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Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare n. 14, marzo-aprile 2012 14 ISSN 2038-5293

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Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione,

diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare

n. 14, marzo-aprile 2012

14ISSN 2038-5293

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n. 14, marzo-aprile 2012Ministro del la Salute : Renato BalduzziDirettore Scientif ico : Giovanni Simonett iDirettore Responsabi le : Paolo Casolar iDirettore Editor iale: Daniela RodorigoVicedirettore esecutivo: Ennio Di Paolo

Comitato di DirezioneMassimo Aquili (Direttore Ufficio V – Direzione Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); Francesco Bevere (Direttore Generale dellaProgrammazione Sanitaria); Silvio Borrello (Direttore Generale per l’Igiene, la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione); Massimo Casciello (Direttore Generaledella Ricerca Sanitaria e Biomedica e della Vigilanza sugli Enti); Giuseppe Celotto (Direttore Ufficio Generale delle Risorse, dell’Organizzazione e delBilancio); Gaetana Ferri (Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari); Giovanni Leonardi (Direttore Generale delle Professioni Sanitariee delle Risorse Umane del Servizio Sanitario Nazionale); Romano Marabelli (Capo Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria, della Sicurezza Alimentaree degli Organi Collegiali per la Tutela della Salute); Marcella Marletta (Direzione Generale dei Dispositivi Medici, del Servizio Farmaceutico e della Sicurezzadelle Cure); Fabrizio Oleari (Capo Dipartimento della Sanità Pubblica e dell’Innovazione); Filippo Palumbo (Capo Dipartimento della Programmazione edell’Ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale); Daniela Rodorigo (Direttore Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); GiuseppeRuocco (Direttore Generale dei Rapporti Europei e Internazionali); Francesco Schiavone (Direttore Ufficio III – Direzione Generale della Comunicazione edelle Relazioni Istituzionali); Rossana Ugenti (Direttore Generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario); Giuseppe Viggiano (Direttore Generale degliOrgani Collegiali per la Tutela della Salute)

Comitato Scientif icoGiampaolo Biti (Direttore del Dipartimento di Oncologia e Radioterapia dell'Università di Firenze); Alessandro Boccanelli (Direttore del Dipartimentodell’Apparato Cardiocircolatorio dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata – Roma); Lucio Capurso (Direttore Generale degli Istituti FisioterapiciOspitalieri – Roma); Francesco Cognetti (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena Irccs – Roma);Alessandro Del Maschio (Direttore del Dipartimento di Radiologia delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Vincenzo Denaro (Preside delIa Facoltàdi Medicina e Chirurgia e Responsabile delI’Unità Operativa Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Universitario Campus Biomedico – Roma); MassimoFini (Direttore Scientifico delI’Irccs S. Raffaele Pisana – Roma); Enrico Garaci (Presidente delI’Istituto Superiore di Sanità – Roma); Enrico Gherlone(Direttore del Servizio di Odontoiatria delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Maria Carla Gilardi (Ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informatica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Renato Lauro (Rettore dell’Università Tor Vergata – Roma);Gian Luigi Lenzi (Ordinario di Clinica Neurologica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università la Sapienza – Roma); Francesco AntonioManzoli (Direttore Scientifico delI’Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna); Attilio Maseri (Presidente delIa Fondazione “Per il Tuo cuore - Heart CareFoundation Onlus” per la Lotta alle Malattie Cardiovascolari – Firenze);Maria Cristina Messa (Ordinario del Dipartimento di Scienze Chirurgiche pressola Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Sergio Ortolani (Coordinatore dell’Unità di Malattie del Metabolismo Osseo eReumatologia – Irccs Istituto Auxologico Italiano – Milano); Roberto Passariello (Direttore dell’Istituto di Radiologia – Università La Sapienza – Roma);Antonio Rotondo (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini – 2a Università di Napoli); Armando Santoro (Direttore del Dipartimentodi Oncologia Medica ed Ematologia – Irccs Istituto Clinico Humanitas – Rozzano, Mi); Antonio Emilio Scala (Preside delIa Facoltà di Medicina eChirurgia dell’Università Vita/Salute San Raffaele – Milano); Giovanni Simonetti (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Imaging Molecolare, Radioterapia e Radiologia Interventistica del Policlinico Universitario Tor Vergata – Roma); Alberto Zangrillo (Ordinario di Anestesiologia eRianimazione dell’Università Vita/Salute San Raffaele e Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardiochirurgica dell’Ospedale San Raf-faele Irccs – Milano)

Comitato di RedazioneSimonetta Antonelli, Massimo Ausanio, Carla Capitani, Amelia Frattali, Francesca Furiozzi, Milena Maccarini, Carmela Paolillo, Alida Pitzulu,Claudia Spicola (Direzione Generale della Comunicazione e Relazioni Istituzionali del Ministero della Salute),Antonietta Pensiero (Direzione GeneralePersonale, Organizzazione e Bilancio del Ministero della Salute)

Quaderni del Ministero della Salute© 2012 - Testata di proprietà del Ministero della Salute A cura della Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali Viale Ribotta 5 - 00144 Roma - www.salute.gov.itConsulenza editoriale e grafica: Wolters Kluwer Health Italy S.r.l.Registrato dal Tribunale di Roma - Sezione per la Stampa e l'Informazione - al n. 82/2010 del Registro con Decreto del 16 marzo 2010ISSN 2038-5293Pubblicazione fuori commercio, consultabile online sul sito www.quadernidellasalute.itTutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta o trasmessa inqualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura, registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni,senza il permesso scritto da parte dell’Editore

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Perché i Quaderni

Uniformare e fissare, nel tempo e nella memoria, i criteri di appropria-tezza del nostro Sistema salute.

È l’ambizioso progetto-obiettivo dei Quaderni del Ministero della Salute, lanuova pubblicazione bimestrale edita dal dicastero e fortemente voluta dalMinistro Ferruccio Fazio per promuovere un processo di armonizzazionenella definizione degli indirizzi guida che nascono, si sviluppano e proce-dono nelle diverse articolazioni del Ministero.I temi trattati, numero per numero, con taglio monografico, affronterannoi campi e le competenze più importanti, ove sia da ricercare e conseguire ladefinizione di standard comuni di lavoro. La novità è nel metodo, inclusivo e olistico, che addensa e unifica i diversicontributi provenienti da organi distinti e consente quindi una verificaunica del criterio, adattabile volta per volta alla communis res. La formadunque diventa sostanza, a beneficio di tutti e ciò che è sciolto ora coagula.Ogni monografia della nuova collana è curata e stilata da un ristretto e iden-tificato Gruppo di Lavoro, responsabile della qualità e dell’efficacia deglistudi. Garante dell’elaborazione complessiva è, insieme al Ministro, il pre-stigio dei Comitati di Direzione e Scientifico.Alla pubblicazione è affiancata anche una versione telematica integrale sfo-gliabile in rete ed edita sul portale internet del Ministero www.salute.gov.it;qui è possibile il costante approfondimento dei temi trattati grazie alla sem-plicità del sistema di ricerca e alla scaricabilità dei prodotti editoriali; traquesti spiccano le risultanze dei pubblici convegni mirati che, volta pervolta, accompagnano l’uscita delle monografie nell’incontro con le artico-lazioni territoriali del nostro qualificato Sistema salute.Non ultimo, il profilo assegnato alla Rivista, riconoscibile dall’assenza dipaternità del singolo elaborato, che testimonia la volontà di privilegiare,sempre e comunque, la sintesi di sistema.

Le ragioni di una scelta e gli obiettivi

Giovanni SimonettiDirettore Scientifico

Paolo CasolariDirettore Responsabile

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Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione,

diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare

GRUPPO DI LAVOROSilvano Casazza, Domenico Consoli, Fabrizio A. de Falco, Roberto Delfini, Gian Luigi Lenzi (Coordinatore), Giulio Maira, Salvatore Mangiafico, Giuseppe Micieli, Fabrizio Oleari, Filippo Palumbo, Stefano Paolucci,

Leandro Provinciali, Bruno Rusticali, Maria Luisa Sacchetti, Antonino Salvia, Antonio Santoro, Giovanni Simonetti, Paolo Stanzione, Rossana Ugenti, Concetta Vaccaro, Andrea Vignati

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Indice

Prefazione pag. IX

Foreword pag. XIII

Sintesi dei contributi pag. XVII

Abstract pag. XXV

1. Scopo del documento e dimensioni del problema pag. 1

2. La fase preospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso pag. 13

3. Le patologie cerebrovascolari nel DEA pag. 21

4. La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi pag. 29

5. I ricoveri impropri e la gestione pag. 67delle altre urgenze neurologiche

6. I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione pag. 75

7. I percorsi assistenziali nel post-acuto pag. 85e i rapporti con il territorio: continuità dell’assistenza, presa in carico da parte del medico di famiglia, adattamento individuale e reinserimento sociale

8. La comunicazione pag. 109

Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare

Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione,

diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare

n. 14, marzo-aprile 2012

14ISSN 2038-5293

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9. Le verifiche di qualità pag. 121

10. Il Registro Nazionale dell’Ictus pag. 143

Bibliografia pag. 149

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Prefazione

Il Ministero della Salute ha voluto dedicare alla malattia cerebrovascolare due deisuoi Quaderni della Salute, il primo presentato nel 2010 e dedicato alle Stroke

Unit, il secondo presentato oggi e dedicato all’intera problematica e all’intero percorsoassistenziale dei pazienti colpiti da malattie cerebrovascolari: dal riconoscimento deisintomi di allarme da parte del cittadino e del medico di medicina generale all’ac-cettazione al Pronto Soccorso sul territorio, fino al rientro a casa e oltre. La motivazionedel Ministero della Salute può essere riconosciuta nella frase introduttiva di tutte lerelazioni scientifiche sull’argomento “STROKE”, che è la seguente: “Lo stroke è la se-conda causa di morte e la prima causa di invalidità nel mondo occidentale”.

Per il nostro Paese sono più di 200.000 i nuovi casi di ictus l’anno, con una mortalitàdel 25% entro 30 giorni e con il 50% di pazienti che non recuperano una sufficienteautonomia dopo 12 mesi, e di questi la metà circa non riesce nemmeno a tornarealle proprie famiglie, alle proprie case, ma deve essere assistita in una Istituzione.

Estrapolando per l’Italia i dati europei del 2010, pubblicati dallo European BrainCouncil nell’ottobre 2011, i costi dell’ictus – calcolando solo i nuovi casi per anno– sono pari a 4200 milioni di euro, con un costo per paziente di circa 21.000euro. Solo i pazienti con sclerosi multipla costano, per singolo caso, di più, ma per-ché in questa patologia il costo viene calcolato sulla cronicità della malattia.

Il primo Quaderno, dedicato alle Stroke Unit, aveva focalizzato l’attenzione suquesti pazienti nella loro fase acutissima, nelle prime ore della presentazione clinicadell’ictus, secondo il concetto “Time is brain”, anche per le enormi potenzialità te-rapeutiche della terapia di trombolisi sia per via endovenosa sia con approcci en-dovascolari.

Peraltro la trombolisi, che rappresenta la punta di diamante come arma terapeuticadella Neurologia d’Urgenza, può, nella migliore delle ipotesi, essere applicata al

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7-10% dei nuovi casi di ictus, numericamente a 10-15.000 pazienti. In Italia visono 136 Strutture autorizzate al trattamento trombolitico, ma sul piano reale iCentri veramente attivi sono solo una parte e il numero dei pazienti trattati pervia venosa può essere stimato a oggi in circa 1600, a cui devono essere aggiunti icirca 400 casi trattati per via locoregionale: è un risultato che deve spingerci a mi-gliorare il rapporto domanda/offerta, se pensiamo che, almeno nell’area urbana diRoma, i dati indicano che il 13% dei pazienti con ictus giunge al DEA in tempo econ i criteri di eleggibilità per la trombolisi, ma solamente l’8% viene trattato permancanza di posti-letto in Stroke Unit.

