di creatività, meravigliando tutti. Successivamente una quarantina di ragazzi hanno partecipato per una Settimana, all’esperienza in

montagna, a Gosaldo Agordino, tra passeggia-te e vita comune, rifles-sione e giochi collettivi, che ha messo a confron-to ragazzi e adulti, in un periodo di intenso scam-bio. La fatica è arrivare insieme, cosa che è rac-comandata anche alle famiglie, di darsi delle regole comuni e a rispet-tarle. Abbiamo constata-to che oggi è una delle esigenze e dei temi più

urgenti da realizzare e approfondi-re. Un particolare ringraziamento va a tutti coloro che gratuitamente si sono prestati a dare una mano alla riuscita di queste esperienze. Viene spontaneo invitare altri a pro-vare la ricchezza che donano que-ste iniziative.

Alessio per gli organizzatori

Se dovessimo cominciare dall’inizio, la storia sarebbe un po’ lunga e forse anche un po’ noiosa per tutte le vicissitudini che abbiamo incontrato prima di cominciare. Il Gr.Est di Caposile, inizialmente, doveva svolgersi presso le ex Scuole Elementari di Castaldia, ma date le svariate problematiche

riscontrate non ci sarebbe stata data la sicurezza necessaria alla salvaguardia di tutti i partecipanti. Nono-stante le difficoltà, però, abbiamo deciso di iniziare la nostra attività estiva nel piazzale della Chiesa. Abbiamo avuto, così, la certezza che Don Armando ci volesse proprio qui! Preferiamo comunque raccontarvi che il nostro Gr.Est è stato un GRANDE Gr.Est perché in questo mese di gioco, di creatività, di musica, balli, collaborazione… ci siamo divertiti un sacco! Dobbiamo perciò ringraziare di cuore i nostri giovani animatori che, supportati da Samuele e Francesca, hanno dimostrato enorme efficienza e maturi-tà in questo percorso. Grazie alle bravissime mamme, ra-gazze, nonne che con spirito gioioso hanno donato tempo e forze a volontà! Grazie al nostro carissimo Don Flavio che ci ha seguito ed incoraggiato costantemente! E come si diceva al Gr.Est: GIMME FIVE!

Kristina e Paola

S. Maria

capoSile

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21OTTOBRE 2013

Parlare del grest a Musile e Millepertiche richiederebbe tutto Emmaus; tante sono state le esperienze che una pa-ginetta di certo non può essere sufficiente. Sarebbe bello chiedere testimonianze a tutti i ragazzi, ma anche questo non è fattibile… Musile infatti ha visto circa 230 ragazzi, 60 animatori delle superiori e circa 30 adulti. MIllepertiche poco più di 100 ragazzi, una quindicina di animatori e una decina di mamme. A tutti coloro che hanno collaborato a vario titolo un doveroso ringraziamento nella gioia!Certamente LA GIOIA è stata la nostra compagna di viaggio in entrambi i grest. La si respirava fin dal primo mattino e non ci lasciava quando dovevamo salutarci per il ritorno a casa. Non sto qui a raccontare com’erano organizzate le giornate, ma condivido alcune “novità” che stanno permettendo il crescere di una sana armonia tra i vari grest.

• Anzitutto è nato il COORDINAMENTO DI TUTTI I GREST DELLA COLLABORA-ZIONE: infatti la nostra collaborazione (alla quale inseriamo anche Croce) vede in 7 parrocchie, 6 grest e un baby-grest (Chiesanuova). E’ composto da almeno un rap-presentante di ogni parrocchia e assieme si decidono le linee guida che valgono per tutti. In questa sede abbiamo scelto ad esempio il punto seguente

• LA FORMAZIONE DEGLI ANIMATORI: per ottimizzare il servizio e responsabilizza-re gli adolescenti abbiamo organizzato 5 incontri. Per poter fare l’animatore in estate era bene fare tutti gli incontri, ma necessari almeno 3, al punto che se un ragazzo

ne faceva 2 non poteva poi fare l’animatore. Questa “rigidità” è stata premiata dallo stile vissuto all’interno dei grest. Sia a Musile che a Millepertiche lo si è visto in maniera piuttosto evidente. Lo hanno riconosciuto anche gli stessi animatori!

• Durante i grest sono stati organizzate anche DUE GITE EXTRA SOLO PER LE III MEDIE. Una giornata al mare (gita ludica) e una giornata al “Museo dei sogni” a Feltre (gita formativa): entrambe le esperienze sono riuscite e con gioia!

• Alla fine del grest una proposta accolta da una decina di giovani ci ha portati a Sottomarina (Chioggia) una sabato e do-menica per vivere la GMG del Veneto. In 3000 ci siamo trovati in spiaggia e dopo una pomeriggio di canti, danze, recital, testimonianze e altro, abbiamo vissuto la veglia in collegamento con i 2 milioni di giovani che con il Papa si trovavano a Rio de Janeiro. Passata la nottata in spiag-gia ci siamo svegliati, abbiamo celebrato l’Eucaristia al mare con il patriarca di Ve-nezia e siamo rientrati.

• GLI ANIMATORI hanno concluso il loro servizio con un tempo dedicato a loro: Millepertiche scegliendo come gita quella a Gardaland con i ragazzi e Musile pas-sando una giornata al mare fino a tarda serata e celebrando l’eucaristia sugli scogli al tramonto del sole…In tutte queste esperienze non eravamo soli. Tutto è stato possibile perché c’è GESÙ. Se Lui non ci fosse, non esisterebbero tutte queste sane esperienze!

don Michele

&MuSile Millepertiche

e concludendo...

