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Anno XI n.51 marzo 2015 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata P rima tappa del nostro viaggio nel- l’Expo l’ alimentazione: responsabilità planetaria. In questo numero, terza tappa, l’energia, evocata dai diversi pa- diglioni dell’esposizione. La parola “energia” suscita in me un sentimento di determinazione nell’at- tuare un’idea, un progetto e una rela- zione. La vedo come risorsa a vantaggio del progresso umano. Ma come ogni re- altà può trasformarsi in atto di prepo- tenza o strumento di potere. Certamente l’Expo è un’occasione per raccontare potenzialità e qualità dei Paesi che vi partecipano sul piano del- l’innovazione, dell’utilità e della bel- lezza. Che bello pensare alle molteplici capa- cità umane di creare cose nuove. Capaci di rispondere ai desideri del cuore del- l’uomo. Mi viene spontaneo collegare ciò con l’energia primordiale origine del Creato “E Dio vide che era cosa buona e bella” (Gen. 1-2). In cui si contempla qualcosa di straordinario, correlato al- l’intelligenza e al gusto della vita del- l’uomo. Proprio quell’uomo è chiamato a dare sviluppo e compimento all’atto creativo mediante indagini e osserva- zioni fino a giungere a letture stimolanti e a collaborazioni proficue. Questo è compito della Scienza. Che bello sarebbe stato se la Creazione avesse avuto un’evoluzione inarresta- bile, senza intoppi. Ma la storia del- l’umanità è testimone di tutt’altro per- corso. Rivela aspetti anche inquietanti nei terremoti, nei maremoti, nei cicloni, nelle alluvioni, nelle catastrofi naturali e in quelle umane. Ancor più in quelle provocate da guerre e da violenze di ogni genere. Energie che stravolgono e in cui l’uomo soccombe, impotente. Quanta strada si deve ancora fare per trasformare tutto questo in energia utile alla vita del pianeta e di ogni suo abi- tante. Che dire poi delle risorse in mano all’uomo e divenute strumenti di morte che fanno ripiombare nel caos il Creato e la sua Creatura? Leggo l’energia in questa duplice chiave: energia per risolvere, energia per dis- solvere; energia per costruire, energia per distruggere. Fin da piccoli si impara che c’è un’energia da gestire, da nutrire, da indirizzare per istruirsi, per diventare buoni, per diventare grandi, per prepa- rarsi ad affrontare la vita. Il vero corag- gio consiste nel sapere usare l’“energia pulita”. Il disegno di Dio, che la Sacra Scrittura manifesta soprattutto in Gesù Cristo e nella Chiesa, dona al cristiano le grazie necessarie per compiere la pro- pria vocazione come utilizzo delle ener- gie che ogni uomo ha a disposizione. Per questo l’energia è qualcosa di bello e di grande insito nell’uomo e nella na- tura da tirar fuori e da far lievitare in quell’esercizio che si chiama impegno educativo di ogni famiglia e comunità. Attraverso un cammino di conoscenza e modelli esemplari che portano alla trasformazione di sé e degli altri. Dono di grazia e fonte di opere buone. L’ener- gia spirituale è data a tutti coloro che la chiedono nella preghiera e non smet- tono di cercarla. I suoi frutti sono in loro manifestati. La spiritualità è delle persone che sanno dove attingerla e come indirizzarla. Don Carlo in questo numero EXPO per l’uomo: l’energia L’ENERGIA DELLA GRAZIA EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

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Anno XI • n.51 • marzo 2015

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

Foglio di formazione e informazionedell’AssociazioneMaria Immacolata

Prima tappa del nostro viaggio nel-l’Expo l’alimentazione: responsabilità

planetaria. In questo numero, terzatappa, l’energia, evocata dai diversi pa-diglioni dell’esposizione.La parola “energia” suscita in me unsentimento di determinazione nell’at-tuare un’idea, un progetto e una rela-zione. La vedo come risorsa a vantaggiodel progresso umano. Ma come ogni re-altà può trasformarsi in atto di prepo-tenza o strumento di potere. Certamente l’Expo è un’occasione perraccontare potenzialità e qualità deiPaesi che vi partecipano sul piano del-l’innovazione, dell’utilità e della bel-lezza.Che bello pensare alle molteplici capa-cità umane di creare cose nuove. Capacidi rispondere ai desideri del cuore del-l’uomo. Mi viene spontaneo collegareciò con l’energia primordiale origine del

Creato “E Dio vide che era cosa buona ebella” (Gen. 1-2). In cui si contemplaqualcosa di straordinario, correlato al-l’intelligenza e al gusto della vita del-l’uomo. Proprio quell’uomo è chiamatoa dare sviluppo e compimento all’attocreativo mediante indagini e osserva-zioni fino a giungere a letture stimolantie a collaborazioni proficue. Questo ècompito della Scienza.Che bello sarebbe stato se la Creazioneavesse avuto un’evoluzione inarresta-bile, senza intoppi. Ma la storia del-l’umanità è testimone di tutt’altro per-corso. Rivela aspetti anche inquietantinei terremoti, nei maremoti, nei cicloni,nelle alluvioni, nelle catastrofi naturalie in quelle umane. Ancor più in quelleprovocate da guerre e da violenze diogni genere. Energie che stravolgono ein cui l’uomo soccombe, impotente.Quanta strada si deve ancora fare per

trasformare tutto questo in energia utilealla vita del pianeta e di ogni suo abi-tante. Che dire poi delle risorse in manoall’uomo e divenute strumenti di morteche fanno ripiombare nel caos il Creatoe la sua Creatura? Leggo l’energia in questa duplice chiave:energia per risolvere, energia per dis-solvere; energia per costruire, energiaper distruggere. Fin da piccoli si imparache c’è un’energia da gestire, da nutrire,da indirizzare per istruirsi, per diventarebuoni, per diventare grandi, per prepa-rarsi ad affrontare la vita. Il vero corag-gio consiste nel sapere usare l’“energiapulita”. Il disegno di Dio, che la SacraScrittura manifesta soprattutto in GesùCristo e nella Chiesa, dona al cristianole grazie necessarie per compiere la pro-pria vocazione come utilizzo delle ener-gie che ogni uomo ha a disposizione. Per questo l’energia è qualcosa di belloe di grande insito nell’uomo e nella na-tura da tirar fuori e da far lievitare inquell’esercizio che si chiama impegnoeducativo di ogni famiglia e comunità.Attraverso un cammino di conoscenzae modelli esemplari che portano allatrasformazione di sé e degli altri. Donodi grazia e fonte di opere buone. L’ener-gia spirituale è data a tutti coloro chela chiedono nella preghiera e non smet-tono di cercarla. I suoi frutti sono inloro manifestati. La spiritualità è dellepersone che sanno dove attingerla ecome indirizzarla.

