domenica xxii

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Domenica XXII del tempo Ordinario A

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    XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

    (ANNO A)

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    Grado della Celebrazione: DOMENICA Colore liturgico: Verde

    Antifona d'ingresso

    Abbi piet di me, Signore, perch ti invoco tutto il giorno: tu sei buono e pronto al perdono, sei pieno di misericordia con chi ti invoca. (Sal 86,3.5)

    Colletta O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi lamore per te e ravviva la nostra fede, perch si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.

    Per il nostro Signore Ges Cristo... Oppure:

    Rinnovaci con il tuo Spirito di verit, o Padre, perch non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo, ma come veri discepoli,

    convocati dalla tua parola, sappiamo discernere ci che buono e a te gradito, per portare ogni giorno la croce

    sulle orme di Cristo, nostra speranza. Egli Dio, e vive e regna con te....

  • PRIMA LETTURA (Ger 20,7-9)

    La parola del Signore diventata per me causa di vergogna.

    Dal libro del profeta Gerema Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;

    mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me.

    Quando parlo, devo gridare, devo urlare: Violenza! Oppressione!. Cos la parola del Signore diventata per me

    causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: Non penser pi a lui, non parler pi nel suo nome!. Ma nel mio cuore cera come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

    Parola di Dio

    SALMO RESPONSORIALE (Sal 62) Rit: Ha sete di te, Signore, lanima mia.

    O Dio, tu sei il mio Dio, dallaurora io ti cerco, ha sete di te lanima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senzacqua. Cos nel santuario ti ho contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria.

    Poich il tuo amore vale pi della vita, le mie labbra canteranno la tua lode.

  • Cos ti benedir per tutta la vita: nel tuo nome alzer le mie mani. Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loder la mia bocca.

    Quando penso a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia allombra delle tue ali. A te si stringe lanima mia: la tua destra mi sostiene.

    SECONDA LETTURA (Rm 12,1-2) Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente.

    Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

    Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; questo il vostro culto spirituale.

    Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volont di Dio, ci che buono, a lui

    gradito e perfetto. Parola di Dio

    Canto al Vangelo (Ef 1,17-18) Alleluia, alleluia.

    Il Padre del Signore nostro Ges Cristo illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati. Alleluia.

    VANGELO (Mt 16,21-27) Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso.

  • + Dal Vangelo secondo Matteo

    In quel tempo, Ges cominci a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e

    venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: Dio non voglia, Signore; questo non ti accadr

    mai. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: Va dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perch non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!.

    Allora Ges disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perch chi vuole salvare la propria vita, la perder; ma chi perder la propria vita per causa mia, la

    trover. Infatti quale vantaggio avr un uomo se guadagner il mondo intero, ma perder la propria vita? O che cosa un

    uomo potr dare in cambio della propria vita? Perch il Figlio delluomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora render a ciascuno

    secondo le sue azioni. Parola del Signore

    Preghiera dei fedeli Abbiamo sete di te, o Padre, la nostra anima anela a

    vedere il tuo volto. Ascolta le nostre preghiere e rendici come tu ci vuoi, perch la tua grazia vale pi della vita. Preghiamo dicendo: Ascoltaci Signore.

    1. Perch i cristiani ardano damore per il loro Dio, senza lasciarsi sopraffare dalle persecuzioni e dallo scherno del

    mondo. Preghiamo. 2. Per chi attratto dal consumismo e si lascia catturare dalle tentazioni del mondo, perch sappia riscoprire i veri

  • valori dello spirito. Preghiamo.

    3. Per gli uomini del nostro tempo, perch non facciano dellautosufficienza un idolo, ma riconoscano che lobbedienza alla volont di Dio rende la vita realizzata. Preghiamo.

    4. Per quanti vivono nella prova, perch si sentano amati dal Signore anche nella sofferenza e sappiano portare la croce imitando Ges, che ha donato la sua vita per

    lumanit. Preghiamo. 5. Per noi che partecipiamo a questa Eucaristia, perch il Signore ci infonda il coraggio di aprirci al suo disegno

    damore e di lasciarci plasmare dalla sua volont. Preghiamo. Siamo come Pietro, Signore e vorremmo che il Cristo

    manifestasse la sua potenza e la sua forza. Invece tu lo hai predestinato alla croce. Converti il nostro cuore, o Padre, perch possiamo accogliere sempre la tua volont,

    anche quando si presenta nella croce. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

    Preghiera sulle offerte Santifica, Signore, lofferta che ti presentiamo, e compi in noi con la potenza del tuo Spirito la redenzione che si attua nel mistero. Per Cristo nostro Signore.

    Antifona di comunione Quant grande la tua bont, Signore! La riservi per quelli che ti temono. (Sal 31,20) Oppure:

    Beati gli operatori di pace: saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia: di essi il

  • regno dei cieli. (Mt 5,9-10)

    Oppure: Il Figlio delluomo verr nella gloria del Padre suo con i suoi angeli e render a ciascuno secondo le sue azioni. (Mt 16,27)

    Preghiera dopo la comunione O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa, fa che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore e ci spinga a servirti nei nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

    Commento Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Pietro scopre cos la vera identit di Ges. Egli fa lincredibile scoperta che questo carpentiere di Nazaret non altro che il Cristo, lunto di Israele, la realizzazione dellattesa, lunga duemila anni, del suo popolo. Ma Pietro interpreta la

    missione di Ges in termini politici. Ges ben se ne rende conto e spiega che tipo di Messia sar: andr a Gerusalemme per soffrire, essere messo a morte e

    risorgere il terzo giorno. Ci troppo per Pietro: nel suo spirito, lidea di sofferenza e lidea di Messia sono semplicemente incompatibili fra loro. Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Se Pietro potesse solo rendersene conto, sarebbe pervaso dalla gioia! Il Messia, che si sarebbe immerso nella sofferenza, che avrebbe incontrato lostilit degli uomini e che avrebbe subito tutte le conseguenze dellingratitudine secolare di Israele verso il Dio dellAlleanza, era proprio l! Davanti a lui cera finalmente colui che avrebbe sconfitto Satana in uno scontro decisivo e che avrebbe, in questo modo, portato a compimento il piano divino di salvezza per lumanit. Poich Pietro cominci a protestare dicendo: Dio te ne

  • scampi, Signore, questo non ti accadr mai, Ges gli disse: Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perch non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!. Voltaire scrisse argutamente: Dio fece luomo a sua immagine e somiglianza e luomo gliela rese proprio bene!. Nella nostra tendenza innata a resistere a Dio, noi deformiamo la sua immagine, ci rifiutiamo di lasciare che Dio sia come vuole essere. Il nostro Dio troppo piccolo,

    troppo fragile e troppo limitato, mentre il Dio di Ges Cristo letteralmente troppo bello per essere vero. Ges si affretta a percorrere la via che porta a Gerusalemme per

    svelarcelo sulla croce. Sulla croce, infatti, Ges riveler lultimo ritratto di Dio nel dramma della misericordia che vince il peccato, dellamore che supera la morte e della fedelt divina che cancella il

    tradimento. Chi avrebbe mai immaginato, sia pure in sogno, che Dio sarebbe intervenuto nella nostra storia in questo modo?

    Sfortunatamente, per molti, Ges davvero troppo bello per essere vero. Se tu conoscessi il dono di Dio e chi colui che ti dice: Dammi da bere! (Gv 4,10).

    Ges cominci a mostrare ai suoi discepoli

    mons. Gianfranco Poma

    XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/08/2014)

    Vangelo: Mt 16,21-27

    Matt.16,21-27 ci conduce nel cuore dell'esperienza

    cristiana: Ges comincia a"mostrare" la sua esistenza come il distendersi concreto della sua relazione personale con Dio e con estrema chiarezza annuncia la condizione essenziale per essere suoi discepoli, seguire lui e trovare il

    senso della propria vita.

  • "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente", aveva proclamato Pietro (Matt.16,16), con l'entusiasmo e la gioia del figlio di Israele che, come tutti gli uomini, pensa che Dio sia colui che interviene per risolvere i problemi della storia, per trasformare la vita in un paradiso, per liberare l'uomo dalla

    propria fragilit.

    "Da quel momento, Ges Cristo cominci a mostrare ai suoi discepoli che bisogna che egli vada a Gerusalemme..." Tutto, in questo brano, intenso e pieno di significato:

    tutto coinvolge il lettore (noi, oggi), personalmente. "Da quel momento", da quando Pietro ha pronunciato la sua confessione di fede, "comincia" un cammino mai concluso

    nella storia, nel quale Ges continua a "mostrare" la sua esperienza di Dio: bisogna che Pietro si liberi dall'idea e dalla pretesa sempre risorgente di un Messia potente e vittorioso e comprenda che il suo grido: "Tu sei il Cristo, il

    Figlio di Dio", ha un significato nuovo, impensabile per la mente umana.

    "Ges cominci a mostrare che bisogna che vada a Gerusalemme...": da questo momento ogni gesto, ogni

    scelta di Ges mostra che egli vive in relazione con il Padre. Vive una vita filiale rimanendo totalmente dentro l'esistenza umana, lasciando che gli spazi della sua

    umanit siano riempiti solo dall'Amore del Padre e tutto di Lui sia una risposta libera alla sua Parola. Ges il Cristo, il Messia, proprio come Figlio che apre la sua umanit

    all'accoglienza della vita del Padre: "bisogna" che egli vada a Gerusalemme, non un suo bisogno psicologico, religioso, o una decisione che nasce dal progetto della sua volont, ma la sua risposta alla volont accolta del Padre.

    Ges il Messia umile che percorre fin in fondo l'esperienza umana lasciando che essa sia lo spazio in cui l'infinito di Dio si incarna: la sua potenza sta nella debolezza in cui Dio pu operare.

  • "Bisogna che egli vada a Gerusalemme... soffrire molto...e il terzo giorno risorgere". Quando Matteo scrive, intende insegnarci a vedere il compiersi del disegno di Dio in ci che Ges ha "mostrato": nella fedelt personale a Colui che gli chiedeva tutto, condividendo la povert umana,

    rinunciando ad ogni potere, egli il vertice e il centro della realizzazione dell'uomo e del mondo.

    La reazione (sempre attuale) di Pietro l'espressione normale della razionalit umana: vorrebbe la gloria, la

    riuscita, la vittoria, senza passare attraverso la fragilit, la povert e la morte.

    La forza con cui Ges gli risponde, sottolinea l' importanza di quanto vuole che Pietro comprenda: la novit radicale

    della sua esperienza di Dio che d senso alla sua esistenza e al mondo intero. Bisogna che Pietro che ha confessato Ges come il Cristo, il Figlio di Dio vivente, lo "segua", gli

    vada dietro, non pretenda di guidarlo: volendo che Ges sfugga alla morte, cio alla condizione umana, Pietro si trasforma in tentatore ("Satana"), e non pi discepolo ma "scandalo", ostacolo alla sua missione. In Ges si

    rivela la novit del pensiero di Dio, l'opposto di quello umano: bisogna che Pietro cambi radicalmente il suo modo di pensare.

