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Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e accadimenti sono prodotti dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in maniera fittizia. Ogni somiglianza a eventi, luoghi o persone reali, vive o morte, è del tutto casuale.

È proibito qualsiasi utilizzo non autorizzato del materiale presente in questo libro, sia totale che parziale.

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TITOLO: Roma Città Morta

Edizione a cura di: Multiplayer.it EdizioniCoordinamento: Alessandro Cardinali, Francesco Giannotta

Autore: Luca MarengoDisegni: Giacomo Bevilacqua

Editing: Tommaso Giani

ISBN: 978-8-8635529-8-0

http://edizioni.multiplayer.it

Il porto di Gaeta è inavvicinabile. Ci sono barche e relitti ammassati uno sull’altro, in balìa delle onde e della corrente. E i corpi. Dalla banchina fino alle prime boe, i corpi riempiono l’acqua. Alcuni si muovono ancora, lentamente, boccheggiano come pesci in un acquario mentre i gabbiani beccano la carne.

Il lungomare sembra deserto, per strada non si vede nessuno e c’è un silenzio inquietante. Nessuna sirena di pescherecci, nessun vociare di mercato, solo i gabbiani attirati dai corpi in putrefazione e il tintinnio continuo delle barche abbandonate che sbattono tra loro.

* * *

Quando ero bambino, fantasticavo su ogni tipo di situazione catastrofica.

Mi piaceva immaginare come me la sarei cavata nelle più diverse circostanze, che si trattasse di un’invasione aliena o di una guerra nucleare. E mi piaceva immaginare che sarei riuscito non solo a sopravvivere, ma anche a portare in salvo un piccolo gruppo di persone (amici, parenti) grazie alla mia cultura sull’argomento, basata soprattutto su fumetti, cartoni animati, videogiochi e libri di fantascienza. Mi vedevo lì a formare una resistenza umana contro gli alieni, o gestire un villaggio sotterraneo, ben nascosto agli occhi dei mutanti atomici.

Lo scenario più semplice di tutti era, senza dubbio, quello che riguardava una devastante e improvvisa apocalisse zombie.

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Mi sarei diretto verso la costa – sempre con il mio piccolo ma scaltrissimo gruppo – e avrei trovato delle imbarcazioni adatte a ospitarci tutti, in modo da poter vivere in alto mare, ormeggiando solo per fare scorte e rifornimenti.

Nella mia testa era tutto molto semplice, dal trovare armi disseminate ovunque al riuscire senza disturbo a far muovere delle grosse imbarcazioni. Il porto ovviamente era sgombro, ripulito dagli zombie, perché se c’è una cosa che conosciamo degli zombie è che non sanno nuotare. All’inizio ci sarebbe stato qualche problema di vivibilità, ma niente che un buon leader non avrebbe potuto risolvere. Insomma, una specie di rielaborazione di Battlestar Galactica in mezzo al mare, con gli zombie al posto dei siloni. Un gruppo di sopravvissuti che veleggia verso il futuro, verso una nuova vita.

Molto semplice.Peccato che la realtà sia un’altra.

* * *

Visto che le cose a Roma si stavano mettendo parecchio male, e parecchio in fretta, e nessuno ci spiegava cosa stesse accadendo, ho consigliato ai miei genitori di spostarsi verso il mare, a Gaeta.

Io li avrei aspettati a Roma, cercando di capire quanto brutta fosse la situazione.

Senza internet, però, si è rivelata un’impresa inutile. Sul web l’ultima cosa che ho letto è stata la homepage di Repubblica.it: “Italia invasa dagli zombie”. Mi pareva di aver letto lo stesso titolo una decina di volte negli ultimi anni, quindi non gli ho dato troppo peso.

Così li ho raggiunti al mare.

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CAPITOLO UNO

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C’è una base americana a Gaeta. A quanto racconta mio padre, i soldati hanno dato una bella ripulita iniziale, appena le cose sono iniziate ad andare fuori controllo. Poi sono scomparsi. Così, da un giorno all’altro, sono rientrati alla base e nel giro di quarantott’ore la loro nave ha salpato. Senza dire niente a nessuno, senza curarsi delle centinaia di persone ammassate contro il cancello in cerca di spiegazioni.

Mio padre ha letto troppa fantascienza, però non credo si sbagli quando dice che c’è sicuramente qualcosa sotto.

In ogni caso, sia i miei genitori che Alessandra sono al sicuro. Sono riuscito a sentirla prima che le linee telefoniche ci abbandonassero del tutto. Avevo chiesto notizie anche dei miei tre gatti (Olivia, Ian Curtis e Sheri Moon Zombie), nonostante di animali zombie non se ne vedano.