Don Carlo

in questo numeroEXPO per l’uomo:

l’energia

L’ENERGIA DELLA GRAZIAEDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE • EDITORIALE

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2 • AscoltAmi n.51 • marzo 2015

Figlia di un geologo piemontese e di una let-terata siciliana, a sette anni si trasferì con

la famiglia da Roma a Milano, dove frequentò lascuola media Tommaseo e il liceo classico delleOrsoline. La lettura della biografia di Marie Curiee la spiegazione di Einstein dell'effetto fotoe-lettrico la avvicinaronoalle materie scientificheed in particolare alla fi-sica, nella quale si lau-reò con indirizzo sub-nucleare nel 1984 pres-so l'Università Stataledi Milano. Nello stessoanno fu ispirata a in-traprendere un dotto-rato di ricerca sulle par-ticelle elementari dal-l'attribuzione del Pre-mio Nobel a Carlo Rub-bia. La tesi di dottora-to riguardò l'analisi deidati riguardo l'esperi-mento UA2.È entrata a far partedel CERN nel 1987 la-vorando su vari espe-rimenti, tra cui UA2 alSuper Proton Synchro-tron (SPS) e ALEPH alLEP, il precursore diLHC. Nel 1990 ha ini-ziato a lavorare sull'ar-gon liquido. Fin dal1992 ha partecipatoall'esperimento ATLAS,che si avvale della collaborazione di oltre3000 studiosi, in gran parte fisici provenientida 38 paesi di tutto il mondo, ed è consideratoil più grande esperimento scientifico mai rea-lizzato. Dopo esserne stata coordinatrice dal1999 al 2003, eletta dai propri colleghi ha ri-preso tale carica dal 2009 al 2013. Proprio inqualità di portavoce di ATLAS, il 4 luglio 2012ha annunciato presso l'auditorium del CERN, uni-tamente a Joseph Incandela, portavoce del-l'esperimento CMS, la prima osservazione di una

particella compatibile con il bosone di Higgs.Così lei stessa illustra la scoperta:

«Il meccanismo di Higgs entrò in azione dopo uncentesimo di miliardesimo di secondo dalla esplo-sione del Big Bang e diede massa ad alcune par-

ticelle lasciandone altresenza massa. Dal Mo-dello Standard, che èl’insieme delle nostre co-noscenze che finora me-glio descrivono la com-posizione della materiae le forze che fanno in-teragire le particelle, sa-pevamo che ci sono par-ticelle come il fotoneche non hanno massama sono pura energia eviaggiano alla velocitàdella luce e altre inveceche hanno massa. La ra-gione era un mistero.Adesso abbiamo capitoche questo fatto dipen-deva dalle differenti in-terazioni che queste par-ticelle avevano con ilbosone.»

È membro del comitatoconsultivo per la Fisicaal Fermilab negli StatiUniti e dell'Accademiadei Lincei per la classedi scienze fisiche. Dal

2013 è professore onorario presso l'Universitàdi Edimburgo.Il 4 novembre 2014 è stata selezionata dal con-siglio del CERN, alla sua 173ª sessione, per lacarica di direttore generale. È la prima donna aricevere tale designazione. La nomina sarà for-malizzata nella sessione del consiglio di dicem-bre 2014 e il mandato avrà inizio il 1º gennaio2016 per un periodo di cinque anni.È diplomata in pianoforte al Conservatorio diMilano.

CHI È FABIOLA GIANOTTI

(Roma, 29 ottobre 1960)una fisica italiana

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

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3AscoltAmi n.51 • marzo 2015 •

Èdonna. È italiana. È di aspettomolto gradevole. È giovane. È

elegante. Ed è la prima donna dellastoria ad aver avuto la nomina a Di-rettore del Cern a Ginevra. A chi le chiede come ha pensato diprendere un indirizzo scientifico lasua risposta è stata: “dopo aver lettoun libro su Marie Curie”. E sì che lei,Fabiola, amava il pianoforte, diplo-mata al Conservatorio di Milano,amava la danza, ma l’attrazione perla fisica, per la ricerca, ha dominatoogni altro amore. Fare la ricercatriceperò non le impedisce di cucinaredolci al cioccolato (svizzero s’in-tende). Noi, in questo giornale e in questo

numero dedicato all’ENERGIA nonpossiamo ignorarla, non possiamonon pensare a lei come a un esempioper le donne: se una donna vuole,può arrivare dove vuole. Certo, con-tano talento e volontà, tantissimavolontà per sormontare difficoltà so-ciali e culturali.Ma se una donna vuole, può arri-

vare.

Il curriculum di Fabiola Gianotti loripercorriamo brevemente nella pa-gina a fronte. Già in molti l’hannofatto e in molti lo conoscono, manon molti scienziati certamenteavrebbero detto: “Guardare i risultatidei nostri esperimenti sarà come en-trare in un giardino incantato dove

incontreremo fiori sconosciuti, piantemai viste. Ci aspettiamo di trovare ilfamoso bosone di Higgs, sopranno-minato la particella di Dio, perchécapace di spiegare la differente massadi tutte le cose, oppure nuove parti-celle che danno corpo a quella cheoggi è battezzata la materia oscura,non essendo mai stata osservata, edella quale è formata buona partedell’Universo.”

Un giardino incantato, fiori scono-sciuti: solo una donna, una donnascienziata può immaginare con tantapoesia una parte dell’Universo. La musica, il pianoforte, la danza e

anche la preparazione di dolci alcioccolato hanno dato a Fabiola Gia-notti una componente poetica e diimmaginazione che lei porta oggi alCern, ai 1800 ricercatori che lavore-ranno con lei.