    La sapienza e la potenza di Dio si manifesta nella carne fragile di Cristo (1Cor.1,22-24): chi vuole andare dietro a Ges deve vivere la stessa sua dimensione di esistenza (non porre la fiducia nel proprio io), "prendere la sua croce

    e seguirlo (rimanere dentro la propria fragilit per sperimentare la forza di Dio)". Non si pu seguire lui, continuando a contare su di s, sulle proprie forze e sulle proprie certezze. Voler costruirsi da s una velleit

    votata al fallimento. Seguire Ges senza rinunciare alla immagine che si ha di se stessi, significa correre in perdita. Perdere la propria vita a causa di Cristo, non

  • rimanere chiusi nella ricerca spasmodica di s per aprirsi

    agli orizzonti infiniti di una vita di libert e di amore quale quella del Figlio di Dio, significa ricevere la vita vera. Un uomo pu guadagnare il mondo intero, falsificando e non trovando il senso della propria esistenza: quello che conta

    vivere in pienezza la propria vita che, seguendo lui, qualunque essa sia, diventa una goccia dell'infinito oceano dell'Amore che Dio.

    Pensare come Dio: un'impresa, ma redditizia

    mons. Roberto Brunelli

    L'episodio evangelico della scorsa domenica, come si

    ricorder, riferiva che un giorno Pietro ha riconosciuto Ges come "il Cristo, il Figlio del Dio vivente":

    riconoscimento tanto acuto, specie da parte di quel semplice pescatore, da non poter essere farina del suo sacco. Non l'hai capito da te, gli risponde Ges: te l'ha

    rivelato "il Padre mio che sta nei cieli". Una prova viene dal passo odierno (Matteo 16,21-27), in cui il pescatore, lasciato alla sua sola intelligenza, dimostra di non saper bene neppure lui quello che aveva dichiarato. La sua

    personale idea del Cristo, il Messia annunciato dai profeti, si conformava in tutto all'opinione corrente, che ignorando certi passi dei profeti preferiva interpretarne altri come la

    promessa di un salvatore politico-militare, un capo potente che avrebbe liberato la nazione dall'oppressione straniera (nella fattispecie, quella dei Romani) e avrebbe ridato vita

    all'antico glorioso regno di Davide. Cos, quando "Ges cominci a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto", sino alla morte, per di pi da parte proprio dei capi della nazione, Pietro respinse una

    tale prospettiva, esclamando: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadr mai"!

  • A quelle parole, la reazione di Ges fu tra le pi severe che gli si conoscono: lo allontan da s, chiamandolo satana e motivo di scandalo. E ne diede la motivazione, con una frase che fiss una regola fondamentale nella vita di ogni credente: cos dicendo tu, Pietro, "non pensi secondo Dio,

    ma secondo gli uomini". Ecco: il credente chi pensa secondo Dio, vale a dire si fida di lui, gli si affida, ha fede; per questo si uniforma alla sua volont, valuta uomini e

    cose col suo metro, e quand'anche l'umano giudizio, la personale convenienza o l'opinione dei pi contrastasse con la chiara volont di Dio, sa bene quale sia la scelta da

    fare. Il credente "pensa secondo Dio": cerca sempre di conoscere il pensiero di Dio per uniformarsi ad esso, e di conseguenza agire come lui vuole. Dicendo la cosa in altri termini, la seconda lettura di oggi (Romani 12,1-2) riporta

    una raccomandazione di Paolo ai cristiani di Roma: "Non conformatevi alla mentalit di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter

    discernere la volont di Dio, ci che buono, a lui gradito e perfetto".

    Ma come si fa', viene spontaneo chiedersi, a conoscere la volont di Dio? La risposta facile: seguendo la propria

    coscienza, illuminata dalla Parola che Dio si paternamente degnato di rivolgerci. Soprattutto, guardando alla Parola incarnata, il suo stesso Figlio: ci che ha detto, ci che ha fatto. Viene dal Medio Evo un

    aureo libretto sempre d'attualit, che gi nel titolo condensa il concetto: "L'imitazione di Cristo". Chi vuole dirsi cristiano ha un modello da seguire che il suo

    Signore, il quale anche per questo si fatto uomo: si messo al nostro livello anche proprio perch possiamo agire come lui. Per applicarlo alla pratica quotidiana, un

    quasi infallibile vademecum deriva dal darsi una sincera risposta a una domanda: che cosa penserebbe, direbbe, farebbe Ges se fosse qui, ora, al posto mio?

  • Certo non sempre agevole pensare, e dunque agire, come farebbe Ges; il groviglio di pulsioni che si agita in ogni uomo a volte molto riluttante a farsi domare; l'attrattiva di un tornaconto immediato talora abbatte le barriere della logica, della riflessione. Lo sapeva bene lo

    stesso Ges, il quale per questo concluse l'episodio di oggi invitando a non essere miopi, a considerare gli effetti ultimi dei nostri comportamenti. Disse: "Chi vuole salvare

    la propria vita", cio pensa solo a s e a quanto gli conviene nella vita presente, "la perder; ma chi perder la propria vita per causa mia, la trover". Pensare come

    Dio, imitare il suo Figlio: pu significare umane rinunce, ma la garanzia della vita che solo lui ci assicura.

    Rivoluzione d'amore

    don Luciano Cantini

    Doveva andare

    Ges "spiega" (mostrare) ai suoi discepoli che "doveva" (era necessario per lui) andare a Gerusalemme e "soffrire" (patire): e in Matteo il primo annuncio della passione. Dopo la professione di fede di Pietro, Ges affronta un argomento assai delicato, totalmente nuovo, fortemente in

    controtendenza rispetto alla comune comprensione delle parole di fede di Simone e all'immaginario d'Israele. Matteo usa il termine mostrare /dimostrare che va oltre

    l'uso di parole per spiegare, un impegno da parte del Signore per far capire la volont del Padre, ben espresso con era necessario per lui; non sar un accadimento o una

    fatalit che travolger la vita di Ges ma una necessit, una scelta precisa in quanto Messia, l'unto, il consacrato da Dio per la salvezza dell'uomo.

  • La prima, assoluta, sconvolgente novit che il Messia dovr patire; il mistero della incarnazione non si ferma all'evento storico di Dio che si fa "carne" ma entra in profondit nel mistero dell'uomo che diventa sempre pi incomprensibile pi avvolto dalla sofferenza. Cos come

    incomprensibile la sofferenza dell'uomo a maggior ragione lo la passione di Dio stesso.

    Venire ucciso e risorgere il terzo giorno

    L'annuncio della passione accompagnato dall'annuncio pasquale. Se noi, con il senno di poi, a duemila anni di distanza riusciamo a malapena a intuire, immaginiamoci i poveri discepoli di fronte ad una realt non ancora vissuta.

    Per noi che viviamo nel tempo (Kronos) immaginare la morte, se pur terribile, a cui segue a distanza di tre giorni la resurrezione, per di pi conosciuta in anticipo, crea confusione mentale e una semplificazione che ne altera il

    significato e la profondit dell'esperienza: sembra una morte minore, attutita dalla resurrezione, una morte su cui la potenza divina ha il sopravvento. Ges, invece sta

    annunciando qualcosa di rivoluzionario per l'uomo e il suo cuore.

    Con Ges la morte non l'inesorabile epilogo della vita, ma l'apice della vita stessa, il punto pi alto dell'esistenza

    umana, il supremo dono d'amore, perch la morte il grembo della vita.

    Le doglie del parto, espressione somma dell'amore materno, ne sono il paradigma.

    La sofferenza parte vitale della storia umana, ma anche una verit fondamentale per Dio, infatti ha scelto proprio la via del dolore per parlare al cuore dell'uomo. Con un linguaggio diverso, forse pi energico, Dio sarebbe rimasto

    incomprensibile, lontano dall'uomo. Eppure l'uomo che

  • sembra cercare questa distanza, ha timore di accogliere la

    sofferenza di Dio, come ne ha della propria; preferisce un Dio onnipotente ricco di maest e di splendore (Sal 104,1). In questa ottica tutta umana possiamo capire la reazione di Simone, ma anche il rimprovero del Signore che arriva a

    chiamare Pietro con l'appellativo di satana. A Pietro indica di stare al suo posto, dietro di lui, come conviene ad un discepolo che segue il maestro.

    Se qualcuno vuole venire dietro a me

    Sono incantevoli le scene in cui nel vangelo descritto Ges che insegna, nelle sinagoghe (Mt 13,54) o dall'alto della montagna (Mt 5,1-2) o seduto da una barca (Mt

    13,2), con la folla seduta che ascolta. Il discepolo per non colui che ascolta e impara una dottrina, se pur insegnata con autorit (Mt 7,29), piuttosto colui che cammina dietro il Maestro e condivide i suoi passi, quelli che portano a

    Gerusalemme, al dono supremo dell'amore. Camminando dietro il Maestro siamo costretti a modificare l'immagine di Dio che portiamo con noi - in altre parole rinnegare se

    stessi - ed orientarci verso la Croce di Cristo. La croce ci libera da ogni dubbio sull'amore di Dio per l'uomo, davanti ai nostri occhi non c' una immagine di Dio artefatta da

    tradizioni e culture, n la manifestazione della potenza da ammirare (o da averne paura), neppure di grandezza da adorare quanto la schietta manifestazione d'Amore da abbracciare.

    La propria vita

    Dio non addossa croci a nessuno, chiede per a ciascuno di "prendere" la propria croce. Ges non parla del calvario come meta ultima, non chiede di morire con lui, ma di

    camminare insieme a lui carichi della infamia della croce. Nel mistero della incarnazione Cristo si calato

  • nell'umanit fino ad essere trattato da malfattore, cos

    per i discepoli che camminando dietro di lui mettono a rischio la loro reputazione. I discepoli di Cristo sono coloro che per amore si sporcano le mani nella storia degli uomini, con gli ultimi e gli esclusi dell'umanit, non hanno

    paura di perdere la loro vita.

    I cristiani non sono esenti dall'abisso del dolore umano, ma devono prendere coscienza che la loro vita per essere salvata dev'essere spesa fino all'ultimo per amare. In un

    tempo come questo, di egoismo radicato, in cui si prevede che "molti saranno innamorati solo di se stessi" (J. Attali) occorre un impegno maggiore: una rivoluzione d'amore.

    Il coraggio dell'amore

    padre Gian Franco Scarpitta

    La sola saggezza che scaturisce dall'esperienza dell'uomo

    insegna che amare equivale a donarsi al punto estremo del sacrificio e che niente caratterizza in pienezza il bene verso

    gli altri quanto il saperci sacrificare e immolare. Dalai Lama insegna: "Giudica il tuo successo da ci a cui devi rinunciare per poterlo ottenere." E quando il successo riguarda il bene degli altri la rinuncia veramente grande.