Alessandra mi ha detto che stanno bene, ma che vorrebbe ufficialmente cambiare il nome di Sheri. Le ho detto, ridendo, di no. “Adoro quel nome, non mi lascerò convincere a cambiarlo solo per quattro cadaveri che camminano per strada”, le ho detto, per strapparle un sorriso.

La situazione peggiora di giorno in giorno.Non mi preoccupano solo i morti. A Gaeta ho sentito gente

parlare di Napoli, di come la criminalità organizzata stia ripulendo la città e ne stia prendendo il controllo.

Chissà cosa sta succedendo nelle altre città. E nel resto del mondo.

La realtà è che non sappiamo nulla non solo del virus, degli zombie, o di come tutto sia iniziato: non sappiamo nulla anche di cosa sta succedendo in questo momento, non sappiamo come affrontarlo. E non sappiamo come riorganizzare il nostro futuro.

Non credo che il mio vecchio piano di imbarcarsi e vivere in mare possa funzionare. Devo tornare a Roma. Voglio vederla coi miei occhi, la mia città.

Sono sicuro che se l’è cavata: se l’è vista brutta un bel po’ di volte, Roma, ed è sempre riuscita a uscirne fuori bene.

E poi, d’altra parte, sono ancora uno scrittore. Non posso perdere l’occasione di essere tra i primi a documentare l’apocalisse zombie romana.

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* * *

Ok, è passato almeno un mese dall’ultima volta che ho scritto qualcosa, e un paio di settimane dall’incidente. Non ho avuto tempo di scrivere nulla: la situazione è degenerata velocemente, più di quanto potessimo pensare.

Ora non sono solo i morti a preoccuparci. Un tizio dell’ultimo accampamento in cui siamo passati, quando gli hanno chiesto di posare il fucile dato che la zona era bonificata, ha detto: “È dai vivi che devo proteggermi”.

Ora devo scrivere per forza. La ferita non mi fa più così male, ma ho iniziato a soffrire di improvvise perdite di memoria. Niente di grave, durano un tempo brevissimo, ma preferisco appuntarmi tutto quello che vedo, per paura di scordarmelo. Ho provato anche a fare dei disegni, per meglio far capire la situazione, ma purtroppo disegnare non è il mio forte.

Spero che Keison riceva il mio messaggio.

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Siamo arrivati al luogo dell’incontro, stiamo aspettando che ci vengano a prendere per scortarci dentro le mura.

All’esterno non si vede quasi nessuno, giusto ogni tanto fa capolino qualche testa da dietro una finestra o si sente qualche rumore in lontananza, ma per il resto c’è una quiete surreale. Surreale per una città invasa dagli zombie, intendo.

Stamattina ci sono venuti incontro due uomini armati e una guida, per accompagnarci fino a qui: il tipo non faceva altro che dirci quanto fosse sicura e piacevole la vita all’interno delle mura, poi quando è rimasto da solo con noi si è avvicinato e in un sussurro ha detto: “Da quant’è che mancate da Roma? Fate attenzione lì dentro. Anche se non sembra, Roma è una città morta”.

Poi si è subito ricomposto, ha sorriso e ci ha salutato, dicendo che ci lasciava nelle mani di suoi colleghi che sarebbero arrivati da un momento all’altro.

Una città morta.Ora non ci resta che entrare.

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ROMA CITTÀ MORTA - ARCHIVES

In un accampamento poco fuori Roma ho sentito un ragazzo con la chitarra cantare questa canzone:

“L’infezione può colpire tuttiBasta un morso a trasformare

Il mondo in puro terrore

Chi è che vuoi chiamareA chi vuoi telefonare?

Chi è che proverai a salvareMentre il mondo fuori muore

Non lo so dov’è che seiMentre corro per le strade

Guarda che non mi hanno morsoMa comunque sono infettoQuest’epidemia lo so può

Contagiare solo noi

L’infezione può colpire tuttiBasta un bacio a trasformare

Il mondo in puro terrore”

La canzone era abbastanza noiosa, e il tipo che la suonava era piuttosto stonato, però è riuscito comunque a farmi sorridere

Non ricordo la frequenza, ma durante l’ultimo tratto in macchina abbiamo sentito questo messaggio in radio:

“Se state ascoltando… sappiate che… non e ripeto non… questa è Radio Libera Romana, in diretta da fuori le mura… se volete sapere davvero cosa… contattateci… ripetiamo non…”

La trasmissione era molto disturbata, ma credo valga la pena indagare più a fondo.

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