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N.57 settembre 2016 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata F ai memoria dei luoghi che hai fre- quentato e ti accorgi che sono den- tro di te, come segni indelebili e… più ancora con il passare degli anni: casa, cortile, scuola, chiesa, oratorio, strada, piazza, campagna. Luoghi di acco- glienza, di relazione, di responsabilità nel dare e nel ricevere. In essi si sono intrecciati gioie intense e scoramenti, derivanti talvolta dal sentirti accolto o respinto. Rivedo con chiarezza, e in si- tuazioni ben definite, il mio io. In ri- cerca desiderosa di guide dal cuore aperto al futuro. Senza di loro non avrei potuto ricavarne gran che. E la famiglia ha avuto un posto privilegiato: lì por- tavo e da lì riportavo elementi in con- tinua rielaborazione. Che richiedevano regie educative. É poi l’interazione cri- tica che favorisce quella promozione che diventa progresso, miglioramento, maturazione. Non secondario è stato il ruolo della comunità che mi ha accolto, formato, inviato. Il contesto naturale e ambientale dun- que si pone come un libro in cui leggere responsabilità di soggetti che hanno inteso costruire un qualcosa insieme “perché la terra sia diventata abitabile ci sono voluti milioni di anni e infiniti accorgimenti, di grandi ma anche di piccole dimensioni” (Ecologia umana di Enrico Cattaneo – Timone, febbraio 2015). É la logica dell’evoluzione storica di cui l’uomo non è mai estraneo ai suoi eventi. Ho da poco visionato un film docu- mentario in dvd dal titolo “L’ultimo pastore”. Regalo della moglie di questo pastore vero. L’ho trovato molto bello e ricco di spunti di riflessione. In esso si afferma il bisogno di trovare uno sguardo che sappia mettere insieme città e campagna rivalutando arti e mestieri in chiave moderna. Le esi- genze umane chiedono di rivedere e adattare il rapporto di trasformazione della terra. Ciò avviene non senza no- stalgie come quella della sequenza del film in cui il pastore, rivolgendosi al figlioletto, ultimo di quattro, fa notare quello squarcio di prato alla periferia di Milano che domani non ci sarà più. Né per le pecore. Né per gli uomini. Davanti ai cambiamenti sociali non esiste solo la nostalgia ma purtroppo anche l’indignazione. Di cui si fanno carico molte associazioni benemerite in Italia nel denunciare, qua e là, in- quinamento e innalzamento di “mostri di cemento”. Distruzioni e invasioni ambientali. Ci si chiede perché alcuni, forse troppi, non entrino in relazione rispettosa della terra? É forse perché il “rispetto di essa” è concesso solo “con il sudore della fronte”? L’am- biente non è nulla di magico ma sem- plicemente il risultato di una sinergia tra il dono di elementi naturali e la fa- tica umana. Chi non conosce il duro lavoro della terra affidato spesso ai capricci del tempo (grandine, siccità) o alle speculazioni di mercato? Nel film, verso la fine, si vede la sagoma del pastore di spalle, a braccia allargate, icona di una croce rivolta all’aspra mon- tagna e all’orizzonte luminoso del cielo. Immagine in cui si concentra intrapren- denza sfida coraggio. Frutto di una vo- cazione che non può non riempire il cuore di gratitudine. Segno di vita rea- lizzata. Don Carlo Invito alla visione del DVD “L’ultimo pastore”, un film di Marco Bonfanti “un film bellissimo, indi- menticabile” (Ermanno Olmi). La confezione con- tiene anche un CD. in questo numero Il Nuovo Umanesimo: l’ambiente LA CRESCITA UN’INTERAZIONE CON L’AMBIENTE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

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N.57 • settembre 2016

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

Foglio di formazione e informazionedell’AssociazioneMaria Immacolata

Fai memoria dei luoghi che hai fre-quentato e ti accorgi che sono den-

tro di te, come segni indelebili e… piùancora con il passare degli anni: casa,cortile, scuola, chiesa, oratorio, strada,piazza, campagna. Luoghi di acco-glienza, di relazione, di responsabilitànel dare e nel ricevere. In essi si sonointrecciati gioie intense e scoramenti,derivanti talvolta dal sentirti accolto orespinto. Rivedo con chiarezza, e in si-tuazioni ben definite, il mio io. In ri-cerca desiderosa di guide dal cuoreaperto al futuro. Senza di loro non avreipotuto ricavarne gran che. E la famigliaha avuto un posto privilegiato: lì por-tavo e da lì riportavo elementi in con-tinua rielaborazione. Che richiedevanoregie educative. É poi l’interazione cri-tica che favorisce quella promozioneche diventa progresso, miglioramento,maturazione. Non secondario è stato ilruolo della comunità che mi ha accolto,formato, inviato.

Il contesto naturale e ambientale dun-que si pone come un libro in cui leggereresponsabilità di soggetti che hannointeso costruire un qualcosa insieme“perché la terra sia diventata abitabileci sono voluti milioni di anni e infinitiaccorgimenti, di grandi ma anche dipiccole dimensioni” (Ecologia umana diEnrico Cattaneo – Timone, febbraio2015). É la logica dell’evoluzione storicadi cui l’uomo non è mai estraneo aisuoi eventi.Ho da poco visionato un film docu-mentario in dvd dal titolo “L’ultimopastore”. Regalo della moglie di questopastore vero. L’ho trovato molto belloe ricco di spunti di riflessione. In essosi afferma il bisogno di trovare unosguardo che sappia mettere insiemecittà e campagna rivalutando arti emestieri in chiave moderna. Le esi-genze umane chiedono di rivedere eadattare il rapporto di trasformazionedella terra. Ciò avviene non senza no-

stalgie come quella della sequenza delfilm in cui il pastore, rivolgendosi alfiglioletto, ultimo di quattro, fa notarequello squarcio di prato alla periferiadi Milano che domani non ci sarà più.Né per le pecore. Né per gli uomini.Davanti ai cambiamenti sociali nonesiste solo la nostalgia ma purtroppoanche l’indignazione. Di cui si fannocarico molte associazioni benemeritein Italia nel denunciare, qua e là, in-quinamento e innalzamento di “mostridi cemento”. Distruzioni e invasioniambientali. Ci si chiede perché alcuni,forse troppi, non entrino in relazionerispettosa della terra? É forse perchéil “rispetto di essa” è concesso solo“con il sudore della fronte”? L’am-biente non è nulla di magico ma sem-plicemente il risultato di una sinergiatra il dono di elementi naturali e la fa-tica umana. Chi non conosce il durolavoro della terra affidato spesso aicapricci del tempo (grandine, siccità)o alle speculazioni di mercato? Nel film, verso la fine, si vede la sagomadel pastore di spalle, a braccia allargate,icona di una croce rivolta all’aspra mon-tagna e all’orizzonte luminoso del cielo.Immagine in cui si concentra intrapren-denza sfida coraggio. Frutto di una vo-cazione che non può non riempire ilcuore di gratitudine. Segno di vita rea-lizzata.

