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Page 1: IL PRIMO_ LUGLIO 2011a

Mensile a tiratura regionaleAnno 6 - n. 5 luglio 201120.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press

Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio GenoveseGegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini - Antonio Di Monaco

Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola

L’abbraccio deiMolisani nel mondo

Il ritorno delGattone

Le paure del cittadinodella Giustizia

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in edicolaNOVITA’

Dieci annidi buonGoverno

Centro Stampa Molise

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7 Vita e pensiero

31 Sanità

59 Terremoto

103 Infrastrutture

125 Università

143 Imprese e lavoro

163 Politica internazionale

192 pagine a colori

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Misteri siMisteri no

sommario

Allegato

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Santagostino

DIRETTORE EDITORIALEGennaro Ventresca

Registrazione al Tribunale

di Campobasso

n°3/08 del 21/03/2008

A.I. COMMUNICATIONSEDE LEGALEvia Gorizia, 42

86100 CampobassoTel. 0874.481034 - Fax 0874.494752

E-mail: [email protected]

E-mail: Amministrazione-Pubblicità[email protected]

www.lagazzettadelmolise.itwww.gazzettadelmolise.com

STAMPA:A.I. CommunicationSessano del Molise (IS)

Hanno collaborato

Adalberto CufariAntonio Campa

Sergio GenoveseGegè Cerulli

Daniela MartelliDomenico Fratianni

Bernardo DonatiWalter Cherubini

Assunta DomeneghettiAntonio Di MonacoEugenio Percossi

Progetto graficoMaria Assunta Tullo

In questo numero

EditorialiPiazza salotto di Adalberto Cufari pag. 9

Camera con vistadi Antonio Campa pag. 11

Controcantodi Sergio Genovese pag. 13

34

La città delle rotonde

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Gli anQuando i ragazzi

giocavano per strada

Misteri siMisteri no

Gli anaQuando i ragazzi

giocavano per strada

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Il personaggioAlberto Tramontano

Quale libro può aiutarci a capire ilMolise? A questa domanda co-nosco una sola risposta: ce ne

sono tanti buoni, ma nessuno definitivoe unico. Non invecchiano –purtroppo- ilibri sul Molise. Nel terzo millennio lasocietà molisana serba in sé molte coseincompiute. Per questo se la cavanobene i giornalisti che da anni trattanosempre gli stessi argomenti. Esclu-dendo la cronaca che, evidentemente,muta con gli accadimenti quotidiani.Molti colleghi sono poco ambiziosi,usano il teleobiettivo più che il gran-dangolo, mettono a fuoco un volto, unepisodio, vicende frantumate e di-sperse e vi girano intorno. Pochi hannosaputo cogliere i rumori profondi della vita quotidiana, limitandosi ai con-vegni, conferenze stampa, comunicati, manifestazioni di protesta, sit indavanti ai palazzi che contano, senza spiegarsi cosa sta accadendo.

Sono rari gli annusatori di novità. Siamoa alla ricerca degli orecchi finis-simi, di antenne capaci di intercettare le mode e le tendenze e della pro-messa felicità. Per questo molti articoli sanno di archivio e di polvere. Tuttoè riscaldato in un fornetto a microonde. Si sceglie il bersaglio e lo si impal-lina con una serie di articoli che a ben guardare presentano rare novità.

C’è stato un foglio quotidiano che dopo essere stato un fedele sostenitoredi Iorio, quasi a comando, una mattina ha deciso di essergli non solo rivale,ma addirittura acerrimo nemico. E lo ha combattuto con tutta la forza e lacattiveria possibili, mettendolo nel girarrosto. A forza di ripetere lo stessorefrain il giornale in questione non solo ha perso credibilità, ma soprat-tutto copie, finendo col chiudere. Il quotidiano in predicato ha tratto milleconclusioni, senza farsi mai sfiorare di essere più aperto e possibilista. Gliavrebbe giovato raccontare personaggi ed eventi con i dubbi e gli enigmiche li vede avvolti.

Colpisce, a guardalo meglio il nostro Molise, la solitudine in cui si muovonoi suoi maggiori protagonisti. Ma almeno questa non è colpa di Iorio, a cui hannoattribuito di tutto, pur sapendo che difficilmente altri al suo posto avrebberofatto meglio. Diciamoci la verità: c’è oggi nella nostra regione un antagonista aIorio? A destra, al centro o a sinistra esiste un uomo (o donna) di spessore ingrado di saper cambiare la storia.? Cinque anni fa provò a parargli la stradail fragile Ruta. In cinque anni il centrosinistra ha fatto più fumo che arrosto.Limitandosi a coniare slogan, a dire sempre no, a usare le bandiere come pro-testa, senza costruirsi un leader capace di coagulare il suo elettorato.

Il Molise paga la sua solitudine e nessuno ha saputo scrivere in tantianni di storia un solo libro per spiegarci come poterla vincere.

* * *Siamo già in piena campagna elettorale. Anche se il sole brucia e si

avrebbe voglia di refrigerio, di riposo, di infischiarsene della politica. Chefa bene solo a chi la fa. Uno dei clichès più accreditati che si concluderà conil voto di novembre è che molti elettori non amano Iorio, ma sanno che è ilmigliore. Per questo lo sosterranno ancora, per la terza volta consecutiva.Iorio non è riuscito a separare la sua personalità dalla sua politica, facen-dosi accettare nonostante quello che fa. Grazie anche alla televisione cheesalta il suo garbo, mentre penalizza la legnosa rigidità dei suoi rivali.

La maggioranza dei molisani sa di attraversare un momento congiuntu-rale che non potrà essere migliorato se non con l’uso della bacchetta ma-gica. Questa sensazione trova conforto in alcuni dati oggettivi: siamo inpiena recessione mondiale e quindi nessuno è stato in grado di sottrarsi.

Certo, il disavanzo della spesa pubblica preoccupa. Ma si pone sopra il li-vello di comprensione del pubblico medio. Le donne che si incontrano alsupermercato non parlano del deficit sanitario, ma del prezzo della frutta. Ei poveri che sono diventati sempre più poveri? E’ una verità che neppureIorio può negare, ma i poveri sono il 10 per cento della popolazione e sonorimasti sempre piuttosto estranei alle vicende politiche. Occorre tenere pre-sente che il Governatore non viene eletto né dai pochi ricchi conservatoriné dagli irrequieti abitanti dei quartieri emarginati; minoranze ambedue.Per questo non è difficile prevedere che vincerà Iorio anche questa volta.

L’EDITORIALE

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di Gennaro Ventresca

Ecco perché vincerà ancora Iorio

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A cuore aperto conMichele Petraroia

anatemi di Sgarbi

Il personaggioAlberto Tramontano

A cuore aperto conMichele Petraroia

anatemi di Sgarbi

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Più che le opere, valgono i pro-getti. Sembra proprio così. Amolti amministratori pubblici

interessa affidare incarichi proget-tuali, liquidare fatture milionarie, in-tessere stretti rapporti con studiprofessionali, società di progetta-zione, liberi professionisti (possibil-mente di fama), e non già l’esitopratico dell’affidamento. L’acme diquesto modo di fare lo ha realizzato ilgoverno di Roma che finora ha speso250 milioni di euro per il ponte sullostretto di Messina, ovvero per unopera che mai si farà. Duecentocin-quantamilioni di parcelle e, dicono,non sia ancora finita la fila delle ri-scossioni per consulenze e per lespese di gestione. A risalire la storiapolitico-amministrativa del Moliseesempi dello stesso genere si trovanoa decine. Vale a dire, incarichi profes-sionali per opere pubbliche poi finitenel nulla senza che alcuno si sia postola domanda perché sia accaduto,quali le cause o le ragioni per cui èaccaduto, se, e in una quale misura,fossero valide e giustificabili. Evi-tando di scendere nel dettaglio,l’elenco di ciò ch’è stato progettato enon realizzato offre materia per chie-dere, anche a distanza di anni, perchémai è potuto succedere. Stiamo ac-cennando a progetti di notevole por-tata tecnica ed economica; alleparcelle milionarie liquidate e incas-sate, cui non è corrisposto “l’oneredella prova”. Un fiume di denaro èscorso in favore di professionistisenza aver reso nulla al committentepubblico e alla collettività. Su questa

realtà “sommersa” la patina del tempoha steso una spessa coltre. La memo-ria collettiva s’è progressivamente di-spersa. Ha rimosso completamentegli incarichi affidati, i progettisti inca-ricati, le parcelle liquidate, le realiz-zazioni mancate. C’è qualcuno infattiche ricordi a quando risale il primoincarico per il piano regionale dellosmaltimento dei rifiuti (quello, per in-tenderci, affidato alla Fiat Enginee-ring) e quanto è costato all’erariomolisano? Qualcuno che ricordi l’in-terporto di Termoli e le parcelle posteall’incasso? Chi abbia notizie delnuovo tribunale di Campobasso e delcosto della progettazione? E ancora:c’è qualcuno in grado di aggiornare lostato di fatto della metropolitana leg-gera “Campobasso-Boiano” e di assi-curare che andrà a buon fine? Qual èil piano di finanziamento ancora inpiede e le somme erogate? C’è qual-cuno in grado di spiegare perché ilpiano della Fiat Engineering deglianni Novanta non è stato utilizzato es’è dovuto procedere a nuovi incari-chi e a nuove parcelle? Che finehanno fatto l’interporto, il nuovo tri-bunale e, se mai si arriverà alla rea-lizzazione, la metropolitana leggera?

Qualcuno che riporti alla luce i mi-liardi delle vecchie lire spesi per lefantomatiche fibre ottiche interratelungo le strade di Campobasso? Acosa sono servite? Chi ne ha trattovantaggio?

Non c’è un filo logico in questa se-quenza di atti amministrativi e discelte tecniche finiti nel nulla e perquesto ancora maggiormente ingiu-

stificabili. Siamo pronti a scommet-tere che niente e nessuno muoveràun dito, pronuncerà una parola, daràuna spiegazione e/o fornirà una ras-sicurazione. Peraltro, mai nessuno haritenuto di doversi porre queste do-mande. Noi lo abbiamo fatto unavolta, e l’iniziativa è caduta nel vuoto.Non miglior sorte avrà anche questaseconda tornata. La strada degli inca-richi, delle parcelle milionarie, e delleopere fantasma è tutt’ora frequenta-tissima. I fiumi di denaro nel Molise,sono carsici. Recentemente la que-stione, seppure osservata da una an-golatura strettamente politica dalconsigliere regionale del Pd, MichelePetraroia, è riemersa sull’abbrivo delcosiddetto “Aeroporto del Molise”. Unimpianto che nel decennio scorso hamosso un qualche interesse, sorrettodal contributo di conoscenza tecnicafornito da specialisti del volo che, va-lutate le condizioni ambientali, consi-derano utile e fattibile l’impianto. Mauna prima localizzazione (quelladella piana di Boiano) è fallita; poi èfallita anche la seconda (la piana diSepino); ora si parla di una terza ipo-tesi (la piana di Cantalupo). Sono statiutilizzati fondi pubblici ed anchequesti si avviano a finire nel calde-rone delle spese folli. Se facessimo lasomma, avremmo cifre per milioni dieuro. Sufficienti, qualora quelle cifrefossero state investite diversamente,ad alleviare il deficit delle casse pub-bliche molisane. Noi il coperchio loabbiamo di nuovo sollevato. Spetta adaltri controllare il contenuto dellapentola.

di Adalberto Cufari

Progetti milionari ed opere fantasma

Piazza salotto

Denaro pubblico speso senza alcun fine,di cui nessuno ha mai chiesto conto

La strada degli incarichi, delle parcelle milionarie, e delle opere fantasma è tutt’ora frequentatissima

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di Antonio Campa

La politica demogra-fica ha tutti i requisiti,compreso il populi-

smo, per essere bene ac-cetta alla classe politicalocale. Essa, al contrario,si trastulla tra iniziativepropagandistiche e le im-mancabili e sempre piùraffinate manifestazionienogastronomiche, desti-nate a portare in alto ilnome del Molise in Italia enel mondo, mentre i corti-giani applaudono ballandosu una barchetta che s’illu-dono sia il Titanic.

La realtà è compositaovunque ma da noi nonc’è scampo, ogni pro-blema passa per il limitedemografico. Di questopasso, senza nemmeno lapossibilità di accogliereextra comunitari in grannumero, gli scenari che conamaro sarcasmo ipotizza ilnostro Cherubini diver-ranno reali. Il piano scola-stico è rivisto al ribassoanno per anno, per neces-sità. Ci si chiede a cheserve spendere milioni emilioni di euro per renderesicure scuole che, se tuttova bene, saranno pronte e anorma entro cinque anni,nel frattempo però la popo-lazione scolastica sarà di-mezzata. E che dire deipiccoli comuni? Già oggi sisvegliano dal lungo letargoin estate, per vivere l’effi-mero momento “turistico”,con i paesani di ritornosempre più vecchi, menonumerosi, con interessi edesigenze che ogni annoportano qualcuno a cancel-

lare il tradizionale viaggioalla ricerca delle proprieradici. Oggi i piccoli comunisono ormai sepolcri im-biancati, residenze per an-ziani, dove il lavoro èun’idea come un’altra, igiovani un sogno destinatoa svanire tra bar, pizzerie ele pensioni di famiglia, ilfuturo una chimera.