Il Quaderno presentato oggi, che è la continuazione culturale del precedente Qua-derno sulle Stroke Unit, è rivolto ai pazienti che accedono alle Stroke Unit, maanche a tutti gli altri pazienti di nuova presentazione con ictus acuto di qualsiasiorigine, ricordando che per tutti loro il ricovero in Stroke Unit porta comunque aminore mortalità, minore deficit residuo e anche minore durata globale di degenza.Tuttavia, nell’ottica globale della malattia cerebrovascolare è importante appro-fondire quello che viene prima dell’ictus, quindi il TIA (attacco ischemico transi-torio), quello che si può/deve fare all’esordio dei sintomi, quindi la diagnosi precoce,gli schemi FAST, e quello che si dovrà fronteggiare dopo la fase acuta, con compli-canze che colpiscono almeno la metà dei pazienti con ictus, sia nella fase acuta (ladisfagia), sia nella fase subacuta (la depressione post-ictus), sia nella fase cronica(la demenza vascolare).

La Stroke Unit deve poi essere programmata per essere non solo il momento diagno-stico-terapeutico dell’ictus ischemico acuto, ma anche il centro decisionale di unadiagnostica differenziale che può/deve coinvolgere in urgenza, in codice rosso – perchéanche qui “Time is brain” –, altre specialità e competenze, quali la Neurochirurgia(per le ESA e gli ematomi intraparenchimali e subdurali), la Chirurgia Vascolare(per le dissecazioni arteriose o le trombosi acute di carotide, per esempio), la Ra-diologia Interventistica (per il trattamento endovascolare delle tromboembolie ce-rebrali in fase acuta e per gli approcci endovascolari nelle ESA e nelle MAV, peresempio). Se i dati di epidemiologia più recenti (del dicembre 2011) indicano chia-ramente che in oltre l’80% dei casi il nuovo caso di ictus ha una natura ischemica,

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lo stesso dato indica che ogni anno vi sono almeno 40.000 casi di ictus non ische-mico: emorragie cerebrali, ematomi, emorragie subaracnoidee, aneurismi, trombosivenose, malformazioni artero-venose, cavernomi e altro ancora.

Anche per questi motivi, a valle della Stroke Unit, e per una percentuale elevatis-sima di pazienti – l’87% se si considerano i dati su Roma – che arrivano al DEAma non rispondono ai criteri della trombolisi, per ritardo nella diagnosi, per età,per varie altre comorbidità – quindi una percentuale enorme –, può svolgere unruolo importante la Neurologia Subintensiva e le Strutture di Neurologia dedicateall’Urgenza, fondamentali nei malati con lesioni non ancora stabilizzate, qualigli ematomi intraparenchimali non trattati dal neurochirurgo, e sono la stragrandemaggioranza, anche se per questi si pone la domanda se il loro trasferimento reale,fisico – e non un solo giudizio sulle immagini – è di vantaggio per il pazienteovvero è un traumatismo inutile.

Il vantaggio delle Strutture dedicate all’ictus è inoltre basato sull’integrazione tral’assistenza della fase acuta e quella di ordine neuroriabilitativo, secondo il modellodi una Stroke Unit che coniuga nella stessa Struttura l’assistenza medica, con par-ticolare attenzione alla prevenzione delle complicanze, e quella finalizzata al recu-pero motorio, cognitivo, timico, per una quanto più precoce possibile integrazionecon i modelli di assistenza subintensiva e poi di specifica neuroriabilitazione. In unmodello assistenziale così organizzato si realizza pienamente un approccio pluridi-sciplinare e professionale in grado di ridurre sensibilmente le conseguenze individualie sociali dell’ictus, ottenendo anche una diminuzione dei costi, sia per la riduzionedel tempo di degenza in Stroke Unit (che, come Unità ad alta intensità di cure èevidentemente a costi molto elevati), sia per l’ottimizzazione dell’outcome attraversola degenza in Strutture esperte e dedicate di Neurologia post-intensiva, sia per la ri-duzione globale della degenza ospedaliera in toto, come dimostrato da varie evidenzescientifiche in letteratura internazionale.

Va sottolineato come il ruolo della neuroriabilitazione, di per sé già attualmenterilevante, lo diventerà ancora di più nei prossimi anni, in conseguenza sia dell’au-mento dell’età media della popolazione, essendo l’ictus una patologia fortemente

Prefazione

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età-correlata, sia per la concomitante riduzione della mortalità della fase acuta,per la prevedibile maggiore diffusione nei prossimi anni della Stroke Unit e deitrattamenti trombolitici. La creazione di Strutture di alta specializzazione neuro-riabilitativa sembra la risposta di eccellenza nel percorso assistenziale della malattiacerebrovascolare.

Certamente, tutti questi aspetti e queste tappe intermedie vanno attentamente mo-nitorati, valutando il singolo paziente in entrata e in uscita, per premiare dove c’èeccellenza e per correggere dove i risultati appaiono inferiori a quanto dovrebbero:e nel futuro c’è quindi un Registro Nazionale dell’Ictus, dove questi dati vengonoregistrati per dare alle Regioni e al Ministero una base oggettiva per la programma-zione sanitaria.

Il Quaderno della Salute presentato oggi ha preso in esame tutti questi aspetti, perfinire con uno studio estremamente importante su come è vista e giudicata l’assi-stenza all’ictus dall’utente finale: il malato e la sua famiglia. Perché questo è ilcompito che il Ministero si è dato: riportare il malato al centro di ogni discorso einiziativa di salute, dalla prevenzione, all’assistenza, al recupero.

Prof. Renato Balduzzi Ministro della Salute

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Foreword

The Ministry of Health has decided to dedicate stroke one of its Quaderni dellaSalute. The first such publication, presented in 2010, was dedicated to Stroke

Units, whilst the second, which is being presented today, is dedicated to the issue asa whole and the entire care programme for stroke patients: from the recognition ofalarm symptoms by the citizen and his/her general practitioner to admission to thelocal Accident & Emergency Department, through to discharge and beyond. TheMinistry of Health’s motivation can be identified in the introductory statement thatcharacterises all scientific presentations on stroke, namely: “Stroke is the second causeof death and the primary cause of invalidity in the Western world”.

In Italy, there are more than 200,000 new cases of stroke a year, with a 30-daymortality of 25%. Some 50% of patients do not regain adequate autonomy after12 months, and of these, approximately half are not even able to return to theirfamilies and their own homes and need to be cared for in an institution.

If we extrapolate the information concerning Italy from the 2010 data for Europe,published by the European Brain Council in October 2011, the costs of stroke – cal-culating the new cases per year alone – amount to 4200 million Euros, with a costper patient of 21,000 Euros. Only multiple sclerosis patients cost more per case, butthis is because for this condition the cost is calculated on the chronicity of the illness.

The first Quaderno, that dedicated to Stroke Units, focussed attention on thesepatients in their very acute phase, in the very first few hours following the clinicalpresentation of stroke, in line with the “Time is brain” concept, given also the enor-mous therapeutic potential of thrombolytic therapy using both intravenous and en-dovascular approaches.

Besides, thrombolysis, the gold standard treatment in Emergency Neurology, can,in the best case scenario, be applied to 7-10% of new cases of stroke, i.e. 10-15,000

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Ministero della Salute

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patients. In Italy, there are 136 facilities authorised to administer thrombolytictreatment, however, only part of these are actually truly active and the number ofpatients receiving treatment via a venous approach can currently be estimated as1600, to which we can add approximately 400 cases receiving local treatment: thisis a result that must urge us to improve the demand/supply relationship, consideringthat data for the greater Rome area suggest that although 13% of stroke patientsget to A&E in time and with criteria making them eligible for thrombolysis, just8% are treated, due to a shortage of Stroke Unit beds.

The Quaderno that we are presenting today, the cultural continuation of the pre-vious volume on Stroke Units, has been written for patients admitted to StrokeUnits, as well as all other patients with new onset acute stroke of whatever origin,remembering that for all such cases, admission to a Stroke Unit in itself meanslower mortality, a slighter residual deficit and a shorter overall stay in hospital.However, as part of a holistic view of stroke, it is important to thoroughly explorewhat comes before the event itself, in other words TIA (transient ischaemic attack),what can and must be done at the onset of symptoms – early diagnosis, FAST reg-imens – and the post-acute phase setting, in which complications affect at least halfof all stroke patients, in the acute phase (dysphagia), subacute phase (post-strokedepression) and chronic phase (vascular dementia).

Stroke Units therefore need to be planned not merely to deal with the diagnostic andtherapeutic aspects of acute ischaemic stroke, but also as the decision-making centrefor differential diagnosis that can and must involve in emergency, red code settings –because once again “time is brain” – other specialisations and skill sets, such as Neu-rosurgery [for subarachnoid haemorrhages (SAH) and intraparenchymal and sub-dural haematomas], Vascular Surgery (for arterial dissections or acute carotidthromboses, for example), Interventional Radiology [for the endovascular treatmentof cerebral thromboses/emboli in the acute phase and for endovascular approachesin patients with SAH and arteriovenous malformations (AVM), for example]. Al-though the most recent epidemiology data (December 2011) clearly indicates thatover 80% of new cases of stroke have an ischaemic nature, this information also in-dicates that every year there are at least 40,000 cases of non-ischaemic stroke: brain

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haemorrhages, haematoma, subarachnoid haemorrhages, aneurysms, venous throm-boses, arteriovenous malformations, cavernomas and the like.

For these reasons too, upstream of the Stroke Unit and for a very high percentageof patients – 87% according to the data for Rome – who reach A&E but are noteligible for thrombolysis, due to a delay in diagnosis, their age or other co-morbidi-ties – and thus a very great percentage – an important role can be played by sub-intensive neurology and the neurology facilities dedicated to emergency settings,which are fundamental in patients with lesions that have not yet stabilised, suchas intraparenchymal haematomas not treated with a neurosurgery, i.e. the vast ma-jority, although for such cases, it has to be considered whether their actual, physicaltransfer, rather than a mere opinion on imaging material, is beneficial for the pa-tient or a pointless trauma.

The advantage of dedicated stroke facilities is based on the integration betweencare in the acute phase and the neurorehabilitation programme, according to themodel that combines, in the same facility, medical care, with special attention onthe prevention of complications, and that aimed at motor, cognitive and thymicrecovery, for the earliest possible integration with sub-intensive care and, subse-quently, specific neurorehabilitation models. A care model with this type of organ-isation, makes it possible to fully achieve a multidisciplinary and professionalapproach able to significantly reduce the individual and social consequences ofstroke, thus also obtaining cost savings, due to the reduction of the length of staysin the Stroke Unit (which, being a unit characterised by a high care intensity, ob-viously has very high costs), the optimisation of outcomes through stays in expert,dedicated post-intensive neurology facilities and the overall reduction in hospital-isation, as shown by various scientific publications in international literature.

It should be pointed out that the role of neurorehabilitation, which is already highlyimportant, will become even more so over the next few years, as a consequence ofboth the increase in the mean age of the population, as stroke is a highly age-relatedillness, and for the concomitant reduction in acute phase mortality, due to the fore-seeable greater diffusion of Stroke Units and thrombolysis centres in the years to

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Foreword

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come. The establishment of highly-specialised neurorehabilitation facilities wouldappear the response of excellence in the stroke care programme.

Undoubtedly, all these aspects and intermediate steps must be closely monitored, byassessing each and every incoming and outgoing patient, to reward excellence andto correct less than satisfactory results: the future will therefore also lead to the creationof a National Stroke Register in which this data will be recorded to give the RegionalAuthorities and the Ministry an objective basis for healthcare planning.

The Quaderno della Salute being presented today deals with all these aspects, tofinish with a study of instrumental importance on how stroke care is perceived bythe end user: the patient and his/her family. Because this is the goal the Ministryhas set itself: to bring the patient back to the centre of any matter and initiativeconcerning health, prevention, care and recovery.