Don Carlo

Invito alla visione del DVD “L’ultimo pastore”, unfilm di Marco Bonfanti “un film bellissimo, indi-menticabile” (Ermanno Olmi). La confezione con-tiene anche un CD.

in questo numeroIl Nuovo Umanesimo:

l’ambiente

LA CRESCITAUN’INTERAZIONE CON L’AMBIENTE

EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE

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2 • AscoltAmi • N.57 • settembre 2016

PARLIAMO CON UN GIOVANE VO-LONTARIO DEL CARCERE DI BOL-LATE…

Il convegno del 30 aprile u.s. ci hafatto conoscere un giovane Neri BiniSmaghi che svolge il suo volonta-riato presso il carcere di Bollate. Suinvito della nonna Alberica di Bel-gioioso, ci ha inviato questo breveresoconto:“Il carcere di Bollate è stata un'espe-rienza molto formativa, in particolaredal punto di vista umano. È un car-cere che, a differenza di numerosi al-tri in Italia, prevede un regime meno"pesante" da sopportare per i con-dannati. Essi infatti al suo internohanno la possibilità di non far veniremeno le loro speranze, le loro aspet-tative sulla Vita. Difatti, possonomontare a cavallo, dedicarsi ad atti-vità agricole, artistiche e lavorative,oltre che culturali (il carcere di Bol-late possiede al suo interno un teatro,una falegnameria, un call- center diuna società energetica, un orto, varicorsi di pittura) Oltre a tutto ciò,

possono pure esprimere quello chepensano, quello che provano, sia at-traverso la musica (ogni domenicasu radio radicale va inonda un loro"pezzo") sia attraverso la scrittura(ogni mese esce "Carte Bollate", ri-vista redatta dai carcerati stessi).Hanno altresì la possibilità di espri-mersi attraverso la religione (vi sonochiese, moschee e luoghi per i testi-moni di Geova). Le stanze, i corridoi,non sono bui o vuoti, ma coloraticome se fosse una scuola. Non si sen-tono rumori di catene o porte blin-date, perché non esistono,i carceratisono liberi di circolare all'interno delperimetro del carcere. Tutto questoper una sola cosa: far rivivere personeche altrimenti sarebbero schiacciatedal peso della pena e dei rimorsi (sibadi bene, non tutti i carcerati!).Questo potrebbe essere davvero il mo-dello del carcere che i costituenti sierano prefissati, un carcere in gradodi rieducare, in grado di non far de-linquere di nuovo (nelle altre carcerila recidiva, se non erro, è superioreal 60%). Speriamo che questa possa

essere un'occasione per far capire allepersone quanto sia brutto delinquere,nuocere agli altri, e quanto invecesia molto più bello vivere amando ein pace con tutti!”

… E CON MARCO PONTECORVO, ILREGISTA DEL FILM PA RA DA(2008)

PA-RA-DA, film di Marco Ponte-corvo, racconta la storia del clowndi strada Miloud Oukili, il suo arrivoin Romania nel 1992, tre anni dopola fine della dittatura di Ceausescu,e il suo incontro con i bambini deitombini, i cosiddetti “boskettari”:l’amicizia tra una banda di ragazzinidai 3 ai 16 anni e il giovane clownfranco algerino Miloud, poco piùche ventenne.

Dice Pontecorvo: “Amo molto il miolavoro di direttore o – come è giusto– di autore della fotografia – ma cisono delle storie che senti più vicinea te e che hai voglia di raccontarepersonalmente. E’ successo con ilmio esordio alla regia, con il corto-metraggio “Ore due, calma piatta”,ed è successo con una storia moltopiù difficile da raccontare ma moltoforte e affascinante come quella diquesto film. L’ho trovata per caso,leggendo un quotidiano e vedendoun telegiornale.Era il 2001. Miloud Oukili e i ragazzidi PA-RA-DA facevano uno spettacoloin Italia. Questi ragazzi, “abitantidei canali”, i “boskettari”, le lorovicende, il rapporto con Miloud, misono sembrati subito elementi su cuiindagare per capire di più quello checi circonda e eventualmente tirarnefuori una storia. Ho letto articoli elibri e attraverso Internet mi sonomesso in contatto con Miloud, l’hoincontrato e poi con lui sono andatoa Bucarest. Ho girato la città, sonoentrato anch’io nei tombini e sonosceso nel sottosuolo.E lì, a contatto con questa realtàdevastante, ho deciso che avrei lot-

ASPETTATIVE DI VITA DAL CARCERE E DALLA STRADA

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

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PMARCO PONTECORVO (ROMA, 8 NOVEMBRE 1966) DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA, REGISTA E SCENEGGIATORE ITALIANO

Figlio del famoso regista Gillo, ha debuttato nel cinema come direttore della fo-tografia nel 1997 per il film In barca a vela contromano. Fra i suoi lavori più ce-lebri si possono citare Roma, L'ultima legione, Letters to Juliet e Il Trono diSpade.Lavora inoltre come regista dal 2008. Il suo primo lavoro Pa-ra-da ha ricevutonumerose importanti nomination, fra cui il Nastro d'argento al miglior registaesordiente e il David di Donatello per il miglior regista esordiente, vincendo ilPasinetti Award alla 65ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Veneziae il Premio Francesco Laudadio per la miglior opera prima al Bif&st 2009 di Bari.Fra le altre regie da lui curate si può citare:

• Ore 2: Calma piatta – cortometraggio (2003)• Mai per amore – miniserie TV, 2 puntate (2012)• Le mille e una notte - Aladino e Sherazade – miniserie TV, 2 puntate (2012)• L'oro di Scampia (2014)• Ragion di Stato (2015)• Tempo instabile con probabili schiarite (2015)• Lampedusa (2015)

