[ebook - ita - economia] finanza aziendale

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I fondamenti 1 Ogni decisione che un’impresa prende ha delle implicazioni finanziarie, e ogni decisione che coinvolge la dimensione finanziaria di un’impresa è una decisione di finanza aziendale. In senso lato, tutte le attività svolte da un’impresa rientrano nell’ambito della finanza aziendale. Il termine anglosassone corporate finance potrebbe far credere che questa disciplina riguardi solo le grandi aziende quotate in Borsa (corporation), e non le imprese di minori dimensioni e quelle non quotate. Al contrario, i prin- cipi di base della finanza aziendale rimangono gli stessi, sia per le grandi società quotate in Borsa che per le piccole imprese non quotate. Tutte le imprese, infatti, devono affrontare il problema di investire con acume le proprie risorse, determinare la “giusta” composizione delle fonti di fi- nanziamento e restituire il denaro ai proprietari qualora non vi siano valide opportunità d’investimento. Cap1.p65 28/03/2001, 18.43 1

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I fondamenti1

Ogni decisione che un’impresa prende ha delle implicazioni finanziarie,e ogni decisione che coinvolge la dimensione finanziaria di un’impresaè una decisione di finanza aziendale. In senso lato, tutte le attività svolteda un’impresa rientrano nell’ambito della finanza aziendale. Il termineanglosassone corporate finance potrebbe far credere che questa disciplinariguardi solo le grandi aziende quotate in Borsa (corporation), e non leimprese di minori dimensioni e quelle non quotate. Al contrario, i prin-cipi di base della finanza aziendale rimangono gli stessi, sia per le grandisocietà quotate in Borsa che per le piccole imprese non quotate. Tutte leimprese, infatti, devono affrontare il problema di investire con acume leproprie risorse, determinare la “giusta” composizione delle fonti di fi-nanziamento e restituire il denaro ai proprietari qualora non vi sianovalide opportunità d’investimento.

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2 Capitolo 1

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I fondamenti 3

Principi guidaPrincipi guidaPrincipi guidaPrincipi guidaPrincipi guidaOgni disciplina ha dei principi guida che la governano. La finanza aziendale sibasa su tre principi, che chiameremo il Principio di Investimento, il Principiodi Finanziamento e il Principio dei Dividendi.����� Il Principio di Investimento Investire in attività e progetti con un rendimen-

to atteso superiore a una soglia minima di rendimento. Tale soglia deve esserepiù elevata per i progetti più rischiosi e riflettere la struttura finanziaria utiliz-zata, ovvero fondi propri (capitale netto) oppure denaro preso in prestito(capitale di terzi). Il rendimento atteso di un progetto va misurato sullabase dell’ammontare dei flussi di cassa generati e della loro distribuzione neltempo, tenendo in considerazione anche gli effetti collaterali positivi e negati-vi del progetto.

����� Il Principio di Finanziamento Scegliere una struttura finanziaria che massi-mizzi il valore degli investimenti effettuati e sia in linea con il tipo di inve-stimento da finanziare.

����� Il Principio dei Dividendi Restituire il denaro ai proprietari dell’impresa, nelcaso in cui non ci fossero opportunità di investimento in grado di generareun rendimento superiore alla soglia minima. Per le società quotate in Bor-sa, la forma di restituzione — dividendi o riacquisto di azioni proprie — di-penderà dalle caratteristiche degli azionisti.

Nel prendere queste decisioni di investimento e di finanziamento, la finanzaaziendale tiene sempre ben presente l’obiettivo ultimo, ovvero massimizzareil valore dell’impresa: perciò ogni decisione viene giudicata in base al suo im-patto sul valore dell’impresa.

Questi principi-guida forniscono le basi sulle quali costruiremo i numerosimodelli e le teorie che costituiscono la finanza aziendale moderna. In realtà, sitratta anche di principi basati sul buon senso. Sarebbe infatti presuntuoso daparte nostra credere che, prima che la finanza aziendale cominciasse a svilup-parsi come disciplina coerente e autonoma pochi decenni fa, gli imprenditorigestissero le proprie aziende quasi alla cieca, senza principi che ne governas-sero l’operato. Gli imprenditori migliori hanno sempre avuto ben presente l’im-portanza di ottenere un rendimento sul capitale investito superiore al costo diapprovvigionamento del capitale stesso. Uno dei paradossi degli ultimi anni èproprio che un gran numero di manager di grandi aziende, presumibilmentesofisticate e con la possibilità di accedere alle più avanzate tecniche di finanzaaziendale, abbiano perso di vista questi principi fondamentali.

La funzione obiettivo dell’imprLa funzione obiettivo dell’imprLa funzione obiettivo dell’imprLa funzione obiettivo dell’imprLa funzione obiettivo dell’impresaesaesaesaesaUna disciplina non può svilupparsi in modo coerente nel tempo senza unafunzione obiettivo unificatrice. Lo sviluppo della teoria della finanza azienda-le può essere ricondotto alla scelta di un’unica funzione obiettivo e alla co-

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struzione di modelli intorno a essa. Tale funzione è la massimizzazione del valo-re dell’impresa. Di conseguenza ogni decisione (di investimento, di finanzia-mento o relativa ai dividendi) che aumenti il valore dell’impresa è “giusta”,mentre una decisione che ne riduca il valore è “sbagliata”. Se è vero che lascelta di questa funzione obiettivo ha dato alla finanza aziendale un tema uni-ficatore e una coerenza interna, c’è stato un prezzo da pagare. Infatti, finché siaccetta tale funzione obiettivo, la maggior parte dei precetti teorici di finanzaaziendale hanno senso. Tuttavia, nel momento in cui la funzione obiettivo vie-ne messa in discussione, l’intera impalcatura teorica su di essa costruita ri-schia di cedere. Molte controversie tra i teorici della finanza aziendale e gli“altri” (sia nel mondo accademico che in quello professionale) possono esserericondotte a modi fondamentalmente diversi di concepire la funzione obietti-vo per l’impresa. Per esempio, alcuni sostengono che le imprese dovrebberoavere molteplici obiettivi, data la molteplicità di interessi da soddisfare (azio-nisti, lavoratori, clienti), mentre altri ritengono che le imprese dovrebbero fo-calizzarsi su obiettivi considerati più semplici e diretti, come quota di mercatoo redditività.

Data l’importanza di questa funzione obiettivo per lo sviluppo e l’applica-bilità della teoria della finanza aziendale, è importante esaminarla più da vici-no e discutere alcuni problemi che pone e le critiche che le sono state mosse.In particolare, questa funzione obiettivo parte dal presupposto che le scelteche gli azionisti compiono nel proprio interesse siano anche nell’interessedell’impresa; richiede l’esistenza di mercati efficienti; non tiene in considera-zione i costi sociali connessi alla massimizzazione del valore. Nel Capitolo 2prenderemo in considerazione questi e altri problemi e metteremo a confrontomassimizzazione del valore dell’impresa e possibili funzioni obiettivo alternative.

Il Principio di InvIl Principio di InvIl Principio di InvIl Principio di InvIl Principio di InvestimentoestimentoestimentoestimentoestimentoLe risorse che le imprese hanno a disposizione per svolgere la propria attivitàsono limitate, e ciò impone delle scelte fra opportunità di utilizzo alternative.La prima e più importante funzione della finanza aziendale in quanto teoria èfornire alle imprese dei criteri per prendere queste decisioni in modo ottimale.Per politiche di investimento intendiamo non solo il tipo di decisioni che gene-rano ricavi e profitti (come l’introduzione di una nuova linea di prodotti), maanche quelle che permettono di ridurre i costi (come l’organizzazione di unnuovo e più efficiente sistema di distribuzione). Inoltre, riteniamo che anchele decisioni su quante e quali scorte mantenere in magazzino, o sul credito daaccordare ai clienti — decisioni spesso classificate come attinenti al capitalecircolante – siano, in ultima analisi, decisioni di investimento. All’altro estre-mo, possono considerarsi decisioni di investimento anche decisioni generalidi carattere strategico, quali l’ingresso in nuovi mercati o l’acquisizione di al-tre società.

Secondo i principi della finanza aziendale, per decidere se intraprendere omeno un progetto di investimento, è necessario confrontarne il rendimento

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atteso, opportunamente misurato, con una soglia minima di rendimento.Questa soglia minima di rendimento deve essere direttamente proporzionalealla rischiosità del progetto e deve riflettere la struttura finanziaria utilizzata,vale a dire la combinazione di fondi propri (capitale netto) e denaro preso inprestito (capitale di terzi). Nel Capitolo 3 cominceremo ad analizzare questoprocesso definendo la nozione di rischio e sviluppando un procedimento permisurarlo. Nel Capitolo 4 descriveremo come convertire la misura del rischioin una soglia minima di rendimento, sia per un’intera impresa, sia per singoliprogetti.

Una volta stabilita la soglia minima di rendimento, rivolgeremo la nostraattenzione alla misurazione del rendimento di un progetto di investimento.Nel Capitolo 5, valuteremo in particolare tre alternative: tradizionali misurecontabili di rendimento, flussi di cassa e flussi di cassa attualizzati (per i qualiconsideriamo non solo l’ammontare dei flussi di cassa, ma anche la loro di-stribuzione temporale). Nel Capitolo 6 prenderemo in esame alcuni potenzialicosti collaterali che sfuggono a queste misurazioni, come ad esempio i “costiopportunità” che si debbono sostenere qualora nuovi progetti sottraggano ri-sorse agli investimenti in essere. Allo stesso modo, esamineremo pure i possi-bili benefici indotti di un nuovo investimento, come l’opzione di entrare in unnuovo mercato o di espandersi, e le sinergie, importanti soprattutto quando ilnuovo investimento consiste nell’acquisizione di un’altra azienda.

Il Principio di FinanziamentoIl Principio di FinanziamentoIl Principio di FinanziamentoIl Principio di FinanziamentoIl Principio di FinanziamentoNel contesto del Principio di Investimento, abbiamo implicitamente assuntol’esistenza di una certa struttura finanziaria, e ne abbiamo esaminato le im-plicazioni per la determinazione della soglia minima di rendimento. Nella se-zione sul Principio di Finanziamento affronteremo la questione di fondo: è lastruttura finanziaria esistente quella giusta? Anche se aspetti legali o altri fat-tori esterni talora possono porre dei limiti alla composizione delle fonti di fi-nanziamento che un’impresa può utilizzare, esiste comunque un ampio spa-zio di flessibilità e discrezione nelle decisioni di finanziamento. Cominceremoad analizzare questo problema nel Capitolo 7, passando in rassegna le alter-native a disposizione delle imprese quotate e non quotate, in un’ampia gam-ma che va dal capitale a titolo di proprietà fino al capitale di terzi. Poi passere-mo a esaminare se la struttura finanziaria utilizzata da un’impresa sia quella“ottimale” alla luce della nostra funzione obiettivo, ovvero la massimizzazionedel valore dell’impresa. Dopo aver individuato a livello qualitativo benefici ecosti dell’indebitamento, nel Capitolo 8 prenderemo in considerazione dueapprocci alla determinazione della struttura finanziaria ottimale. Il primo cipermetterà di individuare in quali circostanze la struttura finanziaria ottimalerisulta essere quella che minimizza la soglia minima di rendimento. Il secondoci consentirà di esaminare gli effetti che si producono sul valore cambiando lastruttura finanziaria. Nel Capitolo 9 descriveremo come passare dalla struttu-ra finanziaria esistente a quella ottimale, tenendo presenti le opportunità di

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investimento a disposizione dell’impresa e l’eventuale necessità di agire intempi brevi, magari perché l’impresa è il target di un tentativo di scalata oppu-re perché è in grave dissesto finanziario.

Una volta individuata la struttura finanziaria ottimale, ci soffermeremo aconsiderare quale tipo di finanziamento l’impresa dovrebbe utilizzare (a lun-go o a breve termine? a tasso fisso o variabile? e se variabile, in funzione dicosa?). Nel Capitolo 9 enunceremo il nostro principio guida: per minimizzareil rischio finanziario e sfruttare al massimo la propria capacità di indebitamen-to un’impresa deve bilanciare i flussi di cassa in uscita derivanti dal debito coni flussi di cassa in entrata generati dalle attività finanziate. Aggiungeremo quindialcune considerazioni relative agli aspetti fiscali e al ruolo di controllo (moni-toring) svolto da soggetti esterni (analisti finanziari e agenzie di rating), perpoi concludere con delle raccomandazioni piuttosto “forti” su quello che rite-niamo essere il design ottimale degli strumenti di finanziamento.

Il Principio dei DividendiIl Principio dei DividendiIl Principio dei DividendiIl Principio dei DividendiIl Principio dei DividendiTutte le imprese vorrebbero senza dubbio avere illimitate opportunità di inve-stimento con un tasso di rendimento superiore alla soglia minima accettabile.Molte di esse, tuttavia, crescendo raggiungono uno stadio in cui il flusso dicassa generato dagli investimenti esistenti è maggiore dei fondi richiesti dalleopportunità d’investimento in grado di creare valore (di ottenere cioè un ren-dimento superiore alla soglia minima). A questo punto, le imprese devonotrovare il modo di restituire questa eccedenza di flussi di cassa ai proprietari.Nelle società non quotate, ciò può avvenire tramite il semplice ritiro, da partedei proprietari, di una parte dei fondi investiti nell’impresa. Nelle società quo-tate in Borsa, invece, ciò avverrà tramite il pagamento di dividendi o il riacqui-sto di azioni proprie. Nei Capitoli 10 e 11 introdurremo i criteri sulla base deiquali decidere se tale eccedenza debba rimanere in un’impresa o essere resti-tuita. Per gli azionisti delle società quotate in Borsa, questa decisione dipen-derà fondamentalmente dalla fiducia riposta nel management dell’impresa; etale fiducia, a sua volta, dipenderà in gran parte dal modo in cui il manage-ment ha investito i fondi affidatigli in passato. Prenderemo anche in conside-razione le diverse modalità di restituzione del denaro ai proprietari — divi-dendi, riacquisto di azioni propri e spin-off — e vedremo come scegliere traqueste opzioni.

Decisioni di finanza aziendale, valorDecisioni di finanza aziendale, valorDecisioni di finanza aziendale, valorDecisioni di finanza aziendale, valorDecisioni di finanza aziendale, valoreeeeedell’imprdell’imprdell’imprdell’imprdell’impresa e valoresa e valoresa e valoresa e valoresa e valore del capitale nettoe del capitale nettoe del capitale nettoe del capitale nettoe del capitale netto

Se la funzione obiettivo è la massimizzazione del valore dell’impresa, il valoredell’impresa deve essere in qualche modo legato alle tre grandi decisioni difinanza aziendale che abbiamo descritto — investimento, finanziamento e di-

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videndi. Il legame fra queste decisioni e il valore dell’impresa è dato dal fattoche il valore di un’impresa è il valore attuale dei flussi di cassa attesi, attualizzati aun tasso che rifletta la rischiosità degli investimenti e la struttura finanziaria utiliz-zata per finanziarli. Gli investitori formano delle aspettative sui flussi di cassafuturi in base all’osservazione dei flussi di cassa correnti e alle previsioni dicrescita futura, le quali, a loro volta, dipendono dalla qualità dei progetti del-l’impresa (le decisioni di investimento) e dal tasso di reinvestimento degli utili(che dipende dalla politica dei dividendi). Le decisioni di finanziamento influi-scono sul valore di un’impresa tramite il tasso di attualizzazione e, potenzial-mente, anche tramite i flussi di cassa attesi.

Questa chiara definizione di valore viene messa alla prova dalle interazionifra politica di investimento, politica di finanziamento e politica dei dividendi,nonché dai conflitti di interesse tra azionisti e obbligazionisti da una parte, etra azionisti e management dall’altra.

Introdurremo i modelli base disponibili per la valutazione di un’azienda edel suo capitale netto nel Capitolo 12, mettendoli ancora una volta in relazio-ne con le decisioni manageriali in termini di investimenti, struttura finanziariae distribuzione dei dividendi. In questo contesto esamineremo i fattori chedeterminano il valore di un’impresa e i diversi modi in cui le imprese possonoaccrescere il proprio valore.

Esempi applicativi:Esempi applicativi:Esempi applicativi:Esempi applicativi:Esempi applicativi:obiettivo su aziende robiettivo su aziende robiettivo su aziende robiettivo su aziende robiettivo su aziende realiealiealiealieali

La sempre maggiore facilità di ottenere informazioni sull’operato di aziendedi ogni tipo e dimensione suggerisce che non abbiamo bisogno di utilizzareimprese ipotetiche per illustrare i principi della finanza aziendale. Per questomotivo, nel seguito del libro faremo riferimento a quattro imprese per illustra-re le nostre convinzioni in tema di gestione finanziaria aziendale:1. Disney Corporation La Disney Corporation è una società quotata in Bor-

sa con numerose partecipazioni nel settore dello spettacolo e della comu-nicazione. Sebbene molti identifichino la Disney con il logo di Mickey Mou-se, o con Disney World, o con i classici cartoni animati di Walt Disney, sitratta di un’impresa ben più diversificata. Le partecipazioni della Disneyincludono proprietà immobiliari (sotto forma di multiproprietà e proprietàda locare in Florida e South Carolina), reti televisive (ABC e ESPN), pubbli-cazioni, studi cinematografici (Touchstone Pictures) e attività commercialial dettaglio (ci sono 610 negozi Disney nel mondo). La Disney ci aiuterà aillustrare le scelte che società grandi e diversificate devono compiere nel-l’affrontare le classiche decisioni di finanza aziendale: dove investire? Comefinanziare gli investimenti? Quanto restituire agli azionisti?

2. Bookscape Books Si tratta di un negozio di libri indipendente sito in NewYork City, uno dei pochi rimasti dopo l’invasione delle catene di librerie

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come Barnes and Noble e Borders Books. Utilizzeremo Bookscape Booksper illustrare alcuni problemi che riguardano le imprese non quotate, per lequali vi è una limitata disponibilità di informazioni.

3. Aracruz Cellulose Aracruz Cellulose è un’azienda brasiliana che producepasta di cellulosa di Eucalyptus (utilizzata per la fabbricazione di carta dialta qualità) e gestisce stabilimenti per la produzione di pasta di legno, im-pianti elettrochimici e terminal portuali. Noi la utilizzeremo per illustrareproblematiche specifiche ad aziende che operano in una economia in tran-sizione e in un contesto caratterizzato da inflazione elevata e instabile.

4. Deutsche Bank La Deutsche Bank è la principale banca commerciale te-desca, e dopo l’acquisizione della banca di investimento inglese MorganGrenfell svolge anche un ruolo di primo piano nell’attività di collocamen-to. Useremo la Deutsche Bank per illustrare alcuni problemi che nasconoquando un’impresa di servizi finanziari deve prendere decisioni relative ainvestimenti, finanziamenti e dividendi in un ambiente altamente regola-mentato.

Guida alle risorseGuida alle risorseGuida alle risorseGuida alle risorseGuida alle risorsePer rendere questo libro interattivo e tenerlo aggiornato, utilizzeremo una se-rie di soluzioni:����� Questo simbolo precede gli esempi in cui le quattro aziende sopra elencate

verranno utilizzate per applicare i principi della finanza aziendale.����� Questo simbolo indica una serie di spreadsheet, disponibili sul sito Web di

supporto al libro, che possono essere adoperati per applicare i modelli de-scritti (ad esempio, vi sono spreadsheet per la stima della struttura finan-ziaria ottimale e per la valutazione d’azienda).

����� Questo simbolo indica il riferimento a file di dati, sempre disponibili sulsito Web di supporto al libro, che vengono mantenuti aggiornati e che sononecessari per effettuare le analisi proposte (ad esempio, nel contesto dellastima dei parametri di rischio di un’azienda richiameremo l’attenzione suun file di dati contenente valori medi di tali parametri per i diversi settoriindustriali).

����� Questo simbolo ricorre con una certa regolarità. Infatti, per sottolineare ipunti chiave del capitolo, spesso ci fermeremo per chiedere al lettore dirispondere ad alcune domande, ispirate da problemi concreti; le relativerisposte sono disponibili sul sito Web di supporto al libro.

����� Questo simbolo, infine, precede momenti di approfondimento, in cui ana-lizziamo alcuni problemi di carattere pratico che possono sorgere nella ge-stione finanziaria delle aziende e discutiamo le possibili soluzioni.

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Alcuni aspetti fondamentaliAlcuni aspetti fondamentaliAlcuni aspetti fondamentaliAlcuni aspetti fondamentaliAlcuni aspetti fondamentalidella finanza aziendaledella finanza aziendaledella finanza aziendaledella finanza aziendaledella finanza aziendale

Nel corso del libro, faremo più volte riferimento ad alcune caratteristiche fon-damentali della finanza aziendale:1. La finanza aziendale ha una sua coerenza interna, che le deriva dalla

scelta di un’unica funzione obiettivo (la massimizzazione del valore del-l’impresa) e da alcune convinzioni forti: il rischio deve essere remunerato; iflussi di casa sono più importanti delle misure contabili; non è facile ingan-nare i mercati; ogni decisione aziendale ha un impatto sul valore dell’im-presa.

2. La finanza aziendale va vista nel suo insieme, piuttosto che come unaggregato di precetti sparsi. Le decisioni di investimento in genere han-no un impatto sulle decisioni di finanziamento (e viceversa), che a lorovolta condizionano le politiche dei dividendi (e viceversa). Raramente que-ste decisioni possono essere considerate indipendenti l’una dall’altra. Perquesto motivo è assai improbabile che aziende che considerino queste de-cisioni come distinte l’una dall’altra possano mai davvero risolvere il pro-blema di fondo. Ad esempio, un’impresa che riducesse il livello dei divi-dendi, ritenendolo la fonte dei propri problemi, potrebbe risentirne nellesue politiche di investimento e finanziamento.

3. La finanza aziendale serve a tutti. In ogni decisione presa da un’impresavi è un aspetto di finanza aziendale e tutti possono trovare utili almenoalcune aree della finanza aziendale.

4. La finanza aziendale è divertimento. Questa può sembrare l’affermazio-ne più sorprendente. Molti associano infatti la finanza aziendale a numeri,bilanci e fredde analisi quantitative. Sebbene la finanza aziendale abbiacerto una importante dimensione quantitativa, vi è anche una significativacomponente di creatività nell’ideare soluzioni ai problemi finanziari con-creti che un’attività di impresa si trova ad affrontare.

5. Il modo migliore per apprendere la finanza aziendale è applicarla con-cretamente. Il test ultimo della validità di un qualunque modello teorico èla sua applicazione pratica. In questo libro dimostriamo che una gran partedella teoria della finanza aziendale può essere applicata non solo ad astrat-ti esempi, ma anche ai problemi pratici di aziende reali.

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10 Capitolo 1

RiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoQuesto capitolo descrive i principi guida della finanza aziendale: il Principiodi Investimento, secondo il quale bisogna investire solo in progetti il cui ren-dimento superi una certa soglia minima; il Principio di Finanziamento, secon-do il quale la struttura finanziaria ottimale è quella che massimizza il valoredegli investimenti compiuti; il Principio dei Dividendi, secondo il quale i flussidi cassa “in eccesso” debbono essere restituiti ai proprietari.

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L’obiettivo2

Se non sai dove andare, non puoi sapere come arrivarci.Anonimo

La forza della finanza aziendale, ma al tempo stesso anche la sua debo-lezza, sta nel porsi come obiettivo la massimizzazione del valore dell’im-presa. Da un lato, infatti, attorno a tale obiettivo essa può costruire unsistema coerente e integrato di modelli e teorie, capace di guidare le de-cisioni aziendali di investimento e finanziamento; dall’altro, però, i risul-tati ottenuti hanno valore soltanto nella misura in cui si mantenga que-sta funzione obiettivo.

Nel corso di questo capitolo spiegheremo le ragioni che ci inducono ascegliere la massimizzazione del valore dell’impresa come funzione obiet-tivo. In particolare, esamineremo sotto quali condizioni essa risulti esse-re la “giusta” funzione obiettivo, i problemi in cui può incorrere un’azien-da nella sua applicazione e alcuni possibili rimedi. Tale analisi ci porteràa concludere che, malgrado tali problemi, la massimizzazione del valoredell’impresa risulta di gran lunga superiore a funzioni obiettivo alterna-tive, se non altro perché intrinsecamente dotata di meccanismi autocor-rettivi.

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12 Capitolo 2

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L’obiettivo 13

La funzione obiettivo trLa funzione obiettivo trLa funzione obiettivo trLa funzione obiettivo trLa funzione obiettivo tradizionaleadizionaleadizionaleadizionaleadizionaleI teorici della finanza aziendale sono in genere concordi nel sostenere che l’obiettivodi un’impresa è la massimizzazione del valore. Più dibattuto è se questo implichila massimizzazione del patrimonio degli azionisti (stockholder wealth) o del-l’intero patrimonio dell’azienda (firm wealth o firm value), che include, oltreagli azionisti, anche altre classi di investitori (obbligazionisti, banche, azionistidi risparmio ecc…). Inoltre, anche coloro che propendono per la massimizza-zione del patrimonio degli azionisti non sono concordi sulla questione se questosi traduca o meno nella massimizzazione dei prezzi azionari (stock price).

Queste tre funzioni obiettivo sono caratterizzate dalle diverse ipotesi ne-cessarie a giustificarle. Da questo punto di vista, la meno restrittiva fra le trerisulta la massimizzazione del patrimonio aziendale, e la più restrittiva la mas-simizzazione dei prezzi azionari.

PPPPPerererererché puntarché puntarché puntarché puntarché puntare alla massimizzazionee alla massimizzazionee alla massimizzazionee alla massimizzazionee alla massimizzazionedei prdei prdei prdei prdei prezzi azionari?ezzi azionari?ezzi azionari?ezzi azionari?ezzi azionari?

Ci sono tre motivi per cui la finanza aziendale tradizionale si concentra sullamassimizzazione del prezzo azionario. Innanzitutto il prezzo azionario è unparametro immediatamente e costantemente osservabile per giudicare l’ope-rato di una società quotata in Borsa. A differenza di altri parametri quali utili ofatturato, i prezzi azionari vengono infatti continuamente aggiornati, riflet-tendo così istantaneamente nuove informazioni circa l’operato di un’azienda.Ciò consente al management di avere un immediato riscontro delle iniziativeintraprese. Si prenda ad esempio la reazione dei mercati all’annuncio di unprogetto di acquisizione. Nella maggior parte dei casi, sebbene il managementdecanti le virtù dell’operazione di acquisizione, i prezzi azionari dell’azienda chetenta la scalata scendono notevolmente, a testimonianza del fatto che i mercatisottopongono a vaglio critico le affermazioni del management.

Il secondo motivo è che i prezzi azionari, in un mercato razionale, rifletto-no gli effetti di lungo termine delle politiche aziendali. Diversamente da para-metri quali il fatturato o la quota di mercato (market share), che riflettono solol’effetto immediato dell’operato di un’impresa, il valore di un’azione, per defi-nizione, riflette anche gli effetti di lungo termine e le prospettive future del-l’azienda. In un mercato razionale, i prezzi azionari rappresentano il tentativoda parte degli investitori di misurare questo valore. Anche se tale processo èsoggetto a un margine di errore, una stima approssimativa del valore di lungotermine di un’azienda va comunque preferita a una stima magari più precisama limitata alla capacità reddituale attuale.

Infine, scegliere la massimizzazione dei prezzi azionari come funzione obiet-tivo consente di individuare chiaramente il modo migliore per scegliere i pro-getti di investimento e le modalità di finanziamento.

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14 Capitolo 2

Domanda di verifica 2.1La funzione obiettivo dell’aziendaLa funzione obiettivo dell’aziendaLa funzione obiettivo dell’aziendaLa funzione obiettivo dell’aziendaLa funzione obiettivo dell’azienda

Quale ritieni debba essere la funzione obiettivo di un’azienda?

����� Massimizzare il prezzo azionario o il patrimonio degli azionisti, senza vin-coli di alcun tipo.

����� Massimizzare il prezzo azionario o il patrimonio degli azionisti, ma a pattodi comportarsi da buon cittadino nella società.

����� Massimizzare i profitti o la redditività.

����� Massimizzare la quota di mercato.

����� Massimizzare il fatturato.

����� Massimizzare il bene pubblico.

����� Altro.

La classica teoria dell’imprLa classica teoria dell’imprLa classica teoria dell’imprLa classica teoria dell’imprLa classica teoria dell’impresaesaesaesaesaNella tipica società quotata in Borsa, gli azionisti affidano al management ilcompito di gestire l’azienda per loro conto; il management a sua volta si rivol-ge alle banche o al mercato obbligazionario per finanziare le operazioni del-l’azienda; gli azionisti, tramite l’acquisto e la vendita di azioni, rispondonoalle informazioni fornite loro dal management sull’operato dell’azienda; que-st’ultima, infine, si muove nel contesto più ampio della società in cui opera.Concentrandosi sulla massimizzazione del patrimonio degli azionisti, la fi-nanza aziendale si espone a diversi rischi. Innanzitutto, i manager incaricatidagli azionisti di gestire l’azienda possono avere interessi personali che diver-gono dalla massimizzazione del patrimonio degli azionisti. In secondo luogo,il patrimonio degli azionisti può essere incrementato a spese delle altre cate-gorie di investitori (obbligazionisti, banche, creditori ecc.). In terzo luogo, leinformazioni che circolano nei mercati finanziari possono essere imprecise ofuorvianti, e/o la reazione dei mercati può rivelarsi sproporzionata. Infine, leaziende che puntano alla massimizzazione del valore possono creare elevaticosti sociali di cui non si trova traccia nei bilanci societari.

Questi conflitti di interesse diventano ancor più rilevanti se consideriamoanche gli altri portatori di interessi in un’azienda, quali dipendenti e clienti.Infatti i dipendenti possono avere poco o nessun interesse alla massimizza-zione del patrimonio degli azionisti, puntando piuttosto all’incremento dellapropria retribuzione e alla sicurezza del posto di lavoro. In alcuni casi interessidi questo tipo si rivelano in netto contrasto con la massimizzazione del patri-monio degli azionisti. Ai clienti, dal canto loro, probabilmente interesserà chei prodotti e i servizi dell’azienda siano disponibili a un prezzo basso. Anchequesto, tuttavia, potrebbe essere in conflitto con gli interessi degli azionisti.

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L’obiettivo 15

PPPPPotenziali costi collaterotenziali costi collaterotenziali costi collaterotenziali costi collaterotenziali costi collateralialialialialidella massimizzazione del valordella massimizzazione del valordella massimizzazione del valordella massimizzazione del valordella massimizzazione del valoreeeee

L’impresa che sceglie come unico obiettivo la massimizzazione del valore (siaesso inteso come patrimonio dell’azienda o come patrimonio degli azionisti),può generare costi sociali talmente elevati da superare i benefici derivanti daquesta funzione obiettivo. In tali casi, la funzione obiettivo può dover esseremodificata, anche se, a dire il vero, funzioni obiettivo alternative non sembra-no in grado di risolvere completamente questo problema.

Porre come obiettivo la massimizzazione del valore può essere problemati-co anche quando la proprietà dell’impresa è disgiunta dalla gestione (comeaccade nella maggior parte delle grandi aziende quotate in Borsa), per via delpossibile conflitto di interessi fra azionisti/proprietari e management. In nu-merose situazioni, infatti, l’obiettivo della massimizzazione del valore potreb-be scontrarsi con gli interessi personali del management.

Un ulteriore conflitto di interessi, questa volta fra azionisti e obbligazioni-sti, può sorgere se la funzione obiettivo è la massimizzazione del patrimoniodegli azionisti. Dal momento che di solito gli azionisti controllano il processodecisionale e che gli strumenti di tutela a disposizione degli obbligazionistinon sono perfetti, un modo per incrementare il patrimonio degli azionisti èquello di trasferire ricchezza dagli obbligazionisti agli azionisti, anche a costodi ridurre il patrimonio dell’azienda.

Infine, quando la funzione obiettivo scelta è la massimizzazione dei prezziazionari, eventuali inefficienze dei mercati finanziari possono produrre un’er-rata allocazione delle risorse e indurre decisioni sbagliate. Per esempio, se iprezzi azionari non riflettono le conseguenze di lungo termine delle decisioniaziendali ma soltanto, come alcuni sostengono, gli effetti immediati sui profit-ti, una decisione che in realtà incrementa il patrimonio degli azionisti, ma nel-l’immediato fa diminuire i profitti, potrebbe portare a una diminuzione delprezzo dell’azione. Allo stesso modo, una decisione che riduce il patrimoniodegli azionisti, ma al contempo genera un incremento immediato dei profitti,potrebbe aumentare il prezzo dell’azione.

In praticaQual è l’obiettivo per un’imprQual è l’obiettivo per un’imprQual è l’obiettivo per un’imprQual è l’obiettivo per un’imprQual è l’obiettivo per un’impresa non quotataesa non quotataesa non quotataesa non quotataesa non quotatao un’organizzazione non-pro un’organizzazione non-pro un’organizzazione non-pro un’organizzazione non-pro un’organizzazione non-profit?ofit?ofit?ofit?ofit?

Massimizzare il prezzo azionario può rappresentare la funzione obiettivo sol-tanto per le aziende quotate in Borsa. Per le aziende non quotate, l’obiettivorimane la massimizzazione del valore dell’impresa. I principi guida per le po-litiche di investimento, di finanziamento e dei dividendi che analizzeremo neicapitoli seguenti sono validi sia per le aziende quotate in Borsa che per quellenon quotate, essendo entrambe orientate alla massimizzazione del valore del-

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l’impresa. Tuttavia, dal momento che per le aziende non quotate il valore del-l’impresa non è una misura direttamente osservabile e necessita di una stima,a esse mancherà quel riscontro immediato – talvolta indesiderato – disponibi-le invece alle aziende quotate quando si trovano a dover prendere delle deci-sioni importanti.

Risulta molto più difficile applicare i principi della finanza aziendale alleorganizzazioni non-profit, in quanto in genere il loro obiettivo è quello di for-nire un servizio nel modo più efficiente possibile, piuttosto che di ottenereprofitti. Nel seguito esamineremo alcuni dei fattori che questo tipo di organiz-zazioni devono tenere in considerazione nel prendere decisioni di investimentoe di finanziamento.

Un mondo ideale…Un mondo ideale…Un mondo ideale…Un mondo ideale…Un mondo ideale…È possibile concepire uno scenario in cui la massimizzazione dei prezzi azio-nari rappresenta la “giusta” funzione obiettivo, senza effetti collaterali negati-vi né conflitti di interessi. In questo mondo ideale dovrebbero verificarsi, con-temporaneamente, tutte le seguenti condizioni:

1. Il management mette in secondo piano i propri interessi dando precedenzaa quelli degli azionisti. Questo può verificarsi o perché i manager temonoche gli azionisti provvedano a destituirli, o perché detengono un numerorilevante di azioni e dunque la massimizzazione del patrimonio degli azio-nisti diventa anche il loro obiettivo principale.

2. Coloro che prestano fondi all’azienda sono completamente protetti da ten-tativi di espropriazione da parte degli azionisti. Questa situazione può ve-rificarsi nel caso in cui gli azionisti vogliano tutelare la propria reputazionesul mercato dei capitali, vale a dire la capacità di ottenere fondi a prestito infuturo sul mercato obbligazionario, e quindi non prenderanno mai provve-dimenti tesi a espropriare ricchezza da obbligazionisti e altri investitori;oppure nel caso in cui questi ultimi riescano a proteggersi completamenteintroducendo nel contratto una serie di clausole che impediscono all’aziendadi intraprendere azioni che risultino in una riduzione del loro patrimonio.

3. Il management non cerca di ingannare i mercati finanziari circa le prospet-tive future dell’azienda; la quantità e qualità delle informazioni disponibiliè sufficiente perché i mercati possano valutare gli effetti dell’operato del-l’azienda in termini di valore; i mercati sono razionali e ragionevoli nellaloro valutazione di tale operato e delle prevedibili conseguenze in terminidi valore.

4. Non ci sono costi sociali, nel senso che tutti i costi prodotti dall’azienda neltentativo di massimizzare il patrimonio degli azionisti possono essere mi-surati e imputati all’azienda stessa.

Qualora si verifichino queste condizioni, la massimizzazione del patrimoniodegli azionisti non produce effetti collaterali negativi, e i prezzi azionari riflet-

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tono correttamente il patrimonio degli azionisti. Il management può così con-centrarsi su un unico obiettivo: massimizzare i prezzi azionari. Affinché siavalida come funzione obiettivo la massimizzazione del patrimonio dell’azien-da non sono necessari come presupposti né l’efficienza del mercato né la pro-tezione degli obbligazionisti; la massimizzazione del patrimonio degli azioni-sti presuppone invece quest’ultima condizione.

I requisiti necessari per mantenere la funzione obiettivo tradizionale sonosintetizzati nella Figura 2.1.

Figura 2.1 La funzione obiettivo tradizionale

I prI prI prI prI problemioblemioblemioblemioblemiNel paragrafo precedente abbiamo elencato i requisiti necessari perché la mas-simizzazione dei prezzi azionari rappresenti l’unica funzione obiettivo. È faci-le tuttavia constatare che nella realtà questi requisiti non sono sempre soddi-sfatti. Il management non sempre prende decisioni che vanno incontro agliinteressi degli azionisti; gli azionisti a volte prendono iniziative che trasferi-scono a essi parte del patrimonio degli obbligazionisti o di altri investitori;l’informazione che circola nei mercati è approssimativa e talora fuorviante; cisono costi sociali che non possono essere misurati e imputati all’azienda che liha generati. Nei paragrafi seguenti prenderemo in considerazione alcuni dei modiin cui questi quattro rapporti – azionisti/management, azionisti/obbligazionisti,

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azionisti/mercato e azionisti/società – possono innescare un corto circuito nellafunzione obiettivo basata sulla massimizzazione del prezzo azionario.

Azionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementIn linea teorica, gli azionisti hanno il potere di disciplinare ed eventualmentedestituire i manager che non dimostrino di operare nel loro interesse. I duemeccanismi a disposizione degli azionisti per l’esercizio di questo potere sonol’assemblea annuale, in seno alla quale è possibile manifestare riserve circal’operato del management e sostituirlo se necessario, e il consiglio di ammini-strazione (Board of Directors), il cui compito fiduciario è assicurare che il ma-nagement agisca nell’interesse degli azionisti. Ma quanto sono efficaci questeistituzioni nel consentire agli azionisti di esercitare un reale potere di control-lo sul management?

Prendiamo in esame l’assemblea annuale. La maggior parte degli azionistinon partecipano alle assemblee annuali, o perché non ritengono che la loropresenza e il loro voto possano avere un impatto significativo, o perché parte-cipare sarebbe eccessivamente costoso. Essi possono tuttavia esercitare il di-ritto di voto per delega1, ma, salvo che ci sia una cosiddetta battaglia di dele-ghe (proxy fight), il management in carica parte con un netto vantaggio2. In-fatti molti azionisti, soprattutto i piccoli azionisti, non esercitano nemmeno illoro diritto di voto per delega, e anche quando lo esercitano la soluzione piùsemplice è spesso votare per il management in carica. Anche per gli azionisticon una quota azionaria significativa (investitori istituzionali ecc.), dato che ingenere essi detengono partecipazioni azionarie in molte altre società, l’opzio-ne più semplice quando non sono soddisfatti del management in carica è quelladi vendere le proprie azioni3. Un atteggiamento meno passivo da parte di questacategoria di azionisti contribuirebbe significativamente a rendere il manage-ment più attento e sensibile agli interessi degli azionisti stessi. La recente ten-denza a un maggiore attivismo da parte dei maggiori azionisti sarà documen-tata nei paragrafi seguenti.

Anche il potere del consiglio di amministrazione di disciplinare il manage-ment e di renderlo responsabile di fronte agli azionisti viene in pratica ridottoda una serie di fattori:

1 La delega autorizza gli azionisti a votare sulla nomina del consiglio di amministrazio-ne e sulle decisioni che sono oggetto di voto in seno all’assemblea. La delega non consen-te invece di porre domande direttamente al management.

2 Tale vantaggio è maggiore se lo statuto della società in questione consente al manage-ment in carica di votare per conto di quegli azionisti che non abbiano inviato le propriedeleghe di voto. Questo equivale a un’elezione in cui il candidato in carica automatica-mente riceve i voti di tutti coloro che non si presentano a votare.

3 L’espressione anglosassone in tali casi è “to vote with your feet”; letteralmente “votarecon i propri piedi”, ossia andarsene [N.d.C.].

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1. In molti casi, i membri del consiglio di amministrazione (director4) non pos-sono dedicare molto tempo all’espletamento dei loro doveri fiduciari a causadi altri impegni o perché molti di essi fanno parte del consiglio di ammini-strazione di diverse società. Questo fenomeno è illustrato in modo chiaroin uno studio della società di “cacciatori di teste” Korn-Ferry5, secondo ilquale nel 1992, in media, un membro del consiglio di amministrazione de-dicava alle riunioni del consiglio complessivamente (durata delle riunionipiù preparazione necessaria) 92 ore all’anno, in diminuzione rispetto alle108 ore del 1988, e veniva pagato6 32.352 dollari, in aumento rispetto ai19.544 dollari del 1988.

2. Anche gli amministratori che davvero cercano di capire le problematichedell’azienda sono spesso ostacolati dalla mancanza di competenze specifi-che in certe aree, quali ad esempio gli aspetti contabili e alcuni aspetti tec-nici delle fusioni e acquisizioni, per le quali si affidano a esperti esterni.

3. Anche quando molti membri del consiglio di amministrazione risultino for-malmente esterni all’azienda (outsider), non li si può considerare del tuttoindipendenti, dal momento che il CEO (Chief Executive Officer)7 ha spessol’ultima parola nella loro nomina. Lo studio di Korn-Ferry rivela che, nellaricerca di nuovi membri del consiglio, il 74% delle 426 società prese in esa-me si affida al presidente del consiglio di amministrazione (Chairman8),mentre soltanto il 16% si affida a società indipendenti specializzate in talericerca.

4 In Gran Bretagna, il termine director viene invece riservato al management [N.d.C.].

5 Questo studio, riportato in un articolo del Wall Street Journal, analizza la composizionee il funzionamento dei consigli di amministrazione di grandi aziende quotate in Borsa,con particolare attenzione alla retribuzione dei consiglieri e al tempo da essi dedicatoall’esercizio dei loro compiti.

6 Queste cifre rappresentano una sottostima in quanto non comprendono indennità egratifiche come assicurazioni e benefici pensionistici. Una società di ricerca, la Hewitt As-sociates, rileva che il 67% delle 100 aziende prese in esame offre ai consiglieri di ammini-strazione programmi di pensionamento.

7 La figura italiana corrispondente è quella dell’Amministratore Delegato [N.d.C.].

8 Negli Stati Uniti, il Chairman è di frequente il CEO della società, soprattutto in piccoleaziende. In Italia “i due ruoli di presidente e di amministratore delegato sono separati…”ma “…spesso i presidenti, invece di vigilare, hanno oscillato tra un ruolo puramente dirappresentanza — in totale commistione con il management — e un ruolo operativo, chederesponsabilizza la dirigenza e può creare tremendi disastri” (Corriere della Sera, 31 ago-sto 1999). La problematica relazione fra le due figure è esemplificata dal conflitto che oc-corse ai vertici dell’ENI, 1999. La “netta distinzione tra le funzioni del Presidente e quelledell’Amministrazione Delegato” è enfatizzata nella nuova struttura di corporate gover-nance dell’ENI (http://www.eni.it/italiano/azioni/governance/governance.html) [N.d.C.].

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4. Inoltre, la scelta ricade spesso su individui che ricoprono il ruolo di CEO (ocomunque di membri del consiglio di amministrazione9) in altre società,con la conseguente possibilità di conflitti di interesse.

5. La maggior parte dei membri del consiglio di amministrazione detengonosoltanto un piccolo numero o un numero simbolico di azioni della societàin cui ricoprono tale ruolo, il che rende loro difficile calarsi nei panni degliazionisti quando il prezzo dell’azione scende. Uno studio della società diconsulenza ISS (Institutional Shareholder Services), ha rivelato che, fra imembri del consiglio di amministrazione di 275 grandi società quotatein Borsa negli Stati Uniti, ben 27 non possedevano alcuna azione nella so-cietà in cui rivestivano tale carica, e il 5% circa possedeva meno di cinqueazioni.

L’effetto di tutti questi fattori è che spesso il consiglio di amministrazione vie-ne meno al suo compito principale, ovvero proteggere gli interessi degli azio-nisti. Il CEO stabilisce l’ordine del giorno, presiede l’assemblea e controlla leinformazioni. In genere, la ricerca del consenso finisce per soffocare ogni ten-tativo di confronto. Va anche notato che i recenti movimenti di riforma dellacorporate governance (documentati in un paragrafo successivo) sono nati grazieall’azione dei grandi investitori istituzionali, non per iniziativa dei consigli diamministrazione.

L’incapacità del consiglio di amministrazione nel proteggere efficacementegli azionisti può essere illustrata con numerosi esempi tratti dall’esperienzastatunitense. Ma questo non deve farci perdere di vista un fatto ancora piùpreoccupante: il potere di controllo sul management da parte degli azionisti ècomunque superiore negli Stati Uniti rispetto a qualsiasi altro mercato finan-ziario. Se infatti l’assemblea annuale e il consiglio di amministrazione sonospesso inefficaci negli Stati Uniti, essi hanno ancor meno potere in Europa eAsia. Alcuni studiosi del modello di corporate governance di Germania e Giap-pone sostengono che tali sistemi hanno sviluppato altri meccanismi per con-trollare l’operato del management, ma questa affermazione è difficilmentecomprovabile.

9 È il fenomeno delle interlocking directorship. Ad esempio, come condizione per l’appro-vazione del takeover dell’INA da parte di Assicurazioni Generali, il Commissario per laConcorrenza Monti richiese che i membri del consiglio di amministrazione della Generalinon ricoprissero simili cariche in altre società direttamente o indirettamente operanti nelsettore delle assicurazioni. Come riportato dall’Economist (22 gennaio 2000) in quel mo-mento “Mr. Lucchini” sedeva nel consiglio di sei grandi società (fra cui Mediobanca e Ge-nerali), in tre casi come presidente (fra cui Compart). Compart, Mediobanca e Gene-rali erano i maggiori tre azionisti della società di assicurazioni La Fondiaria. Interlock-ing directorships sono frequenti in strutture industriali caratterizzate da significative par-tecipazioni azionarie incrociate (cross-stockholding), come Germania, Giappone e Ita-lia [N.d.C.].

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Esempio applicativoIl caso del consiglio di amministrIl caso del consiglio di amministrIl caso del consiglio di amministrIl caso del consiglio di amministrIl caso del consiglio di amministrazioneazioneazioneazioneazionedella Disneydella Disneydella Disneydella Disneydella Disney

L’analisi della composizione del consiglio di amministrazione della Disney cipermette di fare il punto su molti problemi riguardanti questa istituzione. Nel1996 il consiglio di amministrazione della Disney era composto dai seguenti16 membri:

Manager����� Michael D. Eisner, 54 anni: presidente del consiglio di amministrazione e

CEO.

����� Roy E. Disney, 66 anni: vice presidente del consiglio di amministrazione,responsabile del business Animazione.

����� Sanford M. Litvack, 60 anni: senior executive vice president (VP) e respon-sabile delle operazioni aziendali.

����� Richard A. Nunis, 64 anni: presidente del consiglio di amministrazione dellaWalt Disney Attractions.

Ex manager����� Raymond L. Watson, 70 anni: presidente del consiglio di amministrazione

della Disney nel 1983 e 1984.

����� E. Cardon Walker, 80 anni: presidente del consiglio di amministrazione eCEO della Disney nel periodo 1980-83. Nell’anno fiscale 1996, grazie a unpiano di incentivi, ha ricevuto pagamenti per un totale di 609.826 dollariper film in cui aveva investito fra il 1963 e il 1979.

����� Gary L. Wilson, 56 anni: chief financial officer (CFO) della Disney fra il1985 e il 1989.

Outsider (o presunti tali)10

����� Reveta F. Bowers, 48 anni: direttore della scuola Center for Early Educa-tion, dove studiavano i figli di Eisner.

����� Ignacio E. Lozano Jr., 69 anni: presidente della Lozano Enterprises; editoredel quotidiano La Opinion di Los Angeles.

����� George J. Mitchell, 63 anni: procuratore di Washington D.C.; ex senatoredegli Stati Uniti. Il signor Mitchell ha ricevuto 50.000 dollari dalla Disney

10 Questi outside director con relazioni di tipo finanziario o personale con l’azienda ven-gono spesso indicati con il termine gray director [N.d.C.].