Prof. Renato Balduzzi Minister of Health

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Ministero della Salute

trombolitico, che trova indicazione solo in unaparte degli ictus ischemici. I ricoveri per ictus consumano oltre un milione digiornate di degenza l’anno e il 50% dei pazientiche hanno subito un ictus cerebrale riporta degliesiti, e per questi sono da prevedere almeno quattromilioni di giornate di degenza come riabilitazionee in molti casi è da prevedere un costo socioassi-stenziale per tutta la vita. La consapevolezza del-l’elevato costo sanitario e sociale delle vasculopatiecerebrali acute deve quindi indurre le Autorità re-golatorie a concentrare in un contesto ospedaliero“dedicato” le diverse risorse in letti e personale ein tecnologie attualmente disperse sotto diverseetichette, configurandole in un sistema di StrokeUnit di differenti livelli. Si realizzerebbe, così, unarivoluzione “a costo zero”, tale da assicurare co-munque e diffusamente un miglioramento del-l’outcome e quindi dei costi a lungo termine in-sieme a una riduzione della durata delle degenze. È tuttavia evidente che ai fini della riduzione dellamortalità, della disabilità residua e della necessitàdi istituzionalizzazione della persona colpita da ictus, il problema non si limita alla pur importantefase acuta e al trattamento trombolitico, che nellamigliore delle ipotesi può essere praticato in menodel 10% degli ictus ischemici, ma va visto in un’ot-tica globale che va dal riconoscimento dei primisintomi dell’evento cerebrovascolare all’attivazionedel servizio territoriale dell’emergenza-urgenza, al-l’individuazione e all’allertamento delle struttureadeguate al trattamento dello specifico caso, allagestione intraospedaliera, al progetto e al tratta-mento riabilitativo, alla prevenzione secondaria,all’auspicabile rientro al domicilio, alla presa incarico della persona colpita da ictus da parte delMMG, dello specialista territoriale o dell’ADI.Tutte queste componenti, a partire dalla consape-volezza nella popolazione, vanno affrontate e gestiteattraverso percorsi e processi di cura che siano ef-

Sintesi dei contributi

1. Scopo del documento e dimensioni del problema

La Commissione Unica Ministeriale – Gruppo diLavoro STROKE, incaricata con DM 28 maggio2008 di redigere un Documento sull’“Organizza-zione dell’Assistenza all’Ictus Cerebrale”, ha con-cluso la prima parte del proprio compito con unelaborato dal titolo “Le Stroke Unit”, presentatoalle Autorità Regionali e agli addetti ai lavori il 18maggio 2010 e pubblicato sul n. 2 dei Quadernidel Ministero della Salute. Già nei Capitoli iniziali,il Gruppo di Lavoro aveva sottolineato l’elevatadomanda assistenziale che l’incidenza e la prevalenzadell’ictus comportavano e il fatto che l’offerta assi-stenziale fosse assai diversa nelle varie Regioni enelle differenti realtà sanitarie della stessa Regione.L’elevata mortalità acuta, soprattutto per le emor-ragie subaracnoidee, e la possibilità, ma anche glistretti limiti temporali, di una terapia risolutivaper via sistemica o anche endovascolare nell’ictusischemico, o la necessità di un approccio neuro-chirurgico, fanno sì che l’ictus debba essere con-siderato un’“emergenza” e debba quindi seguiredei percorsi dedicati, che permettano l’accesso delpaziente in acuto a protocolli diagnostici e tera-peutici ben definiti in Strutture specialistiche ade-guate, e cioè in Neurologie a indirizzo vascolareconfigurate come Stroke Unit di II o III livello. Va ricordato che il beneficio della Stroke Unit siesplica su tutta la popolazione di pazienti conictus acuto, ischemico o emorragico, indipenden-temente da patogenesi, gravità, sesso ed età deipazienti e a prescindere anche dal trattamento

n. 14, marzo-aprile 2012

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viabili con profitto alle Stroke Unit più attrezzateper il loro trattamento (ictus ischemico in finestraterapeutica, emorragia subaracnoidea, ematomaintraparenchimale).

3. Le patologie cerebrovascolari nel DEA

Una grande parte delle affezioni neurologiche esor-disce in maniera acuta e si presenta con le caratte-ristiche dell’urgenza e, di converso, la patologianeurologica costituisce una considerevole quotanell’ambito delle urgenze mediche in ogni realtàospedaliera. Le urgenze neurologiche, inoltre, sonoparticolarmente devastanti in termini di disabilitàe mortalità e sono gravate da notevoli costi, nonsolo relativi all’assistenza in acuto, ma ancora piùrelativamente agli esiti spesso invalidanti. La letalitàa 30 giorni raggiunge il 50% per l’emorragia intra-parenchimale, il 29% per il trauma cranico, il 20%per i casi di stato di male epilettico. Inoltre, il 50%dei casi di emorragia subaracnoidea è fatale.In Italia i ricoveri per patologia neurologica rappre-sentano il 7,5% del totale con 578.850 ricoveri su7.735.053, secondo i dati del Ministero della Saluterelativi all’anno 2008. L’ictus cerebrale (DRG 14) el’attacco ischemico transitorio (DRG 15) copronoda soli il 29,7% dei dimessi con diagnosi neurolo-giche. L’ictus ricade al sesto posto per numerositàdi dimissioni (113.288) e, tra le urgenze neurologi-che, rappresenta certamente la patologia di maggiorerilevanza, sia per la sua frequenza, sia per l’esigenzadi applicare con immediatezza protocolli diagno-stico-terapeutici finalizzati alla riduzione della mor-talità e al miglioramento dell’outcome. Un modello organizzativo che preveda il ricoveroin Stroke Unit e la precoce presa in carico del pa-ziente già dalla fase acuta (early supported discharge)appare in grado di ridurre la durata del ricovero epertanto i costi della degenza e contemporanea-mente la disabilità residua e quindi i costi nel lungo

ficienti, efficaci, realizzabili, verificabili e omogeneisu tutto il territorio nazionale. Solo in questo modosarà possibile ottenere il massimo beneficio per ilcittadino e il migliore utilizzo delle risorse dispo-nibili.L’individuazione e la descrizione di tali percorsicostituiscono il razionale di questo elaborato.

2. La fase preospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso

La tempestività dei soccorsi nel caso di patologiacerebrovascolare acuta è abitualmente inficiata dal-l’assenza di adeguate informazioni alla popolazionesui suoi sintomi di esordio. Per tale ragione si ritieneche una corretta informazione rivolta alla popola-zione nel suo insieme possa ridurre notevolmenteil ritardo evitabile proprio della fase preospedaliera.L’adozione di un percorso rapido e facilmente con-divisibile (come quello iniziato con il codice ictus)sembra essere in grado di accelerare i tempi di in-tervento e la loro qualità complessiva. In partico-lare, l’allertamento contemporaneo da parte del118 dello specialista di pronto soccorso e del neu-rologo può determinare la riduzione significativadei tempi di esecuzione delle indagini diagnostichee dei relativi trattamenti in caso di ictus acuto. Nell’organizzazione dei servizi per l’emergenza-ur-genza deve essere privilegiato un approccio finaliz-zato alla rapida e congrua destinazione dei pazienticon ictus identificati al momento del soccorso, evi-tando laddove possibile l’invio in Strutture ospeda-liere sprovviste di Stroke Unit o facilitando a questeStrutture l’accesso del paziente (sia pure attraversoun trasporto secondario differito) che erroneamenteè stato inviato (o si è autopresentato) in ospedaliprivi dell’organizzazione assistenziale necessaria. Nel caso di sedi ospedaliere disagiate è indispen-sabile l’attivazione di servizi di telemedicina, ingrado di permettere la selezione dei pazienti in-

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modello, l’attività di pronto soccorso sulla patologianeurologica d’urgenza (tra cui l’ictus acuto) è svoltadal DEA con specialisti neurologi operanti all’in-terno di un’Unità Operativa che riunisca insiemele competenze sulle urgenze neurologiche in gene-rale e le malattie cerebrovascolari acute in partico-lare. Inoltre, risulta indispensabile anche la valuta-zione neuroradiologica per la definizione diagno-stica e per il vaglio delle indicazioni al trattamentofibrinolitico/trombolitico locoregionale, soprattuttoin quei casi borderline in cui una diagnostica ap-profondita e mirata può risultare dirimente (TCperfusionale, RM con studi in diffusione). La tera-pia endovascolare è eseguibile in ospedali con StrokeUnit di III livello nei quali sia prevista una reperi-bilità del neuroradiologo interventista h24 per iltrattamento endovascolare dell’ictus ischemico edelle malformazioni cerebrali. Anche la patologiaemorragica acuta (emorragia subaracnoidea secon-daria a rottura di aneurismi, malformazioni arte-rovenose, fistole durali) richiama a un approcciomultidisciplinare tra il neuroradiologo interventista,il neurochirurgo, il neurologo e il neurorianimatore,con la necessità di integrare la valutazione clinicacon le indagini diagnostiche al fine di porre l’indi-cazione al trattamento più corretta per il paziente.L’adozione di un codice ictus rappresenta l’elementoimprescindibile di attivazione corretta ed efficacedel percorso intraospedaliero in caso di ictus siaischemico che emorragico. La presenza in numeroserealtà ospedaliere di importanti ritardi nell’esecu-zione dei processi di cura per l’ictus dopo l’accessoin ospedale richiede altresì l’adozione di misureatte a ridurre gli stessi (tra queste l’allerta del neu-rologo di guardia da parte del personale del 118).Nell’ambito della malattia cerebrovascolare siaischemica che emorragica è essenziale l’organizza-zione in rete che permetta rapidi trasferimenti (tra-sporto primario differito) da strutture di I o II li-vello a Stroke Unit di III livello qualora si identi-

termine. Infine, va considerato il fatto che le pato-logie neurologiche non vascolari a esordio acuto,pur se meno frequenti, sono generalmente altret-tanto severe in termini di mortalità e di disabilità.Anche per queste la diagnosi tempestiva e la gestionecompetente sono essenziali e il neurologo è eviden-temente e concretamente lo specialista che se ne as-sume il carico. Alla luce di questa considerazioneappare evidente che il modello organizzativo dellaStroke Unit, in virtù delle competenze professionaliche utilizza, dell’accesso in urgenza alle diagnostiche,della possibilità di monitoraggio subintensivo deipazienti e dell’aspetto multidisciplinare che la ca-ratterizza, può utilmente essere impegnato anchenella diagnosi e terapia di altre urgenze neurologichenon vascolari, secondo un concetto più allargato diNeurologia di Urgenza con Stroke Unit.

4. La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi

Il management intraospedaliero delle urgenze neu-rologiche è una fase cruciale dal punto di vista dellavalutazione clinico-diagnostica e, di conseguenza,dell’iter terapeutico. Tale percorso ha l’obiettivo diconsentire, in condizioni di emergenza, il correttoinquadramento della patologia, con rapidi tempidi esecuzione delle indagini, soprattutto nel casodell’ictus ischemico acuto, al fine di porre l’indica-zione al trattamento più adeguato. L’approcciomultidisciplinare è quindi essenziale per il raggiun-gimento di questi obiettivi e il coordinamento dellediverse figure professionali dal momento dell’arrivodel paziente al Pronto Soccorso al trattamento pre-vede diversi livelli di organizzazione. Nell’ambitodell’ictus ischemico, un modello di transizione dalPronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologiad’Urgenza è possibile in contesti organizzativi assi-milabili alle Stroke Unit di III livello per quantoriguarda le dotazioni ospedaliere generali. In questo

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possono derivare la riduzione del rischio clinico eun migliore outcome a breve come a lungo ter-mine del paziente cerebrovascolare.