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

tato fino all’ultimo per fare questofilm. La loro storia è piena di uma-nità, è drammatica e allo stessotempo fiabesca. Una cosa mi avevacolpito molto appena arrivato lì:questi ragazzi sono costantementeguardinghi, misurano sempre chihanno davanti, come fossi comun-que un avversario. Anche durante imomenti di gioco hai l’impressioneche la situazione si possa ribaltarein un attimo. Ma è difficile direcosa ti colpisca di più in una situa-zione così drammatica quando vediragazzini con la faccia da adulticompletamente annebbiati dallacolla o genitori-ragazzi che con iloro neonati vivono dentro un sot-terraneo di pochi metri quadrati.Miloud aveva 20 anni quando arrivòa Bucarest nel 1992. Era previstoche stesse un mese, ci restò 12anni. É stato definito un “capo-banda”, ma non è stato soltantoquesto. Miloud è un artista distrada, abituato all’improvvisa-zione, un mago, un personaggiomisterioso ed è questo che lo haaiutato a conquistare la fiducia eil rispetto di ragazzi assolutamenteanarchici e a uscire dalle situazionipiù difficili. La sua capacità dioscillare sempre tra la verità e loscherzo da clown matto, confon-deva i ragazzi più aggressivi e co-munque divertiva tutti.

Me l’ha raccontato fin dal primo mo-mento in cui ci siamo incontrati. Undenominatore comune che ha avvi-cinato Miloud ai ragazzi è statol’amore per la libertà, che molti diloro trovano nella vita apparente-mente senza regole della strada. Ilrispetto per sé e per gli altri è statoil punto di partenza, la base del rap-porto tra Miloud e i ragazzi ed è lacosa su cui Miloud ha insistito dipiù con loro.

Miloud però non è né un santo néuna Mary Poppins: è un uomo con idifetti che tutti noi abbiamo, cheha avuto la forza e la capacità diportare a termine un grande progettoin cui ha creduto ed è così che loabbiamo raccontato nel film. Cosalo abbia spinto a lasciare la sua vitaparigina per i canali di Bucarest èdifficile dirlo con precisione, nonsiamo mai mossi da un unico motivo,ma nel film ho cercato di analizzarloper quanto possibile. La cosa sicuraè che Miloud e i ragazzi avevano bi-sogno l’uno degli altri.La storia di PA-RA-DA oltre a essereuno squarcio su una realtà difficilee inquietante, ci insegna che anchele cose impossibili, a volte, quandosi esce dagli schemi, diventano pos-sibili”.PA-RA-DA è anche il nome dell’affer-mato gruppo circense fondato da Mi-loud che ancora oggi porta in giroper l’Europa i propri spettacoli con illoro messaggio di amicizia multiet-nica, solidarietà e speranza.

(a cura di Marina Di Marco)

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Negli esercizi spirituali di Lozio, a finegiugno, le meditazioni si sono svolte

su due temi: quello della misericordia, lamattina, seguendo il libro-intervista di An-drea Tornielli al Papa, “Il nome di Dio èmisericordia”; e quello del “pastore”, nelpomeriggio, con la proiezione di filmati sualcune eminenti figure della Chiesa: i car-dinali Schuster e Martini, i papi Luciani eWoityla. Tra questi è stato presentato ancheun film-documentario del regista MarcoBonfanti, dedicato a Renato Zucchelli, l’ul-timo pastore nomade della Lombardia, chevive con il suo gregge alle porte di Milanoe d’estate lo trasferisce in montagna perla transumanza.La cronaca si era interessata a lui tempofa, quando aveva realizzato il sogno di por-tare il suo gregge in piazza del Duomo aMilano, in un singolare percorso sul-l’asfalto, costeggiando capannoni indu-striali, attraversando quartieri residenziali,per incontrare i bambini che in città nonhanno più occasione di conoscere le figuretradizionali dell’economia contadina e divedere da vicino pecore e agnellini.La storia di Renato, che il regista tratteggiacon sensibilità e poesia, ha sollecitato lariflessione non solo sull’icona del pastorecon i suoi riferimenti biblici e spirituali,ma anche su alcuni temi dell’Enciclica “Lau-dato sì”, che quest’anno abbiamo letto ecommentato nelle giornate di ritiro mensili. Quella di Renato è prima di tutto la storia

di una vocazione: a diciassette anni infattiil giovane decide di abbandonare gli studiper dedicarsi all’attività che lo appassiona,la pastorizia: un lavoro duro, controcor-rente, che richiede molti sacrifici.Scriveva Luigino Bruni in un articolo pub-blicato nel 2015 su Avvenire: “gli umane-simi che si sono mostrati capaci di futurosono fioriti grazie a rapporti non predatoricon il tempo e con la terra”.L’esperienza dell’ultimo pastore richiamaproprio la necessità, per l’epoca in cui vi-viamo, di recuperare valori quali la len-tezza del vivere, la fisicità, la concretezzadel rapporto con la natura, lontano dairitmi e dalle costrizioni della vita moderna,ma anche senza cedere all’ idealismo diuna ecologia intesa come ritorno alla cam-pagna e alla vita degli antichi villaggi ru-rali. La scelta di Renato esprime piuttostol’antica saggezza contadina, che sa coglierele risorse dell’ambiente, rispettandolo, ac-cettandone i tempi; ma si serve di mezzimoderni là dove occorre: penso per esem-pio al trasferimento delle pecore nei pascolid’altura mediante camion, o all’aspetto ge-stionale dell’azienda, curato dalla moglie. Come ogni vocazione, la scelta di Renatocomporta rinunce e sacrifici. Per sé e perle persone che gli sono care. Nel film èfortemente sottolineato il tema della fa-miglia, della forza che nel matrimonio na-sce da una scelta di vita condivisa, da so-lidarietà e aiuto reciproci; del coin-