Lei vede questi “fuori onda” farparte di scienze esatte perché tuttova calcolato con estrema precisione,come far parte della scienza, comelavorare in un laboratorio.

Noi della redazione siamo fieri direnderle omaggio e le auguriamobuon lavoro con tutta la nostra con-siderazione.

Maria Grazia Mezzadri

FABIOLA GIANOTTI: L’ENERGIA

PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

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4 • AscoltAmi n.51 • marzo 2015

Nell’agosto del 2005, pochi mesi dopola sua elezione, Benedetto XVI andò

a Colonia per la Giornata Mondiale dellaGioventù e dedicò l’omelìa della Messa auna riflessione sull’Eucaristia.Ai giovani presenti papa Benedetto de-scrisse la trasformazione sostanziale chesi realizzò nel cenacolo usando un’im-magine molto eloquente: “una intimaesplosione del bene che vince il male”,la quale suscita “la catena di trasforma-zioni che a poco a poco cambieranno ilmondo”, fino a quella condizione in cui“Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).Questa esplosione, aggiunse il Papa, èparagonabile alla “fissione nucleare por-tata nel più intimo dell’essere”. Nell’ul-tima cena, “facendo del pane il suo corpoe del vino il suo sangue, Gesù anticipa lasua morte, l’accetta nel suo intimo e latrasforma in un’azione di amore. Quelloche dall’esterno è violenza brutale – lacrocifissione – dall’interno diventa unatto di amore che si dona totalmente”. E ancora: “Nella preghiera di consacra-zione – ringraziamento, lode, benedizione– che pone in essere l’Eucaristia i donidella terra vengono trasformati in mododel tutto nuovo nel dono di sé di Dio eanche il credente che riceve questo Paneè coinvolto in tale processo di trasfor-mazione a partire dal Signore”. Diversa-mente dal cibo comune, infatti, l’Eucari-stia è un pane che assimila chi lo riceve,lo accoglie, lo attira dentro di sé, tra-

sformando a poco a poco il credente “dalpiù intimo dell’essere”. E lo rende capacedi vivere secondo la stessa logica di do-nazione di Gesù.Come manifestare questa esplosiva novitàdi vita nel quotidiano?Nella sua omelìa papa Benedetto ha datole prime indicazioni, menzionando la ca-pacità di perdono, la sensibilità per lenecessità dell’altro, la disponibilità a con-dividere, l’impegno per il prossimo. Unaspinta lenta verso un nuovo modo di vi-vere, di percepire il tempo, di sperimen-tare la presenza di Dio. La riflessione fatta alla GMG del 2005 as-sume una valenza particolare per il nostrovolontariato che, come esprime il logotrinitario, icona del nostro stile di servi-zio, si fonda sulla centralità dell’Eucari-stia: la preghiera di adorazione comecammino interiore, ma anche risorsa perle impegnative domande raccolte accantoagli ospiti di cui ci prendiamo cura; ilPane condiviso, che crea unione, nonsolo tra i volontari, ma anche con l’ospitee con i suoi familiari, quando si è postain essere una relazione di prossimità fon-data sull’ascolto.Che significa essere al servizio della vitacon “stile eucaristico” in strutture, dovegli ospiti sperimentano i limiti, a voltepesanti e dolorosi, dell’età e della ma-lattia? Nelle sue lezioni don Carlo ci ri-corda spesso alcuni punti fondamentali.L’Eucaristia, da cui prende origine e che

sostiene il nostro servizio, ci dona primadi tutto il coraggio di essere controcor-rente rispetto ai modelli imposti dallacultura contemporanea e affermare conforza che anche questa stagione dell’esi-stenza, pur con le sue difficoltà, ha unabellezza e un valore. Ci permette di met-tere a fuoco la profondità e la concretezzadella vita che ogni giorno ci è chiesto dirispettare e amare come dono e pro-messa.Il nostro servizio comporta poi una as-sunzione di responsabilità verso l’anzianomalato che cerca di dare un significatoalla propria vita dentro la condizione difragilità in cui si trova; l’impegno di tra-smettere la novità del Vangelo mediantequell’ascolto che crea vicinanza all’ospitee lo apre a un rapporto di fiducia.E infine l’umiltà di verificare continua-mente il nostro modo di stare accantoalla persona: limitarci a “fare delle cose”,“compiere gesti religiosi”, “intraprendereiniziative di animazione” senza però rag-giungere l’anziano ammalato nel suo bi-sogno vero, che è l’incontro con Cristo,Parola e Pane di vita.Colpisce nella riflessione di papa Bene-detto il contrasto tra la forza dell’imma-gine della fissione nucleare e la modalitànon appariscente, quasi nascosta, chedarà il via alla catena di trasformazioniper cambiare il mondo. La tentazione diaspirare a cose grandi, di impegnarsi inmodo eclatante per un mondo migliore èsempre presente. Ma “non ci sono scor-ciatoie” ha affermato Benedetto XVI,“tutto passa attraverso la logica umile epaziente del chicco di grano che si spezzaper dare la vita, la logica della fede chesposta le montagne con la forza mite diDio”.È questa la “beatitudine” del volontarioche ha l’Eucaristia come sorgente e nu-trimento per il suo servizio: quella dicontemplare con stupore il grande mi-stero per cui un piccolo gesto, apparen-temente senza alcun peso, ma compiutocon amore e gratuità, può capovolgerelo stato d’animo della persona che in-contriamo, essere la scintilla che propagala catena di trasformazioni, a partire “dalpiù intimo dell’essere”; e di attenderecon fiducia il tempo in cui “Dio sarà tuttoin tutti”.Verità per l’uomo.

Sara Esposito

L’EUCARISTIA: UNA INTIMA ESPLOSIONE DEL BENE CHE VINCE IL MALE

IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA

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5AscoltAmi n.51 • marzo 2015 •

Oggi ho letto un’interessante inter-vista a padre Pablo d’Ors, scrittore

e consigliere di Papa Francesco. Padred’Ors è spagnolo e quando l’intervista-tore gli ha chiesto perché è stato sceltotra i consiglieri dal Papa, con una risataha risposto: forse avrà chiesto qual’erail prete più marginale di Madrid.Dalle risposte che padre d’Ors ha dato,sicuramente emerge questa sua “margi-nalità”. Ma la risposta che mi è sembratala più straordinaria è quella data alladomanda: lei che tipo di prete è? Ha ri-sposto: sono un prete felice. Ho sentitouna voce interiore. E quando vivi unavita come risposta a una vocazione provila felicità. Questo non significa che nonci siano stati momenti difficili.