5. I ricoveri impropri e la gestione delle altre urgenze neurologiche

Il concetto di appropriatezza di un ricovero è alta-mente dipendente dalle finalità assegnate al repartodi cui si tratta. In quest’ottica all’interno di unaStroke Unit in senso stretto sono appropriati solo iricoveri riguardanti la patologia neurovascolare:ischemia, emorragia ed emorragia sub aracnoidea.A seconda del livello della Stroke Unit, il ricoverosarà tanto più appropriato quanto più vi sia unacorrispondenza tra la complessità degli interventidi cui il paziente necessita e il livello della StrokeUnit. Rimane tuttavia esclusa da questa imposta-zione una serie di patologie strettamente neurolo-giche, che si presentano con carattere di urgenza eche pongono problematiche assistenziali le qualipossono/devono essere affrontate solo con una com-petenza specialistica di tipo neurologico in un am-biente che disponga di attrezzature per monitorarei parametri vitali ed expertise del personale per ladiagnosi e il trattamento. Tali patologie vanno dallostato di male epilettico ai disturbi di coscienza nonda cause contagiose, alla miastenia acuta, alla sin-drome di Guillan Barré acuta, ma anche al traumacranico medio grave non di interesse chirurgico. Acausa della necessità di monitorare i parametri vitali,queste patologie vengono spesso ricoverate nei Re-parti di Terapia Intensiva anche quando non è ne-cessaria l’assistenza respiratoria. Questa scelta ag-grava la già critica gestione dei ricoveri nelle Riani-mazioni. Quindi, un Reparto di Neurologia Sub -intensiva, attrezzato per il monitoraggio dei para-metri vitali e di quelli cerebrali (monitor EEG) efornito di personale medico e infermieristico conpreparazione specifica nel settore neurologico, po-

fichi una condizione clinica che richieda l’inter-vento con procedure e tecniche altrimenti non di-sponibili (neurochirurgiche, chirurgico-vascolari,endovascolari ecc.). Un’identificazione condivisadel livello funzionale delle strutture e la verificaregolare di qualità del loro expertise appaiono es-senziali per condividere tali percorsi all’interno diun’organizzazione in rete e, insieme con i percorsidiagnostico-terapeutici più appropriati, permetteredi garantire, nel tempo più breve possibile, il mas-simo di efficacia ed efficienza del sistema assisten-ziale anche per questa patologia in cui la validitàdei trattamenti è tempo-dipendente.L’attivazione delle procedure riabilitative per i pa-zienti ricoverati in Stroke Unit deve avvenire se-condo tempi rapidi che richiedono un adeguatolivello di organizzazione, nonché un collegamentofunzionale e organico con Strutture di Riabilita-zione Intensiva o con le altre modalità assistenzialiterritoriali. La definizione del programma riabili-tativo individuale da parte del neuroriabilitatoredeve avere luogo entro tempi certi che considerinola stabilità clinica e la trasferibilità in ambienteriabilitativo e che possano predire e quindi verifi-care i risultati ottenibili e quelli realmente ottenutisulla base di elementi clinico-assistenziali (gravitàsintomatologica, comorbilità, compliance, presidi). La creazione di reti di patologia, centrabile sullafase dell’assistenza in acuto (Stroke Unit) e realiz-zata con il concorso delle numerose afferenze pro-fessionali che contribuiscono alla gestione del pa-ziente con malattia cerebrovascolare in fase acutae non (neurochirurghi, chirurghi vascolari, neu-roradiologi interventisti, riabilitatori neurologici,medici del territorio), permetterebbe l’agevolesvolgimento dei possibili scenari del percorso ictusin ambito intra- ed extraospedaliero. La sua rea-lizzazione è pertanto sollecitata allo scopo di per-mettere adeguate raccolte dati, monitoraggio deipercorsi e quindi verifiche di qualità, dalle quali

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trebbe essere il naturale destinatario di tali patologie,migliorando la situazione delle Rianimazioni e for-nendo a questi pazienti la migliore assistenza spe-cialistica. Da un punto di vista epidemiologico, inbase alla letteratura, tale allargamento di compe-tenze porta a ipotizzare una necessità di ricoveri inNeurologia d’Urgenza che passerebbe dagli attualicirca 200.000 per patologie cerebrovascolari a circa300.000 per il sommarsi delle patologie più fre-quenti come i traumi cranici, gli stati di male epi-lettico e le alterazioni di coscienza per patologienon contagiose. Tuttavia, una concomitante ridu-zione di ricoveri in Rianimazione bilancerebbe taleincremento di carico su base generale con un pre-vedibile risparmio per i differenti costi di gestionedi questi pazienti in Rianimazione. La pretta naturaspecialistica neurologica delle patologie sopra elen-cate e la necessità di ricovero in Unità Subintensivespecializzate suggeriscono cogentemente tale evo-luzione del concetto di Stroke Unit a Neurologiad’Urgenza, rispondendo alle necessità assistenzialiattraverso Unità già esistenti, con una riconversionea basso costo associata a una riduzione di ricoveriin ambienti a costo maggiore quali le Rianimazioni. Attualmente, la mancata implementazione sul ter-ritorio di un numero adeguato di Stroke Unit/Neu-rologia d’Urgenza soprattutto in alcune Regioniporta a considerare, da un punto di vista gestionale,in esubero alcuni pazienti, con arrivo tardivo ocriteri di esclusione al trattamento, per i quali l’uti-lità dell’intervento di tali reparti subintensivi siameno rilevante. Fintanto che un maggior numerodi Stroke Unit non verrà attivato, tale concettodovrà purtroppo rimanere.

6. I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione

Un adeguato programma riabilitativo è fonda-mentale per cercare di ridurre la disabilità, mi-

gliorare la qualità di vita e favorire il reinserimentosociale. Il programma riabilitativo è articolato inmodalità differenti, a seconda della distanza dal-l’evento acuto, delle condizioni cliniche del pa-ziente e delle disabilità presenti. Il trattamentoriabilitativo deve cominciare nelle primissime fasidopo l’evento ictale, quindi proseguire nella fasedella riabilitazione intensiva (con trattamento nor-malmente in degenza ospedaliera), e successiva-mente come trattamento estensivo e di manteni-mento, da erogare nella fase territoriale. Si rico-nosce fondamentale un approccio multidiscipli-nare che valuti e tratti in maniera esaustiva tuttele disabilità presentate dal paziente, non soloquella motoria. Particolare importanza rivestonola valutazione e il trattamento dei disturbi delladeglutizione e dei disturbi neuropsicologici, fon-damentali per una migliore prognosi sia “quoadvitam” che “quoad valetudinem”.Va sottolineato che il ruolo della riabilitazione, diper sé già attualmente rilevante, lo diventerà ve-rosimilmente ancora di più nei prossimi anni, inconseguenza sia dell’aumento dell’età media dellapopolazione, essendo l’ictus una patologia età-correlata, sia per la concomitante riduzione dellamortalità della fase acuta, per la prevedibile mag-giore diffusione nei prossimi anni delle StrokeUnit e dei trattamenti trombolitici.

7. I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio: continuitàdell’assistenza, presa in carico da parte del medico di famiglia, adattamentoindividuale e reinserimento sociale

L’assistenza territoriale al paziente con esiti di ictusviene esaminata considerando quattro “dimen-sioni”. Innanzitutto, viene evidenziata l’esigenza di assi-curare a queste persone una continuità tra le cure

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iniziate in ospedale e quelle necessarie al rientroal domicilio, attraverso percorsi e strumenti cheimpediscano l’interruzione del percorso assisten-ziale avviato. Un secondo aspetto indagato è il ruolo del medicodi medicina generale di fronte alla persona conesiti di ictus, rilevante non solo nella fase seguenteall’episodio acuto, ma anche nella prevenzione enel controllo dei fattori di rischio. La terza dimensione riguarda l’adattamento e ilreinserimento sociale del paziente con esiti diictus, da realizzarsi considerando il vissuto dellapersona, la famiglia in cui vive e la comunità incui è inserito.Infine, il quarto argomento approfondito è rap-presentato dal punto di vista espresso dai pazientie dalle famiglie, su cui in gran parte ricade l’assi-stenza di un malato colpito da ictus dopo la faseacuta. In particolare, questo tema è affrontato at-traverso l’analisi dei risultati di una recente ricercasu “I costi sociali e i bisogni assistenziali dei malatidi ictus cerebrale”.

8. La comunicazione

I progressi dell’industria farmaceutica e della ri-cerca clinica in generale hanno prodotto molecoleutilizzabili per la terapia in acuto dell’infarto ce-rebrale sempre più efficaci e sicure; dai primi passicon uro- e streptochinasi fino a rtPA, si è arrivatia sperimentare, con successo, metodiche di riper-fusione per via endovascolare fino alla trombec-tomia meccanica e con ultrasuoni. La possibilitàdi effettuare efficacemente terapie di riperfusionenelle primissime ore dall’evento acuto è diventataparte fondamentale del bagaglio culturale e ope-rativo del neurologo dell’urgenza. Di contro, la percentuale di pazienti che arrivanoin ospedale in tempo per la riperfusione è piutto-sto bassa, essendo compresa tra il 28% e il 37%;

se a questa percentuale si tolgono i casi che pre-sentano controindicazioni alla terapia, si arriva aldato oggettivo di trattamento del 3% di tutti gliictus ospedalizzati.Appare fin troppo chiaro come questo approccioterapeutico, allo stato delle conoscenze l’unico ingrado di abbattere la disabilità grave per gli esitistabilizzati, oltre alla mortalità dei pazienti affettida infarto cerebrale, sia destinato a pochi pazienti.La scarsa conoscenza dei sintomi di allarme, l’ir-responsabile attesa nel cercare soccorso immediato,la mancata perce zione dell’ictus come emergenzaanche da parte dei sanitari e altri elementi negativideterminano l’esportabilità del modello a un cam-pione molto più numeroso di pazienti che po-trebbero giovarsene.Il ruolo giocato dalla conoscenza e dalla consape-volezza della malattia sulla precocità delle cure,insieme con un piano di comunicazione per fa-vorire il precoce riconoscimento dei sintomi diallarme con consequenziale più celere richiesta diaiuto da parte della popolazione generale, po-trebbe invertire tale non virtuosa tendenza.Quattro sono le azioni su cui concentrare l’infor-mazione:• riconoscimento rapido dei sintomi e segni di

allarme del l’ictus;• richiesta immediata di soccorso ai servizi di

emergenza medica; • assegnazione di un codice di “alta priorità” con

trasporto immediato all’ospedale appropriato,previo suo pre-allertamento;

• inquadramento diagnostico e trattamento inospedale secondo standard temporali prefissatie condivisi.

Appare evidente che il precoce riconoscimentodei segni d’allarme di un evento cerebrovascolareacuto e il rapido ricovero richiedono interventiinformativi e di educazione sanitaria adeguati.Lo scopo di iniziative di pubblica informazione

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è permettere e incoraggiare la popolazione gene-rale a riconoscere immediatamente i sintomi del-l’ictus, a rendersi conto che è urgente un’atten-zione medica e a utilizzare i servizi di emergenzaper il trasporto immediato in un ospedale ade-guatamente attrezzato. Le proposte educative do-vrebbero essere rivolte ai pazienti a rischio diictus, ai loro familiari, alle assistenze o ai colla-boratori e ai datori di lavoro. Istruire la popola-zione sui sintomi e segni dell’ictus è una delleprime priorità della Comunità scientifica inte-ressata al problema, ma anche una delle missiondella medicina sociale.

9. Le verifiche di qualità

La definizione di indicatori rappresenta il pre-supposto fondamentale per la valutazione deiprocessi che vengono codificati nell’ambito dipercorsi diagnostico-terapeutici specifici anchenell’ambito dell’ictus sia ischemico che emorra-gico. In generale, essi vengono definiti dal gruppodi lavoro che ne vuole condividere l’analisi per ilmiglioramento della qualità del percorso assisten-ziale.Dei due principali tipi di audit clinico (da cartellaclinica o da registro) sembra di potersi privilegiarel’approccio basato su registro di patologia, il quale,se adeguatamente configurato, permette la valu-tazione di un numero di indicatori maggiori, me-glio descritti e soprattutto con maggiore continuità(migliore verifica di qualità) nel tempo.La maggior parte dei registri esistenti nella lette-ratura internazionale è web-based e per lo più co-stituita su un minimal data set che raccoglie in-formazioni sulla maggior parte dei processi dicura che realizzano il percorso diagnostico-tera-peutico del paziente con ictus. L’integrazione consupporti informatici specifici come quello di ve-rifica delle Linee guida SPREAD o anche di process

mining (come nel Registro Stroke Lombardia) èdi grande ausilio per affinare la metodologia dellaverifica e l’implementazione della qualità.

La formazione e la competenza L’ictus cerebrale rappresenta una patologia di altaspecificità e va affrontato e gestito da personalemedico e non medico competente, formato e con-tinuamente aggiornato e in numero sufficiente agarantire un’adeguata assistenza a tutti i cittadiniaffetti da ictus acuto, omogenea su tutto il terri-torio nazionale.La formazione e la competenza professionale rap-presentano, infatti, elementi di qualificazione delProgetto Ministeriale nel momento in cui si vienea configurare un modello di assistenza al pazientecon ictus cerebrale ischemico o emorragico sullabase di Unità dedicate in grado di affrontare pro-blematiche cliniche di differente complessità chesi avvalgono di competenze pluridisciplinari emultiprofessionali. Per rendere pienamente efficiente questo progettosi rendono necessarie la definizione e la caratte-rizzazione delle figure professionali mediche chesono chiamate a essere il fulcro dell’attività rea-lizzata sia in fase acuta sia nella fase di stabilizza-zione e di recupero: nel periodo di acuzie il neu-rologo esperto delle condizioni di urgenza e l’in-terventista endovascolare, così come il neurochi-rurgo, mentre nelle fasi di stabilizzazione e di re-cupero sono richieste competenze specifiche daparte del fisiatra, del neurologo, del riabilitatoree del neuropsicologo. Nel discorso della formazione non va infine tra-scurato che tra le caratteristiche peculiari delleStroke Unit è ritenuta determinante la multipro-fessionalità nella gestione della patologia cerebro-vascolare acuta e che, pertanto, è essenziale preve-dere la formazione e l’aggiornamento continuo ditutte le altre figure professionali coinvolte, con par-

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ticolare riferimento all’infermiere, ma anche al tec-nico della riabilitazione, al logopedista, al terapistaoccupazionale.