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22 OTTOBRE 2013

eSperienze eStiVe e caMpiScuola

caMpiScuola Medie, in particolare “la Gioia dello Spirito” (i-ii Media)

Quest’estate abbiamo provato un’esperienza “nuova” nata da una constatazione: visto che abbiamo trovato una casa con 180 posti letto e visto che l’estate è piena di iniziative, perché non provare a sfruttare la casa facendo due campiscuola assieme?Un’esperienza fantastica, profonda, emo-zionante e anche a volte dura … Certo non capita tutti i giorni di avere assieme ad un campo scuola prima seconda e terza me-dia, anzi due campi scuola in contempo-ranea. Eh si perché sono stati due campi in contemporanea, sulla stessa casa, con ritmi e tempi diversi: 65 ragazzi di prima e seconda, 46 di terza, 19 educatori, Don Michele, e un gruppo di cuochi e aiuto per un totale di 143 persone, che vivono, gio-cano, lavorano e si divertono in contem-poranea. Due temi per due campi: in par-ticolare la I e II media hanno approfondito la conoscenza dello Spirito Santo in alcu-ne sue immagini, come il fuoco, il vento, ecc…e hanno provato a calarlo, a ricono-scerlo nella realtà dei ragazzi. E’ stato un bel cammino, gioioso, sereno, fatto anche di tanto gioco e divertimento (i consueti tornei non deludono mai…a parte chi perde…). Una scoperta, un viaggio un percorso che ha avuto il suo culmine nella salita a Spitz Tonezza dove si è potuto ammirare un paesaggio magnifico a 360°. E il tempo ha fatto la sua parte rendendo facile l’organizzazione. Un’esperienza straordinaria sia per i ragazzi che si sono conosciuti, si sono scoperti e che hanno messo in gioco il meglio di loro, sia per gli educatori che si sono avventurati in questa esperienza impensabile che non aveva precedenti. Un grazie caloroso ai cuochi che ci hanno cullato e deliziato in questa settimana.

Fabio

Crescere è indispensabile. Non solo nel senso fisico e anatomico del termine, attraverso la maturazione delle forme, l’emergere delle caratteristiche di ge-nere, il potenziamento della muscolatura e l’abbas-samento di tono della voce… Certamente è anche questo e non potrebbe essere altrimenti, dal mo-mento che apparteniamo noi pure al ciclo perenne dell’esistenza. Ma se c’è un obbligo nella crescita da cui nessuno può essere dispensato è di natura conoscitiva e, perciò, morale: è la capacità di esten-dere lo sguardo, di percepire sfumature laddove fino a poco prima esistevano solo tinte nette, di calibrare le proprie azioni tenendo conto delle circostanze e delle ripercussioni, di comprendere che - lo si voglia o no - i comportamenti non sono mai squisitamente neutri e che ognuno è in grado di incidere profonda-mente sull’ambiente in cui vive. Perciò siamo intima-mente responsabili di ciò che ci circonda.

Certo si possono trovare alibi, giustificazioni, atte-nuanti: una persona in formazione, in età evolutiva è inesperta, disorientata, immatura; come può dun-que essere "responsabile" di qualcosa? Verrebbe da pensare che le scelte che un ragazzino compie siano dettate dall’istinto, dal tornaconto immediato, nel migliore dei casi da quella patina di innocente ingenuità, di cui una certa pedagogia idealista piace forse ammantare l’infanzia. Al contrario, l’infanzia è una fucina di sentimenti forti, di scontri tra naturali prevaricazioni e regole sociali, e dovrebbe apparire di una chiarezza sfolgorante come l’insegnamento di un sistema di valori e la coerenza nell’incarnarli siano probabilmente gli unici strumenti per fare di un essere umano un buon cittadino e un buon cristiano. Dunque senza aver fruito di una positiva testimo-nianza è estremamente difficile acquisire una piena e consapevole responsabilità individuale.

caMpoScuola iii Media: il teMpo delle Scelte

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23OTTOBRE 2013

Sembrano temi di ardua interpretazione, questi, e forse verrebbe più spontaneo collocarli in contesti adulti o, quanto meno, molto codificati, nei quali è il dibattimento logico a indirizzare le convinzioni o, più filosoficamente, i dubbi generatori di pensieri sempre più penetranti. Ma, si diceva, crescere è indispensa-bile e lo è indipendentemente dai contesti. La scuola non è sufficiente a fornire tutte le risposte e nemme-no a suscitare tutte le domande; la famiglia è, o do-vrebbe essere, un trampolino di lancio, ma il volo è un’esperienza individuale. Proprio per assecondare la natura essenziale dell’esperienza come modello insostituibile di conoscenza la parrocchia organizza annualmente, da molto, molto tempo, i campi-scuo-la, preziosissima risorsa di efficace catechesi in cui la meditazione sulla Parola, che dovrebbe appartenere a ogni cristiano, si associa alle dimensioni educative altrettanto irrinunciabili della relazione umana e dello spirito di servizio, in un’immersione tem-porale accelerata che la vita quotidiana non riesce neppure lonta-namente ad emulare. Quest’anno, 46 ra-gazzi di terza media, provenienti dalle varie parrocchie della Col-laborazione (Musile, Chiesanuova, Milleper-tiche, Caposile, Pas-sarella) hanno vissuto per una settimana, dal 18 al 25 agosto, a Tonezza del Cimone (VI), in un clima davvero invidiabile di armonia ed amicizia, ri-flettendo tra l’altro sulle scelte e sulle responsabilità che implicano il passaggio alle superiori, sul ver-sante scolastico, e l’unzione con il Sacro Crisma, su quello spirituale. Grazie alla clemenza del tempo e all’ottima organizzazione di campo (che ha reso possibile la fruizione degli spazi in modo eccellente, nonostante la contemporanea presenza di un altro camposcuola, quello di prima e seconda media, con più di sessanta ragazzi!), sono stati trattate tutte le tematiche previste in fase di programmazione inizia-le: il concetto di libera scelta, la responsabilità indi-viduale, la lealtà e il "gioco di squadra", la giustizia,