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per la sua consulenza su questioni di commercio internazionale nell’annofiscale 1996. Inoltre il suo studio legale a Washington D.C. ha ricevuto comecompenso addizionale 122.764 dollari.

����� Stanley P. Gold, 54 anni: presidente e CEO della Shamrock Holdings, Inc.,che gestisce investimenti pari a circa un miliardo di dollari per conto dellafamiglia Disney.

����� Thomas S. Murphy, 71 anni: ex presidente del consiglio di amministrazionee CEO della Capital Cities/ABC, Inc.

����� Rev. Leo J. O’Donovan, 62 anni: preside della Georgetown University, incui ha studiato uno dei figli di Eisner. Eisner, a sua volta ha fatto parte delconsiglio della Georgetown University e ha devoluto più di un milione didollari all’università.

����� Irwin E. Russell, 70 anni: procuratore di Beverly Hills; fra i suoi clienti figu-ra anche Mr. Eisner.

����� Sidney Poitier, 69: attore.

����� Robert A. M. Stern, 57 anni: architetto di New York che ha disegnato nume-rosi progetti per la Disney. Nell’anno fiscale 1996 il signor Stern ha ricevu-to 168.278 dollari dalla Disney per le sue prestazioni.

Senza voler mettere in dubbio l’onestà di questi individui, è certo interessantenotare l’alto numero di insider (vale a dire, manager o ex manager della Disney)nel consiglio di amministrazione, nonché i rapporti fra i membri “esterni” e Ei-sner. È difficile pensare che essi si opporrebbero alle scelte di quest’ultimo.

Nel 1997 il California Public Employees’ Retirement System (CalPERS) hasuggerito una serie di test per valutare l’efficacia di un consiglio di ammini-strazione di fronte a un potente CEO e li ha quindi applicati alle 500 aziendeche costituiscono l’indice S&P 500. L’unica società a fallire in tutti questi test èstata proprio la Disney. Nel 1997, nella classifiche dei consigli di amministra-zione aziendali delle maggiori società statunitensi, pubblicate da riviste qualiFortune e Business Week, la Disney risultava all’ultimo posto.

Quando il gatto non c’è, i topi ballano…Quando il gatto non c’è, i topi ballano…Quando il gatto non c’è, i topi ballano…Quando il gatto non c’è, i topi ballano…Quando il gatto non c’è, i topi ballano…Se i due meccanismi di corporate governance – l’assemblea annuale e il consi-glio di amministrazione – non sono efficaci nel mantenere il management re-sponsabile di fronte agli azionisti, come sostenuto nei paragrafi precedenti,non possiamo aspettarci che il management massimizzi il patrimonio degliazionisti, soprattutto quando i suoi interessi divergono da quelli degli azioni-sti. Ci sono numerosi esempi in tal senso. Negli anni ’80, il management dimolte aziende oggetto di tentativi di scalata ostile (hostile takeover) riuscì aevitare la scalata rilevando le partecipazioni azionarie del candidato acquiren-te, in genere ad un prezzo di molto superiore a quello pagato da quest’ultimo.Questo processo, chiamato greenmail, produce conseguenze negative sui prezzi

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azionari, ma protegge la posizione del management in carica. Un altro stru-mento assai diffuso per evitare acquisizioni ostili è il golden parachute (lette-ralmente paracadute d’oro), una clausola in un contratto di lavoro che assicuraal manager il pagamento di una certa somma (una tantum, oppure frazionatanel tempo), qualora il manager perda il proprio lavoro a seguito dell’acquisi-zione. Anche se alcuni economisti hanno giustificato il pagamento di goldenparachute come un modo per ridurre i conflitti fra azionisti e management,risulta tuttavia sconcertante che i manager debbano aver bisogno di un’ulte-riore forma di compensazione per fare quello che in realtà è il loro lavoro, cioèmassimizzare il patrimonio degli azionisti. Infine, le aziende talvolta emetto-no dei titoli chiamati poison pills (letteralmente pillole di veleno), i diritti o iflussi di cassa sui quali sono attivati in caso di offerte di acquisto ostili. L’obiet-tivo è di rendere difficile e costosa l’acquisizione del controllo dell’azienda daparte di terzi. Va notato che i tre meccanismi elencati non richiedono l’appro-vazione degli azionisti e di solito vengono adottati da consigli di amministra-zione accondiscendenti.

Gli emendamenti contro le acquisizioni (antitakeover amendment) si prefig-gono lo stesso obiettivo di greenmail e poison pill (cioè dissuadere dalle offer-te di acquisto ostili), con l’importante differenza che richiedono però il con-senso degli azionisti. Vi sono diversi tipi di emendamenti contro le acquisizio-ni. Citiamo i super-majority requirement (quando l’acquirente deve acquisirepiù della semplice maggioranza per acquistare l’azienda), i fairprice amend-ment (quando il prezzo di offerta deve superare un prezzo specificato relativa-mente ai profitti), e le staggered election del consiglio di amministrazione (ele-zioni a scaglione, il cui obiettivo è impedire che gli acquirenti prendano il con-trollo per molti anni). Si può sostenere che un’azienda beneficia da questiemendamenti, in quanto essi aumentano il potere negoziale del managementnelle trattative relative all’acquisizione e impediscono le acquisizioni cosid-dette two-tier takeover11. Tuttavia, queste motivazioni a favore degli antitakeo-ver amendment sono credibili solo nella misura in cui si assuma che il mana-gement agisca negli interessi degli azionisti, il che resta da dimostrare.

Domanda di verifica 2.2Emendamenti contrEmendamenti contrEmendamenti contrEmendamenti contrEmendamenti contro le acquisizionio le acquisizionio le acquisizionio le acquisizionio le acquisizionie fiducia nel managemente fiducia nel managemente fiducia nel managemente fiducia nel managemente fiducia nel management

Supponi di essere chiamato, in qualità di azionista, a votare per un emenda-mento dello statuto volto a rendere più difficoltosi tentativi di scalata da partedi terzi e dare al management maggiori poteri.

11 In un two-tier takeover, l’acquirente offre un prezzo maggiore per il primo 51% di-sponibile a vendere le proprie azioni e un prezzo inferiore per coloro che offrono le pro-prie azioni successivamente.

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In quali delle seguenti società saresti più propenso a votare a favore di taleemendamento?

����� Società in cui i manager promettono di utilizzare questo potere per strap-pare il pagamento di una somma maggiore di denaro per gli azionisti nellatrattativa di vendita

����� Società che hanno operato male (in termini di profitti e prezzo azionario)negli ultimi anni

����� Società che hanno operato bene (in termini di profitti e prezzo azionario)negli ultimi anni

����� Non voterei per un tale emendamento

Ci sono molti modi in cui il management può danneggiare gli azionisti – inve-stendo in cattivi progetti, scegliendo un livello di indebitamento eccessivo otroppo esiguo, o adottando meccanismi di difesa contro offerte d’acquisto chepotenzialmente potrebbero aumentare il valore dell’azienda. Ma il modo piùveloce e forse più significativo, viste le cifre coinvolte, per impoverire gli azio-nisti è quello di pagare troppo per l’acquisto di un’altra azienda. Chiaramenteil management dell’azienda acquirente non ammetterà mai di offrire una som-ma eccessiva12, e anzi la giustificherà con un gran numero di motivi, qualil’esistenza di sinergie, questioni di carattere strategico, il fatto che l’aziendatarget è sottovalutata o mal gestita ecc… Gli azionisti delle aziende acquirentinon sembrano condividere però l’entusiasmo del management in queste ac-quisizioni, dal momento che spesso i prezzi azionari delle società acquirentiscendono in modo significativo all’annuncio dell’offerta d’acquisto13.

Con la nostra trattazione non vogliamo insinuare che il management sicomporti in modo venale o egoistico, ma evidenziare un problema ben piùrilevante: quando si genera un conflitto di interessi fra azionisti e manage-ment, la massimizzazione del patrimonio degli azionisti scende in secondopiano rispetto agli interessi del management.

Azionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiIn un mondo senza conflitti di interesse fra azionisti e obbligazionisti, questiultimi non devono preoccuparsi di proteggersi contro possibili tentativi di

12 Una spiegazione del fenomeno degli eccessivi prezzi pagati in fusioni e acquisizioni sitrova in Roll (1986), il quale sostiene che è lo hubris (orgoglio) manageriale a guidare il processo.

13 Jarrel, Brickley e Netter (1988) in uno studio dei rendimenti delle aziende acquirentinotano che gli excess return (vale a dire, i rendimenti azionari al netto del rendimento dimercato) di queste aziende all’annuncio di un’offerta d’acquisto sono diminuiti da unamedia del 4,95% negli anni ’60 a una media del 2% negli anni ’70 fino a una media del -1% negli anni ’80. You, Caves, Smith e Henry (1986) hanno preso in esame 133 fusionirisalenti al periodo fra il 1976 e il 1984 e hanno rilevato che nel 53% dei casi i prezziazionari delle aziende offerenti subirono una diminuzione.

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espropriazione. Nella realtà, tuttavia, esistono vari modi in cui gli azionistipossono avvantaggiarsi della mancanza di meccanismi protettivi da parte de-gli obbligazionisti. Ad esempio, gli azionisti possono aumentare l’indice diindebitamento (leverage), o pagare maggiori dividendi.

La rLa rLa rLa rLa radice del conflittoadice del conflittoadice del conflittoadice del conflittoadice del conflittoLa radice del conflitto di interessi fra azionisti e obbligazionisti sta nella diver-sa natura dei diritti sui flussi di cassa spettanti ai due gruppi. Gli obbligazioni-sti in genere hanno priorità di pagamento rispetto agli azionisti, ma ricevonosomme fisse, ammesso che l’azienda generi un livello di reddito sufficienteper adempiere ai suoi obblighi finanziari. Gli azionisti hanno invece diritto alpagamento dei flussi di cassa residuali, ma hanno l’opportunità di dichiararefallimento nel caso in cui l’azienda non abbia i fondi necessari per adempiereai suoi obblighi finanziari. Di conseguenza, nella scelta dei progetti di investi-mento e in altre decisioni dell’azienda, gli obbligazionisti valutano il rischio inmodo molto più negativo rispetto agli azionisti, dal momento che essi ricevo-no somme fisse anche se l’investimento si rivela un grande successo, mentrepossono sopportare una porzione significativa dei costi nel caso in cui si riveliun fiasco. Di seguito analizzeremo alcune delle situazioni in cui gli interessi diazionisti e obbligazionisti divergono.

Alcuni esempi del conflittoAlcuni esempi del conflittoAlcuni esempi del conflittoAlcuni esempi del conflittoAlcuni esempi del conflittoGli obbligazionisti possono essere danneggiati da un incremento del leverage,soprattutto se di entità tale da interessare il rischio d’inadempienza dell’aziendae se gli obbligazionisti non sono protetti. Questo effetto si verifica in mododrammatico nel caso delle leveraged buy-out (LBO), operazioni di acquisizionefinanziate tramite debito, caratterizzate da un notevole incremento dell’indicedi indebitamento e dal conseguente calo del rating delle obbligazioni. In talcaso il prezzo delle obbligazioni tende a diminuire, riflettendo il maggior ri-schio d’inadempienza.

La politica dei dividendi rappresenta un’altra fonte di conflitti di interessefra azionisti e obbligazionisti. L’effetto prodotto da un aumento dei dividendisui prezzi azionari può essere dibattuto a livello teorico, ma l’evidenza empiri-ca è chiara. Aumenti dei dividendi, in media, sono seguiti da un rialzo delprezzo dell’azione, mentre tagli dei dividendi sono seguiti da una diminuzio-ne del prezzo delle azioni. I prezzi delle obbligazioni, invece, reagiscono inmodo negativo agli aumenti dei dividendi e in modo positivo ai tagli.

Conseguenze dei conflitti frConseguenze dei conflitti frConseguenze dei conflitti frConseguenze dei conflitti frConseguenze dei conflitti fra azionisti e obbligazionistia azionisti e obbligazionistia azionisti e obbligazionistia azionisti e obbligazionistia azionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionisti si prefiggono obiettivi diversi e alcune decisionipossono spostare ricchezza da un gruppo (di solito gli obbligazionisti) all’al-tro (di solito gli azionisti). Una funzione obiettivo incentrata sulla massimiz-zazione del patrimonio degli azionisti può indurre gli questi ultimi a prendere

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decisioni che danneggiano l’azienda nel suo complesso, ma che aumentano illoro patrimonio a spese degli obbligazionisti.

Forse, però, la nostra enfasi su questa possibilità di espropriazione è esage-rata, per due motivi. Gli obbligazionisti sono consapevoli del potere degli azio-nisti di intraprendere azioni che vadano contro i loro interessi, e normalmentepossono proteggersi o inserendo clausole contrattuali volte a limitare il poteredegli azionisti, o prendendo una partecipazione azionaria nell’azienda. Inol-tre, la consapevolezza di dover ritornare in futuro a finanziarsi sui mercatiobbligazionari spinge molte aziende ad agire in modo onesto, dal momentoche il guadagno ottenibile a spese degli obbligazionisti con una di queste ope-razioni è probabilmente inferiore al danno derivante dalla cattiva reputazioneche ne conseguirebbe. Problemi di questo tipo saranno analizzati in dettaglionel paragrafo seguente.

LLLLL’azienda e i mer’azienda e i mer’azienda e i mer’azienda e i mer’azienda e i mercati finanziaricati finanziaricati finanziaricati finanziaricati finanziariEsiste un vantaggio nel mantenere una funzione obiettivo incentrata sul pa-trimonio degli azionisti o dell’azienda, piuttosto che sui prezzi azionari, per-ché in tal caso essa non richiede come presupposto l’efficienza dei mercatifinanziari. Il lato negativo è tuttavia che il patrimonio degli azionisti o del-l’azienda non può essere misurato facilmente, il che rende difficile stabiliredegli standard per valutare il successo o il fallimento di un investimento. Èvero che esistono modelli (alcuni dei quali saranno esaminati nel corso di questomanuale) per la misurazione del valore del capitale azionario o del valore del-l’impresa, ma essi si basano su un gran numero di dati soggettivi e opinabili.Dal momento che una delle caratteristiche essenziali di una funzione obietti-vo valida è che essa abbia un meccanismo di misurazione chiaro, è ovvio cheuna funzione obiettivo incentrata sui prezzi di mercato è da questo punto divista superiore alle altre, poiché successi e insuccessi delle politiche aziendalisono rivelati dall’andamento dei prezzi azionari e sono perciò sotto gli occhidi tutti.

Il problema dei prezzi di mercato è che, essendo essi stabiliti dai mercatifinanziari, rifletteranno un valore reale soltanto in presenza di mercati finan-ziari efficienti, che utilizzano cioè le informazioni disponibili per ottenere sti-me precise e obiettive dei flussi di cassa futuri e della loro rischiosità. In talimercati, sia le aziende che gli investitori accetteranno il prezzo azionario comecorretta misura del successo delle decisioni aziendali.

In questo contesto, due problemi possono sorgere. Il primo è che, qualoral’informazione risulti incompleta, non aggiornata o fuorviante, i prezzi di mer-cato devieranno dal valore reale, anche in un mercato altrimenti efficiente. Ilsecondo è che vi sono molti, sia fra gli accademici sia fra gli operatori profes-sionali, che sostengono che i mercati non sono efficienti, anche quando l’in-formazione è completamente accessibile. In entrambi i casi, politiche volte amassimizzare i prezzi azionari possono non essere compatibili con la massi-mizzazione del valore di lungo termine dell’azienda.

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L’obiettivo 27

Domanda di verifica 2.3La crLa crLa crLa crLa credibilità delle aziendeedibilità delle aziendeedibilità delle aziendeedibilità delle aziendeedibilità delle aziendenel fornel fornel fornel fornel fornirnirnirnirnire informazionee informazionee informazionee informazionee informazione

Credi che l’informazione fornita dalle aziende sul loro operato sia di solito:

����� Onesta e veritiera?

����� Parziale?

����� Disonesta?

Il prIl prIl prIl prIl problema dell’informazioneoblema dell’informazioneoblema dell’informazioneoblema dell’informazioneoblema dell’informazioneI prezzi di mercato si basano sull’informazione, sia pubblica che privata14. Se-condo la teoria tradizionale, l’informazione viene trasmessa in modo veloce everitiero ai mercati finanziari. Nel mondo reale, esistono degli impedimenti aquesto processo. Il primo è che l’informazione viene a volte soppressa o ritar-data dalle aziende, soprattutto quando essa contiene cattive notizie. Oltre aun’ampia aneddotica su questo fenomeno, la prova più chiara che le aziendefanno operazioni di questo tipo deriva dagli studi su annunci delle azienderelativi agli utili di periodo e ai dividendi. In uno studio del 1987 sugli annuncidegli utili di periodo, Penman ha notato che quelli contenenti le notizie peg-giori vengono spesso diffusi in ritardo rispetto alla data stabilita. Inoltre, ilmio studio su annunci di utili di periodo e dividendi per giorni della settimanaalla New York Stock Exchange fra il 1982 e il 1986 rivela che gli annunci fatti ilvenerdì, soprattutto nelle ore successive alla chiusura dei mercati, contengononotizie più negative rispetto agli altri giorni della settimana. Questo suggeri-sce che il management, temendo una reazione spropositata dei mercati, cercadi rinviare le cattive notizie ai giorni in cui i mercati sono meno attivi o addi-rittura chiusi.

Il secondo e più serio problema è che alcune aziende, preoccupate di ac-contentare i loro investitori e far salire il prezzo delle azioni, emettono infor-mazioni volutamente fuorvianti circa la situazione attuale dell’azienda e le sueprospettive future, generando così una discrepanza fra valore e prezzo del-l’azione. Prendiamo come esempio la Bre-X, una società canadese attiva nel-l’industria estrattiva che all’inizio degli anni 90 dichiarò di aver scoperto inIndonesia una delle più grandi miniere d’oro del mondo. La società fu forte-mente pubblicizzata da analisti finanziari negli Stati Uniti e in Canada, ma nel1997, fra la sorpresa di tutti gli analisti, si scoprì che si era trattato di una frodebella e buona, con conseguente crollo del prezzo delle azioni.

14 Con il termine informazione pubblica si intende l’informazione cui hanno accesso tuttigli investitori, mentre il termine informazione privata indica l’informazione ristretta agliinsider dell’azienda o a pochi investitori.

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28 Capitolo 2

Le implicazioni di tali comportamenti fraudolenti per la finanza azienda-le possono essere gravi, dal momento che il management spesso viene valuta-to e remunerato sulla base dei prezzi azionari. Infatti, grazie a stock option opiani di incentivi legati al prezzo azionario, probabilmente il management del-la Bre-X aveva già realizzato guadagni notevoli quando la frode venne allaluce.

Domanda di verifica 2.4Reputazione e accesso al merReputazione e accesso al merReputazione e accesso al merReputazione e accesso al merReputazione e accesso al mercatocatocatocatocato

Quale dei seguenti tipi di aziende più probabilmente proverà a ingannare imercati?

����� Società che di rado si affidano ai mercati per reperire fondi (in quanto sifinanziano internamente).

����� Società che invece reperiscono fondi sul mercato dei capitali frequente-mente.

Motivare la risposta.

Il prIl prIl prIl prIl problema del meroblema del meroblema del meroblema del meroblema del mercatocatocatocatocatoIl timore che i mercati, nel formare i prezzi azionari, non riflettano corretta-mente l’informazione disponibile non è del tutto ingiustificato. Infatti, anchese l’informazione viene trasmessa ai mercati finanziari in modo completo esenza distorsioni, non c’è nessuna garanzia che il prezzo azionario risultanterappresenti una stima oggettiva del valore reale. Infatti, molti sostengono cheil problema è ben più profondo e riguarda l’irrazionalità degli investitori, le cuistime sarebbero perciò poco attendibili. Alcune delle critiche che sono statemosse ai mercati finanziari sono legittime, alcune sono esagerate e altre sonoinfondate, ma tutte meritano di essere prese in considerazione.

Non sempre i mercati finanziari valutano in modo ragionevole e razionalegli effetti di nuove informazioni sul prezzo di un’azione. In generale, la volati-lità dei mercati finanziari è superiore rispetto alla volatilità dei fondamentalidi un’azienda. Ad esempio, talvolta i mercati dimostrano eccessiva volatilità,reagendo anche di fronte a notizie prive di contenuto reale; oppure reagisco-no in modo eccessivo, come ben sanno le società che annunciano utili al disotto delle aspettative degli analisti (la cosiddetta negative surprise). In altricasi, essi guardano agli effetti immediati delle iniziative aziendali trascurandole implicazioni di lungo termine. Infine, vi sono casi in cui è il managementstesso della società a “guidare” i mercati.

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L’obiettivo 29

Domanda di verifica 2.5I merI merI merI merI mercati sono miopi?cati sono miopi?cati sono miopi?cati sono miopi?cati sono miopi?

“Puntare sui prezzi di mercato spingerà le società a scegliere politiche a brevetermine a spese del valore di lungo termine”.

����� Concordo con questa affermazione.

����� Non concordo con questa affermazione.

Motivare la risposta.

In praticaI merI merI merI merI mercati sono davvcati sono davvcati sono davvcati sono davvcati sono davvererererero miopi?o miopi?o miopi?o miopi?o miopi?

Molti sostengono che la massimizzazione dei prezzi azionari induce il mana-gement ad avere un orientamento di breve periodo (si veda per esempio ilnotissimo libro di Michael Porter sulle strategie competitive). Secondo questatesi, i prezzi azionari sono determinati da trader, investitori a breve termine eanalisti, vale a dire soggetti che mantengono le azioni per brevi periodi e sonointeressati a prevedere gli utili del prossimo trimestre. Un management orien-tato alla creazione di valore nel lungo termine, piuttosto che ai risultati di bre-ve periodo, sarebbe perciò penalizzato dai mercati. Ma l’evidenza empiricadisponibile suggerisce, al contrario, che i mercati valutano le implicazioni dilungo termine più di quanto si creda.

1. Ci sono centinaia di aziende, specialmente quelle piccole o all’inizio dellapropria attività (startup), che non hanno al momento profitti o flussi di cas-sa, né prevedono di averne nel futuro immediato, ma che comunque rie-scono a reperire notevoli finanziamenti sui mercati sulla base delle aspet-tative di successo future. Se i mercati fossero così miopi come suggerito daalcuni, tali aziende non sarebbero riuscite a finanziarsi e quindi non avreb-bero potuto svolgere la propria attività.

2. L’evidenza empirica mostra che semmai i mercati sottovalutano profitti eflussi di cassa attuali e sopravvalutano profitti e flussi di cassa futuri. Adesempio, alcuni studi suggeriscono che le azioni con un basso rapportoprezzo-utili (e quindi elevati profitti attuali) sono state in genere sottovalu-tate dai mercati rispetto alle azioni con elevati rapporti prezzo-utili.

3. La reazione del mercato agli annunci di nuovi investimenti (in particolarequelli in ricerca e sviluppo) non è uniformemente negativa, come la tesi deimercati miopi vorrebbe farci credere. Al contrario, la reazione è moderata, ei prezzi azionari in media salgono all’annuncio di nuovi investimenti.

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30 Capitolo 2

Il dilemma: crIl dilemma: crIl dilemma: crIl dilemma: crIl dilemma: crederederederederedere nei mere nei mere nei mere nei mere nei mercati, o non crcati, o non crcati, o non crcati, o non crcati, o non crederederederederedere …e …e …e …e …L’informazione che arriva ai mercati finanziari è spesso poco aggiornata, im-precisa e fuorviante, e i prezzi che ne derivano rappresentano stime moltoapprossimative del valore reale. Tuttavia questo non può farci dimenticare ilprincipale contributo dei mercati finanziari, vale a dire la capacità di assimila-re e aggregare un’enorme quantità di informazioni circa le condizioni attuali ele prospettive future di un’azienda in un solo parametro, ovvero il prezzo azio-nario. Non esistono altri parametri in grado di dare una stima così aggiornatao completa della salute di un’azienda.

L’importanza di avere un prezzo di mercato balza agli occhi quando si lavoracon un’impresa non quotata. Nonostante il management delle aziende quotate silamenti del continuo gioco delle parti con analisti e investitori, è di estremo valoresapere come gli investitori valutano le azioni intraprese dall’azienda.

LLLLL’azienda e la società’azienda e la società’azienda e la società’azienda e la società’azienda e la societàLa maggior parte delle decisioni prese dal management hanno delle implica-zioni sociali, un problema di non facile soluzione. Una funzione obiettivo chepunta a massimizzare il patrimonio dell’azienda o degli azionisti assume che icosti sociali collaterali siano talmente limitati da poter essere ignorati, oppureche essi possano essere misurati e imputati all’azienda. In molti casi questiassunti non corrispondono alla realtà delle cose.

Vi sono infatti casi in cui i costi sociali sono considerevoli ma non possonoessere imputati all’azienda. In questi casi, il management, pur consapevole deicosti, può scegliere di ignorarli e di massimizzare il patrimonio dell’azienda. Idilemmi etici che sorgono nel momento in cui un manager è costretto a sce-gliere fra la propria sopravvivenza in azienda (che può richiedere la massimiz-zazione del patrimonio degli azionisti) e gli interessi della società in sensoampio possono essere dibattuti a lungo, ma non esiste una soluzione sempliceche possa essere offerta in questo libro.

Nei casi in cui esistono costi sociali notevoli, di cui le aziende siano consa-pevoli, un approccio etico al problema sosterrebbe che la massimizzazione delpatrimonio deve scendere in secondo piano rispetto agli interessi della socie-tà. Ma cosa fare nei casi in cui le aziende creano importanti costi sociali a loroinsaputa? La Johns Manville Corporation, per esempio, negli anni 50 e 60 pro-duceva amianto con l’intenzione di ricavarne utili, e non era a conoscenza delfatto che questo materiale potesse provocare il cancro. Trent’anni dopo, le causeintentate dalle persone colpite da cancro a causa dell’amianto hanno portatoal fallimento dell’azienda.

A dire il vero, i conflitti fra gli interessi dell’azienda e quelli della società vannooltre la funzione obiettivo di massimizzare il patrimonio degli azionisti, e possonoessere considerati endemici ad un sistema basato sulla libera iniziativa economicaprivata. Il purista alla ricerca di una perfetta congruenza fra gli interessi della so-cietà e gli interessi dell’azienda è destinato a non essere mai del tutto soddisfatto.

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L’obiettivo 31

Figura 2.2 Il mondo reale

Domanda di verifica 2.6Le leggi possono indurrLe leggi possono indurrLe leggi possono indurrLe leggi possono indurrLe leggi possono indurre le aziendee le aziendee le aziendee le aziendee le aziendea comportarsi da buoni cittadini?a comportarsi da buoni cittadini?a comportarsi da buoni cittadini?a comportarsi da buoni cittadini?a comportarsi da buoni cittadini?

Si è spesso sostenuto che i costi sociali derivano dal fatto che i governi nonpossiedono leggi adeguate per punire le aziende che creano costi sociali e chel’adozione di tali leggi consentirebbe di eliminare questi costi. Sei d’accordo?Perché?

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32 Capitolo 2

Il mondo rIl mondo rIl mondo rIl mondo rIl mondo reale: una reale: una reale: una reale: una reale: una rapprapprapprapprappresentazioneesentazioneesentazioneesentazioneesentazioneNelle ultime pagine abbiamo elencato i problemi che sorgono nel rapporto framanagement e azionisti, fra azionisti e obbligazionisti, fra aziende e mercatifinanziari e fra aziende e società. La Figura 2.2 li riassume in forma grafica.

…e allor…e allor…e allor…e allor…e allora?a?a?a?a?Gli azionisti spesso non hanno un potere effettivo di controllo sul manage-ment, che di conseguenza tende a porre i propri interessi al di sopra di quellidegli azionisti. Gli obbligazionisti che non sappiano tutelare i propri interessifiniscono spesso per pagarne il prezzo, allorché le decisioni prese dall’aziendatrasferiscono ricchezza agli azionisti. L’informazione è spesso erronea o nonviene fornita affatto, e vi possono essere quindi differenze sostanziali fra prez-zo e valore dell’azione. Infine, le aziende che massimizzano il patrimonio pos-sono farlo a spese della società in cui operano.

Dati questi problemi, possiamo intraprendere due strade. La prima è man-tenere la funzione obiettivo di massimizzare il patrimonio degli azionisti, cer-cando di limitare i problemi ad essa associati. La seconda è scegliere una fun-zione obiettivo alternativa.

MassimizzarMassimizzarMassimizzarMassimizzarMassimizzare il patrimonioe il patrimonioe il patrimonioe il patrimonioe il patrimoniodegli azionisti: alcuni accorgimentidegli azionisti: alcuni accorgimentidegli azionisti: alcuni accorgimentidegli azionisti: alcuni accorgimentidegli azionisti: alcuni accorgimenti

Non esiste una soluzione complessiva ai problemi discussi nei paragrafi pre-cedenti, ma esistono rimedi parziali che consentono di ridurre i conflitti diinteresse fra azionisti, obbligazionisti e management, e dunque di ridurre ledivergenze fra prezzi e valore.

Azionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementAzionisti e managementCome osservato in precedenza, i meccanismi tradizionali di controllo (assem-blee annuali e consigli di amministrazione) spesso si rivelano inefficaci perrisolvere i conflitti di interesse fra azionisti e management. Questo non signi-fica, tuttavia, che il divario fra i due gruppi sia così profondo da non poteressere sanato, riducendo le divergenze di interessi o aumentando il poteredegli azionisti sul management.

AllinearAllinearAllinearAllinearAllineare gli intere gli intere gli intere gli intere gli interessi di azionisti e managementessi di azionisti e managementessi di azionisti e managementessi di azionisti e managementessi di azionisti e managementFinché il management ha interessi diversi da quelli degli azionisti, esiste unpotenziale conflitto. Un modo per ridurre questo conflitto è fornire al mana-gement una quota di partecipazione azionaria (tramite azioni o warrant sulleazioni, le stock option). Così facendo, il management beneficia da un aumento

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L’obiettivo 33

del prezzo delle azioni dell’azienda, ed è perciò indotto a massimizzare il prezzoazionario.

Soluzioni di questo tipo, tuttavia, hanno anche un risvolto negativo. Infatti,se da un lato riducono il conflitto di interesse fra azionisti e management,dall’altro possono esacerbare gli altri conflitti di interesse. Allineare gli inte-ressi del management con quelli degli azionisti può aumentare la possibilità ditrasferimenti di ricchezza agli azionisti a danno degli obbligazionisti, come purela possibilità che ai mercati finanziari venga trasmessa informazione fuorviante.

Domanda di verifica 2.7Conflitto di interConflitto di interConflitto di interConflitto di interConflitto di interessi fressi fressi fressi fressi fra azionistia azionistia azionistia azionistia azionistie management: i management buye management: i management buye management: i management buye management: i management buye management: i management buyout (MBO)out (MBO)out (MBO)out (MBO)out (MBO)

In un management buyout, il management acquista il controllo del capitale diun’impresa, che si trasforma così da quotata a non quotata. Discutere se que-sto tipo di operazione consente di ridurre il conflitto di interessi fra azionisti emanagement.

AAAAAumentarumentarumentarumentarumentare il potere il potere il potere il potere il potere degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionistiCi sono molti modi in cui aumentare il potere degli azionisti sul management.Il primo è fornire agli azionisti informazioni migliori e più aggiornate, in modoche essi possano meglio giudicare l’operato del management. Il secondo èincludere nel management gli azionisti con una partecipazione significativa,così da assegnare loro un ruolo di primo piano nelle decisioni dell’azienda.Alcuni esempi sono il ruolo di Warren Buffet nel riportare in vita la SalomonBrothers e l’impegno di Larry Tisch in qualità di CEO della CBS, Inc. Entrambele società, in un periodo di profonda crisi, riflessa nel calo del prezzo aziona-rio, furono salvate dall’intervento di questi azionisti, i quali ridisegnarono lestrategie aziendali necessarie per conservare e aumentare il patrimonio degliazionisti15. La terza possibilità è avere un numero maggiore di investitori isti-tuzionali “attivisti”, i quali cioè intervengano in questioni quali la composi-zione del consiglio di amministrazione, gli emendamenti contro le offerte d’ac-quisto ostili ecc. Negli ultimi anni, gli investitori istituzionali hanno utilizzatoil loro ampio potere per spronare i manager a rendere maggiormente contodelle proprie scelte. Fra gli investitori più intraprendenti citiamo il CaliforniaPublic Employees Retirement System (CalPERS), uno dei maggiori investitoriistituzionali negli Stati Uniti. La quarta possibilità, anch’essa sollecitata dal-l’attivismo degli azionisti, è rendere il consiglio di amministrazione più re-sponsabile di fronte agli azionisti, riducendo il numero di membri interni (in-side director) e garantendo quindi una maggiore indipendenza dal CEO.

15 A onor del vero, va detto che nessuno dei due riuscì interamente nell’impresa.

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34 Capitolo 2

Esempio applicativoGli azionisti della Disney esprimonoGli azionisti della Disney esprimonoGli azionisti della Disney esprimonoGli azionisti della Disney esprimonoGli azionisti della Disney esprimonole lorle lorle lorle lorle loro riservo riservo riservo riservo riserve sul managemente sul managemente sul managemente sul managemente sul management

In precedenza, abbiamo rilevato la natura “interna” del consiglio di ammini-strazione della Disney. Nonostante la Disney sia sempre attenta a sottolinearegli ottimi rendimenti azionari ottenuti, i suoi azionisti rimangono sospettosicirca la natura così amichevole del rapporto fra consiglio di amministrazione eCEO. All’inizio del 1997, dopo che la Disney pagò ben 38,8 milioni di dollariall’ex presidente Michael Ovitz perché lasciasse l’azienda, il consiglio di am-ministrazione rinnovò il contratto del CEO, Michael Eisner, fino al 2006, of-frendogli un pacchetto di opzioni estremamente generoso. Nell’assembleaannuale tenuta il 25 febbraio 1997, il 13% degli azionisti della Disney votòcontro la rielezione dei membri del consiglio di amministrazione in carica, el’8,2% votò contro il pacchetto retributivo offerto ad Eisner. Sebbene questepercentuali possano sembrare basse, esse rappresentano il più alto voto “con-tro” per una grande società statunitense negli ultimi anni (cioè da quando nel-l’ottobre 1995 nell’assemblea annuale della Archer-Daniels-Midland Co. circail 20% dei voti andarono contro la rielezione del consiglio di amministrazionein carica16 ).17

16 Dati forniti dall’Investor Responsability Research Center di Washington.

17 Da allora, grazie soprattutto a una performance azionaria assai mediocre rispetto alpassato, la pressione degli investitori istituzionali ha avuto un certo successo nel migliora-re la corporate governance di Disney. Nel 1998 Eisner nominò due (veri) outsider al postodi due insider il cui termine era scaduto e chiese ai membri del consiglio di amministra-zione di aumentare la propria partecipazione azionaria in Disney (fino al 1996, alcunimembri non detenevano neanche un’azione di Disney). Nel 1999 eliminò un anti-takeo-ver poison pill dallo statuto, accettò che, a partire dal 2001, i membri del consiglio di ami-nistrazione venissero eletti annualmente e cambiò la composizione di Audit e Compensa-tion Committee per includervi soltanto outsider. Tuttavia, nel gennaio 2000, il consiglio diamministrazione della Disney ancora contava molti “amici” di Eisner fra gli outsider, tantoche la Disney risultò di nuovo all’ultimo posto nella classifica di Business Week. Da allora,altri due nuovi membri sono entrati nel consiglio di amministrazione e la Disney ha elimi-nato una norma statutaria che consentiva al consiglio di amministrazione di ridurre ilprezzo di esercizio delle stock option (il cosiddetto repricing) [N.d.C.].

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L’obiettivo 35

Domanda di verifica 2.8Azionisti interAzionisti interAzionisti interAzionisti interAzionisti interni contrni contrni contrni contrni contro azionisti estero azionisti estero azionisti estero azionisti estero azionisti esterninininini

Ci sono società come la Microsoft in cui un grosso azionista (Bill Gates) fungeanche da CEO. Ritieni che gli interessi di Bill Gates in qualità di azionista-manager possano essere diversi dagli interessi di un azionista esterno? Se sì,fornisci un esempio di un’azione che può portare giovamento agli azionistiche lavorano nell’azienda ma non a quelli esterni.

La minaccia di una scalataLa minaccia di una scalataLa minaccia di una scalataLa minaccia di una scalataLa minaccia di una scalataLe numerose operazioni di acquisizione che caratterizzarono il mercato statu-nitense negli anni ’80, e gli eccessi che secondo molti le caratterizzarono, por-tarono alla demonizzazione di operazioni di questo tipo. In film e libri, i “pre-dator” finanziari (raider) che ne erano protagonisti vennero dipinti come “bar-bari”,18 mentre le aziende target venivano raffigurate come vittime innocenti.In realtà, salvo alcune eccezioni, le aziende acquistate meritavano di esserlo.Uno studio di Bhide, per esempio, dimostra che le aziende target di scalateostili nel 1985 e 1986 avevano avuto una minore profittabilità e peggiori rendi-menti azionari rispetto ad aziende concorrenti, e che il management di questeaziende aveva in media minori partecipazioni azionarie rispetto al manage-ment di aziende concorrenti. In breve, questo studio rivela che il bersagliopreferito per tentativi di scalata ostile sono imprese mal gestite.

Una delle implicazioni di questo fatto è che, penalizzando il cattivo mana-gement, le acquisizioni operano come meccanismo di disciplina e tengonoquindi il management sotto pressione. Spesso, la semplice minaccia di un’ac-quisizione è sufficiente perché le aziende ristrutturino le loro attività e diven-tino maggiormente responsabili di fronte agli azionisti. Non sorprende, per-ciò, che interventi legislativi volti a regolamentare e limitare i takeover abbia-no conseguenze negative sui prezzi azionari. Un buon esempio fu la leggeantitakeover emanata in Pennsylvania nel 1989 con lo scopo di proteggere dascalate ostili le società ivi incorporate. Karpoff e Malatesta (1990) esaminaro-no l’impatto dell’adozione di tale legge sui prezzi azionari delle imprese dellaPennsylvania, scoprendo che il 13 ottobre 1989, primo giorno in cui circolaro-no notizie relative a tale legge, i prezzi azionari di queste aziende, al netto delmovimento generale del mercato azionario, subirono un declino in mediadell’1,58%. Nel periodo fra tale annuncio e l’introduzione del disegno di leggenella legislatura della Pennsylvania, le aziende in questione ebbero un rendi-mento azionario, al netto del rendimento del mercato, pari al – 6,90%.

La vicenda della Pennsylvania è istruttiva anche per la reazione degli azio-nisti. Gli investitori istituzionali interessati dal provvedimento fecero infatti di

18 Grande successo ebbe il libro Barbarians at the Gate, che racconta la battaglia perl’acquisizione del controllo della Nabisco nel 1988 [N.d.C.].

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36 Capitolo 2

tutto per opporvisi, esprimendo al management il proprio malcontento e mi-nacciando di vendere le proprie partecipazioni azionarie. Tali minacce funzio-narono, come attesta il fatto che la maggior parte delle aziende scelsero dioptare per il mantenimento del regime legale esistente, a dimostrazione delpotere che gli azionisti possono avere quando scelgono di esercitarlo.

Domanda di verifica 2.9Le acquisizioni ostili: dannose per chi?Le acquisizioni ostili: dannose per chi?Le acquisizioni ostili: dannose per chi?Le acquisizioni ostili: dannose per chi?Le acquisizioni ostili: dannose per chi?

Sulla base delle informazioni date nel corso di questo capitolo, quali dei se-guenti gruppi risulterebbe maggiormente protetto da una legge che bandiscale acquisizioni ostili?

����� Gli azionisti di società target di un tentativo di scalata

����� Management e dipendenti di aziende target ben gestite

����� Management e dipendenti di aziende target mal gestite

����� La società nel suo insieme

Le conseguenze del poterLe conseguenze del poterLe conseguenze del poterLe conseguenze del poterLe conseguenze del potere degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionistiCon gli azionisti che sembrano esercitare più efficacemente il loro potere, ilmanagement sta diventando maggiormente responsabile nei loro confronti.Questo aiuta a ridurre, se non eliminare, i problemi associati alla separazionefra proprietà e controllo che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti.

Esempio applicativoLLLLL’alter’alter’alter’alter’alternativa tedesca e giapponesenativa tedesca e giapponesenativa tedesca e giapponesenativa tedesca e giapponesenativa tedesca e giapponeseal poteral poteral poteral poteral potere degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionistie degli azionisti

Nel modello tedesco e giapponese di corporate governance, le aziende deten-gono partecipazioni in altre aziende, e spesso prendono decisioni nell’interes-se del gruppo industriale cui appartengono, piuttosto che nel loro interesseindividuale. In tale sistema le aziende si controllerebbero a vicenda, senza perciòbisogno di cedere potere di controllo agli azionisti. Si tratta di un sistema pocodemocratico – dopo tutto i proprietari dell’azienda sono gli azionisti – che,inoltre, testimonia un profondo scetticismo sul modo in cui gli azionisti po-trebbero esercitare il loro potere, ammesso che ne avessero, e sembra decisa-mente diretto a conservare il potere del management in carica.

Forse è vero che tale approccio consente di evitare i costi associati all’attivi-smo degli azionisti e all’inefficienza dei mercati, ma presenta anche degli svan-

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taggi. I gruppi industriali sono per natura maggiormente conservatori rispettoagli investitori nell’allocazione delle risorse, e difficilmente finanziano inve-stimenti ad alto rischio o nuove iniziative imprenditoriali. Un altro problema èche interi gruppi possono essere coinvolti nella crisi di singole imprese.

La Deutsche Bank è un esempio di questo modello alternativo di corporategovernance. Il maggiore azionista della Deutsche Bank è la Allianz, una gran-de compagnia assicurativa tedesca, e la stessa Deutsche Bank è il maggioreazionista dell’azienda automobilistica tedesca Daimler Benz. Attraverso que-sto complesso sistema di partecipazioni incrociate, queste aziende dovrebberocontrollarsi a vicenda; ma questo sistema può fallire in due modi. In primoluogo, dal momento che ciascuna di queste aziende ha interesse a preservaretale sistema, è improbabile che si attivi per rivederlo quando qualcosa nonfunziona. In secondo luogo, nessuna di queste aziende può essere considerataun puro investitore azionario nell’altra. Per esempio, la Deutsche Bank è an-che la banca commerciale principale per la Daimler Benz; di conseguenza è alcontempo uno dei principali azionisti e obbligazionisti dell’azienda. Inoltre,essa agisce spesso come investment bank per la Daimler Benz, e i suoi analistifinanziari devono giudicare se la Daimler Benz è valutata correttamente o meno.In breve, non è affatto chiaro che gli interessi della Deutsche Bank coincidanodavvero con quelli degli altri azionisti.

Azionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiAzionisti e obbligazionistiIl conflitto di interessi fra obbligazionisti e azionisti può indurre a compiereazioni che trasferiscono ricchezza dai primi ai secondi – quali l’investimentoin progetti rischiosi, il pagamento di maggiori dividendi, e l’aumento del leve-rage –, senza compensare gli obbligazionisti per le perdite che ne conseguono.Esistono però vari modi in cui gli obbligazionisti possono almeno in parteproteggersi da azioni di questo tipo.

LLLLL’impatto delle clausole contr’impatto delle clausole contr’impatto delle clausole contr’impatto delle clausole contr’impatto delle clausole contrattuali (covattuali (covattuali (covattuali (covattuali (covenant)enant)enant)enant)enant)Il metodo più diretto di proteggersi per gli obbligazionisti è quello di include-re nei contratti obbligazionari clausole, dette covenant che proibiscono o limi-tano azioni che possono risultare in un trasferimento di ricchezza a loro spese.Tali clausole sono volte a:

1. Limitare le politiche di investimento dell’azienda Intraprendere progetti piùrischiosi del previsto può comportare un trasferimento di ricchezza dagliobbligazionisti agli azionisti. Alcuni contratti obbligazionari impongonoperciò dei limiti in termini di tipologia e rischiosità dei nuovi investimenti,proprio per dare agli obbligazionisti potere di veto su iniziative che nonsono nel loro interesse.

2. Limitare le politiche dei dividendi In genere, incrementi dei dividendi sonoaccompagnati da un aumento del prezzo dell’azione e un calo del prezzo

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38 Capitolo 2

delle obbligazioni, perché trasferiscono ricchezza dagli obbligazionisti agliazionisti. Perciò molti contratti obbligazionari limitano la politica dei divi-dendi, vincolando l’ammontare di dividendi pagabili al livello di profittirealizzati.

3. Limitare le politiche di finanziamento Per tutelare gli interessi degli obbliga-zionisti forniti di garanzia, alcuni contratti obbligazionari richiedono che leaziende ricevano il consenso degli attuali obbligazionisti prima di emetterenuovo debito garantito.

Va infine notato che, se da un lato queste clausole sono efficaci per proteggeregli obbligazionisti contro certi abusi, c’è un costo da sopportare. Le aziendepossono infatti trovarsi a dover rinunciare a valide opportunità di investimen-to a causa di tali clausole e a doverne sostenere (direttamente o indirettamen-te) i relativi costi legali e di monitoraggio.

AssumerAssumerAssumerAssumerAssumere una quota di partecipazione azionariae una quota di partecipazione azionariae una quota di partecipazione azionariae una quota di partecipazione azionariae una quota di partecipazione azionariaDal momento che la radice del conflitto fra azionisti e obbligazionisti è la di-versa natura dei rispettivi diritti sui flussi di cassa dell’azienda, un altro modoin cui gli obbligazionisti possono ridurre i conflitti di interesse è acquistareuna quota di partecipazione azionaria nell’azienda. Questo può essere fattoacquistando azioni dell’azienda contemporaneamente alla sottoscrizione diobbligazioni, o sottoscrivendo obbligazioni fornite di warrant, oppure tramiteobbligazioni convertibili in azioni. In questo modo, gli obbligazionisti che ri-tengono che gli azionisti si siano arricchiti a loro spese, possono diventareazionisti loro stessi e quindi condividerne i guadagni.

Le aziende e i merLe aziende e i merLe aziende e i merLe aziende e i merLe aziende e i mercati finanziaricati finanziaricati finanziaricati finanziaricati finanziariL’informazione trasmessa ai mercati finanziari è imprecisa e a volte fuorvian-te.19 Spesso il prezzo che emerge nei mercati finanziari non è corretto, in partea causa delle inefficienze dei mercati, e in parte a causa della cattiva qualitàdell’informazione. Non esistono rimedi o soluzioni facili a questo tipo di pro-blemi. Tuttavia, nel lungo periodo, esistono azioni in grado di migliorare laqualità dell’informazione, e di ridurre la discrepanza fra prezzo e valore.

MigliorMigliorMigliorMigliorMigliorararararare la qualità dell’informazionee la qualità dell’informazionee la qualità dell’informazionee la qualità dell’informazionee la qualità dell’informazioneNonostante le commissioni regolamentatici, come la statunitense Securitiesand Exchange Commission, possano richiedere alle aziende una maggiorequantità di informazioni e penalizzare quelle che forniscono informazioni fa-sulle o fuorvianti, la qualità dell’informazione non può essere migliorata sol-tanto tramite leggi sulla trasparenza. Le aziende continueranno infatti ad ave-

19 Il lettore ricorderà il giallo delle cifre sui conti di Telecom Italia nell’ottobre 1998[N.d.C.].

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L’obiettivo 39

re un chiaro incentivo a trasmettere informazioni ai mercati soltanto nella quan-tità, con la qualità e nei tempi desiderati. Per controbilanciare tale incentivodeve perciò esistere un attivo mercato per l’informazione, in cui analisti esternialle aziende possano raccogliere e propagare le informazioni. Nonostante talianalisti abbiano la stessa probabilità delle aziende di commettere errori di va-lutazione, essi hanno comunque maggiori incentivi a scoprire informazioninegative sull’azienda e diffonderle ai loro clienti.

RenderRenderRenderRenderRendere i mere i mere i mere i mere i mercati più efcati più efcati più efcati più efcati più efficientificientificientificientificientiCosì come una migliore informazione non può essere imposta per legge, an-che i mercati non possono essere resi più efficienti semplicemente con un in-tervento normativo, anche perché vi è grande disaccordo su come rendere imercati più efficienti. Alcune condizioni necessarie (ma non sufficienti) sonole seguenti:

1. L’attività di trading dovrebbe essere poco costosa e semplice da eseguire.Più alti sono i costi delle transazioni, più difficile è eseguirle, e meno effi-cienti saranno i mercati.

2. Almeno alcuni degli investitori nel mercato dovrebbero avere accesso al-l’informazione riguardante le azioni oggetto di compravendita, nonchépossedere le risorse necessarie per tradurre questa informazione in opera-zioni di acquisto o vendita.