10. Il Registro Nazionale dell’Ictus

Il trattamento dei pazienti affetti da ictus può be-neficiare sensibilmente dell’attuazione della sanitàin rete, dal momento che quest’ultima, oltre adabilitare nuove modalità di erogazione dei servizisanitari, consente di tracciare chiaramente il per-corso del paziente “dalla fase acuta agli esiti”. Lacornice di riferimento a livello nazionale per l’at-tuazione della sanità in rete è rappresentata dalNuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS). Tragli obiettivi strategici del NSIS rientra la realizza-zione del sistema di integrazione delle informa-zioni sanitarie individuali. Tale sistema è finaliz-zato alla raccolta di tutte le informazioni relativealle prestazioni sociosanitarie fruite da ciascun cit-

tadino, in coerenza con la normativa vigente inmateria di privacy. Il sistema di integrazione delleinformazioni sanitarie individuali crea i presup-posti infrastrutturali e informativi atti a supportarela realizzazione e l’evoluzione nel tempo di unRegistro Nazionale dell’Ictus. Tali presupposti non sono tuttavia sufficienti.L’istituzione di registri di rilevante interesse sani-tario infatti, ivi incluso il Registro Nazionale del-l’Ictus, necessita di adeguati presupposti norma-tivi. A tali fini, nell’ambito del disegno di leggegovernativo su proposta del Ministro della Salute,recante “Sperimentazione clinica e altre disposi-zioni in materia sanitaria”, è stata inserita un’ap-posita disposizione avente a oggetto “Istituzionedi sistemi di sorveglianza e registri di rilevante in-teresse sanitario e di impianti protesici”, chequindi rappresenterà anche per il Registro Nazio-nale dell’Ictus la norma primaria di riferimentoai fini della relativa istituzione.

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Abstract

1. Purpose of the document and scope of the issue

The Joint Ministerial Commission – STROKEworking group, appointed with Ministerial Decreeof 28 May 2008 to draft a document on the “Or-ganisation of stroke care”, completed the first partof its assignment with the publication of the vol-ume “Le Stroke Unit” [Stroke Units], which waspresented to the Regional Authorities and sectorprofessionals on 18 May 2010 and published inthe Italian Ministry of Health’s 2nd Quaderni. Inthe first few chapters, the Working Group high-lighted the high demand for care resulting fromthe incidence and prevalence of stroke and thefact that the care available was varied significantlyfrom region to region and in the various care fa-cilities within the same region.The high acute mortality, especially for subarach-noid haemorrhages, and the option, but also thenarrow time window of successful systemic oreven endovascular treatment in ischaemic stroke,or the need for a neurosurgical approach meanthat stroke must be considered an emergency andshould therefore follow dedicated pathways al-lowing acute patients access to well-defined diag-nostic and therapeutic protocols in adequate spe-cialist facilities, i.e. in Neurology Units specialisedin Vascular Care, set up as 2nd and 3rd level StrokeUnits. It must be remembered that Stroke Units are ben-eficial to the entire population of patients withacute, ischaemic or haemorrhagic stroke, regard-

less of pathogenesis, severity, sex and age of pa-tients and the administration of thrombolytictreatment, which is only suitable for use in certaincases of ischaemic stroke. Hospitalisation for stroke accounts for a milliondays of inpatient care per year and 50% of patientswho have had a stroke have sequelae, which trans-lates into at least four million days of inpatientcare for rehabilitation and, in many cases, life-long social and care costs. The awareness of thehigh medical and social cost of acute cerebrovas-cular diseases must consequently urge the Regu-latory Authorities to concentrate in this dedicatedhospital context, all the various resources in termsof beds, staff and technology currently distributedunder various different labels, organising theminto a structured Stroke Unit network. Thiswould bring about a “cost-free” revolution thatwould in any case guarantee a wide-scale improve-ment in outcomes and therefore also long-termcosts, together with a reduction in the durationof hospital stays. It goes without say, however, that in order to re-duce mortality, residual morbidity and the needto institutionalise stroke patients, the issue doesnot concern merely the albeit important acutephase and thrombolytic treatment, which in themost optimistic estimates can be performed inless than 10% of ischaemic stroke cases, rather itmust be considered as a global issue that rangesfrom the recognition of the first cerebrovascularevent symptoms through to the establishment ofa community emergency service, the identificationand alerting of facilities qualified to provide thetreatment for each specific case, intra-hospitalmanagement, rehabilitation project and treatment,secondary prevention, the return home (wheneverpossible) and management of the stroke patientby his/her general practitioner, community spe-cialist and/or home care service.

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Starting from population awareness, all these com-ponents must be dealt with and handled throughcare pathways and processes that are efficient, ef-ficacious, feasible, verifiable and homogeneousnationwide. This is the only way it will be possibleto obtain maximum benefits for citizens and op-timum use of the resources available.The identification and description of these pro -cesses constitutes the rationale of this document.

2. The pre-hospital phase: from ambulance callout to A&E

The speed of emergency action in the case ofacute cerebrovascular events is frequently hinderedby the lack of suitable information given to thepopulation on its onset symptoms. For this reason,it is believed that providing the whole populationwith correct information could significantly re-duce avoidable delay in the pre-hospital phase.The adoption of a rapid and standardised ap-proach (such as that initiated with the strokecode) would appear capable of accelerating inter-vention times and their overall quality. In partic-ular, contemporary alerting of the A&E specialistand neurologist by the ambulance callout servicecould lead to a significant reduction in the time-frames required to perform diagnostic investiga-tions and administer the most suitable treatmentsin the case of acute stroke.When organising emergency services, prioritymust be given to an approach aimed at the rapidand coherent referral of patients with stroke iden-tified upon admission, thereby avoiding, wherepossible, transfer to hospital facilities withoutStroke Units or facilitating access to such facilitiesby patients (using deferred secondary transportwhen necessary) who were incorrectly referred (orwho reported on their own initiative to) hospitalslacking the necessary care organisation.

In the case of hospitals in remote areas, the activa-tion of a telemedicine service, able to select patientslikely to benefit from being sent to the StrokeUnits best equipped for their treatment (ischaemicstroke in the treatment window, subarachnoidhaemorrhage, intraparenchymal haematoma) isfundamental.

3. Cerebrovascular disease in A&E

Many neurological conditions have an acute onset,presenting with emergency characteristics and,consequently, neurology cases constitute a signif-icant share of medical emergencies in all hospitalsettings. Neurological emergencies are also par-ticularly devastating in terms of disability andmortality and are burdened by significant costs,not merely for acute phase care, but, to a greaterextent, for the often invalidating sequelae. 30-day mortality reaches 50% for intraparenchymalhaemorrhage, 29% for head injury and 20%epileptic seizures. Subarachnoid haemorrhage islethal in 50% of cases.In Italy, hospitalisation for neurological causes ac-count for 7.5% of the total, with 578,850 hospitaladmissions out of 7,735,053, according to Min-istry of Health data for 2008. Cerebral stroke(DRG 14) and transient ischaemic attack (DRG15) alone account for 29.7% of discharges with aneurological diagnosis. Stroke occupies 6th placefor number of discharges (113,288) and, of thevarious neurological emergencies, it is undoubt-edly the most significant condition as regards bothfrequency and the need for the immediate appli-cation of diagnostic and therapeutic protocolsaimed at reducing mortality and improving out-come. An organisational model that envisages hospital-isation in Stroke Units and early management ofthe patient starting from the acute phase (also

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termed early supported discharge), would appearable to reduce hospital stays and therefore thecosts of hospitalisation and simultaneously alsoresidual disability and consequently long-termcosts. It is also important to consider that acute-onset, non-vascular neurological conditions, de-spite being less frequent, are generally equally se-vere in terms of mortality and disability. For theseconditions too, swift diagnosis and correct man-agement are essential and it goes without say thatthe neurologist is, on a practical level, the spe-cialist who takes on the management of strokepatients. In the light of this consideration, itwould appear obvious that the Stroke Unitmethod of organisation, by virtue of the profes-sional skill sets employed, the access to emergencydiagnostics, the possibility of sub-intensive mon-itoring of patients and the multidisciplinary ap-proach that characterises it, can usefully be utilisedalso in the diagnosis and treatment of other non-vascular neurological emergencies, according toa broader concept of Emergency Neurology withStroke Units.

4. The intra-hospital phase, networks and pathways

The inpatient management of neurological emer-gencies is a crucial phase of the clinical diagnosticassessment and, therefore, of the therapeuticprocess. The aim of inpatient management is toallow – in an emergency setting – the correct di-agnosis to be made in a timely manner, especiallyin patients with acute ischemic stroke, so that ap-propriate therapy can be initiated. A multidisci-plinary approach, therefore, plays a key role inreaching these objectives, and the integration ofthe duties and responsibilities of different health-care professionals in the emergency room requiresdifferent organizational levels. For patients with

ischemic stroke, a transition from the emergencyroom/highly-specialized emergency room to thestroke unit/emergency neurology unit is feasible,in settings similar to a level III stroke unit interms of general hospital facilities. In this model,emergency care of neurological conditions (in-cluding stroke) is performed in the highly-spe-cialized emergency room by specialized neurolo-gists trained in the emergency treatment of acutecerebrovascular conditions. Moreover, a neurora-diological evaluation is crucial, both from a diag-nostic point of view and to identify patients eli-gible for loco-regional fibrinolytic/thrombolytictreatments. A careful diagnostic assessment (e.g.using perfusional CT, diffusion MRI) may beeven more important in “borderline” patients.Endovascular therapy is feasible in level III strokeunits, where an interventional neuroradiologist isavailable at any time for the endovascular treat-ment of ischemic stroke and brain malformations.In addition, the management of acute brain haem-orrhages (subarachnoidal haemorrhage due toaneurism, vascular malformations, or fistulas) re-quires a multidisciplinary approach by interven-tional neuroradiologists, neurosurgeons, neurol-ogists and specialists in neurological resuscitation,with the aim of integrating clinical evaluationsand diagnostic procedures in order to identify thecorrect therapeutic strategy.The adoption of a stroke code represents a fun-damental step towards a correct and efficaciousinitiation of an intra-hospital pathway in the caseof ischaemic and haemorrhagic stroke. The pres-ence in many hospital facilities of significant delaysin the performance of care processes for strokefollowing hospital admission also calls for theadoption of measures able to reduce these delays(including the alerting of the neurologist on dutyby the ambulance staff ).In both ischaemic and haemorrhagic cerebrovas-

Abstract

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cular disease, a network organisation allowingrapid transfers (deferred primary transport) from1st or 2nd level facilities to 3rd level Stroke Unitsfor clinical conditions requiring procedures andtechniques (neurosurgical, surgical-vascular, en-dovascular, etc.) that are otherwise not available,is essential. A shared identification of the func-tional level of facilities and regular verification ofthe quality of their expertise appear to be essentialfor sharing these pathways within a network or-ganisation and, together with the most appropriatediagnostic and therapeutic pathways, for makingit possible to guarantee, in the shortest possibletime, the greatest efficacy and efficiency of thecare system also for this condition, in which thevalidity of treatments is time-dependent.The activation of rehabilitation procedures forpatients hospitalised in Stroke Units must takeplace according to rapid timelines that require anadequate level of organisation, as well as a func-tional and holistic connection with intensive re-habilitation facilities or with other communitycare services. The definition of the personalisedrehabilitation programme by the neurologist incharge of rehabilitation must take place withincertain timeframes that take into account clinicalstability and transferability to a rehabilitation set-ting and that can predict and, therefore, verifythe potential results and those actually obtainedon the basis of clinical and care-related factors(severity of symptoms, comorbidities, complianceand facilities). The establishment of stroke networks, orientedaround acute phase care (Stroke Units) and im-plemented through the cooperation of variousprofessional figures who contribute to the man-agement of acute and other phase stroke patients(neurosurgeons, vascular surgeons, interventionalneuroradiologists, neurology rehabilitation spe-cialists and community practitioners), would allow

the smooth conduct of the potential scenarios ofthe stroke pathway in intra- and extra-hospitalsettings. Implementation of these networks istherefore considered a priority in order to allowadequate data collection, monitoring of pathwaysand therefore also quality verifications, such as toallow a reduction in clinical risk as well as bettershort- and long-term outcomes for cerebrovascularpatients.