volgimento dei figli in uno stile di vitache non segue i dettami del consumismo edelle mode. La famiglia è qui presentatacome“luogo di formazione integrale, in cuisi coltivano le prime abitudini di amore ecura per la vita”, come il rispetto per l’eco-sistema locale e la protezione di tutte lecreature.Il tema educativo viene ripreso quando ilpastore è invitato in una parrocchia perun presepe vivente. Mentre trasporta ilbue, l’asinello e qualche pecora, Renatospiega al suo aiutante: “Bisogna andare,perché il primo annuncio della nascita diGesù è stato fatto ai pastori!”. L’urgenzache il protagonista avverte di testimo-niare la propria scelta ha le sue radici inun sapere biblico che gli permette dicogliere il senso profondo della propriavocazione e la necessità di metterla alservizio degli altri.Altrettanto profonda, per quanto riguardala riflessione sull’icona del pastore e sulraffronto con le altre figure di “pastori”della Chiesa, è poi l’osservazione di Renatomentre conduce il gregge: “Le pecore se-guono il pastore, ma sono intelligenti”. Lasequela non è passività, è affidamento.Il filo conduttore del film è rappresentatodai preparativi che consentiranno al pro-tagonista di realizzare il suo sogno: ascuola gli insegnanti spiegano ai bambinichi è il pastore, qual è il suo lavoro, cre-ando un clima di gioia e di festosa aspet-tativa. Mentre dalla periferia inizia il cam-mino di avvicinamento del gregge. Il contrasto tra le scene girate in montagnae quelle in città, in un continuo gioco dirimandi, a tratti incalzante, pone lo spet-tatore di fronte al tema della città cheavanza e progressivamente fagocita le ul-time aree disponibili per il pascolo minac-ciando la sopravvivenza dell’azienda. Inuna delle scene finali Renato e la moglieesortano il figlio più piccolo a serbare nellamemoria l’immagine del campo che stannoattraversando e che a breve sarà sottrattoalla pastorizia. E si interrogano: quale fu-turo per il loro lavoro, per i loro figli? Un commento di Renato suona quasi pro-fetico: “Siamo andati verso il meglio, èduro tornare al peggio”. Ma, dopo aver vi-sto il film, si è portati a interrogarsi: cosaè “meglio”, cosa è “peggio”?

Sara Esposito

NUOVO UMANESIMO: IL DONODEL TEMPO E DELLA TERRA

IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA

Foto: Tibe

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NUOVO UMANESIMO E AMBIENTE

L’ASC0LTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA

Foto: Tibe

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AMBIENTE VUOL DIRE ANCHE NA-TURA? NATURA VUOL DIRE ANCHEAMBIENTE?

Ambiente: è un concetto talmente am-pio che si fatica a concentrarlo in unasola direzione. È un tema che ha le piùvaste interpretazioni se si va a curiosareanche in epoche passate. Tra gli artisti, per esempio? Ognuno haclassificato un momento storico, un Am-biente in relazione alla cultura, all’edu-cazione, alla società in cui vivevano. Qual l’Ambiente di Giotto nel 1300? Fi-gura determinante per tutta l’arte occi-dentale, Giotto, per l’epoca, non puòche rappresentare un ambiente mistico:Madonne, santi e angeli, ma anche alberidelicati e, come nelle Storie della pas-sione che nascono da una roccia e sonotristi, come morti assistendo al com-pianto di Cristo.Quale l’ambiente di Leonardo nel 1500?Nel suo quadro più celebrato, La Gio-conda, dà uno sfondo delicatissimo allamisteriosa dama che ritrae. Alberi eva-nescenti, rocce da interpretare, un sen-tiero che porta all’acqua. Ma è un am-biente tutto da penetrare perché è ladama il suo soggetto. E in San GiovanniBattista seduto, mentre ci può un po’stupire questo giovane bello che di mi-stico non ha molto, il suo ambiente è lu-minoso, le rocce si intravedono come col-pite dal sole e l’albero, quasi in primo

prima volta in un dipinto di Monet: Im-pression: soleil levant e identifica un pe-riodo importantissimo di una pittura ri-voluzionaria rispetto a quanto era statovisto fino a quel momento. Quale l’Am-biente degli impressionisti? La Natura:il giardinaggio, la navigazione, il cielo,il mare, il sole e le diverse ore che illu-minano la Cattedrale di Rouen nei dipintidi Monet. La spiritualità della Naturapenetra nell’Ambiente di quel periodopittorico. Come non essere commossi datanta bellezza? Come non essere conta-giati dalla sensibilità poetica e spiritualedi questi artisti? Noi non sappiamoquanto fossero realmente intrisi di spi-ritualità, ma la pittura che ci hanno tra-mandata ha prodotto in noi emozioniprofonde che si rinnovano ogni voltaalla vista dei loro dipinti. Solo pochi anni dopo vediamo Van Goghnella sua follia ritrarre alberi di man-dorlo, campi di grano, abbagliato dallaluce del Mediterraneo, e, vicino al suici-dio, far diventare l’Ambiente cupo, allu-cinato, a rappresentare il suo animo tor-mentato.Van Gogh scriveva: sogno di dipingere epoi dipingo il mio sogno. Anche il sognocome Ambiente, per un poeta della pit-tura, anche Natura come Ambiente pergli animi sensibili degli artisti.E noi, oggi, in un’epoca così poco poe-tica e così poco da sognare, come lopensiamo l’Ambiente? Qualche sforzo sista facendo, bisogna riconoscerlo. C’è aMilano, proprio in questo periodo, unamostra: Relax al Bosco culturale itine-rante. Ne scrivono come una cameradelle meraviglie “verde”, dove staccarela spina e ritemprarsi. Organizzata daAustria Turismo è uno spazio di micro-clima e respiro che propone paesaggi bo-schivi con alberi, arbusti, felci e fiori del-l’arco alpino. Pare sia una realizzazione unica almondo.Vorrei però fare una riflessione. Questasarà sicuramente una mostra interes-sante, ma chi ha pensato che non solol’Ambiente che accoglie il corpo va rap-presentato ma anche e soprattutto l’Am-biente che deve accogliere l’Anima?