l’importanza delle parole nella comunicazione, l’inte-grazione dei generi nel rispetto reciproco e, neces-sariamente, la testimonianza. Come per tutti i viaggi, al ritorno da questo emozionante itinerario è impor-tante per tutti coloro che vi hanno partecipato non soffermarsi nella memoria solo sugli aspetti emotivi che tendono quasi sempre a venarsi di malinconia, ma recuperare lo spirito (lo Spirito!) che ha animato quei momenti e coltivarlo, giorno dopo giorno, con pazienza e fiducia. La maggior parte delle scelte che compiamo non sono definitive: richiedono una con-tinua adesione, un affetto costante. Lo spiega con grande chiarezza Ray Bradbury, un grande narratore statunitense, scomparso lo scorso anno, in un ro-manzo di formazione del 1962, intitolato “Il popolo dell’autunno”. Verso la metà del racconto, un pa-dre e un figlio tredicenne si incontrano nel cortile di

casa, durante una not-te d’ottobre, dopo che il ragazzo è andato a fare una scorribanda nel bosco con un ami-co. Invece di rimpro-verarlo aspramente, il padre inizia con il figlio un dialogo illuminante, in cui spiega che, alla fin fine, le regole indi-rizzano, ma è il cuore a scegliere: «Oh, sareb-be magnifico se potes-si essere buono, com-portarti bene, senza pensarci sempre. Ma

è difficile, vero, con l’ultima fetta di torta di limone che aspetta nella ghiacciaia, nel mezzo della notte, e tu te ne stai sveglio a pensarci, immerso nel sudo-re, eh? È necessario che te lo dica? Oppure, in una calda giornata di primavera, a mezzogiorno, tu sei incatenato al tuo banco di scuola, e il fiume scorre, fresco, verso la cascata. I ragazzi sentono l’acqua scorrere anche a miglia di distanza. E così, minuto per minuto, ora per ora, per tutta la vita, non finisce mai, tu devi scegliere in questo secondo, e poi il se-condo successivo, e poi il seguente, essere buono, essere cattivo, ecco cosa ti dice il ticchettio dell’oro-logio, ecco che cosa ti dice».

Massimo Cadamuro

EmmausPeriodico bimestrale delle parrocchie di Musile di Piave,

Chiesanuova, Millepertiche, Passarella, Santa Maria di Piave e Caposile.

Direttore Responsabile: Dino Boffo - Via Amalfi, 41 - TV

Direzione e Redazione: Piazza Libertà, 1 - Musile di Piave - VE

Registrazione al Tribunale di Venezia n. 884 del 21.03.1987

Stampa: Tipografia COLORAMA: San Donà di Piave - VE - Tel. 0421.40225

hanno collaborato a questo numero di emmaus:La redazione di Emmaus, don Saverio, don Flavio, don Michele, Diana Sgnaolin,

Elisa Montagner, Luca Cadamuro, Susanna Paulon, Monica Scarabel, Emanuela Fortunato, Barbara Fornasier, Samuele Tamai, Stefania e Simone,

Monia e Giovanni, Massimo Cadamuro, “I giornalisti dei Grest e dei campiscuola”, Elisa, Alberto, Enrico, Emanuela, Aurora, Marco Cagol, Maurizio

Sternieri, Domenico Fantuz, Vittorina Mazzon, Sabrina Pietrangeli Paluzzi.Storia e disegno di Andrea Zelio.

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24 OTTOBRE 2013

1°-2°-3° Superiore: il riSpetto!

Dal 4 all’11 agosto si è svolto a Folgaria (TN) il cam-poscuola per i ragazzi di prima, seconda e terza superiore. Come tema di questa settimana abbia-mo voluto scegliere qualcosa che potesse toccare i ragazzi molto da vicino, qualcosa che vivono quo-tidianamente anche al di fuori della parrocchia: il rispetto. Rispetto verso la Natura, comprendente il tema del riciclaggio, rispetto verso il proprio corpo, rispetto verso gli altri. Durante la settimana abbiamo vissuto delle attività che rispecchiavano situazioni di

vita che i ragazzi affrontano ogni giorno, cercando di far vedere l’importanza che assume il rispetto nelle varie circostanze. Non sono mancati nemmeno temi “scottanti”, quali l’omosessualità e l’inquinamento mondiale, ma i ragazzi si sono dimostrati coscien-ziosi e disposti ad un dialogo costruttivo, che ha per-

messo di recepire al meglio le provocazioni lanciate. Un altro momento fondamentale di questa settima-na è stata sicuramente l’uscita di una notte al Pas-so Coe, che abbiamo raggiunto dopo circa 3 ore di camminata tra boschi e piste da sci. Una volta arrivati, abbiamo celebrato la Messa al laghetto del Passo, dove successivamente abbiamo anche ce-nato. La nottata è stata una vera e propria avventura: un gruppo di ragazzi ha dormito con i sacchi a pelo in una stanza di un rifugio affittata usata come ma-

gazzino, mentre i più avventurosi si sono costruiti un riparo di fortu-na con teli, tavoli e panchine, ed hanno dormito all’aperto. Naturalmente non sono mancati i momenti di svago, in cui i ragazzi hanno approfittato per giocare a calcio e a carte, per ascoltare mu-sica a tutto volume e per costruire una diga sul torrente che passava a pochi metri dalla casa, crean-do così una piccola piscina in cui i più temerari hanno pure fatto il bagno!Noi dell’equipe animatori siamo rimasti soddisfatti di come è an-data l’esperienza, soprattutto per il clima che si è creato durante la settimana. L’augurio è che i ra-

gazzi riescano a mettere in pratica quanto provato in questi giorni durante tutto l’anno, per crescere da adolescenti responsabili e per poter diventare ancor più preziosi per la nostra comunità.