A questa felicità, dichiarata con tantaumiltà e semplicità, vorrei dare il nomeenergia, quando, come dice il vocabolario,per energia si intende vigore spirituale,fermezza di carattere, decisione, risolu-tezza. Quanta energia ci vuole per sentirsifelici in una condizione che non è mai fa-cile? E quanta fermezza di carattere, quantadecisione e risolutezza per vivere una vitail cui scopo è dedicarsi a Dio ma nellostesso tempo aiutare gli altri uomini nelloro duro cammino di vita?

Padre d’Ors non ha avuto il suo per-corso sacerdotale sempre piano, gli

scontri con alcune gerarchie della Chiesasono stati duri, ma, da tutto quello chedichiara, la sua energia non è mai ve-nuta meno e dalle risposte che dà sisente un animo sereno e sicuro. Non vi sembra che questo prete possa

essere un esempio? L’energia impiegataper farcela, per arrivare ad assolvere uncompito difficile, per non arrendersi difronte alle prove che alcune scelte divita impongono. Scegliere di essere pre-te, di essere scrittore, di accompagnarei malati terminali a morire, sembranoscelte difficili da conciliare ma padred’Ors le porta avanti perché la sua ener-gia gli dà la carica. Al giornalista chegli chiedeva come si accompagna unapersona a morire ha risposto: ascoltandoveramente ciò che dice, senza giudicareintellettualmente o caricare emotiva-mente. Ascoltare e basta, dimen- ticandose stessi, che è la cosa più difficile…parola e silenzio sono le facce di unastessa medaglia. Le parole vere, quelleche hanno la possibilità di toccare l’altro,nascono dal silenzio, ossia dall’intimitàcon se stessi.Per noi volontari sono pensieri pienidi grandi emozioni e di grandi medi-tazioni.

Maria Grazia Mezzadri

Dedico questo numero della ru-brica al meraviglioso mondo deisemi e alla loro capacità di tra-sformare l’ambiente e la nostrastessa vita.

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A Milano, nelle sale del Museodi Scienze naturali, è stata alle-stita, a cura di Dario Bressanini,la mostra “Food. La scienza daisemi al piatto”, che offre un per-corso molto interessante e altempo stesso divertente a partiredalle infinite varietà di semi edalla loro “storia”: dalle primeraccolte e classificazioni scien-tifiche, allo studio delle caratte-ristiche nutrizionali, fino ai pro-cessi di trasformazione nei cibiche oggi consumiamo. La mostraè ricca di notizie, curiosità e of-fre al visitatore un percorso fattodi immagini, profumi, gusti. Sonopredisposti inoltre video didat-tici, ma anche giochi interattivi,che coinvolgono grandi e piccoliin una gara giocosa e permet-tono loro di scoprire un aspettoaffascinante della nostra vitaquotidiana e della nostra cul-tura.La mostra rimarrà aperta fino al28 giugno 2015.

*****

Vi propongo poi il breve raccontodi Jean Giono, “L’uomo che pian-tava gli alberi” (ed. Mauri Spa-gnol, Milano, 2014), in cui l’au-tore narra la storia di ElzéardBouffier, un pastore solitario chepassa la vita seminando querce,faggi e betulle in una regione de-solata. Quest’azione nel tempocambia il volto della sua terra eoffre una possibilità di rinascitaagli abitanti e nuove prospettivedi vita per le generazioni future.

Sara Esposito

QUANDO L’ENERGIA VUOLDIRE SANA INTELLIGENZA

L’ASC0LTO DELLA SOFFERENZA • L’ASCOLTO DELLA SOFFERENZA • VISTE E LETTI PER VOI •

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6 • AscoltAmi n.51 • marzo 2015

Ronnie l’ho conosciuto vent’anni fa.Aveva vent’anni.

Me lo portò un giorno allo Studio suozio Freddy, che tornava nelle Filippine.Freddy puliva lo Studio tutte le setti-mane, il martedì e il venerdì, e poi avevatante altre case e uffici da pulire, scaleda lavare, specchi da lucidare. Avevasettant’anni e non ce la faceva più: maRonnie era giovane e l’avrebbe sostituitoalla grande.Ronnie era bassetto, imbarazzato, ti-mido, ma aveva un sorriso luminoso etanta voglia di fare. Lo Studio, in pocotempo, brillava, profumava di pulito.Ronnie non parlava italiano, solo qual-che parolina d’inglese, ma sprizzavaenergia da tutti i pori.Lentamente lo adottammo. Cominciò alavorare un po’ qui, un po’ là, per tuttele abitazioni della nostra famiglia. Cosìfacemmo una riunione plenaria e lo as-sumemmo. Ognuno pagò la sua parte. Quando conobbe Perlie e si sposò, ci fuuna gran festa. Lei era piccolina e sor-ridente e lui, così piccolo ma energico,la prese in braccio e passò con lei inbraccio di tavolo in tavolo. La sua eraun’energia sana, forte, buona. Un’energiache nasceva dalla buona coscienza. Daun lavoro onesto.Poi nacquero due bambine, Ronnie almattino puliva in ospedale e al pome-

riggio si alternava nelle nostre case. Eradiventato uno di noi.Se qualcuno aveva più bisogno o si am-malava, c’era Ronnie. Gli altri ne face-vano a meno per un po’ e lui si concen-trava dove c’era necessità.Sono passati vent’anni e ieri lo guardavomentre lucidava il parquet del soggiorno.Canticchiava, il gatto gli stava tra legambe, infastidendolo. Pensai: adessodà una pedata al micio, lo fa rotolarevia.Macché: si voltò sorridendo e prese de-licatamente il gatto per la collottolaspiegandogli in filippino che così nonsi fa.Non sapeva di essere osservato ed ebbi