Maria Grazia Mezzadri

piano, è leggerissimo e giovane e ingenuo. Ma facciamo un altro salto nel tempo.Attraversiamo un periodo sei-settecente-sco e ci accorgiamo che l’ambiente èchiuso, i pittori ritraggono ambienti incui si vive, che siano nobili, come i ritrattiche Velasquez, pittore ufficiale della cortespagnola, esegue per i suoi committenti,o come l’olandese Vermeer, che ritrae laStradina di Delft, delizioso ambiente fa-miliare con le donne che lavorano nelcortile o sull’uscio di casa o versano illatte da ciotole ormai famosissime in unaluce che esalta i colori, dando al gialloun valore ineguagliabile, dando una inti-mità morbida alle sue rappresentazioni.Si pensa alla famiglia armoniosa guar-dando i suoi quadri, a bambini amati inun ambiente ordinato e composto. Saltiamo ancora secoli e ci troviamo trasettecento-ottocento. Inizia Corot, de-finito raffinato maestro del paesaggio.Uno dei primi pittori a uscire dagli am-bienti chiusi e a rappresentare l’Am-biente-Natura che ha ammirato nei lun-ghi periodi italiani. Ambiente-Natura: concetti che si pos-sono inserire uno nell’altro? La Natura èanche Ambiente? Certo lo era nei tempiche stiamo esaminando. Da Corot, che spalanca una porta a unnuovo genere di pittura, partono gli Im-pressionisti, che rifiutando ogni am-biente chiuso, si affidano alle “impres-sioni”. Questo concetto emerge per la

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Sono seduta su un “panettone” inpiazza Gae Aulenti. È tardo pome-

riggio di un giorno chiaro e la piazza èsemivuota. Un’emozione. È bella lapiazza, bello il nome, belli i grattacieliluminosi e vuoti intorno. La chiamanoCitylife ed è un’enclave nuova dentro lavecchia città. Un’emozione, ma ancheuno spaesamento. E mi perdo in millepensieri. Sono nata alla Città degli Studi, un belquartiere signorile. Poi la famiglia si èallargata. Siamo finiti in una bruttacasa più grandina in fondo a via Mez-zofanti; la chiesa si chiamava, e ancorasi chiama, SS. Nereo e Achilleo. Santi ame sconosciuti. Di fronte alla mia casac’era un grande prato a trifoglio, poiancora un po’ di case e in fondo la fer-rovia e un ponte che collegava all’Ortica.In primavera, sul prato, pascolavanogreggi di pecore. Poi, sposata, ho vis-suto in Germania, nel Westerwald. Inuna casetta ai limiti della foresta, coni miei primi due figli piccolissimi. Sper-duta, lontana dal mondo. Con l’impres-sione di essere stata deportata. Tempodopo, in estate e per un mese, andavoin vacanza con i bambini a Casale diZavattarello, in Oltrepò, ospite di unamia amatissima prof di inglese che in-segnava al Parini. E lì, tra le viti, illatte fresco, e l’aria profumata, ritrovavoun ambiente ospitale e affettuoso. Edora, dopo innumerevoli traslochi, sonoqui, a Porta Romana, nella mia casapiccoletta, ma per me perfetta. Parvased apta mihi.Penso: qual è il mio ambiente? Citylifeo il prato di trifoglio? Come ho vissuto,come vivo il mio ambiente? Ma, soprat-tutto, come vorrei che fosse? Penso aLaudato Sì. Vorrei un ambiente sano, coerente conla vita dell’uomo, rispettato, amato.Vorrei una città pulita, un’aria pulita,vorrei (quante promesse mai mante-nute!) una periferia vivibile, umana,non così indifesa, corrotta e abbando-nata rispetto al centro della bella città.Vorrei una campagna irrigata e profu-mata, un terreno fertile e coltivabileche non nascondesse rifiuti tossici e

dove ci fosse grano per tutti. È cosìche vorrei il mio ambiente. Lo vorreinon inquinato dalle orrende ferite chegli infligge l’uomo. Un mare pulito dovenon si affoghi nel petrolio e non gal-leggino vite umane, dove i grandi pescinon muoiano soffocati dai sacchetti diplastica.Il Papa dice: “… l'obiettivo non è diraccogliere informazioni o saziare la no-stra curiosità, ma di prendere dolorosacoscienza, osare trasformare in soffe-renza personale quello che accade almondo, e così riconoscere qual è il con-tributo che ciascuno può portare”.Vedo i miei nipotini che raccolgono im-mediatamente una carta di caramellacaduta per sbaglio in terra e quella loropassione e amorevole attenzione per glianimali: gatti, gerbilli, pesciolini…unatartaruga. Un contributo “etico” cheanche i piccoli possono portare.Così, seduta sul panettone di piazzaAulenti, rimetto in ordine i miei pen-sieri. I grattacieli così splendidi e vuoti,le case popolari così fatiscenti e gre-mite. Cosa dice il Papa? Qual è il con-tributo? Prendere dolorosa coscienza…quindi lottare, battersi con ogni mezzoper difendere il nostro ambiente natu-rale e umano. Lo possiamo fare tutti, ogni giorno. Nelsociale, nel privato, da soli, insieme.Amare l’ambiente è come prendersi curadella propria casa.: riordinarla, pulirla,rispettarla. Chi non lo vorrebbe?

Adriana Giussani K.

LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI

L‘AMBIENTE È DOVE VIVO “È il linguaggio il primo segnaleche dice la crisi antropologica, equindi spirituale ed etica, che at-traversa il mondo dell’economia edell’impresa”. Luigino Bruni, pro-fessore universitario di economiapolitica e collaboratore di Avvenire,nel suo libro “La foresta e l’albero.Dieci parole per un’economiaumana” (Vita e Pensiero, 2016) ciaiuta a riflettere sulle parole del-l’economia e dell’impresa, e quindidella vita. L’autore parte dalla constatazioneche le logiche e i valori d’impresasono arrivati silenziosamente negliambiti della cura, della scuola, nelmondo del volontariato, nell’eco-nomia sociale, persino in alcunimovimenti cattolici e chiese. Le“virtù” economiche (innovazione,efficienza, incentivi, merito, com-petizione) stanno rimpiazzandotutte le altre, che vengono presen-tate come “vizi”: mitezza, miseri-cordia, lealtà, umiltà, generosità,compassione, ospitalità.E rivolge al lettore un duplice in-vito: a prendere coscienza del-l’ideologia nascosta sotto le “po-vere” parole delle grandi orga-nizzazioni “di successo”; e, risco-prendo le virtù cancellate dalmondo delle imprese, a far direcose nuove alle vecchie parole, a“rigenerarle” per andare incontroallo spirito del tempo e soccor-rerlo.