Ogni tipo di limite imposto all’attività di compravendita, anche se adottatocon le migliori intenzioni, spesso conduce a maggiori inefficienze nei mercati.Per esempio, limitare le vendite allo scoperto (short sale) potrebbe sembrareuna buona politica pubblica, ma può creare una situazione in cui informazioninegative sulle azioni non vengono riflesse in modo adeguato nel prezzo azio-nario.

Le aziende e la societàLe aziende e la societàLe aziende e la societàLe aziende e la societàLe aziende e la societàCi saranno sempre dei costi sociali associati alle attività intraprese da aziendeche operano nel proprio interesse. Il problema fondamentale è che i costi so-ciali non possono essere ignorati nel processo decisionale, ma al tempo stessoessi sono troppo nebulosi per essere oggetto di analisi precise. Una possibilesoluzione per l’azienda è massimizzare il valore (inteso come patrimonio azien-dale o degli azionisti) comportandosi però da “buon cittadino”, vale a diretentando di ridurre al minimo i costi sociali, anche in assenza di un precisoobbligo legale in tal senso. Il problema in un approccio di questo tipo, chiara-mente, è che la definizione di “buon cittadino” varia da azienda ad azienda eda management a management. Vi sono, tuttavia, esempi di aziende che han-no saputo costruirsi una reputazione di buon cittadino traendone notevolibenefici. In definitiva, il modo migliore per rendere le aziende maggiormenteresponsabili di fronte alla società è far sì che, da un punto di vista economico,

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40 Capitolo 2

non creare costi sociali sia nell’interesse delle aziende stesse. Ciò può essereottenuto in due modi. In primo luogo, le aziende tacciate di comportamentisocialmente irresponsabili possono perdere clienti e profitti. Questo è stato,ad esempio, il fattore che ha indotto un gran numero di catene di vendita aldettaglio, negli Stati Uniti, a prendere le distanze dallo sfruttamento del lavo-ro minorile che avveniva negli stabilimenti dei Paesi di produzione delle mercida loro messe in vendita. In secondo luogo, gli investitori possono decidere dinon comprare azioni in tali aziende. Per esempio, molti fondi pensione uni-versitari e statali negli Stati Uniti hanno cominciato a ridurre o eliminare leloro partecipazioni azionarie in aziende operanti nell’industria del tabacco peresprimere la loro preoccupazione per gli effetti nocivi di questo prodotto.

Per riassumere, vi sono chiaramente dei problemi associati all’obiettivo dellamassimizzazione del valore, ma alcuni di essi possono esser ridotti apportan-do dei cambiamenti nel modo in cui i manager vengono assunti, compensati elicenziati, nei contratti obbligazionari e nei mercati finanziari. Nella Figura 2.3vengono sintetizzati alcuni di questi cambiamenti.

Figura 2.3 Una soluzione parziale

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L’obiettivo 41

La scelta di una funzioneLa scelta di una funzioneLa scelta di una funzioneLa scelta di una funzioneLa scelta di una funzioneobiettivo alterobiettivo alterobiettivo alterobiettivo alterobiettivo alternativanativanativanativanativa

Dati i suoi limiti, la soluzione più semplice sembrerebbe quella di mettere daparte la massimizzazione del valore come funzione obiettivo. Il difficile vieneperò quando si cerca di rimpiazzarla con un’altra funzione obiettivo. Non chenon esistano delle alternative, ma tali alternative hanno anch’esse i loro pro-blemi, e non sembrano affatto superiori, soprattutto se valutate in base ai quat-tro criteri utilizzati finora per valutare una funzione obiettivo: la soluzioneobiettivo è chiara? Può essere utilizzata come misura per valutare prontamen-te e con facilità la performance di un’azienda? Rischia di creare costi collatera-li superiori ai benefici derivanti dalla sua adozione? È compatibile con la mas-simizzazione del valore dell’azienda nel lungo termine?

La maggior parte delle aziende che scelgono di non massimizzare il patri-monio degli azionisti scelgono un obiettivo intermedio quale l’aumento dellaquota di mercato (market share), degli utili o del tasso di crescita. Questi obiet-tivi intermedi sono validi nella misura in cui rimane stretto il legame con lacreazione di valore dell’azienda, ma possono rivelarsi assai pericolosi nel mo-mento in cui questo legame viene meno. Ad esempio, l’obiettivo di massimiz-zare la quota di mercato, promosso dagli esperti di strategia aziendale neglianni ’80, sull’onda del successo delle aziende giapponesi, si è poi rivelato un’ar-ma a doppio taglio. Anche aziende che sono riuscite ad aumentare la propriaquota di mercato hanno scoperto a loro spese che maggiori quote di mercatonon si traducono automaticamente in maggiore potere di prezzo (pricing power)e maggiori profitti nei mercati in cui esse operano.

Altre aziende, soprattutto quelle di proprietà pubblica, si pongono comefunzione obiettivo il benessere sociale. Per esempio, un’azienda orientata versol’aumento del livello di occupazione nel territorio in cui opera, prenderà deci-sioni di un certo tipo, che però possono comprometterne la sopravvivenza nellungo termine. Un caso meno estremo potrebbe essere un’impresa non-profit,come un ospedale, la cui missione sia quella di fornire un’assistenza sanitariaragionevole a un costo abbordabile. Ma non è chiaro che cosa si intenda per“ragionevole” e “abbordabile” in questo contesto, soprattutto quando si trattadi allocare risorse limitate fra possibilità di utilizzo alternative.

Una nota: i limiti della finanza aziendaleUna nota: i limiti della finanza aziendaleUna nota: i limiti della finanza aziendaleUna nota: i limiti della finanza aziendaleUna nota: i limiti della finanza aziendaleNell’ultimo decennio la finanza aziendale ha subito molte critiche. Alcuni so-stengono che i problemi delle aziende americane sono legati alla loro eccessi-va dipendenza dalla finanza aziendale. Alcune critiche sono fondate, e fannoleva sui problemi impliciti nel perseguimento di un unico obiettivo, quale lamassimizzazione del patrimonio degli azionisti; ma altre critiche sono dovuteal fraintendimento di ciò che la finanza aziendale davvero rappresenta. Più in

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42 Capitolo 1

generale, la maggior parte di queste critiche sopravvalutano il ruolo che lafinanza aziendale gioca nelle più importanti decisioni delle aziende.

L’economia una volta fu definita “il vangelo di Mammon”20 per via dell’en-fasi che poneva sul denaro. Allo stesso modo, oggi si accusa la finanza azien-dale di violare i principi etici, per via dell’enfasi che essa pone su utili e prezziazionari, talvolta a spese dei dipendenti, che possono perdere il posto di lavo-ro o vedere i propri salari ridotti. È senz’altro vero che, in caso di ristruttura-zioni e liquidazioni aziendali, l’obiettivo della massimizzazione del patrimo-nio degli azionisti può comportare che a rimetterci siano altri portatori di inte-ressi in azienda, quali clienti e dipendenti. Nella maggior parte dei casi, tutta-via, le scelte che conducono a un aumento del valore di mercato miglioranoanche le condizioni di clienti e dipendenti. Inoltre, se l’azienda si trova vera-mente in crisi, perché i concorrenti riescono a vendere lo stesso prodotto aprezzi inferiori o a vendere prodotti tecnicamente superiori, la scelta non è fraliquidazione e sopravvivenza, ma fra una soluzione ferma e rapida, che è ciòche la finanza aziendale raccomanda, o una morte lenta, che spesso finisce percostare alla collettività molto di più.

Il conflitto fra la massimizzazione del valore dell’azienda e il benessere so-ciale rappresenta la ragione storica per la crescente attenzione data nelle busi-ness school ai problemi di etica negli affari. Non ci saranno mai una funzioneobiettivo o delle regole decisionali che tengano conto correttamente e com-pletamente di questi aspetti, per il semplice fatto che la quantificazione diquesti problemi è difficile e soggettiva. Perciò si può dire che la teoria dellafinanza aziendale, in un certo senso, assume implicitamente che le aziende,anche di fronte a prospettive di guadagno notevoli, non prenderanno mai de-cisioni che possono generare enormi costi sociali. Alla base della teoria dellafinanza aziendale vi è dunque un’implicita ipotesi di buon comportamentosociale da parte delle aziende. Quando tale ipotesi viene violata, la teoria dellafinanza aziendale si espone certamente a critiche di tipo etico, anche se lecritiche andrebbero più opportunamente mosse ai responsabili dei comporta-menti sotto accusa.

Domanda di verifica 2.10Quale ritieni che debba esserQuale ritieni che debba esserQuale ritieni che debba esserQuale ritieni che debba esserQuale ritieni che debba essereeeeela funzione obiettivo per un’azienda?la funzione obiettivo per un’azienda?la funzione obiettivo per un’azienda?la funzione obiettivo per un’azienda?la funzione obiettivo per un’azienda?

Ora che conosci i pro e i contro delle diverse funzioni obiettivo, quale ritieniche sia la migliore?

����� Massimizzare il prezzo azionario o il patrimonio degli azionisti, senza limi-ti di nessun tipo.

20 Termine siriano che significa ricchezza, possedimenti. È venuto poi a indicare il de-mone del denaro [N.d.C.].

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Introduzione all’Internet marketing 43

����� Massimizzare il prezzo azionario o il patrimonio degli azionisti, ma a pattodi comportarsi da buon cittadino nella società.

����� Massimizzare i profitti o la redditività.

����� Massimizzare la quota di mercato.

����� Massimizzare il fatturato.

����� Massimizzare il bene pubblico.

����� Altro.

RiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoLa teoria della finanza aziendale è costruita attorno alla funzione obiettivo dimassimizzare il patrimonio degli azionisti o il patrimonio aziendale nel suocomplesso. L’adozione di questa funzione obiettivo può creare significativi costicollaterali, in termini di conflitti fra azionisti e management, fra azionisti eobbligazionisti, e fra impresa e società. Questi costi possono essere ridotti adot-tando strategie che riducano la probabilità di tali conflitti – aumentare il pote-re degli azionisti sul management, tutelare gli interessi degli obbligazionisti,promuovere regole di comportamento da “buon cittadino”. Questa potrebbeessere la strategia ottimale da adottare, dal momento che funzioni obiettivoalternative hanno anch’esse dei difetti. Infine, abbiamo mostrato che moltedelle critiche mosse alla finanza aziendale sono in realtà critiche alla funzioneobiettivo su cui essa si impernia, e che tali critiche però non conducono asoluzioni alternative superiori.

EserEserEserEserEsercizicizicizicizicizi1. La funzione obiettivo in finanza aziendale è

a. Massimizzare i profitti.

b. Massimizzare i flussi di cassa.

c. Massimizzare la dimensione dell’azienda.

d. Massimizzare la quota di mercato.

e. Massimizzare il valore dell’impresa/prezzoazionario.

2. Perché la massimizzazione dei prezzi azionarisia l’unica funzione obiettivo e sia desiderabileda un punto di vista sociale è necessario che :

a. Il management agisca nell’interesse degliazionisti.

b. Non ci siano conflitti di interesse fra azionistie obbligazionisti.

c. I mercati finanziari siano efficienti.

d. L’azienda non produca costi che non possa-no essere misurati e ad essa imputati.

e. Tutte le condizioni di cui sopra si verifichino.

3. Esiste un conflitto di interessi fra azionisti emanagement. In teoria gli azionisti esercitanopotere di controllo sul management per mezzodell’assemblea annuale o del consiglio di am-ministrazione. Perché in pratica questi mecca-nismi possono non funzionare?

4. Gli azionisti possono appropriarsi di parte delpatrimonio degli obbligazionisti con vari mec-canismi. In che modo le seguenti azioni con-sentono tale appropriazione?

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44 Capitolo 1

a. Un aumento dei dividendi

b. Un LBO

c. Acquistare un business ad alta rischiosità

In che modo gli obbligazionisti possono pro-teggersi contro azioni di questo tipo?

5. “La volatilità dei prezzi nei mercati finanziari ètroppo elevata perché si possa credere all’effi-cienza dei mercati finanziari”. Commentarequesta affermazione.

6. “L’obiettivo di massimizzare i prezzi azionarinon ha senso perché gli investitori puntano a

Live case studyAnalizzarAnalizzarAnalizzarAnalizzarAnalizzare la corpore la corpore la corpore la corpore la corporate govate govate govate govate govererererernancenancenancenancenance

ObiettivoQuesta sezione è dedicata all’analisi delle divergenze fra i diversi portatori diinteressi in un’azienda, e alle conseguenze in termini della funzione obiettivodell’impresa.

Domande chiave����� Si tratta di una società in cui c’è separazione fra management e proprieta-

ri? Se sì, in che misura il management rende conto del proprio operato agliazionisti?

����� Esiste un potenziale conflitto fra azionisti e altri investitori (banche, obbli-gazionisti ecc.)? Se sì, in che modo viene gestito?

����� In che modo l’azienda interagisce con i mercati finanziari? In che modo imercati ottengono informazioni dall’azienda?

����� Qual è la filosofia dell’azienda in termini di responsabilità verso la colletti-vità? Come gestisce la propria immagine “sociale”?

Uno schema per l’analisi1. Il CEO����� Chi è? Da quanto tempo è in carica?

����� Se si tratta di un’azienda “familiare”, fa parte della famiglia? In caso nega-tivo, che tipo di carriera lo ha portato fino all’attuale posizione? (Ha fattocarriera in azienda o è arrivato dall’esterno?)

����� Quante azioni e stock option possiede?

risultati immediati e trascurano le implicazioninel lungo termine”. Commentare.

7. Alcuni propongono strategie che puntano allamassimizzazione della quota di mercato piut-tosto che dei prezzi di mercato. Sotto quali con-dizioni una strategia di questo tipo potrebbefunzionare, e sotto quali fallirebbe?

8. “L’adozione di emendamenti contro i takeoverpuò beneficiare gli azionisti”. Sotto quali con-dizioni quest’affermazione può essere veritie-ra?

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Introduzione all’Internet marketing 45

2. Il consiglio di amministrazione21

����� Chi sono i membri del consiglio di amministrazione? Da quanto temposono in carica?

����� Quanti sono gli inside director (cioè dipendenti o manager della società)?

����� Quanti hanno rapporti di altro tipo con l’azienda (in qualità di fornitori oclienti)?

����� Quanti rivestono la carica di CEO in altre aziende?

����� Vi sono membri del consiglio di amministrazione con grosse partecipazio-ni azionarie proprie o che rappresentano altri che ne hanno?

3. Gli interessi degli obbligazionisti����� L’azienda ha emesso obbligazioni quotate in Borsa?

����� Che tipo di clausole contrattuali sono contenute in queste obbligazioni?Quali sono i limiti all’attività aziendale che ne derivano?

����� Vi sono speciali protezioni a tutela degli obbligazionisti?

4. Gli interessi dei mercati finanziari����� Quanti analisti seguono l’azienda?

����� Qual è il volume di scambi sul titolo azionario?

5. Vincoli sociali����� L’azienda ha una reputazione particolarmente buona o particolarmente

cattiva in qualità di “buon cittadino”?

����� Se sì, in che modo si è fatta questa reputazione?

����� Se l’azienda di recente è stata criticata sotto questo profilo, in che modo siè difesa?

Informazione onlineCorporCorporCorporCorporCorporate govate govate govate govate govererererernancenancenancenancenance

Per conoscere la composizione del top management e del Consiglio di Ammi-nistrazione di una società, un primo riferimento è l’Annual Report (rendicon-to annuale). Il sito www.reportgallery.com contiene gli Annual Report di oltre

21 Nel contesto italiano, va tenuto conto che parte del ruolo degli outsiders nel consigliodi amministrazione è stato svolto (almeno in teoria) dal collegio sindacale “Riprodurre inItalia il modello di un consiglio di amministrazione con membri indipendenti incaricati dicontrollare il management rende in qualche misura superflua la funzione dei collegi sindacali,un organo inesistente nel mondo anglosassone” (Il Sole-24 Ore, 8 ottobre 1998) [N.d.C.].

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46 Capitolo 2

2200 società quotate negli Stati Uniti, nonché una sezione internazionale perUK, Giappone, Corea e Sudafrica. Altrimenti, si può provare l’home page dellesingole società, che spesso include l’Annual Report. Per le compagnie U.S.,tenute a presentare documenti alla Securities Exchange Commission (SEC),maggiori dettagli sui membri del consiglio di amministrazione sono disponi-bili sul sito www.edgar-online.com/people/. Il sito ufficiale della SEC contieneinoltre informazioni relative a operazioni di insider trading o in generale tran-sazioni azionarie compiute dal top management di una società o da membridel consiglio di amministrazione, www.sec.gov/edgarhp.htm. Un altro sito utileper questo tipo di informazioni è www.freeedgar.com.

Per avere un’opinione indipendente sulla capacità del consiglio di ammini-strazione di esercitare monitoring sull’operato del management, si può sentirecosa ne pensa CalPERs, uno dei maggiori e più attivi investitori istituzionali(azionista in oltre 1600 compagnie statunitensi), www.calpers.org. Ad esem-pio, ogni anno CalPERS identifica una lista di 10 aziende (Focus List) la cuiperformance è stata ben al di sotto di quella di altre aziende nello stesso setto-re (www.calpers.org/about/factglan/corpgov/corpgov.htm). Una simile FocusList è stilata dal Council of Institutional Investors (www.cii.org/focus.htm).

Inoltre, come accennato nel testo, ogni anno Business Week presenta unaclassifica dei peggiori consigli di amministrazione di grandi aziende statuni-tensi; la più recente è del 24 gennaio 2000, www.businessweek.com.

Per un’idea di quanto e come viene pagato il Chief Executive Officer (CEO),possono essere utili le classifiche stilate annualmente per 800 CEO negli StatiUniti dalla rivista Forbes, www.forbes.com/ceos/. Per le aziende statunitensi,tenute a presentare documenti alla Security Exchange Commission (SEC),maggiori dettagli sono disponibili sul sito www.sec.gov, come pure sul sitowww.edgar-online.com/compexpress/ (inserire il ticker).

Per conoscere le previsioni degli analisti finanziari sulla performance diazioni quotate negli Stati Uniti, e avere un’idea di quanti analisti seguano unacerta azione, potete provare il sito della Zacks Investment Research,www.zacks.com, immettendo il ticker symbol dell’azione e scegliendo Esti-mates Go! Stime e raccomandazioni degli analisti sono anche disponibili sulsito della Morningstar, www.morningstar.com, immettendo il ticker symbol nel-la casella Quicktake Reports e cliccando poi su Earnings Estimates.

Infine, per avere un’idea delle forme di investimento “socialmente respon-sabile”, date un’occhiata al sito http://socialinvest.org/areas/sriguide/

index.html. Oppure, visitate il sito di Calvert, uno dei maggiori fondi “social-mente responsabili”, www.calvertgroup.com.

Infine, per conoscere il punto di vista delle organizzazioni dei lavoratori, inparticolare con riferimento alla compensazione dei CEO, visitate il sito dellaAFL-CIO, www.aflcio.org, la federazione delle organizzazioni sindacali.

WWW ItaliaPer gli Annual Report di società italiane quotate si può provare la home pagedelle singole società (reperibile tramite il sito della Borsa italiana, www.

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L’obiettivo 47

borsaitalia.it e quello dell’AIAF, www.aiaf.it – fate clic su Incontri Società epoi Links). Per ogni azienda quotata si possono ottenere i nomi dei principalimanager e le relative cariche sul sito www.corporateinformation.com, sceglien-do Italy nella Country List. Notizie utili su riunioni dei consigli di amministra-zione, nuove nomine, nonché cambiamenti nella compagine azionaria sonodisponibili sul sito www.ilsole24ore.com (nell’area Finanza, sotto le rubricheC.d.a. e Assemblee, Nomine, Partecipazioni ed Azionariato).

Per conoscere le previsioni degli analisti finanziari sulla performance diazioni quotate in Italia, e avere un’idea di quanti analisti seguano una certaazione, andate sul sito http://it.finance.yahoo.com/ e scegliete la sezione Ana-lisi relativa all’azione cui siete interessati.

Per conoscere i recenti cambiamenti della normativa sulla corporate gover-nance per l’Italia, consultare lo European Corporate Governance Networkwww.ecgn.ulb.ac.be/ecgn/, che nella sezione Codes, per l’Italia contiene il te-sto della riforma Draghi ed il cosiddetto codice Preda (Codice di Condottadelle Società Quotate). Sullo stesso sito, nella sezione EU Reports, leggete ilreport “Ownership, Pyramidal Groups and the Separation between Owner-ship and Control in Italy”. Per uno studio di un fenomeno peculiare dell’Italia,il premio di valutazione delle azioni ordinarie rispetto alle azioni di risparmio,si veda lo studio di Luigi Zingales: “The value of the voting right: a study ofthe Milan Stock Exchange experience” (Review of Financial Studies, primavera1994 http://www3.oup.co.uk/revfin/contents/).

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La nozione di rischio3

Nella nostra cultura la parola “rischio” evoca un concetto negativo: infat-ti nei dizionari la definizione più comune del verbo rischiare è “esporsi aun pericolo”. Tuttavia l’ideogramma cinese corrispondente ci aiuta a me-glio comprendere l’uso che la finanza fa di questo termine:

Il primo simbolo sta per “pericolo” e il secondo per “opportunità”. Il con-cetto cinese di rischio, dunque, (risulta dall’unione di pericolo e oppor-tunità. Tradotto nel linguaggio della finanza, ciò significa che, per ogniinvestitore e ogni impresa, esiste un trade-off fra maggiori rendimenti(l’aspetto “opportunità”) e maggiori rischi (l’aspetto “pericolo”). Obiet-tivo fondamentale in finanza è fare in modo che, quando un investitoresia esposto a un rischio, venga remunerato in modo “appropriato”.

In questo capitolo forniremo le basi per l’analisi del rischio, e presen-teremo modelli alternativi per misurarlo e convertirlo in una soglia mi-nima di rendimento “accettabile”.

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50 Capitolo 3

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La nozione di rischio 51

Requisiti di un modelloRequisiti di un modelloRequisiti di un modelloRequisiti di un modelloRequisiti di un modellodi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimento

Nel corso di questo capitolo presenteremo una serie di modelli per la valuta-zione del rischio e del rendimento di un investimento. Nel far ciò, è importan-te ricordare che un buon modello dovrebbe soddisfare i seguenti requisiti:

1. Fornire una misura del rischio che si possa applicare a qualunque tipo diinvestimento .

2. Indicare chiaramente quali tipi di rischio sono remunerati e quali no, e spie-garne il motivo.

3. Fornire una misura di rischio standardizzata, tale cioè da consentire a uninvestitore di capire se la rischiosità di un certo investimento è superiore oinferiore alla media.

4. Tradurre la misura del rischio in un “tasso atteso di rendimento”, ovvero laremunerazione che l’investitore richiederà per assumersi tale rischio.

5. Riuscire non solo a spiegare i rendimenti realizzati in passato, ma anche apredire i rendimenti attesi in futuro.

Modelli generModelli generModelli generModelli generModelli generali di rischio e rali di rischio e rali di rischio e rali di rischio e rali di rischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimentoLa nostra analisi del rischio si svolgerà in tre tappe successive. Innanzi tuttodefiniremo il rischio in termini di distribuzione dei rendimenti effettivamenterealizzati intorno a un certo rendimento atteso. Poi procederemo a una distin-zione fra un primo tipo di rischio di rischio, specifico di un investimento (o diun gruppo ristretto di investimenti), e un secondo tipo di rischio, che riguardainvece una ben più ampia classe di investimenti. Noteremo che in un mercatoin cui l’investitore marginale detiene un portafoglio diversificato, soltanto ilsecondo tipo di rischio, detto rischio-mercato, viene remunerato. Infine pre-senteremo modelli alternativi per misurare il rischio-mercato e il rendimentoatteso a esso associato.

La misurLa misurLa misurLa misurLa misurazione del rischioazione del rischioazione del rischioazione del rischioazione del rischioOgni investimento viene effettuato con l’obiettivo di ricavarne un certo rendi-mento lungo un determinato orizzonte temporale. Tuttavia il rendimento ef-fettivamente realizzato può risultare ben diverso dal rendimento atteso, ed èqui che entra in gioco la nozione di rischio.

Supponiamo che un investitore con un orizzonte temporale di un annoacquisti un Buono del Tesoro con scadenza a un anno e con un rendimentoatteso del 5%. Alla fine dell’anno, il rendimento effettivamente realizzato saràdel 5%, pari cioè al rendimento atteso. La Figura 3.1 rappresenta la distribu-

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52 Capitolo 3

zione del rendimento per tale investimento: si tratta in questo caso di un inve-stimento privo di rischio, almeno in termini nominali.

Supponiamo ora che il nostro investitore decida invece di acquistare leazioni della Disney, dalle quali ritiene di poter ottenere un rendimento pari al30% (sempre in un anno). Quasi certamente il rendimento effettivo non saràdel 30%, e anzi potrebbe risultare molto maggiore o molto minore. La distri-buzione del rendimento di tale investimento è illustrata nella Figura 3.2.

Questo esempio indica che un investitore, oltre alla media (rendimento at-teso), deve considerare altre caratteristiche della distribuzione:

����� In primo luogo, la dispersione dei rendimenti effettivi attorno al rendimentoatteso, misurata dalla varianza (o dallo scarto quadratico medio) della distri-buzione; maggiore è la differenza fra rendimenti effettivi e rendimento at-teso, maggiore è la varianza.

Figura 3.1 Distribuzione dei rendimenti di un investimento privo di rischio

Figura 3.2 Distribuzione di probabilità per investimenti rischiosi

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����� In secondo luogo, il tipo di asimmetria della distribuzione, vale a dire se ladistribuzione “tende” di più verso rendimenti positivi (superiori a quello atte-so) (come in Figura 3.2) o verso rendimenti negativi (inferiori a quello atteso) .

����� In terzo luogo, la forma delle “code” della distribuzione, misurata dalla cur-tosi; più “grasse” sono le code, maggiore è la curtosi. In termini di investi-mento, una maggiore curtosi indica una maggiore probabilità di rendimen-ti estremamente alti o estremamente bassi.

Nel caso particolare in cui le distribuzioni fossero simmetriche e normali (equindi con curtosi pari a zero), gli investitori non dovrebbero preoccuparsidell’asimmetria e della curtosi, e ogni investimento potrebbe essere valutatosulla base del rendimento atteso (la remunerazione) e della varianza nei ren-dimenti attesi (il rischio). Ad esempio (Figura 3.3), di fronte a due investimenticon lo stesso rendimento atteso ma diversa varianza, un investitore sceglieràsempre quello con varianza minore.

Nel caso più generale in cui le distribuzioni non siano simmetriche né nor-mali, teoricamente è ancora possibile che gli investitori scelgano fra diversiinvestimenti soltanto sulla base del rendimento atteso e della varianza, ma ciòrichiede una poco verosimile ipotesi sulla forma della funzione di utilità1 de-

Figura 3.3 Confronto fra distribuzioni di rendimenti

1 La funzione di utilità è un modo per rappresentare e sintetizzare le preferenze di uninvestitore in una generica misura di utilità o “soddisfazion”. Nel nostro caso, ad esempio,la “soddisfazion” dell’investitore è espressa in funzione della sua ricchezza patrimoniale.Tale rappresentazione consente di rispondere a domande del tipo: quando il patrimonio diun investitore raddoppia, raddoppia anche la soddisfazione che egli ne deriva? Oppure aogni incremento marginale nel patrimonio corrisponde un incremento di soddisfazionevia via minore? La funzione di utilità quadratica è un tipo particolare di funzione di utilità,con la quale la soddisfazione di un investitore può essere interamente espressa in terminidi ricchezza attesa e della relativa varianza.

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gli investitori. È molto più probabile che essi preferiscano invece distribuzioniasimmetriche nella direzione di rendimenti positivi e distribuzioni con una mino-re probabilità di forti oscillazioni (minore curtosi). Vale a dire che ogni scelta fradiversi investimenti comporterà un trade-off fra maggiore rendimento atteso edun’asimmetria più “positiva”, da un lato, e maggiore varianza e curtosi, dall’altro.

Vedremo in seguito che uno dei modelli di rischio e rendimento, il capitalasset pricing model (CAPM), ipotizza che ogni investimento sia valutato soloin termini di rendimento atteso e varianza, ignorando così l’esistenza di asim-metria e curtosi. D’altro lato va però detto che l’effettiva importanza di questidue fattori nella determinazione del rendimento atteso non è ancora chiara.

Va notato che nella pratica la varianza (come pure gli altri parametri delladistribuzione) viene quasi sempre stimata utilizzando la distribuzione dei ren-dimenti storici piuttosto che quella dei rendimenti futuri attesi, nel presuppo-sto che la prima rappresenti un buon indicatore della seconda. Nel momentoin cui questo presupposto viene meno, come nel caso in cui le caratteristichedell’investimento siano cambiate sostanzialmente nel corso del tempo, unastima storica della varianza non rappresenta più una buona misura della ri-schiosità di un investimento.

Domanda di verifica 3.1Un mondo dominato da media e varianza?Un mondo dominato da media e varianza?Un mondo dominato da media e varianza?Un mondo dominato da media e varianza?Un mondo dominato da media e varianza?

Supponi di dover scegliere fra due investimenti A e B con lo stesso rendimen-to atteso, pari al 15%, e lo stesso scarto quadratico medio, pari al 25%. Tutta-via, A offre una piccola probabilità di quadruplicare il patrimonio investito,mentre con l’investimento B il massimo rendimento possibile è del 60%. Cometi comporteresti?

����� Saresti indifferente fra i due investimenti, dal momento che essi hanno lostesso rendimento atteso e lo stesso scarto quadratico medio?

����� Preferiresti l’investimento A, per via della (pur piccola) probabilità di unrendimento molto alto?

����� Preferiresti l’investimento B, perché meno rischioso?

Esempio applicativo 3.1Calcolo dello scarto quadrCalcolo dello scarto quadrCalcolo dello scarto quadrCalcolo dello scarto quadrCalcolo dello scarto quadratico medioatico medioatico medioatico medioatico mediosulla base dei rsulla base dei rsulla base dei rsulla base dei rsulla base dei rendimenti storici: la Disneyendimenti storici: la Disneyendimenti storici: la Disneyendimenti storici: la Disneyendimenti storici: la Disney

Abbiamo raccolto i dati relativi ai rendimenti mensili delle azioni della Disneyper ciascun mese del periodo da gennaio 1992 a dicembre 1996.

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La nozione di rischio 55

Abbiamo poi calcolato scarto quadratico medio e varianza nei rendimentimensili:

Scarto quadratico medio = 6,14%

Varianza = 37,66%

Le misure possono essere annualizzate2 in questo modo:

Scarto quadratico medio annualizzato = 6,14% × √12 = 21,26%

Varianza annualizzata = 37,66% × 12 = 452%

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete lo scarto qua-dratico medio dei rendimenti di titoli azionari in vari settori industriali del mercato statuni-tense.

2 Questo procedimento per ottenere il rendimento annualizzato parte dal presuppostoche i rendimenti mensili non siano correlati, cioè che non esista una relazione fra il rendi-mento di un mese e quello del mese successivo.

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56 Capitolo 3

Domanda di verifica 3.2Upside risk e downside risk:Upside risk e downside risk:Upside risk e downside risk:Upside risk e downside risk:Upside risk e downside risk:ovvovvovvovvovvererererero rischio “buono” e rischio “cattivo”o rischio “buono” e rischio “cattivo”o rischio “buono” e rischio “cattivo”o rischio “buono” e rischio “cattivo”o rischio “buono” e rischio “cattivo”

Immagina di avere a disposizione gli scarti quadratici medi storici relativi adue investimenti negli ultimi cinque anni. Entrambi gli investimenti risultanoavere uno scarto quadratico medio pari al 35%, ma uno ha avuto un rendi-mento complessivo nei cinque anni del –10% e l’altro del +40%. Considerere-sti i due investimenti di pari rischiosità? Perché in finanza non distinguiamofra conseguenze positive e conseguenze negative del rischio?

Rischio rRischio rRischio rRischio rRischio remuneremuneremuneremuneremunerato e non rato e non rato e non rato e non rato e non remuneremuneremuneremuneremuneratoatoatoatoatoIl rischio, secondo la definizione che ne abbiamo dato nel paragrafo prece-dente, deriva dal fatto che il rendimento effettivo di un investimento può es-sere diverso dal rendimento atteso; tale differenza può risultare da diversecause, alcune specifiche di un certo investimento (rischio specifico di un pro-getto o rischio specifico d’impresa), altre comuni a tutti gli investimenti (ri-schio-mercato).

Le componenti del rischioLe componenti del rischioLe componenti del rischioLe componenti del rischioLe componenti del rischioIl rischio che un’impresa si trova a dover fronteggiare nell’investire in un nuo-vo progetto deriva da un gran numero di fattori, fra i quali le caratteristiche delprogetto stesso, la concorrenza, i cambiamenti nel settore industriale, que-stioni di carattere internazionale e variabili macroeconomiche. Tuttavia, quan-do un’impresa investe in una molteplicità di progetti tale rischio si riduce.Inoltre, chi investe nell’impresa può ulteriormente ridurre il rischio cui è espostocostruendosi un portafoglio diversificato.

La prima fonte di rischio è il rischio specifico di un progetto; ogni singo-lo progetto può produrre maggiori o minori flussi di cassa rispetto alle previ-sioni, magari perché tali previsioni erano inesatte, oppure a causa di fattorispecifici legati al progetto. Gran parte di tale rischio specifico di un progettoviene però ad essere eliminato nel momento in cui le aziende intraprendonoun gran numero di progetti simili. Ad esempio quando la Disney progetta diprodurre un nuovo film, si espone a una serie di possibili errori di sotto osopravvalutazione dei costi e tempi di produzione, degli incassi al botteghinoe delle vendite di gadget. Dal momento, però, che la Disney produce diversifilm all’anno, tali errori tendono a compensarsi e gran parte del rischio speci-fico viene così eliminato.

La seconda fonte di rischio è il rischio-concorrenza: i flussi di cassa gene-rati da un progetto possono essere condizionati, in senso positivo o negativo,

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dalle azioni dei concorrenti. Invero, una buona analisi di capital budgetingdovrebbe già tenere conto delle possibili reazioni dei concorrenti.Tuttavia, leazioni effettivamente intraprese dai concorrenti risultano spesso imprevedibi-li. In molti casi questa componente del rischio interessa più di un singolo pro-getto, e risulta più difficile per l’azienda diversificarla nella sua attività ordina-ria. La Disney, per esempio, in un’analisi previsionale della profittabilità dellaDisney Store division può sbagliare nel valutare la forza e le strategie dei suoiconcorrenti, come Warner Bros Stores e Toys‘ß’Us. Ma mentre la Disney, purdiversificando, non può far molto per ridurre il rischio-concorrenza,3 i suoiazionisti possono sostanzialmente ridurlo se sono disposti a investire anchenelle aziende concorrenti.

La terza fonte di rischio è il rischio-settore, che deriva cioè da fattori cheincidono su profitti e flussi di cassa di uno specifico settore industriale. Questacategoria comprende a sua volta tre fonti di rischio: la prima è il rischio-tecno-logia, vale a dire la possibilità di significativi cambiamenti tecnologici nel cor-so del tempo, rispetto al momento in cui il progetto è stato concepito. La se-conda fonte è il rischio-leggi, vale a dire la possibilità di cambiamenti in leggi eregolamentazioni. La terza fonte è il rischio-materie prime, vale a dire la possi-bilità di variazioni nei prezzi delle materie prime e dei servizi prodotti o utiliz-zati intensamente in quel settore. La Disney, per esempio, nello stimare laprofittabilità futura della sua broadcasting division (ABC), si espone a tutti etre i tipi di rischio: al rischio-tecnologia, dal momento che i confini fra intrat-tenimento televisivo e Internet vengono continuamente ridefiniti dall’attivitàdi società come la Microsoft; al rischio legale, dal momento che le leggi cheregolano le reti televisive possono essere modificate; e al rischio-materie pri-me, dal momento che i costi di produzione di nuovi programmi televisivi va-riano nel tempo. Un’impresa non può diversificare il rischio-settore se nondiversificando le proprie attività in altri settori industriali (tramite investimen-ti diretti o acquistando aziende giàoperanti). Gli azionisti di tale impresa, peròpossono diversificare il rischio-settore includendo nel proprio portafoglio an-che titoli azionari di aziende operanti in altri settori industriali.

La quarta fonte di rischio è il rischio internazionale. Un’impresa si trova adover fronteggiare questo tipo di rischio quando la valuta nella quale sonomisurati gli utili ed è espresso il prezzo del titolo azionario è diversa dallavaluta dei flussi di cassa del progetto, come accade nel caso di progetti intra-presi al di fuori del mercato nazionale. In tal caso i risultati posso differiredalle previsioni a causa di fluttuazioni nel tasso di cambio o per il cosiddettorischio politico. Ad esempio, la Disney si è chiaramente esposta a questo tipo dirischio con la sua partecipazione del 33% in EuroDisney, il parco divertimentida essa creato nei pressi di Parigi. In parte questo tipo di rischio può essere

3 Teoricamente, un’azienda può ridurre il rischio-concorrenza acquistando i propri con-correnti. Azioni di questo tipo tuttavia possono esporla allo scrutinio dell’autorità anti-trust, e non eliminerebbero comunque il rischio dell’ingresso di nuovi concorrenti sulmercato.

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diversificato dall’azienda intraprendendo progetti in Paesi diversi, le cui valu-te non abbiano un andamento correlato. Il rischio derivante dal cambio valu-tario può essere inoltre ridotto scegliendo una struttura finanziaria in lineacon la valuta dei flussi di cassa; ad esempio finanziando in yen giapponesiiniziative d’investimento da realizzare in Giappone. Gli azionisti di un’azien-da esposta al rischio internazionale saranno anch’essi esposti al rischio-valutae/o al rischio politico se, a causa dei costi di transazione o di altri fattori, inclu-dono nel proprio portafoglio solo titoli di aziende operanti nel mercato nazio-nale; ma una politica di diversificazione dei propri investimenti a livello inter-nazionale, può ridurre significativamente il rischio internazionale.

L’ultima fonte di rischio è il rischio-mercato, vale a dire l’insieme di varia-bili macroeconomiche che hanno un impatto su tutte le imprese e tutti i pro-getti, sebbene in diversa misura. Per esempio i movimenti dei tassi di interesseincidono sul valore dei progetti già intrapresi e su quelli da intraprendere, siadirettamente, attraverso il tasso di attualizzazione, sia indirettamente, attra-verso i flussi di cassa. Altre variabili che interessano tutti gli investimenti sonola struttura per scadenza dei tassi di interesse (term structure, la differenza fratassi di interesse a breve e a lungo termine), la propensione al rischio degliinvestitori (maggiore è l’avversione al rischio, minore è il valore di investi-menti rischiosi), l’inflazione e la crescita economica. Dal momento che i valoriattesi di tutte queste variabili sono implicitamente parte di un’analisi di capi-tal budgeting, ogni deviazione da tali valori attesi si ripercuoterà sul valoredegli investimenti. Anche diversificando la propria attività, le aziende non sonoin grado di ridurre questo tipo di rischio, sebbene in linea teorica alcuni pro-dotti finanziari derivati potrebbero essere adoperati a tale scopo. Nè possonoridurlo gli investitori diversificando il proprio portafoglio di investimenti ri-schiosi (quali, ad esempio, i titoli azionari), dal momento che ogni investi-mento rischioso è esposto almeno in parte al rischio-mercato.

Domanda di verifica 3.3Il rischio dipende da chi se l’assumeIl rischio dipende da chi se l’assumeIl rischio dipende da chi se l’assumeIl rischio dipende da chi se l’assumeIl rischio dipende da chi se l’assume

“Nel valutare lo stesso progetto, un’impresa non quotata utilizzerà un tasso diattualizzazione maggiore rispetto a un’impresa quotata”. Vero o falso? Perché?

PPPPPerererererché la divché la divché la divché la divché la diversificazione riduceersificazione riduceersificazione riduceersificazione riduceersificazione riduceo elimina il rischio specifico d’impro elimina il rischio specifico d’impro elimina il rischio specifico d’impro elimina il rischio specifico d’impro elimina il rischio specifico d’impresa?esa?esa?esa?esa?

Diversificare consente di ridurre o eliminare il rischio specifico d’impresa perdue motivi. Il primo è che ciascun investimento in un portafoglio ben diversi-ficato costituirà solo una piccola percentuale dell’intero portafoglio. In tal modoogni attività che incrementa o riduce il valore del singolo investimento (o di

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La nozione di rischio 59

un piccolo gruppo di investimenti) avrà un impatto minimo sull’intero porta-foglio. Il secondo motivo è che, in ciascun periodo, le specifiche politiche azien-dali avranno effetti talora di segno positivo, talaltra di segno negativo sui prezzidi ciascun titolo. In un portafoglio di una certa dimensione questi effetti ten-deranno a cancellarsi a vicenda e il rischio specifico d’impresa non influiràsignificativamente sul valore complessivo del portafoglio.

Invece, gli effetti di oscillazioni in variabili di mercato avranno probabil-mente lo stesso segno per la gran parte degli investimenti in un portafoglio,anche se alcuni possono essere più colpiti di altri. Per esempio, a parità dicondizioni, un incremento dei tassi di interesse riduce il valore della maggiorparte degli investimenti in un portafoglio. Una maggiore diversificazione nonelimina il rischio, anche se detenere titoli in diverse classi (titoli azionari, titoliobbligazionari ecc.) può ridurre l’impatto del rischio-mercato. La Tabella 3.1sintetizza le diverse componenti del rischio e le azioni che aziende e investito-ri possono intraprendere per ridurlo o eliminarlo.

PPPPPerererererché si prché si prché si prché si prché si presume che l’invesume che l’invesume che l’invesume che l’invesume che l’investitorestitorestitorestitorestitoreeeee“marginale” sia div“marginale” sia div“marginale” sia div“marginale” sia div“marginale” sia diversificato?ersificato?ersificato?ersificato?ersificato?

L’idea che un investitore possa ridurre la propria esposizione al rischio nonviene in genere contestata, ma i modelli di rischio e rendimento in finanzavanno oltre. In tali modelli, infatti, si sostiene che l’investitore marginale (cioècolui che determina i prezzi dei titoli) sia ampiamente diversificato. Di conse-guenza, l’unico rischio riflesso nel prezzo di un titolo (o, in generale, nellavalutazione di un investimento) è il rischio percepito da tale investitore. Inrealtà il ragionamento sottostante è molto semplice. Supponiamo che vi sianodue investitori, uno diversificato e uno non diversificato, i quali concordinosul rendimento atteso di un certo titolo (o sui flussi di cassa attesi da un certoprogetto d’investimento). La percezione della rischiosità di tale titolo sarà peròmaggiore per l’investitore non diversificato rispetto a quello diversificato, dalmomento che il secondo, a differenza del primo, non deve preoccuparsi delrischio specifico d’impresa. Perciò l’investitore diversificato sarà disposto apagare una somma maggiore per quel titolo. Il risultato di questo processo è che,nel tempo, tutti i titoli vengono ad essere detenuti da investitori diversificati.

Si potrebbe replicare che questo ragionamento funziona perfettamente pertitoli azionari e altri valori mobiliari negoziati in piccole unità ed estremamen-te liquidi, ma si adatta meno bene ad investimenti illiquidi e con una elevatadimensione minima.

In molti Paesi, ad esempio, i beni immobiliari sono posseduti da investitorinon diversificati, con gran parte del patrimonio investita in tali beni. Cionon-dimeno, i benefici derivanti dalla diversificazione sono tali che una serie dititoli, quali i Real Estate Investment Trust (REIT, una sorta di fondi comuni diinvestimento immobiliare) e le obbligazioni ipotecarie, sono stati creati pro-prio per permettere ai risparmiatori che investono in beni immobiliari di otte-nere comunque un certo livello di diversificazione.

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60 Capitolo 3

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La nozione di rischio 61

Domanda di verifica 3.4Qualità del management e rischioQualità del management e rischioQualità del management e rischioQualità del management e rischioQualità del management e rischio

“Un’azienda ben gestita è meno rischiosa di un’azienda gestita male”. Vero ofalso?

La misurLa misurLa misurLa misurLa misurazione del rischio di merazione del rischio di merazione del rischio di merazione del rischio di merazione del rischio di mercatocatocatocatocatoLa maggior parte dei modelli di rischio e rendimento in finanza concordanosul fatto che il rischio deriva dalla distribuzione dei rendimenti effettivamenterealizzati attorno al rendimento atteso e che deve essere misurato dal punto divista di un investitore marginale ampiamente diversificato. Ciò che distinguetali modelli è la misurazione del rischio non diversificabile, ovvero il rischio-mercato. Nel paragrafo seguente analizzeremo la soluzione proposta da cia-scuno dei quattro modelli di base: – il capital asset pricing model (CAPM),l’arbitrage pricing model (APM), il modello multifattoriale e i modelli basatisulla regressione.

Il capital asset pricing modelIl capital asset pricing modelIl capital asset pricing modelIl capital asset pricing modelIl capital asset pricing modelSi tratta del modello di rischio e rendimento di gran lunga più utilizzato inpassato e costituisce tuttora il modello standard in molte applicazioni di fi-nanza aziendale.

IpotesiNonostante la diversificazione consenta di ridurre l’esposizione degli investi-tori al rischio specifico d’impresa, la maggior parte degli investitori possiedeun numero limitato di titoli. Anche i maggiori mutual funds (fondi comuni aperti)sono riluttanti a possedere più di qualche centinaio di azioni, e anzi molti nonne hanno più di una ventina. La ragione di questa riluttanza è che i beneficimarginali della diversificazione di un portafoglio diminuiscono all’aumentaredella diversificazione: ad esempio, la riduzione del rischio specifico d’impresaottenuta aggiungendo il ventunesimo titolo è minore rispetto a quella ottenu-ta precedemente con l’aggiunta di un quinto o un decimo titolo, e potrebbenon essere sufficiente a coprire i costi marginali associati alla diversificazione,quali i costi di transazione d il costo di seguire un titolo in più (monitoringcost). Inoltre, molti investitori (e fondi di investimento) ritengono di saper in-dividuare i titoli sottovalutati e quindi decidono di non detenere quelli (rite-nuti) sopravvalutati o correttamente valutati.

Il capital asset pricing model ipotizza che non esistano costi di transazione,che tutte le attività (finanziarie e non) siano trattate sul mercato e che gli inve-stimenti siano divisibili all’infinito (cioè che si possa comprare una qualsiasifrazione di un’unità di investimento). Ipotizza inoltre che, non essendoci in-

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formazione privata, gli investitori non possano trovare attività sottovalutate osopravvalutate sul mercato. L’effetto di tali ipotesi è quello di eliminare queifattori che spingono gli investitori a limitare il proprio grado di diversificazio-ne. Portando agli estremi la logica della diversificazione, quindi, l’investitoredeterrà in portafoglio tutte le attività trattate sul mercato (azioni, obbligazionie titoli immobiliari inclusi), ciascuna in proporzione al suo valore di mercato4.Il portafoglio composto da ogni attività trattata sul mercato viene chiamatoportafoglio di mercato.

Le implicazioni per gli investitoriMa se ciascun investitore sceglierà lo stesso identico portafoglio, cioè il porta-foglio di mercato, che ruolo gioca la diversa propensione al rischio di ciascuninvestore nelle scelte di investimento? La diversa propensione al rischio emergenella decisione di allocazione, vale a dire nella decisione di quanto investirenel titolo privo di rischio e quanto nel portafoglio di mercato. Investitori piùavversi al rischio sceglieranno di investire gran parte o la totalità del propriopatrimonio nel titolo privo di rischio, mentre investitori meno avversi al ri-schio investiranno principalmente o esclusivamente nel portafoglio di merca-to. Anzi, potranno investire nel portafoglio di mercato non solo tutto il loropatrimonio, ma anche fondi presi a prestito al tasso del titolo privo di rischio.

Questi risultati si basano su due ulteriori ipotesi. La prima è che esista untitolo privo di rischio, ovvero un titolo il cui rendimento atteso sia certo. Laseconda è che gli investitori, per ottenere la combinazione ottimale fra titoloprivo di rischio e portafoglio di mercato (data la propria propensione al ri-schio), possano dare e prendere in prestito fondi al tasso privo di rischio. Esi-stono comunque varianti del CAPM che ottengono risultati fondamentalmen-te simili senza queste ipotesi addizionali.

Domanda di verifica 3.5CorrCorrCorrCorrCorrererererere un rischio in modo efe un rischio in modo efe un rischio in modo efe un rischio in modo efe un rischio in modo efficienteficienteficienteficienteficiente

Nel CAPM, il modo più efficiente di assumere molto rischio è:

����� Comprare un portafoglio ben bilanciato dei titoli più rischiosi sul mercato.