Una volta i paesi si regge-vano su persone del postooccupate all’ufficio postale,il postino era un’istituzione,per i segreti che portava inogni casa e non rivelava.C’erano i cantonieri, impro-duttivi ma proficui nel te-nere pulite le strade, c’eraposto per uscieri e bidelli;c’erano l’esattore e il medicoresidente. Figure scomparsenei flutti del tempo o pla-smate dal mondo nuovo chesomiglia, per quelle realtà, auna fatale quanto mesta at-tesa che tutto finisca primadell’alba.

Sentiamo ogni giornodiscutere di famiglia, diproblematiche infantili egiovanili ma non c’è nes-suno che si occupi di pro-

creazione, che inviti schiet-tamente a fare più figli, peraumentare la popolazionelocale.

Se arriva un Lanziche-necco a promettere unafabbrica e intanto incassa icontributi e le agevolazionidel caso, tutti a fargli unmonumento e a conceder-gli prime pagine e credito,in senso finanziario. Nonsarebbe meglio pensare acampagne forse meno co-stose di sensibilizzazionesulla crescita zero, a trovareil modo di aiutare le coppieche decidano di mettere almondo più bambini, a sti-molare l’orgoglio di unobiettivo affascinante comequello di tornare a un rap-porto nascite/ decessi posi-tivo? Quello sì, sarebbe unprimato che farebbe vir-tuoso il Molise, altro chescimmiottamento di vinipregiati e il contentino deltartufo più grosso battutoall’asta per beneficenza.

La scadenza elettorale èl’architrave della democra-zia, il momento dell’ambi-guo e inesorabile redde

rationem. E’ tuttavia ancheil motivo per cui i politicisono costretti a guardare alfuturo con occhio miope, laragione per cui le grandi ri-forme segnano il passo;ammesso che funzionino,esse comportano unaprima fase di squilibri so-ciali e di costi d’investi-mento. I risultati utili, se cisaranno, verranno dopo,quando magari chi ha av-viato la riforma non saràpiù al potere. E’ la metaforadel letto rifatto, invisa aipolitici.

Oggi la miopia generalesul problema demografico,argomento che non suscitapiù di un languido sospiro,è inaccettabile. Senza bam-bini non ci sono scuole népediatri, né recite né saggi,non ci sono società spor-tive, né cartolerie né negozispecializzati o ludoteche…Una società senza bambiniè una società che più omeno voluttuosamente,corre spedita verso l’auto-distruzione. Per evitare ilpeggio, fate figli, almenodue, se potete.

Fate figli, se poteteCamera con vista

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La crescita zero imporrebbe la massima sensibilitàverso il problema demografico nel Molise destinato,

senza un’inversione di rotta, a determinare danni sociali irreversibili, senza forze giovani e con i piccoli

comuni trasformati in residenze stagionali.

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Ecessivo, come e piùdi sempre. Specie sedi mezzo ci si mette

il caldo torrido. VittorioSgarbi, giunto a Isernia peril taglio del nastro dellaBiennale molisana, al Maci,non ha avuto bisogno nep-pure della miccia per esplo-dere contro la decisione delConsiglio di Stato per lepale eoliche nel Molise,nella valle del Tammaro.L’onorevole ne ha avutoper tutti, confermandosi

uomo di coraggio e d’azione.Ricevendo il plauso da chiè contrario all’istallazionedelle pale e delle torri nellezone di interesse paesaggi-stico.

Nella città Pentra l’ono-revole ha avuto modo dicompiacersi per quantofatto dagli organizzatoriche nei locali (troppo caldi)dell’Officina della Culturadi Isernia hanno realizzatouna mostra con 18 artisti diarte moderna della nostra

regione. La mostra, comeha avuto modo di ricordareil Presidente della Provin-cia Mazzuto, resterà apertasino alla fine di novembree alla quale saranno abbi-nate le iniziative di “Sabatoal Maci”. La location è stataricavata da un’ex rimessadelle ferrovie, con caratte-ristiche proprie di appun-tamenti culturali di artemoderna.

Sgarbi a proposito dellasede ha avuto modo di ri-

marcare la specificità delluogo che ha definito “per-fetto”. Cosa assai rara perun ipercritico del suo taglioche non si lascia sfuggireneppure un particolare perfar scattare la molla del suodissenso.

Il regalo più bello allamostra Sgarbi lo ha fatto,dichiarando. “Sembra di es-sere a 200 metri dal padi-glione Italia di Venezia. E’come se questo fosse unvagone attaccato alla loco-motiva della Biennale”.

Gongolava il direttoreartistico del Maci, Campel-lone, che si è detto orgo-glioso di aver ospitatoSgarbi, uno che sicura-mente “rompe”, ma cheoffre luce a qualsiasi ma-nifestazione culturale. Vada sé che se il critico d’artesi è recato a Isernia lo sideve soprattutto a Iorioche ci ha tenuto a regalarealla sua città e al Moliseintero una pagina cultu-rale di alto livello.

(Eu.Pe.)

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A Isernia il critico si scaglia

contro l’eolico

Vittorio Sgarbi tra Mazzuto e Iorio all’inaugurazione della Biennale

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Solo chi non conosce ilcalcio in ogni sua la-titudine può aver

manifestato stupore perl'ultimo scandalo in or-dine di tempo riferito allescommesse. Non bisognavaaspettare Signori e il suogruppo di bravi ragazzi perindignarsi e dilatare unvulnus che non avrà maifine. Per questo mi sonoapparse inutili le difese diufficio del presidente Fede-rale Giancarlo Abete cheha tentato di tutelare unmondo che è indifendibileaffermando che il calcio,nonostante tutto, regalaemozioni. Chi lo ama sulserio non può che odiarlo.Qualche settimana fa Ni-cola Stella, da Venafro, ope-ratore di calcio giovanile diavamposto, ha denunciatoun episodio, che nella suaripetitività, da nord a sud,non incontra steccati.

In un torneo di calciodella categoria “Pulcini”(parliamo di bambini dellaprima infanzia) qualche im-becille pur di vincere la par-tita o il torneo della coppadel “nonno”, ha cambiato legeneralità ad un ragazzoche d'ora in poi avrà impa-rato dai grandi che nella vitale scorciatoie o le furbate loaiuteranno ad affermarsi.Un comportamento chepedagogicamente impor-rebbe il codice penale. Delresto basta assistere aduna partita dei tornei gio-vanili su uno dei nostricampetti polverosi per ca-

pire quante insidie soprav-vivono e quanti contro-in-segnamenti si propagano.Eppure c'è sempre qualche“papavero” che non rinun-cia a quella fastidiosa perquanto utilitaristica affer-mazione che lo sport, nelnostro caso il calcio, togliei ragazzi dalla strada.

Mi verrebbe da chiedere:”Li toglie dalla strada permetterli dove?” Lo scenariosi arricchisce ulteriormenteattraverso l'immagine chedanno le grandi star. Pren-dete Cassano e Balotelli,super pagati, super accla-mati e super viziati, quasisempre scampati ad unarobusta dose di calci nel se-dere. Ma vogliamo parlareanche di chi simula consi-derata la cassa di risonanzache si ripercuote verso ilbasso? Poche settimane fa,un giornalista di una nostraemittente televisiva, pienodi orgoglio, ha intervistatoil portiere De Sanctis. Conuna faccia tosta il numerouno del Napoli ha parlatodell'esempio che devonodare i campioni soprattuttoalle giovani generazioni.

Ai lettori devo ricordareche il giovanottone è coluiil quale si era fatto pren-dere dalle convulsioni inuna delle ultime partite dicampionato (Lecce-Napoli)

quando difronte ad un goalregolarissimo che avevasubito, con le mani tra icapelli, ha messo in scenauna variopinta recitazioneper comunicare al suo po-polo turbato che era stataperpetrata una grave in-giustizia. Risparmio ognicommento per manifestainferiorità di vedute.

Si può bypassare il fattoche ogni partita di cartello,di qualsiasi categoria, fini-sce arricchito dalle colonnesonore delle sirene dellapolizia o delle autoambu-lanze? Certo che non sipuò! (ultime in cronacaJuve Stabia-Atletico Romae Salernitana-Verona)

Noi non siamo stati dameno visto che a Monte-nero di Bisaccia sono spun-tate le armi da fuoco. Senzavoler anticipare sentenze,Signori in lacrime, avrà po-tuto incantare tutti queimaneggioni che conti-nuano a recitare ruoli diprimo piano perché funzio-nali al sistema corrotto einquinato (si pensi allagran parte dei direttorisportivi o procuratori chedi sovente infinocchiano ipresidenti delle Societàguadagnando due o trevolte per lo stesso affare.)

Un giornalista corretto,quale io non sono, a questo

punto dovrebbe dare fiatoalle azioni utili per cam-biare un mondo vocato al-l'autodistruzione. Invecedico che è compito dei diri-genti federali alto e bassolocati che da oltre tren-t'anni, tanto per fare unesempio, non sono stati ca-paci di riformare lo statuto.

Pensate, tra gli impedi-menti, c'è una focosa di-scussione su una normache impedirebbe la eleggi-bilità dei dirigenti dopodue legislature. Generali ecaporali come potrebberorestare attaccati alle pol-trone? Aggiungo che leelezioni sono quasi sempreuna farsa giusto per non ri-manere nel vago.

Al Presidente Federalesuggerirei di girare per leperiferie. Esistono moltidirigenti che si affannanoa dichiarare il proprio sta-tus di volontari e puntual-mente a fine mese tradiarie e rimborsi incassanostipendi di prima classe.

Queste sono le emozioni? Vuoi vedere che uno dei

motivi che lega a vita certepersone a certe poltronedipende da certi privilegi?Come per Cassano e Balo-telli ci vorrebbe una robu-sta dose di calci nel sederema il calcio non ha nessunavoglia di cambiare sul serio.

di Sergio Genovese

Controcanto

Quel calcio daprendere a calci

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La più saggia delleprevisioni indica ilprossimo mese di set-

tembre. Entro quel tempotornerà integro nelle suelinee architettoniche, su di-segno originale del progetti-sta Domenico Filippone,esponente di rilievo del ra-zionalismo, il complessomonumentale dell’ex Gil inVia Milano a Campobasso.

Tornerà integro e razio-nalmente aggiornato, coninterventi costruttivi che lorendono una delle più bellee importanti testimonianzestoriche di una corrente dipensiero d’importanza in-ternazionale sviluppatasidal 1920 al 1940, determi-nante per gli sviluppi del-l'architettura occidentale.Eppure, sul finire degli anni

Novanta, lo stabile dell’exGil ha rischiato di essereabbattuto in ossequio aduna assurda quanto incon-cludente iconoclastica ten-denza a cancellare tutto ciòche potesse risalire al fasci-smo. Le benne e il maglioavevano già in gran parte,mutilandola, ferito la strut-tura, quando un soprassaltodella Soprintendenza ai

Beni culturali ebbe la me-glio sui demolitori, e il de-stino dell’ex Gil tornò adessere motivo di riflessione.

Il punto d’incontro tra loStato e la Regione su comee perché salvaguardarequella testimonianza storicache rendeva al capoluogoregionale una preziosa pos-sibilità di essere funzionalead una nuova stagione cul-turale, ha fatto sì che lastruttura originale dell’exGil rimanesse tale e al pro-prio interno, senza modifi-carne il concetto strutturaledi base, si creassero spazi eambienti che alla razionalefunzionalità iniziale ag-giungessero altre possibi-lità d’uso. Difatti, oggi la exGil è una realtà costruttiva,architettonica, urbanisticache pone Campobasso trale città che dispongono dispazi a destinazione cultu-rale di notevole ampiezza,tali da sostenere, in terminicomplessivi, la creazione el’attività di una appositaFondazione. Questo pro-cesso di recupero, di riorga-

nizzazione e di destinazionedell’ex Gil porta la firma delpresidente della RegioneMolise, Michele Iorio, cheha usato tutta la sua auto-rità, la sua determinazionepolitica e amministrativaperché fosse orientato econcluso nella direzionepiù opportuna. Vale a dire,fare di quella struttura dilignaggio architettonico lo

strumento primario dellapromozione e dello svi-luppo culturale. Non è statacosa semplice arrivare aquesto obiettivo, né sarà cosasemplice renderlo operativosu livelli di qualità, liberocioè dai contraccolpi mini-malisti di coloro che consi-derano l’espressione e larappresentazione culturaledella comunità regionale unorto di coltivazione per am-bizioni e presunzioni perso-nali. Contro questa semprepossibile deriva, il presi-dente Iorio ha voluto assu-mere la presidenza dellaFondazione “Molise Cultura”arricchendola di un Comi-tato tecnico-scientifico affi-dato (in seguito alla dolorosarinuncia di Gino Marotta-ndr) al professore associatodi Storia dell’Arte Contem-poranea della Facoltà diScienze Umane e Sociali,dipartimento di ScienzeUmane, Storiche e Socialidell’ Università degli Studidel Molise, Lorenzo Canova,perché pre-costituisse icapisaldi di ciò che dovrà

14

Lo stabile dell’ex Gil torna iper la rinascita culturale del t

Il recupero, la riorganizzazione e la destinazione dell’ex Gil

porta la firma del presidentedella Regione Molise,

Michele Iorio

rIntegro nelle linee architettoniche originali e r

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essere e sarà la rinascitaculturale del territorio moli-sano, la valorizzazione dellerisorse artistiche e intellet-tuali che lo contraddistin-guono, la interazione con igrandi circuiti culturali na-zionali e internazionali.