****Nella riunione di redazione Tiberioci ha segnalato la lettera di WimWenders sull’enciclica di papaFrancesco, apparsa sulla rivista “Iluoghi dello spirito”. Un paio d’annifa, il regista aveva realizzato il film“Il sale della terra. In viaggio conSebastiao Salgado”, in collabora-zione con il figlio di questo grandeartista della fotografia. Progettatocome omaggio a Salgado, il filmpresenta una stupenda, rigorosa ri-flessione per immagini su alcunidei temi che il Papa affronta nella“Laudato sì”.

Sara Esposito

• VISTE E LETTI PER VOI •

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7AscoltAmi • N.57 • settembre 2016 •

IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI

Guardiamo il nostro mondo conocchio sempre più penetrante

alla ricerca di verità sconosciutema non rifiutiamo o banalizziamoanche il messaggio di percorsi sem-plici ma ricchi di umana ed ingenuatenerezza : "C’era una volta un pe-scatore che viveva in una plaga so-litaria, lontano dagli uomini manon lontano da Dio. Un giorno pas-seggiava sulla riva del mare e sisentiva felice mentre parlava conDio. E così parlandogli, gli disse:«Signore, vorrei che tu mi dimo-strassi che sei sempre al miofianco, che mi ami e mi ascolti».E, pregando, continuava a cammi-nare. All’improvviso udì la voce diDio che gli diceva: «Figlio mio,guarda le tue impronte. Qui sta laprova che io sono al tuo fianco».Ed ecco, vide sulla sabbia che vierano quattro impronte di due per-sone che camminavano l’una ac-canto all’altra. La gioia che provòfu immensa. Dio lo amava e viveva

al suo fianco. Cosa poteva speraree desiderare di più? La sua gratitu-dine non aveva limiti. La sua lodeera il pane di ogni giorno. Ma igiorni e i mesi passarono, e la stan-chezza del duro lavoro gli facevabarcollare la sua fede. Un giornoera particolarmente triste. Il cieloera nuvoloso e sul mare c’era unagrande tempesta; tutto sembravaoscurato. Aveva fame, provavafreddo ed era ammalato. Allora sirivolse a Dio e gli disse: «Signore,dammi la prova che anche oggi seial mio fianco con me; non abban-donarmi. Ho bisogno di te, dammila tua gioia e la tua pace». E pro-seguì nel cammino… finché si az-zardò a guardare le sue impronte evide con tristezza che sull’arena ven’erano solo due. Allora, sconso-lato, gli disse: «Signore, perché miha lasciato solo? Dove sei ora? Nonmi ami più? Mi lasci solo adessoche sono triste", ma subito udì dinuovo la voce di Dio: «Figlio mio,

quando le cose nella tua vita an-davano bene, hai potuto vedere lemie impronte al tuo fianco, ma orache sei malato, stanco e abbattuto,ho preferito portarti sulle mie brac-cia. Guarda attentamente, questeimpronte sulla sabbia sono le mie,non le tue». Dio è al tuo fianco eti ama. Se non avverti la sua pre-senza, non vuol dire che ti ha ab-bandonato; vuol dire che è con tesulla tua croce, piange con te, sof-fre con te e ti ama teneramente."C’è una roccia che segna, secondola tradizione, a Gerusalemme ilpunto del “distacco” di Gesù dellaterra. Le sue orme, ci raccontanodi un desiderio profondo dell’uomodi toccare Dio, di vederlo, di cono-scerlo, di amarlo. Scopriamo oggiche la roccia del nostro cuore portacertamente la Sua impronta. Il“cielo” non è al di sopra delle no-stre teste, non è al di là del nostromondo, è racchiuso nello scrignodella nostra “terra” dono incom-mensurabile di amore di un Dio ap-passionato e amante della sua crea-tura.

Ersilia Dolfini

C’ERA UNA VOLTA UN PESCATORE

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8 • AscoltAmi • N.57 • settembre 2016

Il pensiero della lettura della “Laudatosì”, che stiamo mensilmente leg-gendo insieme, fa emergere in manieranetta e responsabile il binomio uomo-ambiente. Mi ritrovo protagonista del-l’ambiente. Eticamente coinvolta. Sentoche il mondo che mi sta intorno mi ap-partiene e io a lui. In maniera diversaperò da quel movimento del 1400, checollocava l’uomo al centro dell’universocome essere superiore, al di sotto solodi Dio ma con la libertà di sfruttare ilmondo a proprio vantaggio. É stato unumanesimo carico di conseguenze ne-gative di fronte alla natura e anche aquegli esseri umani che venivano spa-droneggiati o ridotti in schiavitù. Daquesta visione dell’uomo sono sorte lemonarchie assolute e le ideologie chehanno fatto scempio di quell’umanoche non rientrava nel loro orizzontesociale, politico, religioso. Di questeaberranti riduzioni umane ne stiamooggi vivendo le conseguenze con i vari

fondamentalismi. Oggi il mondo nonsta bene ed è chiamato ad affrontarela crisi della nostra epoca che non èsolo economica..É il cuore della “Laudato si’” che celebral’ambiente come un tutt’uno con uo-mini e società. Scrive il Papa “Il tempoe lo spazio non sono tra loro indipen-denti, e neppure gli atomi o le parti-celle subatomiche si possono conside-rare separate. Esiste una relazione trala natura e la società che la abita …Siamo inclusi in essa, siamo parte diessa e ne siamo compenetrati”. Là dovela natura risulta inquinata, ferita o ri-belle, l’uomo non può non interrogarsisui comportamenti di chi la abita “nonci sono due crisi separate: una ambien-tale e un’altra sociale, bensì una sola ecomplessa crisi socio-ambientale”.Quindi siamo chiamati a saperci rela-zionare contemporaneamente con glialtri e con l’ambiente.L’Umanesimo di papa Francesco strappa