����� Comprare titoli rischiosi che siano anche sottovalutati.

����� Prendere in prestito fondi e comprare un portafoglio ben diversificato.

4 Se il “peso” di ciascuna attività nel portafoglio di investimenti non fosse proporzionaleal valore di mercato dell’attività stessa, gli investitori perderebbero parte dei benefici delladiversificazione. Ma data l’ipotesi di assenza di informazione privata (e quindi l’impossi-bilità di identificare sistematicamente attività sottovalutate o sopravvalutate), non c’è motivodi rinunciare ai benefici della diversificazione; quindi il peso di ciascuna attività verrà de-terminato in proporzione al valore di mercato.

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La misurazione del rischio-mercato di una singola attivitàIl rischio di ciascuna attività per un investitore corrisponde al rischio aggiuntoda quell’attività al suo portafoglio. Nel contesto del CAPM, dove tutti gli inve-stitori scelgono di detenere il portafoglio di mercato, il rischio di una singolaattività per un investitore corrisponde al rischio che quest’attività aggiunge alportafoglio di mercato. Statisticamente, questo rischio addizionale è misuratodalla covarianza dell’attività con il portafoglio di mercato. Maggiore è la corre-lazione fra l’andamento di un’attività e l’andamento del portafoglio di merca-to, maggiore è il rischio aggiunto da tale attività (dal momento che i movi-menti non correlati all’andamento del portafoglio di mercato vengono elimi-nati quando si aggiunge un’attività al portafoglio).

La covarianza, però, è una misura non standardizzata del rischio-mercato;ad esempio, sapere che le azioni Disney hanno una covarianza con il portafo-glio di mercato pari al 55% non ci fa capire se hanno una rischiosità superioreo inferiore alla media. Possiamo tuttavia standardizzare la misura del rischiodividendo la covarianza di ciascuna attività con il portafoglio di mercato per lavarianza del portafoglio di mercato. Otteniamo in questo modo il cosiddettobeta di un’attività:

������������� �������� ������������������������������� �������� �

�����������������������������

��

Dato che la covarianza del portafoglio di mercato con se stesso non è altro chela varianza del portafoglio di mercato, il beta del portafoglio di mercato (equindi il beta di una ipotetica attività media) è 1. Quindi le attività più (meno)rischiose della media saranno quelle con un beta superiore (inferiore) ad 1. Iltitolo privo di rischio avrà ovviamente un beta pari a zero.

Ottenere il rendimento attesoIl fatto che ciascun investitore possieda una combinazione del titolo privo dirischio e del portafoglio di mercato ha un’importante implicazione: il rendi-mento atteso di un’attività è strettamente correlato al suo beta. In particolare,il rendimento atteso di un’attività sarà una funzione del tasso di rendimentodel titolo privo di rischio e del beta dell’attività.

Rendimento atteso di un’attività i: E(Ri) = Rf + bi [E(Rm) – Rf]

dove:E(Ri) = Rendimento atteso dell’attività iRf = Tasso di rendimento del titolo privo di rischioβi = Beta dell’attività iE(Rm) = Rendimento atteso del portafoglio di mercatoE(Rm) – Rf = Premio di rischio (risk premium)

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Il rendimento atteso di un’attività rischiosa è dato dal rendimento di un titoloprivo di rischio maggiorato di un premio di rischio, che sarà più o meno eleva-to a seconda del rischio aggiunto dall’attività al portafoglio di mercato.

Il CAPM in praticaÈ chiaro quindi che per usare il CAPM sono necessari tre input:

����� Tasso di rendimento del titolo privo di rischio. Per titolo privo di rischio siintende un titolo il cui rendimento atteso nel periodo di riferimento sianoto all’investitore con certezza. Di conseguenza, il tasso di rendimento diun titolo privo di rischio da utilizzare nel CAPM varierà a seconda che ilperiodo di riferimento sia 1, 5 o 10 anni.

����� Premio di rischio. Il premio di rischio indica la remunerazione richiesta dairisparmiatori per investire nel portafoglio di mercato (che comprende tuttele attività rischiose) piuttosto che nel titolo privo di rischio. In pratica, vie-ne spesso stimato sulla base dei rendimenti storici di attività rischiose (disolito titoli azionari) e di titoli privi di rischio.

����� Il beta può essere ottenuto direttamente come coefficiente della regressio-ne dei rendimenti passati dell’attività contro i rendimenti passati del por-tafoglio di mercato (di solito approssimato da un indice azionario).

In definitiva, nel CAPM l’intero rischio-mercato è sintetizzato dal beta, misu-rato in relazione al portafoglio di mercato (che, almeno in teoria, include tuttele attività trattate sul mercato, ciascuna detenuta in proporzione al propriovalore di mercato).

Domanda di verifica 3.6Cosa significa un beta negativo?Cosa significa un beta negativo?Cosa significa un beta negativo?Cosa significa un beta negativo?Cosa significa un beta negativo?

Nel CAPM è possibile che alcune attività abbiano un beta inferiore a zero. Intal caso, quale affermazione descrive meglio l’investimento in queste attività?

����� “L’ investimento renderà meno di un titolo privo di rischio.”

����� “L’ investimento serve ad assicurare il mio portafoglio diversificatocontrouna parte del rischio di mercato.”

����� “Mantenere quest’investimento ha senso solo se il mio portafoglio è am-piamente diversificato”.

����� Tutte e tre le affermazioni precedenti.

L L L L L’arbitr’arbitr’arbitr’arbitr’arbitrage pricing modelage pricing modelage pricing modelage pricing modelage pricing modelLe ipotesi piuttosto limitative del CAPM e la sua stretta dipendenza dal porta-foglio di mercato hanno creato un certo scetticismo da parte di accademici e

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operatori professionali. Alla fine degli anni ’70, Ross (1976) ha proposto unmodello alternativo per la misurazione del rischio: l’arbitrage pricing model.

IpotesiL’arbitrage pricing model (APM) si basa sul semplice presupposto che gli in-vestitori traggono vantaggio dalle opportunità di arbitraggio. In altri termini,se due portafogli hanno la stessa esposizione al rischio ma offrono diversirendimenti attesi, gli investitori acquisteranno il portafoglio con maggiore ren-dimento atteso e, così facendo, ne faranno salire il prezzo e quindi diminuire ilrendimento atteso, riportandolo perciò in equilibrio con l’altro portafoglio.

Come il CAPM, anche l’arbitrage pricing model scompone il rischio in ri-schio specifico d’impresa e rischio-mercato. Il primo è il rischio che influenzaprincipalmente una singola azienda. Il secondo è il rischio che influenza tuttigli investimenti, e deriva da variazioni impreviste nei tassi di interesse, nell’in-flazione, o in altre variabili macroeconomiche. Inseriamo questo concetto nelmodello di rendimento:

R = E(R) + m + ∈

dove m rappresenta il rischio-mercato (o rischio sistematico), ed ∈ rappresen-ta il rischio specifico d’impresa. Si noti che questa distinzione è molto simile aquella fra rischio specifico d’impresa e rischio-mercato nell’ambito del CAPM.

Le fonti del rischio-mercatoNonostante il CAPM e l’APM facciano entrambi una distinzione fra rischiospecifico d’impresa e rischio-mercato, essi si differenziano poi nell’approccioalla misurazione del rischio-mercato. Il CAPM ipotizza che il rischio-mercatosia sintetizzato dal portafoglio di mercato, mentre l’APM ammette molteplicifonti del rischio-mercato, rappresentate da variazioni inattese in variabili ma-croeconomiche fondamentali dette “fattori” (prodotto interno lordo, tassi diinteresse, inflazione ecc.), e misura la sensibilità degli investimenti a ciascunadi tali variazioni con un diverso beta. La componente mercato m del rendi-mento “imprevisto” (differenza fra rendimento effettivo R e rendimento atte-so E(R)) può quindi essere scomposta in una serie di fattori economici:

R = E(R) + m + ∈ = E(R) + (β1F1 + β2F2 + … + βnFn) + ∈

doveβj = sensibilità dell’investimento a variazioni inattese nel fattore j (il cosid

detto beta-fattore)Fj = variazioni inattese nel fattore j

Gli effetti della diversificazioneNel presentare il CAPM, abbiamo elencato i vari benefici della diversificazio-ne. La conclusione fondamentale è stata che la diversificazione degli investi-

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menti in portafoglio elimina il rischio specifico d’impresa. L’arbitrage pricingmodel parte dalla stessa idea per concludere che il rendimento inatteso di unportafoglio non avrà una componente specifica d’impresa (da noi indicata con ∈).Il rendimento di un portafoglio Rp può essere rappresentato come la sommadi due medie ponderate – la media ponderata dei rendimenti attesi delle atti-vità nel portafoglio e la media ponderata dei beta associati a ciascun fattore:

Rp = (w1R1 + w2R2 + … +wnRn) + (w1β1,1 +w2+β1,2 + … +wnβ1,n) F1 + (w1β2,1 +w2+β2,2 + … +wnβ2,n) F2 +…

dovewj = peso relativo dell’attività j nel portafoglioRj = rendimento atteso dell’attività jβi,j = beta dell’attività j rispetto al fattore i

Rendimenti attesi, beta e fattoriIl fatto che il beta di un portafoglio rispetto a ciascun fattore è la media pon-derata dei beta di ciascuna attività nel portafoglio rispetto a quel fattore, uni-tamente alla condizione di assenza di arbitraggio, ha un’importante implica-zione: esiste una relazione diretta fra rendimento atteso e beta associati a cia-scun fattore. Per capire il motivo, supponiamo che ci sia un solo fattore e che cisiano tre portafogli, con le seguenti caratteristiche. Il portafoglio A ha un beta(rispetto a questo unico fattore) di 2,0 e un rendimento atteso del 20%; il por-tafoglio B ha un beta di 1,0 e un rendimento atteso del 12%; il portafoglio C haun beta di 1,5 e un rendimento atteso del 14%. Si noti che investendo la metàdel proprio patrimonio nel portafoglio A e la metà nel portafoglio B, si potreb-be ottenere un portafoglio con un beta (sempre rispetto all’unico fattore) paria 1,5 e un rendimento atteso del 16%. Di conseguenza nessun investitore vor-rà investire nel portafoglio C finché non scenderanno i prezzi delle attività intale portafoglio, portandone così il rendimento atteso al 16%. Questo sempli-ce esempio indica che il rendimento atteso di ciascun portafoglio deve essereuna funzione lineare del beta, altrimenti si creeranno opportunità di arbitrag-gio. Lo stesso ragionamento può essere esteso al caso in cui vi sia più di unfattore, con gli stessi risultati. Perciò il rendimento atteso su un investimentopuò essere così rappresentato

E(R) = Rf + β1 [E(R1) – Rf] + β2 [E(R2) – Rf] … + βn [E(Rn) – Rf]

doveRf = rendimento atteso di un portafoglio con beta uguale a zeroE(Rj) = rendimento atteso di un portafoglio con un beta pari a 1 rispetto al

fattore j, e pari a zero rispetto a tutti gli altri fattori[E(Rj) – Rf] = premio di rischio associato al fattore j.

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Si noti che il CAPM può essere considerato un caso particolare dell’APM incui il rendimento di mercato sia determinato da un unico fattore economico,rappresentato dal portafoglio di mercato:

E(R) = Rf + βm [E(Rm ) – Rf]

L’APM in praticaOltre al tasso di rendimento di un investimento privo di rischio, l’APM richie-de la stima del beta e del premio di rischio per ciascun fattore. In pratica, essivengono di solito misurati applicando la cosiddetta “analisi fattoriale” ai datistorici relativi ai rendimenti degli investimenti. In sostanza, un’analisi fatto-riale esamina i dati storici alla ricerca, appunto, di “fattori” comuni a grandigruppi di attività (piuttosto che a singole attività o a gruppi di attività concen-trati in un settore. L’analisi fattoriale ottiene due risultati:

1. Specifica il numero di fattori comuni che hanno inciso sui dati storici esa-minati.

2. Misura il Beta di ciascuna attività rispetto a ciascun fattore comune e forni-sce una stima dell’effettivo premio di rischio ottenuto da ciascun fattore.

L’analisi fattoriale, tuttavia, non identifica i fattori in termini economici.

Ricapitolando, nell’arbitrage pricing model il rischio-mercato viene misuratorispetto a una serie di fattori macroeconomici, non identificati; la sensibilità diciascun attivitàa ciascun fattore viene misurata dal cosiddetto beta-fattore. Ilnumero dei fattori, i vari beta-fattore e il premio di rischio associato a ciascunfattore possono essere stimati tramite l’analisi fattoriale.

Modelli multifattoriali di rischio e rModelli multifattoriali di rischio e rModelli multifattoriali di rischio e rModelli multifattoriali di rischio e rModelli multifattoriali di rischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimentoIl fatto che l’APM non identifichi i fattori in modo specifico può rappresentareun vantaggio da un punto di vista statistico, ma è certo una forte limitazionedal punto di vista dell’intuizione economica. La soluzione al problema sembrasemplice: sostituire i non meglio identificati fattori statistici con specifici fat-tori macroeconomici.

Costruire un modello multifattorialeIn genere, i modelli multifattoriali vengono sostanzialmente costruiti a partiredall’evidenza empirica, piuttosto che sulla base di un modello economico teo-rico.

Infatti, una volta identificato il numero dei fattori nell’APM, l‘analisi deidati consente di estrapolarne il comportamento nel tempo. Le serie temporalicosì ricavate vengono poi confrontate con le serie temporali di diverse variabi-li macroeconomiche al fine di vedere se tali variabili sono correlate, nel tempo,con i fattori identificati.

Per esempio, Chen, Roll e Ross (1986) sostengono che le seguenti variabilimacroeconomiche sono strettamente correlate con i fattori identificati tramite

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l’analisi fattoriale: produzione industriale, variazioni nel premio d’insolvenza(default premium), cambiamenti nella struttura temporale dei tassi di interesse,l’inflazione non prevista e variazioni nel tasso di rendimento reale. Questevariabili possono poi essere messe in relazione al rendimento per ottenere unmodello dei rendimenti attesi, dove, per ogni impresa, un beta viene calcolatorispetto a ciascuna variabile (o fattore):

E(R) = Rf + βPIL [E(RPIL) – Rf] + βI [E(RI) – Rf] … +βδ [E(Rδ) –Rf]

doveβPIL = Beta relativo alle variazioni nel fattore “produzione industriale”E(RPIL) = Rendimento atteso su un portafoglio con beta pari a 1 sul fattore

produzione industriale, e pari a zero su tutti gli altri fattoriβI = Beta relativo alle variazioni nel tasso di inflazioneE(RI) = Rendimento atteso su un portafoglio con beta pari a 1 sul fattore

inflazione, e pari a zero su tutti gli altri fattori

Passare dall’arbitrage pricing model a un modello multifattoriale macroeco-nomico ha un costo: la possibilità di errore nell’identificare i fattori economicirilevanti. Tali fattori, come pure i premi di rischio associati a ciascuno di essi,possono infatti cambiare nel corso del tempo. Per esempio, le oscillazioni delprezzo del petrolio sono state un fattore economico rilevante nel determinarei rendimenti attesi nel corso degli anni ’70, ma non in altri periodi. In un mo-dello multifattoriale, includere fattori irrilevanti o non includere un fattore ri-levante può risultare in una stima dei rendimenti attesi poco affidabile.

Ricapitolando, il modello multifattoriale, come l’arbitrage pricing model, ipo-tizza che il rischio-mercato possa essere meglio misurato utilizzando unamolteplicità di fattori economici e i beta a essi relativi. A differenza dell’arbi-trage pricing model, i modelli multifattoriali cercano di identificare i fattorimacroeconomici che generano il rischio-mercato.

Modelli di rModelli di rModelli di rModelli di rModelli di regregregregregressioneessioneessioneessioneessioneI vari modelli fin qui descritti partono dalla intuizione alla base del concetto dirischio-mercato e tentano poi di caratterizzarlo con maggiore precisione at-traverso un modello economico i cui parametri sono ottenuti analizzando datistorici. Esiste invece una classe di modelli che parte dai dati storici dei rendi-menti per risalire a un modello di rischio e rendimento. In particolare, talimodelli cercano di “spiegare” le differenze nei rendimenti nel corso di lunghiperiodi di tempo utilizzando caratteristiche specifiche dell’azienda, quali ladimensione e i multipli del prezzo azionario. Si tratta sostanzialmente di mo-delli di regressione, dove le caratteristiche aziendali che meglio spiegano ledifferenze nei rendimenti storici possono essere interpretate come un’appros-simazione del rischio-mercato.

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Fama e French, in un importante studio pubblicato all’inizio degli anni ’90,notarono che i rendimenti effettivi di un’azienda nel corso di lunghi periodi ditempo sono altamente correlati al rapporto fra valore di mercato e valore con-tabile del capitale netto (P/BV = Price/Book Value of Equity per share) e alla capi-talizzazione di mercato (MV = Market Value of Equity). Secondo gli autori, talivariabili possono essere utilizzate come approssimazioni per il rischio-merca-to, e quindi i coefficienti ottenuti dalla regressione possono essere utilizzatiper stimare il rendimento atteso di un investimento. Per esempio, Fama e Frenchriportano il seguente risultato per la regressione di rendimenti mensili di titoliazionari della Borsa di New York lungo il periodo dal 1963 al 1990:

Rt = 1,77% – 0,11 ln (MV) + 0,35 ln (BV/MV)

doveMV = Valore di mercato del capitale netto (in milioni di dollari)BV/MV = book-to-market-ratio = valore contabile del capitale netto/valo-

re di mercato del capitale netto

Per ogni azienda, è sufficiente inserire nella regressione il valore di mercatodel capitale netto e l’inverso del rapporto P/BV (ossia il book-to-market-ratio)per ottenere una stima del rendimento atteso mensile.

Ricapitolando, i modelli di regressione utilizzano alcune caratteristiche delleaziende come approssimazioni per il rischio-mercato. Le caratteristiche azien-dali rilevanti vengono identificate osservando la correlazione fra differenzenei rendimenti di determinati investimenti su lunghi periodi di tempo e carat-teristiche di tali investimenti che possano essere osservate.

Analisi comparAnalisi comparAnalisi comparAnalisi comparAnalisi comparata dei modelliata dei modelliata dei modelliata dei modelliata dei modellidi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rdi rischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimento

I modelli sviluppati nel corso di questo capitolo hanno alcuni aspetti in comu-ne. Tutti partono infatti dall’assunto che soltanto il rischio-mercato viene re-munerato, ed esprimono il rendimento atteso in funzione della misura di talerischio. Il CAPM ha bisogno di un maggior numero di ipotesi ma risulta essereil modello più semplice, dove è un unico fattore a determinare il rischio e quindia dover essere stimato. L’APM si basa su un minor numero di ipotesi per giun-gere però a un modello più complicato, almeno in termini dei parametri chedevono essere stimati. Il CAPM può essere considerato un caso speciale del-l’APM con un unico fattore perfettamente misurato dall’indice di mercato. Ingenerale, il CAPM ha il vantaggio di essere un modello più semplice da utiliz-zare; ma l’APM si rivela superiore nel caso in cui l’azienda sia sensibile a fat-tori economici non adeguatamente rappresentati dall’indice di mercato. Peresempio, il CAPM tende a sottostimare il beta delle compagnie petrolifere, la

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cui rischiosità è principalmente determinata dalle oscillazioni dei prezzi delpetrolio. In tali casi, utilizzare l’APM, con uno dei fattori che catturi le oscilla-zioni dei prezzi del petrolio e di altre materie prime, porterà a una stima piùprecisa ed affidabile del rischio e del rendimento atteso.5

Il problema fondamentale dell’APM è la sua incapacità di identificare esatta-mente i fattori economici che determinano il rendimento atteso. Se da una parteciò conferisce al modello flessibilità e riduce i problemi di carattere statistico neitest empirici, dall’altra rende difficile capire cosa significhino i coefficienti beta perun’azienda e in che modo essi varino via via che l’azienda si trasforma.

È il beta una buona approssimazione per il rischio? È effettivamente corre-lato ai rendimenti attesi? Negli ultimi vent’anni si è lavorato molto per trovaredelle risposte a queste domande. I primi test empirici del CAPM indicaronouna correlazione positiva fra beta e rendimenti realizzati, sebbene altre misuredi rischio (come la varianza) sembrassero comunque continuare a giocare unruolo significativo. Ciò fu attribuito a problemi di carattere econometrico. Nel1977, Roll, in una celebre critica sulla testabilità del modello, sostenne chenon essendo possibile osservare il “vero” portafoglio di mercato, non è possi-bile testare il CAPM, nel senso che tutti i test del CAPM sono in realtà un testcongiunto di una duplice ipotesi: 1) il CAPM funziona; 2) il portafoglio dimercato utilizzato nel test è una valida approssimazione del “vero” portafo-glio di mercato. In altre parole, secondo Roll, un test empirico del CAPM puòsolo dimostrare se il modello funziona dato l’indice di mercato scelto comeapprossimazione per il “vero” portafoglio di mercato. Con la stessa logica, quan-do il test del CAPM fallisce, rimane aperta la possibilità che il problema nonsia nel modello ma nel portafoglio scelto come approssimazione del “vero”portafoglio di mercato. Essendo impossibile testare il CAPM, Roll concluseche non esistono basi empiriche per giustificarne l’utilizzo.

Un altro durissimo attacco al CAPM venne da Fama e French (1992), i qua-li, dopo aver esaminato la relazione fra beta e rendimenti azionari fra il 1963 eil 1990, conclusero che la correlazione ipotizzata dal CAPM non è supportatadall’evidenza empirica. Questi risultati sono stati successivamente contestatisu due fronti. Amihud, Christensen e Mendelson, utilizzando gli stessi dati diFama e French, ma diverse tecniche econometriche, hanno concluso che inve-ce esiste una correlazione positiva fra beta e rendimenti azionari. Tale relazio-ne è sostanzialmente riscontrata anche da Chan e Lakonishok (che esamina-no il periodo 1926-1991), eccetto per il periodo successivo al 1982, forse acausa della diffusione dell’indexing (indicizzazione),6 che potrebbe aver spin-

5 Weston e Coperland hanno utilizzato entrambi i modelli per misurare il rendimentoatteso per le compagnie petrolifere nel 1989; i valori da essi trovati sono stati 14,4% con ilCAPM e 19,1% con l’APM.6 Negli ultimi venti anni è cresciuto notevolmente il numero di fondi che sostanzialmen-te replicano un indice di mercato (quale appunto l’S&P 500). Di qui il termine indexing[N.d.C.].

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to le azioni delle grandi aziende che compongono l’indice Standard & Poor500, caratterizzate da un beta abbastanza basso, ad avere rendimenti superiorialle azioni delle aziende più piccole, tipicamente caratterizzate da un beta piùelevato. Un altro risultato interessante in Chan e Lakonishok è che i beta sem-brano essere un’ottima misura di rischio in condizioni di mercato estreme:infatti, nei 10 mesi “neri” del mercato azionario fra il 1926 e il 1991, le aziendepiù rischiose (il decile con il beta più elevato) hanno avuto una performance digran lunga inferiore a quella del mercato (Figura 3.4)

I primi test dell’APM e dei modelli multifattoriali hanno avuto risultati moltopromettenti. Ma per valutarli correttamente è importante operare una distin-zione fra la capacità di questi modelli di spiegare le differenze nei rendimentieffettivamente realizzati in passato e la loro capacità di predire i rendimentiattesi in futuro. È infatti ovvio che questi modelli alternativi siano superiori alCAPM in termini della capacità di spiegare le differenze nei rendimenti storici,dal momento che essi, a differenza del CAPM, non si limitano a considerareun solo fattore. L’utilizzo di più fattori diventa però un problema quando sitratta di stimare i rendimenti attesi in futuro, perché bisogna calcolare il beta eil premio di rischio per ciascuno di questi fattori. Data la volatilità nel premiodi rischio e nel beta associati a ciascun fattore, l’errore di stima può eccedere ibenefici ottenibili passando dal CAPM a modelli più complessi. I modelli diregressione proposti come alternativa sono ancora più esposti a questo pro-blema, dal momento che le variabili che sembrano essere una valida approssi-mazione del rischio-mercato in un determinato periodo (come la dimensionedell’azienda) possono non non esserlo più in un altro.

In conclusione, possiamo affermare che il CAPM è sopravvissuto comemodello base per la stima del rischio e del rendimento atteso, sia per la suasemplicità ed immediatezza, sia perché modelli alternativi non hanno dimo-strato di poter fornire misure più precise del rendimento atteso. Riteniamoquindi che un uso oculato del CAPM, che non dia cioè eccessivo rilievo ai dati

Figura 3.4 Rendimenti e beta: i dieci mesi peggiori fra il 1926 e il 1991

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72 Capitolo 3

storici e tenga invece conto delle indicazioni emerse nel contesto di modellialternativi al CAPM,7 rappresenti ancora oggi il modo migliore per misurare ilrischio in finanza aziendale.

Modelli per il rischio di insolvModelli per il rischio di insolvModelli per il rischio di insolvModelli per il rischio di insolvModelli per il rischio di insolvenzaenzaenzaenzaenzaQuando un investitore presta dei fondi a un individuo o a un’azienda, corre ilrischio di non ricevere il rimborso del prestito o il pagamento degli interessimaturati. Questa possibilità di inadempienza è chiamata “rischio di insolven-za” (default risk). In generale, i soggetti con maggiore (minore) rischio di insol-venza debbono fronteggiare maggiori (minori) tassi di interesse quando ri-chiedono un prestito. In questo paragrafo esamineremo come misurare il ri-schio di insolvenza e la sua relazione con i tassi di interesse sul debito.

Nei modelli di rischio e rendimento precedentemente analizzati il rendi-mento atteso era funzione del rischio-mercato, ma non del rischio specifico d’im-presa, eliminato dalla possibilità di diversificazione. I modelli di stima del ri-schio d’insolvenza esaminano invece proprio gli effetti del rischio specifico d’im-presa (quale il rischio di insolvenza) sui rendimenti attesi. Infatti, la diversifica-zione non elimina il rischio specifico d’impresa quando si tratta di titoli (qualii titoli di debito) la cui opportunità di apprezzamento a seguito di eventi azien-dali positivi è assai limitata rispetto alla potenziale perdita di valore a seguitodi eventi negativi. Per esempio, i titoli obbligazionari societari traggono limi-tati benefici da eventi aziendali che aumentano il valore dell’azienda e la ren-dono meno soggetta al rischio di insolvenza, mentre sono pesantemente espostial rischio di eventi aziendali che diminuiscono il valore dell’azienda e aumen-tano la probabilità di insolvenza. Di conseguenza, il rendimento atteso di untitolo obbligazionario societario tende a riflettere il rischio d’insolvenza speci-fico della società emittente.

Un modello generUn modello generUn modello generUn modello generUn modello generale per il rischio d’insolvale per il rischio d’insolvale per il rischio d’insolvale per il rischio d’insolvale per il rischio d’insolvenzaenzaenzaenzaenzaIl rischio d’insolvenza di un’azienda è funzione di due variabili: la capacitàdell’azienda di generare flussi di cassa tramite l’attività operativa, e i suoi im-pegni finanziari, fra cui il pagamento di interessi e quota capitale sui debiti.8

7 Ad esempio, Barra, un’importante agenzia che fornisce stime dei coefficienti beta, mo-difica i coefficienti beta ottenuti dalle regressioni di dati storici in modo tale da rifletterealcune caratteristiche fondamentali delle aziende (come la dimensione o il tasso di divi-dendo). Si tratta proprio di quelle caratteristiche che i modelli di regressione precedente-mente descritti hanno identificato come buone approssimazioni per il rischio-mercato.8 Per impegni finanziari intendiamo ogni pagamento che l’azienda si è contrattualmenteimpegnata a effettuare, come appunto il pagamento di interessi e quota capitale sui debiticontratti. Tale definizione esclude invece flussi di cassa discrezionali, come il pagamentodi dividendi o gli esborsi richiesti da nuovi investimenti, che possono essere rinviati senzaconseguenze legali, anche se con possibili conseguenze economiche.

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La nozione di rischio 73

A parità di condizioni, infatti:

����� Aziende che generano flussi di cassa elevati rispetto ai loro impegni finan-ziari hanno un rischio d’inadempienza minore. Perciò, aziende con un am-montare significativo di investimenti in essere, e quindi già in grado di ge-nerare elevati flussi di cassa, avranno un minore rischio d’inadempienza.

����� Maggiore è la stabilità dei flussi di cassa, minore è il rischio d’inadempien-za dell’azienda. Le aziende che operano in settori dall’andamento più pre-vedibile e stabile avranno minore rischio di inadempienza rispetto a quelleche operano in settori più volatili e/o soggetti a fluttuazioni cicliche.

La maggior parte dei modelli di stima del rischio d’insolvenza misura la di-mensione dei flussi di cassa rispetto agli impegni finanziari attraverso unaserie di rapporti finanziari e cerca di tenere conto della variabilità dei flussi dicassa inserendo una variabile che rifletta il settore industriale di appartenenza.

Rating del debito e tassi di interRating del debito e tassi di interRating del debito e tassi di interRating del debito e tassi di interRating del debito e tassi di interesseesseesseesseesseLa più utilizzata misura del rischio d’insolvenza di un’azienda è il rating deldebito, vale a dire un giudizio complessivo di qualità sulle obbligazioni dellasocietà emittente generalmente espresso da un’agenzia di rating indipenden-te, che utilizza informazione sia pubblica che privata.

Il prIl prIl prIl prIl processo di rocesso di rocesso di rocesso di rocesso di ratingatingatingatingatingIl processo di rating di un’obbligazione comincia quando la società emittentesi rivolge a un’agenzia di rating. L’agenzia raccoglie informazioni da fonti pub-blicamente disponibili (bilanci ecc.) e dalla stessa società emittente, e giunge adeterminare un certo rating. Se la società non accetta tale valutazione, ha lapossibilità di presentare ulteriori informazioni. Questo processo viene rappre-sentato in modo schematico per un’agenzia di rating, la Standard & Poor’s(S&P), nella Figura 3.5.

Descrizione del rDescrizione del rDescrizione del rDescrizione del rDescrizione del rating del debitoating del debitoating del debitoating del debitoating del debitoLe due maggiori agenzie di rating delle obbligazioni societarie sono la Stan-dard & Poor’s (S&P) e la Moody’s. La Tabella 3.2 descrive le sigle con cui ledue agenzie sintetizzano il rating assegnato a titoli obbligazionari di diversaqualità. Nei mercati finanziari, obbligazioni con un rating di BBB o superiore(nella classificazione della Standard & Poor’s) sono considerate di “grado in-vestimento” (investment grade).

Determinanti del rDeterminanti del rDeterminanti del rDeterminanti del rDeterminanti del rating delle obbligazioniating delle obbligazioniating delle obbligazioniating delle obbligazioniating delle obbligazioniIl rating assegnato dalle agenzie specializzate si basa principalmente su infor-mazione pubblicamente disponibile, sebbene anche l’informazione privatata-mente fornita dalle àsocietà può avere una certa influenza. In particolare, il

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74 Capitolo 3

rating delle obbligazioni di una società dipende in gran parte dagli indici fi-nanziari, che misurano la capacità della società di far fronte ai debiti e di gene-rare flussi di cassa stabili e prevedibili. Esiste una moltitudine di indici finan-ziari. La Tabella 3.3 sintetizza alcuni degli indici principali per la misurazionedel rischio d’insolvenza.

Esiste una stretta correlazione fra il rating che una società riceve e la suaperformance in termini di questi indici finanziari. La Tabella 3.4 fornisce unriassunto della mediana di tali indici dal 1993 al 1995 per diverse classi dirating della S&P per imprese industriali. Si noti che l’indice lordo di coperturadegli interessi e l’indice di copertura degli interessi EBITDA sono espressi comemultipli degli interessi passivi, mentre gli altri indici sono espressi in percentuale.

Figura 3.5 Il processo di rating della Standard & Poor’s

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La nozione di rischio 75

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete i principaliindici finanziari per classi di rating negli Stati Uniti per il periodo più recente per il quale idati sono disponibili.

Non sorprende che ad avere i rating migliori siano aziende con capacità digenerare redditi e flussi di cassa superiori agli impegni finanziari, con maggio-re redditività e con bassi indici di indebitamento. Cionondimeno vi sarannocasi di aziende il cui rating non sembra coerente con gli indici finanziari: que-sto accade perché nella valutazione complessiva data dalle agenzie di ratinggiocano un ruolo anche elementi soggettivi. Perciò, un’azienda la cui perfor-mance in termini di indici finanziari è stata negativa ma per la quale si preve-de un significativo miglioramento nell’immediato futuro, riceverà un ratingsuperiore a quello che deriverebbe da una meccanica applicazione degli indicifinanziari. Per la maggior parte delle aziende, tuttavia, gli indici finanziari do-vrebbero fornire una base ragionevole per stimare il rating.

Tabella 3.2 Indici del rating delle obbligazioni

Standard & Poor’s Moody’s

AAA È il rating più elevato che possa essere assegnato. Aaa Rating assegnato al debito di qualità mag-Indica una elevata capacità di ripagare il debito giore e con un livello minimo di rischioda parte dell’emittente

AA La capacità di pagare è alta e solo leggermente Aa Rating assegnato a debito di alta qualità, mainferiore rispetto ai titoli classificati con AAA considerato inferiore rispetto ad Aaa perché

ha un minore margine di protezione, o pervia di altri elementi di rischio di lungo ter-mine

A Indica solida capacità di pagare gli interessi e A Rating assegnato a obbligazioni che hannorimborsare il capitale. Viene assegnato a società le caratteristiche di un buon investimento maemittenti la cui solvibilità potrebbe risentire di possono essere soggette a rischio in futuro.particolari circostanze avverse o di una congiun-tura sfavorevole

BBB Indica adeguata capacità di pagare gli interessi Baa Rating assegnato a obbligazioni con un gra-e rimborsare il capitale. Viene assegnato a socie- do di protezione medio ed una adeguata ca-tà emittenti la cui solvibilità potrebbe peggiorare pacità di pagamento degli interessi e rimbor-rapidamente di fronte a particolari circostanze so del capitaleavverse o a una congiuntura sfavorevole.

BB,B Debito considerato prevalentemente speculativo; Ba Rating assegnato a debito con un certo ri-CCC, BB è il debito meno speculativo, e CC il più B schio speculativo.CC speculativo In genere assegnato a investimenti non allet-

tanti e con bassa probabilità di pagamentoD Debito in stato di insolvenza; i pagamenti Caa Bassa collocazione, forse in stato di insol-

per interessi e/o il rimborso del capitale sono venzain arretrato Ca Molto speculativo; spesso in stato di insol-

venzaC Altamente speculativo; in stato di insolvenza

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76 Capitolo 3

Tabella 3.3 Indici finanziari utilizzati per misurare il rischio di insolvenza

Ratio Descrizione

Indice di copertura degli oneri finanziari al lordo delle (Reddito dalle operazioni permanenti al lordo delleimposte basato sul reddito operativo imposte + Interessi passivi)/interessi passivi lordiIndice di copertura degli oneri finanziari al lordo delle EBITDA/Interessi passivi lordiimposte basato sull’EBITDARapporto fondi generati dalle operazioni/Debito Totale (Utile netto dalle operazioni permanenti + Ammor-

tamento)/Debito TotaleFlussi di cassa operativi disponibili/Debito Totale (Flussi di cassa operativi – Spese in conto capitale –

Variazioni nel capitale circolante)/Debito TotaleRendimento sul capitale permanente al lordo delle (Reddito dalle operazioni permanenti al lordo delleimposte imposte + Interessi passivi )/(Livello medio nel cor-

so dell’anno di debito a breve termine, debito a me-dio termine, capitale netto e partecipazioni di mi-noranza)

Reddito Operativo/Fatturato (Fatturato – Costo del Venduto – Spese di vendita –Spese Amministrative – Spese di Ricera & Svilup-po)/Fatturato

Rapporto Debito a Lungo Termine/Capitale Debito a Lungo Termine/(Debito a Lungo Termine +Capitale Netto)

Debito Totale/Capitalizzazione Debito Totale/(Debito Totale + Capitale Netto)

Tabella 3.4 Indici finanziari per classi di rating obbligazionario (1993-1995)

AAA AA A BBB BR B CCC

Indice di copertura degli oneri 13,50 9,.67 5,76 3,94 2,14 1,51 0,96finanziari al lordo delle impostebasato sul reddito operativo

Indice di copertura degli oneri 17,08 12,80 8,18 6,00 3,.49 2,45 1,51finanziari al lordo delle impostebasato sull’EBITDA

Rapporto fondi generati dalle 98,2% 69,1% 45,5% 33,3% 17,.7% 11,.2% 6,7%operazioni/Debito Totale

Flussi di cassa operativi 60,0% 26,8% 20,9% 7,2% 1,4% 1,2% 0,96%disponibili/Debito Totale

Rendimento sul capitale 29,3% 21,4% 19,1% 13,9% 12,0% 7,6% 5,2%permanente al lordodelle imposte

Reddito Operativo/Fatturato 22,6% 17,8% 15,7% 13,5% 13,5% 12,5% 12,2%Rapporto Debito a Lungo 13,3% 21,1% 31,6% 42,7% 55,6% 62,2% 69,5%

Termine/CapitaleDebito Totale/Capitalizzazione 25,9% 33,6% 39,7% 47,8% 59,4% 67,4% 61,1%

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La nozione di rischio 77

Rating e tassi di interRating e tassi di interRating e tassi di interRating e tassi di interRating e tassi di interesseesseesseesseesseIl rendimento di un’obbligazione societaria (vale a dire il tasso di interesserichiesto dall’investitore che sottoscrive l’obbligazione) dovrebbe essere unafunzione del rischio d’inadempienza della società, misurato tramite il rating.Se il rating rappresenta una valida stima del rischio d’insolvenza, alle obbliga-zioni con un rating più elevato dovrebbero essere associati minori tassi di in-teresse rispetto alle obbligazioni con un rating più scadente. In altri termini, ildiverso rischio di insolvenza delle società emittenti si rifletterà in diversi tassidi interesse sulle obbligazioni.

Questo differenziale per il diverso rischio d’insolvenza (default spread) va-rierà a seconda della scadenza dell’obbligazione, e può anche cambiare daperiodo a periodo, in base alle condizioni economiche.

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete i default spread perclassi di rating nel periodo più recente.

In praticaQuando il rQuando il rQuando il rQuando il rQuando il rating non è disponibileating non è disponibileating non è disponibileating non è disponibileating non è disponibile

Dal punto di vista di un analista, avere il rating di un’azienda costituisce sicu-ramente una informazione preziosa, poichè il rating rappresenta una stimaimparziale e pubblicamente disponibile del rischio d’insolvenza dell’azienda.Per di più, come vedremo successivamente, il default spread può essere utiliz-zato per stimare il costo del debito per un’azienda, anche quando essa nonabbia obbligazioni in circolazione.

Tuttavia, molte società, prevalentemente piccole aziende ed imprese nonquotate, scelgono di non richiedere un rating. Inoltre, malgrado l’espansionedelle agenzie di rating, vi sono ancora alcuni mercati in cui le società nonvengono classificate in base al rischio dell’insolvenza. Quando il rating non èdisponibile, alcune soluzioni alternative per ottenere una stima del costo deldebito sono le seguenti:

1. Stimare un rating “sintetico”. In mercati come gli Stati Uniti, dove a migliaiadi aziende viene assegnato un rating e l’informazione finanziaria su taliaziende è pienamente disponibile (come dimostra la Tabella 3.4), l’infor-mazione finanziaria disponibile per un’azienda può essere utilizzata perstimare un “rating” dell’azienda. Per esempio, supponiamo di avereun’azienda non quotata con un indice lordo di copertura degli interessi del6,15. In base ai dati presentati nella Tabella 3.4, tale azienda dovrebbe avereun rating contrassegnato dalla sigla A. Questo approccio può essere estesoper tenere conto di numerosi indici e delle differenze in termini di capita-lizzazione di mercato e volatilità dei profitti.

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78 Capitolo 3

2. Dati storici. Molte aziende senza rating prendono in prestito fondi dallebanche e dalle altre istituzioni finanziarie. Analizzando i prestiti più recentiottenuti dall’azienda, ci si può fare un’idea del default spread implicito intali prestiti e utilizzarlo poi per giungere a una stima del costo del debito.

In sostanza, è importante tenere a mente che il rating è soltanto un mezzovolto a un fine, e il fine è la stima del costo del debito.

RiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoLa nozione che il rischio viene assunto in vista di un rendimento appropriatoè chiaramente condivisibile. Tuttavia i modelli per la stima del rischio e delrendimento atteso sono ancora oggetto di dibattito. Per gli investimenti in ti-toli azionari, i modelli per la valutazione di rischio e rendimento misurano ilrischio in termini di rischio non diversificabile: il capital asset pricing model lomisura tramite un unico fattore, “il mercato”, mentre l’arbitrage pricing mo-del e i modelli multifattoriali utilizzano diversi fattori. Per gli investimenti intitoli obbligazionari, per i quali la possibilità di perdite di valore è ben superio-re alle opportunità di apprezzamento, per ottenere appropriate stime dei ren-dimenti attesi si utilizzano modelli di stima del rischio d’insolvenza.

Questo capitolo ha posto le fondamenta per comprendere l’intuizione e le ipo-tesi alla base dei modelli di rischio e rendimento. Nel prossimo capitolo affronte-remo questioni di carattere pratico relative a come stimare e utilizzare questi mo-delli, e a come le decisioni prese dalle aziende si riflettono sui parametri di rischio.

EserEserEserEserEsercizicizicizicizicizi1. Supponiamo di avere tre titoli (A, B, e C) con i

seguenti parametri:

Parametri A B C

Rendimento atteso 12% 10% 8%Scarto quadratico medio 30% 40% 35%

Quale preferiresti, e perché?

2. Considera i seguenti dati storici sul rendimen-to dell’azione X negli ultimi dieci anni :

Anno Rendimento annuale

1995 42,1%1994 –10,9%1993 20,4%

Anno Rendimento annuale

1992 12,5%1991 10,3%1990 45,8%1989 –30,5%198 11,4%1987 10,2%1986 –2,2%

a. Calcola il rendimento annuale medio e la scar-to quadratico medio.

b. Se la società non ha pagato dividendi negliultimi dieci anni, e il prezzo azionario era $25,6 alla fine del 1985, quale sarà il prezzoazionario alla fine del 1995?

Cap3.p65 07/05/2001, 20.1678

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La nozione del rischio 79

c. Quale sarà il tasso di crescita annuale com-posto del prezzo azionario in questi 10 anni?È uguale al rendimento medio annuale cal-colato nel punto (a)?

3. Supponi di voler formare un portafoglio usan-do due titoli con le seguenti caratteristiche:

Parametri A B

Rendimento atteso 12% 18%Scarto quadratico medio 25% 40%Coefficiente di correlazione

tra A e B 0,8

a. Calcola il rendimento atteso e la scartoquadratico medio di un portafoglio formatoinvestendo un uguale amontare in A e in B.

b. Sceglieresti di investire in tale portafogliooppure in un titolo singolo (A o B)? Perché?

4. Supponiamo di avere due titoli con i seguentiparametri:

Parametri A B

Rendimento atteso 12% 15%Scarto quadratico medio 25% 45%Coefficiente di correlazione

tra A e B –1,0

a. In che modo puoi costruire un portafoglio chesia privo di rischio?

b. Quale sarà il rendimento atteso di tale porta-foglio?

c. Se la tua banca ti permettesse di prendere aprestito all’8% e concedere prestiti allo stes-so tasso, in che modo potresti disegnare unastrategia di investimento che garantisca pro-fitti sicuri (meccanismo di arbitraggio)?

5. Supponiamo di avere due titoli con i seguentiparametri:

Parametri A B

Rendimento atteso 15% 5%Scarto quadratico medio 40% 0%

a. Quale sarà il coefficiente di correlazione traA e B?

b. Per costruire un portafoglio con uno scartoquadratico medio pari al 20%, quali dovreb-bero essere i pesi di A e B nel portafoglio?

c. Quale sarebbe il rendimento atteso di taleportafoglio?

6. Tre titoli hanno i seguenti parametri:

Parametri A B C

Rendimento atteso 15% 20% 35%Scarto quadratico medio 20% 40% 70%Coefficiente di correlazione

tra A e B 0,5

Parametri A B C

Coefficiente di correlazionetra A e C 0,7

Coefficiente di correlazionetra B e C 0,9

Se investi il 30% del capitale in A, il 40% in B eil 30% in C, quali saranno il rendimento attesoe lo scarto quadratico medio di tale portafoglio?

7. Quale sarà il premio atteso per il rischio di untitolo azionario con un beta di 1,5 se il premioatteso per il rischio-mercato è del 10%?

8. Quale sarà il rendimento atteso di un titoloazionario con un beta pari a 0,9, se storicamenteil rendimento medio del mercato azionario èstato del 12,5%, e i Buoni del Tesoro hanno avu-to un rendimento medio del 5%?

9. Gli analisti stimano un rendimento atteso delmercato azionario per l’anno prossimo supe-riore del 2,5% al rendimento medio storico. Diquanto aumenterebbe il rendimento atteso deltitolo azionario di cui alla domanda prece-dente?

10. Un titolo azionario ha un rendimento atteso del15%, e il mercato azionario ha un rendimentoatteso del 12%. Qual è il beta di questo titolose il rendimento di un titolo privo di rischio èdel 5%?

11. Il CAPM viene spesso utilizzato per valutare laperformance dei gestori di fondi di investimen-to. Supponiamo che uno di questi fondi abbiaun rendimento annuale medio del 14% per die-

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80 Capitolo 3

ci anni e un beta pari a 1,4. Nello stesso perio-do, l’indice S&P 500 ha reso in media il 12%all’anno, e il rendimento dei Buoni del Tesoro èstato del 5%. Il gestore di questo fondo proba-bilmente si vanterebbe di aver battuto l’indicedi mercato del 2% all’anno. Ammesso che ilCAPM rappresenti correttamente la relazionetra rischio e rendimento, è vero che la perfor-mance del fondo è stata superiore a quella delmercato?

12. Supponiamo che il rendimento atteso del mer-cato sia il 12%, e il rendimento di un titolo pri-vo di rischio sia il 5%. Costruiamo un portafo-glio con le seguenti caratteristiche:

A B C

Coefficiente beta 1,2 0,9 1,8Peso nel portafoglio 0,4 0,3 0,3

Qual è il beta di tale portafoglio? E il rendi-mento atteso?

13. Una delle più semplici strategie di allocazionedel proprio capitale è investire solamente in ti-toli privi di rischio come i Buoni del Tesoro e inun fondo legato all’indice S&P 500 (e che per-ciò dovrebbe avere un beta di 1,0). Supponia-mo che il rendimento atteso dell’indice S&P 500sia del 12%, e che il rendimento atteso dei Buo-ni del Tesoro sia del 5%.

a. Per avere un rendimento atteso del 10% al-l’anno sul tuo investimento, in percentualequanto dovresti investire nell’indice S&P 500e quanto nei Buoni del Tesoro?

b. Quale sarà il beta del portafoglio così costruito?

14. Tipicamente un fondo comune di investimentoazionario ben diversificato investe in centinaiadi azioni perché per legge esso non può inve-stire più del 5% del suo patrimonio complessi-vo in un solo titolo.

a. Quale pensi che sarà il beta di un tale fondo?

b. Quale pensi che sarà il rendimento annualemedio, al lordo di spese e commissioni, perun fondo comune di investimento, se l’indiceS&P 500 ha registrato storicamente un ren-dimento annuale medio del 12%?

c. Ti sorprenderebbe scoprire che quando il ren-dimento annuale medio è calcolato al nettodi spese e commissioni (che vanno in generedall’1% al 3% del patrimonio gestito), risultache circa l’80% dei gestori di portafoglio haavuto una performance inferiore a quella del-l’indice S&P 500?

15. Supponiamo di essere in presenza di un mo-dello APT con quattro fattori, e di averne sti-mato i parametri per una particolare società:

Rf 5%b1 1,2 E(R1) 6,5%b2 0,5 E(R2) 4,3%b3 0,8 E(R3) 8,0%b4 1,6 E(R4) 7,5%

a. Quale sarà il rendimento atteso di questo ti-tolo azionario?

b. Se i parametri effettivamente realizzati risul-teranno invece essere

(R1) = 7,2%(R2) = 5,2%(R3) = 6,3%(R4) = 10%

quale sarà la “sorpresa” in termini di rendi-mento azionario?