    Banco di prova dell'amore il sacrificio e nessuna opera nobile mai esente da rischi. Ges proclama questa preziosa certezza come reale pedagogia divina, la

    annuncia come una caratteristica propria del vero essere di Dio e ne diventa promotore non solamente impartendo insegnamenti, ma sacrificando se stesso per amore degli

    uomini. Senza la propria auto consegna Ges non potrebbe portare a compimento il pi grande progetto di amore e di salvezza che il Padre ha impostato su di lui, non eseguirebbe il programma divino di redenzione che fonda

    la massima espressione dell'amore e pertanto non pu che

  • giudicare blasfeme e sataniche le reazioni di Pietro al suo

    annuncio di morte. "Allontanati da me Satana, perch tu pensi secondo gli uomini e non secondo Dio." Prestiamo attenzione: Ges non si intimorisce del Maligno che prende corpo nelle parole del suo apostolo. Nei suoi interventi di

    esorcismo e nella tentazione subita nel deserto ha sempre mostrato superiorit sul principe delle tenebre e non adesso non ne ha certo paura. Invita il maligno a non

    prendersi troppa confidenza con lui, a non cercare di confonderlo e... a stare al proprio posto. La traduzione esatta del verso infatti: "Vai dietro a me, Satana". Non

    permetterti di prevaricarmi o di insinuarmi impropri suggerimenti sotto parvenza di bene.

    Il diavolo agisce infatti approfittando della premura che Pietro dimostra nei confronti del maestro, la quale, seppure ben motivata solamente filantropica e poco

    attinente alla verit del Messia Salvatore. Pietro infatti mostra sollecitudine perch preoccupato del triste destino del suo maestro, vorrebbe scongiurargli la fine cruenta che

    lo attende e crede di poterlo distogliere dal suo proposito di incamminarsi verso la morte certa. Ma, come pi volte si detto, se da una parte Pietro dimostra un affetto

    singolare e sincero nei confronti di Ges, non mostra tuttavia di aver assimilato in lui il mistero della salvezza, il compimento delle promesse definitive preannunciate dai profeti. Esse si realizzano non nelle aspettative grandiose o

    nei gesti e nelle reazioni di potenza proprie dell'uomo, ma hanno la loro evidenza nell'umilt che Dio mostra in Cristo, nei suoi atti di mansuetudine e di sottomissione,

    nell'oblazione disinteressata che raggiunge anche l'assurdo e i paradossale e sconvolge la logica del pensare propriamente umano. Mentre quindi l'uomo preferisce le

    vie immediatamente risolutive di reazione alla pari verso il male, Dio sceglie di reagire al male opponendovi il bene, di rispondere alla violenza con il perdono e soprattutto

  • sceglie di realizzare i propri propositi di salvezza mediante

    sottomissione, umilt e sacrificio, che sono proprio l'antitesi dell'umano. Le vie di comodo per non conducono da nessuna parte e la vittoria immediata caratterizzata dalla forza e dall'imposizione pu apportare un successo

    solo momentaneo. Determinante e convincente al massimo l'amore sacrificale, soprattutto quello della croce, che dell'amore la massima espressione.

    La stessa determinazione e la stessa costanza nel bene che si paga a caro prezzo la si riscontra in Geremia. Profeta dalla personalit impacciata, mite e di grande sensibilit interiore, vorrebbe non esprimersi e farebbe di

    tutto per evitare di parlare nel nome del Signore, ma poi avverte che qualcosa lo incita a farlo e non pu trattenersi dal proferire il suo messaggio di provenienza divina. Geremia sa bene che il suo annuncio gli procurer

    avversione e disprezzo nonch persecuzione e condanna, ma si sente in dovere di esporsi al ludibrio e alla disapprovazione, per cui alla fine non esista a parlare

    seriamente al popolo con schiettezza e sincerit, anche qualora le sue parole non apportino risultati di serenit e di pacificazione. Ancora in Michea di Imla (1Re 22, 1 - 15) si

    riscontra la personalit di un profeta che a differenza di tutti gli altri non esita ad annunciare la verit ai re anche quando questo gli potrebbe costare dei rischi. Si tratta del coraggio della verit, che in parecchi di noi soccombe alla

    vilt e alla vana pusillanimit vergognosa ma che in realt si dovrebbe sempre esternare pur di mostrarci realmente discepoli e testimoni del Vero. Anche a costo di subire

    persecuzioni e denigrazioni altrui. Siffatto coraggio un aspetto dell'ascesa preferenziale di Ges al Calvario e del suo non rinnegare la croce, quindi un aspetto di

    quell'amore che proprio di Dio e non dell'uomo. Anche la croce un atto di coraggio considerando come oggigiorno siamo propensi a scrollarcela di dosso o a delegare altri a

  • caricarla per noi, assumendo solo le garanzie del nostro

    battesimo e rifiutando gli impegni e le sacrificate immolazioni che sono il nostro reale costitutivo. Ma un atto coraggioso soprattutto quando lsi preferisce ad essa il guadagno facile e la vittoria senza meriti. Considerare che

    la nostra croce non paragonabile a quella che Cristo ha caricato fino al Golgota per poi esservi appeso, relativizzare prove e dolori tenendo conto di conto di come

    altri ne siano vessati pi di noi e di come lo stesso Signore Ges ne abbia sofferti di maggiori e indescrivibili ci conduce ad abbracciare la croce come opportunit che

    racchiude in se stessa il germe della vittoria e a caricarcela addosso senza esitazione poich essa sola caratterizzante la pienezza dell'amore. Sulla scia del Signore Ges Cristo che andando a Gerusalemme ha

    mostrato il coraggio dell'amore.

    Dio non voglia, Signore; questo non ti accadr mai

    Movimento Apostolico - rito romano

    Ges dalla verit del Padre. Pietro dalla falsit degli uomini. Il Signore rivela a Pietro e agli altri Undici che Lui

    andr a Gerusalemme, ma non per conquistarla, come fece Davide, ponendo in essa il suo trono regale e da l iniziare la conquista del mondo. Lui nella Citt Santa si

    recher per essere condannato dai capi del suo popolo, consegnato ai pagani, venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Il suo trono la croce. La sua esaltazione la

    morte. La sua gloria il rinnegamento da parte di tutti. Questa la verit che il Padre ha scritto per Lui sul rotolo del suo libro e questa verit Lui dovr vivere. Per Lui altre verit non esistono e Lui non ne potr conoscere altre.

    Pietro invece viene dalla falsit degli uomini. Per lui il Messia un Davide redivivo. Come Davide sconfisse tutti i

  • nemici e li sottomise, cos dovr fare Ges Signore. Dovr

    eliminare tutti coloro che hanno privato della libert sovrana il popolo del Signore. Non pu tollerare che i figli di Israele siano sottoposti a dura schiavit da parte dei Romani invasori. Per questo motivo dovr prima

    conquistare Gerusalemme e da l iniziare il cammino di riscatto, di liberazione, di sottomissione di ogni popolo a Lui. Questa la visione secondo gli uomini di Pietro. A

    questa visione vuole che il suo maestro si sottoponga. Lui dovr essere Messia che dona la morte, non Messia che la morte subisce. Queste due visioni sono inconciliabili, come

    sempre sono inconciliabili la visione secondo Dio in ogni altro campo e quella secondo gli uomini.

    Questa verit va applicata all'intera esistenza terrena: dal concepimento della vita fino al suo naturale termine, passando per la famiglia e investendo ogni altra relazione

    che potr essere instaurata con Dio e con gli uomini, con le cose, con gli animali, con la scienza, la tecnica, la politica, l'economia, le finanze. Tutto ci che riguarda

    l'uomo sempre da inserire in queste due visioni: secondo Dio e secondo gli uomini, secondo umane religioni oppure secondo purissima fede, secondo filosofie terrene oppure

    secondo scienza di Spirito Santo. Il risultato non lo stesso. diametralmente opposto. La visione secondo Dio genera un frutto di vita, anche se apparentemente sembra condurre alla morte. La visione secondo gli uomini produce

    un frutto di morte, anche se all'evidenza sembrerebbe apportatrice di vita. per una vita avvelenata.

    Ges chiede ai suoi discepoli una scelta radicale. Domanda loro un totale rinnegamento di se stessi, invitando a

    prendere la croce ogni giorno e a seguirlo. Ma cosa esattamente il rinnegamento di se stessi? l'abbandono pieno, totale, per sempre della visione secondo il mondo

    per essere sempre secondo la visione di Dio. Questa

  • visione non si trova negli antichi o moderni tomi di

    teologia, esegesi, ermeneutica della Parola del Signore. Essa data giorno per giorno dallo Spirito Santo. Via perfetta della visione secondo Dio Cristo Ges. Via la Chiesa e lo Spirito Santo, lo Spirito nella Chiesa, la Chiesa

    nello Spirito. Non per ogni Chiesa via per la conoscenza della visione secondo Dio, ma solo quella Chiesa fondata su Pietro, la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Al di

    fuori di questa Chiesa visione secondo Dio e visione secondo gli uomini sono cos mescolati che impossibile distinguerle.

    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci della visione secondo Dio.

    Commento su Matteo 16,21-27

    fr. Massimo Rossi

    Ecco dove conducono i nostri pregiudizi, i preconcetti, gli stereotipi, le nostre aspettative, la nostra inguaribile

    conformit alla mentalit di questo mondo...

    Nessun problema a credere in astratto che Ges di Nazareth sia il Cristo di Dio; salvo, poi, in concreto, fare un sacco di distinguo, metafisici e non, sul fatto che Ges

    crocifisso fosse, o non fosse veramente Dio: ricordate il bambino protagonista del racconto di E.E.Schmitt, "Oscar e la dama in rosa", malato terminale di leucemia, il primo giorno che gli mostrarono un crocifisso: "Non pu essere

    Dio! che me ne faccio di un Dio cos, che soffre, che muore?...".

    vero, Oscar ha ragione, un Dio che diventa uomo e poi fa la fine degli altri uomini, addirittura la peggiore delle fini,

    non serve a niente, non serve a nessuno! Un Dio che non capace di togliere le sofferenze e la morte, ma, al

  • contrario, accetta di patirle Lui stesso nel suo corpo; un

    Dio che si fatto uomo ad immagine e somiglianza degli uomini, rovesciando il principio biblico della vocazione dell'uomo a diventare immagine e somiglianza di Dio, a che serve? Ecco la domanda che oggi siamo chiamati a

    porre alla fede: A CHE COSA SERVE DIO?

    E chi ha mai detto che Dio debba servire a qualcosa? certamente Dio non serve a ci per cui noi vorremmo che servisse... Ma allora, ripeto, a cosa serve?

    La risposta, per quanto possa sembrare insufficiente e financo deludente, (la risposta) nascosta nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato: Ges cammina davanti a noi! in altre parole, Ges apre la strada, nel senso che noi

    camminiamo dietro a Lui, andiamo dove va Lui e facciamo come fa Lui. Dichiarare che Ges ci indica la strada non significa solo conoscere finalmente la mta del nostro

    viaggio terreno, ma sapere anche come si raggiunge la mta, il che forse pi urgente; perch la mta ci sta davanti; per qualcuno - speriamo per tutti - ancora molto lontana; invece, il modo con il quale possiamo

    raggiungerla, un'urgenza attuale!