l’uomo da ogni velleità di primato siadi fronte agli altri essere umani che difronte alla natura. L’abbiamo visto inmolti atti e gesti in cui non rivendicauna superiorità ma un servizio simile aquello di Gesù che da maestro si faservo. “La sofferenza dei poveri nonpuò essere disgiunta e considerata unaquestione separata dalla sofferenza delpianeta” (da “Una lettera personale”di Wim Wenders, regista tedesco). IlPapa tratta di questi argomenti ponen-dosi sopra qualsiasi messaggio politico,manifestando la sua missione di “ri-conciliazione della fede cristiana conla realtà contemporanea e le questionipiù scottanti: da un lato la lotta allapovertà, dall’altro quella contro l’abusodei preziosi tesori del pianeta: la suaacqua, la sua aria, le sue piante, i suoianimali, le su risorse.” (o.c.). C’ è quiuna visione totale della compassioneper i poveri e per il pianeta: “siamo icustodi dei nostri fratelli e abbiamo ilcompito di avere cura della natura, de-gli animai e della vita sulla Terra, nondi sfruttarli. Per una volta, in questaEnciclica la fede non è qualcosa cheporta i cristiani a trascendere in qual-che modo il mondo e lasciarselo allespalle, ma qualcosa che conduce drittonel mondo, spingendo ad abbraccialoe a difenderlo” (o.c.).Come donna mi sento di condividerequesta visione di uomo e di mondo chemi permette di sentirmi profondamentecristiana in dialogo con ogni diversità.Ricca di un modo di vedere e di pensarenon riconducibili a ideologie o a visionipolitiche o religiose. É un punto di in-contro da cui partire insieme per co-struire una umanità nuova.

Marina Di Marco

LE NOSTRE SEDISEDE CENTRALE: Milano, Volontariato AMI , via Trivulzio 15, 20146,tel. e fax 02 4035756, e-mail: [email protected], [email protected] http://www.familiarisconsortio.comVIMODRONE: Istituto Redaelli, via Leopardi, 3, tel. 02 25032361MILANO: Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60,tel. 02 26432460, fax 02 26432576,MILANO Associaz.Aurlindin: Viale Murillo 46 - 20149 - Tel. e Fax 0248100757 MERATE Istituto Frisia: Via Don Carlo Gnocchi 4 - 23807, Tel. 0399900141 - Fax 0395981810MILANO Residenza Bicchierai: Via Mose Bianchi, 90 - 20149, Tel. 0261911 - Fax 02619112204

Direttore responsabile: don Carlo StucchiDirettore di redazione: Marina di MarcoGruppo redazionale: Ersilia Dolfini, Sara Esposito, Adriana Giussani K., Maria Grazia MezzadriFoto: Arch. AMI, pagg. 4,5,6 e 8 Tiberio MavriciEditing: Adriana Giussani K.Progetto grafico e impaginazione: Raul MartinelloStampa: NAVA SpA, Via Breda 98, 20136 MilanoChiuso in redazione: 2 agosto 2016

MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMO

L’UOMO NUOVO IN PAPA FRANCESCO

Foto: Tibe

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Messa”. Terzo cogliere quanto èbello iniziare l’anno sociale all’in-segna di una grazia grande cheriaccende la fiducia e la speranzanella vita.

Sarebbe bello:1. Prepararsi a una sentita confes-sione perché ci doni il perdono deipeccati2. Prepararsi a ricevere la comu-nione, vertice dell’incontro con ilSignore Gesù e con le persone concui viviamo3. Pregare secondo le intenzioni delPapa per testimoniare la nostra co-munione con tutta la Chiesa e il no-stro desiderio di contribuire alla sua

opera di salvezza universale.

Tutto questo significa iniziare un anno che si prepara achiudere il 20 novembre p.v. il Giubileo della Misericordia.

Che questo scorcio di anno santo ci faccia entrare in un’ot-tica di comprensione reciproca e di stima tra Personale eOspiti-Pazienti.

Buon anno.Don Carlo e don Alfredo

con il Consiglio Pastorale

CCarissimi ospiti e degenti

È da tempo che penso che cosafare qui al Trivulzio perché que-st’Anno Santo non passi senzaaver lasciato qualcosa dentro aognuno di noi. In verità abbiamogià realizzato due pellegrinaggiuno al Santuario “Beato don CarloGnocchi” (domenica 29 maggio)e l’altro al Sacro Monte di Varese(sabato 4 giugno). Cerco di nonperdere occasione, soprattuttonelle celebrazioni e nelle omelie,di parlarne…!

Ora sto pensando alla festa di inizioanno 8 settembre, natività dellaBeata Vergine Maria. In questa occasione mi piacerebbefarvi giungere tre messaggi. Primo il grande amore che Dio ha per ognuno di noi, so-prattutto per quelli che avvertono il bisogno di scaricarecerti pesi dalla propria coscienza che gravano da tempo.Dio accoglie tutti. Lo trovi come invito all’ingresso dellanostra chiesa. È il messaggio che papa Francesco ci ri-volge con la sua calda e convinta parola e soprattuttocon mille gesti di avvicinamento alle persone. Secondoacquistare l’indulgenza plenaria (spiegata da un foglio oda un libretto che distribuiremo) concessa anche agliammalati “offrendo a Dio la propria sofferenza e pre-ghiera, ricevendo la Comunione o partecipando alla santa

INDULGENZAPLENARIA

Programma della festa della Nativ

ità di Maria

• Martedì 30 agosto inizio Novena ore

15.30 santo rosario

segue preghiera di papa Francesco

per l’Anno Santo

della Misericordia, ore 16.00 santa m

essa.

• GIOVEDì 8 SETTEMBRE FESTA D

ELLA NATIVITÀ DI MARIA

Ore 14.00 i volontari nei reparti per

accompagnare ospiti

e degenti in chiesa

Ore 15.15 recita santo rosario segu

e preghiera per l’Anno Santo

di papa Francesco

Ore 16.00 santa messa

Seguirà rinfresco

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…Il pensiero vaga nelpassato. Ricorda l’espe-rienza vissuta come cate-chista in Dergano con ladiretta guida di don An-tonio: persona di grandeumanità, che credeva fermamente nei suoi principidi fede, infondendo un carisma di umiltà e ugua-glianza (v. la Vetrina n. 56).Purtroppo per motivi di lavoro la mia famiglia si ètrasferita in periferia così mi sono allontanata da coseche sentivo importanti. Non posso mai dimenticarequello che ho imparato in quell’anno di catechismofrequentando la parrocchia. Portavo con me, oltre alfiglio che seguiva il catechismo, l’altro più piccolo.C’era un buon rapporto con i miei figli e don Antonio.Sarebbero cresciuti come io desideravo. Invece non èstato così. Poco dopo mio marito si è ammalato di de-pressione e ha perso lavoro e casa. Ci siamo trasferitiin un altro paese. Mio figlio più piccolo ha lasciato glistudi e ha trovato un lavoretto. Un giorno dopo unadiscussione con il fratello, se ne è andato. Dopo averlocercato tramite i carabinieri, essendo minorenne, melo hanno riportato a casa. Mia figlia è andata a vivere a Milano. Lavorando estudiando. L’altro mio figlio si è sposato a 24 anni e a25 era già padre di una bimba. Racconto questo perché la mia fede non mi ha mai ab-bandonato. Ora sono vedova dal 2003.I miei figli invece che seguire insegnamenti costruttivivanno dietro la moda del divertimento dispendioso,senza ambizioni. Invidio don Antonio perché ha sa-puto dare agli altri quello che io come madre non hosaputo imporre ai miei figli. Quando una madre nonviene considerata diventa una nullità. Benché io non