16. Supponi di voler utilizzare l’equazione stimatada Fama e French:

Rt = 1,77% – 0,11 ln(MV) + 0,35 ln(BV/MV)nelle tue decisioni di portafoglio. A tal fine, di-vidi tutti i titoli in due gruppi sulla base del rap-porto BV/MV. Il primo gruppo ha un BV/MV di0,3, il secondo un BV/MV di 1,2. Che differen-za ti aspetti nel rendimento medio mensile diquesti due gruppi di titoli?

17. Supponiamo che le assunzioni alla base delCAPM siano valide. Valuta se le seguenti affer-mazioni sono vere o false:

a. Imprese con varianza più alta avranno un betamaggiore.

b. Un portafoglio è efficiente se non ha rischionon sistematico.

c. Un’impresa il cui andamento è strettamentecorrelato a quello del mercato avrà un beta

Cap3.p65 07/05/2001, 20.1680

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La nozione del rischio 81

maggiore di una il cui andamento è menocorrelato.

d. Se aumenta la varianza dell’intero mercato, ibeta di tutte le imprese diminuiscono.

e. Un’impresa ben gestita avrà un beta più bas-so rispetto a una gestita male.

f. Il portafoglio di mercato è efficiente e perciòcontiene soltanto i titoli migliori sul mercato.

c. Un investitore propenso al rischio deterrà leazioni più rischiose sul mercato, mentre uninvestitore avverso al rischio deterrà quelle piùsicure.

18. Assumi che esistano soltanto due beni, l’oro e ititoli azionari. Stai considerando di investire iltuo patrimonio in una sola delle due attività,oppura in una combinazione di entrambe. Cosìraccogli i seguenti dati sui rendimenti delle dueattività negli ultimi sei anni:

Oro Mercato azionario

Rendimento medio 8% 20% Deviazione standard 25% 22% Correlazione –0,4

a. Se fossi costretto a scegliere solo uno dei dueinvestimenti, quale sceglieresti?

b. Secondo un tuo amico, la tua scelta è sbaglia-ta perché non tiene nella dovuta considera-zione la possibilità di enormi rendimenti chel’investimento in oro offre. In che modo ri-sponderesti alle sue critiche?

c. Quali sarebbero rendimento atteso e varianzadi un portafoglio composto in pari proporzionida oro e titoli azionari?

d. Hai appena appreso che la GPEC (un cartellodi paesi produttori di oro) ha intenzione dilegare la quantità di oro prodotta all’anda-mento dei prezzi azionari negli Stati Uniti (piùesattamente, meno oro verrà prodotto quan-do i prezzi azionari sono elevati, e viceversa).Quali effetti avrà una tale politica sul tuo por-tafoglio? Perché?

19. Supponiamo che la varianza media del rendi-mento dei singoli titoli sia 50 e la covarianzamedia sia 10. Quale sarà la varianza attesa diun portafoglio di 5, 10, 20, 50 e 100 titoli? Quan-ti titoli è necessario tenere affinché il rischio diun portafoglio sia soltanto 10% più del mi-nimo?

20. Il CAPM è stato criticato per diverse ragioni.Elenca le critiche che sono state mosse e valutase esse sono più o meno fondate.

21. Confronta l’arbitrage pricing model ed il capi-tal asset pricing model.

a. Quali sono i punti di contatto fra i due mo-delli? Quali sono le differenze?

b. Se ti trovassi a dover calcolare il rendimentoatteso di un’azione usando il CAPM e l’APM,sotto quali condizioni otterresti lo stesso ri-sultato? Nel caso in cui la tua stima risultassein due diversi rendimenti attesi, come spie-gheresti la differenza?

Live Case StudyAnalisi degli azionistiAnalisi degli azionistiAnalisi degli azionistiAnalisi degli azionistiAnalisi degli azionisti

ObiettivoCapire chi sono gli investitori medi e marginali nell’azienda. Si tratta di unaquestione importante, dal momento che i modelli di rischio e rendimento infinanza partono dal presupposto che l’investitore marginale sia ben diversi-ficato.

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82 Capitolo 3

Domande chiave����� Chi è l’investitore medio nell’azione presa in esame? (È un individuo o o

un fondo pensioni? È soggetto a tasse o è esentasse? È un investore esteroo nazionale? Di che dimensione?)

����� Chi è l’investitore marginale?

Uno schema per l’analisi1. Chi possiede le azioni di questa società?����� Quanti sono gli azionisti?

����� Quale percentuale delle azioni è detenuta da investitori istituzionali?

����� È una società quotata anche su mercati esteri? (Se possibile, cerca di otte-nere la percentuale delle azioni posseduta da investitori esteri)

2. Insider����� Chi sono gli insider nella società in questione? (Oltre al management e ai

membri del consiglio di amministrazione, vengono considerati insider co-loro che hanno partecipazioni superiori al 5% nella società.)

����� Che ruolo svolgono nella gestione societaria?

����� Che percentuale delle azioni detengono?

����� Che percentuale delle azioni è complessivamente detenuta dai lavoratoridipendenti della società (comprese le azioni detenute dai fondi pensionedei lavoratori dipendenti)?

����� Nel corso dell’ultimo anno, gli insider hanno acquistato o venduto azionidella società?

Informazione onlineLa composizione degli azionistiLa composizione degli azionistiLa composizione degli azionistiLa composizione degli azionistiLa composizione degli azionisti

Per ottenere informazioni sulla percentuale di azioni detenute da insider einvestitori istituzionali, esaminate il report Value Line sulla società; vi trovere-te una tabella nella quale sono elencate le percentuali detenute da ciascungruppo. Informazioni più aggiornate e dettagliate sono disponibili sul sito dellaSecurities and Exchange Commission (SEC) (www.sec.gov/edgarhp.htm). Datiriassuntivi sulle partecipazioni azionarie di investitori istituzionali e insider,nonché dati sull’attività di compravendita degli insider, sono disponibili suvari siti, fra cui www.dailystocks.com (inserite il ticker e scegliete “Gigablastresearch”, poi andate alle sezioni institutional ownership, insider ownership einsider trades), www.marketguide.com (inserite il ticker e poi andate alle sezioniinsider trading e instit.ownership), http://finance.yahoo.com (inserite il ticker e

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La nozione del rischio 83

poi andate alle sezioni Insider, Profile – Top Institutional holders e Profile – Ow-nership) e www.morningstar.com (inserite il ticker e poi visitate la sezione Ow-nership). Ulteriori dettagli su attività e identità di insider e investitori istituzio-nali negli ultimi due anni sono disponibili sul sito www.insidertrader.com, che,inoltre, nella rubrica Insider Weekly Review evidenzia le azioni che hanno re-gistrato di recente una significativa attività degli insider. Nel nostro booksite,abbiamo raccolto dati sulla partecipazione azionaria media di insider ed inve-stitori istituzionali per ciascun settore industriale negli Stati Uniti. Infine, perfarvi un’idea di come l’azienda è classificata dal punto di vista della tipologiadi investimento (Value o Growth, Large Cap o Small Cap) andate sul sito dellaMorningstar (www.morningstar.net - quicktake reports). Una volta ottenutal’istantanea della società, fate clic su Investment Style.

WWW ItaliaNel nostro booksite, abbiamo raccolto dati sulla partecipazione azionaria me-dia di investitori istituzionali per le società italiane quotate, che possono cosìessere comparati con le medie di settore per gli Stati Uniti. Per maggiori detta-gli, si può tentare la pagina Web della società cui si è interessati (buona fortu-na!). Per le società italiane quotate negli Stati Uniti, infine, si possono utilizza-re le fonti menzionate nel paragrafo precedente.

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Misura del rischioe soglia minima di rendimento:in pratica

4

Nel corso del capitolo precedente abbiamo sostenuto che il rendimentoatteso di un investimento deve essere una funzione del “rischio-merca-to” connesso all’investimento. Nel presente capitolo vedremo come sti-mare i parametri del rischio-mercato di un progetto di investimento nel-l’ambito di ciascuno dei modelli presentati nel Capitolo 3 – il capital as-set pricing model (CAPM), l’arbitrage pricing model (APM) e il modellomultifattoriale. Presenteremo tre approcci alternativi. Il primo consistenell’utilizzare dati storici sui prezzi di mercato relativi al progetto in esa-me o all’impresa che lo sta esaminando. Il secondo consiste nell’utilizza-re i parametri individuati per altre aziende che svolgono la stessa attivitàdel progetto preso in esame. Il terzo consiste nell’utilizzare misure con-tabili (utili o fatturato).

Oltre al rischio di mercato, considereremo anche la stima del tasso“privo di rischio” (risk-free rate) e del “premio di rischio” (risk premium)(nel CAPM) o dei diversi “premi di rischio” (nell’APM e nei modelli mul-tifattoriali), che ci consentiranno di convertire la misura di rischio in unrendimento atteso (il cosiddetto costo del capitale netto). Presenteremopoi un metodo per convertire il rischio di insolvenza in una stima delcosto del debito. A questo punto, saremo in grado di mostrare come ilcosto del capitale netto e il costo del debito vanno a comporre il costo delcapitale1 , che verrà a rappresentare ciò che abbiamo in precedenza defi-nito la “soglia minima di rendimento accettabile” di un progetto.

1 Il ruolo cruciale del costo del capitale è evidente nel celebre articolo del 1958 di Modi-giliani e Miller, inizio dello studio sistematico della finanza aziendale, che si apriva con ladomanda: “What is the cost of capital?” [N.d.C]

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86 Capitolo 4

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 87

Il costo del capitale nettoIl costo del capitale nettoIl costo del capitale nettoIl costo del capitale nettoIl costo del capitale nettoIl costo del capitale netto (cost of equity) è il tasso di rendimento richiesto dacoloro che investono nelle azioni di una società. Poiché tutti i modelli di ri-schio e rendimento descritti nel Capitolo 3 richiedono un tasso privo di ri-schio e un premio di rischio (nel CAPM) o diversi premi di rischio (nell’APM enei modelli multifattoriali), cominceremo col discutere questi input, prima didedicarci alla stima dei parametri di rischio.

TTTTTasso privo di rischioasso privo di rischioasso privo di rischioasso privo di rischioasso privo di rischio22222

Abbiamo definito “investimento privo di rischio” un’attività della quale l’in-vestitore conosce con certezza il rendimenti atteso. Di conseguenza, perchéun investimento sia esente da rischio (abbia cioè un rendimento effettivo parial rendimento atteso), devono verificarsi due condizioni:

����� Non deve esserci rischio di insolvenza (default risk), il che in genere implicache si tratti di un titolo emesso da uno Stato.

����� Non deve esserci incertezza sui tassi di reinvestimento, il che implica che nonci siano flussi di cassa intermedi.

Il tasso privo di rischio è quindi il tasso di un titolo zero-coupon3 emesso dalloStato con lo stesso orizzonte temporale del flusso di cassa analizzato. In teoriaquesto implica l’utilizzo di diversi tassi privi di rischio per ciascun flusso dicassa di un investimento: il tasso di uno zero coupon a un anno per il flusso dicassa del primo anno, il tasso di uno zero coupon a due anni per il flusso dicassa del secondo anno, e così via. Tuttavia, in pratica se i flussi di cassa attesisono molto incerti, utilizzare tassi privi di rischio che variano nel tempo piut-tosto che un unico tasso medio ha in genere un impatto minimo in termini divalore attuale. L’utilizzo del tasso di un titolo di Stato a lungo termine (anche senon zero-coupon) come tasso privo di rischio per tutti i flussi di cassa di uninvestimento di lungo termine rappresenterà una buona approssimazione delvalore reale. Per un investimento di breve termine, sarà invece più appropriatoutilizzare il tasso di un titolo di Stato a breve termine.4

2 Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete un articolo,scritto dall’autore di questo libro, La stima del tasso privo di rischio (Estimating Risk FreeRates), nel quale vengono approfonditi i temi discussi in questo paragrafo.3 Un titolo zero coupon è un titolo che non paga interessi periodici ed è venduto a unprezzo molto inferiore al suo valore nominale (face value). L’investitore che lo acquistaviene remunerato tramite il graduale apprezzamento del titolo, ricevendo poi il valorenominale alla scadenza. [N.d.C.]4 Per gli Stati Uniti, il titolo di Stato a breve termine è il Treasury Bill (3 mesi, 6 mesi o unanno), il titolo a medio termine è il Treasury Note (da 1 a 10 anni), mentre il titolo a lungotermine è il Treasury Bond (da 10 anni in su, fino a 30 anni) [N.d.C.].

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88 Capitolo 4

In praticaChe farChe farChe farChe farChe fare in mancanza di un titoloe in mancanza di un titoloe in mancanza di un titoloe in mancanza di un titoloe in mancanza di un titoloprivo di rischio di insolvprivo di rischio di insolvprivo di rischio di insolvprivo di rischio di insolvprivo di rischio di insolvenza?enza?enza?enza?enza?

Nella nostra trattazione sui tassi privi di rischio abbiamo ipotizzato implicita-mente che lo Stato sia un’entità priva di rischio di insolvenza e che esso emet-ta obbligazioni a lungo termine. Esistono tuttavia alcune economie nelle qualiuna o entrambe queste condizioni possono non verificarsi. In alcuni Paesiemergenti, lo Stato in passato non è riuscito ad adempiere ai propri obblighifinanziari e perciò non viene considerato privo di rischio di insolvenza. Esisto-no inoltre Paesi nei quali lo Stato non emette obbligazioni a lungo termine.

Ci sono tre soluzioni a quest’ultimo problema. La prima è ignorarlo completa-mente, conducendo l’analisi in una valuta diversa (quale il dollaro statunitense)nella quale sia possibile ottenere un tasso privo di rischio. La seconda è indivi-duare il tasso a cui le maggiori e più solide imprese del Paese possono ottenereprestiti a lungo termine nella valuta locale, e sottrarre da tale tasso un piccolopremio per il rischio d’insolvenza (0,2-0,3%), ottenendo così una stima indirettadel tasso privo di rischio a lungo termine. La terza soluzione è possibile soltantoin presenza di un contratto per consegna differita (forward contract) a lungo termi-ne nella valuta locale. Dal momento che i prezzi di tali contratti sono governatidal principio della parità dei tassi di interesse, il tasso di interesse a lungo terminenella valuta locale può essere derivato dal prezzo del contratto per consegna dif-ferita e dal tasso di interesse a lungo termine nella valuta estera.

Nel processo di stima di un tasso privo di rischio, vi sono anche altre questioniche debbono essere risolte. Ad esempio, il tasso privo di rischio deve sempreessere un tasso su un titolo emesso dal Paese in cui opera l’azienda in esame? Iltasso privo di rischio deve essere nominale o reale? La risposta più semplice aquesto tipo di domande è che il tasso privo di rischio deve essere definito neglistessi termini dei flussi di cassa analizzati. In particolare, se l’analisi viene condot-ta in termini reali, il tasso privo di rischio deve essere un tasso privo di rischioreale. Se invece l’analisi viene condotta in dollari statunitensi e in termini nominali,il tasso privo di rischio deve sempre essere un tasso sui titoli di Stato statunitensi,qualunque sia la locazione geografica dell’azienda che sta valutando l’investi-mento. A nostro avviso, ciò è vero anche nel caso in cui il Paese in cui operal’azienda emetta obbligazioni denominate in dollari statunitensi5, che quindi ri-flettono un premio per il rischio d’insolvenza. Riteniamo infatti più corretto tene-re conto del premio per il rischio di insolvenza di un Paese nell’ambito della stimadel premio di rischio piuttosto che del tasso privo di rischio.

5 A titolo esempificativo, il Brasile ha delle obbligazioni a lungo termine denominate in dol-lari chiamate C-bond e che fruttano tassi maggiori rispetto agli analoghi titoli di stato statuni-tensi.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 89

In praticaStima e utilizzo di tassi rStima e utilizzo di tassi rStima e utilizzo di tassi rStima e utilizzo di tassi rStima e utilizzo di tassi reali privi di rischioeali privi di rischioeali privi di rischioeali privi di rischioeali privi di rischio

I tassi reali privi di rischio non includono un premio per l’inflazione attesa edevono essere utilizzati se anche i flussi di cassa sono stimati in base a talepremessa. Come regola pratica, è bene non utilizzare flussi di cassa e tassi diattualizzazione espressi in termini nominali quando l’inflazione è a due cifre.Una soluzione è utilizzare un’altra valuta più stabile; ad esempio, in economiea elevata inflazione, molto spesso le analisi e le valutazioni degli investimentivengono compiute in dollari statunitensi. L’altra soluzione è condurre l’interaanalisi (sia i flussi di cassa sia i tassi di attualizzazione) in termini reali.

Ottenere tassi privi di rischio in termini reali è estremamente semplice senel mercato vengono negoziati titoli di Stato con una protezione contro l’in-flazione. Per esempio per gli Stati Uniti si può utilizzare come tasso reale privodi rischio il tasso sui titoli indicizzati all’andamento dell’inflazione che furonointrodotti nel 1997. Sfortunatamente titoli di questo tipo di solito non esisto-no laddove sarebbero più utili, cioè in economie a elevata inflazione. In questotipo di mercati, il tasso reale privo di rischio deve essere stimato in modo indi-retto: l’approccio che noi suggeriamo è quello di adoperare come approssima-zione il tasso atteso di crescita reale a lungo termine dell’economia in questio-ne. Per gli Stati Uniti questo tasso sarà più o meno del 3%, mentre sarà mag-giore per altri Paesi come Brasile e Cina.

Domanda di verifica 4.1Qual è il “giusto” tasso privo di rischio?Qual è il “giusto” tasso privo di rischio?Qual è il “giusto” tasso privo di rischio?Qual è il “giusto” tasso privo di rischio?Qual è il “giusto” tasso privo di rischio?

Il giusto tasso privo di rischio da utilizzare nel CAPM è:

����� Il tasso sui titoli di Stato a breve termine

����� Il tasso sui titoli di Stato a lungo termine

����� Dipende se l’investimento in esame è a breve o a lungo termine.

Il prIl prIl prIl prIl premio di rischio (emio di rischio (emio di rischio (emio di rischio (emio di rischio (risk prrisk prrisk prrisk prrisk premiumemiumemiumemiumemium)))))66666

Il premio di rischio è un elemento essenziale nel contesto dei modelli di ri-schio e rendimento (definiti nel loro insieme asset pricing model). Nel para-grafo seguente esamineremo le determinanti fondamentali del premio di ri-schio e come stimarlo in pratica.

6 Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete un articolo, (Esti-mating Risk Premiums), nel quale vengono approfonditi i temi discussi in questo paragrafo.

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90 Capitolo 4

Che cosa dovrChe cosa dovrChe cosa dovrChe cosa dovrChe cosa dovrebbe misurebbe misurebbe misurebbe misurebbe misurararararare il pre il pre il pre il pre il premio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?Nel CAPM il premio di rischio misura il rendimento addizionale richiesto da-gli investitori per spostarsi da un investimento privo di rischio a un investi-mento di media rischiosità. Ne segue che il premio di rischio dovrebbe essereuna funzione di due variabili:

1. L’avversione degli investitori al rischio Maggiore l’avversione al rischio,maggiore il premio richiesto dagli investitori. Tale avversione al rischio è inparte congenita, ma dipende anche dalla situazione economica (in un’eco-nomia in crescita, gli investitori saranno più propensi ad assumere rischi) edalla recente performance del mercato (il premio di rischio tende a salire inseguito a un significativo calo del mercato).

2. La rischiosità dell’investimento rischioso medio Maggiore la rischio-sità dell’investimento rischioso medio, maggiore il premio richiesto dagliinvestitori. Questo dipende dalle caratteristiche delle imprese quotate e dallaloro capacità di gestire il rischio. Per esempio, il premio dovrebbe essereinferiore in mercati dove sono quotate solo le aziende più grandi e stabili.

Dal momento che ciascun investitore nel mercato avrà probabilmente una suavalutazione di un premio accettabile, il premio risulterà essere una media pon-derata di tali singoli premi, con i pesi proporzionali al patrimonio investito daciascun individuo. In parole povere, la valutazione del premio di rischio datada Warren Buffett, con il suo patrimonio, avrà un peso ben maggiore di quelladata da voi o da me.

Allo stesso modo, nell’APM e nei modelli multifattoriali, i premi per il ri-schio utilizzati per ciascuno dei fattori saranno pari alla media ponderata deipremi richiesti dai singoli investitori per ciascuno dei fattori.

Domanda di verifica 4.2Qual è il tuo prQual è il tuo prQual è il tuo prQual è il tuo prQual è il tuo premio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?emio di rischio?

Supponiamo che le azioni siano l’unico investimento rischioso, e che ti ven-gano offerte due possibilità di investimento:

1. Un titolo privo di rischio (ad esempio un titolo di Stato), dal quale puoiricavare un rendimento del 6,7%.

2. Un fondo comune d’investimento sull’intero mercato azionario il cui ren-dimento è incerto.

Che rendimento atteso richiederesti per investire nel fondo comune piuttostoche nel titolo privo di rischio?

����� Meno del 6,7%

����� Fra il 6,7% e l’8,7%

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 91

����� Fra l’8,7 % e il 10,7%

����� Fra il 10,7% e il 12,7%

����� Fra il 12,7% e il 14,7%

����� Più del 14,7%

La risposta a questa domanda dovrebbe fornirti una misura del tuo premio dirischio. Per esempio se la risposta è l’8,7%, il tuo premio di rischio sarà del 2%.

La stima dei prLa stima dei prLa stima dei prLa stima dei prLa stima dei premi per il rischioemi per il rischioemi per il rischioemi per il rischioemi per il rischioNel contesto del CAPM ci sono tre modi per misurare il premio di rischio:condurre un sondaggio fra i maggiori investitori per capire quali sono le loroaspettative per il futuro; misurare i premi effettivamente ottenuti in passatoanalizzando dati storici; misurare il premio implicito nei dati correnti di mer-cato. Nell’APM e nei modelli multifattoriali il premio può essere stimato sol-tanto sulla base di dati storici.

Sondaggi (survey premium)Dal momento che il premio non è altro che la media ponderata dei premirichiesti da singoli investitori, può essere stimato a partire dai rendimenti at-tesi dagli investitori, attraverso un sondaggio degli investitori di maggiore peso,vale a dire i gestori di fondi. Va però detto che pochissimi nella pratica profes-sionale utilizzano la stima del premio ottenuta tramite questo meccanismo(survey premium), per tre motivi:

1. È un metodo che non impone limiti di buon senso; in teoria, ne potrebbeanche risultare che il rendimento atteso dai gestori di fondi sia inferiore altasso privo di rischio.

2. Le stime ottenute sono estremamente volatili; i survey premium possonovariare in modo significativo, in funzione dei recenti movimenti del mercato.

3. Infine, tendono a essere a breve termine, in quanto tali sondaggi indaganole aspettative di rendimenti nel breve periodo (un anno o meno).

Domanda di verifica 4.3I prI prI prI prI premi per il rischio variano?emi per il rischio variano?emi per il rischio variano?emi per il rischio variano?emi per il rischio variano?

Nella Domanda 4.2 ti è stato chiesto quale premio richiederesti per investirein un portafoglio azionario, piuttosto che in un’attività non rischiosa. Suppo-niamo che la stessa domanda ti venga riproposta dopo una settimana in cui ilmercato è sceso del 20%. Il tuo premio sarebbe maggiore, minore o lo stesso?

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92 Capitolo 4

Premi storiciIl metodo più comune per stimare il premio(o i premi) di rischio nei modelli dirischio e rendimento è l’estrapolazione da dati storici. Nell’APM e nei modellimultifattoriali, i dati su cui i premi sono basati sono serie temporali di prezzisu lunghissimi archi temporali. Nel CAPM il premio viene di solito definitocome la differenza fra rendimenti medi azionari e rendimenti medi su titoliprivi di rischio lungo un certo periodo di tempo.

Nella maggior parte dei casi, questo tipo di approccio consta di tre tappesuccessive: 1) definire un arco temporale per la stima; 2) calcolare il rendi-menti medio di un indice azionario e il rendimenti medio di un titolo privo dirischio nel periodo in questione; 3) calcolare la differenza fra tali rendimenti eutilizzarla come stima del premio di rischio atteso per il futuro. Così facendo,ipotizziamo implicitamente che:

1. L’avversione al rischio degli investitori non sia cambiata in modo sistematiconel tempo (l’avversione al rischio può variare di anno in anno, ma si muoveintorno alla sua media storica).

2. La rischiosità media del portafoglio “rischioso” (l’indice azionario nel no-stro caso) non sia cambiata in modo sistematico nel tempo.

Nel calcolare la media dei rendimenti storici, si pone un’ulteriore domanda:utilizzare medie aritmetiche o geometriche? La media aritmetica è semplice-mente la media dei rendimenti annui per il periodo in questione. La mediageometrica è il rendimento annuo composto relativo allo stesso periodo. Ladifferenza fra le due misure può essere illustrata con un esempio su due anni:

Anno Prezzo Rendimento

0 501 100 100%2 60 –40%

In questo caso, il rendimento medio basato sulla media aritmetica nei dueanni è 30%, mentre quello basato sulla media geometrica è soltanto 9,54%7.Coloro che utilizzano la media aritmetica sostengono che essa è molto piùcoerente con i presupposti del CAPM (media-varianza) e fornisce una miglio-re stima del premio atteso per il periodo immediatamente successivo. In favo-re della media geometrica viene osservato che essa tiene in considerazione lacapitalizzazione dei rendimenti e che fornisce una migliore stima del premiomedio atteso nel lungo termine. L’effetto pratico di questa scelta è estrema-mente significativo, come illustrato nella Tabella 4.1, basata su dati storici direndimenti azionari e obbligazionari.

7 (60/50)½ – 1 = 0,0954).

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 93

Come si può vedere, i premi storici possono variare di molto a seconda delperiodo di riferimento, del tipo di media utilizzata (aritmetica o geoemtrica) ea seconda che si scelga come tasso privo di rischio il tasso sui titoli di Stato abreve o lungo termine. Anche se non c’è un premio “giusto” e uno “sbaglia-to”, i nostri suggerimenti sono i seguenti:

1. Privilegiare periodi di tempo più lunghi (per gli Stati Uniti dati sono dispo-nibili a partire dal 1926), dal momento che i rendimenti azionari sono estre-mamente imprecisi8 e periodi di tempo più brevi possono fornire premi ec-cessivamente alti o bassi.

2. Utilizzare come tassi privi di rischio i tassi sui titoli di Stato a lungo termine,dal momento che l’orizzonte temporale nell’analisi di finanza aziendale ètipicamente di lungo termine.

3. Calcolare i premi sulla base della media geometrica, dal momento che lemedie aritmetiche tendono a fornire stime più elevate del premio, special-mente in mercati che, come quello statunitense, sono riusciti a sopravvive-re a periodi di crisi9. La media geometrica di solito porta a stime inferioridel premio rispetto alla media aritmetica.

Queste tre scelte ci porterebbe a scegliere per gli Stati Uniti un premio del 5,91%,pari alla media geometrica della differenza fra rendimenti azionari e rendimentidei Treasury Bond nel periodo fra 1926 e 1996. Di seguito, nella maggior partedegli esempi riguardanti società statunitensi, utilizzeremo un premio di 5,50%.

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete i rendimentistorici di azioni, Treasury Bill e Treasury Bond dal 1926 in poi.10

Tabella 4.1 Premi di rischio storici del mercato statunitense

Azioni -Treasury Bill Azioni -Treasury Bond

Periodo storico Media Media Media Mediaaritmetica geometrica aritmetica geometrica

1926-1996 8,76% 6,95% 7,57% 5,91%1962-1996 5,74% 4,63% 5,16% 4,46%1981-1996 10,34% 9,72% 9,22% 8,02%

8 In base allo scarto quadratico medio dei prezzi azionari, è stato stimato che per ottene-re una buona stima dei premi per il rischio sarebbero necessari dati precisi per almeno 150anni.9 Bisogna considerare i mercati come quello statunitense – sopravvissuto per 70 annisostanzialmente senza subire collassi – delle eccezioni. Per fare un paragone, consideria-mo gli altri mercati azionari in cui si poteva investire nel 1926; molti di essi non sonosopravvissuti e chi ha investito in essi ha subito gravi perdite. Un’analisi che non tieneconto di questo aspetto è affetta dalla cosiddetta survivorship bias.10 I dati sono aggiornati al 2000 [N.d.C].

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94 Capitolo 4

I dati storici dei rendimenti azionari per gli Stati Uniti sono facilmente acces-sibili; i premi per gli altri Paesi sono aggiornati in Ibbotsom e Brinson (1991).Tuttavia i dati storici non sono disponibili per periodi così lunghi come per gliStati Uniti, come dimostra la Tabella 4.2.

Il premio ottenuto dagli investimenti azionari rispetto ai titoli di Stato èstato in genere più basso nei mercati europei (eccetto quello britannico) chenegli Stati Uniti o in Giappone. Riteniamo che i recenti cambiamenti in moltidi questi mercati e nelle economie alla loro base siano stati così significativiche i premi storici hanno poco valore. Questa considerazione acquista ancoramaggiore rilevanza prendendo in considerazione i cosiddetti mercati emer-genti (emerging markets). Conoscere il premio che un investitore avrebbe otte-nuto nel mercato brasiliano dal 1987 al 1996 non sarebbe di grande aiuto perstimare il premio atteso in futuro, viste le oscillazioni significative dell’econo-mia brasiliana, soprattutto dopo il Real Plan11 del 1994.

Tabella 4.2 Premi di rischio nel mondo: 1969-1995

Azioni Obbligazioni

Paese Inizio Fine Rendimento Rendimento Premioannuale annuale di rischio

Australia 100 898,36 8,47% 6,99% 1,48%Canada 100 1020,7 8,98% 8,30% 0,68%Francia 100 1894,26 11,51% 9,17% 2,34%Germania 100 1800,74 11,30% 12,10% -0,80%Giappone 100 5169,43 15,73% 12,69% 3,04%Hong Kong 100 14993,06 20,39% 12,66% 7,73%Italia 100 423,64 5,49% 7,84% –2,35%Messico 100 2073,65 11,88% 10,71% 1,17%Paesi Bassi 100 4870,32 15,48% 10,83% 4,65%Regno Unito 100 2361,53 12,42% 7,81% 4,61%Singapore 100 4875,91 15,48% 6,45% 9,03%Spagna 100 844,8 8,22% 7,91% 0,31%Stati Uniti 100 1633,36 10,90% 7,90% 3,00%Svizzera 100 3046,09 13,49% 10,11% 3,38%

Se per gli altri Paesi non è possibile utilizzare i premi storici, come possiamoottenere un premio da utilizzare nel CAPM? Ricordiamo che il premio di ri-schio è funzione della volatilità di un’economia e del rischio politico a essaassociato. A parità di condizioni, ci aspetteremmo, soprattutto in prospettivafutura, che mercati più rischiosi rispetto agli Stati Uniti abbiano premi di ri-

11 Il Real Plan ha ridotto l’inflazione portandola da tre cifre a due cifre, cambiando lecarattereristiche sostanziali dell’economia brasiliana.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 95

schio più elevati. Nonostante non esista una misura diretta di tale rischio, lamaggior parte dei Paesi vengono classificati dalle agenzie di rating sulla base,almeno in parte, di questi criteri. Il vantaggio di questo approccio è che con-sente di associare a ciascun rating un premio per il rischio di insolvenza (de-fault premium) e ottenere così indirettamente una stima del premio di rischio.Per esempio, la tabella seguente raccoglie i premi per il rischio di mercati emer-genti in Asia, America Latina e Europa orientale:

Paese Rating Premio di rischio

Argentina BBB 5,5% + 1,75% = 7,25%Brasile BB 5,5% + 2% = 7,50%Cile AA 5,5% + 0,75% = 6,25%Cina BBB+ 5,5% + 1,5% = 7,00%Colombia A+ 5,5% + 1,25% = 6,75%Corea AA– 5,5% + 1,00% = 6,50%Filippine BB+ 5,5% + 2,00% = 7,50%India B+ 5,5% + 2,00% = 7,50%Indonesia BBB 5,5% + 1,75% = 7,25%Lituania BB+ 5,5% + 2% = 7,50%Malesia A+ 5,5% + 1,25% = 6,75%Messico BBB+ 5,5% + 1,5% = 7,00%Pakistan B+ 5,5% + 2,75% = 8,25%Paraguay BBB– 5,5% + 1,75% = 7,25%Perù B 5,5% + 2,5% = 8,00%Polonia AA 5,5% + 0,75% = 6,25%Repubblica Ceca A 5,5% + 1% =6,50%Romania BB– 5,5% + 2,5% = 8,00%Russia BB– 5,5% + 2,5% = 8,00%Slovacchia BBB– 5,5% + 1,75% = 7,25%Slovenia A 5,5% + 1% = 6,50%Tailandia A 5,5% + 1% = 6,50%Taiwan AA+ 5,5% + 0,50% = 6,00%Turchia B+ 5,5% + 2,75% = 8,25%Uruguay BBB 5,5% + 1,75% = 7,25%

Il procedimento è il seguente: 1) si prende il rating assegnato (nella valutalocale) dall’agenzia di rating ai titoli di Stato emessi dal Paese (il cosiddettocountry bond rating); 2) si calcola la differenza (country bond premium) fra iltasso di interesse su obbligazioni industriali statunitensi con quello stesso ra-ting e il tasso sui Treasury Bond; 3) si aggiunge tale differenza al premio per ilrischio degli Stati Uniti.

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96 Capitolo 4

In sostanza, questo approccio consiste nell’esprimere il rischio dei titoli diStato emessi da questi Paesi in termini di una “equivalente” obbligazione so-cietaria negli Stati Uniti.12

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete i rating aggior-nati per i vari Paesi e i premi per il rischio associati a ciascuno di essi.

In praticaStimarStimarStimarStimarStimare i pre i pre i pre i pre i premi per il rischio dei Pemi per il rischio dei Pemi per il rischio dei Pemi per il rischio dei Pemi per il rischio dei Paesiaesiaesiaesiaesi

Alcuni non sono d’accordo sull’idea di utilizzare il rating assegnato a titoliobbligazionari di un Paese (country bond rating) per stimare il premio per ilrischio sull’investimento azionario nello stesso (equity risk premium). Bisognatuttavia rilevare che esiste una stretta correlazione fra country bond premium erendimento del mercato azionario di un Paese. Inoltre, molti dei fattori esami-nati dalle agenzie di rating nell’analisi del rischio obbligazionario di un Paesesono gli stessi fattori rilevanti per la valutazione del rischio azionario di quelPaese. Nel caso in cui non si voglia utilizzare un rating obbligazionario perstimare il premio di rischio sull’investimento azionario, si possono utilizzarealtre misure che riflettono il rischio di un Paese nel suo insieme. The Economist,per esempio, assegna un punteggio numerico a ogni Paese, da 0 (meno ri-schioso) a 100 (più rischioso). Si potrebbe partire da questi rating e assegnarea ciascuno un differenziale di rischio (risk spread). Un approccio alternativo èquello di utilizzare strumenti derivati che consentono di eliminare l’esposi-zione al rischio-Paese (contratti a premio, contratti a termine e contratti perconsegna differita). Il costo percentuale annuo di tali strumenti, aggiunto alpremio di base del proprio Paese (Tabella 4.2), rappresenta una stima del pre-mio di rischio del Paese in esame. Per esempio, supponiamo che di essere uninvestitore americano, con un premio di base del 5,5% per investimenti nelmercato nazionale, e che possiamo comprare un’assicurazione contro il rischiospecifico di un certo Paese pagando il 2% all’anno. Il premio totale utilizzatoper quel Paese sarà il 7,5%.

Premi azionari implicitiIl terzo approccio per la stima dei premi per il rischio parte dal presuppostoche la valutazione del mercato nel suo insieme sia corretta. Consideriamo, peresempio, un semplice modello di valutazione dei titoli azionari, basato sullaformula della rendita perpetua a rendimento crescente (si veda l’Appendice 3sul valore attuale):

12 In alternativa, si potrebbero utilizzare direttamente i tassi delle obbligazioni emesse dalPaese come premi per il rischio di insolvenza, ma tendono ad essere estremamente volatili.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 97

=−

������������������� ������� �������� �

�������� ��������������������������� ��������� ���������

Tre dei quattro elementi di questo modello possono essere facilmenti ottenuti:il livello corrente del mercato (valore), i dividendi attesi nel prossimo periodoe il tasso di crescita atteso di utili e dividendi nel lungo termine. Con questi treinput, il modello consente di calcolare il rendimento atteso sul capitale netto,che verrà a rappresentare il rendimento atteso implicito sul mercato azionario.Sottraendo da esso il tasso privo di rischio, otterremo un premio implicito peril rischio azionario.

Al fine di illustrare questo metodo, supponiamo che il livello attuale del-l’indice S&P 500 sia 900, che il tasso di dividendo atteso sull’indice sia del 2%e che il tasso di crescita atteso degli utili e dei dividendi nel lungo termine siadel 7%; risolvendo per il rendimento atteso sul capitale netto otteniamo:

900 = (0,02 × 900)/(r – 0,07)

r = (18 + 63)/900 = 9%

Con un tasso privo di rischio del 6%, il premio implicito sarà pari al 3%.Il vantaggio di questo approccio è che si basa solo su valori di mercato

correnti e non richiede dati storici. È valido tuttavia soltanto nella misura incui è valido il modello di valutazione scelto, e il suo utilizzo richiede la dispo-nibilità e l’esattezza degli input necessari. Nell’esempio precedente, alcunipotrebbero essere in disaccordo con l’utilizzo di dividendi e con l’assunto diun tasso di crescita costante. Infine, tale approccio è basato sull’ipotesi che ilmercato nel suo insieme sia valutato in modo corretto.

Per illustrare la differenza fra premi impliciti e premi storici, si consideril’evoluzione del premio implicito nei valori dell’indice S&P 500, a partire dal1960 (Figura 4.1).13

Bisogna infine sottolineare che tale approccio non può essere adottato nel conte-sto dei modelli con molteplici fattori, poiché esso fornisce soltanto una misura aggre-gata del premio di rischio, e non singoli premi per ciascuno dei fattori.

Domanda di verifica 4.4PrPrPrPrPremi impliciti e premi impliciti e premi impliciti e premi impliciti e premi impliciti e premi storiciemi storiciemi storiciemi storiciemi storici

Supponiamo che il premio implicito nel mercato sia in questo momento il 3%,mentre il premio storico è del 7,5%.

13 Il modello di valutazione utilizzato è un modello di attualizzazione dei dividendi adue fasi di crescita (Capitolo 12). Come tassi di crescita attesa, abbiamo utilizzato tassi dicrescita passati di utili e dividendi.

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98 Capitolo 4

14 Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete un articolodell’autore di questo libro, (Risk Parameter Estimation), nel quale vengono approfonditi itemi discussi in questo paragrafo.

Utilizzare il premio storico per valutare azioni ti condurrà probabilmente a:

����� Trovare più azioni sottovalutate che sopravvalutate.

����� Trovare più azioni sopravvalutate che sottovalutate.

����� Trovare più o meno lo stesso numero di azioni sottovalutate e sopravvalutate.

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete:• i dati utilizzati per calcolare il premio azionario in ciascun anno per il mercato statuni-

tense• uno spreadsheet che permette di stimare il premio azionario implicito in un determina-

to mercato.

PPPPParararararametri di rischioametri di rischioametri di rischioametri di rischioametri di rischio1414141414

Gli ultimi dati di cui abbiamo bisogno per mettere in pratica i nostri modelli dirischio e rendimento sono i parametri di rischio per una specifica attività. NelCAPM il beta di un’attività deve essere stimato rispetto al portafoglio di mer-

Figura 4.1 Premio di rischio implicito: mercato azionario statunitense

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 99

cato. Nell’APM e nel modello multifattoriale, bisogna misurare i beta di un’at-tività rispetto a ciascuno dei fattori. Esistono tre approcci per stimare questiparametri: è possibile utilizzare dati storici sui prezzi di mercato di singoleattività, stimare il beta a partire dall’analisi fondamentale, oppure utilizzaredati contabili. Di seguito mostreremo tutti e tre gli approcci.

DerivarDerivarDerivarDerivarDerivare il beta da dati storici di mere il beta da dati storici di mere il beta da dati storici di mere il beta da dati storici di mere il beta da dati storici di mercatocatocatocatocatoSi tratta del metodo adottato dalla maggior parte di agenzie e analisti. Anzi-tutto bisogna calcolare i rendimenti che un investitore avrebbe potuto ottene-re dalle azioni di un’azienda per ogni intervallo di tempo (settimana o mese)lungo un certo periodo. Nel contesto del CAPM, il beta viene poi ottenutoesaminando la relazione fra questi rendimenti e i corrispondenti rendimentidi un indice scelto come approssimazione del “vero” portafoglio di mercato.Nel contesto dei modelli multifattoriali, si esamina invece la relazione fra irendimenti azionari e l’andamento di vari fattori macroeconomici. Infine, nel-l’APM è l’analisi fattoriale dei rendimenti azionari a fornire i vari beta.

Procedure standard per la stima dei parametri del CAPM – Beta e AlfaIl beta di un’attività può essere stimato come coefficiente di una regressione15

dei rendimenti azionari (Rj) sui rendimenti di mercato (Rm).

Rj = a + b Rmin cui

a = intercetta della retta di regressioneb = inclinazione della retta di regressione = covarianza (Rj, Rm) /σ2

m

L’inclinazione della retta di regressione corrisponde al beta dell’azione e nemisura la rischiosità. L’intercetta della regressione fornisce una semplice misu-ra della performance effettivamente ottenuta nell’arco temporale analizzatorispetto alle previsioni del CAPM.

Rj = Rf + β (Rm – Rf ) Relazione fra rendimento= Rf (1 – β) + β Rm dell’azione e rendimento

del mercato prevista dal CAPM

Rj = a + b Rm Relazione identificata attraversol’equazione di regressione

Perciò un confronto fra l’intercetta (a) e Rf (1 – β) dovrebbe fornire una misuradella performance effettiva dell’azione rispetto alle previsioni del CAPM.16

15 Vedi Appendice 1.16 Talvolta la regressione viene calcolata utilizzando come variabili i rendimenti al nettodel tasso privo di rischio (sia per l’azione che per il mercato). La relazione prevista dal

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100 Capitolo 4

In particolare:

����� Se a > Rf (1 – β) la performance nel periodo analizzato è stata migliore delprevisto

����� Se a = Rf (1 – β) la performance nel periodo analizzato è stata secondo leprevisioni

����� Se a < Rf (1 – β) la performance nel periodo analizzato è stata peggiore delprevisto

In sostanza, la differenza fra a e Rf (1 – β), nota come alfa di Jensen, indica sela performance dell’azione, tenuto conto del suo profilo di rischio, è stata su-periore o inferiore alla performance del mercato azionario nell’arco temporaleanalizzato.

L’altro dato statistico che emerge dalla regressione è l’R quadrato (R2) del-la regressione. Dal punto di vista statistico l’R quadrato fornisce una misuradella capacità della retta di regressione di interpolare i dati. Dal punto di vistafinanziario va interpretato come proporzione del rischio complessivo di un’azio-ne (varianza) attribuibile al rischio di mercato; ne segue che la differenza (1 – R2)indica invece la proporzione del rischio complessivo di un’azione attribuibileal rischio specifico d’impresa.

Un ultimo dato statistico di interesse è l’errore standard della stima delbeta. L’inclinazione della regressione è stimata con un margine di errore, dicui l’errore standard fornisce una misura. L’errore standard può inoltre essereutilizzato per costruire intervalli di confidenza per il “vero” valore del betaattorno al valore stimato attraverso la regressione.

Esempio applicativo 4.1La stima dei parLa stima dei parLa stima dei parLa stima dei parLa stima dei parametri del CAPM per la Disneyametri del CAPM per la Disneyametri del CAPM per la Disneyametri del CAPM per la Disneyametri del CAPM per la Disney

Per stimare i parametri di rischio per la Disney, abbiamo anzitutto calcolato irendimenti dell’azione Disney e di un indice di mercato. In particolare:

1. I rendimenti per un azionista della Disney sono calcolati mensilmente dagennaio 1992 a dicembre 1996. Tali rendimenti comprendono sia i dividen-di che il cambiamento nei prezzi e sono definiti come segue:

Rendimento azionarioDisney,j =

= (Prezzo Disney,j – Prezzo Disney,j-1 + Dividendij )/Prezzo Disney,j-1

CAPM diviene Rj – Rf = β (Rm – Rf) mentre l’equazione di regressione diviene (Rj – Rf) = a+ b (Rm – Rf). In tal caso, l’intercetta della regressione sarà zero se il rendimento effettivopareggia il rendimento previsto dal CAPM, maggiore di zero se la performance dell’azioneè stata migliore del previsto e minore in caso contrario.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 101

in cui

Rendimento azionario Disney,j = Rendimento per un azionista Disneynel mese j

Prezzo Disney,j = Prezzo delle azioni Disney alla fine delmese j

Dividendij = Dividendi sulle azioni Disney nel mese j

I dividendi vanno quindi sommati ai rendimenti del mese che comprende ilgiorno dell’incasso del dividendo (ex dividend day)17. Nel caso in cui nelcorso del mese si sia verificato un frazionamento azionario (stock split), irendimenti devono tenere conto del fattore di frazionamento (split factor),dal quale dipenderà il prezzo azionario.18 Per esempio in un frazionamentodue-per-uno, il prezzo azionario scenderà di circa il 50%,19 e, se non se netenesse conto, il rendimento di quel mese sembrerebbe quasi certamentenegativo. Per neutralizzare l’effetto dei frazionamenti azionari i rendimentivanno calcolati così:

Rendimento Disney,j = (Fattore j ×Prezzo Disney,j – Prezzo Disney,j-1 +

+ Fattore × Dividendij)/Prezzo Disney,j-1

in cui, a titolo esemplificativo, il fattore sarebbe 2 per un frazionamentodue-per-uno e 1,5 per un frazionamento tre-per-due.

2. I rendimenti dell’indice di mercato S&P 500 sono calcolati per ciascun mesedello stesso periodo, utilizzando il livello dell’indice alla fine di ciascun mese,e il tasso di dividendo mensile delle azioni nell’indice:

Rendimento di mercatoS&P,j = [(Indice S&P,j – Indice S&P,j-1)/Indice S&P,j-1 ] ++ Tasso di dividendoj

in cui Indicej è il livello dell’indice alla fine del mese j e Tasso di dividendoj è iltasso di dividendo sull’indice nel mese j. Va ricordato che per quanto l’S&P500 e l’indice composito NYSE siano gli indici più utilizzati per stimare il betadi azioni statunitensi, essi sono solo approssimazioni del “vero” portafoglio dimercato che, nel CAPM, dovrebbe includere tutti i titoli negoziati.

17 Il giorno dell’incasso del dividendo (ex dividend day) è il giorno entro il quale l’azionedeve essere comprata da un investitore perché egli abbia diritto al dividendo. Di solitoesso cade qualche settimana dopo la data dell’annuncio.18 Un frazionamento azionario cambia il numero di azioni in circolazione di una societàsenza tuttavia cambiare i fondamentali. Ad esempio, supponiamo che vi siano 10 azioni incircolazione, con un prezzo unitario di 90, per un valore del capitale netto pari a 900. Dopoun frazionamento tre-per-due ci saranno il 50% di azioni in più in circolazione (10 × 3/2 =15), ma dal momento che il valore totale del capitale netto non è cambiato, il prezzo azio-nario scenderà di un ammontare equivalente (90 × 2/3 = 60).19 1 – inverso del fattore di frazionamento = 1 – ½ = 50%.

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102 Capitolo 4

La Figura 4.2 rappresenta graficamente i rendimenti mensili delle azioni Di-sney e dell’indice S&P 500 nel periodo gennaio 1992-dicembre 1996.

I risultati della regressione per la Disney sono i seguenti20:

a. Inclinazione della regressione = 1,40. Questo è il beta della Disney inbase ai rendimenti dal 1992 al 1996. L’utilizzo di un periodo diverso o di undiverso intervallo di rendimento (settimanale o giornaliero piuttosto chemensile) per lo stesso periodo può risultare in una stima diversa del beta.

b. Intercetta della regressione = – 0,01%. Questo dato, confrontato conRf (1 – β), fornisce una misura della performance della Disney rispetto alleattese implicite nel CAPM.. Poichè il tasso mensile21 privo di rischio fra il1992 e il 1996 è stato in media 0,4%, l’alfa di Jensen risulta essere:

Rf (1 – β) = 0,4% (1 – 1,40) = – 0,16%Intercetta – Rf(1 – β) = – 0,01% – (– 0,16%) = 0,15%

Quest’analisi indica che la Disney ha avuto una performance mensile su-

20 Per dettagli sulla tecnica di regressione vedi Appendice 1.21 Facciamo riferimento al tasso mensile poiché i rendimenti utilizzati nella regressionesono mensili.