    Ges ha vissuto gioie e dolori esattamente come noi; ricchezze e povert esattamente come noi; slanci e delusioni, amicizie e tradimenti, comunione e rotture,

    tentazioni e lotte... esattamente come noi.

    "Chi vuol venire dietro a me...": se scegliamo Lui come guida, allora accettiamo di vivere le gioie come le ha vissute lui, ringraziando Dio; accettiamo di assumere le

    nostre fatiche e i nostri dolori non come un corpo estraneo che ci aggredisce, attentando alla nostra vita, ma come organici al sistema: il dolore non si oppone alla vita,

    il dolore fa parte integrante della vita... Se non ci fossero i piccoli/grandi dolori saremmo fuori dalla realt naturale,

  • intrinsecamente precaria e imperfetta. A modo di

    provocazione, dico che la perfezione dell'uomo consiste nella sua imperfezione, come affermavano pacificamente gli antichi Padri.

    Ges, i suoi dolori li ha accolti cos; se abbiamo scelto Lui che ci ha scelti, se vogliamo seguirlo davvero, dobbiamo

    fare lo stesso. Idem per le amicizie tradite, per le ingiustizie subite, fino alla sfida della morte.

    Questo vuol dire Ges a Pietro con l'ordine duro e perentorio: "Vade retro!" "Torna dietro!".

    L'osso duro da digerire non tanto che Dio debba morire e lo accetti; ma che noi, come Lui dobbiamo morire e accettarlo pure!

    Cari amici, la fede diventa un problema quando dalla dottrina, dai concetti su Dio, si passa ai fatti concreti, nudi

    e crudi della nostra vita. l, cio qui che comincia la sfida della fede e, con essa, la tentazione di mettere qualche bemolle, del tipo: "s, ma Ges era Dio, noi invece siamo

    solo poveri uomini...".

    "Chi vuol salvare la propria vita la perder; ma chi perder la propria vita per causa mia la trover."; l'ultima parte dell'odierna riflessione la voglio dedicare al calcolo

    statistico: tranquilli, nessuna formula matematica da mandare a memoria...

    Ci sono degli aspetti della vita che ci costringono a

    decidere in base ad una sorta di calcolo delle percentuali;

    quando manca l'evidenza dei fatti, il ragionamento logico arriva fino ad un certo punto, dopodich dobbiamo decidere di fidarci, o di non fidarci. Alla fine potremo dire, con una certa approssimazione, che la risoluzione stata

    presa in base ad una chimica tra ragione e fede, nella quale, la prima raggiungeva una certa percentuale, e la

  • seconda la completava, per arrivare a 100. Non proprio

    un calcolo delle probabilit, but something like that, qualcosa di simile.

    Quanto alla sentenza del Vangelo appena citata, la percentuale logica, lo spazio concesso al ragionamento praticamente pari a 0 (zero). Perdere la vita in nome di

    Cristo significa trovarla: soltanto la fede mi pu convincere che ci che umanamente significa perdere, cristianamente significa ritrovare. Non c' nessun riscontro scientifico che

    questa sia la Verit!

    Del resto, anche san Luca mette in relazione i due verbi perdere/ritrovare e morire/ritornare in vita, e lo fa ben due volte: raccontando il ritrovamento di Ges

    dodicenne tra i dottori del Tempo (cfr. cap.2); e riportando le parole che il padre misericordioso della parabola rivolge al figlio maggiore: "Questo tuo fratello era morto ed

    tornato in vita, era perduto ed stato ritrovato" (cfr. cap.15).

    A proposito dell'espressione usata da Ges: "...rinneghi se stesso...", necessario intenderla bene, onde evitare imbarazzanti contraddizioni, del tipo: che senso ha che il

    buon Dio mi abbia donato questa vita, se poi mi chiede di rinnegarla? Infatti, non si pu rinnegare un dono di Dio; e ogni vita, per quanto fragile, malata, umiliata, offesa,

    emarginata, pur sempre dono di Dio, cos va accolta, cos va custodita e difesa.

    Dobbiamo amare la vita, non rinnegarla nel senso letterale del termine. O, meglio, solo chi ama la sua vita non meno

    di ogni altro affetto terreno, sar capace di donarla, di sacrificarla per amore di Dio, della Chiesa e del mondo. Come ha ricordato fr.Timothy Radcliffe, gi Maestro

    dell'Ordine dei Domenicani, in occasione di un intervista sul beato fr.Giuseppe Girotti martire a Dachau, i martiri

  • della fede accettano di morire non perch abbiano in odio

    la loro vita, ma perch la amano sopra ogni cosa al mondo.

    "Felici coloro che bevevano lo sguardo dei tuoi occhi, Signore..."

    Charles Pguy

    Commento su Matteo 16,21-27

    Agenzia SIR

    La morte e la vita sono tra loro collegate a motivo della persona e della presenza tra noi del Figlio di Dio. In questa

    consapevolezza ci accompagna l'apostolo Pietro con la sua opposizione all'esito previsto da Ges attraverso l'annuncio della sua Pasqua di morte e risurrezione e il conseguente

    severo rimprovero rivoltogli dal Maestro. Pietro sembra non reggere l'annuncio che il segreto messianico di Ges, il suo essere Figlio del Dio vivente, ha una strada obbligata

    da percorrere, la via della croce. Pietro non l'accetta per Ges e non la sopporter per s nell'ora della passione, fino a rinnegare il suo Signore: lo tradir e pianger, come segno del suo pentimento.

    Ges spiega ai discepoli che il cuore della sua missione proprio la Pasqua: solo la sua morte e risurrezione fanno comprendere il significato ultimo di ogni sua opera e

    parola. Non solo! Quello che Ges annuncia di se stesso il significato di ogni esistenza umana e il segreto della stessa creazione. Al centro c' sempre la domanda sul

    senso della vita e della morte, il mistero del male e la vittoria ultima dell'amore. La morte principio della vita e la vita offerta d'amore di se stessa. Questo spiega la severit del rimprovero a Pietro, paragonato -

    paradossalmente - al principe del male e della morte. Ges

  • non pu accogliere il rimprovero, perch ora, in Lui, la

    Morte stessa viene redenta e strappata dal suo vecchio volto. Ora la Morte la suprema obbedienza al Padre, vertice del sacrificio d'amore di Ges.

    Il desiderio e il progetto di Ges tutto in quell'invito a

    "venire dietro a me", a seguirlo prendendo la Sua croce e portandola, cio facendola nostra. Certo, tutto questo non ovvio, scontato. Al contrario una prassi radicalmente

    nuova, nella quale invece di difendersi ci si consegna; molto pi che una semplice morale naturale.

    Ges il modello, nella cui vita - opere e parole - tutto si

    svolge e si compie in obbedienza al Padre. In Lui mostrato l'esempio dell'esistenza e la rivelazione del suo scioglimento finale: la morte al vertice della fede e della vita nella fede. Qui passa la grande responsabilit

    dell'annuncio del Vangelo e il compito di legare e sciogliere, sempre e dovunque, l'avvenimento della misericordia divina.

    Ogni anima vale pi del mondo intero. Eppure, per non perderla dobbiamo perderla... per Lui! Non mancano esempi bellissimi e struggenti di chi "perde" ogni cosa per

    amore di qualcuno. Amare sempre un po' perdere la propria vita.

    Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

    Condizioni per seguire Ges

    Giovani Missioitalia

    Il profeta Geremia cos inizia il suo dire: Mi hai sedotto,

    Signore, e io mi sono lasciato sedurre (Ger 20,7). In altre parole commentando con le parole di San Paolo nella

  • lettera ai Romani, Geremia ha fatto della sua vita

    un "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rom.12,1).

    Lasciarsi prendere dall'amore di Dio significa proprio questo: fare della propria vita un dono gratuito e disinteressato al servizio degli altri.

    Andare sulla sua strada significa prendere con coraggio e decisione la propria croce: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda

    la sua croce e mi segua" (Mt.16,24).

    In queste poche righe vengono richieste tre cose per seguire il Signore: rinnegare se stesso, prendere la

    sua croce, seguirlo.

    Rinnegare se stesso non cosa facile, mettere da parte i propri pensieri, le proprie idee, i propri sogni, aspettative costa molta fatica. Rinnegare questo

    lasciare che il Signore entri nella tua vita e la trasformi perch possa diventare un segno del suo amore.

    Prendere la sua croce, un'altra impresa non facile. Anche Geremia si lasciato sedurre dal Signore ma di fronte alle prime difficolt ha iniziato a gridare

    verso Dio: "Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno... la parola del Signore diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno"(Ger.20,7-8). Interessante che Geremia dica

    per ben due volte: ogni giorno...tutto il giorno.

    In lui c' una grande sofferenza, vorrebbe quasi tagliare la corda ma alla fine dice: "Ma nel mio cuore

    c'era come un fuoco ardente..." (Ger.20,9).

  • Anche qui in Bangladesh, di fronte ad alcune

    situazioni quotidiane dove vedi non ci sia soluzione vien voglia di scappare, la croce diventa veramente un peso. Eppure, nonostante i mille problemi, le situazioni da superare si resta qui per fede

    condividendo la croce, la sofferenza di tanta gente.

    Oggi, tornando a casa un bambino Tokai, il suo nome Ruben, che vive per strada, mi chiede dei soldi, gli

    dico che gli posso dare da mangiare. Mi segue per un bel pezzo di strada e incontro un uomo che vende banane, gli compro 5 banane e va via contento.

    Lungo la strada mi diceva che aveva fame, tanta la gente da sfamare e ti senti inerme, cosa fare? Metto tutto nelle mani di Dio e faccio in modo che Dio tocchi con le sue mani la mia vita perch a sua volta

    possa donare agli altri la sua benedizione e il suo amore.

    Allora, lasciamoci trasformare per discernere la sua

    volont (Rom.12,2) affinch la nostra vita possa realmente essere data gratuitamente agli altri per ritrovare il vero senso di se stessi e della propria

    fede.

    Infine, ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno letto le riflessioni durante l'anno liturgico, sono stato bene con voi e vi Auguro ogni bene...e vi

    aspetto in Bangladesh.

    DOMANDE O PROVOCAZIONI?

    Ho mai vissuto personalmente l'esperienza di

    Geremia di essere "sedotto" dal Signore? Nella mia vita cosa successo?

  • Cosa significa per te Rinnegare se stesso-prendere la sua croce-seguirlo?

    La croce e le croci

    don Luciano Cantini

    Ges "doveva" andare a Gerusalemme; non il senso del puro dovere, quasi l'obbedienza a chiss quale destino;

    Ges imperato dall'Amore. Ges deve portare a compimento il mistero dell'Incarnazione, fino ad incontrare coloro che sono i simboli della negazione dell'amore stesso: il potere della ricchezza, della religione, della

    politica... ed essere da questi sconfitto, ma con l'amore che Ges sconfigge la negazione dell'amore.