Il salto storico che Iorioha immaginato, costruito erealizzato con certosina pa-zienza e con puntigliosa vo-lontà darà un taglio netto adun passato culturalmenteindeterminato. Ciò gli varràcertamente di essere ricor-dato per lungimiranza eoperosità, per aver più diogn’altro amministratoreregionale fissato in altol’asticella della cultura mo-lisana, nostra unica veracartina di Tornasole. Nellospazio ritrovato dell’ex Gil,“spazio polifunzionale, diforte flessibilità, che acco-glie aree espositive/multi-mediali, punto internet,zona proiezioni con video-wall, area bookshop, caffet-teria; al piano terra, la salaauditorium, che riprende laconfigurazione originariadel cinema teatro, con lacontenuta pendenza dellasala, la calotta di coperturain controsoffitto fonoassor-bente, la doppia altezza”,sarà pertanto possibile rea-lizzare senza soluzione dicontinuità attività culturali,

lievito per una società chevuole ritrovare stimoli econfrontarsi a trecentoses-santa gradi. Un gran bel la-voro quello realizzato dallaimpresa aggiudicataria delrecupero e della ristruttu-razione dello stabile, laditta Spinosa d’Isernia,altro elemento di molisa-nità in grado di concorreresostanzialmente alla cre-scita collettiva. Campobasso,dall’eterna aspirazione dicittà-regione, di centro dire-zionale, di perno ammini-strativo del Molise, ha ora

tutto, ma proprio tutto, perdarsi un’identità, per svol-gere realisticamente unprocesso di rinnovamentocon ampiezza di contenutodelle sue potenzialità. Riu-scirà nell’intento, se sapràliberarsi della fastidiosaragnatela che il tempodell’astenia e dell’afasiaculturale ha negativamenteaccumulato e se, con ritro-vato entusiasmo, saprà as-secondare l’operato dellepersonalità che, come Iorio,possono vantare nella loroagenda di lavoro elementi

inconfutabili di fattività.L’ex Gil è stata per pochis-simi anni l’impronta coltadel ventennio fascista aCampobasso; per moltianni un immobile vitupe-rato, ancorché lasciato al-l’ingiuria del tempo; pertantissimi anni a venirepuò essere il simbolo di unritrovato dinamismo so-ciale e culturale. Soprat-tutto se la collettività vorràadoperarsi perché ciò ac-cada e si realizzi nel mi-glior modo possibile.

Dardo

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a in uso alla cittàl territorio molisano

razionalmente aggiornatoe razionalmente aggiornato

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Il piccolo Molise si prend

L’EuroregionSi torna a rovistare

nelle cronache del-l’estate. E si trova una

accadimento che non hauguali, per portata interna-zionale, visto da casa no-stra. Eppure, ci par dicapire, ha avuto scarsi pic-chi mediatici. Il benvenutoa Iorio al comando dell’Eu-roregione Adriatica è statodato a bassa voce. Eppure,questa volta, sarebbe statoil caso di far salire i toni. Diusare anche un po’ di en-fasi. Perché ciò che è acca-duto è un fatto che lucida lanostra piccola terra, co-stretta ogni volta a fare un

passo indietro per colpa deipochi abitanti, della risibileviabilità, della mancanza diuna rete autostradale, delsogno di un aeroporto.

Invece, eccola l’Eurore-gione. Con Michele Iorio alvertice.

Per avere il senso dellaportata dell’avvenimentosarebbe stato sufficientedare uno sguardo a ciò cheè avvenuto nell’aula magnadel Convitto Mario Pagano,con le sedie e i tavoli dispo-sti lungo l’asse più lungodella sala, uno di fronte al-l’altro. Come in un immensoconsesso. Da regalare un

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nde la rivincita e comanda

one Adriaticameraviglioso colpo d’occhio.

E’ da lì che è uscito, al-l’unanimità, il nome del no-stro governatore che da vicepresidente rimasto in caricaper 5 anni è diventato pre-sidente, subentrando a IvanJakovic, presidente della re-gione istriana. L’area circo-stante del bacino adriaticocomprende 25 tra regioni edenti locali, con una popola-zione complessiva di 20 mi-lioni di abitanti. Ciò la dicelunga sulla nostra nuova di-mensione. Il Molise con “ap-pena” 32 chilometri di costa,si ritrova sul punto più altodi questo organismo che nei

prossimi due anni, quelli incui Iorio sarà al timone, sicollocherà in via Milano, alposto dell’ex CinemaOdeon, assegnato alla Fon-dazione Molise Cultura.

Iorio che più di ogni altroha capito la portata dellanomina si è detto giusta-mente emozionato, nonchéorgoglioso per l’incaricoche gli è stato affidato. IlMolise è diventato così ilperno della cooperazionetra i territori che si affac-ciano sull’Adriatico: nonpiù un mare che divide, mache unisce.

(ge.ce.)

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Michele Petraroia, candidatoalle primarie del centrosinistraper strappare la leadership diuna coalizione perennementedivisa. Con quale programmae con quale spirito si può rag-giungere questo obiettivo?

Con un programma coerente-mente ispirato agli ideali delcentrosinistra che affondano leproprie radici nel cattolicesimodemocratico di Dossetti, La Pira,Aldo Moro, Tina Anselmi e Ro-mano Prodi, e nella testimo-nianza socialista e comunista diFilippo Turati, Andrea Costa,Carlo Rosselli, Sandro Pertini,Riccardo Lombardi e di Gramsci,Di Vittorio, Luciano Lama, En-rico Berlinguer e Bruno Trentin.

I valori del lavoro, della giu-stizia sociale e dell'uguaglianza,la visione della società, i prin-cipi costituzionali, il sogno di unmondo migliore, il solidarismointernazionale, la pace, i diritticivili, la dignità di ogni personaumana e l'umiltà di sentirsi unframmento di una cultura seco-lare di lotte per l'emancipa-zione delle fasce più deboli,sono i miei punti fermi che miguideranno nell'elaborazione diun programma di governo chenon sarà un arido documentoaffidato al tecnocrate di turno.Rivendico con orgoglio il pri-mato della buona politica comeunico strumento a disposizionedei cittadini per affermare ilcambiamento.

Per me gli ideali non sonomerce da barattare ma sonostelle polari che guidano i mieipassi.

Il suo segretario regionaleha ufficializzato l’appoggio aPaolo di Laura Frattura nono-stante, nel suo partito, oltre alei, c’è anche un altro demo-crats, Antonio D’Ambrosio.Come commenta la decisionedi Danilo Leva?

No comment! Il fatto si com-menta da solo.P

OLITICA

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A tu per tu con Michele Petraroia

di Assunta Domeneghetti

Su quello che più avremmo voluto sapere, il candidatoalle primarie del centrosinistra glissa. Ed è strano,perché tutti sanno quanto Michele Petraroia ami di-

lungarsi nelle conversazioni. Ma lui è un uomo di sinistraun po’ alla vecchia maniera. E se proprio deve dire qual-cosa contro il suo partito, il Pd, preferisce tacere. Anche seil silenzio, certe volte… Parla.

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POLITICA

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La sua candidatura è stata lan-ciata, prima ancora che dal Pd, daSel. Quanto si sente coinvolto dalprogetto politico del leader NichiVendola?

Sono un dirigente del partito de-mocratico sostenuto lealmente dacentinaia di iscritti, militanti, ammi-nistratori e dirigenti del Pd. Per-seguo il disegno politico diPerluigi Bersani di unireil Pd con le altre forzedel centrosinistra emi auguro che anchein Molise si creinocondizioni di agibi-lità per un'ampia al-leanza tra Pd, Idv,Sel e Federazionedelle Sinistre cheinsieme ai movi-menti e alle asso-ciazioni, utile avincere le pros-sime elezioni re-gionali.

La sua espe-rienza in Consiglioregionale, seppurtra i banchi della mi-noranza, quanto con-terà in questa campagnaelettorale?

Ho presentato un bilanciodi fine legislatura con tuttigli atti prodotti, le proposteavanzate, le iniziative as-sunte, i progetti di sviluppoperseguiti, le lotte popolarifatte insieme ai comitati con-tro i rifiuti, per la sicurezzanelle scuole, a salvaguardiadel diritto alla salute e controla devastazione ambientaleperpetrata da politiche sba-gliate. Sono convinto cheprima delle parole per ognunodi noi debbano contare i fatti, lacoerenza, la linearità comporta-mentale, il rapporto trasparentetra interessi privati e funzionipubbliche ricoperte, la rendicon-tazione del proprio operato, le po-sizioni prese e gli impegni assunti.In assenza di tali presupposti ci sitrova di fronte al virtuale che sosti-tuisce il reale attraverso una sa-piente ed ingannevole operazionepubblicitaria.

Cosa salverebbe dell’attuale go-verno regionale e cosa, invece,boccerebbe senza appello?

Ci sono alcune scelte condivisibiliinerenti la cooperazione internazio-nale quali l'Euro-Regione Adriaticae l'attività svolta in sede di Confe-renza Stato-Regione sulla tutela deidiritti del nostro territorio circa laprogrammazione comunitaria, i ri-schi del federalismo e la modifica dialcuni parametri di riparto. La buonaintuizione sui rapporti con le comu-nità molisane all'estero e alcunescelte di merito vanno rispettate per-

ché positive. Per il resto ri-tengo sbagliato aver svuotatoil tavolo del partenariatoeconomico e sociale, essersiarroccati in una gestionecommissariale delle istitu-zioni e non essersi aperti aun confronto strategico inConsiglio Regionale suigrandi temi del lavoro, dellasanità, del riordino ammini-strativo e della contrazionedei costi della politica.

Un commento sui suoiavversari alle primarie.Chi teme di più?

Faccio i migliori auguri atutti i competitori e perquel che mi riguarda so-sterrò lealmente il vinci-tore nell'unico interessedi battere il centrodestra

alle elezioni regionaliChi o che cosa l’ha spinta

a candidarsi e perché ha uf-ficializzato la decisione alloscadere dei termini?

Non avevo alcuna intenzionedi candidarmi. Mi ero adope-rato per unire il centrosini-stra al dialogo coi movimentirecuperando un rapportofondamentale con l'Idv.

Ero pronto a sostenere uncandidato in grado di faresintesi politica per l'interacoalizione e capace di aprireuna nuova stagione istituzio-nale in Molise. Diverse forzepolitiche di centrosinistra, as-sociazioni e dirigenti del Pd mihanno sollecitato a rappresen-tare una risposta politica, idealee valoriale alle primarie. Dopoaver riflettuto attentamente hoaccettato di candidarmi per di-mostrare che gli ideali del centro-sinistra maturati in secoli ditemperie culturali sono vivi anchesul nostro territorio e non hannonulla da invidiare alle culture dicentrodestra che imperversano

con una disinvoltura impressio-nante su tutto lo scacchiere

politico molisano.

Invece di urlarepreferisco i fatti

l’elettorato del PD saprà valutare

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Valle D’Aosta

Piemonte

Liguria

Lombardia

Friuli Venezia Giulia

Veneto

Emilia Romagna

Marche

Abruzzo

Puglia

Calabria

Sicilia

Sardegna

Basilicata

Campania

Lazio

Umbria

Toscana

Trentino Alto Adige

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Il Molise che non c’è

Una partenza lenta,come un diesel. O, sevogliamo essere an-

cora più realisti, come unavecchia locomotiva. Si, ilMolise visto attraverso lalente del turismo, va avanticosì. A piccoli strappi. Pos-sibile che nessuno, in questianni, si sia accorto che è ri-masto troppo indietro?

Ci si continua a parlarsiaddosso, si sommano lepubblicazioni che vanno adaggiungersi a quelle chegià c’erano. Si commissio-nano un po’ di spot in tele-visione, qualche pagina digiornale e si rimanda tuttoall’anno dopo.

Si parla e si scrive, pur-troppo quasi solo nel nostrorecinto di casa, di questoMolise, bello, fresco, croc-cante, dall’aria salubre, daipanorami che deliziano gliocchi, si aggiunge la bono-

mia della sua gente e ilsenso innato dell’ospitalità.Ma poi? Vogliamo farlo ve-dere il fatturato? Dove sonogli introiti tanto attesi?

L’assessore Marinelli haappena finito di decantarelo spessore della sua terra,Agnone, motivando l’ultimapubblicazione che lo ri-guarda con un interventocircostanziato; a Venafro sibeano per il Castello; circo-lano foto e immagini rassi-curanti sulla bellezza diCastel San Vincenzo e delLago di Guardialfiera. E chedire degli altri castelli delMolise? La signora Cavaliereha avuto l’abilità e la pa-zienza di studiarli, fotogra-farli e metterli in un libroformidabile. Che fa storia,ma che non è andato oltrela storia. I castelli c’eranoprima e ci sono oggi, ma soloin pochi li vanno a visitare.