mi senta una nullità. Mirammarico nel vedereche preferiscono starecon gli amici e non per-dere quel poco tempo infamiglia che ormai da

anni non esiste più.Annamaria Germoglio

Cara signora AnnamariaLa sua lettera mi ha portato a ringraziare il Signoreper tutti quei sacerdoti e quelle persone che si mettonoin ascolto e sanno trasmettere umanità e convinzioni.Don Antonio è stato uno di questi. Lei lo testimoniamolto bene. Si sentiva sostenuta nei suoi bisogni e ras-sicurata nei suoi orientamenti. Don Antonio non c’èpiù. Ma la sua presenza continua a vegliare su di lei esui suoi figli: che cosa ne direbbe ora. Ne senta vivo ilconsiglio. In secondo luogo la sua lettera mi invita a pregare peril suo rapporto attuale con i figli. Rapporto educativoche non è mai scontato. Oggi più che mai. Ben sappiamocome i giovani disattendono l’educazione religiosa ri-cevuta con i conseguenti insegnamenti. Toccherà a loroconfrontarsi con la complessa realtà educativa e conle loro responsabilità sociali. Dove troveranno le risorsenecessarie a illuminare le scelte, i cammini, il futuro?Noi non smettiamo di testimoniare ciò che siamo. Ilseme gettato crescerà secondo i criteri misteriosi diDio.Buona fortuna signora Annamaria. Viva con gioia lasua “nullità” perché sarà l’eredità più preziosa che la-scerà ai figli.

Don Carlo

UNA VOLONTARIA RACCONTA UNO SQUARCIO DELLA SUA

ESPERIENZA DI VITA

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Il 6 Giugno del 2014, all’improvviso, mia Mamma ha avutoun aneurisma cerebrale e la nostra vita è cambiata dra-sticamente. Dopo varie peripezie chirurgiche e riabilita-tive, siamo approdati agli Stati Vegetativi del Trivulzio,dove abbiamo trascorso più di un anno e 7 mesi in quellache di fatto è stata l'ultima casa terrena della Mamma.Un cammino molto difficile, fatto di angoscia, speranze,fatica, delusioni, paure, preghiere, dolore e fragilità, maanche e sempre sostenuto dall’amore, fino all’ultimoistante, quando, dopo 695 giorni, si è compiuto il suo e, diconseguenza, nostro calvario. Un cammino nel quale miopapà, mia sorella ed io siamo sempre stati al suo fianco,cercando il più possibile di confortarla e constatando, an-che nelle altre storie, vicine alla nostra, quanto facessela differenza in questi Pazienti la presenza costante eamorevole dei famigliari e non solo per i primi. Un per-corso nel quale impari cosa sia lo stato vegetativo e reim-posti sulla base delle nuove condizioni il tuo modo di co-municare con chi ami. Un cammino che ha visto il suoruolo di Mamma (e di moglie, s’intende, ma sto scrivendoio, che sono figlio) non venir mai meno, neppure nei mo-menti più duri, come, ad esempio, durante il duplicecoma, per citarne solo alcuni... Oggi, infatti, più di tutto

resta in me la consapevolezza di essere stato amato anchein ogni istante della malattia e di aver sentito questoamore oltrepassare i confini della coscienza, profonda-mente, oltre i limiti del nostro abituale modo di compren-dere e al di là della barriera apparentemente insuperabiledello stato vegetativo: ho capito di cosa sia capace unamamma che ama, la mia, a qualunque condizione. Dueanni durissimi, durante i quali la nostra famiglia si è ri-trovata unita al suo capezzale, colpita al cuore ma forte,nella stanza che ben presto si è trasformata nella nostracasa, piena di cuoricini e cuscini colorati, fiori freschi,un davanzale che sembrava un giardino pensile e tantotanto amore. Non ho mai smesso di sperare in un recuperodella coscienza, non abbiamo mai smesso di starle vicino,beneficiando, io per primo, della sua presenza: il suosguardo, la sua mano stretta alle nostre, le sue labbraprotese verso di noi per donarci un altro bacio, ci ripaga-vano ampiamente di ogni fatica o “rinunzia”: la chiama-vamo baciotto therapy, poiché con un bacio (una sessione,come dicevamo noi) si curavano almeno due persone.Ed è stato proprio così: ora quei baci mancano terribil-mente e la “perdita” di una mamma è uno strappo doloro-sissimo, persino quando hai 47 anni di vita e ne hai avutidue per cercare di “prepararti” (se mai umanamente pos-sibile) all'idea, però sono grato a lei per come e quantoci ha amato, a Dio di aver avuto la possibilità di stare ac-canto a lei durante tutte le fasi della malattia e di averricevuto anche la sua eredità di amore.La mimosa che svettava sul davanzale della Camera n. 11ora è il cuore verde di un piccolo giardino fiorito, sortospontaneamente intorno a lei (e per iniziativa di chi nonne conosceva la provenienza), in un'aiuola della strutturache prima era ricoperta di erbacce: quello che ami, ri-mane. E fiorisce…

Il figlio, Claudio

Diamo spazio alla testimonianza di un figlio che così ricorda la mamma Giovanna Castoldi Ferrario,

ospite del reparto Stati Vegetativi del Trivulzio per 19 mesi

LA MIMOSA GIOVANNA: L’AMORE OLTRE LO STATO

VEGETATIVO

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Familiaris Consorzio Associazione Maria Immacolata

VISITA IL SITO: www.familiarisconsortio.comÈ una fondazione che si occupa di problematiche familiari

con attenzione particolare alle difficoltà legate alla gestione degli anziani e dei malati.

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materiale e spirituale agli ospiti e degenti in Residenze Sanitarie Assistenziali e Ospedali.

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