ancora una volta la conferma della suadolcezza. Continuò energicamente a lu-cidare il parquet e quando lo chiamaiper un caffè aveva quel suo straordinariosorriso grato e allegro.Adesso ha quarant’anni, sembra ancoraun ragazzo e nessuno di noi ha perso icontatti con lui. Anzi, i figli che hannoavuto figli, lo hanno cercato a lorovolta.Lui sa tutto di noi, sa i nostri caratteri,le nostre fisime, il posto delle nostrecose. La sua bella energia, che non è solo fi-sica, ma che ancora ci affascina, non loha abbandonato. Anzi. Lui è sempre piùcarico, più sorridente e positivo.Averlo in casa è una consolazione.Conoscerlo e conoscere tutta la suagrande famiglia, che lentamente arrivòin Italia, fu per noi una scoperta. Quantabrava gente: puntuale, onesta, religiosa.Milano è infatti diventata la capitaleitaliana dei filippini, che sotto la gugliadel Duomo sono 33mila, prima comunitàstraniera, il triplo di quanti erano tredicianni fa. Religiosissimi e gran lavoratori,i filippini sono asse portante dellachiesa ambrosiana, che ha aperto lorole porte di sette parrocchie della Diocesi,organizzando messe in tagalog e in in-glese. Ma il dato spirituale della comu-nità filippina, cui tiene tanto il direttoredella Caritas Ambrosiana don RobertoDavanzo, non è l’unica caratteristica diun gruppo che si contraddistingue perle estese reti familiari che preparanol’arrivo continuo di nuove braccia,pronte ad andare a servizio soprattuttonelle case milanesi. E il nostro Ronnie èuno di loro.

Adriana Giussani K

UN’INIEZIONE DI SANA ENERGIA

LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI • LA VOCE DEI FAMILIARI

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7AscoltAmi n.51 • marzo 2015 •

TTutto quello che riguarda l’arteculinaria nei monasteri viene de-

scritto con estrema cura e direi conuna precisione di esecuzione da farinvidia ai nostri più esperti chef edietologi e ciò non è affatto nega-tivo, proprio perché, continuando acucinare piatti semplici e autentici,ha avuto origine la gastronomia. Sulla tavola dei monaci si trova ognitipo di pesce, compresa la trota (aNatale). A Cluny si vedevano arrivareperfino le cozze: tenera leccornia,graditissima dai monaci. Oltre ai lat-ticini i monaci bevevano birra, la cuiproduzione fu a lungo monopolio deiconventi. La prima relazione scrittariguardante la sua fabbricazione ri-sale al IX secolo ed è opera del prioredi Saint-Gall in Svizzera. Oltre allabirra (dei trappisti, dei francescaniecc.) troviamo l'assenzio al miele,precursore del pastis, l'idromele(d'origine greca e romana, che sibeve ancora oggi in Polonia), il sidroe, soprattutto, il vino. I monaci del-l'abbazia di Sénanque fabbricavanoil sénancol, i gesuiti erano sopran-nominati dai veneziani del XV secoloPadri dell'Acquavite, e perfino i se-veri camaldolesi distillavano un li-quore. Cosa fare con l'orzo se non labirra? E con l'uva se non il vino? Econ le mele, se non il sidro? E con ilmiele, se non l'idromele? E con lacera, se non candele per le serate distudio? Cosa fare infine con il latte,prodotto in abbondanza, se non ilformaggio? Ed ecco perché dobbiamo ai monacicosì tanti e gustosi formaggi: il ma-roilles, il récollet dei Vosgi, il cuinome ricorda l'origine, il port-de-sa-lut, il saint-nectaire, il saint-paulin,il mont des cats, il livarot, il gournaydella Normandia, il brie della regioneparigina, lo chaliny della Piccardia,

i formaggi della Franca Contea edella Borgogna, il béthune, il pont-l'éveque che fu inizialmente deno-minato angelot, il parmigiano allozafferano. Nel Medioevo la grandespecialità degli Ordini (soprattuttofemminili) erano le dulceamina, ecioè i dolci: crêpes, gaufres (detterefellae), piccole torte e crostate,pan pepato, frittelle, cialde, nieules

(nebulae), petits bras (bracchia),portati in Germania dall'emigrazioneprotestante e conosciuti oggi comebretzels. il pan pepato all'anice, ilcertosino caro ai bolognesi, i sacri-stains, il bénédictin alle mandorle,con lo zucchero. Ogni Ordine avevala propria specialità, di cui custodivagelosamente il segreto: come i car-melitani con le lorole, frittelle almiele cosparse di foglie di rosa epagliuzze d'oro.

Lo champagne, il più europeo tra i vini d'EuropaDieci motivi inducono a credere, chelo champagne sia il più europeo deivini, anche se lo sono per defini-zione e in ugual misura tutti i vinid'Europa. Mi sembra tuttavia che lochampagne sia quello maggiormentecarico di significati e di caratteri-stiche europee, ed è per questo chelo propongo come il più europeo deivini. Il primo motivo è il seguente:il vino di Champagne ha origini dop-piamente cristiane: non solo è il ri-sultato degli studi di un ecclesia-stico, ma è anche il frutto dellacoltivazione della vite che ha originireligiose; lo champagne deve la suacreazione a un monaco benedettinodell'austera Congregazione di Saint- Vanne, celleraio dell' abbazia diHautevillers. Il suo nome era donPérignon (1638-1715).2 Fu lui che,alla fine del XVII secolo, "inventò"lo .champagne. Don Pérignon scoprìil vantaggio che poteva trarre dallacaratteristica proprietà dei vinichampenois di fermentare parzial-mente durante la prima fase, e diintorpidirsi durante l'inverno per ri-svegliarsi in primavera. Da un vinoche fino ad allora faceva solo bolli-cine ottenne un gran vino frizzante.È un esempio dello spirito di osser-vazione, tipicamente europeo, senzail quale non è possibile elaborare al-cun metodo scientifico; la scienza ela tecnologia sono contemporanea-mente figlie e madri dell'Europa.

