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Page 1: Titoli Definizione La favola greca Rapporti con la favola orientale La favola latina La favola medievale moderna
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Titoli

• Definizione

• La favola greca

• Rapporti con la favola orientale

• La favola latina

• La favola medievale moderna

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• Il nome di favola (dal lat. fari,dire,narrare) si suole applicare a narrazioni nelle quali intervengono animali o piante (talora anche uomini e dèi)e che siano svolte con intenti di esortazione,esempio o satira,elementi questi ultimi che determinano differenze rispetto al mito e al semplice racconto. La favola rappresenta infatti,rispetto al mito,alla leggenda e alla fiaba,una fase di pensiero più matura,più critica, più realistica in quanto procura di dare una soluzione pratica alle leggi spesso crudeli o ai pregiudizi che presiedono ai rapporti umani.

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• -La favola greca. In questo panorama generale si colloca la favola greca,che entra nella letteratura con Esiodo (lo sparviero e l’usignolo;in Opere e giorni,202 e segg.)e in seguito compare soprattutto nei poeti giambici come Archiloco e Simonide, in Aristofane, Erodoto, Platone, Aristotele ed altri ancora. Fino a quando, intorno al 300 a.C , Demetrio Falereo curò la prima raccolta di favole, nella letteratura greca la favola comparve sempre come esempio, animale o no, volto a descrivere in termini critici la realtà e a dare consigli di comportamento al lettore. La favola animale o vegetale aveva insomma la stessa funzione del mito o dell’aneddoto e,in realtà,gli stessi termini(àinos ,lògos, mythos)designavano tutti questi generi. A partire dal sec. V d.C. si iniziano ad attribuire con una certa frequenza alcuni di questi racconti a Esopo, e questa qualificazione di “lògos di Esopo”servì a definire ciò che chiamano favola.

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• Il “nucleo” del genere è costituito da brevi narrazioni simboliche, che hanno spesso per protagonisti degli animali, e talvolta includono aneddoti umani. Esse danno una versione realistica e satirica della realtà,implicando generalmente una morale, un monito, un giudizio etico. Coltivato dai poeti satirici, la favola trovò senza dubbio la sua origine nelle feste popolali nelle quali dominavano la realtà di parola e la satira. Demetrio Falereo, continuando le abitudini divulgative dei sofisti e dei socratici non fece altro che riportare favole di scrittori anteriori, trascrivendole in prosa sulla base di schemi molto semplici e ripetitivi. A partire dal sec. III a.C., a impadronirsi del genere furono i cinici, che ripresero, adattandole alla loro filosofia come strumento di propaganda, le favole di Demetrio, ed altre ne aggiunsero, fornendone una versione in versi coliambici. Intorno al sec. II. le favole coliambiche furono ridotte in prosa: vi furono versioni diverse, alcune delle quali videro aggiungersi elementi moraleggianti.

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• Di qui derivano le collezioni di favole latine anonime oppure di autori come Fedro o Aviano (vedi oltre). In greco, la tradizione favolistica fu continuata da Babrio. Dopo di lui sono da citare lo Pseudo-Dositeo ( sec. II ) e Aftonio ( sec. IV ); infine, risalente ad epoca bizantina, il cosiddetto Syntipas ( sec. XI ), parafrasi mediogreca di una versione siriana del Libro dei sette savi.

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Rapporti con la favola orientale• Si è a lungo discusso se la favola greca provenisse dall’India o

viceversa;sarebbe il fatto che conosciamo la f dal sec. VIII a.C. e quella indiana da epoca assai posteriore ( il testo archetipo del Pañcatantra non dovrebbe essere anteriore al sec. II ) rendesse la seconda ipotesi difficile da accettare, risultando d’altra parte indimostrabile la prima. In realtà, pur non negando ciò che vi è di origine nella F . greca, oggi si può affermare con sicurezza che su di essa esercitò la sua influenza la F . mesopotamica ; e, con ogni probabilità, un’ influenza analoga dovette esercitare sulla F . indiana. Già si trova una F . , usata come esempio, nelle Istruzioni di suruppak sumere ( ca. 2500 a.C. ) , e ci sono altre attestazioni di F .e proverbi animali sumeri. Altri esempi provengono dalla letteratura accade, assira e neobabilonese. La caratteristica della F . mesopotamica è che proliferò all’interno della letteratura sapienziale, dove si accosta alla massima, alla similitudine, ecc. Questa letteratura influì dapprima su Esiodo e, in seguito, attraverso il Romanzo di Akhikar (- Akhikar, Romanzo di ), nel configurare la leggenda di Esopo.