Marco

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25OTTOBRE 2013

5 giovani delle nostre comunità hanno scelto quest’estate di pas-sare una settimana presso la co-munità ecumenica di Taizè. Questa comunità monastica accoglie ogni anno per l’intera estate migliaia e migliaia di giovani di tutto il mon-do che hanno voglia di un tempo di sosta, confrontandosi su temi biblici, pregando assieme in modo “giovane” e collaborando nei servi-zi per la vita di ogni giorno. Ecco di seguito alcune loro testimonianze:“La scorsa estate ho partecipato a un’esperienza di camposcuola nella Comunità di Taizè in Fran-cia insieme a tanti altri giovani per imparare a prendere scelte di re-sponsabilità, cercando di essere portatori di perdono, fiducia e pace nell’ambiente di tutti i giorni.Il primo impatto con il villaggio di Taizè mi aveva talmente delusa, che subito mi sono chiesta: “Ma dove cavolo siamo capitati?!”: c’e-ra un diluvio “universale”, eravamo immersi nel fango, avevamo gli in-dumenti bagnati fradici, e, per finire in bellezza, faceva un freddo insop-portabile!! La notte, per fortuna, mi ha portato consiglio e il giorno seguente grazie ai primi incontri e grazie alla disponibilità di tutti i giovani, che erano al servizio degli altri, la gioia ha invaso il mio cuo-re e ho capito che la delusione del primo giorno era solo causata dalla stanchezza del lungo viaggio. Mi sono, quindi, immersa nella gran-de voglia di fare che si respirava nell’aria, ho partecipato alle rifles-sioni di gruppo, affrontando diversi dibattiti alternati anche da momenti di gioco. Le giornate erano scandi-te dalle preghiere e dai lavori vari, come per esempio lavare i piatti, preparare il cibo, lavare i bagni, pu-lire i tombini. Insomma i soliti lavori che noi ragazzi affrontiamo a ogni camposcuola, solo però un po’ più in grande (eravamo tremila persone circa).In conclusione posso dire che alla fine della settimana ho capito che il filo conduttore che ci ha uniti e

legati tutti quanti profondamente, nonostante le molteplici diversità culturali e linguistiche, è che il no-stro cuore è abitato da un grande amico: Gesù.”

Elisa

“La cosa che ho potuto maggior-mente respirare nell'aria di Taizè è stata una spontanea semplicità: tra migliaia di sorrisi, nella regolarità della preghiera, negli umili servizi

svolti quotidianamente e nell'as-senza di eventi spettacolari o ecla-tanti, ci si sentiva chiamati ad es-sere parte integrante di una grande comunità allo stesso modo in cui lo si è all'interno di una piccola fa-miglia. La testimonianza di vita dei Frères, che sembravano per la loro freschezza essere approdati a Taizè pochi giorni prima come noi, ha rappresentato e rappresenta uno stimolo a rinnovarsi ogni mattina negli impegni della giornata.”

Alberto

“A distanza di un pò di tempo dal-la conclusione dell'esperienza di Taizè quello che mi sento di dire è che lì, in quel luogo, ho respirato un'aria di libertà! Un modo diverso di vivere la religione dove nessuno si sente giudicato (chi è senza pec-

cato scagli la prima pietra) e dove è possibile condividere storie di vita e di amicizia con persone di altre religioni senza che questo sia un problema! Taizè è uno di quei luo-ghi che ti permette di entrare subito in sintonia con Dio e con le 3000 persone che fanno questa espe-rienza assieme a te, è un luogo magico dove si provano emozioni magiche. Credo che un'esperienza del genere serva per fermarsi vera-

mente a riflettere (cosa sempre più difficile nei luoghi che abitualmente frequentiamo) e per dare un po’ di nutrimento all'anima durante il no-stro cammino!”

Enrico

“Qualche anno fa un amico me ne aveva parlato, poi a distanza di qualche tempo un'amica, nel frat-tempo avevo conosciuto un pochi-no la realtà di Marango.Un modo di pregare e vivere la messa diverso da quello che in quegli anni vedevo in giro e che non mi piaceva tanto.Quando è stato proposto di andare a Taizè non c'ho pensato due volte, e sono partita, non ero per niente in ansia. Quando sono arrivata, alle 9 del mattino, sotto un diluvio di acqua, non sapevo come compor-

in 3000 a taize’ (francia)

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26 OTTOBRE 2013

tarmi, cosa dovevo o potevo fare. Una cosa sapevo! Ero già stregata dalla magia di quel luogo. Ragazzi di ogni dove che arrivavano e che si preparavano a partire, tutti sotto la pioggia.

E' stata un'esperienza bellissima quella settimana. Vivere tutto in semplicità, nulla che pesava o fos-se una fatica, fin dall'inizio anche i momenti di preghiera li ho vissuti con facilità.Quella mezz’ora o poco piu di pre-ghiera, meditazione guidata, era un appuntamento a cui non ho mai potuto mancare, lo stesso per la Messa al mattino, ho perso solo quella di lunedì perchè non sapevo ci fosse.L'ambientazione calda di quella Chiesa, la musica e i canti, la li-

bertà del corpo di pregare come voleva....eravamo sempre scalzi in Chiesa, la prima cosa che facevo dopo il saluto a Gesù era togliere i sandali, e la Bibbia sempre in mano per leggere e capire quello che i

Frere leggevano nelle varie lingue.Sto proprio in pace quando sono vicino a Gesù, e quando sono un po’ triste o spaesata ritorno con la mente a quei momenti alla sereni-tà che mi da Gesù e allora tocco la Croce che ho al collo e lo invoco.”