Ersilia Dolfini

L’ARTE CULINARIA DAGLI ANTICHI MONASTERI:CENNI STORICI

IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI

BACCALÀ DEL FRATE CAPPUCCINOANTICA PREPARAZIONE DI ORIGINE MONASTICA

Togliere pelle e lische al baccalà benammollato. Tagliarlo a pezzi piutto-sto grossi e soffriggerlo ben infari-nato in una teglia a bordi alti, si-stemando i pezzi molto vicini unoall’altro in modo che non rimanganodei vuoti. Aggiungere alloro, sardelleben pulite e tritate, pinoli, uvapassa, cioccolato amaro grattugiato,una scorzetta di limone, sale e pepe.Ricoprire il tutto con brodo bollentee far cuocere lentamente per almeno3 ore, avendo cura, perché il baccalànon si attacchi, di non mescolarema soltanto scuotere il recipiente.Al termine, cospargere la pietanzadi pangrattato e infornarla per iltempo necessario ad ottenere unaleggera crosticina dorata. Servire il baccalà alla Cappuccinaaccompagnato con polenta giallamolto morbida. (P.S. per baccalà deve intendersi lostoccafisso, secondo l’attribuzionefriulana).

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8 • AscoltAmi n.51 • marzo 2015

Idolori, le sconfitte, le malattie tal-volta sono come cenere che na-

scondono una brace incandescente.Occorre saper rimuovere la cenere,coltivare quella brace e ottenere unafiamma vigorosa e calda. Mi ha colpito a tal punto l’intervistafatta da Maria Cristina Porro a GiusyVersace apparsa su “Charitas”, (pe-riodico mensile dell’Unitalsi Lombardan° 9 / 2014), che sento il bisogno dicondividerla con voi.“Ieri è il passato, domani è il mistero,oggi è il dono”. La frase, trovata ca-sualmente dalla stessa Giusy Versacesu un taxi, sintetizza il suo percorsodal tragico evento a una vita com-pletamente ribaltata. Aveva 28 anni.Un improvviso acquazzone, mentreviaggiava in auto, le fa perdere ilcontrollo della sua vettura: slitta,sbanda, urta il guardrail che sfondal’abitacolo e, come un apriscatole, letrancia entrambe le gambe. Non perdei sensi. Giusy non vuole morire! Siaggrappa alla vita con i denti, le un-ghie. Si trascina fuori dall’abitacolo,tenendosi quello che è rimasto dellesue gambe. Prega ... Si risveglia inospedale, in rianimazione “parados-salmente felice – dice - perché avevoavuto la prova che la mia preghieraera stata ascoltata. Io ero viva e mibastava questo”. E da quel momentoinizia la sua battaglia, certamentedura e dolorosa, per tornare alla “nor-malità”. In questo cammino non èsola. “… la mia forza è derivata dallaforza delle persone che mi sono statevicine”. Dal letto alla carrozzina, dalla

carrozzina alle stampelle, dalle stam-pelle alle protesi. Sei anni per starein piedi, anzi correre, vincere 9 cam-pionati italiani di atletica leggera,partecipare alle gare paraolimpiche earrivare addirittura a gareggiare nellatrasmissione in onda su Rai Uno “Bal-lando sotto le stelle”. Quanta energiaha dovuto spendere per arrivare aquesti risultati? Dove è andata aprenderla? Parla di un suo pellegri-naggio a Lourdes per sciogliere unvoto che aveva fatto alla Madonna.E’ lì che l’assale, nonostante si sen-tisse “fortunata”, una rabbia che siarticola nelle domande “Ma perché ame? Che cosa ho fatto di male? Sonosempre stata una persona onesta, ge-nerosa, dedicata agli altri, seppurpresa dai ritmi frenetici del mio la-voro”. La sua rabbia si stempera da-vanti al sorriso di un ragazzo allettatoche le passa accanto come se leavesse gettato un ponte da cui le ègiunta una risposta coraggiosa “Per-ché non a te? Che cosa hai tu più de-

gli altri?” Il suo cuore recepisce unamusica diversa che le cambia il mododi percepire la sua esistenza. Si im-pegna nello sport. Supera l’imbarazzodi farsi vedere mettere e togliere leprotesi. Diventa volontaria dell’UNI-TALSI per essere di aiuto ad altri cheprovano le sue stesse sofferenze. Ognigiorno, afferma con certezza, dob-biamo trovare qualcosa per cui esseregrati a Dio. Sappiamo che non man-cano i momenti di scoraggiamento.Quando si sente sotto terra, guardala Madonna e dice “Aiutami a trovarequalcosa per cui ridere oggi”. Termina questa intervista con un sug-gerimento da parte della stessa in-tervistata: “Nella vita non bisognaguardare a quello che non abbiamopiù ma a quello che ancora ci resta eche ancora abbiamo. Questo per meè il segreto per vivere felici in qualchemodo, perché poi … la felicità cos’è?Sono momenti, non c’è una vita felice365 giorni, però io sono contenta”.Come donna mi sento lusingata dalsuo esempio di coraggio e di deter-minazione ma nello stesso tempo in-timorita dalle prove che la vita mipuò riservarePenso di condividere con tutti i vo-lontari il bisogno di possedere l’in-tima energia composta di umano espirituale di cui la fede ne sa scandirei ritmi per divenire relazione d’aiuto.

Marina Di Marco

LE NOSTRE SEDISEDE CENTRALE: Milano, Volontariato AMI , via Trivulzio 15, 20146,tel. e fax 02 4035756, e-mail: [email protected], [email protected] http://www.familiarisconsortio.comVIMODRONE: Istituto Redaelli, via Leopardi, 3, tel. 02 25032361MILANO: Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60,tel. 02 26432460, fax 02 26432576,MILANO Associaz.Aurlindin: Viale Murillo 46 - 20149 - Tel. e Fax 0248100757 MERATE Istituto Frisia: Via Don Carlo Gnocchi 4 - 23807, Tel. 0399900141 - Fax 0395981810MILANO Residenza Bicchierai: Via Mose Bianchi, 90 - 20149, Tel. 0261911 - Fax 02619112204

Direttore responsabile: don Carlo StucchiDirettore di redazione: Marina di MarcoGruppo redazionale: Ersilia Dolfini, Sara Esposito, Adriana Giussani K., Maria Grazia MezzadriFoto: Arch. AMI, Vetrina pagg. II e III, Tiberio MavriciEditing: Adriana Giussani K.Progetto grafico e impaginazione: Raul MartinelloStampa: NAVA SpA, Via Breda 98, 20136 MilanoChiuso in redazione: 23 febbraio 2015

MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMO

L’ENERGIA NON VA IN CRISI

nel prossimo numeroEXPO per l’uomo:

il pianeta

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monto. Metafora di ogni esi-stenza umana. Il cristiano lavive sostenuto dalla certezzadi un evento di morte e resur-rezione: “Se Cristo non fosserisorto vana sarebbe la nostrafede”. Avere delle certezze tirende più sicuro nel tuo cam-mino: “fortunato tu che cicredi”. Come se il tuo interlo-cutore volesse denunciare lamancanza di qualcosa di im-portante. La fede tramandatafa, dunque, parte del patrimo-nio di una famiglia, di un po-polo.E’ l’esperienza che consentedi stare nella vita apprezzandole diverse – anche dolorose -sfaccettature. Io e, credo,ognuno di voi abbiamo bisognodi una grande e forte speranzaper credere che la vita abbiail suo compimento, come ilseme nel fiore. Anche se dob-biamo attraversare i deserti

dell’esistenza fino a sperimentarne la morte. “Se il semecaduto per terra non muore non porta frutto”. Tremendalezione che non viene dall’alto ma dalla terra, dall’orizzonteglobale che ci fa esclamare dove andremo a finire? Dovetrarre speranza nel caos degli eventi drammatici provenientida tante parti del mondo? Dall’evento morte-resurrezionedi Cristo. Là dove non è percepita la morte non c’è rinascita.E’ il bisogno di rinascere dall’alto come insegna Gesù a Ni-codemo. Principio che si declina nella quotidiana fedeltà.

Da questa logica non siscappa. Né vi possiamosottrarci.

don Carlo

LLa Pasqua, al mio paese, erala Pasqua per tutti e di tutti.Si era tutti in festa. Si respi-rava, insieme all’aria prima-verile, la frugalità quaresi-male, la gioia della domenicadelle Palme sull’onda dei ra-moscelli di ulivo in proces-sione. L’austera settimanasanta, che impregnava case estrade, preparava i colori e iprofumi della Pasqua. Centroe segno erano le uova sode,colorate o no, ricchezza dellapovertà, emanante semplicitàgioiosa.

Ho l’impressione che la Pasquaoggi, ma direi da un po’ ditempo, ha scarsa incidenza nelsociale se non per quella rica-duta che ha a livello commer-ciale. Forse rimane ancoraqualcosa nel costume, moltopoco, invece, sembra, sul pianospirituale. Si stanno affac-ciando all’orizzonte le tradizioni di altre religioni. Il climadi oggi è nettamente diverso rispetto ad allora, sia riguardoil sentire religioso ma soprattutto il manifestarsi dell’indif-ferenza e talvolta dell’ostilità laicista. Per questo è indi-spensabile la fede nella Pasqua, ricchezza e orientamentodi vita. Guai dunque perderla, smarrirla, farcela rubare,direbbe Papa Francesco. Con voi vorrei soffermarmi sull’immagine del seme e dellasua fioritura per l’intrinseco significato di passaggio, cioèdi “pasqua”. Capita di sentir dire la vita è un passaggio. Sepur detto per indicare la brevità, ne rivela però anche l’in-tensità. La giornata è esperienza di unquotidiano passaggio:dalla notte all’alba, almeriggio fino al tra-

PASQUA 2015

LA VITA È UN PASSAGGIO

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• Il volontariato AMI come vocazione all’ascolto e al ser-vizio per esprimere il ministero del “grembiule” (ToninoBello) come presenza concreta e attiva della Chiesa pressomalati, persone anziane che vivono nelle loro abitazioni oin strutture.

• La Fondazione Familiaris Consortio ha sensibilizzatoospiti, degenti, parenti e volontari del Trivulzio con un mer-catino per la raccolta fondi della sua attività totalmente gra-tuita di incontro delle famiglie con le badanti e l’accompa-gnamento in questa relazione con delle figure di tutors.

8 DICEMBRE 2014LA NOSTRA FESTA DEL MANDATO

Sento di non avere delle colpe gravi o ben definite per lequali chiedere perdono, però non sono serena, non sonotranquilla, non mi sento a posto perché con le mie cadute disperanza (e qualche ribellione) mi sembra di aver tradito ilSignore, di non fidarmi di lui, del suo amore. Capisco peròdi avere bisogno della grazia che proviene da una buonaconfessione, ma spesso non so fare chiarezza in quelle chesono le mie vere colpe e rischio di confonderle con una ten-sione emotiva, con l’ansia per la salute, con la malinconiaprovocata da pesanti momenti di solitudine o di separazioneda persone a cui volevo bene.Davvero spesso mi trovo a lottare contro certe mie fragilitào indecisioni che mi espongono a tante tentazioni o forsesono egoismi che mi mettono in competizione con una lim-pidezza dello spirito che tanto desidero, ma che è così difficile

da raggiungere o mantenere. Questo risvolto della mia fra-gilità mi procura inquietudine e amarezza e con l’amarezzanon si è mai costruito niente di buono.Vado in crisi quando in tanti mi scaricano addosso tutti iloro problemi personali, a volte anche troppo delicati. E ioho paura di dire loro cose sbagliate… Ultimamente sono ar-rivata a evitare di incontrare due signore anziane della miacasa che mi tolgono la pelle di dosso e mi fanno stare male.Però mi dispiace loro hanno bisogno.Sono sempre più sicura di essere una cristiana “anomala”,ma credente che ogni mattina è costretta a pregare per ri-cominciare a credere. È dura!Mi aiuti, per favore, a vivere questo momento prezioso inmodo più convinto, più puro, più vero.Grazie!

Frammento per la Quaresima 2015Una Cristiana “anomala” ma credente si confessa.

Eccovi alcune sequenze fotografiche:

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UNA LETTERA AL CARDINALELa vista del Cardinale Scola del 31 dicembre è stata preceduta da momenti convulsi della vita trivulziana.