Dico di gente che viene daaltre regioni. Si, però: la via-bilità è quella che è; i servizipubblici di collegamento nonsono di primo piano; l’aereovola sulle nostre teste soloquando c’è di mezzo un in-cendio o qualche altro guaio.Ma vorrei chiedermi e chie-dere a chi ci governa e a chici ha governato che cosa èstato fatto per migliorare lostato dell’arte? Ci si copre dipietose parole, si raggira l’ar-gomento, si prende tempo,insomma si fa melina. ColMolise che resta piantatodov’è, mentre le belle gior-nate estive si consumano trapiccole e capricciose sagre,tra feste e festarelle di bor-gata, ma senza un pezzoforte che faccia vibrare ivetri. Ecco perché in questedue pagine abbiamo messo aconfronto un’Italia senza ilMolise e alcuni spicchi della

nostra regione che aspettanodi essere valorizzati attra-verso una promozione turi-stica seria. Che dia fiato ainiziative di ampia portata.

Qualche sera fa a ReggioCalabria hanno fatto sfilarele stupende ragazze per lafinale di Miss Italia nelMondo; non si contano leiniziative per far conoscerea livello nazionale e spessoanche internazionale levarie regioni. E il Molise, loavete mai visto in tv? Qual-cuno ha mai pensato dipromuovere il mare di Ter-moli o le nevi di Campitelloin modo serio? Io non mene sono accorto.

Certo, per fare promo-zione bisogna destinareuna somma. Che deve es-sere ben diversa da quellaridicola dello scorso bilan-cio, sostanziata in appena100 mila euro. (ge.ce.)

A livello turistico siamo ancora ai numeri primi

Termoli Altilia

Pietrabbondante Castel San Vincenzo

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La IV conferenza dei molisani nel mondo

ha ospitato i delegati delle associazioni

più rappresentative

Un abbraccio lungotre giorni per ritro-varsi tutti insieme

nella loro terra d’origine.La IV conferenza dei moli-sani nel mondo si è snodatatra Isernia, Campobasso eTermoli gli scorsi 20, 21 e22 giugno tra eventi, semi-nari e momenti convivialicon i delegati delle associa-zioni più rappresentativedella nostra regione al-l’estero e i rappresentantidelle istituzioni sia regio-nali che locali. Una grande

manifestazione internazio-nale, coincisa con i festeg-giamenti dei 150 annidell’Unità d’Italia, che hareso ancor più vivi, nellamemoria dei numerosi am-basciatori della “molisa-nità” nel resto del mondo, ibeni artistici, culturali eambientali, nonché le poli-tiche di welfare e le tradi-zioni della terra che tempofa hanno dovuto abbando-nare. Tuttavia, i legami conla terra d’origine non pos-sono mai essere recisi e la

conferenza ha dimostratocome siano vivi i progetti dicooperazione culturale,scambi economici, espe-rienze studentesche, pro-mozione turistica eassistenza sociale ancheper quelle comunità moli-sane che vivono in aree dicrisi e di povertà. Vice-versa, resterà indelebileanche il tributo di sanguepagato dal Molise nellaminiere di Monongah eMarcinelle e in ogni altroluogo del mondo in cui

altri corregionali sono ca-duti nella ricerca di condi-zioni di vita migliori ed èanche così che il nomedella nostra regione si èfatto onore nel mondo.

Le parole inaugurali delpresidente della Regione,Michele Iorio, riassumonoil senso ultimo della mani-festazione: “Siete voi i veriprotagonisti di questa con-ferenza e noi siamo prontiad accogliere qualunquevostro suggerimento fina-lizzato a far crescere il

di Antonio Di Monaco

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Tre giorni di seminari e confronti su turismo e cultura, export vincenti per la nostra regione

rapporto tra il Molise e gliemigrati molisani”. Uno diquesti è emerso dal semi-nario sui valori del Molise.Si tratta, infatti, della pos-sibilità di una programma-zione territoriale gestita inconsorzio da più enti, pub-blici e privati, in modo daridurre le spese e imple-mentare la visibilità me-

diatica della biodiversitàmolisana. Le iniziative im-prenditoriali infatti, sonoferme a modelli tradizio-nali e vanno ripensate,puntando sulla diversifica-zione e sull’intreccio traarte e tradizione, in unagestione sostenibile e inte-grata. Al proposito, il dele-gato dei Molisani nel

mondo, Tony Vespa, ha rin-graziato il presidente delConsiglio regionale, Mi-chele Picciano, “per essersicontraddistinto nell’impe-gno di portare la molisa-nità nel mondo, condinamismo e opere gigan-tesche, come quando ci hapermesso di collocare unastatua del Guerriero san-

nita in Canada o suppor-tandoci in ogni attivitàvolta alla sensibilizzazionedei giovani”. Ed è su turi-smo e cultura (temi domi-nanti di tutti i seminari)che il Molise e i suoi am-basciatori nel mondo de-vono investire per tenerealto il nome della nostraterra.

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Una festa dalla forza bi-blica. A una velocità

che toglie il fiato, con unaintensità e una tensione inalcuni momenti insosteni-

bili, con una verità checommuove e dilania. Perdare un’idea della sua po-tenza basta l’incipit: “Era-vamo in 100 mila”.

La storia dei Misteri aCampobasso è il travolgenteracconto di quanto il capo-luogo si sia industriato perfare della festa, la “sua” festa,

una grande festa. Per riu-scirci arriva a mettere inscena una sfilata sontuosa, siinventa una Tunzella chevive a Pizzone, ma è nata aCampobasso, sostituisce di-gnitosamente Antonio San-tella con Riccardo Armanetti,in extremis nei panni diAbramo, uno dei personaggicardini della sagra. Gli orga-nizzatori hanno saputo fron-teggiare i ricambi, in undelirio di colori e di rumori,tipico dell’avvenimento.

Sfilano nel racconto deimisteri realtà e sogno, l’oggie ieri. Si contendono lascena angeli e diavoli, ricchie poveri, totem e poveri cri-sti, portatori e bandisti, ca-pomisteri e sudati portatoridi scanni e di scale.

Tante le scene che non sidimenticano. Una è quandoil diavolo cerca di travol-gere con il suo urticantecorteggiamento la Tunzella,

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IL bello (e il brutto)del Corpus Domini

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il male contro il bene, ilcandore di un’anima e diun abito contro un costumesudicio e nero, mentre lacoda vaccina, lercia come lanotte, viene presa a morsitra il piacere e il disgustodei bambini, divertiti spet-tatori.

Racconto perfetto cheonora narrativamente unasagra antichissima. Intornoa cui si sono create alcunestorielle semplici che fannoaddirittura sorridere. Comequella che secondo certigonzi vorrebbe la perditadella nostra sagra qualoraper un solo anno, a qual-siasi titolo, i Misteri non“uscissero”.

COSA FUNZIONALa sfilata, naturalmente.

Bella e fantastica. Un calei-doscopio di umori e suonimagici. Per gustarsela sinoin fondo la sfilata bisognaavere la pazienza di se-

guirla tutta. Iniziando davia Trento, dove essa co-mincia, con i figuranti conle facce ancora fresche e iportatori impegnati a tro-vare l’intesa, per non per-dere il passo. Bisogna farsi“piccoli piccoli” se si vuoleavere una visione superbain via Sant’Antonio Abate,proprio davanti la casa delDi Zinno, ove i “quadri vi-venti” sfiorano balconi e fi-nestre e debbono starebene attenti a non toccareuna delle sei porte dellacittà.

La banda suona un moti-vetto che conosciamo a me-moria e che ancoraemoziona, prima del mo-mento topico, sotto il Muni-cipio. Con il vescovo cheusa parole di zucchero fi-lato per sciogliere anche icuori più duri. E poi bene-dice tutti, buoni e cattivi,giusti e imbroglioni, vinci-tori e vinti di una vita cheper un giorno assume altricolori.COSA NON FUNZIONA

Ma il caos, naturalmente.Passi per le bancarelle, op-portunamente confinate alambire il Romagnoli,pronte a ricevere decine dimigliaia di persone, curiosee desiderose di fare spesequasi sempre inutili. Il tuttosa tanto di paese, ma nes-suno si offende. Va bene lostesso, del resto Campo-basso per mano di un’asso-ciazione del settorecommerciale, l’ultimo sa-bato del mese, vive una si-tuazione analoga, caotica eammazzanegozi. E poi sichiedono perché le attivitàchiudono.

Quello che non va è ciòche accade in centro, per ilCorso e in Viale Elena so-prattutto, in cui centinaia divenditori ambulanti, tuttiabusivi e irrispettosi delleleggi, stendono minutagliee merce contraffatta, impe-dendo persino di passare.Tutto ciò avviene senza chenessuna autorità inter-venga. Nonostante l’aspettoirriguardoso della parte no-bile del capoluogo.

Sarebbe ora che per laprossima edizione sia ilPrefetto ad avocare a sé lalotta all’abusivismo. Schie-rando in campo una grani-tica squadra di tutoridell’ordine che, congiunta-mente, riesca a fronteggiarela vendita selvaggia.

(ge.ve.)

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Estate campobassanaSino a quando la sa-

lute glielo ha per-messo, ogni anno

Luciano Pavarotti ha fattouno straordinario con-certo a Modena, la suacittà. In quelle occasionil’inarrivabile tenore hainvitato a puro titolo ami-cale alcuni del più bravicantanti e musicisti delmondo. Dando vita a unmomento culturale e arti-stico con pochi riscontri.Inutile ricordare che Pa-varotti ha fatto quel che ha fatto a titolo di gratitu-dine, senza essere pagato. Da modenese a Modena,la sua magnifica e amata città.

Mi sono chiesto più volte perché Fred Buongustonei suoi anni di splendore canoro non abbia maipreso in considerazione di regalare un suo concertoa Campobasso, dove è nato e vissuto in via Marconi.C’è di più: nel 2000, quando lo chiamai per suonarein piazza Municipio per festeggiare la promozionedel Campobasso in C2, era il 30 maggio, non solofece il riottoso, ma volle essere pagato sino all’ul-tima lira. E, mi par di ricordare, che non solo non miconcesse un sconticino sul listino, ma pretese anchealtri due milioni per l’allestimento dell’impiantoluci e suoni che in genere sono compresi nel prezzo.

Non ho notizie dei pochi fortunati artisti campo-bassani che si sono affermati a livello nazionale. Ra-ramente li ho visti esibire nella nostra città equando lo hanno fatto, mi par di capire, si sonoguardati bene da farlo a titolo di favore.

Ora che l’estate è già piena Campobasso avrebbebisogno di ritrovarsi la sera, sotto le stelle, per tra-scorrere qualche ora in allegria. Siccome non cisono soldi è impensabile aspettarsi un cartellone in-vitante. Per questo mi sarei atteso un fertile svi-luppo di idee da parte degli amministratori, percooptare artisti campobassani a titolo di favore. Non“a gratis”, ma con un compenso ridotto.

C’è di più: ci sarebbero state tante opportunità perrichiamare gente in strada. Fissando appuntamentiall’interno del Castello, in piazzetta Palombo, alFondaco della Farina, a Fontanavecchia, a Sant’An-tonio Abate, e in altri luoghi storici della città.

Invece c’è solo un rimbalzarsi di responsabilità,con il solito ritornello: non ci sono soldi.

Si, è vero, senza soldi non si dicono messe. Ma avolte basta anche solo l’ingegno e la buona volontàper superare il periodo congiunturale. Con la cassapiena è troppo facile amministrare. Il difficile è direalizzare qualcosa di interessante anche quandosono vuote. Qualche anno fa, se non ricordo male, inVilla Comunale, l’allora commissario dell’Ente per ilTurismo Pino Saluppo, con pochi fondi, mise su unmagnifico spettacolo fissando il biglietto a soli 5euro, con Gianfranco D’Angelo e Sandra Milo sulpalco. Ripetere un’esperienza del genere non sa-rebbe stato ambizioso. Invece tutto s’è ridotto allasolita sterile melina. (ge.ve.)

Fred Bongusto

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ATTUALITA’

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Riforma della Giustizia, tema attuale escottante, si arriverà mai ad una soluzione?

Non vi sarà mai riforma della Giustizia senon si arriverà prima di tutto ad una riformadel Codice penale che risale, come ben si sa,alla fine del 1930.

In che senso è necessario riformarlo?Bisogna pervenire ad un Codice del diritto

penale “minimo”, dando tutela ai reati chemaggiore allarme destano nel con-sesso sociale, eliminando quegli ille-citi integranti le micro lesioni e cioèquelli che vengono definiti reati ba-gattellari (ingiuria, ubriachezza, le-sioni colpose, pascolo abusivo,invasione di terreni, in genere reaticontravvenzionali – ndr)

Ma tanto è sufficiente per poterdire di aver fatto un passo avanti?