Emanuela

Ci sono delle esperienze che a se-conda di come le vivi ti rimangono impresse o meno. Vorrei dire due parole sulla mia esperienza a Taizè, un incontro mondiale in una comu-nità di frati in Francia. Posso pen-

sare che alle parole "comunità di frati", una persona, soprattutto se mia coetanea, potrebbe smettere di leggere, ma vi chiedo di non esse-re prevenuti e continuare la lettura. Devo precisare che inizialmente ero anche io un po' titubante all'idea di passare una settimana con dei frati, ma io non sono una persona che si tira indietro davanti alle nuo-ve esperienze perciò ho deciso di buttarmi. Mi ci è voluto un secondo per ambientarmi, il posto era ma-gnifico, sembrava davvero di esse-re in un altro pianeta, intorno c'era solo la natura, posti così sono stati creati per ricercare se stessi o più semplicemente avere qualche gior-no di tranquillità. Mi preme dire che la parte più divertente della giorna-ta era fare servizio, il momento ide-ale per cantare, divertirsi, fare nuo-ve conoscenze. Io personalmente ho conosciuto persone fantastiche, italiane, portoghesi, americane, po-lacche, prive di pregiudizi e con le quali mantengo tuttora dei rapporti. In finale vorrei precisare che questa è stata (finora) l’esperienza più bel-la e più profonda della mia vita.E come dice Proust:"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cer-care nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi". Concordo pienamen-te.

Aurora

Mi è stato chiesto di condivide-re qualcosina sulle esperienze estive che ho vissuto personal-mente. Sono spazi che tra un camposcuola e l’altro ho scelto di riempire vivendo dall’interno al-cune esperienze delle quali avevo spesso sentito parlare. L’obiettivo era quello di vedere, osservare e capire il buono da riproporre per il tempo d’oggi, al fine di far fare esperienza di Gesù vivo e risorto in particolare ai giovani.Ho iniziato con la missione gio-vani a Riccione, la settimana di ferragosto. Un centinaio di giova-

ni da tutta Italia assieme ad una decina di sacerdoti hanno vissu-to la cosiddetta “evangelizzazio-ne di spiaggia e di strada”; ab-biamo cioè cercato di portare esplicitamente l’annuncio che Gesù è vivo e ti ama personal-mente in maniera folle ai giova-ni che trovavamo in spiaggia e per strada, fino circa alle 2.00 di notte, invitandoli in chiesa ad incontrare questo Gesù nell’a-dorazione e nella possibile con-fessione. E’ stata un’esperien-za molto forte nel senso che mi ha messo alla prova; andare per

le strade ad annunciare Gesù a giovani che si stavano preparan-do per andare in discoteca, con ben altri interessi, mi faceva sen-tire piccolo, quasi inadeguato. E ho scoperto che proprio senten-domi così nudo ho potuto capire com’ero messo nella relazione con Gesù…è quando ti esponi che vedi se Lui è al centro del-la tua vita oppure no, e da qui nasce un possibile cammino di sempre ulteriore conversione.

Questa esperienza ci ha porta-ti a progettare un PERCORSO

riccione e new eVanGelization

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27OTTOBRE 2013

PER GIOVANI tutto centrato sulla relazione viva e gioiosa con Gesù, senza girarci tanto attorno e sull’evangelizzazione a chi è distante dai “nostri” re-cinti. Concretamente, con l’aiuto di Elena e Tommaso, una coppia che fa parte dell’associazione NUOVI ORIZZONTI, animeremo dal 24 ottobre l’adorazione eu-caristica del giovedì dalle 21.00 alle 22.00, per lasciarci riempire da Gesù, dal suo amore, dal suo calore. Inoltre faremo un picco-lo percorso su cosa significa, perché e come un giovane può evangelizzare altri giovani. E nel frattempo faremo almeno un’e-sperienza concreta di evange-lizzazione notturna a Venezia a fine ottobre. Altre idee sono in programma per la primavera, per dare continuità a questo cammi-no, ma per prudenza non le cito ancora.

Circa la nuova evangelizzazione sta continuando il percorso inizia-to con i corsi Nuova Vita dove più persone hanno potuto sperimen-tare cosa significa essere con-cretamente toccati dall’amo-re di Dio attraverso la potente azione dello Spirito Santo. Da poco abbiamo concluso il corso Emmaus che ci ha fatto innamo-rare un po’ di più della Parola di Dio contenuta nelle Sacre Scrit-ture. Ci apprestiamo ad iniziare una SCUOLA DI EVANGELIZZA-ZIONE per chi ha già fatto i corsi Nuova Vita ed Emmaus. Si tratta di 8-9 incontri sull’imparare ad evangelizzare, cioè parlare del-la propria esperienza di Dio nei propri ambienti di vita e coltivarla, questa relazione, con passione. Questi incontri saranno il lunedì sera dalle 21.00 alle 22.00 in ora-torio a Musile dal 14 ottobre al 16 o 23 dicembre. L’unica sosta

sarà il 18 novembre. Se qualcuno volesse partecipare alla scuola di evangelizzazione ma non ha par-tecipato ai corsi Nuova Vita, può parlare con me per vedere se è il caso di compiere adesso questo percorso.Concludo condividendo il fat-to che LA GIOIA che nasce da questi cammini di nuova evange-lizzazione che stiamo cercando di abbozzare anche nelle nostre comunità, nasce dal fatto che la centralità di Gesù Cristo è chia-ra ed esplicita. Non fai il giro del globo per arrivare a Gesù, ma ci vai diretto, imparando ad ado-rarlo nella lode e annunciandolo con quella fede che hai, piccola o grande che sia. Questo ti fa cre-scere con slancio nella fede, dà tanta gioia e sinceramente anche molto più senso al mio essere sa-cerdote!