5. Inappropriate hospitalisation and the management of other neurologicalemergencies.

The hospitalisation appropriateness concept de-pends greatly on the tasks assigned to the ward inquestion. In the light of this, Stroke Units should,strictly speaking, only be used for admission forneurovascular conditions: ischaemia, haemorrhageand subarachnoid haemorrhage. Depending onthe level of the Stroke Unit, hospitalisation ismore appropriate the greater the consistency be-tween the complexity of the intervention requiredby the patient and the level of the Stroke Unit. Anumber of strictly neurological conditions are ex-cluded from the above-mentioned model. Theseconditions require immediate attention andshould be followed by a specialized neurologistin an appropriate setting (e.g. equipped with de-vices for the monitoring of vital signs), and includeepilepsy, impaired consciousness due to non-in-fective causes, acute myasthenia, acute Guillain-Barré syndrome and moderate-to-severe headtrauma not requiring surgery. Since constant mon-itoring of vital signs is required, these conditionsare often managed in the intensive care unit (ICU)even when respiratory assistance is not required.This choice affects the critical organization ofICUs. Therefore, a subintensive neurology unit,equipped for the monitoring of vital and cerebral

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tions and the disabilities present. Rehabilitationtreatment must start in the very early stages afterthe stroke event, then continue into the intensiverehabilitation phase (during which treatment isnormally provided on an inpatient basis) and,subsequently, as extensive and maintenance treat-ment to be provided in the community phase. Amultidisciplinary approach that evaluates andtreats in an exhaustive manner all the disabilitiespresented by the patient, and not merely motorissues, is considered fundamental. Of particularimportance are the evaluation and treatment ofswallowing problems and neuropsychological dis-orders, which are essential for a better prognosis“quoad vitam” and “quoad valetudinem”.It should be pointed out that the role of rehabili-tation, which is already highly important, will be-come even more so over the next few years, as aconsequence of both the increase in the mean ageof the population, as stroke is a highly age-relatedillness, and for the concomitant reduction in acutephase mortality, due to the foreseeable greater dif-fusion of Stroke Units and thrombolysis centresin the years to come.

7. Post-acute care pathways and relationswith the community: continuity of care,management by the general practitioner,individual adaptation and social reintroduction

Community care for patients with stroke sequelaeshould be examined considering four “dimen-sions”. First and foremost, it is important to point outthe need to guarantee these people continuity be-tween the care initiated in hospital and that re-quired on their return home, through pathwaysand instruments that prevent the interruption ofthe care pathway undertaken.

(EEG monitoring) signs, with specifically trainedhealthcare professionals, may become the optimalsetting for the management of the above men-tioned conditions, thus improving the organiza-tion of ICUs and providing patients with the bestpossible care. Epidemiological data shows thatthis approach will increase the number of hospi-talizations for cerebrovascular conditions from200,000 to about 300,000, given the addition ofhospitalizations due to head traumas, impairedconsciousness conditions due to non-infectiousdiseases and epileptic episodes. However, this in-crease will be paralleled by a reduction in ICUhospitalizations, resulting in an overall cost saving.The specialist nature of the neurological disorderslisted above and the need for hospitalisation inSubintensive Neurology Units clearly indicatesthe benefit of evolution of the concept of StrokeUnits to Subintensive Neurology Units, therebyresponding to healthcare needs through low-costconversion of existing units, resulting in a reduc-tion in the number of “high-cost” hospitalizations,like those in Intensive Care Units. At present, thelack of implementation of an adequate numberof such units, especially in some regions, suggeststhat from a logistical point of view, for patientswho are referred late or are not suitable candidatesfor treatment, the utility of these subintensiveunits may be less relevant. However, this issuecannot be resolved until several of these new-stylestroke units have been established.

6. Post-acute care pathways: rehabilitation

An adequate rehabilitation programme is funda-mental to reducing disability, improving qualityof life and favouring a return to social life. Therehabilitation programme is structured into vari-ous different techniques, according to the distancefrom the acute event, the patient’s clinical condi-

Abstract

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only one able to prevent severe disability due tostabilised sequelae as well as mortality amongststroke patients, is destined for a select few.Poor knowledge of alarm symptoms, irresponsiblewaiting before seeking immediate medical help,the failure for medical professionals to considerstroke an emergency and other negative factorsmean that the model could be beneficially appliedto a larger patient caseload.The role played by the knowledge and awarenessof the disease on the early administration of care,together with a communication plan to favourthe early recognition of alarm symptoms with aconsequentially faster call for help by the generalpublic, could invert this non-virtuous tendency.There are four actions that information shouldfocus on:• rapid recognition of the alarm signs and symp-

toms of stroke;• immediate call for help to the emergency med-

ical services; • allocation of a high-priority code, with imme-

diate transportation to an appropriate hospitalthat has been pre-alerted;

• diagnostic and treatment planning in the hos-pital according to pre-set, shared time standards.

It would appear evident that the early recognitionof the alarm signs for an acute cerebrovascularevent and rapid hospitalisation call for adequatemedical information and education initiatives.The purpose of public information initiatives isto allow and to encourage the general populationto recognise stroke symptoms instantly, realisethat urgent medical attention is required and usethe emergency services for immediate transporta-tion to an appropriately equipped hospital. Edu-cation initiatives should address stroke patients,their families, care services, care professionals andtheir employers. Educating the population aboutthe signs and symptoms of stroke is one of the

A second aspect investigated is the role of thegeneral practitioner with regard to people withstroke sequelae, which is important not merelyin the phase following the acute episode, but alsoin the prevention and monitoring of risk factors. The third dimension concerns the adaptation andsocial re-introduction of patients with stroke se-quelae, which must take into consideration theperson’s background, family life and surroundingcommunity.Lastly, the fourth subject explored is the point ofview expressed by patients and their families, whoprovide most of the care required by stroke pa-tients in the post-acute phase. Specifically, thistopic is dealt with by analysing the results of a re-cent research project into “the social costs andcare requirements of stroke patients”.

8. Communication

Most of the progress achieved in the pharmaceuticalindustry and clinical research has taken the formof more efficacious and safer medicinal productsfor acute-phase treatment of stroke. From the firststeps with uro- and streptokinase, through to rtPA,we have now successfully experimented methodsof endovascular reperfusion through to mechanicaland ultrasound thrombectomy. The possibility ofefficaciously performing reperfusion therapy in thevery first hours from the acute event has become afundamental part of the cultural and operative bag-gage of the emergency neurologist. However, the percentage of patients reaching Hos-pital in time for reperfusion is relatively low, be-tween 28% and 37% and if from this percentagewe subtract those cases in which this type of therapyis contraindicated, we obtain a percentage of just3% of all stroke patients admitted to hospital.It therefore goes without say that this treatmentapproach, at the current state of knowledge the

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qualifying elements of the Ministerial Project, asregards the devising of a care plan for patientswith ischaemic or haemorrhagic stroke based ondedicated Units able to tackle clinical issues ofvarying complexity relying on multidisciplinary,multiprofessional skill sets. In order for this project to be fully effective, thedefinition and characterisation of the professionalmedical figures called on to provide the fulcrumof the work performed in both the acute and sta-bilisation and recovery stages is essential: in theacute period, neurologists with expertise in theemergency setting and endovascular intervention,and neurosurgeons; whereas the stabilisation andrecovery phases require the specific skills of phys-ical medicine experts, neurologists, rehabilitationspecialists and neuropsychologists. In the training issue, it is important not to over-look the fact that of the various particular char-acteristics of Stroke Units, multidisciplinarystaffing is believed to be instrumental to the man-agement of acute cerebrovascular disease and that,consequently, it is essential to plan continuingtraining and refresher courses for all the profes-sional figures involved, particularly nurses, butalso rehabilitation technicians, speech therapistsand occupational therapists.

10. The National Stroke Register

The treatment of stroke patients can draw a sig-nificant advantage from the implementation ofweb-based healthcare, which, in addition to ini-tiating new methods for the provision of healthservices, also makes it possible to trace a clearpathway for the patient “from the acute phase tothe sequelae”. The national reference frameworkfor the implementation of web-based healthcareis the New Healthcare Information System(NHIS). The strategic aims of the NHIS include

priorities of the scientific community tackling theproblem, as well as one of the missions of socialmedicine.

9. Quality verifications

The definition of indicators represents the funda-mental grounds for the evaluation of processes thatare coded in the context of specific diagnostic andtherapeutic pathways also in ischaemic and haem-orrhagic stroke settings. They are usually definedby the working group who wants to share theiranalysis to improve the quality of the care pathway.The two main types of clinical audit (medicalrecord- or register-based) appear to privilege theregister approach which, when suitably devised,allows the evaluation of a higher number of betterdescribed indicators and that, above all, providegreater continuity (better quality verification) overtime.Most of the registers existing in international lit-erature are web-based and primarily constitutedby a minimal data set collecting information onmost of the care processes involved in the diag-nosis and treatment pathway of stroke patients.Integration with specific electronic media, suchas that for the verification of the SPREAD guide-lines, or even process mining (as in the LombardyStroke Register) is a great help for fine-tuning themethods used to verify and implement quality.

Training and skills Stroke is a highly specific medical condition andmust be tackled and managed by competent med-ical and non-medical personnel that have beentrained and follow continuous education initia-tives, in adequate numbers to guarantee suitablecare for all acute stroke patients that is of a ho-mogeneous standard nationwide.Professional training and competent are, indeed,

Abstract

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establishment of registers of significant health in-terest, including the National Stroke Register, re-quire suitable regulatory provisions. To this end,the bill put forward by the Ministry of Healthconcerning “Clinical trial and provisions concern-ing other health issues” also includes a specificprovision for the “Establishment of vigilance sys-tems and registers of significant health-related in-terest and concerning implants”, which will alsobe the main reference standard for the institutionof the National Stroke Register.

the implementation of a system that combinesthe health information from individual sources.The purpose of the system is to collect all the in-formation concerning the healthcare and socialservices used by each citizen, in compliance withapplicable privacy regulations. The system for theintegration of healthcare information provides theinfrastructural and information-related groundsneeded to support the implementation and evo-lution over time of a National Stroke Register. These grounds, however, are not sufficient. The

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1. Scopo del documento e dimensioni del problema

Si riportano qui le Sintesi dei primi due Capitolidel Quaderno “Le Stroke Unit”.

Epidemiologia dell’ictus

In Italia si verificano circa 200.000 nuovi ictusogni anno. Di questi, circa l’80% è rappresentatoda nuovi episodi. La mortalità a 30 giorni dopo ic-tus ischemico è pari a circa il 20%, mentre quellaa 1 anno è pari al 30% circa. La mortalità a 30giorni dopo ictus emorragico è pari al 50%. L’ictuscerebrale rappresenta la seconda causa di morte alivello mondiale e la terza causa di morte nei Paesidel G8, preceduto solo dalle malattie cardiovascolarie dai tumori. L’ictus è la causa del 10-12% di tuttii decessi per anno, rappresenta la prima causa d’in-validità e la seconda causa di demenza con perditadell’autosufficienza. Il tasso di prevalenza di ictusnella popolazione anziana (età 65-84 anni) italianaè del 6,5%, leggermente più alto negli uomini(7,4%) rispetto alle donne (5,9%). I tassi grezzi diincidenza sulla popolazione italiana in diverse lo-calità variano tra 1,54 e 2,89 per 1000, anche inrapporto alla variabilità dell’età media delle popo-lazioni considerate. Tali rilevanti dati epidemiologicicontrastano con lo scarsissimo rilievo che fino aoggi è stato dato a questo problema sanitario, ri-spetto all’attuale Governo che ha voluto l’inseri-

Le premesse e il richiamo al Quaderno del Ministero della Salute n. 2“Organizzazione dell’assistenza all’ictuscerebrale: le Stroke Unit”

Nel documento è stato tracciato il quadro dellasituazione italiana per l’assistenza all’ictus cerebraleischemico nella sua fase acutissima, ponendo alcentro della scena assistenziale la Stroke Unit nelsuo compito precipuo di assistenza all’ictus ische-mico acuto e con particolare attenzione allo spaziodi tempo definito “la finestra terapeutica”, al finedi implementare le potenzialità terapeutiche dellatrombolisi, con la quale è possibile rovesciare com-pletamente l’altrimenti pesante prognosi di questiquadri clinici di ischemia cerebrale. In questo se-condo elaborato il Ministero della Salute intendeaffrontare in modo globale le problematiche orga-nizzative legate alla gestione dell’ictus cerebrale acuto,inclusi l’ictus emorragico e l’emorragia subaracnoi-dea, dall’esordio dei sintomi al rientro a casa.Peraltro, già nei Capitoli iniziali del Quadernosulle Stroke Unit, il Gruppo di Lavoro aveva sentitol’esigenza di delineare alcuni fondamentali trattidi epidemiologia dell’ictus in Italia, l’elevata do-manda assistenziale che l’incidenza e la prevalenzadell’ictus comportavano e le motivazioni assisten-ziali, con l’analisi costi-benefici della Stroke Unit.

n. 14, marzo-aprile 2012

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mento di rappresentanti della Neurologia in unTavolo specifico per l’ictus cerebrale.