Sicuramente no. E’ anche fonda-mentale accorciare ragionevolmentei tempi dei processi in quanto l’impu-tato ha diritto di avere una rispostaimmediata da parte dell’Ordinamentoper sapere se il fatto da lui posto inessere costituisce o meno reato. A talfine mi sembra opportuno fissare ter-mini perentori entro i quali chi am-ministra la Giustizia deve emettere ipropri provvedimenti sanzionandone,almeno disciplinarmente, i ritardi.Pur mantenendo poi l’autonomia el’indipendenza della magistratura, ilcittadino non deve sentirsi impotentea fronte di troppi ricorrenti errorigiudiziari; e perché la legge sia vera-mente uguale per tutti è fondamen-tale, come accade in tutti gli altri

Arturo Messere è avvocato penalista; cultoredella materia per l’insegnamento di dirittopenale presso la Facoltà di Giurisprudenza del-l’Università degli Studi del Molise, ha collaboratoalla relativa Cattedra ed a quelle di diritto penaleamministrativo e criminologia; è stato docentedi diritto penale, quale Professore a contratto,nella Scuola di Specializzazione per le Profes-sioni Legali dell’Ateneo molisano; incaricatodall’”Unione delle Camere Penali Italiane”, hainsegnato diritto penale al corso di “Deontologiae tecnica del penalista, ha diretto il Corriere delForo, trimestrale per operatori del diritto.

E’ autore dei seguenti lavori: “Le investigazionidifensive nel recupero della terzietà del giudice”in Le indagini difensive, pubblicazione collettaneaa cura di A. Furgiuele, 1998; Profili dell’esecuzionepenale in trasformazione, 2000; Risocializzazionedel condannato a pena detentiva minima, 2008;Prova di innocenza, 2009.Arturo Messere con l’adorata nipotina Federica

Intervista all’avvocato Arturo Messereper fissare alcuni punti dell’amministra-zione della Giustizia che formano conti-

nuo e costante motivo di dibattito e chedeterminano non pochi timori nella pub-blica opinione. La ricerca di un’analisi se-rena e competente sulle questioni più caldeci ha portato ad in contrare il noto penalistamolisano che sull’Ordinamento giudiziarioha svolto una serie di approfondimenti che,rivisitati alla luce della cronaca giudi-ziaria, rivelano la profondità dellostudioso e la forza deontologicadel professionista. Ci siamochiesti perché mai nel nostroPaese il cittadino debba te-mere la Giustizia e chil’amministra, e come siapossibile superarequesta situazionedi oggettiva dif-ficoltà. L’avvo-cato Messereci ha aiutatoa venirne acapo con ilc o n t r i b u t odella sua lungaesperienza econ la chiarezzadel suo pensieroin proposito.

L'Avvocato Messere alle prese con il Codice penale

Perché il cittadino ha paura della Giustizia?

La parola all’avvocato Arturo Messere

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Paesi civili, che chi sbaglia risponda,concretamente, nell’ipotesi di dolo ocolpa grave. Nel caso poi in cui si in-corra in reati comuni i responsabilidevono rispondere come ogni altrocittadino, senza che vi sia “alcunmanto della carità”.

Avvocato Messere, tra le tante in-certezze che contraddistinguono l’am-ministrazione della Giustizia vi èquella dell’incertezza della pena chearreca non poca sfiducia nei citta-dini. Cosa ci può dire in merito?

Cesare Beccaria, padre del Dirittopenale moderno, affermò il principiodi mitezza della pena accompagnatodalla sua certezza. Tale principio è va-lido tutt’ora; nello spirito della nostraCostituzione la pena deve avere nonsolo un fine retributivo ma soprattuttoquello rieducativo. La rieducazione vaaccertata da criminologi e non da psi-cologi. Solo così si possono averemaggiori garanzie che chi viene riam-messo nella società civile non torni adelinquere come, purtroppo, spessoaccade.

Quale opinione ha dell’uso dellacustodia cautelare nel nostro Paese?

Sono dell’avviso che vi sia un usonon condivisibile, soprattutto dellacustodia cautelare in carcere e dellelungaggini della stessa; tranne chenon si tratti di fatti infamanti o chemettano in pericolo la stessa esi-

stenza della convivenza civile e delloStato, nel qual caso ha una sua giusti-ficazione. Insomma, a fronte dellapresunzione di non colpevolezza delcittadino e del suo diritto alla libertà,bisogna andare cauti con il “tintinniodi catene” anche perché una volta incarcere, assistiti dalla presunzione dinon colpevolezza, ci si trova a convi-vere e a fare i conti con criminali in-calliti, con situazioni di promiscuitànon rispettose della dignità umana.Peraltro, se la pena è anche e soprat-tutto rieducazione, non si capiscecome debba rieducarsi un soggettoper il quale non è stata ancora accer-tata la sua responsabilità penale.

Bene. Ma gli avvocati come si pon-gono di fronte a queste situazioni?

Premesso che se “Atene piange,Sparta non ride” e che, come dicospesso, tra gli avvocati, pure in pre-senza di splendidi esempi di grandeprofessionalità, vi sono troppi “orche-strali che non amano la musica”, gli èche l’avvocatura di coraggio ne hatanto, ma di potere alcuno. L’avvocatonon è né legislatore né giudice e, nelmomento in cui chiede di rendere ef-fettive le garanzie difensive e sugge-risce come riequilibrare gli istitutiper pervenire ad una parità tra ac-cusa e difesa, la sua voce si risolvespesso in un “ululato alla luna”.Troppo spesso anche le Associazioni

e gli Ordini legittimati a far valere idiritti della difesa si appiattiscono,per non usare un termine più forte, aipoteri forti a scapito del cittadino. Untale fatto umilia l’avvocatura e solo inpoche occasioni la riscattano esempiluminosi e fulgidi di rigore professio-nale.

Conclusivamente, avvocato Messere,quali sono gli accorgimenti legislativipiù impellenti per far funzionare laGiustizia?

La soluzione deve essere globale edorganica; le urgenze immediate, a mioavviso sono quelle di istituire la colle-gialità nella emissione dei provvedi-menti cautelari; le udienzepreliminari devono funzionare da fil-tro con obbligo, da parte del giudice,di motivare, relativamente alle solefonti di prova, il decreto che dispone ilgiudizio. Poi fondamentale infine è al-linearci alla Convenzione per la sal-vaguardia dei diritti dell’uomo e dellelibertà fondamentali, ch’è diritto vi-vente nei Paesi più civili del nostro,con la inoppugnabilità delle sentenzedi assoluzione di primo grado, non es-sendo condivisibile la reiterazionedell’azione penale ad opera del pub-blico ministero.

Avvocato, la ringrazio per la chia-rezza delle idee e per il coraggio concui le ha espresse.

Dardo

L'avvocato Messere presiede uno dei convegni sulla Giustizia

ATTUALITA’

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28

E’ molto tempo che lanostra società postindustriale, ammesso

che da queste parti sia esi-stita la fase precedente, hariscoperto il ruolo dei papà-nonni e delle mamme-nonne.

Hanno sostituito in tuttole baby sitter, diventatetroppo costose per i tempiche corrono. Gli tocca puresovvenzionare i figli, pre-cari almeno fino a tren-t’anni, per la maggior parte.Far di conto è semplice. Ungiovane bravo esce dal-l’Università intorno a 24/25 anni, poi bisogna spe-cializzarsi o fare dei corsipost laurea, oppure i ma-ster a pagamento, infineavviarsi alla professione;quando riesce a sistemarsi(le statistiche prevedonotre anni di attesa dopo lafine del ciclo completo distudio), si ritrova all’età fa-tale di Nostro Signore. I ge-nitori tirano il carro fin chepossono, alimentando unsistema economico preoc-cupante, non certo per ladifesa del nucleo familiare,ma perché il percorso portainevitabilmente a un impo-verimento patrimoniale. Aquel punto la situazione di-venta critica e il pallinopassa nelle mani del gio-vane, se sfonda bene, altri-menti la ricaduta è su tuttala famiglia.

Di recente una storica so-cietà, vera istituzione pub-blica, oggi solo partecipatadallo stato, per decenni ser-batoio d'impiegati, che hasempre puntato come leFerrovie su orgoglio esenso di appartenenza, haformulato una proposta(indecente) ai propri im-piegati in procinto di pen-sione: rinunciate al TFR eall’ultimo anno di stipen-dio, in cambio assumeremovostro figlio con contratto a

termine di tre anni, natu-ralmente rinnovabile. Inparole povere, per tre anniteniamo tuo figlio, tu glipaghi lo stipendio e poi noidecidiamo se tenercelo.Complimenti per il genioche ha partorito l’idea. Ilquale tuttavia non è isolato;se un giovane che riesca atrovar lavoro fosse cosìprevidente da pensare allapensione, di fronte a previ-sioni di vitalizio disarmanti,sarebbe costretto a cercareun piano pensionistico ac-cessorio. A questo puntoscatta la grande farsa. Vuoiuna pensione più alta?Versa cinquecento euro almese e tra vent’anni ti ri-troverai con un’integra-zione di sei/ settecentoeuro. Altra genialata.

Le cose non vanno meglioper gli anziani, che hanno in

mano il paese. La societàche invecchia tende ad autotutelarsi, le esigenze sonotante e sempre meno per-sone sorridono al pensierodel pensionamento. Dopo gliotto giorni del sorriso e delriposo, scatta la corsa, daiprofessionisti agli operai,per trovare un’attività chegratifichi lo spirito maanche la tasca. Tutto legit-timo, è la storica congiun-tura internazionale checondiziona il costume.

Qualunque sia l’analisi,la realtà è che oggi si fa-tica a trovare un posto dilavoro anche a Milano, chice l’ha se lo tiene strettis-simo e purtroppo gli spaziper i giovani si restrin-gono. Cominciando dopo itrent’anni, guai se restanodisoccupati intorno ai cin-quanta. Rischiano di re-

stare per sempre fuori dal“mercato” del lavoro.

Questo meccanismo limitaanche la mobilità interna,per cui un giovane o è un ta-lento e nonostante ciò devespesso andare a cercar for-tuna all’estero, oppure glitocca aspettare l’occasione acasa sua, stringendo i denti,senza nemmeno poter emi-grare nelle regioni un tempopiù ricche ed accoglienti.Tomaso Padoa Schioppaconsiderava “bamboccioni”i giovani che restano in fa-miglia fino a età adulta. Sonotuttavia una minoranzaquelli che lo fanno per co-modità o perché sfaccen-dati. E’ la società costruitada padri e nonni che li haposti in questa situazione.Puntare il dito sulle nuovegenerazioni è un esercizioipocrita e fuori luogo.

di Walter Cherubini

Il mondo che cambia

Largo ai vecchi!

La società invecchia e punta ad auto tutelarsi. I giovani trovano aiuti e sostegno nei genitori

ma per loro le prospettive future si restringono.

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Il calcio era l’unicomodo per tenere in-sieme i ragazzi che, non

avendo né soldi né televi-sione, cercavano per stradail loro tempo libero. I geni-tori ci lasciavano stare instrada per ore, senza peri-colo. Poche le auto, inesi-stenti i casi di pedofilia e diquei soprusi sui minori chesarebbero emersi col pas-sare del tempo.

I ragazzi uscivano, cerca-vano il padrone del pallonee mettevano su intermina-bili partite che finivanoquando i giovani calciatoristanchi e distrutti venivanorichiamati dalle voci delleloro madri. Per il pranzo ola cena.

Raramente c’erano i palidi legno, più facile trovarequelli fatti di pietra. E se lapartita si giocava per strada,anziché in un cortile, per di-segnare le porte si usavanogiacche e maglie. Tutto eralecito per quel calcio sem-plice e gioioso. Paragona-bile, per certi versi a quelloche praticano i giovani bra-siliani sulle spiagge, cioènegli spazi stretti.

Tutto questo si è andatoperdendo. Nessuna madremanderebbe oggi il propriofiglio per ore, per strada. Ipericoli del traffico, dellecattive compagnie, e di certiaguzzini che si appostanoper adescare i ragazzi scon-sigliano di lasciare i ragazzia briglie sciolte. Così sonocresciute come sufflè lescuole calcio. Anche perchésono spariti gli oratori. ACampobasso per decenni iritrovi più appetiti per i ra-gazzi sono state le azionicattoliche che, per tenereuniti i giovani, davano spa-zio al calcio. Così nacquel’Oratoriana (Sant’Antoniodi Padova), La Marinelli(Monti), Gifra (San France-sco) e a seguire una squadradi San Giovanni, di cui nonricordo il nome. Il succes-sone l’ottenne la Virtus che,

favorita dal campetto degliOrfani di Guerra (allespalle del Conservatorio) edalla disciplina dei pretimarianisti mise su la so-cietà meglio organizzata einvidiata del capoluogo.

Gli oratorii hanno perdutoquota, non hanno spazio néappeal. Così il calcio dasport per tutti è diventatosport alto-borghese. Sononate le prime scuole calcio.Con i ragazzini in elegantedivisa, tanto di borsone etuta con la quale vannopersino a scuola. E’ suc-cesso che sia scomparso ilcalcio spontaneo. Questa è

la grande diversità: i bam-bini che vogliono giocare acalcio debbono andare ascuola. Di calcio, natural-mente. E, come succede intutte le scuole private deb-bono pagare una quota diiscrizione e una retta men-sile. Cifre, se vogliamo, allaportata di tutte le tasche,ma che eliminano lo spon-taneismo di un tempo.