Figura 4.2 Disney e S&P 500: gennaio 1992-dicembre 1996

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 103

periore dello 0,15% rispetto ai rendimenti attesi secondo il CAPM fra gen-naio 1992 e dicembre 1996, corrispondente a un valore annualizzato di cir-ca 1,81%.

“Extra” Rendimento annualizzato = (1 + “Extra” Rendimento mensile)12 – 1= 1,001512 – 1 = 1,0181 – 1 = 0,0181 == 1,81%

Stando a questa misura, la performance della Disney è stata dunque leg-germente migliore del previsto nel periodo analizzato. Bisogna tuttavianotare che questo non implica necessariamente che la Disney rappresentiun buon investimento per il futuro. Inoltre questa misura non rivela qualeporzione di questo “extra” rendimento sia attribuibile all’andamento del-l’intero settore industriale piuttosto che all’attività specifica della Disney.Per avere questa informazione, bisognerebbe calcolare gli “extra” rendimentinello stesso periodo per altre aziende operanti nello stesso settore, e poiconfrontarli con il rendimento “extra” della Disney. Per esempio, l’extra ren-dimento medio annualizzato delle altre imprese nel settore dello spettaco-lo fra il 1992 e il 1996 è stato del 3,5%, il che suggerisce che la porzione di“extra” rendimento attribuibile alla performance specifica della Disney è difatto del –1,7%. (Alfa di Jensen specifico dell’azienda = 1,8% – 3,5%)

c. R quadrato della regressione = 32,41%. Questo dato suggerisce che il32,41% del rischio complessivo (varianza) nella Disney è riconducibile acomponenti di rischio-mercato (rischio dei tassi di interesse, rischio infla-zione ecc.), mentre il restante 67,59% del rischio è riconducibile al rischiospecifico d’impresa.22 Quest’ultimo tipo di rischio dovrebbe essere diversi-ficabile, e dunque non viene remunerato nel contesto del CAPM.L’R quadrato della Disney è leggermente maggiore della mediana dell’Rquadrato di tutte le società quotate alla New York Stock Exchange, che nel1997 era circa del 25%.

d. Errore standard della stima del beta = 0,27. Questo dato implica che il “vero”beta della Disney è compreso fra 1,13 e 1,6723 con una confidenza del 67%,e da 0,86 a 1,9424 con una confidenza del 95%. Anche se questi intervallisembrano molto ampi, non sono affatto infrequenti per società statuniten-si. Questo suggerisce che dobbiamo avere una certa cautela nell’utilizzarele stime del beta ottenute tramite la regressione.

22 Più esattamente, al rischio specifico d’impresa e al rischio-settore [N.d.C.].23 I due estremi sono ottenuti sottraendo e aggiungendo un errore standard al beta sti-mato con la regressione (1,40).24 I due estremi sono ottenuti sottraendo e aggiungendo due errori standard al beta sti-mato con la regressione (1,40).

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104 Capitolo 4

Domanda di verifica 4.5LLLLL’importanza dell’R quadr’importanza dell’R quadr’importanza dell’R quadr’importanza dell’R quadr’importanza dell’R quadratoatoatoatoatoper un invper un invper un invper un invper un investitorestitorestitorestitorestitoreeeee

Supponiamo che, sulla base della regressione, sia la Disney che la Amgen, unasocietà di biotecnologia, risultino avere un coefficiente beta pari a 1,40. Tutta-via la Disney ha un R quadrato pari al 32% mentre quello della Amgen è il15%. Quale dei due investimenti sceglieresti?

����� La Disney, perché un R quadrato più elevato indica minore rischiosità.

����� La Amgen, perché un R quadrato inferiore implica una maggiore possibili-tà di alti rendimenti.

����� Uno qualsiasi, dal momento che hanno lo stesso beta.

Risponderesti diversamente se fossi il gestore di un fondo ampiamente diver-sificato?

In praticaUtilizzarUtilizzarUtilizzarUtilizzarUtilizzare gli alfae gli alfae gli alfae gli alfae gli alfa

Nella pratica professionale, si tende a identificare l’alfa con l’intercetta dellaregressione e interpretare perciò un’intercetta positiva (negativa) come segnodi una performance dell’azione superiore (inferiore) al previsto. Ma questainterpretazione è legittima soltanto se i rendimenti utilizzati nella regressionesono espressi al netto del tasso privo di rischio del mese corrispondente25 (siaper l’azione che per l’indice di mercato).

Tale interpretazione è accettabile anche nel caso in cui Rf(1 – β) sia vicinoallo zero, ciò che può accadere in due circostanze:

����� il beta è vicino a 1;

����� l’intervallo considerato è molto breve (rendimenti giornalieri o settimana-li), poichè il tasso privo di rischio su base giornaliera o settimanale è vicinoallo zero.

La stima del beta fornita dalle agenzieNella maggior parte dei casi gli analisti che utilizzano i beta li ottengono tra-mite un’agenzia specializzata nella stima del beta, quali Merrill Lynch, Barra,Value Line, Standard & Poor’s, Morningstar e Bloomberg. Tutte queste agenzie

25 Il motivo è chiaro dalla nota 16 [N.d.C.].

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 105

partono dal beta stimato attraverso la regressione e lo correggono con l’obiet-tivo di renderlo una migliore stima del beta per il futuro. I dettagli delle meto-dologie adottate a tale scopo, in genere, non sono rivelati al pubblico; un’ec-cezione in tal senso è Bloomberg. Riportiamo qui di seguito la pagina Bloom-berg con il calcolo del beta per la Disney, per lo stesso periodo da noi analiz-zato:

Nonostante il periodo di tempo sia identico, vi sono alcune sottili differenze.In primo luogo Bloomberg calcola i rendimenti (sia per l’azione che per l’indi-ce di mercato) solo sulla base dei prezzi, ignorando i dividendi. Nel caso dellaDisney non fa una grossa differenza, ma per una società che non paga divi-dendi o paga dividendi di gran lunga superiori al mercato l’impatto sul betapuò essere notevole. In secondo luogo Bloomberg calcola un beta “corretto”(adjusted beta), così ottenuto come media ponderata fra il beta della regression(raw beta) e il beta dell’intero mercato (1):

Beta corretto = [(0,67) × Beta da regressione + (0,33) × 1]

I pesi adottati (due terzi e un terzo) sono gli stessi per tutte le azioni e hannol’effetto di avvicinare a 1 tutti i beta ottenuti con la regressione. Gran partedelle agenzie utilizzano procedimenti simili per avvicinare i beta a 1. Ciò vienefatto in quanto vari studi empirici documentano che per la maggior parte delle

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106 Capitolo 4

società i beta, nel corso del tempo tendono ad avvicinarsi al beta medio delmercato, che è 1. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato dal fatto che leaziende crescendo tendono a diversificare la loro gamma di prodotti e di clienti(e quindi “assomigliano” di più al mercato).

Domanda di verifica 4.6TTTTTendenza dei beta vendenza dei beta vendenza dei beta vendenza dei beta vendenza dei beta verso 1erso 1erso 1erso 1erso 1

Abbiamo osservato che i beta delle azioni tendono ad avvicinarsi a 1 nel corsodel tempo. Consideriamo due società, la Coca Cola, da sempre attiva esclusi-vamente nella produzione di bibite, e la Pepsico, che ha invece fatto ripetuteincursioni in altri settori (per esempio negli anni ’80 acquistò catene di risto-ranti). Supponiamo che attualmente entrambe abbiano beta molto lontani da1, e che ci si aspetta che esse continuino nella loro diversa politica. Per qualedi esse il beta si avvicinerà più rapidamente a 1?

����� La Coca Cola, perché si concentra sulla sua attività principale.

����� La Pepsico, perché nel corso del tempo si espanderà in altre attività.

����� Entrambe le società vedranno i loro beta avvicinarsi a 1 alla stessa velocità,perché entrambe cresceranno nel corso del tempo.

Problemi di stimaL’analista intenzionato a stimare il beta tramite la regressione deve prenderetre decisioni. La prima riguarda la durata del periodo di stima. La maggior partedelle agenzie di stima utilizzano dati relativi agli ultimi cinque anni, mentreBloomberg si basa invece su due anni. Il trade-off è semplice: un periodo distima più lungo ha il vantaggio di utilizzare più dati, ma l’azienda potrebbeaver cambiato il proprio profilo di rischio nel corso di quel periodo. Ad esem-pio, nel periodo da noi analizzato, la Disney si indebitò notevolmente per ac-quistare la Capital Cities/ABC, modificando così il proprio profilo di rischio,dal punto di vista sia finanziario che operativo.

Il secondo problema di stima riguarda l’intervallo di rendimento. I rendi-menti azionari sono disponibili su base annuale, mensile, settimanale, giorna-liera o anche infragiornaliera. La scelta di rendimenti giornalieri o infragior-nalieri consente di aumentare il numero di osservazioni incluse nella regres-sione, ma la stima del beta che ne risulta sarà seriamente condizionata dallacosiddetta nontrading bias26. Per esempio, i beta delle società più piccole, per

26 Con il termine nontrading bias si fa riferimento al fatto che il rendimento di un titoloin un periodo in cui il titolo non è scambiato (nontrading period) è zero, mentre magarinello stesso periodo il mercato subisce grosse oscillazioni. L’inclusione dei rendimenti diperiodi nontrading nella regressione riduce la correlazione fra rendimento azionario erendimento di mercato e quindi anche la stima del beta.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 107

loro natura più esposte alla nontrading bias, vengono sistematicamente sotto-stimati se si utilizzano rendimenti giornalieri. L’utilizzo di rendimenti setti-manali o mensili può ridurre di molto il problema.27 Nel nostro caso, il betadella Disney stimato utilizzando rendimenti settimanali per 2 anni sarebbe0,98.

Il terzo problema di stima riguarda la scelta dell’indice di mercato da utiliz-zare nella regressione. Il metodo standard utilizzato da molte agenzie è calco-lare il beta rispetto a un indice del mercato in cui il titolo viene negoziato. Cosìi beta per le azioni tedesche sono stimati in relazione al Frankfurt DAX, perquelle inglesi in relazione al FTSE, per quelle giapponesi in relazione al Nikkeie per quelle statunitensi in relazione all’S&P 500. Tale metodo però fornisceuna stima ragionevole del rischio solo dal punto di vista di chi investe esclusi-vamente in quel mercato, mentre dal punto di vista di un investitore diversifi-cato internazionalmente sarà più appropriato un beta calcolato rispetto a unindice internazionale. Per esempio il beta della Disney fra il 1992 e il 1996stimato rispetto al Morgan Stanley Capital Index, un indice composto di titoliazionari di diversi mercati, è pari a 1,19.

In praticaPPPPPerererererché le stime dei beta varianoché le stime dei beta varianoché le stime dei beta varianoché le stime dei beta varianoché le stime dei beta varianoda agenzia ad agenziada agenzia ad agenziada agenzia ad agenziada agenzia ad agenziada agenzia ad agenzia

Capita spesso che, in uno stesso momento, diverse agenzie forniscano stimeanche molto lontane fra loro del beta della stessa azienda. Ci sono vari motiviper queste differenze:

1. Diversa durata del periodo di stima. Per esempio, il beta stimato da Value Linee Standard & Poor si basa su cinque anni di dati, quello di Bloomberg su due.

2. Diversi intervalli di rendimento. Bloomberg e Value Line usano rendimentisettimanali, mentre Standard & Poor’s utilizza rendimenti mensili; alcuneagenzie utilizzano addirittura rendimenti giornalieri.

3. Diversa tecnica di correzione del beta ottenuto dalla regressione. MentreBloomberg avvicina a 1 tutti i beta con lo stesso metodo (descritto in prece-denza), Barra corregge i beta utilizzando una grande varietà di informazio-ni sui fondamentali di ciascuna singola azienda.

L’esistenza di tanti diversi beta può far storcere il naso, ma va ricordato che albeta fornito da ciascuna agenzia è associato un errore standard, e probabil-mente i beta riportati dalle altre agenzie per la stessa azienda sono compresinell’intervallo di confidenza.

27 Il problema può anche essere ridotto utilizzando le tecniche statistiche suggerite daDimson e Scholes-Williams.

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108 Capitolo 4

Esempio applicativo 4.2Altri esempi di stima del betaAltri esempi di stima del betaAltri esempi di stima del betaAltri esempi di stima del betaAltri esempi di stima del betasulla base della rsulla base della rsulla base della rsulla base della rsulla base della regregregregregressioneessioneessioneessioneessione

Ora vedremo come calcolare il beta delle altre tre imprese presentate all’iniziodi questo libro: Bookscape Books, Aracruz Cellulose e Deutsche Bank.

1. La stima del beta della Bookscape Books Stimare il beta sulla base di datistorici funziona soltanto con attività quotate e che hanno prezzi di mercato.La Bookscape Books, essendo un’impresa non quotata, non ha un prezzo dimercato. Nella prossima sezione presenteremo un metodo alternativo per sti-marne il beta. Va notato che lo stesso problema si pone nella stima del beta diimprese quotate solo recentemente, come pure nella stima del beta di divisio-ni di imprese quotate che vogliano calcolare il proprio costo del capitale netto.

2. La stima dei beta della Aracruz Cellulose Un analista alle prese col calcolodel beta di società statunitensi ha il privilegio di poter scegliere fra diversiindici di mercato, in cui in genere nessun singolo titolo predomina sugli altri.Lo stesso non può dirsi per l’analista che voglia stimare i beta di società nonstatunitensi. A pagina seguente presentiamo la stima del beta di Aracruz Cel-lulose, l’azienda brasiliana che produce carta e pasta di cellulosa, utilizzandocome indice il Bovespa, un indice di titoli azionari negoziati alla Borsa di SanPaolo, in cui il peso di ciascun titolo nell’indice dipende dal suo volume dinegoziazione.

Questa regressione presenta due problemi. Il primo è che i dati sono di-sponibili soltanto per 36 mesi, il che riduce il potere della regressione. L’altro –e più grave – problema è che Bovespa è un indice dominato da un titolo, Tele-bras, che rappresenta quasi la metà dell’indice. Perciò il beta della Aracruzcalcolato rispetto al Bovespa è di fatto il beta di Aracruz rispetto a Telebras. Ècome se il beta della Disney fosse stato calcolato rispetto alla società AT&Tinvece che rispetto all’indice di mercato.

La conseguenza è che il beta ottenuto in questo modo non può essere uti-lizzato nel CAPM. Possibili soluzioni, rimanendo nell’ambito del metodo dellaregressione, sarebbero le seguenti:

1. Sostituire il Bovespa con un altro indice di titoli brasiliani, dove ciascuntitolo abbia lo stesso peso, o un peso proporzionale al valore di mercato(come nell’indice Senn, che comprende le 50 maggiori società brasiliane).

2. Considerare un indice che includa non solo i titoli brasiliani ma anche titolidi altri mercati (ad esempio, un indice di titoli dei Paesi latino-americani, oil Morgan Stanley Capital Index).

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 109

3. Calcolare il beta dell’ADR della Aracruz Cellulose,28 quotato alla NYSE, uti-lizzando come indice l’S&P 500 o l’indice composito NYSE.

I beta derivanti da queste regressioni sono indicati nella tabella seguente:

Indice Beta

Brazil I-Senn 0,69S&P 500 (con ADR) 0,46Morgan Stanley Capital Index (con ADR) 0,35

A nostro avviso, nessuno di questi beta è davvero attendibile. Nel prossimoparagrafo presenteremo un altro approccio alla stima del beta più adatto perAracruz. Nel frattempo, è importante rilevare che non è il profilo del portafo-glio di un qualunque investitore a guidare la scelta di un indice, ma il profilodel portafoglio dell’investitore marginale.

28 L’American Depositary Receipt (ADR) è un certificato di deposito azionario (relativo alleazioni di una società estera) trattato sul mercato americano e denominato in dollari statu-nitensi.

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110 Capitolo 4

Questa regressione risente del fatto che la Deutsche Bank rappresenta unaparte significativa del DAX. Nonostante il beta sembri “ragionevole”, presentere-mo in seguito altri metodi utili che ci consentiranno di verificare se lo è davvero.

In praticaQuale indice utilizzarQuale indice utilizzarQuale indice utilizzarQuale indice utilizzarQuale indice utilizzare per la stima del beta?e per la stima del beta?e per la stima del beta?e per la stima del beta?e per la stima del beta?

Nella maggior parte dei casi, nel calcolare il beta, gli analisti finanziari si tro-vano a dover scegliere fra una vasta gamma di indici. Alcuni utilizzano soltan-to l’indice locale, altri scelgono l’indice più “adatto” all’investitore per il qualestanno valutando il titolo. Ad esempio, se l’analisi viene fatta per un investito-re statunitense, verrà utilizzato l’indice S&P. Ma ciò implica che se l’investito-re detiene soltanto due titoli, si dovrebbe utilizzare un indice composto sol-tanto da quei titoli – un approccio chiaramente non corretto.

La scelta dell’indice da utilizzare dipende da chi è l’investitore marginale,nel nostro esempio, nella Aracruz: indicazioni in tal senso possono essere tratte

3. La stima del beta della Deutsche Bank Riportiamo qui di seguito la stima delbeta della Deutsche Bank fornita da Bloomberg utilizzando un indice locale, ilDAX (un indice di grandi società quotate alla Borsa di Francoforte).

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 111

esaminando quali sono i maggiori azionisti nella società e in quali mercati ilvolume di negoziazioni del titolo è maggiore. Infatti, se l’investitore marginaleè un investitore brasiliano, risulta ragionevole utilizzare un indice brasilianoben costruito. Se l’investitore marginale è un investitore globale, una misuramigliore di rischio sarà ottenuta utilizzando un indice globale. Nel tempo, èplausibile che investitori globali sostituiranno quelli locali come investitorimarginali, in quanto meno esposti al rischio e quindi disposti a pagare unprezzo più elevato per uno stesso titolo (Capitolo 3). Di conseguenza, Aracruzrisulterà meno rischiosa per un investitore d’oltreoceano che detiene un por-tafoglio globale, che per un investitore brasiliano che ha investito tutto il suopatrimonio in titoli brasiliani!

Procedimenti standard per stimare i parametri di rischio nell’APMe nel modello multifattorialeCome il CAPM, anche l’APM considera solo il rischio non diversificabile; tut-tavia, nella misurazione del rischio, a differenza del CAPM, l’APM tiene contodi una molteplicità di fattori economici. Sebbene il processo di stima dei para-metri di rischio sia diverso, molti problemi legati alle determinanti del rischionel CAPM si presentano anche per l’APM.

I parametri dell’APM sono stimati tramite un’analisi fattoriale dei rendi-menti azionari storici, la quale consente di individuare il numero di fattorieconomici comuni che determinano tali rendimenti, il premio di rischio perciascun fattore e il beta relativo a ciascun fattore per ciascuna azienda.

Armati dei beta relativi a ogni fattore per ciascuna azienda, e dei premi dirischio per ciascun fattore, si può utilizzare l’APM per stimare il rendimentoatteso di un’azione.

Costo del capitale netto = � �

� �� �

� �

� ���� � � �=

=

+ β −∑in cui:

Rf = tasso privo di rischioβj = beta specifico al fattore jE(Rj) – Rf = premio di rischio per il fattore jk = numero di fattori

In un modello multifattoriale, infine, i beta sono stimati rispetto ai fattori spe-cificati, utilizzando dati storici per ciascuna azienda.

DerivarDerivarDerivarDerivarDerivare il beta dai fondamentalie il beta dai fondamentalie il beta dai fondamentalie il beta dai fondamentalie il beta dai fondamentaliSe è vero che il beta di un’impresa può essere stimato tramite una regressione,non va dimenticato che esso riflette le politiche aziendali in termini di scelta

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112 Capitolo 4

dei settori in cui investire, leva operativa e leva finanziaria. In questo paragrafoprenderemo in esame un approccio alternativo alla stima del beta, in cui si dàminore rilievo alla stima basata su dati storici e maggiore rilievo all’intuizioneeconomica.

Determinanti dei betaIl beta di un’impresa dipende da tre variabili: (1) il tipo di attività dell’impresa,(2) il grado di leva operativa (3) il grado di leva finanziaria. Anche se nel para-grafo seguente faremo riferimento soprattutto al CAPM, la stessa analisi puòessere applicata ai beta stimati nel contesto dell’APM o dei modelli multifat-toriali.

1. Tipo di attività Dal momento che i beta misurano il rischio di un’aziendarispetto a un indice di mercato, più l’attività svolta dall’azienda risente del-l’andamento generale del mercato, maggiore sarà il beta. A parità di condizio-ni, perciò, le cosiddette aziende cicliche, imprese operanti in settori dall’an-damento fortemente prociclico, dovrebbero avere un beta più elevato. Per esem-pio, azende operanti nel settore edilizio e automobilistico, settori tradizional-mente molto sensibili alle oscillazioni dell’economia, dovrebbero avere betamaggiori rispetto a quelle operanti nel settore alimentare o del tabacco, menocondizionati dal ciclo economico.

Sviluppando ulteriormente questa idea, è concepibile che il beta dipendaanche da quanto sia “discrezionale” l’acquisto dei prodotti dell’azienda. Adesempio, il beta di aziende alimentari come la General Foods e la Kellogg’sdovrebbe essere inferiore al beta di rivenditori specializzati, dal momento chei consumatori possono differire l’acquisto dei prodotti del secondo tipo du-rante periodi economici poco favorevoli.

Domanda di verifica 4.7Beta e rischio dell’imprBeta e rischio dell’imprBeta e rischio dell’imprBeta e rischio dell’imprBeta e rischio dell’impresaesaesaesaesa

Polo Ralph Lauren, nota azienda designer di moda, è stata quotata in Borsanel 1997. Supponiamo di doverne calcolare il beta. In base alle tue conoscenzesui prodotti dell’azienda, pensi che il beta sarà:

����� Maggiore di uno?

����� Circa uno?

����� Minore di uno?

Perché?

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 113

In praticaStrStrStrStrStrategia aziendale, markategia aziendale, markategia aziendale, markategia aziendale, markategia aziendale, marketingetingetingetingetinge rischio finanziario aziendalee rischio finanziario aziendalee rischio finanziario aziendalee rischio finanziario aziendalee rischio finanziario aziendale

Le aziende hanno un controllo limitato su quanto sia discrezionale per i loroclienti il prodotto o il servizio che esse forniscono. Ci sono aziende, tuttavia,che hanno utilizzato questo potere, pur limitato, per rendere i propri prodottimeno discrezionali per l’acquirente, diminuendo così la propria rischiosità.Un modo per raggiungere tale obiettivo è rendere il prodotto o servizio parteintegrante e necessaria della vita quotidiana del consumatore. Un esempio intal senso è offerto dai servizi online, come America Online, che hanno spintola gente a utilizzare la posta elettronica e fare shopping su Internet. Un altromodo consiste nel creare una fedeltà alla marca (brand loyalty) tramite pubbli-cità e marketing. L’obiettivo della pubblicità – a mio parere – dovrebbe essereproprio quello di far sembrare necessari agli occhi del consumatore prodotti oservizi che necessari non sono. In tal modo, scelte di strategia aziendale, cam-pagne pubblicitarie e politiche di marketing possono avere nel tempo un im-patto sul rischio dell’impresa, e quindi sul beta.

2. Intensità della leva operativa L’intensità della leva operativa (operating leve-rage) è una funzione della struttura dei costi dell’azienda, e di solito vienedefinita in termini del rapporto fra costi fissi e costi complessivi (fissi e varia-bili). Un’impresa con un’elevata leva operativa (in cui i costi fissi rappresenta-no cioè una frazione elevata dei costi complessivi) avrà anche un’elevata va-riabilità negli utili al lordo di interessi e imposte (Earnings Before Interest andTaxes, EBIT29) rispetto a un’impresa che produce lo stesso tipo di prodotti macon una leva operativa inferiore.

Questo fatto ha delle implicazioni sulle decisioni strategiche che l’impresaprenderà in futuro. Ad esempio, se da un lato l’ammodernamento degli im-pianti e l’aggiornamento della tecnologia portano indubbiamente benefici aun’impresa, dall’altro possono ridurne la flessibilità durante una fase di con-trazione economica, rendendola così più rischiosa.

Dunque la leva operativa ha certamente un impatto sul beta; risulta tutta-via difficile, almeno per un osservatore esterno, misurare la leva operativa diun’azienda, in quanto costi fissi e variabili non sono presentati separatamentenei bilanci aziendali. Una misura approssimativa si può ottenere calcolando ilrapporto fra variazioni nel reddito operativo e variazioni nel fatturato:

�� ���������� ������������������ ���� ����!��������������� �����"�

�� ���������� ��������#�� ��

29 Si veda l’Appendice 2 per una descrizione del bilancio secondo i principi contabiliamericani.

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114 Capitolo 4

Per imprese con un’elevata leva operativa, il reddito operativo dovrebbe varia-re in modo più che proporzionale al variare del fatturato.

Esempio applicativo 4.3CalcolarCalcolarCalcolarCalcolarCalcolare la lee la lee la lee la lee la leva operva operva operva operva operativa per la Disneyativa per la Disneyativa per la Disneyativa per la Disneyativa per la Disney

Nella tabella seguente stimiamo l’intensità della leva operativa della Disneydal 1987 al 1996:

Anno Vendite Variazione % EBIT Variazione %nette delle vendite dell’EBIT

1987 2877 7561988 3438 19,50% 848 12,17%1989 4594 33,62% 1177 38,80%1990 5844 27,21% 1368 16,23%1991 6182 5,78% 1124 –17,84%1992 7504 21,38% 1429 27,14%1993 8529 13,66% 1232 –13,79%1994 10055 17,89% 1933 56,90%1995 12112 20,46% 2295 18,73%1996 18739 54,71% 2540 10,68%Media 23,80% 16,56%

L’intensità della leva operativa cambia significativamente di anno in anno acausa delle oscillazioni del reddito operativo. Possiamo perciò calcolarla uti-lizzando le variazioni percentuali medie del fatturato e del reddito operativonel periodo in questione:

�� ��������$����������� �������% �� ����!��������������� �����"�

�� ��������$�#�� ��

= �&'(&$

)'*)+,'-)$

=

Possiamo fare due considerazioni a riguardo. In primo luogo, la leva operativadella Disney è minore rispetto ad altre imprese che operano nel settore dellospettacolo, la cui leva operativa, in media, secondo le nostre stime è di 1,15:questo dato suggerisce che la Disney ha minori costi fissi rispetto alle sue con-correnti. In secondo luogo, è possibile che la bassa intensità della leva opera-tiva sia in parte dovuta all’acquisizione della Capital Cities nel 1996.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 115

Infatti, se ricalcoliamo la leva operativa limitatamente al periodo 1987-1995:

Intensità della leva operativa1987-95 = �*'+.$

)'-*�.'./$

=

Domanda di verifica 4.8PPPPPolitica sociale e leolitica sociale e leolitica sociale e leolitica sociale e leolitica sociale e leva operva operva operva operva operativaativaativaativaativa

Supponiamo di comparare un’impresa automobilistica europea con una sta-tunitense. Le imprese europee hanno in genere maggiori vincoli nel licenziarei dipendenti in caso di dissesti finanziari. Quali implicazioni avrà questo fattosui beta, ammesso che essi siano stimati rispetto a uno stesso indice?

����� Le imprese europee avranno beta di molto superiori a quelle statunitensi.

����� Le imprese europee avranno beta simili a quelle statunitensi.

����� Le imprese europee avranno beta di molto inferiori a quelle statunitensi.

In praticaModificarModificarModificarModificarModificare la lee la lee la lee la lee la leva operva operva operva operva operativaativaativaativaativa

Le imprese possono modificare la propria leva operativa? Nonostante una partedella struttura dei costi sia determinata dal tipo di attività nella quale l’azien-da è impegnata (un’impresa che produce energia deve costruire stabilimenticostosi, le compagnie aeree devono prendere in affitto aerei, e così via), negliStati Uniti le imprese hanno sviluppato nel tempo diverse strategie per ridurrela componente dei costi complessivi rappresentata da costi fissi. Alcuni esem-pi sono contratti di lavoro più flessibili, sistemi di remunerazione che consen-tono di legare il costo del lavoro alla performance aziendale, contratti di jointventure, in cui i costi fissi sono sostenuti da terzi, e subappalti di fasi di lavora-zione, che riducono il bisogno di stabilimenti e attrezzature costose. Tali azio-ni vengono intraprese con l’obiettivo di ottenere vantaggi competitivi e mag-giore flessibilità, ma di fatto contribuiscono anche a ridurre la leva operativadell’azienda e la sua esposizione al rischio-mercato.

3. Intensità della leva finanziaria (financial leverage) Il beta delle attività del-l’impresa è la media ponderata del beta del capitale netto (rischio a caricodegli azionisti) e del beta del debito (rischio a carico degli obbligazionisti).30

30 βAttività = βCapitale Netto (Capitale Netto/Passività totali) + βDebito (Debito/Passività totali)

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116 Capitolo 4

A parità di condizioni, a un aumento della leva finanziaria (cioè del rappor-to d’indebitamento) seguirà un aumento del rischio a carico degli azionisti (equindi del beta del capitale netto). Infatti i maggiori oneri finanziari, rappre-sentando un costo fisso, porteranno a un aumento della varianza dell’utile diesercizio (più alto in periodi favorevoli e più basso in periodi di recessione). Sel’intero rischio d’impresa è a carico degli azionisti (nel qual caso il beta deldebito è pari a zero)31 e gli oneri finanziari sono fiscalmente deducibili, la rela-zione fra beta del capitale netto (il cosiddetto equity beta) e rapporto di inde-bitamento può essere così rappresentata:

βL = βu [1+ (1 – t) (D/E)]

in cuiβL = Beta “levered” del capitale netto dell’impresa (ossia beta dell’impre-

sa in presenza di debito)βu = Beta “unlevered” dell’impresa (ossia, beta dell’impresa in assenza di

debito)t = Aliquota d’imposta per le societàD/E = Debt/Equity Ratio = Rapporto debito/capitale netto

Il beta unlevered di un’impresa dipende dal suo business risk, cioè dal rischioinerente all’attività da essa svolta (a sua volta funzione del tipo di attività edella leva operativa). Perciò, il beta levered del capitale netto dipende sia dalrischio operativo (business risk) che dal rischio finanziario (financial risk).

Esempio applicativo 4.4EfEfEfEfEffetti della lefetti della lefetti della lefetti della lefetti della leva finanziaria sui beta:va finanziaria sui beta:va finanziaria sui beta:va finanziaria sui beta:va finanziaria sui beta:la Disneyla Disneyla Disneyla Disneyla Disney

In precedenza abbiamo stimato un beta di 1,40 per la Disney nel periodo 1992-1996. Per stimare gli effetti della leva finanziaria sulla Disney, anzitutto abbia-mo calcolato il rapporto medio debito/capitale netto fra il 1992 e il 1996 (uti-lizzando valori di mercato sia per il debito che per il capitale netto:

Rapporto medio debito/capitale netto fra il 1992 e il 1996 = 14%

Utilizzando un’aliquota marginale di imposta per le società del 36%, abbiamoottenuto la seguente stima per il beta unlevered (il beta della Disney se nonavesse debiti):

31 Se il debito ha un rischio di mercato (ossia il suo beta è superiore a zero) questa formula deveessere modificata. Indicando il beta del debito con βD , il beta del capitale netto sarà:

βL = βu (1+(1 – t)(D/E)) – βD (1– t)(D/E)

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 117

Tabella 4.3 Leva finanziaria e beta della Disney

Rapporto Debito/ Rapporto Debito/ Beta EffettoPassività Totali Capitale Netto della leva

0,00% 0,00% 1,28 0,0010,00% 11,11% 1,38 0,0920,00% 25,00% 1,49 0,2130,00% 42,86% 1,64 0,3540,00% 66,67% 1,83 0,5550,00% 100,00% 2,11 0,8260,00% 150,00% 2,52 1,2370,00% 233,33% 3,20 1,9280,00% 400,00% 4,57 3,2990,00% 900,00% 8,69 7,40

Beta unlevered = Beta attuale/[(1 + (1 – aliquota d’imposta) (Rapporto mediodebito/capitale netto)] =1,40/[1 + (1 – 0,36) (0,14)] = 1,2849

A questo punto possiamo stimare l’impatto che diversi livelli di debito avreb-bero sul beta levered:

Beta levered = Beta unlevered × [1 + (1 – aliquota d’imposta)(Debito/capitale netto)]

Per esempio, se il rapporto debito/capitale netto passasse dallo 0% al 10%, ilbeta del capitale netto diverrebbe

Beta levered(10% D/E) = 1,2849 × (1 + (1 – 0,36) (0,10)) = 1,37

Se il rapporto debito/capitale netto salisse al 25%, il beta del capitale nettosarebbe

Beta levered (25% D/E) = 1,2849 × (1 + (1 – 0,36) (0,25)) = 1,49

La Tabella 4.3 mostra come il beta della Disney aumenterebbe al crescere dellaleva finanziaria, da un debito zero a uno pari al 90%.

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, troverete uno sprea-dsheet che consente di stimare il beta unlevered di un’impresa e calcolare poi il betalevered corrispondente a diversi livelli della leva finanziaria dell’azienda.

Una nota su rischio operativo e leva finanziariaCome abbiamo visto, la leva finanziaria ha l’effetto di moltiplicare il rischiooperativo. Ci aspetteremmo perciò che imprese con un alto rischio operativosiano più prudenti nell’indebitarsi, mentre imprese operanti in settori relati-

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118 Capitolo 4

vamente stabili siano più propense a utilizzare la leva finanziaria. Un esempioin tal senso sono le imprese di pubblici servizi (utilities), che storicamente hannoavuto elevati rapporti di indebitamento, ma il cui beta è in genere abbastanzabasso, per via della stabilità del settore in cui esse operano.

La distinzione fra componente operativa e finanziaria del rischio ci aiuta acapire che vi sono due possibili spiegazioni per un beta elevato: 1) l’impresaopera in un settore ad alta rischiosità; 2) l’impresa opera in un settore relativa-mente stabile ma utilizza un’elevata leva finanziaria.

In praticaLeLeLeLeLeva finanziaria e betava finanziaria e betava finanziaria e betava finanziaria e betava finanziaria e beta

Per aziende altamente indebitate, il beta del capitale netto stimato attraversola regressione tende a essere di molto inferiore al beta calcolato inserendol’attuale rapporto debito/capitale netto nell’equazione per il beta levered ri-portata nel paragrafo precedente. Questa differenza è attribuibile a uno o piùdei seguenti fattori:

1. Se il rapporto di indebitamento è stato modificato di recente, il beta stima-to da una regressione dei rendimenti storici di un’azione sui rendimenti dimercato sarà in “ritardo” rispetto al vero beta. Vale a dire che i rendimentiutilizzati nella regressione riflettono la leva finanziaria media nel periodoin questione, piuttosto che la leva finanziaria attuale. La soluzione a questoproblema è abbastanza semplice: ottenere il beta unlevered tramite il rap-porto medio debito/capitale netto nel periodo della regressione, e poi rical-colare il beta levered utilizzando il rapporto debito/capitale netto corrente.

2. L’ipotesi che il debito non sia soggetto al rischio di mercato porta a unastima eccessiva del beta del capitale netto rispetto al vero beta. In realtà ildebito è soggetto al rischio di mercato, soprattutto nel caso di alti indici diindebitamento. Questo problema può essere risolto stimando il beta deldebito e calcolando il beta del capitale netto utilizzando l’equazione cosìmodificata:

βL = βu(1+ (1 – t)(D/E)) – βD(1 – t)(D/E)

3. Il CAPM potrebbe non essere il “giusto” modello di rischio e rendimento,nel qual caso il beta stimato potrebbe non riflettere la vera esposizione diun titolo azionario al rischio-mercato.

Beta bottom-upLa scomposizione del beta nelle tre determinanti (settore di attività, leva ope-rativa e leva finanziaria) suggerisce un metodo di stima alternativo che non

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 119

richiede la disponibilità di prezzi storici relativi all’impresa o all’investimentodi cui si vuole stimare il beta.

Per spiegare questo approccio alternativo dobbiamo prima introdurre un’al-tra preziosa caratteristica del beta. Il beta dell’insieme di due attività è la me-dia ponderata del beta di ciascuna attività, con i pesi proporzionali al loro va-lore di mercato. Di conseguenza, il beta di un’impresa non è altro che la mediaponderata dei beta di ciascuna attività da essa svolta. Il beta bottom-up di un’im-presa può quindi essere calcolato con questo procedimento:

1. Individuare le varie attività svolte dall’impresa.

2. Stimare il beta unlevered per ciascuna attività.

3. Calcolare il beta unlevered dell’azienda come media ponderata dei betaunlevered delle varie attività, usando come pesi la percentuale del valore dimercato dell’impresa rappresentata da ciascuna attività. Nel caso in cui ivalori di mercato non fossero disponibili, si può ricorrere al reddito opera-tivo o al fatturato.

4. Calcolare l’indice di indebitamento dell’azienda, utilizzando i valori di mer-cato di debito e capitale netto. In mancanza di valori di mercato, si puòricorrere al livello target di indebitamento specificato dal management del-l’azienda o all’indice medio di indebitamento del settore industriale in cuiopera l’azienda.

5. Stimare il beta levered dell’azienda a partire dal beta unlevered (calcolatoal punto 3) e dal livello di indebitamento (punto 4).

Chiaramente in questo processo è cruciale la capacità di stimare i beta unleve-red delle singole attività. La Tabella 4.4 sintetizza la media di beta, indici diindebitamento e beta unlevered per ciascun settore industriale negli Stati Uniti(dati raccolti nel marzo 1997).

Tabella 4.4 Beta, rapporti debito/mezzi propri e beta unlevered per settoriindustriali negli Stati Uniti: marzo 1997

Settore Beta Rapporto debito/mezzi propri Beta unlevered

Abbigliamento 0,89 25,33% 0,76Acciaio (generico) 0,83 27,09% 0,70Acciaio (integrato) 0,98 544,91% 0,73Aerospazio/difesa 0,93 18,68% 0,83Alluminio 0,99 38,16% 0,80Ambiente 0,89 37,92% 0,72Arredamento ufficio/casa 0,88 25,83% 0,75Articoli per la casa 0,97 13,90% 0,89Attività ricreative 0,89 22,59% 0,78Autoveicoli 0,96 133,99 % 0,52Banche (Canada) 0,77 27,62% 0,66

(continua)

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120 Capitolo 4

Tabella 4.4 Beta, rapporti debito/mezzi propri e beta unlevered per settoriindustriali negli Stati Uniti: marzo 1997 (seguito)

Settore Beta Rapporto debito/mezzi propri Beta unlevered

Banche (Estero) 0,78 48,02% 0,59Banche (USA, Midwest) 0,73 29,26% 0,62Banche 0,72 31,59% 0,60Bevande (alcolici) 0,71 21,46% 0,62Bevande (analcolici) 0,88 12,13% 0,82Calzature 1,01 10,93 % 0,94Carbone/energia alternativa 0,87 59,10% 0,63Cementi e aggregati 0,83 18,54% 0,74Chimico (di base) 0,89 23,85% 0,78Chimico (diversificato) 0,85 25,76% 0,73Chimico (specializzato) 0,89 16,83% 0,80Computer e unità periferiche 1,33 14,20% 1,22Computer software 1,30 3,96% 1,27Contenitori 0,77 42,57% 0,61Cosmetici 1,00 7,50% 0,95Drogheria 0,78 37,97% 0,63Editoria (quotidiani) 0,86 26,38% 0,73Editoria 0,89 25,08% 0,77Elettrodomestici 0,90 61,05% 0,65Elettronica 1,07 14,67% 0,98Elettronica/spettacolo (estero) 0,78 48,56% 0,59Empori 0,84 18,46% 0,75Energia (Canada) 0,75 43,80% 0,58Energia elettrica (CostaOccidentale) 0,73 90,90% 0,46Energia elettrica (CostaOrientale) 0,73 80,07% 0,48Energia elettrica (RegioneCentrale) 0,70 91,49% 0,44Fabbricazione di metalli 0,81 16,08% 0,73Farmaceutico 1,28 8,48% 1,21Forniture mediche 1,11 8,92% 1,05Forniture per la venditaal dettaglio 0,98 12,33% 0,90Forniture per ufficio 1,04 34,10% 0,85Gas naturale (distribuzione) 0,58 57,47% 0,,42Gas naturale (diversificato) 0,82 47,99% 0,62Giocattoli 0,84 10,52 % 0,79Gomma e pneumatici 1,03 18,61 % 0,92

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 121

Hotel/gioco d’azzardo 1,07 33,14% 0,89Impianti di semiconduttori 1,43 3,95% 1,39Impianti di telecomunicazioni 1,28 6,27% 1,23Impianti elettrici 0,98 9,39% 0,92Imprese ferroviarie 1,01 35,06 % 0,83Imprese marittime 0,86 103,19% 0,52Industria edilizia 0,87 104,04% 0,52Industria estrattiva oro/argento 0,62 10,33 % 0,59Informazione sanitaria 1,22 1,38% 1,21Ingrosso alimentare 0,77 46,13% 0,60Intermediari finanziari 1,19 502,16% 0,28Istituzioni di risparmio 0,86 194,62 0,38Lavorazione dei cibi 0,74 23,05% 0,65Leasing mezzi di trasporto 0,77 71,16% 0,53Macchinari 0,85 30,25% 0,71Materiali edilizi 0,89 26,07% 0,77Metalli ed attività estrattiva(diversificato) 0,80 28,59% 0,68Petrolio (integrati) 0,72 19,73 % 0,64Petrolio (produzione) 0,71 35,91% 0,58Prodotti cartacei 0,84 61,73% 0,60Pubblicità 0,85 10,74% 0,76R.E.I.T. 0,69 109,42 % 0,40Rame 0,90 48,18% 0,69Ricambi di autoveicoli(originali) 1,02 37,22% 0,82Ricambi di autoveicoli(sostitutivi) 0,80 37,88% 0,65Ristorazione 1,06 18,85 % 0,95Semiconduttori 1,45 4,41 % 1,41Servizi di telecomunicazioni 1,08 341,12% 0,89Servizi e impianti petroliferi 0,86 11,43% 0,80Servizi finanziari 1,00 76,02% 0,68Servizi industriali 0,86 26,79% 0,73Servizi medici 1,06 23,61% 0,92Servizi pubblici (estero) 1,00 37,16% 0,81Società d’assicurazioni(diversificate) 0,82 17,16% 0,74Società d’assicurazioni(ramo vita) 0,86 15,86% 0,78Società d’investimento (estero) 0,64 8,70% 0,61Società d’investimento (USA) 0,55 39,67% 0,44

(continua)

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122 Capitolo 4

Tabella 4.4 Beta, rapporti debito/mezzi propri e beta unlevered per settoriindustriali negli Stati Uniti: marzo 1997 (seguito)

Settore Beta Rapporto debito/mezzi propri Beta unlevered

Società diversificate 0,82 23,77% 0,71Societaàd’assicurazioni(ramo infortuni e patrimonio) 0,80 8,62% 0,76Spettacolo 0,88 43,35 % 0,69Strumenti di precisione 0,97 11,07% 0,91Tabacco 0,99 27,75% 0,,84Telecomunicazioni (estero) 0,94 26,35% 0,80Tessile 0,79 70,29% 0,54Trasporto aereo 1,20 93,17% 0,75Trasporto e distribuzione acqua 0,56 109,80% 0,33TV via cavo 1,03 125,37% 0,57Vendita al dettaglio (prodottispecializzati) 1,07 19,13% 0,95Vendita al dettaglio 1,00 47,93 % 0,77

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, continuiamo ad aggior-nare i dati della Tabella 4.4 per settore industriale negli Stati Uniti.

Esempio applicativo 4.5La stima dei beta bottom-up di DisneyLa stima dei beta bottom-up di DisneyLa stima dei beta bottom-up di DisneyLa stima dei beta bottom-up di DisneyLa stima dei beta bottom-up di Disney,,,,,Bookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, Aracracracracracruz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bank

I beta delle nostre quattro aziende possono essere stimati con l’approcciobottom-up utilizzando i beta medi dei settori in cui esse operano.

1. Beta bottom-up della Disney La Disney ha operato un cambiamento signifi-cativo sia nella struttura finanziaria che in quella operativa nel periodo 1992-1996. L’acquisizione di Capital Cities/ABC non solo ne ha rafforzato la pre-senza nel settore televisivo, ma ne ha anche aumentato significativamente laleva finanziaria, essendo stata finanziata prendendo in prestito circa 10 miliar-di di dollari. Dal momento che questo è avvenuto tra il 1995 e il 1996, il betadella regressione non riflette completamente gli effetti di questi cambiamenti.Per stimare il beta attuale della Disney, ne suddividiamo l’attività in cinquecomponenti principali32:

32 Nei propri bilanci la Disney presenta dati dettagliati per tre settori di attività: pro-grammi di intrattenimento (che include la vendita al dettaglio), broadcasting e parchi di-vertimenti (che include i beni immobili).

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 123

1. Programmi di intrattenimento, ovvero la produzione e acquisizione di pel-licole per la distribuzione nei cinema, in televisione e nelle videoteche, e diprogrammi per il mercato televisivo.

2. Vendita al dettaglio, che include circa 610 Disney Store dove vengono ven-duti i prodotti Disney.

3. Broadcasting, che comprende le reti radiofoniche e televisive ABC, fruttodell’acquisizione effettuata nel 1995. Inoltre, la Disney gioca un importanteruolo nel settore della TV via cavo attraverso il Disney Channel, A & E eESPN (le ultime due ottenute con l’acquisizione della ABC).

4. Parchi di divertimento, come Disney World (a Orlando in Florida) e DisneyLand (ad Anaheim in California), e le royalties derivanti dalle partecipazio-ni in Tokio Disneyland e Euro Disney. Gli hotel e ville che si trovano in taliparchi divertimenti ne vengono considerati parte integrante, dal momentoche i loro incassi derivano quasi esclusivamente dai turisti che visitano iparchi.

5. Beni immobili, sotto forma di club vacanze Disney (175 unità a Vero Beachin Florida e 102 unità a Hilton Head nel South Carolina).

Ciascuna di queste attività ha un profilo di rischio diverso; come stima delbeta unlevered di ciascuna abbiamo utilizzato il beta unlevered medio di im-prese operanti nello stesso settore. La Tabella 4.5 raccoglie i dati utilizzati a talfine e il calcolo del beta bottom-up. Il valore delle singole divisioni è stato sti-mato utilizzando, per ciascuna, un diverso multiplo del reddito operativo, aseconda del tipo di attività.33 A questo punto, abbiamo potuto calcolare il betaunlevered della società Disney nel 1996 come media ponderata dei beta unle-vered di ciascuna delle diverse aree di attività, usando come pesi la percentua-le del valore complessivo di mercato rappresentata da ciascuna divisione.34 Ilbeta unlevered della Disney risulta essere 1,0929 (ultima colonna della Tabel-la 4.5).

Il beta del capitale netto può infine essere stimato utilizzando la leva finan-ziaria attuale della Disney. Dato un valore di mercato del capitale netto pari acirca 50 miliardi di dollari e un valore del debito pari a 11,18 miliardi di dollari,arriviamo al beta attuale della Disney:

Beta del capitale netto della Disney = 1,09 [1+(1 – 0,36)(11,18/50)] = 1,25

33 Per ciascun settore industriale corrispondente alle attività svolte dalla Disney abbia-mo calcolato il rapporto medio fra valore dell’azienda e reddito operativo (rapporto Valo-re/EBIT). Tale rapporto è stato poi moltiplicato per il reddito operativo di ciascuna divisio-ne per ottenere una stima del suo valore di mercato.34 In alternativa all’approccio descritto nella nota precedente, avremmo pouto inveceutilizzare come pesi per la media ponderata la percentuale del reddito operativo comples-sivo rappresentata da ciascuna divisione.

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124 Capitolo 4

Tabella 4.5 La stima dei beta unlevered della Disney per area d’attività

Attività Valore stimato Aziende Beta Peso del valore Peso × Beta(miliardi di $) simili unlevered della divisione

Programmi 22,167 Produttrici di film 1,25 35,71% 0,4446di intrattenimento e programmi televisiviVendita al dettaglio 2,217 Rivenditori specializzati 1,5 3,57% 0,0536

di prodotti di fascia altaBroadcasting 18,842 Società televisive 0,9 30,36% 0,2732Parchi divertimenti 16,625 Parchi divertimenti 1,1 26,79% 0,2946Beni immobili 2,217 Fondi comuni d’investi- 0,7 3,57% 0,0250

mento immobiliare spe-cializzati in hotel e va-canze

Azienda 62,068 100,00% 1,0929

Il valore ottenuto col metodo bottom-up è inferiore al beta di 1,40 ottenuto dallaregressione e, a nostro parere, riflette in modo più preciso il rischio della Disney.