    Pietro prova ad interpretare il pensiero di Dio, piuttosto

    proietta i suoi pensieri ed i suoi desideri in Dio stesso... come pu Dio non volere ci che ai nostri occi sembra essere buono, vero, bello?

    L'immagine che l'uomo ha di Dio falsificata dalla propria visuale umana... "i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie " (Is 55,8) Dobbiamo liberarci da questo condizionamento per essere liberi di

    contemplare nella pienezza della verit l'Amore di Dio.

    Seguire Ges significa prima di tutto acquisire la propria libert, liberarsi dai condizionamenti dell'umana natura che

    ci fa vedere buono, bello e desiderabile molte cose dal sapore umano.

    La Croce che il Signore ci chiede di prendere, non sono "le

    croci" inevitabili della limitatezza della condizione umana, quelle che gli altri ci addossano o che ci ritroviamo sulle spalle per una malattia, una costrizione, una difficolt.

  • La Croce che Cristo ci chiede di abbracciare quella che nasce dal seguire lui, dalla libert di amare, sempre e comunque, senza distinzione fino ad amare il nemico, colui che ti sta facendo del male.

    Solo facendo della propria vita un dono si ritrova la

    pienezza della vita, chi tenta di tenerla stretta nel proprio pugno, gli scivola via come la sabbia.

    Il Figlio dell'Uomo sta per manifestare la sua gloria,

    l'immensit del suo amore che traspare dal mistero della croce. Quello sar il suo giudizio.

    Tu mi hai fregato, Signore

    don Marco Pozza

    E che importa se Lui il Signore? Gliel'ha spiegato Pietro

    mentre pescavano col sole a picco, gliel'ha rinfacciato la donna cananea mentre chiedeva briciole di pane-fede, gliel'ha ricordato il centurione con la figlia morente. Puoi

    chiamarti anche Ges di Nazareth, ma non cambia poi tanto: le promesse vanno mantenute. Sopratutto quelle che parlano dell'amore, perch i sentimenti sono una terra delicata da abitare. Nemmeno Geremia Gliele

    risparmia: "Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre." "Sedotto" - dice -. Cio attratto con un fascino irrazionale, come si circuisce un inesperto con false

    promesse perch stupidamente acconsenta alle manovre di chi pi astuto. E' un Dio seduttore che conosce le regole del gioco dell'amore: scruta (sin nel grembo

    materno), s'innamora, parte da lontano e lentamente seduce fino a far cadere ai Suoi piedi l'umana passione. E dopo la seduzione, la responsabilit: perch Tu sei Dio e non giochi con l'uomo da Lass. Geremia non la voleva

    questa promozione: l'ha accettata, se n' fatto carico, l'ha

  • addentata. Non pentito: la fedelt alla vocazione e

    l'attaccamento al proprio Dio non l'hanno mai seriamente abbandonato. Pi semplicemente, lui avrebbe desiderato un po' di comprensione almeno da parte del suo Dio. Ma anche da l sembra venire la solitudine. E' lo sfogo di un

    uomo che ha messo in gioco tutto se stesso, che paga, che vorrebbe che almeno Dio fosse dalla sua parte. C' un popolo imbecille attorno che mistifica la realt: "Tutto

    bene, anzi molto bene. Eppure bene non va" (6,14.8,11). E' disarmato Geremia.

    Disarmato e impotente perch Dio sembra non essere di

    parola. La sua amarezza sfiora la bestemmia perch Dio sembra essere un traditore: "Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti" (15,18). Ci sono torrenti che alle piogge invernali sono gonfi di acque

    abbondanti, ma poi d'estate si disseccano: non ci si pu fidare di loro. Nel momento del caldo o della sete ti abbandonano. Cos sembra essere al profeta la promessa

    di Dio. Discute con Lui e vorrebbe mandare all'aria tutto: "Pensavo: non mi ricorder pi di lui, non parler pi in suo nome" (20,9). E' il picco massimo della

    disperazione. Una preghiera sconcertante che attesta una verit: Dio non si scandalizza quando il sofferente protesta, si dispera e lancia il suo ultimo grido. Lo vuole libero e nudo di fronte a Lui per scoprire che nel profondo

    della sua anima c' una fedelt che non gli permetter mai di smettere: "Ma nel mio cuore c'era un fuoco ardente. Mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo" (20,9b). Non si

    esce mai indenni da un incontro con Lui: c' gioia suprema e sofferenza disumana.

    Geremia non un disfattista, semplicemente un uomo lucido. Egli vede che il peccato ha minato ogni cosa,

    stravolto tutte le istituzioni. Israele ha saputo persino rovinare il perdono di Dio, la sua pazienza e fedelt. Tant'

  • vero che, malgrado le ripetute minacce del Signore, il

    popolo ha smesso di avere paura. Basta un po' di pentimento - dice la gente - e Dio sempre pronto a perdonare: non forse il Dio fedele? Cos la fede nella bont di Dio rovinata. Non pi il peccato dei deboli

    (che merita sempre il perdono), ma il peccato dei furbi e questo non merita il perdono. Anzich uno stimolo al bene, la fiducia nella fedelt di Dio si tramutata in una falsa

    sicurezza che spinge al male. E' una cosa che Dio non pu sopportare. Dio cos costretto a dimostrare che la sua pazienza ha un limite. Il solito buon Dio di una certa

    morale borghese viene spazzato via per lasciare il posto al Dio esigente e giusto.

    Che ama alla follia. Perch Lui dell'Amore l'espressione pi ardita.

    Perdere per trovare

    don Luigi Trapelli

    Ci sono dei testi biblici che sembrano pi facili e in cui la

    predicazione scorre in modo lineare. Ma quando si presentano testi come quelli di oggi, vorrei affermare come Geremia: "Perch devo dire certe cose? Perch il Vangelo

    mi impone di parlare di realt cos difficili?" Geremia dice che Dio lo ho sedotto e lui si lasciato sedurre. La Bibbia usa il verbo che di solito veniva adoperato nel rapporto di

    coppia.

    Il Vangelo presenta Ges che preannuncia la sua fine: una fine tragica. Pietro vorrebbe intervenire, perch in fondo

    come ciascuno di noi. Non vuole che Ges possa morire in quel modo: ripudiato e ucciso. Ges lo chiama addirittura Satana e cio avversario. Pietro pensa non alla maniera di Dio, bens degli uomini.

  • Ges ci invita a portare la nostra croce, quella che gli

    eventi di tutti i giorni consegnano sul nostro cammino. Non abbiamo bisogno di cercare altre croci: basta quella che gi portiamo vivendo. Per salvare la propria vita bisogna perderla, proprio come Ges ha fatto morendo sulla croce

    nella debolezza e nella sconfitta apparente. Potremmo dire a Ges che queste parole sono pesanti e che la nostra autorealizzazione va contro questo principio.

    Se guardiamo in profondit, per, ci accorgiamo che siamo veramente noi stessi solo quando comprendiamo il limite della nostra vita. Paradossalmente, proprio dalla cesura finale, dalla morte, che diamo un senso alla nostra vita.

    Questo non significa prendere spavento, ma rendersi conto che la vita stata donata da Dio e dai genitori.

    Nessuno l'ha voluta. Quindi l'unica prospettiva per vivere donarci alle persone, perdendo qualcosa di me per offrirlo

    agli altri.

    E' dare agli altri il dono della vita per una madre e un padre, donare un'educazione senza sapere quali frutti immediati potr portare, capire che stiamo vivendo con altre persone per cui non esistiamo solo noi, generare

    persone che possano progressivamente camminare con le proprie gambe. E' proprio grazie a questo perdere che ritroviamo noi stessi, la nostra identit di persone, che

    sanno scoprire il proprio limite e cercano di comprendere il senso delle cose.

    Chi vive nella logica del gratis, del perdere per ritrovare,

    sperimenta l'amore di Ges il quale ha vissuto la sua vita come un dono da offrire al Padre e ai fratelli. Rinnegando la parte malata di noi, ossia il nostro egoismo, per seguire quel Ges che ha un progetto entusiasmante, ci rende

    importanti anche nelle apparenti sconfitte che subiamo a causa del suo Vangelo.

  • Nei confronti del mondo che ci circonda tale esperienza ci fa comprendere come due sono gli atteggiamenti pi frequenti: o dire che il mondo va sempre male oppure esaltarlo troppo.

    Il nostro scopo quello di cogliere il positivo che ci viene offerto dal mondo, inserendo in questo contesto il germe

    del Vangelo quale buona notizia.

    La parroccchia non solo il luogo di una semplice aggregazione o di svago, ma l'ambiente dove ogni persona possa seriamente maturare un proprio cammino di fede

    alla luce della figura di Cristo e del suo Vangelo. Perch il giudizio finale avverr non tanto in base alle parole o ai buoni propositi, ma alle azioni che avremo in concreto

    messo in atto.

    La croce: amore e dolore nella vita

    mons. Antonio Riboldi

    Se c' una cosa, che salta subito agli occhi nel nostro mondo, il tentativo di allontanare il dolore dalla vita. Si

    insofferenti ad ogni piccolo disagio, basta un nulla o una contrariet per mandarci in crisi. D'altra parte il mondo, che ci assedia, vuol apparire come una grande fiera, che si

    riempita di ogni prodotto per allontanare il dolore, fino alla droga, che davvero un affare miliardario, che contagia quanti si illudono di evadere dalla lotta necessaria della vita, credendo al 'sogno' di un momento che ha come

    unico frutto la distruzione lenta della vita stessa, senza dare a questa una ragione, che mostri la sua bellezza: una bellezza che necessariamente richiede fatica e dolore,

    come tutte le cose che hanno valore.

    C' poi una sofferenza, una croce, che la malattia, a volte dolorosa: basta visitare un ospedale per accorgersi

  • che la sofferenza di tanti, ma tanti: alcuni con problemi

    che la medicina pu eliminare, altri con una sofferenza che non ha fine e li accompagna fino alla morte. A volte una sofferenza cos devastante che fa desiderare la morte... al punto che ora si parla di eutanasia, ossia la fuga dal dolore

    nella morte.

    E c' una sofferenza interiore, che ha mille motivazioni: il pi delle volte causata dall'atteggiamento di chi ci sta intorno - che forse neppure se ne accorge - ma fa tanto

    male. E c' infine la sofferenza nel mondo, da chi muore di fame a chi per la violenza, o per tante altre cause.

    Davvero non si pu pensare di avere una vita esente dal dolore. Si deve imparare ad amministrarlo come

    un'occasione di amore, come nella vita di tanti credenti. E, diciamoci la verit, non c' modo migliore di esprimere l'amore, che partecipando silenziosamente al dolore di chi

    ci vicino. una grazia.