Una volta solo per il ten-nis bisognava pagare unaquota e passare alla cassaogni volta che si prenotavail campo. Il fenomeno èstato mutuato anche dalcalcio, come dimostrano i

tanti campi di calcio a 5 chesono nati nelle periferie. Eper quel che ne so vannotutti bene. Nel senso chec’è la fila per giocare. Sinoa tarda sera. Almeno neimesi meno freddi.

La nuova pedagogia nonlascia più spazio alla fanta-sia. I ragazzi vengono in-quadrati come soldatini einseriti nel gruppo. Almenonei primi anni, tra di loro, simescolano anche gli im-branati. Vale a dire quelliche non hanno predisposi-zione al gioco. Siccome pa-gano vengono accolti dagliistruttori. Almeno sino aquando loro stessi o i lorogenitori si accorgono chenon è cosa. La selezione, seil calcio fosse rimasto perstrada, sarebbe avvenutanaturalmente e in anticipo.Ma si sa che il clienteha sempre ragione.

(ge.ve.)

Quando i ragazzi giocavano per strada

Strozzano la fantasiale scuole calcio ma sono

indispensabili

Cartolina da Campobasso

La fontana fu inaugurata dopo il completamento dell’acquedotto cittadino,ricavato dai sotterranei nel Castello Monforte. Nel 1889 Campobasso ebbel’acqua corrente e la fontana fu il fiore all’occhiello dell’intervento idraulico.

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POLITICA

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In nome del Gattone

di Daniela Martelli

Remo Di Giandomenico vuol tornare in sella alla Regione

e lancia i primi segnali

Un futuro. Soprattuttodietro alle spalle.Con pagine rosa e

anche nere. Che avrebbeconsigliato alla maggiorparte di defilarsi dalla vitapubblica. Invece no. Lui,dico Remo Di Giandome-nico, detto Il Gattone, non cipensa proprio a deporre learmi. E ci riprova.

Ricordate? Dopo aver cu-rato le profonde ferite peralcuni guai giudiziari e diquelli della di lui consorte,come se niente fosse acca-duto ha affilato gli artigli edè tornato in pista. Candi-dandosi a sindaco di Ter-moli, carica che è stata suagià in passato, durante laquale ha fatto il bello e cat-tivo tempo. Cacciando conuno stratagemma dal Pa-lazzo il suo predecessore(Alberto Montano), primanominato assessore e poiinvitato a rimettere senzapreavviso la delega, per-dendo anche il posto di con-sigliere.

Rieccolo candidato sin-daco, per il centrodestra. Incontrapposizione a Basso DiBrino e a tanti altri che inordine sparso hanno cercatodi guidare la frizzante cittàmarinara.

Per Remo “Il Gattone” sipensò al canto del cigno,all’ultimo tentativo dispe-rato per rimanere aggrap-pato alla tolda di comando.In questi mesi giusto qual-che apparizione, per daremaggior forza alla coali-zione di De Matteis alla Pro-vincia. Tale da far pensarea rigurgiti di nostalgia delpotere.

Macchè, Il Gattone ha an-ticipato compagni e avver-sari. Annunciando di volersi

candidare alla guida dellaRegione. Restando semprenell’area del centrodestra.Quella di Iorio che per vin-cere come il pronostico gliassegna, avrebbe bisogno ditutte le forze disponibili.Compresa quella di DiGiandomenico. I politologinon gli assegnano forte cre-dito, ma sanno benissimoche la sua è una mossa damaestro, per giocare d’anti-cipo per avere un postoblindato nel “listino”, sognoimpossibile di molti concor-renti che temono di rima-nere a terra dopo ilresponso dell’urna (5 annifa non fu rieletto Gian-franco Vitagliano e questospiega tutto).

Qualora il trucchetto nongli dovesse riuscire state purcerti che Il Gattone non si ti-rerebbe indietro, puntandocomunque a correre comecandidato Presidente perconto di “Popolari liberi”,nell’intento di raggiungere ilquorum che gli consenti-rebbe di avere uno scrannoin Consiglio regionale. Sfrut-tando il lavoro di tanti gre-gari che nell’illusione dipotercela fare, porterebberoi voti sufficienti per raggiun-gere il minimo fatturabileper aver diritto a un eletto.In questo caso il Presidentedesignato. Ovvero Remo DiGiaondomenico, alias Il Gat-tone. E i gregari? Potrannoripassare tra cinque anni.

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di Gennaro Ventresca

Si, però: ha cambiato spesso ma-glia. Partendo dalla sinistra,sino ad arrivare all’Udeur.

Si, però: i suoi voti non sono stati avalanga, altri che ne hanno preso dipiù sono rimasti fuori.

Si, però: non porta giacca e cravattae quella barba incolta e un po’ rossic-cia ne fa più un personaggio di bor-gata che uno di sacrestie politiche.

Tutto ciò che ho scritto è vero. E luilo sa. Ma un fatto è scontato: AlbertoTramontano è un ragazzo in gamba.

Mentre i suoi coetanei (ha meno di35 anni) sono alla ricerca del primoimpiego, Alberto ha già messo in-sieme tante cose. Scegliendo di farepolitica, per passione più che per me-stiere. Il ragazzo ha radici popolane.La famiglia, come tante altre, si è spo-stata dal centro storico alle case po-polari che guardano il cimitero. Eproprio per questo è il caso di dirlo:sto scrivendo di un giovane che si èfatto da solo. Senza “l’aiutino” del fa-migliare introdotto.

Alberto studia lettere e si laurea,trova un posto da precario nellascuola, spostandosi nei centri del Mo-lise per portare a casa uno stipendio.Nonostante il peso della pendolaritàaffronta la scuola con entusiasmo. Da

Bojano passa a Limosano,in una media. La sua sem-bra una storia come tante.Il mondo della scuola, sisa, è fluttuante. Devi staresempre con la valigia inmano. Ma lui trova ilmodo di ritagliarsi unospazio nel difficile e affol-lato mondo della politica.

Sceglie di portare il suo contributo allasua città, Campobasso. Naviga a sini-stra, come si conviene a chi porta labarba e non accetta il rigore dellagiacca e della cravatta. Ma si ritrovadeluso. Per questo dopo aver consu-mato una parte dello scorso mandatoin una maggioranza forte solo di nu-mero, ma sconclusionata nel gover-nare, si smarca. E va nel centro-destra.Con cui viene eletto a pieni voti. Il lu-singhiero responso elettorale sembradovergli spalancare le porte di un as-sessorato. Ma il sindaco lo “tradisce”.La delusione è cocente, sta per provo-care lo strappo, che non si consuma,per l’abilità del primo cittadino e perla pazienza manifestata dal giovane.

Con calma Alberto aspetta il suomomento. E si colloca accanto a DeMatteis per conquistare la Provincia.Anche questa volta ce la fa. E vienepremiato con un assessorato.

Nel frattempo Il Quotidiano svelache da quando aveva 21 anni AlbertoTramontano il giorno del Corpus Do-mini si unisce ai popolani e diventaportatore. La fatica è immane, i Misteripesano da far paura. Il gettone gliserve per farsi qualche giorno al mare.Ci prende gusto e prenota il suo postoanche quando diventa prof e passa al

comando della città e della Provincia.Questione di appartenenza. E’ il casodi chiamarla così, questa volta. 150euro fanno bene a tutti, di questitempi. Alberto però sfacchina per unaragione nobile. Che non intende rive-lare. Il gettone sa già a chi girarlo. Luiche ha conosciuto il pane duro sa a chipoter offrire una pagnotta di pane te-nero. Ma non ne fa parola, neppurecon il cronista amico. Lo abbiamo ri-preso mentre smazzava sotto il pesodel Mistero dell’Immacolata. Col sor-riso acceso per tutto il lungo percorsoha faticato come gli altri. Arrivandosfinito alla meta. Come un gregario inuna giornata in cui il Giro assegna unatappa dolomitica.

Alberto Tramontano

La rivalsa dell’assessore-portatore di MisteriAlberto Tramontano l’altra faccia della politica

Alberto Tramontano nel doppio ruolo di assessore e di portatore di Misteri

IL personaggio:

Alberto Tramontano

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Ipuristi gelosi custodidelle tradizioni localistorceranno il muso, di

fronte alla proposta dell’as-sessore Muccilli di consor-ziare i servizi comunali, perottimizzare le scarse risorsee dare valore a investimentie autonomie. La storia delSannio è quella di comunitàsostanzialmente isolate, alpunto che, ad esempio, ildialetto di Montagano ècompletamente diverso daquello della vicina Matrice,tuttavia le radici dei villaggimolisani sono le stesse, af-fondano nel vecchio pere-grinare degli Uluri (oUmbri) che dal centro Italiaprogressivamente si spar-sero sull’appennino versosud, diventando Sabini, La-tini, Sanniti, Piceni, Fren-tani, Irpini. La soluzione alleproblematiche sociali era ri-solta con la limitazione dellapopolazione. Ad una certaetà, i nuovi adulti del villag-gio dovevano trovarsi unaltro posto simile a quello di

origine, con le stesse pecu-liarità. La presenza di acqua,di grosse riserve energetiche(boschi e legna) e campi dacoltivare. Fate caso: dallaprovincia di Rieti al subap-pennino dauno, fino all’Irpi-nia, i comuni hanno la stessadisposizione, un cucuzzolo,un bosco alle spalle, unfiume nei pressi. A legitti-mare questa esigenza di so-pravvivenza, c’era il rito del“Ver sacrum” (Primaverasacra), con un animale sim-bolo che in teoria guidava lascelta più accorta per il po-polo in cammino.

Tornando ai giorni nostri,a rendere opportuna e im-procrastinabile la gestionein consorzio dei servizi co-munali, ci sono due fattoriinterscambiabili, le risorse el’utenza. I numeri sono pic-coli nel Molise, per questo sifatica di più a tenere inpiedi attività, a trattenere lagente in un territorio pursalubre e diversificato; c’èpoi l’effetto paradosso le-gato al miglioramento dellaviabilità e dei servizi di tra-sporto. La riduzione deitempi di percorrenza ègiunta tardi rispetto alflusso migratorio verso lecittà e oggi non trattienechi arriva da fuori a lavo-rare nei paesini.

Le risorse sono limitate ela crisi internazionale, dal-l’attacco alle torri gemelle al

crac dei mutui americani, siripercuote sulle realtà menoprotette. Aldilà delle contin-genze, l’unione delle forzedovrebbe essere il fonda-mento delle nostre comunitàlocali. Basta guardare la car-tina topografica per rendersiconto che si possono crearedei sub ambiti amministra-tivi con una valenza socialenotevole, addirittura supe-riore a quella istituzionale. Sipensi a Frosolone, al centrodi un territorio che con ade-guati miglioramenti viaripotrebbe essere punto di ri-ferimento per i comuni limi-trofi. Stesso discorso peraltri centri a media urbaniz-zazione sparsi nella regione.

La tipologia dei serviziconsorziali, che molti anni

fa fu vagheggiata per lestrutture sportive dal pro-fessor Guido Cavaliere,avrebbe dovuto e potuto es-sere attuata in passatonell’ambito delle comunitàmontane, supporti ammini-strativi che purtroppohanno spesso mostrato illato peggiore del modo digestire la cosa pubblica, de-terminando di conseguenzaun danno diretto ai comunie la perdita di attendibilitàper l’istituzione.

Va sostenuta e portataavanti la proposta di Muc-cilli, senza indugiare sulleinevitabili resistenze al pro-getto, che rispondono più auna logica d’interesse ge-stionale che a presuntosenso di appartenenza.

La proposta di Muccilli è dettata dal buon senso e imposta dalla realtà dei piccoli numeri

Salvatore Muccilli

Il primo a prospettare l’ipotesi di servizi consorziali tra i paesi,

a gestione multi comunale, fu il Presidente del Coni

Guido Cavaliere, che molti anni fa auspicò tale soluzione

per gli impianti sportivi, considerando i costi

e i limiti dell’utenza locale.

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di Bernardo Donati

Le risorse limitate impongono agli amministratoriun nuovo approccio nella gestione locale

Servizi comunali in consorzio, soluzione obbligata

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di Domenico Fratianni

Gilda Pansiotti, Santo Convito(1937), olio cm. 95x155

Me la rivedo accantoa me a Roma, invia dei Greci, sede

della galleria d’Arte La Ca-novina, dove inauguravouna mia rassegna di disegnied incisioni. Era l’anno 1975.