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La favola latina• La favola latina. A Roma la presenza di apologhi ci è attestata fin dai

primi tempi della Repubblica: Livio ( II, 32 ) e Dionigi di Alicarnasso ( VI, 48-49 ) ci ricordano quello famoso di Menenio Agrippa ;ma per la mancanza di testi stirici dell’età arcaica è impossibile dire in che proporzione la tradizione esopiana fosse penetrata in Ennio e in Lucilio, nelle cui opere è rammentata la presenza di elementi favolistica. Di fabellae aniles (favola da vecchierella ) ci parla Orazio, che, oltre a vari spunti favolistici sparsi qua e là nelle Satire, ci dà uno splendido saggio di favole ( Satire,II, 6 :il topo di campagna e il topo di città ). Primo forse fra tutti i poeti dell’antichità, Fedro concentrò nella favola tutta la propria attività poetica, mai riuscì nel complesso più moralistiche poeta; e per quanto dichiari di derivare gli argomenti dall’antico Esopo, introduce tra le favole di soggetto animalesco apologhi, aneddoti storici, spunti novellistici. Uno di questi lo ritroviamo in Petronio ( Satyricon 111 ), mentre la favola del corvo ingannato dalla volpe è ripresa da Apuleio ( Florida 24 ). Successivamente, di 42 favole esopiane diede in ultimo una trascrizione in distici elegiaci Aviano ( fine sec. IV ).

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La favola medievale moderna• - La favola medievale e moderna. Il Medioevo occidentale non

conobbe direttamente Fedro né, s’intende, quando la Grecia ci trasmise sotto il nome Esopo; ma di Fedro fu assai conosciuto un rifacimento in prosa detto Romulus o Aesopus latinus, che si presenta abusivamente come una versione dal greco; e un po’dappertutto ebbe luogo una vasta rielaborazione della favolistica classica, che venne ravviata da apporti orientali, divulgati in Occidente attraverso rifacimenti latini di testi ebraici e arabi. I frutti di questa rielaborazione non tardarono a vedersi in lingua volgare: innanzi tutti viene l’Ysopet di Maria di Francia ( fine del secolo XII ), che si rifà principalmente alla materia classica e che fu tradotto anche in italiano. Altra importantissima raccolta è il Directorium humanae vtae, alias Parabolae antiquorum sapintium di Giovanni da Capua che è la traduzione ( 1262-78 ) di una versione ebraica della raccolta araba Kalilah wa Dimnah, derivata a sua volta, forse attraverso una traduzione persiana, dalla materia del Pañcatantra.

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• . Questa epopea presenta tutto un mondo di animali organizzato in guisa con ferme alla società umana: la famiglia, il re, la nobiltà, la plebe, i prodi, i vili, gli astuti, gli ingenui, i fraudolenti, i gusti, ecc. Divennero popolari verso la metà del sec. XII soprattutto le vicende di Renoardus ( la volpe ) e di Ysengrimus ( il lupo ) e se ne scrivessero vari racconti ( circa una dozzina ), i quali vanno sotto il nome complessivo di – Roman de Renart; in essi si celebra la vittoria dell’ingegno sulla forza; il più antico è in latino; vi sono tasti, oltre che francesi, anche fiamminghi e tedeschi (- Reinhart Fuchs ).

• Cara a tutto il Medioevo per il facile didascalismo e il contenuto moraleggiante, la favola si presenta nel ‘300 italiano con un Esopo volgare, silloge di volgarizzamenti e rielaborazioni di testi latini

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• Echi favolistica si ritrovano anche nel Decameron. Trascurata nel ‘400 la favola ritorna nel ‘500: in Francia, ove sotto l’impulso degli studi umanistici si ritorna a Esopo; in Spagna, in Germania, dove la favola, per il suo contenuto apodittico e le possibili applicazioni polemiche, piacque agli uomini della Riforma protestante; in Italia dove con La prima veste dei discorsi degli animali ( 1541 ) il Firenzuola inizia la satira dei costumi di corte. La prima pubblicazione di un importante codice di Fedro è il ritrovamento di un altro codice pure di Fedro, rinfocolarono in Francia nel 1600 il gusto della favola, e ne nacquero le prodigiose Fables di La Fontaine ( 1668-1694 ), che ci offrono la più fresca pittura che si conosca della psiche animale o umana. A questa vigorosa rinascita della favola di tipo classico C. Perrault, avverso ai classici, opponeva i suoi Contes de Fées, la raccolta di fiabe che doveva renderlo immortale. Rinacque così l’interesse per la favola come genere letterario atto a esprimere con elegante mascheratura a illustrare con semplice evidenze idee e principi anche contrastanti.

• Il settecento fu veramente il secolo d’oro della favola. In Francia la riprese sul finire del secolo J.P. Claris de Florian ( 1792 ); in Germania la trattarono F. von Hagedorn, C.F. Gellert e G.E. Lessino, che volle conferirle gravità morale; in Inghilterra J. Gay; in Spagna T. de Iriarte e F. M. Samaniego. Anche in Russia i favolisti (e i raccoglitori di fiabe ) furono assai numerosi e l’attività dei maggiori si prolungò fino ai primi decenni dell’800: ricordiamo I.I. Dmitriev e I.A. Krylov .

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• In Italia i migliori favolisti fiorirono nel sec. XVIII: T. Crudeli, traduttore di La Fontaine; G. C. Passeroni, il gesuita G. B. Roberti, L. Piegnotti, L. Fiacchi, che grecizzò il suo nome in Clasio, A. Bertola, che di favola fu autore e teorico, G. Gozzi e, fra i dialettali G. Meli e Gritti. Nell’800 la favola, per la spicciola applicazione pedagogica che se ne fece in verso e in prosa, vide assai abbassato il suo tono letterario, ancorché non ne diminuisse affatto il numero degli autori.


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