    Se leggiamo la vita di tanti santi noti o di fratelli e sorelle, che vivono nel dolore, meraviglia la loro serenit, come se soffrire fosse un dono, che il frutto dell'amore, che non

    pone limite alla sofferenza. Quante volte io stesso, nel difficile compito di parroco o vescovo, per varie ragioni, mi sono trovato a sperimentare la durezza della croce... a

    volte si piange silenziosamente, ma mai viene meno la voglia di dare tutto, perch che amore sarebbe se non ci si fa carico delle sofferenze del gregge?

    L'ho provato duramente nella notte del terremoto a S. Ninfa. Dopo dieci anni di tanta fatica nel ricostruire chiesa e comunit, potevamo con i confratelli gioire. Una gioia che dur pochi giorni, svanita in pochi secondi con il

    terremoto, che distrusse tutto: l'unico valore rimasto in

  • piedi era il condividere il dolore della comunit, non solo,

    ma spendersi per dare conforto.

    Cos il dolore non divenne disperazione, ma si trasform in amore, che era la sola forza che ci sosteneva e confortava la comunit.

    Ges, oggi, mette in chiaro cosa significa seguirLo, ossia

    vivere di fede, che il dono per poter amare.

    "Ges cominci a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in

    disparte e cominci a protestare dicendo: 'Dio te ne scampi. Signore. questo non ti accadr mai! '.

    Pietro categorico e sembra non voler lasciare spazio neppure ad una risposta.

    Ma quando si ama e non si conoscono le ragioni della sofferenza dell'altro, ci si comporta tutti come Pietro: un atteggiamento di amore umano, incapace di entrare in quello ampio, divino, che ha piani

    diversi dai nostri.

    "Ma Ges, voltatosi, disse a Pietro: 'Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perch non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! '.

    Allora Ges disse ai suoi discepoli: 'Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perch chi vorr salvare la propria vita, la perder, ma chi perder la propria vita per me la trover.

    Quale vantaggio infatti avr l'uomo se guadagner il mondo intero e poi perder la propria anima? O che cosa potr dare l'uomo in cambio della propria anima?" (Mt 16, 21-26)

    Sembra davvero un discorso duro... e lo !

  • Ges stesso, che pronuncia queste parole, sar il primo a conoscere la durezza del dolore, il dramma della croce, tanto che nell'orto degli ulivi, quella notte sud sangue e pronunci parole che hanno tutto il senso di voler quasi allontanare la croce: 'Padre, se possibile, passi da me

    questo calice, ma si faccia non la mia, ma la tua volont '.

    Che grande esempio dell'uomo che soffre e cerca di sfuggire, ma poi accetta per amore, perch sa che dal suo amore, fatto dono totale, che verr un bene immenso

    per tutti e arriver fino a noi.

    Un altro esempio ci viene da Maria SS. ma, che segue Ges nel suo cammino verso il Calvario.

    Assiste all'agonia del Figlio sulla croce, dove viene donata a noi come Mamma: 'Donna, ecco tuo figlio! '. Divino!

    Davvero siamo rinati al Cielo, grazie ad un amore incredibile, che sboccia dal dolore. Ci si commuove contemplando come il dolore si fa oceano di amore: un

    amore per noi.

    Il profeta Geremia, esperto nella sofferenza, cos dialoga con Dio:

    "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Son diventato un oggetto di

    scherno ogni giorno: ognuno si fa beffa di me.

    Quando parlo devo gridare, devo proclamare: 'Violenza! Oppressione!'.

    Cos la parola del Signore diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: 'Non

    penser pi a Lui, non parler pi in Suo Nome!'.

    Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa: mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo". (Ger. 20, 7-9)

  • Commentava Paolo VI: "Portare la croce: che significa? Ci sono tante persone che seguono Cristo, che ne ascoltano la parola, che ne ammirano le opere prodigiose, e dicono: 'Ti seguir ovunque andrai '. Uguali erano le parole degli apostoli poche ore prima: 'Se necessario morire per te,

    non ti rinnegher' (Mt. 26,35) Ma poi... tutti i discepoli, abbandonato Lui, fggirono".

    Gli apostoli, quelli fedeli, i pi cari, pi istruiti, quelli che avevano giurato fedelt, quando si tratt di seguirLo per

    quella ignominiosa Via della Croce, tutti furono assenti.

    Seguire il Signore fino alla croce un privilegio ed un atto singolare, che si affianca a quell'unico che arriv sul calvario, Giovanni, forse il pi giovane degli apostoli,

    quello che 'Ges prediligeva'. Giovanni arriv fino sul Calvario, non ebbe n vergogna n paura: fu l sotto la croce, accanto a Lui, a condividere il pianto di Maria, Sua

    Madre, e delle donne...

    La croce la stazione di arrivo dell'infinito amore di Dio per noi uomini. Parte dalla croce, per gli uomini, un'onda di bont, che arriva a tutte le anime per salvarle. In altre parole, nella croce si compiuto il Mistero della

    Redenzione. la Redenzione che ha il segreto dei grandi destini umani: senza quella croce il genere umano perduto; con la croce, tutto il genere umano salvo.

    Tutti ne siamo interessati, tutti siamo guardati da Cristo dall'alto della croce.

    Ci guarda, ci chiama, ci ama: noi crediamo che i nostri destini sono concentrati nella croce di Cristo. (15 aprile 1960)

    Posso immaginare il dolore, le sofferenze di ogni tipo, che appartengono a quanti mi stanno leggendo. Vorrei farmi

  • vicino per condividere, ma soprattutto per aiutare a far

    diventare tesoro quello che sembra castigo.

    Tutti portiamo la nostra croce, a volte con tanta fatica. Con la fede e l'amore pu diventare un grande tesoro, come la Croce di Ges, diversamente solo dolore, senza speranza, e pu diventare disperazione.

    Dono a tutti, che mi leggete, una preghiera di don Tonino Bello.

    "Madonna santa, fa' che io sia ferito dalle piaghe di Ges Cristo.

    Dammi le stigmate, ma non come le fessure che hanno

    colpito la pianta della mano, o dei piedi di S. Francesco d'Assisi o di altri santi.

    No, dammi le stigmate e i segni di questa mia compassione, di questo mio soffrire per Te, come accaduto ai piedi della croce."

    E io voglio assicurare quanti, leggendomi, sono colpiti dalla sofferenza, che avranno un posto privilegiato nella mia preghiera e nel mio cuore, che sia per loro come un non sentirsi nella maledetta solitudine.

    Follie

    Paolo Curtaz

    Povero Pietro!

    Ha faticato, e non poco a dichiarare che il falegname di Nazareth il Messia atteso da Israele.

    Troppo diverso il suo modo di servire il Regno, troppo

    audace la sua predicazione, troppo innovativa la sua idea di Dio per poterlo identificare con il nuovo e glorioso re

  • Davide che avrebbe ricostituito la gloria del passato Israele

    e che tutti aspettavano!

    Pietro aveva riconosciuto in Ges il Cristo e Ges lo aveva riconosciuto come pietra da costruzione, come pietra viva fondata sulla fede, la pietra che avrebbe sostenuto altri fratelli nella fede.

    Ora, invece, Pietro diventa pietra di inciampo, pietra di scandalo. Brutta storia.

    Un altro Messia

    Ora che Pietro lo ha riconosciuto come Messia, Ges spiega a tutti cosa significa per lui essere "messia".

    Nessuna gloria, nessun potere, nessun compromesso nel suo essere messia. Ges dice di essere disposto ad andare fino in fondo nella sua scelta, disposto a morire piuttosto

    che rinnegare il suo volto di Dio. E cos sar.

    I discepoli restano interdetti: fino a poco tempo prima avevano ragionato su chi sarebbe stato messo a capo del nuovo Regno, ora Ges parla di dolore e di morte.

    Pietro lo prende da parte ( pur sempre il papa!) e lo invita a cambiare linguaggio a non scoraggiare il morale delle truppe. Anche lui, come spesso facciamo noi, vuole insegnare a Dio come si fa a fare Dio.

    E Ges reagisce, duramente: cambia mentalit, Pietro, diventa discepolo. Troppe volte invece di seguire il Signore lo precediamo.

    Siamo noi ad indicargli al strada, non seguiamo pi la strada che egli ci indica.

    Siamo noi a suggerirgli le soluzioni ai problemi, non ci fidiamo pi della sua presenza, della sua azione.

  • Pretendiamo che sia Dio a diventare nostro discepolo.

    Geremia, nella prima lettura, si lamenta con Dio.

    Lui voleva fare il profeta di buone notizie, diventato un rompiscatole insostenibile, tutti lo odiamo, anche i suoi famigliari. Geremia vorrebbe lasciare (come biasimarlo?), ma riflette e ritorna alla fiamma che l'ha sedotto.

    Quando mettiamo noi stessi al posto di Dio, della fiamma, facciamo come Pietro e ci allontaniamo dal cammino. Non chiederti a che punto sei nel tuo percorso interiore. Chiediti se sei ancora dietro a Cristo.

    A tutti Ges insiste, ora, si rivolge a tutti, a noi.

    Non blandisce le persone, non cerca facili discepoli, non seduce, non ama il marketing.

    La sua proposta cruda, diretta, atroce, insostenibile. Pronuncia tre imperativi che risuonano come una sfida. Vuoi essere mio discepolo?

    Rinnega te stesso. Cio non mettere te stesso al centro dell'universo, non voler emergere a tutti i costi, non fare come tutti che, nel mondo, sgomitano per essere visti e notati. Sei unico, sei prezioso sei un capolavoro, perch

    devi combattere per dimostrarlo agli altri? Il discepolo, come il Maestro, prende a cuore la felicit di chi gli sta accanto, guarda oltre, mette la sua vita in gioco perch tutti possano appartenere al Regno. Non mettere sempre

    te stesso al centro, metti il sogno di Dio al centro, con libert, da adulto, da uomo nuovo.

    Prendi la tua croce. Cio non avere paura di amare fino a soffrire, di amare fino a perderti. Come Geremia che non

    riesce a staccarsi dall'amore bruciante di Dio nonostante le tante delusioni che sta vivendo. Purtroppo una certa devozione spicciola ha finito con lo stravolgere la

  • simbologia della croce: nata come misura dell'amore di

    Dio, divenuta l'emblema del dolore. Dio non ama il dolore, sia chiaro, n lo esige (e ci mancherebbe!) ma, a volte, amare significa anche sopportare e soffrire. E Ges ne sa qualcosa.

    Seguimi. Condividi la scelta di Ges, il suo sogno, il suo progetto. Dio presente e si manifesta a noi, orienta le nostre scelte con equilibrio e intelligenza, ascoltando la sua Parola, lasciandoci plasmare dalla sua voce interiore.

    Seguire Ges significa cambiare orizzonte, conoscere la Parola a lasciare che sia la fede a motivare e cambiare le nostre scelte, convertire i nostri cuori.

    Siamo per sempre discepoli, per sempre cercatori, mai veramente arrivati.