Era felice la mia amicaGilda, felice di dialogare conme con tutti gli amici che af-follavano lo spazio esposi-tivo. Il nostro primo incontroavvenne anni prima, graziea quel grande amico maiscomparso di nome PeppeJovine, poeta e letterato digrandi qualità; e fu subitoamicizia. Un rapporto stret-tissimo, tutto teso sul filodella sensibilità artistica,non disgiunto da una simpa-tia contagiosa. Era la nostrainterlocutrice attenta; la no-stra, dico, non solo la mia.Ricordo che accanto a Gildasi era formato un gruppo diartisti e letterati di grandevalenza; oltre al poeta Jovine,rivedo Giose Rimanelli, ilgrande molisano casacalen-dese, scrittore di razza (chinon ricorda “Tiro al piccione”edito da Einaudi ?) che, purtrapiantato da anni in Ame-rica, trovava il tempo perincursioni e apparizioni im-provvise. E poi, Pietro Ci-matti, poeta di struggenteforza espressiva, direttoreper anni della “Fiera Lettera-ria” e, anche, pittore di solidoimpianto coloristico. E an-cora, Filippo Accrocca e Al-bino Pierro, poeti di grannome (Pierro sarebbe arri-vato alle soglie del premioNobel, in competizione conMario Luzi, per la sua poesiain vernacolo tursitano). E, afare da anfitrione, il mai di-menticato Remo Croce, pre-sidente per anni dei libraid’Italia, che mi aveva adot-tato, aprendomi le porte delsuo “Cenacolo” con affettopaterno. E la mia amica Gilda

a presiedere il tutto, con lasua intelligenza, il suo essereprofondamente pittore dallagrande forza poetica evoca-trice, il suo spirito libero e vi-tale. Personalmente mi sonosempre battuto nel sostenereche esiste la buona pittura equella che buona non è (lapittura cosiddetta al femmi-nile è un termine mal posto);Gilda Pansiotti era, senzaombra di dubbio, un grandepittore, semplicemente perforza vitale, per impasto ma-terico luminoso, per capacitàdi visione e, soprattutto, peruna coscienza pittorica chetravalicava stili e mode, perconfluire nella verità pro-fonda della tessitura figura-tiva, tanto da farla sembrare,spesso, una autentica forzadella natura. Faceva cantarei contrasti cromatici e la suatavolozza si inondava sempredi filamenti d’oro che riman-davano alla pittura dei piùgrandi maestri della luce. Elei, che aveva vissuto l’av-ventura della Scapigliaturalombarda e l’esplosione delFuturismo dei Carrà, Rus-solo, Tosi e Boccioni (Gildaera stata allieva irrequieta dimaestri importanti come Al-

ciati e Tallone, in quel diBrera), era riuscita ad inne-stare, con grande sapienza eumiltà, queste matrici origi-narie con le figure e il pae-saggio del nostro Molise(duettando con Scarano), conquelle più asprigne e dolenti,spazzando il campo da pre-giudizi e preconcetti di ognitipo, donando sempre palpitidi vera poesia.

Gilda aveva scelto di viverei suoi ultimi anni di vita nellamia casa-studio, tra affetti,infinite discussioni sull’artee, anche, confessioni di storiaintima e affettiva: le primeavventure amorose, l’incon-tro e l’unione con il suoprimo marito, il grande pit-tore Cambon, ritrattista difama della ricca borghesiamilanese ed esponente dispicco di quelle grandi cor-renti Liberty e Decò tra fineOttocento e inizi Novecento(famosi i suoi manifesti uni-tamente a quelli di Martini,Spazzapan, Boccioni e Dudo-vich); e poi, rimasta vedova,l’incontro e il matrimoniocon il magistrato molisanoTomasino D’Amico di Duro-nia (da qui l’amore per laterra e i colori del Molise). E

i suoi due figli Gerardo eGlauco Cambon (quest’ul-timo grande saggista e cri-tico letterario vissuto negliStati Uniti, dove insegnavaletteratura comparata pressol’Università di Willimantic-Connecticut): famosi i suoistudi sulla poesia di Miche-langelo Buonarroti e di Un-garetti. Uomo di culturastraordinario che ho avutoil privilegio di avere comeamico. E ancora le altre con-fessioni di Gilda, che diven-tavano copiose nei soggiornipresso la sua abitazione, “lacasa del melograno “di Ca-stropignano; le sue amicizieartisticho-letterarie, senzadimenticare quelle relativealla lirica e al bel canto, gra-zie anche a quel grande mu-sicologo che fu TomasinoD’Amico (famoso il suo testodel 1960 su Francesco Cileaedito dalle Edizioni Curci diMilano). Gilda si è spenta nel1986, alla veneranda età di 95anni e ora riposa accanto alsuo Tomasino nel cimitero diDuronia, tra il verde dellemontagne e con la luce cheillumina quel paesaggio chelei aveva amato e dipintomagistralmente.

Le confessioni di Gilda Pansiotti

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La città delle rotonde

Ricordate? Alla comparsa delleprime rotonde spartitrafficonon mancarono le critiche.

Persino il Rettore Giovanni Cannata,durante un suo intervento istituzio-nale, definì “Campobasso, città dellerotonde”. Si pensò a una moda, aduna tendenza neppure tanto glamour.Invece, col passare del tempo, le ro-tonde si sono dimostrate un tocca-sana per il traffico. Funzionano ecome. Come comprova il loro molti-plicarsi, non solo in Molise.

Molti però hanno dovuto arricciareil naso nel vedere il loro stato. E quici riferiamo a quelle molisane, inmodo particolare al capoluogo. Erbealte e stato di evidente abbandonohanno confermato la disattenzionedell’amministrazione comunale chedopo averle fatte istallare non hapensato a come gestirle, le rotonde.Eccetto qualcuna, infatti, sono al disotto delle attese.

La più bella è quella che lambisce lapineta di San Giovannello, ove spicca

un olivo secolare proprio nel mezzo eil rifacimento dell’illuminazione, chene fanno un posto degno di un capo-luogo. Per la più brutta fate pure voi.Tanto sono tutte inguardabili e malte-nute. Perché a Campobasso l’appella-tivo di città giardino è rimasto solo suilibri di storia cittadina.

Il top della bruttura, non ci sonodubbi, è stato raggiunto poco metri avalle di piazza Venezia, accanto aduna sezione della Polizia Municipale.Quel sito sembra si conformi al quar-

L’ingresso di Campobasso in direzione Termoli appena ingentilito dalla realizzazione di una rotonda contenente le sei torri della città

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Mentre quella appena costruitadavanti al Monforte è l’orgogliodella città ce ne sono tante altre

che lasciano a desiderare, specie in Piazza Venezia

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tiere popolare che lo abita, con genteche conta poco e che quindi si puòanche trattare con scarso riguardo.Ma che vota e che potrebbe ricordar-sene quando sarà chiamata a farlo.

C’è voluto un privato (era ora!) perdare un tocco di classe alla rotondapiù importante della città, quella cheapre e chiude la porta con Termoli. Difronte al Centro commerciale Mon-forte, per mano di Larivera, proprie-taria del Centro e di una importantecompagnia di trasporti che ha appena

costruito un “grattacielo” proprio neipressi, è stata realizzata con gusto elungimiranza una elegante rotondache ritrae le sei torri di Campobasso,costruite in metallo, infiocchettate daun delicato gioco d’acqua, sotto formadi un ruscellamento e di armoniosizampilli. Un tocco da maestro cheserve da biglietto da visita al capo-luogo che aveva dato nello stessopunto una brutta avvisaglia al visita-tore. Il quale di fronte al nuovo manu-fatto potrà farsi una diversa opinione

della città. A patto però che la rotondain questione non risulti isolata. Inco-minciando col dare decoro e verdealle aiuole che la costeggiano.

Dipendesse da noi, vista la scarsadisponibilità di giardinieri di cui il co-mune dispone da destinare alla tuteladel verde pubblico e alla sordità dibanche, commercianti e imprese diadottarle in proprio le aiuole, ci orien-teremmo nel pavimentarle le aiuole.In modo da non dover fare i conti conla manutenzione. (ge.ce.)

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Politici di lungo corsoOgni tanto ci fanno

una promessa: alle-vare il ricambio

delle classi dirigenti, resti-tuendo dinamismo al cor-paccione della societàmolisana.

Niente da fare: al piùcambiano le sigle del par-tito, mai le facce del par-tito. Sono sempre gli stessiuomini che si aggiranonelle stanze del potere. Daanni, da decenni sarebbe ilcaso di aggiungere.

Sarebbe bello poter rac-

cogliere l’energia rinnova-trice e affidarsi a uomininuovi, desiderosi di cam-biare il volto della politica.Invece, state pur certi,nella battaglia elettoraleautunnale troveremo glistessi contendenti. Un ri-medio ci sarebbe: duemandati e via. Ma ciò nonè possibile perché le re-gole della politica le scri-vono i politici. Quindi èinimmaginabile che essistessi si taglino i rami sucui sono poggiati. Chi real-

mente tentasse di cam-biare le cose rimarrebbeisolato, perché nessunConsiglio sarebbe dispostoa votare la propria ampu-tazione. La formula magicaè cambiare, magari ta-gliando anche il superalo.E, soprattutto eliminandogli sprechi sotto forma dinomine, incarichi, consiglidia amministrazione, autoblu, pensioni e benefit.

Avete visto com’è andataa finire la storia delle Pro-vince. Dovevano sparire,

ricordate? Sono rimastedov’erano. E difficilmentequalcuno le rimuoverà.

Il ricambio, almenoquello, ridarebbe fiduciaagli elettori, offrendo unvolontariato alla politica.

Ma vedrete, tutto rimarrànelle pie intenzioni. Per-ché la politica è diventatauna professione, un me-stiere di chi non ha me-stiere. Il miglior mestiere,tra l’altro. Viste le laute re-tribuzioni e la lunga listadi bonus.

Il Mix di D’Artagnan

Commercio ancora in difficoltà.Soprattutto al centro. Ma ci sa-rebbe da fare un discorso a

parte anche per quelli che sono rag-gruppati nei centri commerciali. Anziè appena il caso di cominciare proprioda lì. Ricordando la frenetica turna-zione che si registra anche un galleria,dove in tutte le stagioni la gente vi ar-riva attratta dalle favorevoli condizioniclimatiche: fresco in estate, caldo in in-verno.

Il fenomeno è ormai dilagante. Comepossono confermare anche i commer-cianti storici della città che da troppotempo hanno dovuto fare i conti con lanuova realtà. Resta un ricordo ciò cheè accaduto in passato, dagli anni Ses-santa in poi. In quei fantastici anniqualsiasi negozio si aprisse era desti-nato ad andare a gonfie vele.

Le cose sono cambiate gradata-

mente e negli ultimi dieci anni sonoletteralmente ribaltate.

Una volta chi riusciva a piazzarsi peril Corso aveva trovato il tesoro. Con glianni lo slogan è cambiato: il Corso dasolo non tiene più. Anzi, molte volte,rappresenta il punto nero per tantiaspiranti commercianti che non solonon sfondano, ma addirittura si ve-dono costretti a chiudere.

Da aggiungere che gli affari non luc-

cicano neppure negli ipermercati chedebbono fare i conti con i costi del lo-cale, del personale e delle giacenze dimagazzino. Malgrado questo però igiovani, in mancanza di un posto fissoche è stato da sempre considerato il ri-storo principale della nostra economiafamiliare, si lanciano in nuove avven-ture. Bruciando in pochi mesi la buo-nuscita dei genitori e accumulandoanche debiti.

Troppi negozi chiudono

Il chioschetto di frutta di Tonino Catano in Piazza Venezia a Campobassosi è dotato di un sistema a circuito chiuso di acqua che sgorga da due

grossi tubi per rinfrescare le angurie, simbolo dell’estate che brucia edella sete che si spegne mangiando il prelibato frutto.

Venditored’anguriaVenditored’anguria

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arissimo,i giornali di questi giornisanno di inchiostro e di gossip.

Anche quelli non specializzati. Unaspruzzatina di gossip ci sta bene datutte le parti. Perché, facci caso,ognuno dice di non interessarsi algossip, ma sotto sotto gli piace. E pernon darla a vedere quando comprauna rivista specializzata nel raccon-tare i fatti degli altri la nasconde inmezzo alla mazzetta dei giornali. Pernon farsi scoprire. Non è da intellet-tuali portarsi sotto al braccio “Chi?”,per questo è più prudente nascon-derla. Per leggerla comodamente acasa, facendo finta di sfogliarla anchecon un certo disgusto.

Le televisioni si inzuppano di gos-sip e di matrimoni celebri, dopo averfrugato tra le pieghe dei personaggicelebri non vedono l’ora di rivelarcil’esistenza di un figlio nascosto daparte di lui e forse anche di lei. Ormaii figli sono il segno del possesso. Equindi fanno più tendenza.

Ho il sospetto di abitare in una Re-pubblica fondata sui fatti degli altri eche non si possa neppure immagi-nare una pur breve eclissi della sferaprivata.

A Campobasso, dove sono nato evivo da sempre, escludendo il brevetratto universitario e la breve ma in-tensa ferma di leva a Sabaudia, nonc’è neppure bisogno di un giornalegossipparo. Tanto le cose viaggianoalla velocità della luce con il sistema“porta a porta”.

Qui da noi, nel piccolo Molise, no-nostante la micragna e la dimensionedegli avvenimenti, la sonata è più omeno la stessa. Torrenziali notizieviaggiano qua e là, senza filtro e pru-denza, riempiendo le bocche durantele “vasche” per il corso.

Poco conta come siamo messi e se ilfatto sia o meno vero. L’importante èparlare, infilarci del proprio nel rac-conto.