don Michele

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28 giugno 2013

“Da tanto tempo desideravo fare il cammino a Santiago di Compo-stela , e quest'anno finalmente ho

potuto vivere questa esperienza durata 15 giorni insieme a Dome-nico di Musile. Siamo partiti da Leon ed abbiamo percorso 300 km, poco più, a piedi con uno zai-no in spalla.Mi sono preparato per tempo, ho preso contatti e informazioni e soprattutto ascoltato esperienze di chi lo aveva già fatto. Non mi sono stupito dunque di aver trovato lì una grandissima varietà di persone, da tutto il mondo, alcune anche visibilmen-te anziane, animate da motivazio-ni diverse, non sempre “spiritua-li”, non tutti lo percorrono a piedi, alcuni sono facilitati da mezzi di locomozione più veloci (cavallo o bicicletta) Il cammino è lungo e ogni persona può partire dalla località che preferisce a seconda delle forze e del tempo a dispo-sizione. Si attraversano piccoli villaggi o cittadine più grandi, il paesaggio è molto vario: dal pit-toresco e colorato a quello mono-tono, tranquillo e ripetitivo fino ad

attraversare vere e proprie zone industriali e/o commerciali.Ogni giorno la partenza era alle

sei del mattino ed in Spagna è ancora notte fonda.Ammirare con emozione la via lattea, ed illuminare il sentiero con una piccola torcia sulla fron-te... cercando le conchiglie che indicano la direzione giusta da

seguire... poi poco a poco perce-pire il calore del sole alle spalle e la nuca comincia a scaldasi: sono le 8,30 del mattino quando sorge completamente. E poi la fatica e le vesciche ai piedi, e ti domandi: ma chi me l'ha fatto fare?? Per-chè sono qui?? e quando incro-ciavi qualcuno, immancabile la domanda: ma quanto manca?? Scontate le risposte: ancora un chilometro...Ho portato con me l'MP3 con alcune belle meditazioni di Enzo Bianchi sulla confessione e mi hanno aiutato nei momenti di stanchezza. Non mi sono messo in cammi-no per “cercare” qualcosa o per “trovare” qualcosa...La motivazione di fondo è stata quella di “fare la strada” per rag-giungere una meta e portare pro-prio lì tutto me stesso, la mia vita, le mie esperienze, la mia interio-rità, la mia fede, con i limiti e le fatiche. Non programmare a prio-ri, ma passo dopo passo, lasciar-si condurre essenzialmente dalla strada stessa e dalla voglia di arri-vare ad una tappa intermedia che

VerSo SantiaGo: due teStiMonianze

Maurizio: “echi di un'esperienza”

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29OTTOBRE 2013

Avevo sentito tanto parlare del “Camino” di Santiago, di questo itinerario lungo quasi 900 chilo-metri che dalla Francia meri-dionale scavalca i Pirenei per poi percorrere quasi tutta la Spagna settentrionale, fino alla città di Santiago de Com-postela. Soprattutto avevo sentito parlare delle storie dei milioni di pellegrini che dal medioevo ai giorni nostri lo avevano percorso per giun-gere alla tomba dell’apostolo Giacomo, nella cattedrale di Santiago. Avevo il desiderio di percorrere quel “Camino”, di ricalcare le orme dei tanti uomini e donne che vi erano passati prima di me, in una continuità che travalicava i secoli. Era affascinato dal ri-chiamo di questo andare per chilometri e chilometri che attirava gente da tutto il mon-do. Ero curioso, insomma, ma difficilmente sarei riuscito a conciliare gli impegni di fa-miglia e di lavoro con il mio desi-derio, che probabilmente sarebbe rimasto tale se un giorno mia mo-glie non mi avesse detto di Mau-rizio, che si era organizzato per partire, da solo e non mi avesse proposto di aggregarmi a lui. Non credo alle coincidenze, preferisco pensare a occasioni che vengono messe sulla nostra strada. Sta a noi coglierle o no. Così ho chia-mato Maurizio, che mi ha accet-

tato con grande disponibilità e mi sono aggregato a lui e al suo viag-gio, che aveva da tempo organiz-

zato nei minimi particolari. Ero un clandestino, appunto. Un altro motivo mi faceva sentire clande-stino: non credo ai pellegrinaggi. Non penso certo di vietarli a chi ne vuole fare ma a me non dicono nulla, non mi hanno mai indotto a una particolare riflessione. Inoltre credo che molti aspetti esagera-ti del culto dei santi non abbiano nulla a che vedere con la fede in Gesù Cristo e francamente tutto

il contorno commerciale che si sviluppa intorno alle basiliche mi disgusta non poco. Doppio clan-

destino, dunque.L’esperienza del “Camino” è stata bellissima. Camminan-do per decine di chilometri al giorno ho potuto gustare di nuovo la dimensione umana del tempo, mentre nella vita di tutti i giorni tutto è cancel-lato dalla fretta del fare. Ho incontrato persone di tutti i tipi e di tutte le parti del mon-do. Ho visto panorami stu-pendi a qualsiasi ora del gior-no… e della notte. Ho rivisto il cielo stellato come non vedevo da anni, con la Via Lattea che suggeriva la dire-zione del “Camino”. Ho gu-stato la compagnia di Mauri-zio: noi due, così diversi, (lui espansivo e comunicativo, io silenzioso e un po’ musone) abbiamo condiviso questa esperienza tranquillamente, con estrema naturalezza e

con il conforto di poter contare reciprocamente sulla presenza dell’altro. Ho potuto, grazie a lui e a questa esperienza, dedicarmi alla mia interiorità come non fa-cevo da tempo, riprendendo un dialogo con me stesso, con le mie convinzioni, con le mia fede.Un unico neo: la regione spagno-la attraversata dal “Camino” non è molto ricca e si tocca con mano che l’economia locale è per gran