    Nuove logiche, nuovo Dio

    Avete perfettamente ragione: come si fa a seguire un Dio cos? Infatti lentamente ed inesorabilmente abbiamo

    annacquato questa pagina, l'abbiamo resa accettabile, possibile, ragionevole.

    Ma l'amore di Dio ha ben poco di ragionevole e, spesso, indica vette altissime per ribadire che siamo capaci,

    assieme a lui, di diventare discepoli.

    Vangelo esigente, alla fine di un'estate fredda, almeno qui dalle mie parti. Ma un vangelo che ci spalanca al sogno di Dio.

    Chi perder la propria vita per causa mia, la trover

    Ileana Mortari - rito romano

  • Nel brano evangelico odierno troviamo il primo annuncio,

    fatto da Ges, della sua prossima passione; siamo a una svolta fondamentale della vicenda del Nazareno, come si capisce dal fatto che tale annuncio il primo di tre, che scandiscono chiaramente la seconda parte dei testi

    sinottici, ed ripreso anche dopo la trasfigurazione (Mt. 17,9) e al momento dell'arresto (Mt. 26,45).

    La svolta consiste nel fatto che, in seguito alle controversie e tensioni con le autorit giudaiche, Ges si rende sempre

    pi conto che la sua missione avr quasi certamente un esito tragico e si trova quindi nella necessit di preparare i suoi discepoli a tale momento e di istruirli adeguatamente,

    perch possano continuare la missione dopo di Lui.

    "Ges cominci a dire apertamente che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare

    il terzo giorno"(v.21). L'annunzio, assolutamente inaspettato e inaccettabile per chi - come tutti allora - attendeva l'avvento glorioso e trionfatore di un Messia

    regale, suscita la violenta reazione di Pietro, che, preso da parte Ges, pronuncia una formula di imprecazione ("Dio te ne scampi!") e afferma che far di tutto per evitare un

    tale esito fatale. Non meno forte allora la risposta del Nazareno, che avverte nelle parole dell'apostolo la stessa tentazione gi respinta nel deserto prima di iniziare il suo ministero: evitare la strada del piano di Dio - che "doveva"

    passare attraverso il male, il dolore e la morte - e utilizzare la sua potenza di Figlio di Dio a proprio vantaggio e in vista di un personale glorioso trionfo. "Tu sei mi sei di

    scandalo"Egli dice a Pietro: il termine, nell'originale greco, significa "inciampo"; appunto, la reazione di Simone e quanto potrebbe seguirne non un aiuto, ma piuttosto un

    ostacolo alla realizzazione del piano di Dio.

  • Ecco che cos ha inizio l'insegnamento del Maestro per chi

    vuole seguirlo. Il v. 24 secco e lapidario:"Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua".

    Ges sempre stato molto leale con i suoi, non li ha illusi, n ha prospettato loro successi mondani e trionfi terreni;

    ha parlato chiaramente di "croce": come saranno risuonate nella mente e nel cuore dei discepoli queste parole quando lo videro piegato sotto il peso del pesante strumento di

    supplizio! "Croce" evoca immediatamente martirio e morte e certamente molti seguaci del Nazareno avrebbero seguito esattamente le sue orme, a partire dai dodici,

    quasi tutti martirizzati.

    Ma "croce" indica anche tutto ci che fatica, sofferenza, dolore, incomprensione, difficolt, rifiuto, persecuzione di vario genere, rischio, rinnegamento di s........; e tutto

    questo il discepolo deve essere disposto ad affrontare, se vuole veramente seguire il Signore e condividere il suo destino di passione e morte, ma anche di resurrezione e

    gloria.

    "Perch - prosegue Ges - chi vorr salvare la propria vita, la perder; ma chi perder la propria vita per causa mia, la

    trover. Qual vantaggio infatti avr l'uomo se guadagner il mondo intero, e poi perder la propria anima? O che cosa l'uomo potr dare in cambio della propria anima?" (vv. 25-26). Purtroppo la diversa traduzione del

    termine originale greco "psych" prima con "vita" e poi con "anima" ha spesso generato un grosso equivoco nell'interpretazione di questo passo. Lo si

    intende solitamente come un invito a rinnegare la vita terrena con tutti i suoi beni e vantaggi ("perdere") per

  • "guadagnare" la salvezza dell'anima, cio la vita eterna

    nell'aldil.

    Ma le cose non stanno cos. "Psych" infatti significa sia "vita fisica" che "vita spirituale" e allora la contrapposizione non sta tra queste due, ma tra la propria

    vita intesa egoisticamente e quella invece "centrata" su Ges, che solo apparentemente persa.

    "Chi vuol salvare la propria vita" chi pensa solo a se

    stesso e vive egoisticamente, facendo di s il perno di tutto; "chi perde la propria vita a causa di Ges" viceversa chi segue il Suo esempio e "centra" la propria vita su di

    Lui, cos come Egli vissuto per il Padre. Nel primo caso si "perde" la "psych" = la vita, in entrambi i sensi: nel senso fisico, perch una vita vissuta egoisticamente si rivela in ultima analisi sempre insoddisfatta (pi si ha e pi

    si vuole avere) e dunque vuota, priva di significato e comunque destinata alla morte, che cancella tutto quello che si guadagnato in terra; ed persa anche in senso

    spirituale, perch, vivendo al contrario di Cristo, si perso il Paradiso.

    Nel secondo caso, al contrario, si ritrova la propria vita in

    entrambi i sensi: in quello fisico, perch, vivendo nella dimensione del dono, si acquistano molte amicizie e beni spirituali, e soprattutto la vita assume un senso profondo, che la morte non pu eliminare; e quanto si ottenuto in

    termini di beni "spirituali" rimane anche nell'aldil, dove si "guadagner" il Paradiso, cio la perenne comunione con Dio.

    Il Card. Jean Marie Lustiger ci ha fatto il dono di un notevole commento a questa frase evangelicanel suo intervento alla Conferenza per i Paesi meno sviluppati, il 9

    settembre 1981:

  • "A quale prezzo paghiamo il nostro "sviluppo"? Noi, Paesi ricchi, brilliamo per la nostra vita bella e sontuosa...abbiamo anelato a possedere tutta la vita del mondo a nostro vantaggio. Per questo forse noi siamo gi morti, giacch perdiamo l'anima. In questo stesso

    momento la maggior parte degli uomini della terra, popoli interi, sono condannati a morte per carestia, miseria, malattie. Le loro fragili culture crollano sotto la pressione

    del nostro progresso, che le soggioga.

    Ma allora la nostra civilt che firma la propria sentenza di morte: quando non accordiamo un'uguale dignit di figli di

    Dio ai meno sviluppati, quando vogliamo conquistare a nostro solo profitto il mondo intero e le sue ricchezze, mentre Dio le ha donate a tutti gli uomini perch siano felici, quando togliamo ai fratelli la dignit di uomini,

    perdiamo la nostra dignit. La nostra anima muore della morte dei nostri fratelli. I Paesi pi sviluppati muoiono della morte dei Paesi meno sviluppati. Una nazione ricca

    che perde l'anima una nazione di morti. Una cultura che perde l'anima una cultura di morti.....A qual prezzo i Paesi pi avvantaggiati pagano il proprio vantaggio?

    Paesi minacciati di morte dalla perdita del loro futuro demografico; "paesi sviluppati" con una giovent disperata, dove i desideri vengono esasperati perch sono il motore del consumo e della produzione, dove le risorse della ricchezza vengono impiegate nella costruzione di

    strumenti di morte.

    Forse non ancora troppo tardi per far s che la nostra cultura e la nostra storia sfuggano al germe di morte che

    ci rode il cuore: malattia doppiamente mortale; omicidio, perch fa morire dei fratelli; suicidio, perch distrugge anche noi. Per questo tutti coloro che compongono la

  • nostra societ devono acquisire una generosit pi grande,

    che restituisca loro la dignit.

    In questa vostra Conferenza, cercando di individuare le strade difficili che consentano di rispettare maggiormente gli uomini, a vantaggio dei Paesi meno sviluppati, voi

    ostacolate la minaccia pi grave che sovrasta i Paesi pi sviluppati: quella di un'autodistruzione spirituale, quella del crollo del gigante dai piedi di argilla.

    E voi, fratelli miei dei Paesi dove si muore di fame e di sete, dove la vita breve, precaria e fragile, dove regna la malattia, conservate la vostra dignit: Dio che ve l'ha data, la vostra unica ricchezza e la vostra unica forza. E

    solo voi potete ridarci la nostra dignit."

    Non conformatevi a questo mondo

    don Roberto Rossi

    Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Pietro scopre cos la vera identit di Ges. Egli fa l'incredibile

    scoperta che questo carpentiere di Nazaret non altro che il Cristo, l'unto di Israele, la realizzazione dell'attesa, lunga duemila anni, del suo popolo. Ma Pietro interpreta la missione di Ges in termini politici. Ges ben se ne rende

    conto e spiega che tipo di Messia sar: andr a Gerusalemme per soffrire, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno. Ci troppo per Pietro: nel suo

    spirito, l'idea di sofferenza e l'idea di Messia sono semplicemente incompatibili fra loro.

    "Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Se Pietro potesse solo rendersene conto, sarebbe pervaso dalla

    gioia! Il Messia, che si sarebbe immerso nella sofferenza, che avrebbe incontrato l'ostilit degli uomini e che avrebbe

  • subito tutte le conseguenze dell'ingratitudine secolare di

    Israele verso il Dio dell'Alleanza, era proprio l! Davanti a lui c'era finalmente colui che avrebbe sconfitto Satana in uno scontro decisivo e che avrebbe, in questo modo, portato a compimento il piano divino di salvezza per

    l'umanit.

    Poich Pietro "cominci a protestare dicendo: Dio te ne scampi, Signore, questo non ti accadr mai", Ges gli disse: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perch

    non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!". Voltaire scrisse argutamente: "Dio fece l'uomo a sua immagine e somiglianza e l'uomo gliela rese proprio bene!".

    Nella nostra tendenza innata a resistere a Dio, noi deformiamo la sua immagine, ci rifiutiamo di lasciare che Dio sia come vuole essere. Il nostro Dio troppo piccolo, troppo fragile e troppo limitato, mentre il Dio di Ges

    Cristo letteralmente troppo bello per essere vero. Ges si affretta a percorrere la via che porta a Gerusalemme per svelarcelo sulla croce.

    Sulla croce, infatti, Ges riveler l'ultimo ritratto di Dio nel dramma della misericordia che vince il peccato, dell'amore

    che supera la morte e della fedelt divina che cancella il tradimento.

    Chi avrebbe mai immaginato, sia pure in sogno, che Dio sarebbe intervenuto nella nostra storia in questo modo?

    Sfortunatamente, per molti, Ges davvero troppo bello per essere vero. "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi colui che ti dice: Dammi da bere!" (Gv 4,10).