In casi del genere si dice che sia laprovincia a produrre il pettegolezzospiccio. Forse è proprio così, ma in-tanto un po’ di ritegno o, magari, unpo’ di prudenza, non farebbe male.

Chessò: sono sempre gli intrecciamorosi a far parlare (male). Hannodato spettacolo alcune coppie che sisono messe a litigare in modo spetta-colare per strada. C’è stata quella

donna tradita che conun martello in mano hapreso a colpire la car-rozzeria dell’auto di lui,colpevole di aver cam-biato letto. Incurantidelle finestre aperte sele sono dette di tutti icolori quei due giovaniamanti che convive-vano da pochi mesi. Eche dopo il chiassohanno ripreso rispetti-vamente la via dellecase domestiche.

Non si contano, in-tanto le coppie, ancorafresche di confetti dinozze, che sfasciano ilmatrimonio per unnulla. Senza pensare al lungo fidan-zamento, ai minuziosi preparativi, alcosto del banchetto, del viaggio dinozze e dei debiti che hanno lasciatosul collo dei loro genitori.

Di recente ho assistito a una sen-tenza del Tribunale che sanciva la se-parazione di una giovane coppia. Ilgiudice ha deciso di riconoscere daparte del marito 800 euro al mese allamoglie a cui è stata assegnata la cu-stodia del figlio e la casa. Quando ilragazzo è uscito dalla stanza del ma-gistrato ha allargato sconsolato lebraccia e si è messo a imprecare: “Equesta notte dove andrò a dormire?”

Il fatto sta che rimodellare abitudinie comportamenti ha costi che solo inpochi possono sostenere. In regioneabbiamo preso a seguire la modaamericana facendoci trascinare daltrend del divorzio, ma per il cambia-mento le novità costano un occhio etre denti. E anziché meditare sullenostre decisioni impulsive e sulle loroconseguenze, ce la prendiamo con ildestino baro.

Con il divorzio si pensa di trasfor-mare in oro qualsiasi metallo, il ron-zino in purosangue. Il fante in santo.Dimenticando che oggi più di ieri ildivorzio è roba per ricchi.

Il divorzio resta roba per ricchi

Lettera a me stesso

Il divorzio resta roba per ricchi

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di Gennaro Ventresca

C

Sanità, i turisti devonopagare le prestazioni

Il piano di rientro sanitario imposto dal deficit pregresso, prevede che le pre-stazioni sanitarie ambulatoriali, presso medici di base e presidi di guardia me-dica, siano gravate da un contributo economico da parte degli utenti residentifuori regione, che non risultino iscritti all’Asrem Molise.

La visita ambulatoriale costerà ai non residenti (turisti e emigrati di ritornoin regione) 15 euro, mentre quella domiciliare 25 euro.

Un po’ contorto il meccanismo di pagamento. I pazienti interessati al prov-vedimento, varato alla fine della scorsa estate, riceveranno dal medico un do-cumento in cui sono contenute le modalità di pagamento, o attraversoversamento bancario a qualsiasi filiale della Banca di Lanciano e Sulmona,oppure tramite bonifico bancario. Non è possibile pagare direttamente o tra-mite bollettino postale.

Il paziente, dopo aver ottemperato al pagamento dovrà inviare all’ufficioAsrem preposto la fotocopia dell’avvenuto pagamento. Il mancato paga-

mento genererà la procedura di riscossione coattiva. (S. B).

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RUBRICHETTA

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Molise 2020, cronache dal futuro

di Walter Cherubini

18 gennaio 2020Festa del fuoco a “Sant’Antuone”

E’ stata una serata sugge-stiva, pur nel freddo inver-nale, quella che ha vistoripetersi il rito del fuoco edella purificazione neipressi della Chiesa diSant’Antonio Abate a Cam-pobasso. Il nuovo Presi-dente dell’associazionecentro storico, Carmine Au-risano, si è impegnatomolto per ridare tono allamanifestazione, da qualcheanno un po’ scaduta a li-vello di sagra paesana. No-bilitata dal’intervento delVescovo, Padre GiancarloBregantini, la manifesta-zione, oltre alla benedi-zione degli animali (cen’erano tanti, ieri mattina,sul sagrato della Chiesa), èstata caratterizzata da unincontro gastronomico in-ternazionale, che ha vistoconfrontarsi la cucina mo-lisana con quella Mace-done. Il dibattito è statomoderato dalla giornalistaViviana Pizzi.

11 marzo 2020Sigilli al canile

di Oratino

Il Prefetto di Campobassoha disposto i sigilli del ca-nile municipale di Oratino,per motivi di sicurezza,dopo le intemperanze traanimalisti e proprietari ter-rieri della zona. Il gestoredella struttura, un cittadinodi origine polacca, ha lan-ciato gravi accuse alle auto-rità locali, colpevoli a di nonvoler più finanziare il ca-nile.

15 maggio 2020Termoli,

si teme il flop turistico

Il comitato dei gestori deilidi termolesi, è vivamentepreoccupato – si legge in uncomunicato- per il disinte-resse degli amministratoriverso il settore della bal-neazione, che quest’annonon ha usufruito dei contri-buti per modernizzare glistabilimenti. Ciò compor-terà un aumento delle ta-riffe.

27 agosto 20202025,

il Molise che vogliamo

C’era anche il CardinaleValentini al convegno sulfuturo del Molise, svoltosi aVinchiaturo. Un dibattitoserrato cui hanno parteci-pato politici, giornalisti edintellettuali, convocati dalgiornalista Antonio Ruggeriper discutere la possibilitàdi un futuro diverso per laregione. Ruggeri ha annun-ciato la pubblicazione di unopuscolo che riassumeràidee e proposte emerse daldibattito.

10 Settembre 2020Boom turistico

sulla costa

La stagione turistica chesta per concludersi sarà lapiù proficua per presenzesul litorale molisano negliultimi dieci anni. Lo haannunciato con soddisfa-zione il Presidente Iorio,partecipando ad un conve-gno sul turismo marino aPescara.

21 novembre 2020Scoop giornalistico

Un ricercatore dell’Uni-versità del Molise ha messoa punto una tecnica biolo-gica per ripulire opered’arte e favorire così un re-stauro appropriato senza ri-schio di danneggiare tele edipinti. Lo hanno strillato inprima pagina i giornali mo-lisani, dopo aver trattatol’argomento già nel 2011,anche se in realtà un perio-dico locale, Il Primo, avevarealizzato nel 2003 un lungoe documentato réportagesulla nuova tecnica.

17 dicembre 2020Il ritorno di Re Giorgio

Sarà Giorgio Corona ilnuovo allenatore del Cam-pobasso. L’ex goleador ros-soblù subentrerà adAntonello Corradino ilquale, dopo l’esonero deltecnico irpino Todino, avevaguidato la squadra nelle ul-time due giornate, facendobottino pieno in trasferta.Corona ha firmato un con-tratto fino al termine dellastagione. La presentazionedel nuovo mister si svolgeràvenerdi prossimo nell’HotelDon Guglielmo. Previstaper l’occasione la presenzadel mitico patron del LupoFerruccio Capone.

Acque agitate in seno alla Polizia Municipaledi Campobasso, che aveva minacciato lo scio-pero in occasione del Corpus Domini. Il luogocomune è ingeneroso con la categoria, riguardoal fatto che -quando serve- “il vigile non c’èmai”. Un concetto respinto con sdegno dai vigiliurbani, che fanno notare come negli ultimidieci anni l’organico si sia dimezzato, senza op-portuno reintegro. I cinque posti messi a con-corso di recente, non risolveranno la questione.C’è poi un problema sconosciuto all’opinionepubblica. Col tempo, infatti, le mansioni del vi-gili urbani sono decuplicate, essi hanno com-

petenza in tutti i settori amministrativi del Co-mune. In passato, c’è stata anche una pressioneeccessiva sul corpo, per volontà politica.

Le questioni economiche accentuano il mal-contento. Le casse sono vuote, per cui straordi-nari e servizi aggiuntivi vengono retribuitiessenzialmente con permessi di lavoro dasfruttare in compatibilità con le esigenze diservizio. Sul punto, al pari degli altri impiegaticomunali, in molti sottolineano con amarezzache per i dipendenti i fondi non ci sono mai,mentre di recente i dirigenti si sono visti ac-creditare premi e dovute spettanze straordina-rie. Un discorso forse qualunquistico ma chedeve far riflettere. La situazione è difficile el’esempio deve venire dall’alto. (S.B.)

Il vigile non c’è mai

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Là dove il Molise è più verde e l’occhio siriposa sulle placide acque del lago di

Guardalfiera, appena attacca la salita c’è unagriturismo che rimette a posto la mente e so-prattutto lo stomaco.

Netta l’ispirazione della cucina, tipica moli-sana. Con radici contadine, appena rivisitatee alleggerite. Clesilde, la proprietaria, se n’èandata improvvisamente, nel fiore degli anni,lasciando il suo splendido casale, curato concura anche da un punto di vista architettonico.Stava preparando un dolce, quando il suocuore, improvvisamente, s’è spezzato. La-sciando tutto nelle mani del marito Serafino edei due giovani, ma dinamici ragazzi. Nienteperò è cambiato sul piano del gusto da quandoClesilde se n’è andata. La cucina è rimastacalda, profumata, colorata e gentile, aperta.

Dimensioni ragguardevoli, arredi studiati edi pregio, una terrazza che guarda il lago, ungiardino che dà sull’azienda agraria. E poi,una calda ospitalità.

Con orgoglio Serafino che gira tra i tavoli di-chiara fresco tutto ciò che porta in tavola.Nulla scade nell’approssimazione e la volga-rità degli stereotipi: gli antipasti caldi e freddisono una goduria, insuperabili i primi, fatti dipasta fresca, saporiti i secondi tanto alla braceche al forno. E’ vasto anche il carrello dei dolci.Mentre per il vino va benone quello della“casa”. Per chi vuol preferire la campagna almare Il Casale di Clesilde va benissimo. Ma c’èdi più: si può unire anche mare e terra: la mat-tina a Termoli e per il pranzo o la cena da Cle-silde. Per chiudere alla grande una giornatada ricordare

Conosco un posticino

Zibaldone di Eugenio Percossi

Arrigo Sacchi e Adalberto Cufari

Arrigo Sacchi da Fusi-gnano (Forlì) e Adal-

berto Cufari da Vinchiaturosi somigliano e come. Nonsolo per la bella testa ro-tonda e rasata, ma ancheper lo sguardo un po’ spiri-tato. Il fusignate è stato unmodesto difensore di squa-dre di Quarta serie, ma unodei più grandi allenatori disempre; il vinchiaturese (fi-glio di ferroviere) ha stu-diato a Salerno per poitrasferirsi a Campobassoche di fatto è stata la suacittà. Arrigo è stato un ma-

niacale delle tattiche digioco; Adalberto ha sceltodi stare in politica. “Diver-tendosi” a fare il giornali-sta di provincia, puravendo il bernoccolo peraffermarsi in una grandetestata nazionale. Sacchimilanista dichiarato, Cu-fari interista fottuto. En-trambi ottimi parlatori,per strade diverse sonostati sempre al centrodelle attenzioni. Non di-cono mai cose banali, perquesto accendono cocentidiscussioni.

Arrigo Sacchi Adalberto Cufari

separati dalla nascitaSi alle sagre

Barbosi convegni

Sbaglia chi sbuffa e fa il saccente quando senteparlare si sagre. Fingendo di gradire, al loro posto, le-gnosi appuntamenti culturali. Certo, non è neppureil caso di confrontare sacro e profano, ma per caritàsmettiamo di dare addosso alle nostre tradizioni chesono sane e genuine. E, come tali, rappresentano l’ar-chetipo della nostra civiltà contadina.

Non c’è paese, borgo, contrada che in estate non ab-bondi in appuntamenti gastronomici e goderecci.Basta un comitato festa, una debole associazione opiù semplicemente un gruppo di amici per metterein piedi una festa. Vai con la birra, con arrosti, pa-gnotte, formaggi. Se ci aggiungete un po’ di musicaviene fuori un clima caldo e allegro che unisce più diqualsiasi mastice.

Fateci caso: la sala resta quasi sempre vuota. Eper migliorare il colpo d’occhio gli organizzatori ri-corrono spesso alla discesa in campo degli stu-denti. I quali, anziché fare lezione, vengono recatiin sale e salette per fare da tappezzeria. Perché aloro di ciò che i relatori diranno non importa unfico secco. Ci sono casi in cui gli studenti non of-frono l’aiutino e allora si trovano a mal partito i ca-meraman, i quali sono costretti a stringere leriprese, per non mandare in onda le troppe sedievuote. Ci si chiede che senso abbia parlarsi ad-dosso. Se si ha voglia di sfoggiare qualità dialetti-che e spessore culturale di cose che interessanopoco si vada nei circoli privati e non si chieda l’in-tervento pubblico, sotto forma di sponsor. Produ-cendo un sicuro risparmio.

Serafino Spugnardi, gestore assieme aifigli Antonella e Gaudenzio del Casale diClesilde, sul lago di Guardialfiera

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