2. Beta botto-up di Bookscape Books Per la Bookscape Books, la nostra impresanon quotata, non avevamo potuto stimare un beta tramite la regressione dalmomento che per essa non sono disponibili prezzi storici. Adesso, possiamoperò stimarne il beta utilizzando il procedimento bottom-up. Cominciamocalcolando i beta e i rapporti debito/capitale netto di imprese quotate in Borsaoperanti nello stesso settore (Tabella 4.6):

Tabella 4.6 Beta e leva finanziaria di catene di librerie quotate

Nome Beta Rapporto Debito/ Capitalizzazione di mercatoCapitale Netto (milioni di $)

Barnes & Noble 1,10 23,31% 1416Books-A-Million 1,30 44,35% 85Borders group 1,20 2,15% 1706Crown Books 0,80 3,03% 55Media 1,10 18,21% 816

Notate che i rapporti debito/capitale netto sono basati sui valori di mercato eche le imprese in questione sono molto più grandi di Bookscape Books. Ladiversa dimensione delle imprese non dovrebbe di per sé avere delle implica-zioni dirette sul beta; tuttavia può influenzarli indirettamente, dal momentoche le imprese di minori dimensioni tendono in genere ad avere una più ele-vata leva operativa. Supponendo un’aliquota di imposta marginale del 36%, ilbeta unlevered di Bookscape Books può essere calcolato come segue:

Beta unlevered = 1,10/(1+ (1 – 0,36) (0,1821)) = 0,99

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 125

Notate anche che i rapporti debito/capitale netto delle imprese comparabiliindividuate sono basati su valori di mercato, mentre l’unico rapporto debito/capitale netto che possiamo calcolare per la Bookscape è basato sui valori con-tabili. Per il momento ipotizziamo che la Bookscape rientri nella media del set-tore industriale in termini di indebitamento e che quindi il suo beta sia pari a1,10. Torneremo su questo punto successivamente.

3. Beta bottom-up di Aracruz Cellulose Risulta difficile stimare il beta di Ara-cruz se si rimane entro i confini del mercato brasiliano, per due motivi. Inprimo luogo esistono relativamente poche aziende all’interno di questo mer-cato che operano nello stesso settore della Aracruz (cioè la produzione di car-ta e di pasta di cellulosa). In secondo luogo, sappiamo che i beta di tutte leimprese brasiliane sono comunque inattendibili perché l’indice utilizzato percalcolarli, il Bovespa, è dominato da Telebras.

Possiamo tuttavia rimediare in tre modi. Il primo è espandere la lista diaziende comparabili includendo tutte le aziende che operano nel settore dellaproduzione di carta o di prodotti cartacei nell’intera America Latina, e stimarei loro beta medi e il rapporto debito/capitale proprio. Il problema è che cosìfacendo otteniamo si’ un numero più elevato di aziende comparabili, ma i betastimati per ciascuna di esse rimangono poco attendibili (gli indici di mercatoin questi Paesi hanno lo stesso problema del Bovespa). La seconda possibilitàè utilizzare società statunitensi che operano nel settore della produzione elavorazione della carta. In questo modo, oltre ad aumentare il numero di aziendecomparabili, otterremo anche beta più affidabili. L’ultima possibilità è prende-re in considerazione tutte le aziende produttrici di carta del mondo. Dal mo-mento che i beta sono misure di rischio relativo, a nostro avviso, a parte alcu-ne differenze sostanziali fra i diversi mercati in termini di struttura monopoli-stica e grado di regolamentazione, risulta ragionevole confrontare i beta fradiversi mercati. Nonostante tale gruppo risulti il più ampio, resta sempre ilproblema che alcuni beta saranno stimati rispetto a indici locali poco rappre-sentativi dell’intero mercato nazionale.

Aziende comparabili Beta medio Rapporto Debito/ Beta unleveredCapitale Netto

America Latina (5) 0,70 65,00% 0,49Stati Uniti (45) 0,85 35,00% 0,69Mondo (187) 0,80 50,00% 0,61

Le aliquote d’imposta utilizzate sono state il 35% per le società dell’AmericaLatina, il 36% per quelle statunitensi e il 40% per quelle globali; il numero fraparentesi si riferisce al numero di aziende. Per Aracruz utilizzeremo come betaunlevered 0,61, vale a dire il beta unlevered medio di aziende produttrici dicarta e pasta di cellulosa nel mondo intero.

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126 Capitolo 4

Prima di stimare il beta levered di Aracruz, un esame delle attività dellaAracruaz rivela che, oltre a operare nel settore della produzione della carta, laAracruz ha avuto nel 1995 un saldo di cassa di 800 milioni di real nel 1995, paria circa il 20% del valore dell’impresa. Dal momento che questo saldo di cassaè di gran lunga superiore a quello delle aziende comparabili da noi individua-te, e dal momento che il beta a esso relativo è zero, il beta unlevered di Ara-cruz può essere così stimato:

Beta unlevered di Aracruz = (0,8) (0,61) + 0,2 (0) = 0,488

A qusto punto possiamo calcoalre il beta levered. La Aracruz nel 1997 avevaun debito di 1,6 miliardi BR e un valore di mercato del capitale netto di 2,4miliardi di real, per un rapporto debito/capitale netto del 66,67%. Consideran-do un’aliquota d’imposta del 32%, il beta levered della Aracruz risulta essere:

Beta levered di Aracruz = 0,49 (1 + (1 – 0,32) (0,6667)) = 0,71

Calcolare il beta in seguito a ristrutturazioniIl processo bottom-up per la stima del beta è un’ottima soluzione anche nelcaso in cui le aziende siano soggette a significative ristrutturazioni, che nemodificano sia la struttura finanziaria che quella operativa. In questi casi ilbeta ottenuto tramite la regressione, non riflettendo appieno gli effetti di talicambiamenti, sarebbe fuorviante. Il beta bottom-up della Disney, ad esempio,sarà molto probabilmente più preciso rispetto a quello calcolato tramite la re-gressione, a causa dell’acquisizione da parte della Disney di Capital Cities edel concomitante incremento della leva finanziaria. Inoltre, utilizzando taleapproccio, il beta può essere calcolato anche prima che la ristrutturazione di-venti effettiva, per stimarne l’impatto sul rischio. A titolo esemplificativo, nelseguente Esempio applicativo, abbiamo stimato il beta della Disney prima edopo l’acquisizione di Capital Cities/ABC, tenendo conto così delle variazioninella leva finanziaria e nella struttura operativa.

In praticaDebito “lorDebito “lorDebito “lorDebito “lorDebito “lordo” o debito “netto”?do” o debito “netto”?do” o debito “netto”?do” o debito “netto”?do” o debito “netto”?

Molti analisti sottraggono dal debito (lordo) le disponibilità liquide dell’aziendaottenendo così un debito “netto”. Concettualmente non vi è nulla di sbaglia-to, purchè venga poi utilizzato come beta unlevered per l’azienda il beta unle-vered delle aziende comparabili, senza tenere conto delle disponibilità liqui-de. Se usiamo il debito netto, perciò, il beta unlevered per Aracruz sarà il betaunlevered del settore della carta (0,61) e il beta levered sarà stimato a partiredal rapporto debito netto/capitale netto:

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56126

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 127

����� ����0������ ���0����� �� ������0���!���1������

2���������� ���� ������� �������������������

−= =

��'& )'-�,,',,$

+'/

−= =

Beta levered di Aracruz = 0,61 (1+ (1 – 0,32) (0,3333)) = 0,75

La differenza rispetto al beta levered ottenuto col debito “lordo” (0,71) dipen-de dal fatto che, nell’utilizzare il debito netto, si ipotizza implicitamente che ilbeneficio fiscale associato al debito sia interamente neutralizzato dalle impo-ste da pagare sugli interessi generati dalle disponibilità liquide. Come regolapratica, sconsigliamo l’uso del debito netto se il tasso di interesse ottenutosulle disponibilità liquide è significativamente diverso da quello pagato suldebito, oppure se il debito è molto rischioso (visto che il processo si basa sul-l’assunto che tanto il debito quanto le disponibilità liquide siano esenti darischio).

4. Beta bottom-up della Deutsche Bank In Germania ci sono alcune banche chepossono essere considerate concorrenti della Deutsche Bank, sebbene nessu-na di esse abbia pari dimensioni e svolga così intensamente attività di invest-ment banking. Anche in questo caso, per stimare i beta, guarderemo a varimercati. Dal momento che le leggi che regolano l’attività bancaria statuniten-se sono diverse da quelle di molti paesi dell’Europa occidentale, per stimare ilbeta della divisione di commercial banking della Deutsche Bank faremo riferi-mento ai beta di banche dell’Europa occidentale, mentre per stimare il betadella divisione di investment banking (Morgan Grenfell) utilizzeremo i beta diinvestment bank di Stati Uniti e Regno Unito. I risultati sono presentati diseguito:

Aziende comparabili Beta medio

Banche commerciali tedesche 0,90Banche di investimento inglesi e statunitensi 1,30

Notate che non teniamo conto delle differenze nella leva finanziaria, dal mo-mento che vincoli normativi e tipo di attività impongono una leva finanziariaelevata e simile per la maggior parte delle banche commerciali. Il beta dellaDeutsche Bank può essere calcolato come media ponderata di questi due beta.Assegnando un peso del 90% alla divisione di commercial banking e un pesodel 10% alla divisione di investment banking (in base al reddito ottenuto daciascuna divisione negli ultimi anni), otteniamo un beta del capitale netto del-la Deutsche Bank pari a:

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128 Capitolo 4

Beta della Deutsche Bank = 0,9 (0,9) + (0,1)(1,30) = 0,94

Tale beta cambierà nel tempo in base ai cambiamenti nel peso relativo delledue attività svolte.

Esempio applicativo 4.6Beta di un’azienda in seguitoBeta di un’azienda in seguitoBeta di un’azienda in seguitoBeta di un’azienda in seguitoBeta di un’azienda in seguitoa un’acquisizione: Disney/Capital Citiesa un’acquisizione: Disney/Capital Citiesa un’acquisizione: Disney/Capital Citiesa un’acquisizione: Disney/Capital Citiesa un’acquisizione: Disney/Capital Cities

Nel 1995 la Disney annunciò l’acquisizione di Capital Cities, proprietaria dellereti televisive e radiofoniche ABC, a un prezzo di circa $ 120 per azione, finan-ziando l’acquisizione in parte tramite l’emissione di obbligazioni per 10 mi-liardi di dollari. All’epoca dell’acquisizione, la Disney aveva un valore di mer-cato del capitale netto di 31,1 miliardi di dollari, un debito di 3,186 miliardi didollari e un beta di 1,15. La Capital Cities, in base al prezzo di $ 120 per azioneofferto da Disney, aveva un valore di mercato del capitale netto di 18,5 miliardidi dollari, un debito di 615 milioni di dollari e un beta di 0,95.

Per valutare l’impatto dell’acquisizione sul beta della Disney, divideremol’analisi in due parti. Esamineremo dapprima gli effetti sul rischio operativo(business risk) dell’azienda risultante dalla fusione, stimando i beta unlevereddelle due società e calcolando il beta unlevered della nuova società.

Beta unlevered della Disney = 1,15/(1 + 0,64 × 0,10) = 1,08Beta unlevered di Capital Cities = 0,95/(1 + 0,64 × 0,03) = 0,93

Il beta unlevered dell’azienda risultante dalla fusione può essere calcolato comemedia ponderata dei due beta unlevered, con pesi basati sui valori di mercatodelle due aziende (valore di mercato dell’azienda = valore di mercato del capi-tale netto + debito):

Beta unlevered di Disney/Capital Cities = 1,08 (34286/53401) ++ 0,93 (19115/53401) = 1,026

Esaminiamo poi gli effetti del finanziamento dell’acquisizione sul beta, calco-lando il rapporto debito/capitale netto per l’azienda risultante dalla fusione,includendo nel debito i 10 miliardi di dollari presi in prestito:

Debito = Debito di Capital Cities + Debito della Disney + Nuovo debito == 615 + 3186 + 10.000 = 13.801 milioni di dollari

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 129

Capitale netto = Capitale netto Disney + Nuovo capitale netto usato perl’acquisizione = 31.100 + 8500 = 39.600 milioni di dollari

in cui

Nuovo capitale netto = Costo totale dell’acquisizione – Nuovo debito emesso= 18.500 - 10.000 = 8.500 milioni di dollari

Il nuovo rapporto debito/capitale netto può essere quindi calcolato comesegue:

Debt/Equity Ratio = 13.801/39.600 = 34,85%

Tale rapporto debito/capitale netto, insieme al nuovo beta unlevered, fornisceun nuovo beta per la Disney post-acquisizione:

Nuovo beta = 1,026(1 + (1 – 0,36) (0,3485)) = 1,25

Per pura coincidenza questo beta è esattamente uguale al beta bottom-up sti-mato in precedenza.

DerivarDerivarDerivarDerivarDerivare il beta dai dati contabilie il beta dai dati contabilie il beta dai dati contabilie il beta dai dati contabilie il beta dai dati contabiliUn terzo approccio alla stima dei parametri di rischio consiste nell’utilizzaregli utili contabili piuttosto che i prezzi di mercato. In particolare, si può effet-tuare una regressione delle variazioni negli utili dell’azienda (o di una divisio-ne aziendale), su base annuale o trimestrale, rispetto alle variazioni degli utilidel mercato nello stesso arco di tempo, per giungere a una stima del beta dainserire nel CAPM.

Tale approccio può essere fuorviante per tre motivi. Innanzitutto i valoricontabili tendono a “smorzare” la vera volatilità dei fondamentali dell’azien-da, spingendo verso il basso il beta di aziende a elevata rischiosità e versol’alto quello di aziende a bassa rischiosità. In altri termini, se si utilizza questoapprocio, i beta di tutte le aziende vengono spinti verso 1.

In secondo luogo, gli utili contabili possono essere influenzati da fattorinon operativi, quali variazioni nei metodi contabili relativi ad ammortamentoo magazzino e l’allocazione delle spese generali fra le varie divisioni. Infine,dati sugli utili contabili sono disponibili con scadenza trimestrale (o spessosolo annuale). Il basso numero di osservazioni che ne consegue riduce l’atten-dibilità dei risultati della regressione.

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130 Capitolo 4

Esempio applicativo 4.7La stima dei beta a partirLa stima dei beta a partirLa stima dei beta a partirLa stima dei beta a partirLa stima dei beta a partire da dati contabili:e da dati contabili:e da dati contabili:e da dati contabili:e da dati contabili:la Bookscape Booksla Bookscape Booksla Bookscape Booksla Bookscape Booksla Bookscape Books

Nonostante si tratti di un’impresa non quotata, la Bookscape Books esiste dal1980 e dati relativi agli utili contabili sono disponibili a partire da quella data.Nella Tabella 4.7 sono elencati le variazioni percentuali degli utili contabilidella Bookscape Books e per la S&P 500 anno per anno a partire dal 1980. Ilrisultato della regressione delle variazioni dei profitti della Bookscape rispettoa quelli delle aziende S&P 500 è il seguente:

Variazione degli utili di Bookscape = 0,09 + 0,8 (Variazione degli utili S&P 500)

Secondo questa regressione, il beta (del capitale netto) della Bookscape è 0,8.Per calcolarlo, abbiamo utilizzato gli utili netti di esercizio. Per stimare l’equi-valente di un beta unlevered, si dovrebbe invece utilizzare il reddito operativo,sia per Bookscape che per l’S&P 500.

Tabella 4.7 Profitti di Bookscape e di S&P 500

Anno S&P 500 Bookscape

1980 –2,10% 3,55%

1981 –6,70% 4,05%

1982 –45,50% –14,33%

1983 37,00% 47,55%

1984 41,80% 65,00%

1985 –11,80% 5,05%

1986 7,00% 8,50%

1987 41,50% 37,00%

1988 41,80% 45,17%

1989 2,60% 3,50%

1990 –18,00% –10,50%

1991 –47,40% –32,00%

1992 64,50% 55,00%

1993 20,00% 31,00%

1994 25,30% 21,06%

1995 15,50% 11,55%

1996 24,00% 19,88%

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 131

Perché non calcolare il beta a partire dai dati contabili anche per le altre aziende?Dal punto di vista tecnico, non ci sono motivi per cui non potremmo stima-

re i beta “contabili” (accounting beta) della Disney, della Aracruz Cellulose edella Deutsche Bank. Invero, per la Disney abbiamo dati trimestrali, il che au-menta il numero delle osservazioni nella regressione. Possiamo anche stimarei beta contabili per ciascuna divisione, dal momento che la Disney riporta l’utileconseguito da ciascuna di esse. Ma preferiamo non farlo per i seguenti motivi:

1. Per ottenere un numero sufficiente di osservazioni da inserire nella regres-sione, dovremmo andare indietro nel tempo di almeno 10 anni. Ma il pro-cesso di trasformazione di un’azienda in 10 anni è tale che il risultato avrebbescarso significato.

2. Le imprese quotate in Borsa tendono a smorzare gli utili contabili rispettoai “veri” utili ancor più di quanto non facciano quelle non quotate, spin-gendo così il beta che ne risulterebbe verso 1.

Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, trovate le variazioni per-centuali degli utili dell’S&P 500 su base annuale a partire dal 1960.

In praticaLa stima dei beta di settorLa stima dei beta di settorLa stima dei beta di settorLa stima dei beta di settorLa stima dei beta di settore utilizzando datie utilizzando datie utilizzando datie utilizzando datie utilizzando datinon di mernon di mernon di mernon di mernon di mercatocatocatocatocato

I beta unlevered di settore utilizzati in precedenza erano stati stimati pren-dendo la media dei beta storici delle aziende in ciascun settore, e rendendola“unlevered” (tramite il rapporto medio debito/capitale netto del settore in que-stione). Poichè tale approccio utilizza prezzi di mercato, esso non fornisce sti-me attendibili nei mercati in cui l’informazione è insufficiente o molto impre-cisa. Un approccio alternativo è quello di stimare il fatturato totale di ciascunsettore in ciascun periodo ed effettuare una regressione di questo fatturato disettore rispetto al prodotto interno lordo totale dell’economia nello stesso arcotemporale. L’inclinazione della regressione misurerà la sensibilità di ciascunsettore alle oscillazioni dell’intera economia. Questo business risk beta potràpoi essere utilizzato per ciascuna società che opera nel settore in questione,insieme ai dati sulla leva finanziaria e operativa, per ottenere una stima delbeta del capitale netto della società.

Quale beta utilizzarQuale beta utilizzarQuale beta utilizzarQuale beta utilizzarQuale beta utilizzare?e?e?e?e?Per la maggior parte delle imprese quotate i beta possono essere stimati utiliz-zando i dati contabili (accounting beta), i dati di mercato (regression beta) o ifondamentali (bottom-up beta), ottenendo risultati diversi. Come scegliere? Per

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132 Capitolo 4

i motivi già descritti, a nostro avviso non si dovrebbero utilizzare mai i betaderivati da dati contabili. Sconsigliamo inoltre di utilizzare il beta della regres-sione (per una singola azienda) a causa dell’imprecisione della stima, dellainadeguatezza di molti indici locali (come nel caso della Aracruz e della Deu-tsche Bank) e dell’incapacità delle regressioni di riflettere cambiamenti so-stanziali nel rischio finanziario e operativo dell’azienda (come nel caso dellaDisney). Dal nostro punto di vista, i beta bottom-up, stimati a partire dai fon-damentali, forniscono la misura più precisa del beta perché:

1. Ci consentono di valutare gli effetti di variazioni nella struttura finanziariae operativa, anche in via preventiva.

2. Utilizzano beta medi di settore, che tendono a essere più precisi rispetto albeta della regressione per una singola azienda.

3. Ci permettono di individuare i beta per ciascuna area di attività di un’azien-da: questo risulta utile sia nell’analisi di un progetto d’investimento in sededi valutazione di aziende o rami d’azienda.

Utilizzeremo dunque le seguenti stime fondamentali dei beta del capitale netto:

����� 1,25 per la Disney;

����� 1,10 per la Bookscape Books;

����� 0,71 per la Aracruz Cellulose;

����� 0,94 per la Deutsche Bank.

La stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoUna volta stimati il tasso di rendimento di un investimento privo di rischio, ilpremio o i premi di rischio e il o i beta, possiamo stimare il rendimento atteso diun investimento azionario. Nel contesto del CAPM, il rendimento atteso sarà:

Rendimento atteso = Tasso privo di rischio + Beta × Premio di rischio atteso

in cui il tasso di rendimento di un investimento privo di rischio è rappresenta-to da un titolo di Stato a lungo termine, il beta è quello stimato nella sezioneprecedente e il premio di rischio è il premio storico o quello implicito.

Nel contesto dell’APM o del modello multifattoriale, il rendimento atteso sarà:

�"�

� �

�"�

��������������"������ ������� ��3���4 5 �������� ��3��β ×∑in cui il tasso di rendimento di un investimento privo di rischio è il tasso di untitolo di Stato a lungo termine, βj è il beta dell’investimento relativo al fattorej (stimato utilizzando dati storici o i fondamentali) e Premio di rischioj è ilpremio di rischio relativo al fattore j (stimato sulla base di dati storici).

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 133

Il rendimento atteso di un investimento nelle azioni di una società, intesocome remunerazione per il rischio, ha delle importanti implicazioni sia per gliazionisti che per il management. Per gli azionisti il rendimento atteso rappre-senta il compenso minimo che essi richiedono per assumersi il rischio di merca-to (o rischio non diversificabile) investendo nella società. Se analizzando l’in-vestimento essi giungono alla conclusione che esso non produrrà tale rendi-mento, sceglieranno di non acquistare le azioni della società; se invece pense-ranno di ricavarne un rendimento più alto, procederanno con l’acquisto.

Per il management dell’azienda, il rendimento richiesto dagli investitoricome remunerazione per il rischio diventa il rendimento che essi devono cer-care di ottenere per soddisfare gli investitori stessi. Perciò, il rendimento atte-so diventa per loro il rendimento minimo da ottenere con ciascun progettod’investimento intrapreso dall’azienda. In altri termini, tale rendimento attesova a rappresentare il costo del capitale netto (cost of equity) dell’azienda.

Esempio applicativo 4.8La stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettoLa stima del costo del capitale nettodella Disneydella Disneydella Disneydella Disneydella Disney, di Bookscape, di Ar, di Bookscape, di Ar, di Bookscape, di Ar, di Bookscape, di Ar, di Bookscape, di Aracracracracracruzuzuzuzuze della Deutsche Bank.e della Deutsche Bank.e della Deutsche Bank.e della Deutsche Bank.e della Deutsche Bank.

Nell’analisi seguente stimeremo il costo del capitale netto di Disney, Booksca-pe Books, Aracruz Cellulose e Deutsche Bank utilizzando il CAPM. Per farequesto, useremo i beta bottom-up, dal momento che essi riflettono meglio lavera rischiosità di tali aziende. Per le due aziende impegnate in vari settori(Disney e Deutsche Bank), stimeremo inoltre il costo del capitale netto perciascuna divisione.

Attività Beta D/E Ratio Beta Tasso privo Premio Costo delunlevered levered di rischio di rischio capitale netto

Programmi 1,25 20,92% 1,42 7,00% 5,50% 14,80%di intrattenimentoVendita al dettaglio 1,50 20,92% 1,70 7,00% 5,50% 16,35%Broadcasting 0,90 20,92% 1,02 7,00% 5,50% 12,61%Parchi divertimenti 1,10 20,92% 1,26 7,00% 5,50% 13,91%Beni immobili 0,70 50,00% 0,92 7,00% 5,50% 12,08%Disney 1,09 21,97% 1,25 7,00% 5,50% 13,85%Bookscape 0,99 18% 1,10 7,00% 5,50% 13,05%Aracruz 0,488 67% 0,71 5,00% 7,50% 10,33%Banche commerciali 0,90 7,50% 5,50% 12,45%Banche di investimento 1,30 7,50% 5,50% 14,65%Deutsche Bank 0,94 7,50% 5,50% 12,67%

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134 Capitolo 4

Notate che ciascuna divisione della Disney ha un diverso costo del capitalenetto, per via dei diversi beta unlevered. Per stimare il beta levered di ciascunadivisione, dal momento che nessuna di esse si accolla direttamente debiti, uti-lizziamo il rapporto debito/capitale netto (D/E ratio) complessivo della Di-sney. Unica eccezione la divisione Beni immobili, che invece ha debiti sullevarie proprietà immobiliari, per la quale utilizziamo un rapporto debito/capi-tale netto a valore di mercato tratto da aziende comparabili.

Per stimare il costo del capitale netto, utilizziamo il tasso di un titolo alungo termine emesso dal governo statunitense per la Disney e per Bookscape(ottenendo un costo del capitale netto in dollari nominali), il tasso di un titoloa lungo termine emesso dal governo tedesco per la Deutsche Bank (ottenendoun costo del capitale netto in marchi tedeschi nominali) e una stima del tassoreale di rendimento di un investimento privo di rischio per la Aracruz (otte-nendo un costo del capitale netto in real brasiliani).

IIIIIn praticaRischio, costo del capitale nettoRischio, costo del capitale nettoRischio, costo del capitale nettoRischio, costo del capitale nettoRischio, costo del capitale nettoe impre impre impre impre imprese non quotateese non quotateese non quotateese non quotateese non quotate

Nell’utilizzare il beta come misura di rischio siamo partiti dall’ipotesi che l’in-vestitore marginale detenga un portafoglio ampiamente diversificato. Tale ipo-tesi è legittima per le imprese quotate, ma non per quelle non quotate. Ingenere il proprietario di un’impresa non quotata investe in essa la maggioran-za o la totalità del proprio patrimonio; di conseguenza, si preoccupa del ri-schio totale dell’attività, piuttosto che del rischio di mercato. Perciò, per un’im-presa come la Bookscape, il beta di 1,10 (e il conseguente costo del capitalenetto di 13,05%) sottostimerà il rischio a cui è esposto il proprietario dell’im-presa. Tale problema può essere superato in tre modi:

1. Si può supporre che nei piani di breve termine dell’azienda vi sia un’offertapubblica di acquisto o la possibilità di essere venduta a una grande impresaquotata in Borsa. In tal caso risulta ragionevole utilizzare il beta stimato e ilcosto del capitale netto a esso relativo.

2. Si può aggiungere un premio al costo del capitale netto per riflettere ilmaggior rischio dovuto all’impossibilità, da parte del proprietario, di rag-giungere una piena diversificazione di portafoglio (questa chiave di letturaaiuta a capire la ragione degli alti rendimenti che i fornitori di venture capi-tal richiedono sul loro investimenti azionario).

3. Si può correggere il beta in modo che esso rifletta il rischio totale piuttostoche solo il rischio di mercato. Tale correzione è abbastanza semplice, dalmomento che l’R quadrato della regressione misura la proporzione del ri-schio rappresentata dal rischio-mercato.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 135

Beta “totale” = Beta/R quadrato

Nell’esempio della Bookscape, in cui il beta è 1,10 e l’R quadrato medio peraziende comparabili quotate in Borsa è 33%, questo porterà a una stima delbeta totale di 3,30 e dunque a un costo del capitale netto di 25,05%.

Dal costo del capitale nettoDal costo del capitale nettoDal costo del capitale nettoDal costo del capitale nettoDal costo del capitale nettoal costo del capitaleal costo del capitaleal costo del capitaleal costo del capitaleal costo del capitale

Nonostante il capitale netto rappresenti un ingrediente importante e indispen-sabile della struttura finanziaria (capital structure), non è l’unico. Infatti molteimprese finanziano la propria attività ricorrendo anche ad altre fonti di finan-ziamento (quali debito e forme ibride di capitale netto e debito, come le obbli-gazioni convertibili in azioni). Il costo di tali fonti di finanziamento, in generemolto diverso rispetto al costo del capitale netto, verrà anch’esso riflesso nellasoglia di rendimento minimo. Così, il costo del capitale verrà a essere rappre-sentato dalla media ponderata dei costi delle diverse fonti di finanziamento -debito, capitale netto e titoli ibridi - utilizzate dall’azienda per finanziare lapropria attività.

Domanda di verifica 4.9TTTTTassi d’interassi d’interassi d’interassi d’interassi d’interesse e costo resse e costo resse e costo resse e costo resse e costo relativo di debitoelativo di debitoelativo di debitoelativo di debitoelativo di debitoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale netto

C’è chi sostiene che il debito risulti una fonte di finanziamento preferibile alcapitale netto nel momento in cui i tassi di interesse scendono, e viceversa. Èvero? Motivare la risposta.

Il calcolo del costo del debitoIl calcolo del costo del debitoIl calcolo del costo del debitoIl calcolo del costo del debitoIl calcolo del costo del debitoIl costo del debito (cost of debt) misura il costo che l’azienda deve sostenere almomento per prendere in prestito fondi necessari a finanziare l’attività opera-tiva. In generale, esso dipende dalle seguenti variabili:

1. Il livello attuale dei tassi di interesse: all’aumentare dei tassi di interessecorrisponderà anche un incremento del costo del debito per le aziende.

2. Il rischio di insolvenza della società: all’aumentare del rischio di insol-venza (default risk) dell’azienda corrisponderà anche un incremento deicosti per prendere in prestito fondi. Un metodo per misurare il rischio diinsolvenza è quello di ricorrere al rating obbligazionario dell’azienda: un

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136 Capitolo 4

rating migliore implica un tasso di interesse minore, mentre un rating peg-giore implica un tasso di interesse maggiore. Se non è disponibile il ratingobbligazionario, come nel caso di molti mercati diversi da quello statuni-tense, una buona approssimazione del rischio di insolvenza dell’azienda èil tasso recentemente pagato dall’azienda per ottenere fondi in prestito.

3. Il beneficio fiscale associato al debito: dal momento che gli interessi sonodeducibili a fini fiscali, il costo del debito al netto delle imposte (after-taxcost of debt) sarà una funzione dell’aliquota d’imposta. Il beneficio fiscaleovviamente rende il costo del debito al netto delle imposte inferiore al co-sto del debito al lordo delle imposte.

Costo del debito al netto di imposte = Costo del debito al lordo di imposte ×(1 – aliquota d’imposta)

Domanda di verifica 4.10Costo del debito e del capitale nettoCosto del debito e del capitale nettoCosto del debito e del capitale nettoCosto del debito e del capitale nettoCosto del debito e del capitale netto

Esiste un momento nel ciclo di vita di un’azienda in cui è concepibile che ilcosto del capitale netto sia inferiore al costo del debito?

Esempio applicativo 4.9La stima del costo del debito di DisneyLa stima del costo del debito di DisneyLa stima del costo del debito di DisneyLa stima del costo del debito di DisneyLa stima del costo del debito di Disney,,,,,Bookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, Aracracracracracruz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bank

Per stimare il costo del debito delle nostre aziende utilizzeremo diversi meto-di: per la Disney e per la Deutsche Bank partiremo dal rating obbligazionarioattuale per arrivare a definire un “tasso di interesse di mercato” al quale cia-scuna impresa può prendere in prestito fondi; per la Bookscape stimeremo ilcosto del debito in base al tasso al quale essa può prendere in prestito fondi dauna banca locale; infine per la Aracruz utilizzeremo un indice di coperturadegli oneri finanziari (interest coverage ratio) per stimare un “rating sintetico”attraverso il quale giungeremo poi a stimare il costo del debito.

Il rating attuale della Disney è AA, cui è associato uno scarto di interesse di50 punti base sul tasso dei Treasury Bond; il rating della Deutsche Bank è AAA,cui è associato uno scarto di interesse di 20 punti base sul tasso dei titoli diStato emessi dal governo tedesco. La Bookscape deve far fronte a un tassosuperiore dell’1% al tasso dei Treasury Bonds (dato ottenuto sulla base deitassi richiesti dalle banche ad aziende simili a Bookscape in termini di soliditàfinanziaria). Il rating stimato per la Aracruz in base al suo indice di copertura

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 137

degli oneri finanziari all’inizio del 1996 è AA, corrsipondente a uno scarto diinteresse di 50 punti base sul tasso reale privo di rischio.

Attività Metodo Tasso Aliquota Costo del debitodi interese d’imposta al netto

delle imposte

Programmi Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%di intrattenimnetoVendita al dettaglio Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%Broadcasting Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%Parchi divertimenti Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%Beni immobili Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%Disney Rating obbligazionario 7,50% 36% 4,80%Bookscape Prestito recente 8,00% 42% 4,64%Aracruz Rating sintetico 5,50% 32% 3,74%Banche commerciali Rating obbligazionario 7,70% 45% 4,24%Banche Rating obbligazionario 7,70% 45% 4,24%d’investimentoDeutsche Bank Rating obbligazionario 7,70% 45% 4,24%

Notate che il costo del debito al netto d’imposta è molto più basso rispetto alcosto del capitale netto per ciascuna delle società.

Che cosa il costo del debito non comprChe cosa il costo del debito non comprChe cosa il costo del debito non comprChe cosa il costo del debito non comprChe cosa il costo del debito non comprendeendeendeendeendeQuando le aziende prendono in prestito denaro, spesso lo fanno a tassi fissi.In particolare, nel caso in cui l’azienda emetta obbligazioni, questo tasso fis-sato al momento dell’emissione viene chiamato coupon (tasso di interessenominale). Il costo del debito non corrisponde al tasso di interesse nominalesulle obbligazioni che l’azienda ha in circolazione, nè al tasso cui l’aziendapoteva prendere fondi in prestito nel passato. Nonostante questi elementi si-ano utili se uno vuole stimare gli interessi da pagare nel corso dell’anno, essinon determinano il costo del debito. Perciò una società che riporti nei propribilanci debiti contratti quando i tassi di interesse erano bassi non può soste-nere che essa possiede un basso costo del debito se il livello generale dei tassidi interesse o il suo rischio di insolvenza è nel frattempo aumentato.

Il calcolo del costo delle azioni privilegiateIl calcolo del costo delle azioni privilegiateIl calcolo del costo delle azioni privilegiateIl calcolo del costo delle azioni privilegiateIl calcolo del costo delle azioni privilegiateLe azioni privilegiate (preferred stock) condividono alcune caratteristiche deldebito (il dividendo pagato sulle azioni privilegiate viene fissato prima del-l’emissione e ha precedenza sul dividendo ordinario) e alcune caratteristichedel capitale netto (i pagamenti del dividendo privilegiato non sono deducibili

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56137

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138 Capitolo 4

a fini fiscali). Assimilando l’azione privilegiata a una rendita perpetua, il costodelle azioni privilegiate può essere così calcolato:

��������������6�������� �����7���

� �"�5 ���������� ��������6�������� �����7���

Questo approccio ipotizza che il dividendo sia costante in termini nominaliper sempre e che l’azione privilegiata non abbia caratteristiche particolari (con-vertibilità, riscattabilità ecc.). Se ve ne fossero, dovranno essere valutate sepa-ratamente al fine di ottenere una valida stima del costo dell’azione privilegia-ta. In termini di rischio, l’azione privilegiata è meno rischiosa rispetto all’azio-ne ordinaria, ma più rischiosa rispetto alle obbligazioni. Di conseguenza, allordo d’imposta, essa dovrebbe avere un costo maggiore rispetto al debito eminore rispetto al capitale netto.

Domanda di verifica 4.11PPPPPerererererchè le società emettono azioni privilegiate?chè le società emettono azioni privilegiate?chè le società emettono azioni privilegiate?chè le società emettono azioni privilegiate?chè le società emettono azioni privilegiate?

Quali delle seguenti sono ragioni valide per emettere azioni privilegiate?

����� Le azioni privilegiate costano meno del capitale netto.

����� Le azioni privilegiate sono trattate alla stregua del capitale netto dalle agen-zie di rating

����� Le azioni privilegiate costano meno del debito

����� Altro

Motivare la risposta.

Esempio applicativo 4.10Il calcolo del costo delle azioni privilegiate:Il calcolo del costo delle azioni privilegiate:Il calcolo del costo delle azioni privilegiate:Il calcolo del costo delle azioni privilegiate:Il calcolo del costo delle azioni privilegiate:GenerGenerGenerGenerGeneral Motors Co.al Motors Co.al Motors Co.al Motors Co.al Motors Co.

A marzo del 1995 la società General Motors aveva azioni privilegiate che di-stribuivano un dividendo di $ 2,28 all’anno e avevano un prezzo di mercato di$ 26,38. Il costo delle azioni privilegiate può essere stimato in questo modo:

Costo azioni privilegiate = Dividendo privilegiato/Prezzo azione privilegiata= $ 2,28/$ 26,38 = 8,64%

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56138

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 139

Allo stesso tempo, il costo del capitale netto della General Motors, utilizzandoil CAPM, era del 13%, il costo del debito al lordo d’imposta dell’8,25% e ilcosto del debito al netto d’imposta del 5,28%. Non sorprende che le azioniprivilegiate fossero meno costose del capitale netto, ma più costose del debito.

Calcolo del costo di altri titoli ibridiCalcolo del costo di altri titoli ibridiCalcolo del costo di altri titoli ibridiCalcolo del costo di altri titoli ibridiCalcolo del costo di altri titoli ibridiIn generale, i cosiddetti titoli ibridi (hybrid securities) condividono alcune ca-ratteristiche sia del debito che del capitale netto. Un buon esempio sono leobbligazioni convertibili, una sorta di combinazione di un’obbligazione ordi-naria (debito) e di una opzione di conversione (capitale netto). Invece di cal-colare direttamente il costo di tali titoli ibridi, conviene suddividerli nelle ri-spettive componenti di debito e capitale netto e trattarle separatamente.

Esempio applicativo 4.11Scomposizione di un’obbligazione convScomposizione di un’obbligazione convScomposizione di un’obbligazione convScomposizione di un’obbligazione convScomposizione di un’obbligazione convertibileertibileertibileertibileertibilenelle componenti di debito e capitale netto:nelle componenti di debito e capitale netto:nelle componenti di debito e capitale netto:nelle componenti di debito e capitale netto:nelle componenti di debito e capitale netto:la Unisys Corp.la Unisys Corp.la Unisys Corp.la Unisys Corp.la Unisys Corp.

Alla fine del 1992, la società Unisys aveva un’obbligazione convertibile contasso dell’8,25%, scadenza nel 2000 e un valore di mercato di $ 1400. A queltempo la Unisys aveva in circolazione anche obbligazioni ordinarie, con iden-tica scadenza, il cui prezzo di mercato nel dicembre 1992 implicava un rendi-mento (yield) dell’8,4%. L’obbligazione convertibile può essere dunque de-composta nelle componenti di debito (obbligazione ordinaria) e di capitalenetto (opzione di conversione):

Componente obbligazioneordinaria = Valore di un’obbligazione ordinaria a 8 anni

(scadenza 2000), coupon dell’8,25%e rendimento dell’8,40%

= $ 991,50Opzione di conversione = $ 1400 – $ 991,50

= $ 408,50

La componente simile a un’obbligazione ordinaria, pari a 991,50 dollari, puòessere trattata come debito, mentre l’opzione di conversione di 408,50 dollaripuò essere trattata come capitale netto.

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56139

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140 Capitolo 4

Domanda di verifica 4.12IncrIncrIncrIncrIncrementi dei prementi dei prementi dei prementi dei prementi dei prezzi azionariezzi azionariezzi azionariezzi azionariezzi azionarie obbligazioni conve obbligazioni conve obbligazioni conve obbligazioni conve obbligazioni convertibiliertibiliertibiliertibiliertibili

All’aumentare dei prezzi azionari, che cosa succede alle obbligazioni converti-bili? (puoi scegliere più di una risposta)

����� Il valore dell’obbligazione convertibile aumenterà.

����� Diminuirà il valore della componente obbligazione ordinaria dell’obbliga-zione convertibile.

����� Aumenterà la percentuale del valore totale dell’obbligazione convertibilerappresentata dalla componente di capitale netto.

����� Aumenterà la percentuale del valore totale dell’obbligazione convertibilerappresentata dalla componente obbligazione ordinaria.

Motivare la scelta.

Calcolo dei pesi delle componenti debitoCalcolo dei pesi delle componenti debitoCalcolo dei pesi delle componenti debitoCalcolo dei pesi delle componenti debitoCalcolo dei pesi delle componenti debitoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale netto

I pesi assegnati a capitale netto e debito nel calcolo della media ponderata delcosto del capitale devono essere basati sul valore di mercato e non su quellocontabile. Il motivo è che il costo del capitale misura il costo di emettere titoli(sia azioni che obbligazioni) per finanziare progetti, e che tali titoli vengonoemessi al valore di mercato e non a quello contabile.

Sono state avanzate tre critiche all’utilizzo del valore di mercato, ma nes-suna di esse risulta convincente. La prima afferma che il valore contabile è piùaffidabile rispetto al valore di mercato perché molto meno volatile. Ma il fattoche il valore di mercato sia più volatile rappresenta semmai un punto a suofavore, dal momento che anche il “vero” valore dell’azienda cambia continua-mente nel tempo via via che arrivano nuove informazioni relative all’aziendae al mercato35. In secondo luogo, è stato detto che l’utilizzo del valore contabi-le rispetto al valore di mercato rappresenta un approccio più conservatore perla stima degli indici di indebitamento. Tale affermazione si basa sull’assuntoche gli indici di indebitamento basati sul valore di mercato siano sempre infe-riori agli indici di indebitamento basati sul valore contabile, un’ipotesi priva di

35 Alcuni sostengono che i prezzi azionari siano molto più volatili del “vero” valore chedovrebbero riflettere. Anche nel caso in cui tale affermazione fosse vera (il che non è an-cora stato provato), il valore di mercato rappresenterà comunque una migliore approssi-mazione del vero valore di un’azienda rispetto al suo valore contabile.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 141

riscontro empirico. Inoltre, anche se così fosse, il costo del capitale calcolatoutilizzando indici di indebitamento basati sul valore contabile sarà minore delcosto del capitale calcolato utilizzando rapporti basati sul valore di mercato;questo implica delle stime meno – e non più – prudenti36. La terza affermazio-ne è che le istituzioni che prestano fondi non lo fanno sulla base del valore dimercato; tuttavia, anche questa affermazione non trova riscontro nei fatti37.

In praticaLa stima dei valori di merLa stima dei valori di merLa stima dei valori di merLa stima dei valori di merLa stima dei valori di mercato di debitocato di debitocato di debitocato di debitocato di debitoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale nettoe capitale netto

Il valore di mercato del capitale netto è ottenuto moltiplicando il numero diazioni in circolazione per il prezzo azionario corrente. Se in circolazione cisono azioni di più di una classe, il capitale netto è dato dalla somma del valoredi mercato di tutti questi titoli. Infine, se ci sono titoli azionari di altro tipo,come warrant e opzioni di conversione, essi devono pure essere valutati e in-clusi nel valore del capitale netto dell’impresa.

Di solito è molto più difficile ottenere direttamente il valore del debito,visto che pochissime aziende hanno tutto il loro debito sotto forma di obbli-gazioni in circolazione nel mercato. Molte di esse hanno invece debito nonnegoziato sul mercato, come il debito verso le banche, specificato in termini divalore contabile e non di mercato. Un modo semplice per convertire il debitobasato sul valore contabile in debito basato sul valore di mercato consiste neltrattare il debito totale dei libri contabili alla stregua di un’obbligazione concoupon, utilizzando come coupon gli interessi passivi complessivamente pa-gati sull’intero debito e come scadenza la media ponderata della scadenza deivari debiti (utilizzando come pesi il valore nominale di ciascuno); a questopunto, si può valutare questa “pseudo” obbligazione al costo attuale del debi-to per la società. Ad esempio, se il costo del debito attuale è 7,5%, il valore di

36 Per capire questo punto, supponiamo che l’indice di indebitamento basato sul valoredi mercato sia 10%, mentre l’indice di indebitamento basato sul valore contabile sia 30%,per un’azienda con costo del capitale netto del 15% e costo del debito al netto d’impostadel 5%. Il costo del capitale sarà calcolato così:

Con indici di indebitamento basati sul valore di mercato: 15% (0,9) + 5% (0,1) = 14%

Con indici di indebitamneto basati sul valore contabile: 15% (0,7) + 5% (0,3) = 12%

37 Qualsiasi proprietario di un’abitazione che ha messo una seconda ipoteca su una casail cui valore è aumentato sa bene che coloro che prestano fondi tengono conto del valoredi mercato. È vero tuttavia che più il valore di mercato di un’attività è percepito comevolatile, minore sarà la sua capacità di fungere da garanzia.

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142 Capitolo 4

mercato di un debito di 1 miliardo di dollari, con interessi passivi che ammon-tano a 60 milioni di dollari e con scadenza di sei anni, sarà:

&

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���

�)))��')*(����� ������� ����������0��� &) 8 .,) �������

)'*( ��')*(�

− = + =

Esempio applicativo 4.12DifDifDifDifDifferferferferferenza frenza frenza frenza frenza fra gli indici di indebitamentoa gli indici di indebitamentoa gli indici di indebitamentoa gli indici di indebitamentoa gli indici di indebitamentobasati sul valorbasati sul valorbasati sul valorbasati sul valorbasati sul valore di mere di mere di mere di mere di mercatocatocatocatocatoe sul valore sul valore sul valore sul valore sul valore contabile: Disneye contabile: Disneye contabile: Disneye contabile: Disneye contabile: Disney, Bookscape,, Bookscape,, Bookscape,, Bookscape,, Bookscape,ArArArArAracracracracracruz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bank

In questo esempio applicativo compariamo i valori contabili di debito e capi-tale netto delle nostre quattro aziende con i rispettivi valori di mercato. Pertutte le aziende, tranne che per Bookscape, il valore di mercato del capitalenetto è stato stimato utilizzando il prezzo di mercato corrente e il numero diazioni in circolazione. Per ciascuna azienda, il valore di mercato del debito èstato stimato come nell’esempio sopra, a partire dal suo valore contabile, dalsuo costo al lordo delle imposte, dalla sua scadenza media e dagli interessipassivi a esso associati. Per la Disney, il valore contabile del debito ammonta a12.342 milioni di dollari, gli interessi passivi a 479 milioni di dollari, la scaden-za media del debito è tre anni e il costo del debito al lordo d’imposta è 7,50%.Il valore di mercato è dunque:

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�+9,/+��')*(�:������������ ������� ����������0�������;� /*.

)'*( ��')*(�8��9�-) �������

− = + =

=

Il valore di mercato del debito di Aracruz e della Deutsche Bank può esserestimato in modo simile. Nonostante nei libri contabili della Bookscape nonfigurino debiti, essa ha un impegno finanziario di 500.000 dollari all’anno peri dieci anni a venire in connessione a un leasing operativo. Questo impegnofinanziario può essere convertito in un ammontare di debito equivalente attualiz-zando 500.000 dollari a un tasso pari al costo del debito della Bookscape (8%):

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��')-�:������������ ������� ����������0���%�������� ())9))) 8 ,',& �������

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− = =

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56142

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 143

Nella tabella seguente sono raccolti gli indici di indebitamento basati sul valo-re contabile e di mercato per le nostre quattro imprese:

Valore contabile Valore di mercato

Debito Capitale Debt/ Debito Capitale Debt/netto (Debt+Equity) netto (Debt+Equity)

Disney 12.342 16.086 43,41% 11.180 $50.297 18,19%Bookscape – 6 0,00% 3,36 Nd NdAracruz 1581 2284 40,90% 1528 2001 43,17%Deutsche Bank 110.111 30.295 78,42% 110.111 62.695 63,72%

Per la Disney e la Deutsche Bank, i cui valori di mercato eccedono di molto ivalori contabili, l’indice di indebitamento basato sul valore di mercato è dimolto inferiore a quello basato sul valore contabile. Per Aracruz succede esat-tamente il contrario, dal momento che il valore di mercato del capitale netto èinferiore al valore contabile del capitale netto. Per Bookscape, non essendociun valore di mercato del capitale netto, utilizzeremo un indice medio di inde-bitamento basato su altre aziende nello stesso settore, pari al 15,40%.