domenico: un clandestino a bordo

poteva essere un “albergue” dove trovare ristoro e riposo. Quando trovavi una chiesa, possibilmente aperta, cercavi il “sello” il timbro da mettere sulla credenziale che certifica il cammino fatto e, quan-do era possibile cercare anche di partecipare alla messa... Le liturgie, spesso essenziali e veloci, mi consentivano però di ri-prendere fiato non solo fisico ma anche interiore.Due sono state le tappe che emo-

tivamente mi hanno coinvolto particolarmente: sostare presso la croce di ferro dove tutti i pel-legrini portano uno o più sassi dal loro Paese e li lasciano lì con qualche intenzione e poi l' arrivo alla grande cattedrale di Santiago dove si trovano le spoglie dell'a-postolo Giacomo e nell'intimo cercare di vivere con fede la ce-rimonia del Botafumeiro. Questo enorme turibolo che rilascia il suo incenso lungo tutta la navata del-

la cattedra e che si sparge sopra i pellegrini. Segno di Purificazione dopo tanta strada, e benedizione per un ritor-no a casa nel cammino di ogni giorno.Bella esperienza che rifarei... ma non a breve!Buen camino a tutti.”

Maurizio Sternieri

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30 OTTOBRE 2013

Il tutto cominciò per colpa di una bottiglia musicale.A bordo di una zattera fatta di bottiglie di plastica ci stava un uomo, magro, con barba e occhi scu-rissimi.Era un compositore. Le sue musiche, che conservava all’interno di bottiglie, avevano la capacità di guarire gli infelici. Almeno così era accaduto fino a qualche tempo prima.Nell’isola dove abitava, la figlia del Re era stata colpita da una terribile malattia: l’infelicità.Il Re aveva chiamato il compositore e gli aveva ordinato di comporre una musica per la figlia.Il compositore per la verità non desiderava di meglio, essendo sempre stato innamorato della bella principessa. Si mise al lavoro, e dopo una settimana tornò con una bottiglia di plastica.“Eccoti la musica mio Sire” gli disse. Il Re aprì la bottiglia ma subito la richiuse per paura di consu-marne il contenuto. Chiamò una delle damigelle e gliela diede dicendole: “Consegnala a mia figlia e dille di ascoltarla.”Passarono i giorni, ma passarono anche le settimane e la figlia non dava cenni di miglioramento. Il Re si arrabbiò molto e decise di esiliare il compositore a causa del fallimento. Essendo il regno, un’isola, l’unica via era quella del mare. Il compositore senza dire una parola, accettò la cattiva sorte. Legò insieme le bottiglie di plastica, dove teneva le sue musiche, in modo da formare una zattera e prese il mare. Viaggiò per giorni e giorni e pensò a come la sua musica non avesse funzionato con la per-sona che più amava al mondo: la figlia del Re. Passarono i giorni. A volte c’erano venti buoni, a volte venti cattivi rischiavano di far capovolgere la zattera. Una mattina si trovò in un porto. Un uomo era seduto sul pontile e piangeva.“Perché piangi?” chiese il compositore. “Mia figlia vuole sposare un artista, un incapace.” “Ho qual-cosa che fa per te” disse il compositore. Andò alla sua zattera e slegò una bottiglia.“Eccoti una bottiglia piena di musica aprila e ascoltala.” L’uomo ubbidì. Ne uscì una musica soave. Alla fine si sentì meglio. “Hai ragione straniero, anche tu sei un artista, eppure con il tuo aiuto io mi sento guarito, ti voglio mio ospite!” Pranzarono insieme.L’uomo lo rifornì di provviste e alla fine il compositore riprese il viaggio.

Storie di Parole per continuare a sognare...

Guarire l’infelicità

parte sostenuta dall’indotto dei pellegrinaggi. Alberghi, ristoranti, negozi, ma anche pullman, taxi, pulmini per il trasporto degli zai-ni, viaggi organizzati: al pellegrino viene offerto di tutto e di più. Non dico che non si debbano offrire ai pellegrini servizi di cui hanno in effetti bisogno ma a volte la sensazione é che tutto questo soffochi in qualche modo la na-tura più profonda del “Camino”. Anche perché, di contro, lungo il “Camino” non ho trovato alcuna

occasione di momenti particolari di spiritualità offerti ai pellegrini. Ho ricevuto la classica “benedi-zione del pellegrino” nelle messe, alquanto frettolose, cui ho potuto partecipare e nulla più. Quanto poi alle celebrazioni in cattedrale a Santiago, non mi è stato del tut-to agevole concentrarmi e parte-cipare profondamente all’eucare-stia con l’atmosfera da spettacolo che regnava tutto attorno. Forse è normale che quando c’è un così alto numero di persone molte non

si rendano conto di dove si trovi-no e non si comportino di conse-guenza, sta di fatto che a me non è piaciuto.Il “Camino” resta comunque per me una delle esperienze più belle della mia vita e ringrazio il Signo-re per l’occasione che mi è stata offerta. Ringrazio di cuore anche Maurizio: lo devo a lui se nel “Ca-mino” non mi sono più sentito un clandestino.