La domanda assistenziale

Per la sua elevata incidenza l’ictus cerebrale costi-tuisce un problema assistenziale, riabilitativo e socialedi grandi dimensioni. I disturbi circolatori acutidell’encefalo causano più morti dell’infarto del mio-cardio (7,28 vs 4,95 per 10.000 abitanti). La do-manda assistenziale è difficilmente quantificabile senon come assorbimento di risorse. Facendo riferi-mento alla gestione della fase acuta e al ricoveroospedaliero, la stima per difetto si basa sui dati epi-demiologici relativi alle Schede di Dimissione Ospe-daliera (SDO), con i limiti dovuti alla corretta com-pilazione, raccolta e trasmissione dei dati. Non sonocompresi i pazienti che non giungono in ospedaleperché troppo lievi o troppo gravi ed evidentementei deceduti al domicilio. Non sono comprese le dia-gnosi di ictus (DRG 14) inserite nella scheda SDOcome seconda o terza diagnosi. L’assorbimento dellerisorse assistenziali nella fase acuta relativamente ai129.000 dimessi con tale diagnosi nel 2005 è statodi 1.576.411 giornate di degenza, cui vanno ag-giunti i 61.991 dimessi con diagnosi di attaccoischemico transitorio (transient ischemic attack, TIA),che hanno assorbito 438.896 giornate di degenza.Il DRG 14 è stato l’VIII DRG per frequenza di di-missione nel 2005. Sommando i dimessi dei DRG14 e 15, il numero totale di 191.194 ricoveri poneil disturbo cerebrovascolare acuto al 4° posto perfrequenza di dimissione per il 2005. Del tutto re-centemente sono stati resi disponibili i dati relativiall’anno 2008, che appaiono abbastanza simili, con113.288 dimissioni, con una degenza media di 10,4giorni. Il DRG 14 è salito al 6° posto per frequenzadi dimissione. Sommando i DRG 14 e 15 (172.045dimessi), il numero totale mantiene il disturbo ce-rebrovascolare acuto al 4° posto per frequenza.

Le attuali criticità nell’assistenza all’ictus cerebrale

A fronte di tali dati, l’offerta assistenziale è assaidiversa nelle varie Regioni e nelle differenti realtàsanitarie della stessa Regione. Questo non solo intermini di trattamento fibrinolitico per via siste-mica nell’ictus ischemico acuto, ma anche relati-vamente al trattamento fibrinolitico locoregionaleper via intra-arteriosa o alla tromboectomia mec-canica e più in generale all’approccio endovascolarealla malattia cerebrovascolare. Differente nelle variearee geografiche è la presenza di letti dedicati allacura dell’ictus, così come assai differente è la mor-talità per ictus nelle diverse Regioni (Figura 1.1).È altresì evidente che ai fini della riduzione dellamortalità, della disabilità residua e della necessitàdi istituzionalizzazione della persona colpita daictus, il problema non si limita alla pur importantefase acuta, dove certamente il trattamento di trom-bolisi gioca il ruolo maggiore, ma deve essere vistoin un’ottica globale che va dal riconoscimento deiprimi sintomi dell’evento cerebrovascolare all’at-tivazione del servizio territoriale dell’emergenza-urgenza, all’individuazione e allertamento dellestrutture adeguate al trattamento dello specificocaso, alla gestione intraospedaliera, al progetto eal trattamento riabilitativo, alla prevenzione se-condaria, all’auspicabile rientro al domicilio, allapresa in carico della persona colpita da ictus daparte del medico di medicina generale (MMG),dello specialista territoriale o dell’Assistenza Do-miciliare Integrata (ADI).Lo studio IMPLICA (2009), svolto nell’area ro-mana, ha evidenziato come delle circa 8000 chia-mate per anno per milione di popolazione al 118per “sospetto ictus”, solamente il 44% dei pazientisoccorsi raggiunge un Pronto Soccorso: in quasitutti viene confermata la diagnosi di ictus acuto,ma solo il 17% riesce ad avere accesso a una Stroke

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Unit, dal momento che nella zona sotto studio iposti letto di Stroke Unit erano solamente 8 rispettoai 50 considerati necessari. La conseguenza è che ipazienti trattati con trombolisi sono stati solamentelo 0,4% della popolazione iniziale, e solo l’8% diquelli potenzialmente trattabili e cioè degli ictusischemici giunti entro le 3 ore, sotto gli 80 anni esenza controindicazioni.

Questi dati vanno letti in due modi paralleli: ilprimo indica l’enorme spazio terapeutico che siapre davanti al sistema “Stroke Unit”, e i relativiguadagni come minore durata di degenza sia inospedale che in riabilitazione, per non parlare dimeno morti e meno invalidità. Il secondo indicache all’incirca i due terzi dei pazienti che entranoin Stroke Unit presentano ictus ischemici non su-

Scopo del documento e dimensioni del problema 1

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Figura 1.1 Mortalità per malattie cerebrovascolari: tasso standardizzato diretto per Regione (per 10.000), anno 2003.Popolazione standard: Italia 2001. Fonte: Istat – Health for all.

20188 12

Molise

Calabria

Sicilia

Basilicata

Puglia

Lazio

Abruzzo

Italia

Maschi

Umbria

Marche

Toscana

Emilia Romagna

Liguria

Veneto

Piemonte

Sardegna

Trentino Alto Adige

Friuli Venezia Giulia

Valle d’Aosta

Lombardia

0 6 10

Campania

161442

10,1

13,0

188 12

Femmine

0 6 10 161442

7,8

10,8

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scettibili di trattamento trombolitico o ictus emor-ragici, spesso di interesse del neurochirurgo, delchirurgo vascolare, del radiologo interventista.Molti ictus ischemici, infatti, arrivano al ProntoSoccorso dopo troppe ore, o sono ultraottantenni,o hanno comorbidità gravi, con precedenti ictus,o sono in terapia anticoagulante, e così via. Inoltre,troppi pazienti non riconoscono i primi sintomidell’ictus, o li riconoscono tardi.L’emorragia subaracnoidea (ESA) presenta altret-tante criticità. Benché l’incidenza di altri tipi diictus (infarto cerebrale ischemico ed emorragiaintracerebrale) sia diminuita sostanzialmente tragli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, l’incidenzadi ESA non è cambiata significativamente nelleultime quattro decadi e l’outcome per i pazientirimane grave, con alti tassi di mortalità (40-50%)e un’importante morbilità tra i sopravvissuti. Es-sendo indiscutibili i progressi fatti nelle cono-scenze, nei metodi diagnostici, nelle tecniche chi-rurgiche ed endovascolari e nelle strategie tera-peutiche perioperatorie, si deve immaginare cheil persistere di una cattiva prognosi dipenda dauna non corretta gestione di questi pazienti. Si ritiene pertanto necessario approfondire, nelproseguio di questo Quaderno, quell’insieme dimisure che, basandosi sulle conoscenze e sulle tec-nologie più avanzate, mirano alla prevenzionedella malattia e a una sua gestione ottimale.

La necessità di individuare e configurarepercorsi di cura efficaci e omogenei nella cura dell’ictus

Tutte le componenti della problematica “ictus”, apartire dalla consapevolezza nella popolazione,vanno affrontate e gestite attraverso percorsi eprocessi di cura che siano efficienti, efficaci, rea-lizzabili, verificabili e omogenei su tutto il terri-torio nazionale. Solo in questo modo sarà possibile

ottenere il massimo beneficio per il cittadino e ilmigliore utilizzo delle risorse disponibili.L’individuazione e la descrizione di tali percorsicostituiscono il razionale di questo elaborato.La rilevanza dei risultati terapeutici ottenibili conla trombolisi nell’ictus ischemico acutissimo nondeve infatti fare dimenticare che tutti i pazienticon ictus, indipendentemente dall’eziopatogenesidell’ictus, come pure dal sesso, età e severità cli-nica, si avvantaggiano, in termini di mortalità, dimorbilità, di durata di degenza di esiti, dal ricoveroin una Stroke Unit. Inoltre, molte situazioni di ictus di estrema gravità,quali sono per esempio l’emorragia cerebrale in-traparenchimale o l’ESA o l’ematoma subduraleingravescente, o la stenosi sub-occlusiva di un’ar-teria cerebrale maggiore, se non avviati con asso-luta urgenza verso una Stroke Unit di III livello(intendendo con questa dizione una Stroke Unito area funzionale dedicata all’ictus, dove sianopresenti h24/7 le competenze di Neurochirurgia,di Neuroradiologia, di Radiologia Interventistica,di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, di Neu-rorianimazione), mostrano una mortalità eleva-tissima, inaccettabile.In altri termini, l’accento sull’ictus ischemicoacuto non deve fare dimenticare le molte altre ti-pologie dell’ictus, che della Stroke Unit hannouguale necessità, che nella Stroke Unit trovanoidentico vantaggio, ma la cui gestione deve essereintegrata in un sistema “cerebrovascolare” più am-pio, per non creare un intasamento delle risorse eun blocco del sistema.Il doveroso accento sulla trombolisi non deve faredimenticare che la grande maggioranza degli ictusischemici, e quindi la stragrande maggioranza de-gli ictus in generale, non rientra e non rientreràmai nei criteri di inclusione del trattamento trom-bolitico, ma che anche questi pazienti hanno unpreciso vantaggio negli stessi termini di mortalità,

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di morbilità, di durata di degenza e di esiti dal ri-covero in ambiente specialistico, quindi in unaNeurologia a indirizzo vascolare, con le caratteri-stiche di una Stroke Unit di II o III livello.In Italia ogni anno si verificano circa 200.000 nuovicasi di ictus (o stroke o colpo apoplettico o acci-dente cerebrovascolare: cioè la presentazione acutadella malattia cerebrovascolare). Si tratta di deficit neurologici più spesso a focolaioma anche diffusi, senza perdita di coscienza o condisturbo di coscienza di vario grado, con insorgenzapiù spesso acutissima, ma anche velocemente in-gravescente, di cui una piccola percentuale (valu-tabile intorno al 20%) regredisce entro i primi 60minuti, ma una percentuale simile muore entrolo stesso intervallo di tempo. Nell’80% dei casi ilpaziente non aveva mai sofferto di simile patologia,nel 20% dei casi ne era stato già colpito in prece-denza.I casi con rapida o rapidissima regressione clinica,denominati TIA e codificati come DRG 15, o conemorragia sentinella (warning leak) in portatore dianeurisma, spesso sfuggono alla valutazione medica,in quanto non giungono all’attenzione dello spe-cialista, e questo costituisce uno dei maggiori pro-blemi di prevenzione cerebrovascolare, come si ve-drà successivamente. Inoltre, spesso il paziente stessoe il MMG valutano la transitorietà e reversibilitàdei sintomi attraverso segni e sintomi neurologiciestremamente grossolani, mentre recentissima-mente è stato dimostrato che il paziente con pre-gresso TIA mostra la permanenza di un dannodelle funzioni cognitive anche un mese dopol’evento ischemico transitorio. Analogamente vieneinterpretata erroneamente la cefalea acuta raccon-tata dal malato con ESA, esponendolo così al rischiodi un secondo sanguinamento, spesso fatale.Inoltre, all’origine della presentazione clinica del-l’ictus sopradescritta, sia nei casi di rapida reversi-bilità sia nei casi non reversibili, ci può essere una

patogenesi cerebrovascolare assai diversa: ischemie,emorragie intraparenchimali, subaracnoidee, ste-nosi preocclusive di arterie maggiori, ematomisubdurali ecc.Mediante l’uso delle Diagnostica per Immagini èpossibile determinare due aspetti essenziali:• definire in urgenza l’eziologia del quadro clinico,

cioè se ischemico o emorragico, e conseguente-mente avviare la terapia, che nei casi ischemiciha strettissimi criteri temporali (la “finestra te-rapeutica”) per poter essere impiegata e nei casiemorragici deve essere quanto più rapida possi-bile per evitare risanguinamenti o evoluzioniverso una grave ipertensione endocranica;

• la presenza o meno di una lesione infartualedel tessuto cerebrale anche nei casi clinica-mente reversibili.