Dimissioni del Consiglio di Amministrazione con le inevitabili ricadute di tensioni su chi vive al suo interno.Noi abbiamo accolto il disagio in particolare dei medici che hanno scritto una lettera al Cardinale

e che qui pubblichiamo integralmente, non per alimentare la polemica ma per cogliere spiragli di dialogo e di collaborazione per amore di una istituzione pluricentenaria che ha sempre trovato

un posto privilegiato nel cuore dei milanesi.

Milano, Pio Albergo Trivulzio 23 dicembre 2014

Eminenza. Ci rivolgiamo a Lei, come figli della nostra amata città, conalcune riflessioni non polemiche in ordine agli ultimi av-venimenti che hanno dolorosamente coinvolto ancora unavolta il Pio Albergo Trivulzio di Milano che per tradizionevede in visita il Cardinale di Milano ogni 31 dicembre peril “Te Deum” di ringraziamento.Vorremmo raccontarle come ogni giorno ci dedichiamo al-l’assistenza, cura e riabilitazione degli anziani della nostraregione, che vivono spesso nelle periferie dell’esistenza eche la malattia rende ancora più fragili. Vorremmo chinarci su queste persone evangelicamente “ul-time” e soccorrerle con i mezzi, le competenze e le personeadeguate. Al termine inglese “mission” tanto in voga, noipreferiamo il termine “missione”. La nostra missione è diessere prossimo di queste donne e uomini in difficoltà. Altermine “Azienda,” che si inchina acriticamente al dio de-naro, noi preferiamo il termine etimologico di “Ospedale,”cioè luogo dove si alloggiano gli ospiti, gli infermi, coloroche hanno bisogno di cure, come il viandante lasciato sullastrada mezzo morto nella parabola del “Buon Samaritano”. Forse oggi troppe persone passano oltre, fingendo di nonvedere le sofferenze degli anziani che ogni giorno si rivol-gono fiduciosi a noi. Forse noi stessi alcune volte ci lasciamovincere da una falsa si-curezza nella scienzamedica, dimenticandol’essere umano perfarne un caso clinico;tuttavia non riusciamoad accettare che egli siasolo un mero elementodi un calcolo economico

nella gestione di un luogo pubblico di cura, assistenza eriabilitazione come il Pio Albergo Trivulzio.In questo nostro lavoro sono necessari occhi, orecchi, mani,sensibilità e il cuore delle persone che assistono altre per-sone fragili; se questa assistenza viene meno si apre il de-solante scenario dell’abbandono, della polemica, della giustaprotesta.Vorremmo ricordare le raccomandazioni di San Benedettoda Norcia ai sui monaci, quando diceva di usare la stessacura sia per gli strumenti del lavoro agricolo che per gli ar-redi sacri, sacralizzando così il lavoro. Noi già sappiamoche il nostro lavoro è sacro, perché ha per oggetto la curadi persone malate; proprio per questo vorremmo che ci fos-sero messi a disposizione gli strumenti necessari e adeguatiper svolgerlo al meglio in linea con i progressi tecnologicidel terzo millennio.Vorremmo infine ricordare un’affermazione di un suo pre-decessore, il Cardinale Carlo Maria Martini, quando racco-mandò agli Ospedali che si erano dotati della “Carta deiDiritti del Malato,” che questi non fossero dei “diritti dicarta”.Noi vorremmo cambiare pagina, perché sappiamo che èsempre possibile un nuovo inizio. Per questo ci affidiamoalla Sua cura di Pastore e le chiediamo di affidare alle pre-ghiere della Chiesa ambrosiana il Pio Albergo Trivulzio, isuoi Ospiti con i loro parenti e tutti coloro che ci lavorano,affinché chi ha la responsabilità di governarlo trovi le giuste

soluzioni per unsuo rilancio all’in-segna della umanasolidarietà verso isofferenti..

I medici e il personale

credente del PAT

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• INVITO •Sabato 18 aprile 2015 dalle ore 9.00 alle ore 12.30

Convegno annuale diocesano nel salone della Curia p.za Fontana, 2

Rivisita il tuo tempo e i tuoi impegni per trovare un paio d’ore allasettimana per noi che operiamo in alcune Strutture e sul Territorio

CONTATTACI

attraverso il sito: www.familiarisconsortio.com

per email: [email protected]

[email protected]

per telefono: 024035756 (Milano)

0396957773 (Colnago)

Abbiamo bisogno di te…Con un po’ di coraggio puoi avvicinarti a noi… e, se vuoi, puoi scambiare due chiacchiere con il nostro “DON” !

INVITO AL NOSTRO VOLONTARIATO

Organizzato da una Commissione diVolontariati per tutti. E per chi coltiva una vocazione al volontariato in ambitoassistenziale – sanitario in strutture e in abitazioni private.

Il tema “Dalla Guarigione al Volontariato”.Il “miracolo dell’amore” inventa aspettiinediti e sorprendenti della vita (vedi latestimonianza di Giusy Versace e altre…).

Ti aspettiamo a condividere testimonianzee riflessioni che mettono in moto cuorispalancati alla prossimità.

La quota d’iscrizione all’AMI come volontari o soci e le eventuali offerte per l'Associazione o per il giornale trimestrale"ASCOLT’AMI" possono essere effettuate direttamente presso la segreteria di Via Trivulzio oppure tramite bollettino postale n° 69454767 oppure con bonifico alla BANCA POPOLARE COMMERCIO E INDUSTRIA - IBAN IT 33 A 05048 01679 000000033295intestati a: ASSOCIAZIONE MARIA IMMACOLATA - A.M.I.-Onlus. C.F. 97206880151 per destinare il 5 x mille

Si ringraziano tutti coloro che ci hanno inviato offerte a sostegno delle nostre attività.Per loro verrà celebrata, ogni giovedì alle ore 16 e secondo le loro intenzioni, una Santa Messa (preceduta dal Santo Rosario e seguita dall'adorazione eucaristica) durante la quale saranno pronunciati i nomi dei defunti che ci verranno segnalati.

Ecco i dati richiestici per eventuali invii di contributi, donazioni o lasciti:FONDAZIONE FAMILIARIS CONSORTIO ONLUSC.F. e I.V.A 07722320962 (anche per il 5 x mille)

IBAN IT 74G0306901602100000061887 Banca Intesa, filiale 00352

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