Domenico Fantuz

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CHIESANUOVA

Ora era il compositore che cercava un luogo dove guarire la propria infelicità. Il suo dramma era di non immaginare una musica nuova.Qualche settimana dopo toccò di nuovo terra.Lì incontrò una donna che non si rassegnava al suo stato di povertà e di cattiva sorte. Il composito-re slegò una bottiglia dalla sua zattera e gliela diede.La donna si sentì subito meglio.Ma anche da qui dovette ripartire.Il compositore navigava e incontrava genti nuove ma tutte afflitte e travaglia-te. E lui pronto a dare una nuova bottiglia musicale. Così con l’andare del tempo la sua zattera si fece sempre più piccola.Quando gli rimasero che poche bottiglie sbarcò su un’isola.La gente subito gli venne incontro e gli disse: “Finalmente sei tornato. Il Re ha mandato ambasciatori in tutto il mondo per cercarti, vai subito da lui.”Era ritornato nella sua amata isola e in cuor suo sperava che la figlia del Re fos-se guarita. Arrivò alla reggia.“Figliolo, ti ho esiliato per un errore che non era tuo. La bottiglia di musica che tu avevi composto per mia figlia non le arrivò mai. Una sua damigella presa da sconforto, la aprì per guarire la propria infelicità. Così a mia figlia non rimase che una bottiglia vuota. Cosa posso fare per farmi perdonare?”“Desidero solo un’altra possibilità, voglio comporre una nuova musica per la princi-pessa.” Disse il compositore.“E sia!” disse il Re.Il compositore ritornò nella sua casa e cominciò a scrivere come nulla fosse accaduto.Dopo una settimana andò dal Re. Questa volta fu proprio il Re a consegnare la bottiglia alla figlia.La musica era bellissima. E non poteva che incominciare con il rumore delle onde.Dopo un’oretta, la figlia del Re si sentiva già meglio, aveva sorriso e sentì di essere innamorata.Ma innamorata di chi? Sì! Andò proprio così: del compositore.Per finire, tanto per dirne una, i due si sposarono e andarono in viaggio di nozze sul Mare dei Venti-quattro Venti, questa volta però non con una zattera di bottiglie di plastica, ma con una barca a vela a forma di cigno mai vista prima.Figuratevi che il cuoco di bordo era mio zio Nicola, ed è proprio lui che mi ha raccontato tutta la storia.

Andrea Zelio

Storie di Parole per continuare a sognare...

Page 32: Emmaus ottobre 2013

Halloween? Festeggiamo piuttosto... HolY win!

“anche quest’anno si avvicina la fatidica data in cui 'normalmente' si festeggia halloween… tradotto in altro modo, si avvicina il tempo della lotta per molti genitori cristiani concentrati a tamponare le richieste dei figli cir-ca il permesso di travestirsi da scheletri, le banalizzazioni di parenti, amici o conoscenti (“ma che c’è di male? È solo un gioco innocente…!”) e, cosa ancor peggiore, il placet pubblicitario, mediatico, sociale e, purtroppo, educativo, stando a quanto vediamo nei libri scolastici dei nostri figli, già da piccolissimi.È un problema che la maggioranza dei cattolici non vede come tale, spesso per mancanza di conoscenza, o per non essere tacciati di integralismo. che Facebook si schierasse a favore di questo evento c'era da aspettarselo: è inquietante però che arrivi al punto di mettere le mani sulla mia bacheca personale e cancellare non soltanto un mio post, il quale chiariva la vera natura di halloween, ma anche quello di un'amica che lo aveva a sua volta condiviso nella propria bacheca. dopo accurata ricerca su internet ho scoperto molti risvolti curiosi. l’origine di questa festa popolare pre-cristiana riguarda le popolazioni tribali che utilizzavano la data del 31 ottobre per dividere l’anno in due parti, in base alla transumanza del bestiame che necessitava di riparo per l’avvicinarsi dell’inverno. in europa questa ricorrenza si diffuse grazie ai celti, anche se le maggiori influenze ci pervengono dagli stati uniti e dal canada. i celti usavano festeggiare la fine dell’estate con il “samhain”, il loro capodanno. samhain cadeva, secondo la loro tradizione, in un momento fuori dalla dimensione temporale, che non appar-teneva né all’anno vecchio né al nuovo: in quel frangente il velo che divideva la terra dai morti si assottigliava e i vivi potevano accedervi e viceversa. i celti non temevano le visite dei morti ed erano soliti lasciare loro del cibo sulla tavola in segno di accoglienza. inoltre non credevano nei demoni, ma nelle fate (che consideravano buone) e negli elfi, dei quali temevano la pericolosità per gli scherzi (parecchio cattivi!) che usavano fare agli uomini. da qui il famoso “dolcetto o scherzetto” che ha come scopo il “tenersi buoni” gli spiriti cattivi. Questa frase, in sostanza, la dovrebbero ripetere con voce cavernosa i nostri figli, bussando ad almeno tredici porte per allontanare la sfortuna. la chiesa cattolica, e con essa ogni religione cristiana, ha da sempre preso posizione precisa contro questo tipo di festività. Fu Papa bonifacio iv che nel 610 istituì una festa antagonista conosciuta oggi come ognissanti, che veniva però celebrata il 13 maggio di ogni anno; in seguito la data fu spostata al 31 ottobre da Papa Gregorio iii per farla coincidere con quella di halloween e porla in alternativa a quest’ultima. Padre Gabriele amorth, famoso decano degli esorcisti, afferma senza remore che “festeggiare halloween è rendere culto a satana”. stando a tali indicazioni, ogni cristiano, e il cattolico in modo particolare, dovrebbe riflettere su questo, porsi domande e soprattutto imparare a gestire la cosa educando anche i propri figli sulla differenza tra spiritualità e spiritismo. sarebbe interessante come cristiani recuperare la bellezza della festa di tutti i santi. alle famiglie - la cui spinta al festeggiamento di halloween suppongo tragga origine dal desiderio di fare qualcosa di carino in comunione con altri - proponiamo di festeggiare gioiosamente qualcosa di alternativo: festeggiate... holY WiN (i santi vincono!).Per esempio la sera del 31 ottobre riunitevi in casa, anche in piccoli cenacoli di più famiglie se volete, pregate un po’ assieme (sarebbe bello!) e fate come suggerito di recente dai vescovi inglesi e travestite i vostri figli... da santi! invece di truccarli da zombie o da streghe, trovate loro costumi che li trasformino per una sera in tanti piccoli san Francesco e san Giorgio, tante piccole santa lucia e santa chiara. Passate una serata nella gioia!”

Sabrina Pietrangeli Paluzzi