La stima del costo del capitaleLa stima del costo del capitaleLa stima del costo del capitaleLa stima del costo del capitaleLa stima del costo del capitaleIl costo del capitale (cost of capital) è definito come la media ponderata delcosto di ciascuna delle tre fonti di finanziamento: il costo del capitale netto(ke), che riflette la rischiosità dell’investimento azionario nell’impresa, il costodel debito al netto d’imposta (kd), che riflette il rischio di insolvenza dell’im-presa e i benefici fiscali associati alla deducibilità degli interessi passivi, e ilcosto delle azioni privilegiate (kps), che ne riflette la rischiosità intermedia fradebito e capitale netto. I pesi di ciascuna componente dovrebbero essere inproporzione al loro valore di mercato, dal momento che queste proporzioniriflettono il modo in cui l’impresa finanzia la propria attività. Perciò se E, D ePS stanno rispettivamente per il valore di mercato del capitale netto, del debi-to e delle azioni privilegiate, il costo del capitale sarà:

Costo del capitale = ke [E/(D + E + PS)] + kd [D/(D + E + PS)] + kps [PS/(D + E +PS)]

LLLLL’importanza del costo del capitale’importanza del costo del capitale’importanza del costo del capitale’importanza del costo del capitale’importanza del costo del capitaleIl costo del capitale è una misura composita del costo che l’impresa deve sop-portare per raccogliere fondi. Nel valutare un progetto, il costo del capitalerappresenta la soglia minima di rendimento accettabile sull’intero capitale in-vestito nel progetto. In precedenza abbiamo osservato che anche il costo delcapitale netto (cost of equity) può essere utilizzato come soglia minima di rendi-

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144 Capitolo 4

mento. In tal caso, però, esso andrà confrontato con il rendimento atteso sulcapitale netto investito nel progetto.

Va notato che finora abbiamo calcolato il costo del capitale sulla base dellastruttura finanziaria in essere. È possibile però che, modificando la strutturafinanziaria, un’azienda riesca a far scendere il proprio costo del capitale, conimmediati benefici: infatti, non solo verrebbe abbassata la soglia minima direndimento per i progetti da intraprendere in futuro, ma aumenterebbe ancheil valore dei progetti già intrapresi, visto che la differenza fra il loro rendimen-to attuale e il costo del capitale sarebbe più elevata. Torneremo su questo ar-gomento ampiamente nel corso del Capitolo 8.

Esempio applicativo 4.13La stima del costo del capitale di DisneyLa stima del costo del capitale di DisneyLa stima del costo del capitale di DisneyLa stima del costo del capitale di DisneyLa stima del costo del capitale di Disney,,,,,Bookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, ArBookscape, Aracracracracracruz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bankuz e Deutsche Bank

Per terminare l’analisi effettuata in questo capitolo, presentiamo la stima deicosti del capitale per ciascuna divisione della Disney, per Bookscape, per Ara-cruz Cellulose (in termini reali) e per la Deutsche Bank:

Attività E/(D + E) Costo del D/(D + E) Costo del debito Costocapitale netto al netto d’imposta del capitale

Programmi 82,7% 14,80% 17,30% 4,80% 13,07%di intrattenimentoVendita al dettaglio 82,7% 16,35% 17,30% 4,80% 14,36%Broadcasting 82,7% 12,61% 17,30% 4,80% 11,26%Parchi divertimenti 82,7% 13,91% 17,30% 4,80% 12,32%Beni immobili 66.67% 12,08% 33,33% 4,80% 9,65%Disney 81,99% 13,85% 18,01% 4,80% 12,22%Bookscape 84,60% 13,05% 15,40% 4,64% 11,75%Aracruz 56,83% 10,33% 43,17% 3,74% 7,48%Banche commerciali 36,28% 12,45% 63,72% 4,24% 7,22%Banche d’investimento 36,28% 14,65% 63,72% 4,24% 8,01%Deutsche Bank 36,28% 12,67% 63,72% 4,24% 7,30%

I dati riportati in questa tabella rappresentano le soglie minime di rendimentoda utilizzare nell’analisi dei progetti d’investimento. Ad esempio, perché vi siacreazione di valore per la Disney, un progetto cinematografico (che rientranell’ambito della divisione Programmi di intrattenimento) richiederà un ren-dimento dell’intero capitale in esso investito pari almeno al 13,07% o, in alter-nativa, un rendimento del capitale netto in esso investito pari almeno al 14,80%.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 145

RiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoRiepilogoIn questo capitolo viene descritto il processo di stima dei tassi di attualizza-zione nell’ambito dei modelli di rischio e rendimento descritti nei capitoli pre-cedenti:����� Il costo del capitale netto può essere stimato utilizzando i modelli di ri-

schio e rendimento: il CAPM, in cui il rischio viene calcolato rispetto a ununico fattore di mercato; l’APM, in cui il costo del capitale netto riflette lasensibilità a molteplici fattori economici non specificati; il modello multi-fattoriale, in cui come misura del rischio viene utilizzata la sensibilità a va-riabili macroeconomiche.

����� Sia nel CAPM che nell’APM gli input necessari sono il tasso di rendimentodi un investimento privo di rischio, il premio di rischio e il beta (nel CAPM)o i beta (nell’APM). Il beta viene di solito stimato utilizzando i dati storicirelativi ai prezzi; nel caso di imprese non quotate, esso può essere stimatoa partire da imprese quotate operanti nello stesso settore.

����� Anche se i beta possono essere calcolati a partire da dati storici non vadimenticato che essi sono determinati dalle politiche intraprese dall’azien-da in termini di struttura finanziaria e operativa.

����� Il costo del capitale è la media ponderata dei costi delle diverse fonti difinanziamento; i pesi si basano sui valori di mercato di ciascuna compo-nente. Il costo del debito è il tasso di mercato a cui l’impresa può prenderein prestito fondi, corretto per eventuali benefici fiscali.

����� Il costo del capitale è la soglia minima di rendimento accettabile (hurdlerate) da utilizzare per decidere se investire o meno in un progetto.

EserEserEserEserEsercizicizicizicizicizi1. Hai il compito di stimare il tasso nominale di

rendimento di un investimento privo di rischioda inserire nel CAPM per una socieà cilena.Quale dei seguenti tassi è quello più appro-priato?

a. Il tasso dei titoli di Stato a breve termineemessi dal governo cileno e denominati indollari statunitensi.

b. Il tasso dei titoli di Stato a lungo termineemessi dal governo cileno e denominati indollari statunitensi.

c. Il tasso dei titoli di Stato a breve termineemessi dal governo cileno e denominati inpesos cileni.

d. Il tasso di crescita reale a lungo termine del-l’economia cilena.

e. Il tasso al quale le società cilene più grandi esolide possono prendere in prestito fondi inpesos a lungo termine.

2. Le seguenti domande mirano a illustrare quan-to sia importante nella stima del rischio da qua-le punto di vista lo si consideri:

A. Ipotizza di possedere e voler vendereun’azienda non quotata, per la quale vi sonodue potenziali acquirenti: un imprenditoreprivato e una società quotata in Borsa. Chipensi che finirà per offrirti un prezzo più alto?

a) L’imprenditore privato

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146 Capitolo 4

b) La società quotata in Borsa

c) L’informazione non è sufficiente

B. Dato che un singolo (quale l’imprenditoreprivato nella domanda A) è di solito meno di-versificato degli investitori in società quotate,in quali circostanze egli potrebbe offrire unprezzo più alto per comprare la tua azienda?

a. Sotto la sua gestione, l’azienda potrà ge-nerare flussi di cassa maggiori che se ve-nisse a far parte di una società quotata.

b. In quanto investitore specializzato, pos-siede un insieme di conoscenze in gradodi incrementare i flussi di cassa e ridurreil rischio dell’azienda non disponibile in-vece a società quotate.

c. Vi sono significativi benefici fiscali con-nessi al fatto di essere un’impresa nonquotata.

d. Tutte o alcune delle risposte.

C. I fornitori di venture capital di solito si con-centrano su alcuni settori industriali e nonsono diversificati. Alla luce delle tue rispostealle domande A e B, come spiegheresti un si-mile atteggiamento?

a. Non hanno i mezzi per diversificare.

b. Poichè per valutare le diverse aziende han-no bisogno di informazione specifica alparticolare settore in cui esse operano, unamaggiore diversificazione sarebbe diffici-le e costosa da ottenere, perciò in generenon operano in più di un settore.

c. Amano il rischio.

d. Essendo coinvolti direttamente eativamente nella gestione delle imprese incui investono, non possono farlo con trop-pe imprese.

e. Tutte le risposte precedenti.

D. Di recente i fondi comuni di investimento(mutual funds) e le banche hanno cominciatoa creare fondi per svolgere l’attività di ventu-re capital. In quali tipi di aziende pensi chetali fondi avranno i maggiori vantaggi rispet-to ai fornitori tradizionali di venture capital?

a. Aziende che hanno bisogno di molti fondi.

b. Aziende con rendimenti molto elevati.

c. Aziende gestite da un valido managementteam e per le quali l’informazione rilevan-te è facilmente accessibile e può esserecompresa senza conoscenze specializzate.

E. Supponiamo che tu sia titolare di un’impresanon quotata. Punteresti a massimizzare il va-lore dell’attività per te come investitore indi-viduale o per il potenziale miglior acquirente(che potrebbe essere una società quotata)?

a. Per me come investitore individuale.

b. Per il potenziale miglior acquirente.

c. Dipende se e quando progetto di vender-la; se ho intenzione di venderla presto,cercherò di massimizzare il valore per ilpotenziale miglior acquirente; altrimenticercherò di massimizzarne il valore perme.

F. La proprietà immobiliare rappresenta unaclasse d’investimento storicamente caratteriz-zata da investitori specializzati piuttosto chediversificati. In base a quanto detto finora,come spiegheresti tale atteggiamento?

a. Gli investitori in beni immobiliari sono piùfurbi degli altri.

b. Gli investitori in beni immobiliari sono piùegoisti degli altri.

c. Gli investimenti in beni immobiliari ri-chiedono una maggiore informazionespecialistica nella fase di valutazione e unapresenza più attiva da parte degli investi-tori nella gestione.

G. Come spiegheresti la recente diffusione e cre-scita dei REIT (fondi comuni di investimento im-mobiliare)?

a. Gli investitori vogliono diversificare il pro-prio portafoglio investendo nel settoreimmobiliare.

b. Investire nel settore immobiliare è unbuon affare.

c. Benefici fiscali.

d. Il valore della proprietà immobiliare di-pende sempre meno da conoscenze spe-cialistiche e sempre più da informazionedi tipo generale.

3. Assumi che una regressione dei rendimentidella Nike rispetto a quelli dell’indice S&P 500,

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 147

utilizzando i rendimenti mensili relativi agli ulti-mi 5 anni, conduca al seguente risultato:

RendimentoNike = 0,22% + 1,20 RendimentoS&P 500

R quadrato = 15% (0,38)

L’errore standard del beta si trova fra parentesisotto il beta.

a. Calcola un intervallo di confidenza per il beta,con una confidenza del 67%.

b. Stima il rendimento atteso della Nike se il tas-so dei titoli di Stato a lungo termine è oggidel 6%.

c. Immagina ora di essere un investitore inte-ressato a comprare azioni della Nike. Suppo-ni che l’azione Nike non paghi dividendi. Ilprezzo dell’azione è oggi $ 45 e pensi che po-trà arrivare a $ 75 in cinque anni. Sarebbe unbuon investimento?

d. Immagina ora che la Nike stia valutando seinvestire o meno in un progetto (nel suobusiness principale, cioè le scarpe da gin-nastica) il cui rendimento atteso è del 14,5%.Secondo te, dovrebbe investire in tale pro-getto?

e. Se il tasso annualizzato privo di rischio negliultimi 5 anni è stato del 4,8%, valuta se nellostesso periodo la performance della Nike èstata migliore o peggiore delle aspettative edi quanto.

f. Se tu fossi un investitore con un portafoglionon diversificato che acquista azioni Nike,quale percentuale del rischio che ti assumi nonsarà remunerata?

4. Hai il compito di stimare il beta di una grandesocietà sudcoreana, con grosse partecipazioninel settore siderurgico e dei servizi finanziari.La regressione dei rendimenti azionari rispettoall’indice di mercato locale fornisce un beta di1,10, ma l’azienda rappresenta il 15% dell’indi-ce. Per ciascuno dei due settori in cui opera lasocietà sudcoreana hai raccolto i beta e i rap-porti medi debito/capitale netto di compagnieinternazionali:

Settore Beta medio D/E ratio medio

Siderurgico 1,18 30%Servizi finanziari 1,14 70%

L’aliquota d’imposta media per queste aziendeè il 40%).

Negli ultimi tempi la società che stai analizzan-do ha ricavato il 70% del proprio reddito ope-rativo dal settore siderurgico e il 30% dal set-tore dei servizi finanziari. Inoltre, ha avuto unrapporto debito/capitale netto del 150%, eun’aliquota d’imposta del 30%.

a. Stima il beta della società.

b. Se il tasso nominale sui titoli di Stato a lungotermine in Won (la valuta coreana) è 12% e ilrating della Corea è BBB (obbligazioni indu-striali con tale rating rendono il 2% in più deititoli di Stato statunitensi a lungo termine),stima il costo del capitale netto della societàin Won nominali.

c. Se il tasso sui titoli di Stato statunitensi a lun-go termine è 6%, stima il costo del capitaleazionario della società in dollari statunitensi.

5. Hai inserito in una regressione i rendimentidella Devonex, un’azienda costruttrice di mac-chine utensili, e dell’indice S&P 500 utilizzan-do i rendimenti mensili degli ultimi 5 anni ehai ottenuto la seguente relazione:

RendimentoDevonex = –0,20% + 1,50 RendimentoS&P 500

Se l’azione aveva un alfa di Jensen di +0,10%(su base mensile) relativo al periodo in que-stione, stima il tasso mensile privo di rischiorelativo agli ultimi 5 anni.

6. Hai il compito di analizzare la società GenCorp,attiva nel settore alimentare e del tabacco. Ladivisione tabacco è valutata 15 miliardi di dol-lari, quella alimentare 10 miliardi di dollari.L’azienda ha un rapporto debito/capitale nettodi 1,00. Hai inoltre le seguenti informazioni suaziende comparabili:

Attività Beta medio D/E medio

Alimentari 0,92 25%Tabacco 1,17 50%

Supponendo che tutte le aziende abbianoun’aliquota d’imposta del 40%, se il tasso suititoli di Stato a lungo termine è attualmente del6%, qual è il costo del capitale netto per Gen-Corp?

Cap4.p65 10/05/2001, 10.56147

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148 Capitolo 4

7. Supponi adesso che GenCorp ceda (in contan-ti) la divisione alimentare al suo valore stimatodi 10 miliardi di dollari.

a. Stima il beta di GenCorp se il ricavato dellavendita viene impiegato per estinguere partedel debito.

b. Stima il beta di GenCorp se invece il ricavatodella vendita viene investito in titoli di Stato.

c. Infine, stima il beta di GenCorp se il ricavatodella vendita viene impiegato per riacquista-re azioni proprie (buy back).

8. Sulla base di una regressione di dati mensilirelativi agli ultimi 5 anni, hai ottenuto un betaper la Multi-Brand Corporation di 0,90. Nellostesso periodo, il rapporto medio debito/capi-tale netto è stato 11,11%, ma l’azienda ha ap-pena preso in prestito 100 milioni di dollari coni quali ha riacquistato azioni proprie. Prima dieffettuare questa transazione, il valore di mer-cato del capitale netto era di 225 milioni di dol-lari e la società aveva debiti pari a 25 milioni didollari. Stima il beta che utilizzeresti per que-sta società per il futuro. La società è soggetta aun’aliquota d’imposta del 40%

9. La SunCoast Inc. è una importante società pro-duttrice di elettrodomestici che sta pensandodi acquistare la MF Capital, un’azienda che for-nisce finanziamenti a coloro che compranoelettrodomestici. All’epoca dell’acquisizione

• La SunCoast Inc. aveva un debito di 100 mi-lioni di dollari e 10 milioni di azioni in circo-lazione quotate a 50 dollari l’una. Il betaazionario è 1,2.

• La MF Capital aveva un debito di 100 milionidi dollari e 5 milioni di azioni in circolazionequotate a 10 dollari l’una. Il beta azionario è0,9.

La SunCoast intende acquistare la MFC capitalattraverso uno stock swap, vale a dire offrendo1 milione delle sue azioni in cambio di tutte leazioni in circolazione di MF Capital. Stima qua-le sarebbe il beta della SunCoast Inc. dopo l’ac-quisizione. La società è soggetta a un’aliquotad’imposta del 40%.

10. Hai il compito di misurare il premio di rischioimplicito sulla Borsa di Timbuktu (TSE). L’indi-

ce è quotato a 1050 con un tasso di dividendodel 3%. Attualmente, il tasso dei titoli di Statoa lungo termine è del 6,5%, mentre il tasso no-minale atteso di crescita a lungo termine del-l’economia è del 6%. Stima il premio di rischioimplicito per le azioni.

11. A dicembre 1995 le azioni di Boise Cascade ave-vano un beta di 0,95. Il tasso dei titoli di Statoa breve all’epoca era 5,8% mentre il tasso deititoli di Stato a lungo era 6,4%.

a. Stima il rendimento azionario atteso per uninvestitore a breve termine nella società.

b. Stima il rendimento azionario atteso per uninvestitore a lungo termine nella società.

c. Stima il costo del capitale netto della società.

12. La Boise Cascade aveva inoltre un debito di 1,7miliardi di dollari e un valore di mercato delcapitale netto di 1,5 miliardi; l’aliquota d’im-posta marginale della società era del 36%.

a. Supponendo che il beta attuale di 0,95 sia ra-gionevole, stima il beta unlevered della so-cietà.

b. Quale percentuale del rischio della società èattribuibile al rischio operativo e quale al ri-schio finanziario?

13. Una società di biotecnologia, la Biogen Inc, nel1995 aveva un beta di 1,70 ed era priva di debiti.

a. Stima il costo del capitale netto della Biogen,se il tasso dei titoli di Stato a lungo è del 6,4%.

b. Quale effetto produrrà un incremento del tas-so dei titoli di Stato a lungo fino al 7,5% sulcosto del capitale netto della Biogen?

c. Quale percentuale del beta della Biogen èattribuibile al rischio operativo?

14. Genting Berhad è un conglomerato di aziendedella Malaysia con partecipazioni in piantagionie località turistiche. Il beta stimato per l’azien-da rispetto alla Borsa della Malaysia è 1,15, e iltasso sui titoli di Stato a lungo termine emessidalla Malaysia è 11,5%.

a. Stima il rendimento azionario atteso.

b. Se fossi un investitore internazionale, sarestid’accordo nell’utilizzare il beta stimato rispet-to all’indice di Borsa malaysiano o preferire-sti un approccio diverso? Quale?

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 149

15. Hai inserito in una regressione i rendimentiazionari mensil i della Heavy Tech Inc.,un’azienda produttrice di macchinari pesanti,e i rendimenti di mercato mensili relativi agliultimi cinque anni ottenendo:

RHeavyTech = 0,5% + 1,2RM

La varianza delle azioni è 50% mentre la va-rianza del mercato è 20%. Il tasso attuale suititoli di Stato a breve è il 3% (un anno fa era il5%). Le azioni vengono attualmente scambia-te a 50 dollari, 4 dollari sotto il prezzo dello scor-so anno; inoltre, nel corso dell’anno hanno pa-gato un dividendo di 2 dollari e l’anno prossi-mo dovrebbero pagarne uno di 2,50 dollari.L’indice composito NYSE è sceso dell’8% l’an-no scorso e ha un tasso di dividendo del 3%.La Heavy Tech Inc. ha un’aliquota d’imposta del40%.

a. Qual è il rendimento atteso della Heavy Techper il prossimo anno?

b. Quale pensi che sarà il prezzo della HeavyTech da oggi a un anno?

c. Che rendimento ti saresti aspettato per leazioni della Heavy durante lo scorso anno?

d. Qual è stato il rendimento effettivamente re-alizzato dalla Heavy Tech l’anno scorso?

e. La Heavy Tech ha un capitale netto di 100milioni di dollari e un debito di 50 milioni.L’azienda progetta di raccogliere sul mercatoulteriori 50 milioni di dollari di capitale nettoe, con tali fondi, estinguere completamente ildebito. Stima il nuovo beta.

16. La Safecorp, che possiede e gestisce una cate-na di negozi di drogheria negli Stati Uniti, at-tualmente ha un debito di 50 milioni di dollarie un capitale netto di 100 milioni. Le sue azio-ni hanno un beta di 1,2. Sta progettando unleveraged buyout (LBO) attraverso il quale por-terà a 8 il rapporto debito/capitale netto. Sel’aliquota d’imposta è il 40%, quale sarà il betadel capitale netto dell’azienda dopo il levera-ged buyout?

17. La Novell, con un valore di mercato del capita-le netto di 2 miliardi di dollari e un beta di 1,50,ha annunciato l’acquisizione di WordPerfect,con un valore di mercato del capitale netto di 1

miliardo di dollari e un beta di 1,30. All’epocadell’acquisizione nessuna delle due aziendeaveva debiti. L’aliquota d’imposta per entram-be era del 40%.

a. Stima il beta della Novell dopo l’acquisizione,assumendo che l’intera acquisizione sia statafinanziata con capitale netto.

b. Supponi che la Novell abbia dovuto prende-re in prestito 1 miliardo di dollari per finan-ziare l’acquisizione di WordPerfect. Stima ilbeta dopo l’acquisizione.

18. Stai analizzando il beta della Hewlett-Packarde hai suddiviso la società nei quattro settoriprincipali in cui opera, stimano un valore dimercato e un beta per ciascuna divisione (l’ali-quota d’imposta è del 36%).

Divisione Valore di mercato Betadel capitale netto

(miliardi di dollari)

Mainframe 2 1,10Personal Computer 2 1,50Software 1 2,00Stampanti 3 1,00

a. Stima il beta della Hewlett-Packard usando ilmetodo bottom-up. Tale beta sarà uguale aquello stimato con una regressione dei ren-dimenti storici delle azioni della Hewlett-Packard contro un indice di mercato? Motivala tua risposta.

b. Se il tasso dei titoli di Stato a lungo termine èil 7,5%, stima il costo del capitale netto dellaHewlett-Packard. Stima il costo del capitalenetto per ciascuna divisione. Quale costo delcapitale netto utilizzeresti per valutare la di-visione stampanti?

c. Supponi che la Hewlett-Packard ceda la divi-sione mainframe e con il ricavato paghi undividendo. Stima il beta della società dopo lacessione (la Hewlett-Packard aveva un debi-to di un miliardo di dollari).

19. Nella seguente tabella sono riportati le varia-zioni percentuali del reddito operativo e delfatturato e i beta di quattro aziende farmaceu-tiche:

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150 Capitolo 4

Azienda variazione % variazione %utile reddito

operativo Beta

PharmaCorp 27 25 1,00SynerCorp 25 32 1,15BioMed 23 36 1,30Safemed 21 40 1,40

a. Calcola l’intensità della leva operativa per cia-scuna azienda.

b. Spiega la differenza nei beta alla luce dellaleva operativa.

20. Una famosa agenzia di stima dei beta fissa ilbeta della Comcast Corporation, una societàoperante nel settore della TV via cavo, a 1,45.L’agenzia utilizza rendimenti azionari settima-nali relativi agli ultimi cinque anni e l’indicecomposito NYSE come indice di mercato. At-traverso una regressione dei rendimenti setti-manali relativi allo stesso periodo, tu stimi in-vece un beta di 1,60. Come riconcilieresti le duestime?

21. La Battle Mountain è una società mineraria cheestrae oro, argento e rame in Sud America, Afri-ca e Australia. Il beta azionario stimato è 0,30.Data la volatilità dei prezzi delle materie pri-me, come si spiega un beta così basso?

22. Hai raccolto i rendimenti azionari della Ana-Done Corporation (AD Corp), una società ma-nifatturiera diversificata, e i rendimenti sull’in-dice NYSE, per un periodo di cinque anni:

Anno AD Corporation NYSE

1981 10% 5%1982 5% 15%1983 -5% 8%1984 20% 12%1985 –5% –5%

a. Stima l’intercetta (alfa) e l’inclinazione (beta)della regressione.

b. Se oggi comprassi azioni della AD Corp., qualerendimento pensi che ti frutterebbero perl’anno prossimo? [Il tasso dei Buoni del Teso-ro semestrali è 6%]

c. Tornando agli ultimi cinque anni, come giu-dicheresti la performance dell’AD Corp. ri-spetto al mercato? (Il tasso medio di rendi-mento di un investimento privo di rischio re-lativo al periodo in questione è stato del 5%)

d. Supponi ora di essere un investitore non di-versificato e che tutto il tuo patrimonio siainvestito nella AD Corporation. Quale pensiche sia una misura significativa del rischio cheti sei assunto? Quale percentuale del rischioriusciresti a eliminare diversificando?

e. La AD sta valutando di cedere una delle suedivisioni. La divisione in questione ha attivi-tà che rappresentano metà del valore conta-bile della AD Corporation e il 20% del suovalore di mercato. Inoltre, il beta di tale divi-sione è il doppio del beta medio della ADCorp. (prima della cessione). Quale sarà il betadella AD Corporation dopo la cessione di que-sta divisione?

23. Hai effettuato una regressione dei rendimentimensili della Mapco Inc., una società produt-trice di petrolio e gas, riseptto all’indice S&P500 ottenendo i seguenti risultati (per il perio-do 1991 - 1995):

Intercetta della regressione = 0,06%

Coefficiente della regressione = 0,46

Errore standard del coefficiente = 0,20

R quadrato = 5%

La società ha in circolazione 20 milioni di azionial prezzo attuale di mercato di 2 dollari l’una.La società ha un debito di 20 milioni di dollari(e un’aliquota d’imposta del 36%).

a. Quale rendimento dovrebbe attendersi uninvestitore nelle azioni della Mapco, se il tas-so dei titoli di Stato a lungo termine è il 6%?

b. Quale porzione del rischio di questa impresaè diversificabile?

c. Immagina ora che la Mapco abbia tre divisio-ni equivalenti in termini di valore di mercato.La società progetta di cedere una delle divi-sioni per 20 milioni di dollari, da utilizzare peracquisirne un’altra per 50 milioni (i restanti30 milioni di dollari saranno presi in presti-to). La divisione che intende cedere è in unsettore con un beta unlevered medio di 0,20,

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 151

mentre la divisione che intende acquisire è inun settore con un beta unlevered medio di0,80. Quale sarà il beta della Mapco dopol’acquisizione?

24. Hai effettuato una regressione dei rendimentimensili dell’American Airlines (AMR) rispettoall’S&P 500 per gli ultimi cinque anni. Hai per-so alcuni risultati e stai cercando di ricostruirlisulla base della informazione seguente:

a. Sai che l’R quadrato della regressione è 0,36e che le tue azioni hanno una varianza di 67%.La varianza del mercato è il 12%. Qual è ilbeta della AMR?

b. Ti ricordi che la AMR non è stato un buoninvestimento nel periodo della regressione eche la performance è stata inferiore alle aspet-tative (tenuto conto del rischio) dello 0,39%al mese per i cinque anni della regressione.Durante questo periodo il tasso medio di ren-dimento di un investimento privo di rischioera stato del 4,84%. Qual era l’intercetta del-la regressione?

c. Stai confrontando la AMR Inc. con un’altrasocietà che ha lo stesso R quadrato di 0,36. Ledue società avranno lo stesso beta? Se no,perché?

25. Hai effettuato una regressione dei rendimentimensili della Amgen, una grande società di bio-tecnologia, rispetto ai rendimenti mensili del-l’indice S&P 500, ottenendo:

Razionario = 3,28% + 1,65 Rdi mercato R2 = 0,20

Attualmente, il tasso di un titolo di Stato conscadenza a un anno è 4,8%, mentre il tasso diun titolo di Stato con scadenza a 30 anni è 6,4%.La società ha 265 milioni di azioni in circola-zione, quotate a 30 dollari.

a. Qual è il rendimento azionario atteso per l’an-no prossimo?

b. Questa tua stima cambierebbe se l’obiettivofosse quello di ottenere un tasso diattualizzazione per analizzare un progetto dicapital budgeting della durata di 30 anni?

c. Un analista ha stimato, correttamente, che nelperiodo della regressione le azioni hanno avu-to una performance migliore del 51,10%, subase annuale, rispetto alle aspettative. Cercadi ricavare il tasso annualizzato privo di ri-

schio utilizzato dall’analista per ottenere quelrisultato.

d. La società ha un rapporto debito/capitale net-to del 3% ed è soggetta a un’aliquota d’im-posta del 40%. Ha intenzione di emettere unnuovo debito di 2 miliardi di dollari per ac-quisire un’altra azienda, con il suo stesso li-vello di rischio. Quale sarà il beta dopol’acquisizione?

26. Hai effettuato una regressione dei rendimentimensili della MAD Inc., un’impresa editrice diquotidiani e riviste, rispetto ai rendimenti del-l’S&P 500:

RMAD = 0,05% + 1,20 RS&P

La regressione ha un R quadrato pari al 22%.Attualmente, il tasso dei Treausry Bill è del 5,5%e il tasso dei Treasury Bond è del 6,5%. Il tassoprivo di rischio nel periodo della regressione è6%. Rispondi alle seguenti domande sulla re-gressione:

a. In base all’intercetta puoi concludere che laperformance delle azioni è stata:

• dello 0,05% peggiore delle aspettative subase mensile durante il periodo dellaregressione.

• dello 0,05% migliore delle aspettative subase mensile durante il periodo dellaregressione.

• dell’ 1,25% peggiore delle aspettative subase mensile durante il periodo dellaregressione.

• dell’ 1,25% migliore delle aspettative subase mensile durante il periodo dellaregressione

• Altro.

b. Ti accorgi che la MAD Inc. ha subito unaristrutturazione alla fine del mese scorso (l’ul-timo mese della regressione), con i seguenticambiamenti:

• La società ha venduto la divisione riviste,che aveva un beta unlevered di 0,6, per 20milioni di dollari.

• Ha preso in prestito altri 20 milioni di dol-lari e ha ricomprato azioni per un valoredi 40 milioni di dollari.

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152 Capitolo 4

Dopo la cessione della divisione e il riacquistodelle azioni, la MAD Inc. aveva un debito di 40milioni di dollari e un capitale netto di 120 mi-lioni di dollari. Se l’aliquota d’imposta del-l’azienda è 40%, stima di nuovo il beta alla lucedi questi cambiamenti.

27. La Time Warner Inc., un conglomerato di azien-de che operano nel settore dello spettacolo, haun beta di 1,61. Un beta così elevato è dovutoin parte al debito insoluto connesso al levere-ged buyout a opera della Time sulla Warner nel1989, che nel 1995 ammontava a 10 miliardi. Ilvalore di mercato del capitale netto della TimeWarner nel 1995 era di 10 miliardi di dollari.L’aliquota d’imposta marginale era il 40%.

a. Stima l’unlevered beta della Time Warner.

b. Stima l’effetto che avrebbe sul beta la ridu-zione di 10% all’anno dell’indice di indebi-tamento per i prossimi due anni.

28. La Chrysler, l’azienda automobilistica, nel 1995aveva un beta di 1,05. Aveva inoltre un debitodi 13 miliardi di dollari e 355 milioni di azioniin circolazione quotate a 50 dollari. L’aziendaaveva un saldo attivo di cassa di 8 miliardi didollari a fine 1995. L’aliquota d’imposta margi-nale era il 36%.

a. Stima il beta unlevered dell’azienda.

b. Stima l’impatto sul beta unlevered del paga-mento di un dividendo speciale di 5 miliardidi dollari .

c. Stima il beta della Crysler dopo il pagamentodi questo speciale dividendo.

29. Stai stimando il beta di un’impresa non quota-ta produttrice di elettrodomestici. Sei riuscitoa ottenere i beta di aziende quotate produttricidi elettrodomestici.

Azienda Beta Debito Valore di(milioni mercato del

di $) capitale netto(milioni di $)

Black & Decker 1,40 2500 3000Fedders Corp. 1,20 5 200Maytag Corp. 1,20 540 2250National Presto 0,70 8 300Whirlpool 1,50 2900 4000

L’azienda non quotata ha un rapporto debito/capitale netto del 25% ed è soggetta a un’ali-quota d’imposta del 40%. Anche le società quo-tate sono tutte soggette a un’aliquota d’impo-sta del 40%.

a. Stima il beta dell’azienda non quotata.

b. Avresti qualche remora nell’utilizzare i betadi aziende comparabili?

30. In seguito alle pressioni degli azionisti, la RJRNabisco sta valutando l’idea di effettuare unospin off della divisione alimentare. Il tuo com-pito è di stimare il beta della divisione; per far-lo, decidi di utilizzare i beta di società similiquotate. Il beta medio di queste aziende com-parabili quotate risulta essere 0,95 e il rappor-to medio debito/capitale netto risulta essere del35%. Si prevede che il rapporto debito/capitalenetto della divisione dopo lo spin off sarà del25%. L’aliquota d’imposta marginale per le so-cietà è il 36%.

a. Qual è il beta della divisione?

b. Le cose cambierebbero se venissi a sapere chela RJR Nabisco ha una leva operativa moltopiù elevata rispetto alle aziende scelte comecomparabili?

31. La Southwestern Bell, una compagnia telefo-nica, decide di espandersi nel settore dei massmedia. Il beta della società alla fine del 1995era 0,90 e il rapporto debito/capitale netto era1. Si prevede che la nuova divisione mass me-dia rappresenterà il 30% del valore totale dellasocietà nel 1999. Considera che il beta mediodi aziende nel settore mass media è 1,20 men-tre il rapporto medio debito/capitale netto è50%. L’aliquota d’imposta marginale è del 35%.

a. Stima il beta della Southwestern Bell nel 1999supponendo che essa mantenga lo stesso rap-porto debito/capitale netto.

b. Stima il beta della Southwesten Bell nel 1999supponendo che essa voglia finanziarel’espansione nel settore dei mass media conun rapporto debito/capitale netto del 50%.

32. Il CFO (Chief Financial Officer) di Adobe Sy-stems, un’azienda di software in espansione, tiha chiesto un parere sul beta della sua società.Ogni anno un’agenzia di stima gli fornisce ibeta di Abobe Systems ed egli ha notato che il

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 153

beta è sceso da 2,35 nel 1991 a 1,40 nel 1995.Vorrebbe che tu rispondessi alle seguenti do-mande su questo calo del beta:

a. È inusuale per un’azienda in espansione?

b. A che cosa può essere dovuto?

c. Continuerà in futuro?

33. Analizzando Tiffany, un rivenditore esclusivo,hai ottenuto un beta di 0,75 (metodo della re-gressione); l’errore standard della stima del betaè 0,50. Il beta unlevered medio di aziende com-parabili è 1,15.

a. Se Tiffany ha un rapporto debito/capitale nettodel 20%, stima il beta della società sulla basedel risultato per le aziende comparabili (l’ali-quota d’imposta è 40%).

b. Stima un intervallo di confidenza attorno albeta ottenuto dalla regressione.

c. Come concilieresti le due stime? Quale uti-lizzeresti per l’analisi?

34. Nell’analizzare la valutazione di un’aziendaindonesiana, ti accorgi che la valutazione è statafatta in termini nominali in dollari statunitensie che il tasso di attualizzazione è stato stimatoutilizzando obbligazioni denominate in dollariemesse dal governo indonesiano (ad un tassodel 9% a un tempo in cui il tasso sui TreasuryBonds era del 6%) e un premio di rischio mag-giorato per riflettere il rischio addizionale delmercato indonesiano (8,5% invece che il pre-mio del 5,5% calcolato per gli Stati Uniti).

a. Pensi che il tasso di attualizzazione sia statostimato correttamente? Se no, cosa avrestifatto di diverso?

b. Dato il modo in cui è stato stimato il tasso diattualizzazione, in quale valuta dovrebberoessere stimati i flussi di cassa attesi? Dovreb-bero essere espressi in termini nominali (te-nendo cioè conto dell’inflazione attesa) o intermini reali?

35. Per stimare i premi di rischio relativi agli StatiUniti spesso si utilizzano i premi di rischio sto-rici (i.e. il rendimento addizionale ottenuto in-vestendo in azioni piuttosto che in Treasury Billso Treasury Bonds). Quali sono le ipotesi impli-cite in termini di avversione degli investitori alrischio e investimento di media rischiosità?

36. Considera ora di utilizzare l’approccio dei pre-mi di rischio storici per ottenere il premio dirischio relativo al mercato azionario della Tai-landia. Quali sono i problemi in cui incorreraiutilizzando tale approccio?

37. Per stimare il costo del capitale netto in termi-ni reali dobbiamo ricorrere a un tasso privo dirischio espresso in termini reali. Rispondi alleseguenti domande relative al tasso reale privodi rischio:

a. Perché i tassi reali privi di rischio sono diversidai tassi nominali privi di rischio?

b. Supponendo un tasso nominale privo di ri-schio del 7% e un’inflazione attesa del 3%,stima il tasso reale privo di rischio.

c. In quali circostanze preferiresti fare un’anali-si in termini reali piuttosto che nominali?

38. Hai il compito di stimare il costo del capitalenetto di un’impresa di software non quotata.Hai raccolto dati di società di software quotate,ottenendo un beta medio di 1,40; il rapportomedio debito/capitale netto a valori di mercatoper queste società è il 15%. L’R quadrato me-dio è 25%. L’aliquota d’imposta per tutte le so-cietà è fissata al 40%.

a. Stima il beta dell’impresa di software non quo-tata, supponendo che essa non abbia debito.

b. Come cambierebbe la tua stima se l’impresadecidesse di muovere verso un rapporto de-bito/capitale netto simile a quello medio nelsettore?

c. Avendo a disposizione il valore contabile deldebito e del capitale netto di questa impresa,utilizzeresti il rapporto contabile debito/capi-tale netto per stimare il beta? Perché?

d. Se il proprietario dell’impresa non quotataavesse investito tutto il proprio patrimonio inquest’attività e non avesse intenzione di ven-dere l’impresa o di quotarla in Borsa, la tuaanalisi del rischio sarebbe diversa?

e. E come cambierebbe se invece il proprietariodell’impresa ti dicesse che ha intenzione diquotare l’impresa l’anno prossimo?

39. Hai il compito di stimare il costo del capitaledella società Allstate Insurance, sulla quale saiquanto segue:

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154 Capitolo 4

• Il beta è 1,20, in base alla regressione dei ren-dimenti azionari della Allstate rispetto all’in-dice S&P 500.

• Il prezzo della singola azione è 93 dollari e cisono 430 milioni di azioni in circolazione. Lasocietà ha inoltre 2,5 miliardi di dollari di de-bito (valore contabile e di mercato).

• La società ha un rating AAA assegnato dalleagenzie di rating; il differenziale per rischiodi insolvenza (default spread) per le obbliga-zioni AAA rispetto al tasso dei titoli di Stato alungo termine è 0,20%.

• Il tasso dei titoli di Stato a lungo termine è6%.

a. Stima il costo del capitale netto dellaAllstate.

b. Stima il costo del capitale della Allstate.

c. Le tue risposte sarebbero diverse se ve-nissi a sapere che la Allstate non ha avutodebito nell’intero arco temporale dellaregressione?

40. Stai cercando di stimare il costo del debito diFoodWorld, un negozio di drogheria non quo-tato. Il negozio non ha rating; hai tuttavia leseguenti informazioni:

• Il debito che figura nei suoi libri contabili èstato contratto tre anni fa a un tasso del 10%e ammonta a 5 milioni di dollari

• L’anno scorso il negozio ha avuto un utile allordo di imposte e interessi (EBIT) pari a 3,5milioni di dollari.

• Nella tabella riportata in questa pagina vieneriportata la relazione fra indice di coperturadegli oneri finanziari, rating e default spreadsul tasso dei titoli di Stato a lungo termineper gli ultimi anni.

• L’impresa è soggetta a un’aliquota d’impostasul reddito del 42%.

• Oggi il tasso sui titoli di Stato a lungo termi-ne è del 6% (tre anni fa era l’8%).

a. Utilizza la tabella del rating per ottenereil costo del debito dell’impresa.

b. Perché il costo del debito è diverso dal tas-so d’interesse pagato sul debito che figu-ra nei libri contabili?

Indice di copertura Rating Spread sui titolidegli oneri di Stato afinanziari lungo termine

>12,5 AAA 0,20%9,50-12,50 AA 0,50%7,5 -9,5 A+ 0,80%6,0-7,5 A 1,00%4,5-6,0 A– 1,25%3,5-4,5 BBB 1,50%3,0 - 3,5 BB 2,00%2,5- 3,0 B+ 2,50%2,0-2,5 B 3,25%1,5-2,0 B– 4,25%1,25-1,5 CCC 5,00%0,8-1,25 CC 6,00%0,5- 0,8 C 7,50%< 0,5 D 10,00%

c. Sotto quali condizioni useresti il tassod’interesse sul debito che figura nei libricontabili come costo del debito?

41. Hai effettuato una regressione dei rendimentidi Sybase rispetto all’indice S&P 500 ottenen-do un beta di 1,10 con errore standard di 0,5.Prendendo in considerazione altre 25 aziendesimili sei arrivato a un beta medio di 1,50 e unrapporto medio debito/capitale netto del 10%.La Sybase non ha debito.

a. Quale beta utilizzeresti per Sybase e perché?

b. Se il tasso dei titoli di Stato a lungo termine èil 6%, qual è la stima del costo del capitalenetto?

c. Un analista che utilizza il CAPM per arrivarea una stima del costo del capitale netto dellaSybase sostiene che il premio di rischio uti-lizzato nel modello (moltiplicato per il beta)dovrebbe essere maggiore perché la Sybase èrischiosa. Come replicheresti?

42. In un’analisi di Archer Daniels Midland hainotato che la stima del beta per l’azienda è 0,85e che l’azienda ha un debito di 3,4 miliardi didollari nei libri contabili. Gli interessi passivil’anno scorso ammontavano a 225 milioni didollari e la scadenza media del debito è 4 anni.

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 155

L’azienda ha 532 milioni di azioni in circola-zione a un prezzo di mercato di 22 dollari; ilpatrimonio netto nei libri contabili è 6,05 mi-liardi di dollari. L’azienda ha un rating AA e leobbligazioni con rating AA sono negoziate conun differenziale di 0,70% rispetto al tasso deititoli di Stato a lungo termine. Oggi il tasso deititoli di Stato a lungo termine è del 6%.

a. Stima il costo del capitale utilizzando il rap-porto debito/capitale netto in base al valorecontabile.

b. Stima il costo del capitale utilizzando il rap-porto debito/capitale netto in base al valoredi mercato.

c. In quali circostanze il primo approccio ti for-nirà un costo del capitale più alto?

Live case studyRischio e rRischio e rRischio e rRischio e rRischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimento

ObiettivoSviluppare un profilo di rischio per la società; stimare i parametri di rischio eutilizzarli per ottenere il costo del capitale netto e il costo del capitale.

Domande chiave

����� Qual è il profilo di rischio della società? Quanto è la sua rischiosità com-plessiva? Quali sono le fonti di rischio (mercato, impresa, settore industria-le, valuta)? Come sta cambiando il profilo di rischio della società?

����� Quali caratteristiche ha la performance di un investimento nella società inquestione? Quale rendimento avresti ottenuto investendovi in passato? Sa-rebbe stato migliore o peggiore rispetto al mercato? Quale percentuale dellaperformance è attribuibile al management?

����� Quanto è rischioso il capitale netto della società? Perché? Qual è il costodel capitale netto?

����� Quanto è rischioso il debito della società? Qual è il suo costo del debito?

����� Qual è l’attuale costo del capitale della società?

Uno schema per l’analisi

1. La stima dei parametri di rischio sulla base di dati storici

Effettua una regressione dei rendimenti delle azioni della società rispetto airendimenti sull’indice di mercato, preferibilmente utilizzando dati mensili eosservazioni relative a 5 anni; oppure, se hai accesso a Bloomberg, cerca lapagina dedicata al calcolo del beta e stampala (dopo aver scelto intervalli direndimento mensili e un periodo di 5 anni)38.

38 La pagina Bloomberg relativa al calcolo del beta fornisce il beta stimato con rendi-menti mensili su due anni rispetto a un indice locale; è possibile però cambiare l’intervallodi rendimento (giornaliero, settimanale, annuale) e scegliere un qualunque periodo e in-dice di riferimento [N.d.C.].

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156 Capitolo 4

����� Qual è l’intercetta della regressione? Cosa ne deduci in termini della per-formance delle azioni della società nel periodo esaminato?

����� Qual è l’inclinazione della regressione?

����� Come la interpreti in termini di rischiosità delle azioni?

����� Quanto precisa è questa stima del rischio? Costruisci un intervallo di con-fidenza

����� Quale porzione del rischio dell’azienda è attribuibile a fattori di mercato?Quale a fattori specifici dell’impresa? Perché è importante saperlo?

����� Quanto del rischio della società rappresenta rischio operativo (business risk)?Quanto è dovuto invece alla leva finanziaria?

2. Confronto con i beta di settore (beta bottom-up)

����� Suddividi la società nei vari settori in cui opera e stima un beta per ciascu-na divisione.

����� Assegna un peso appropriato a ciascuna componente e stima il beta unle-vered della società.

����� Utilizzando la struttura finanziaria attuale, stima il beta levered della società.

3. La scelta fra i beta

����� Quale dei beta che hai stimato per la società è più attendibile? Perché?

����� Utilizzando il beta che hai scelto, misura il rendimento atteso di un investi-mento in azioni della società per un

• investitore a breve termine

• investitore a lungo termine

• Se facessi parte del management della società, come utilizzeresti questamisura del rendimento atteso?

4. La stima del rischio di insolvenza e del costo del debito

����� Se la società ha un rating

• Qual è il rating più aggiornato?

• Qual è il differenziale per il rischio di insolvenza (default spread) e quindi iltasso di interesse a esso associato?

• Se la società ha obbligazioni in circolazione, stima il rendimento a scaden-za (yield to maturity) di una suaobbligazione a lungo termine. Perché po-trebbe risultare diverso dal tasso stimato nel passaggio precedente?

• Qual è l’aliquota marginale d’imposta della società?

• Se la società non ha un rating

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Misura del rischio e soglia minima di rendimento: in pratica 157

• Ha di recente preso in prestito fondi? Se sì, quale tasso di interesse ha pa-gato su di essi?

• Riesci a stimare un rating “sintetico”? Se sì, qual’è il tasso di interesse cor-rispondente?

5. La stima del costo del capitale

����� Pesi per debito e capitale netto

• Qual è il valore di mercato del capitale netto?

• Stima un valore di mercato del debito. (Per farlo avrai bisogno di raccogliereinformazioni sulla scadenza media del debito, gli interessi passivi pagati direcente e il valore contabile del debito)

• Quali sono i pesi di debito e capitale netto?

• Qual è il costo del capitale della società?

Informazione onlineRischio e rRischio e rRischio e rRischio e rRischio e rendimentoendimentoendimentoendimentoendimento

Se siete in possesso di dati mensili (fino a un massimo di 5 anni) relativi aiprezzi e ai dividendi della società di cui volete stimare il beta con il metododella regressione, lo spreadsheet disponibile nel nostro booksite, nella sezio-ne a supporto di questo capitolo, vi consentirà di calcolare beta, alfa e R qua-drato (rispetto all’indice S&P 500).

In alternativa, potete ottenere il beta delle azioni quotate sui mercati statu-nitensi sul sito www.dailystocks.com – il beta è calcolato sulla base di unaregressione di 3 anni di rendimenti mensili rispetto all’indice S&P 500 (inseri-te il ticker e poi, nella sezione Beta, fate clic su Stocksheet).

Per stimare il beta bottom-up, potete utilizzare i beta unlevered medi persettore industriale negli Stati Uniti raccolti nel booksite. Per ottenere dettaglisul reddito operativo e l’utile generato da un’azienda in ciascun settore in cuiè attiva, potete consultare l’Annual Report (www.reportgallery.com) e il 10-K(www.sec.gov/edgarhp.htm) della società. In tali documenti troverete anche ilvalore di mercato del capitale netto e gli input necessari per stimare il valore dimercato del debito (la scadenza del debito dovrebbe essere fra le note dellostato patrimoniale, nel 10-K).

Per trovare il rating della vostra società potete consultare le graduatoriestilate dalla Standard & Poor’s, se puoi accedervi. Puoi anche inviare una ri-chiesta di rating via e-mail alla Standard & Poor’s sul sito www.standardpoor.com/

RatingsActions/ (facendo clic su Ratings Inquiries). Per ottenere il differenzia-le per rischio di insolvenza (default spread) associato a ciascun rating, potetericorrere al dataset disponibile sul nostro booksite, nel quale sono riportati i

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158 Capitolo 4

default spread (rispetto ai Treasury Bond) per classi di rating. Sempre nel book-site, se volete stimare un rating “sintetico”, potete consultare la tabella nellaquale sono riportati i rating corrispondenti a ciascun livello dell’indice di co-pertura degli oneri finanziari (interest coverage ratio).

WWW ItaliaPer le società italiane, nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questocapitolo, trovate i beta calcolati sulla base di rendimenti mensili (per 5 anni)rispetto all’indice Mibtel.

Il rating è disponibile sul sito www.borsaitalia.it (fate clic su Ratings nellasezione Intermediari e Investitori), dove troverete anche una descrizione deicriteri adottati dalle diverse agenzie.

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