    Ciascuno di noi deve chiedersi: Io penso secondo Dio? Oppure vado dietro a tutti i discorsi della gente, alla

    mentalit comune, a tutte le suggestioni del mondo che tende a rifiutare le cose importanti e costruisce - con

  • saccenteria e facile sicurezza - superficialit, consumismo,

    piacere, interessi, egoismo, sfruttamento?

    E' importante mettersi sulla strada del Signore, imparare a fare nostri i suoi pensieri, i suoi sentimenti, il suo stile, le sue scelte. Tutto questo pu sembrare inizialmente perdente, ma la verit della vita e la vita si riesce a

    costruirla bene solo nella verit: il resto illusione, miraggio, tentazione, e alla fine fallimento e rovina. Dio ha i suoi pensieri e i suoi progetti per il nostro bene vero e

    duraturo.

    "Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Credo sia il peccato che tutti noi continuamente abbiamo. Anche noi cristiani, praticanti, desiderosi di vivere bene dobbiamo

    continuamente esaminarci: questo che penso, che dico, che compio secondo il pensiero di Ges, del suo vangelo, oppure prima di arrivare a confrontarmi con l'amore di

    Ges e il suo vangelo coltivo dentro di me tutti i sentimenti umani, le impostazioni materialistiche e borghesi, fino a voler costruire la mia vita come se Dio non esistesse o non avesse detto niente? Oggi poi su questo non siamo per

    nulla aiutati, anzi finiamo per lasciarci influenzare, condizionare e cambiare dalle varie opinioni espresse nella televisione o nei giornali, senza accorgerci che si finisce

    per ritenere buono ci che male. Il nostro confronto con la parola di Dio, ad es., sull'amore, sul dono di s, sul perdono, sull'amore ai nemici, sull'accoglienza del

    prossimo bisognoso... ci trasforma oppure ci lascia come tutti gli altri?

    E' molto bello quanto l'apostolo Paolo proprio oggi nel testo della lettera ai Romani ci dice: "Vi esorto per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio

    vivente, santo e gradito a Dio. Non conformatevi (cio non diventate uguali) alla mentalit di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter

  • discernere la volont di Dio, ci che buono, a Lui gradito

    e perfetto". Non conformatevi, ma rinnovatevi: un'indicazione molto chiara e un impegno molto concreto.

    Se ti seguo mettono pure me sulla croce

    don Nazareno Galullo (giovani)

    Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda la sua croce e

    mi segua?

    "Ma che razza di proposta mai questa? Venire dietro a te che hai una croce addosso? Ma sei pazzo? Io vado dietro a chi mi d qualcosa che mi piace, a chi mi promette mari e monti, a chi alla moda. Io vado dietro al potente di

    turno, salgo sulla sua carrozza perch ha i soldi e senza i soldi oggi non si campa!"

    I discorsi dei giovani di oggi non sono tanto diversi da

    questi. Io l'ho solo ipotizzato, ma basta andare per le strade, magari verso sera, davanti a quei localini che nei centri storici sono pieni di giovani. Spesso ci vado anche io

    e con la scusa di bere qualcosa insieme li ascolto. A volte davvero discorsi senza senso. Qualche volta mi fanno domande e si inizia con le solite cose tipo "la chiesa non capisce niente... il Papa non capisce niente di sessualit....

    i soldi del Vaticano.... ma voi preti come fate senza una donna.... ma un prete pu bere una birra.... ma per fare da padrino di battesimo obbligatorio il certificato di

    cresima... io mi confesso direttamente con Dio.... non giusto che il prete della chiesa vicino casa non ha voluto dare la comunione a quella mia amica che divorziata da

    tanti anni..... perch Dio, se buono, permette il male... ha permesso l'11 settembre 2001..." (e via di seguito...chi pi ne ha pi ne aggiunga di domande simili).

  • Queste domande esprimono un grande vuoto, un vuoto di

    conoscenza della fede. Non si pu dimenticare che siamo in una terra in cui la vita cristiana ha perso quota. Talvolta ho davvero l'impressione di vivere a due dimensioni: la chiesa e i credenti camminano per una strada; tutti gli altri

    su un'altra.

    E quella domanda Ges a chi la rivolgerebbe oggi?

    Io credo che la rivolgerebbe proprio a questi "persi", a questi "habitu" del "cos fan tutti, cos faccio io e mi sento

    molto ok" (salvo depressioni post abitudine!).

    S, Ges a questi che farebbe la proposta choc e non certo ai tanti che hanno un'idea "tradizionale" della fede.

    Ges fa la proposta choc della sofferenza: la sofferenza non una strada di chiusura ma di apertura alla vita

    eterna.

    Certo, un linguaggio duro. Cos come duro accettare la croce nella vita di tutti i giorni.

    Se uno ci pensa, tanti giovani sono l, bicchiere in mano, ore piccole tirate alla pi non posso perch vogliono

    colmare il vuoto della vita.

    La vita ha un vuoto che sofferenza: il vuoto pi grande la mancanza di senso. La mancanza di senso come un bicchiere bellissimo, di cristallo, ma vuoto.

    Un bicchiere di cristallo che io sto a contemplare nella sua "vuotezza". E lo riempio di aria. E sempre vuoto .

    Ges, dicendo di seguirlo sta dando una soluzione alla nostra vita persa: seguire la via vera della vita che

    significa anche avere tra le mani il senso pi pieno della vita.

  • Il cristianesimo vita che cambia.

    Allora, non si segue Ges solo con le parole. Non si segue Ges solo dicendo un s vocale. Si segue con la vita.

    A quei giovani che trovo le sere davanti ai localini, vorrei dire: seguimi. E donargli Ges. Magari tutti insieme, scoprirebbero che Ges non li allontana dai localini, ma li

    avvicina a tutti gli altri. E, nei localini, si troverebbe il modo di essere cristiani e credenti. E magari le domande diventerebbero delle proposte da fare ai pi lontani.

    Mi rendo conto di quanto siamo lontani da un vero orizzonte missionario a 360 gradi. E di quanta conversione c' bisogno in ogni cristiano perch tutti comprendano che

    seguire Ges e la sua Croce, ogni giorno, possibile ed salvezza!!!

    Lo scandalo dell'amore disarmato

    padre Ermes Ronchi

    Ges incominci a dire che doveva molto soffrire e venire

    ucciso!

    Questo lo scandalo del cristianesimo, un Dio che entra nel dolore e nella morte perch nel dolore e nella morte entra ogni suo figlio.

    la sorpresa di Pietro: Dio non voglia, questo mai! Tu vuoi

    salvare questo mondo che ha problemi immensi, lasciandoti uccidere? Sei un illuso, il mondo non sar salvo per un crocifisso in pi. Usa altri mezzi: il potere, il miracolo, l'autorit. Ed proprio questo che Ges rifiuta.

    Sceglie invece i mezzi pi poveri: l'amore disarmato, il cuore limpido, il non fare violenza mai, il perdono fino alla fine, l'abbraccio al lebbroso.

  • Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Se uno vuol venire... Ma perch dovrei voler questo? Qual la molla? Lo rivela Ges stesso poco oltre: se uno vuol salvare la propria vita... L'energia della sequela un istinto di vita, bello e originario.

    Rinneghi se stesso. Parole pericolose se capite male. Rinnegarsi non significa annullarsi, diventare sbiadito e incolore. Ges non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente che ha fruttificato appieno i suoi talenti. Vuol dire:

    non sei tu il centro dell'universo, non sei tu la misura del tutto. Sei dentro una forza pi grande. Il tuo segreto oltre te.

    Prenda la sua croce. E l'abbiamo interpretato come: soffri con pazienza, accetta, sopporta. Una esortazione alla rassegnazione. Ma non occorreva certo Ges per dire questo. La croce nel Vangelo l'impensabile di Dio, la

    prova che Dio ama me pi della propria vita.

    Per capire basta sostituire la parola Croce con la parola amore: Se qualcuno vuole venire con me, prenda su di s tutto l'amore di cui capace. Prendi la tua porzione di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di croce che

    ogni amore comporta, altrimenti non ami. Tutti, io per primo, abbiamo paura del dolore. Ci sia concessa, per, la grazia di non aver paura di amare: sarebbe paura di

    vivere.

    E poi seguimi. Seguire Cristo non macerarsi in sacrifici ma conquistare un'infinita passione per l'esistenza, in tutte le sue forme, in tutte le sue creature. Fai come me,

    prendi su di te una vita che sia il riassunto della mia vita dice Ges, il coraggioso che tocca i lebbrosi e sfida chi vuole uccidere l'adultera, il tenero che si commuove per le

    folle senza pastore e per due passeri, il povero che mai entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero, libero

  • come nessuno, amore come nessuno, uomo dalla vita

    buona, bella, felice. Vivi le mie stesse passioni. E troverai la vita. Dimentica che esisti quando dici che ami ( J. Twarkowski) e troverai la vita.

    Prendere o lasciare

    don Alberto Brignoli

    abbastanza comune, tra noi che ci professiamo cristiani,

    un atteggiamento di "separazione", di "frattura" tra la fede professata a parole e la prassi, tra ci che proclamiamo e celebriamo nella liturgia e ci che viviamo nella nostra

    quotidianit. La spontaneit propende ovviamente pi per la prima che per la seconda: ossia, ci pi facile dire con la bocca che Ges il Signore, il Figlio di Dio, che

    nemmeno dimostrarlo con i fatti, con una vita coerente col Vangelo nel quale diciamo di credere. facile, e pure bello, proclamare Ges come "Cristo, Figlio del Dio vivente":

    un po' meno facile accettare di "rinnegare noi stessi, prendere la nostra croce e seguirlo". Dimostriamo, quindi, un'incoerenza tutta umana, anche normale, se vogliamo: capitato a Pietro, il primo tra i discepoli del Signore, volete

    che non capiti pure a noi?

    Il fatto che questo succeda e sia umano non significa per giustificare le nostre incoerenze e i nostri tradimenti nei confronti del Signore. Lui non li giustifica per niente, anzi:

    vede questa nostra incoerenza come un intralcio al compimento della sua missione di salvezza. E non ce lo manda certo a dire: di fronte alle proteste di Pietro che

    non accetta un Messia incamminato a Gerusalemme per soffrire ed essere messo a morte, gli appioppa il peggior titolo che un cristiano possa sentirsi dire dal suo Maestro: "satana", ovvero "l'avversario", colui che "divide", colui

    che intralcia i piani di Dio. E tutto questo perch Pietro,

  • bravissimo poco prima a lasciar parlare dentro di s la

    voce dello Spirito ("n la carne, n il sangue te l'hanno rivelato"), ora torna a ragionare "secondo gli uomini e non secondo Dio". Tutto ci, per Ges, "scandaloso".

    Lo scandalo non , come siamo abituati a pensare, un sentimento di vergogna e di annichilamento dovuto ad

    atteggiamenti riprovevoli ed eclatanti commessi in pubblico. Per Ges, lo scandalo soprattutto l'incoerenza tra ci che diciamo (ovvero che lo amiamo sopra ogni cosa