Dei 200.000 nuovi casi/anno, attesi in base aglistudi epidemiologici, gli ictus ischemici sono circal’80%, di cui circa il 20% è rappresentato da re-cidive. Circa il 10% degli episodi di prima pre-sentazione è emorragico e il 5% è da emorragiasubaracnoidea. Il 5% rimane indeterminato. Pertanto, l’ictus ischemico rappresenta 160.000casi l’anno, di cui 32.000 sono recidive. Le emor-ragie, di qualsiasi causa, sono circa 20.000 nuovicasi l’anno.Togliendo i casi mortali entro 6 mesi e i casi conguarigione completa o comunque senza perdita diautonomia, sono ipotizzabili almeno 80.000 ictusischemici con deficit grave o gravissimo.

La dimensione del problema ictus

Il carico assistenziale dell’ictus appare pesantissimo:in Italia, sommando i dimessi con diagnosi diTIA o ictus (DRG 14 e 15), il numero totale di191.194 ricoveri pone il disturbo cerebrovascolareacuto al 4° posto per frequenza di dimissione peril 2005 (www.ministerosalute.it/programmazione/

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sdo/ric_informazioni/sceltadia.jsp). Nel 2008 ledimissioni ospedaliere con DRG 14 e 15 sonostate, rispettivamente, 113.288 e 58.757.L’incidenza dell’ictus dipende dall’età. In Italia,nella fascia di età compresa fra 0 e 44 anni l’inci-denza della malattia cardiovascolare è 13 casi per100.000 e la prevalenza è 65 per 100.000. Nellafascia fra 45 e 54 anni l’incidenza sale a 82 e laprevalenza a 410, per salire a 2224 e 8796 nelladecade fra i 75 e gli 84 anni. La prevalenza passada 5000 per 100.000 nei soggetti con età inferioreai 75 anni a oltre 10.000 per 100.000 nei soggetticon età superiore a 80 anni; in altri termini, i 3/4degli ictus avvengono dopo i 65 anni, e di questioltre la metà nei soggetti oltre i 75 anni. Il sessomaschile è colpito con un 20% in più rispetto alsesso femminile. Recentemente grande importanza è stata data allarelazione tra uso di droghe e incidenza di com-plicazioni neurologiche, che possono svilupparsianche immediatamente dopo l’assunzione delladroga. La relativa probabilità di un ictus (ische-mico o emorragico) in consumatori di cocaina ècalcolata essere circa 14 volte più alta che in per-sone di pari età che non fanno uso di droghe.Quindi, se nella popolazione generale gli accidenticerebrovascolari hanno un’incidenza dello 0,2%(200 persone ogni 100.000), tra le persone chefanno uso di cocaina 2800 ogni 100.000 avrannoun ictus.Lamortalità per ictus aumenta proporzionalmenteall’età, pur mostrando notevoli differenze da unaNazione all’altra e da un’etnia all’altra. In Europasi osserva per il sesso maschile nella fascia di etàcompresa fra 40 e 70 anni una mortalità del 50-90%/100.000/anno e del 30-60%/100.000/anno nel sesso femminile. Per l’ictus ischemico,la mortalità acuta (letalità), cioè imputabile diret-tamente all’ictus acuto, attualmente valutata a 28giorni dall’esordio del quadro clinico, è il 20%.

La mortalità a distanza, cioè legata agli esiti del-l’ictus e valutata a 12 mesi, dipende dalla gravitàdel quadro clinico all’esordio dell’ictus ischemico,misurabile con le Scale di Invalidità [es. la NationalInstitutes of Health Stroke Scale (NIHSS)]. I pazienti con un quadro clinico lieve, che nonne compromette l’autonomia funzionale, hannoa 12 mesi una mortalità del 14,6%. I pazienticon un quadro clinico medio hanno una mortalitàa 12 mesi pari al 19,9%. Nei quadri più severi lamortalità a 12 mesi raggiunge il 35% (se si consi-derano insieme morte e disabilità grave il dato èil 30% negli ictus medio-lievi e il 54% negli ictusgravi). La mortalità della prima settimana è dovutain genere a cause cerebrali, più frequentemente aun’ernia transtentoriale per edema massivo dellazona infartuale (un quadro definito “infarto cere-brale maligno della ACM”). Nella seconda setti-mana la causa di morte è più spesso da riferire aproblematiche cardiache (scompenso, infarto) oa complicanze internistiche (infezioni urinarie epolmonari). Le complicanze cardiache sono piùfrequenti negli ictus ischemici dell’emisfero destro,particolarmente se coinvolgono le regioni dell’in-sula. Dopo la terza settimana dall’esordio dell’ic-tus, la causa di morte è in genere non vascolare,ma di tipo infettivo, urinario o polmonare.

La gestione della fase acuta: la fase preospedaliera e le Stroke Unit

Questi dati, e in particolare a) l’elevata mortalitàacuta, soprattutto per le emorragie subaracnoidee;b) la possibilità, ma anche gli stretti limiti tem-porali di una terapia risolutiva nelle ischemie,fanno sì che l’ictus debba essere consideratoun’“emergenza” medica e debba quindi seguirepercorsi dedicati, sull’esempio della malattia car-diovascolare ischemica, che permettano l’accessodel paziente a percorsi diagnostici e terapeutici

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nelle prime ore dall’esordio dei sintomi, nelle sedispecialistiche deputate a tale trattamento.Considerato il tempo come fattore determinanteai fini del trattamento trombolitico, le cause prin-cipali dell’allungamento del tempo dalla comparsadei sintomi alla terapia, cioè della fase preospeda-liera, sono costituite per una parte dalla scarsaconsapevolezza nella popolazione generale dellasintomatologia precoce dell’ictus, e in quale mi-sura esso si possa giovare di un rapido arrivo inospedale; per l’altra parte dalle carenze organizza-tive del Sistema Territoriale dell’Emergenza 118,che dovrebbe assicurare con urgenza l’interventoe il trasporto del paziente con sospetto ictus uni-camente verso quelle strutture in grado di garan-tire l’adeguato trattamento. Si impone quindi lanecessità di campagne di informazione, a partiredalle fasce più giovani della popolazione, al finedi creare diffusa conoscenza del fenomeno e deiprovvedimenti urgenti da prendere. Analogamentevanno definiti in maniera dettagliata e omogeneasul territorio i percorsi e le procedure da adottareda parte del Sistema 118 in presenza di sintomiacuti riferibili a ictus cerebrale. È stato osservatoche circa la metà degli interventi di soccorso del118 per un sospetto ictus non arriva poi a unPronto Soccorso o a un DEA (DipartimentoEmergenza Accettazione), ma si ignora che cosasuccede in questi casi e dove si ricoverano se si ri-coverano (diagnosi di ictus non confermata, pa-zienti molto lievi o molto gravi ecc.). Il Capitolo 2 di questo Quaderno prende detta-gliatamente in esame questi aspetti, che sarannopoi ripresi anche nei Capitoli 7 e 8, sui Rapporticon il Territorio e sulla Comunicazione.Una volta che il paziente con ictus acuto è arrivatoin ambiente esperto, dove possono essere effettuatein tempi strettissimi la diagnosi di natura dell’ictuse le procedure mediche preliminari a un’eventualeterapia fibrinolitica nelle forme ischemiche, i pa-

zienti dovranno percorrere vie terapeutiche diversea seconda dell’eziopatogenesi dell’ictus che li hacolpiti e dei tempi di arrivo in ospedale.Per l’ictus ischemico acuto, il Quaderno “LeStroke Unit” ha già indicato il vantaggio delleStroke Unit come punto di riferimento per l’ictusacuto, in termini di ridotta mortalità e disabilità,con maggiore numero di pazienti dimessi vivi aldomicilio, come ampiamente dimostrato dallemetanalisi Cochrane (Stroke Unit Trialist’ Colla-boration, 2007) e confermato nella popolazioneitaliana dallo studio PROSIT (Lancet, 2007). An-che la più recente revisione (Cochrane 2007) haconfermato che il trattamento in Stroke Unit ri-spetto a un reparto non specializzato riduce lamortalità (riduzione del rischio assoluto) del 3%,riduce la dipendenza del 5% e riduce l’istituzio-nalizzazione del 2%. Il beneficio si ha in tutti itipi di pazienti, indipendentemente da sesso, età,sottotipo e gravità dell’ictus.Inoltre, il trattamento dell’ictus acuto in StrokeUnit è associato a una consistente riduzione delladegenza media, con un risparmio calcolato in492.640 giornate di degenza se tutti gli ictus ve-nissero gestiti in Stroke Unit (dati epidemiologicisul numero di ricoveri per DRG 14 per anno peril 2005). Lo studio EXPRESS (2008) ha dimo-strato come una strategia diagnostico-terapeuticarapida (con indagini e trattamenti iniziati nelcorso delle prime 24 ore dall’arrivo in ospedale)comporti una clamorosa riduzione (pari all’80%)del rischio di ictus dopo un TIA e riduca signifi-cativamente sia la durata della degenza ospedalieraeventuale sia la disabilità a 6 mesi.La Stroke Unit appare anche essenziale nell’attuaretutte le necessarie procedure diagnostiche e tera-peutiche per tutti quei pazienti che non sono af-fetti da ictus ischemico o, pur essendolo, nonrientrano nei criteri di applicazione della terapiatrombolitica.

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Si cita come esempio quanto previsto nel PianoFrancese per la Lotta contro l’Ictus, 2010-2014,presentato nei primi mesi del 2010. In questo“Plan de Lutte” si prevede che le Unità Neuro-Vascolari (UNV), strutture specializzate che cor-rispondono alle nostre Stroke Unit di II e III li-vello, passino dalle attuali 87 a 117 nel 2010 e a142 nel 2011: nei prossimi diciotto mesi un au-mento di 55 UNV, pari a oltre il 63%.

La cura dell’ictus in fase acuta: non solo trombolisi

I numeri dell’ictus sono assai rilevanti. Comedetto in precedenza, dei 200.000 nuovi ictus/annoin Italia gli ictus ischemici sono circa l’80%, e diquesti circa il 20% è rappresentato da recidive.Circa il 10% degli episodi di prima presentazioneè emorragico e il 5% è da ESA. Il 5% rimane in-determinato. Pertanto, l’ictus ischemico rappresenta 160.000casi l’anno, di cui 32.000 sono recidive. Le emor-ragie, di qualsiasi causa, sono circa 20.000 nuovicasi l’anno e almeno 5000 sono le ESA, il cuipercorso diagnostico-terapeutico è nettamente se-parato da quello delle altre forme di ictus, ma as-sume immediate caratteristiche di estrema urgenzadata l’elevatissima mortalità nelle prime ore dal-l’esordio. I Capitoli 3 e 4 di questo Quadernoprendono in esame questi aspetti, a iniziare dallacasistica che arriva al Pronto Soccorso, dalle reti epercorsi della fase intraospedaliera sia medica siachirurgica di questi pazienti, con le necessità legatealla terapia in acuto e alla degenza nella fase acuta,comprendendo anche un’analisi dei costi. I casi di ictus ischemico recidivante non semprerientrano nei criteri della terapia trombolitica, perla possibile presenza di una terapia anticoagulante,o per esiti del precedente ictus troppo gravi anchedal punto di vista cognitivo (il 35% dei pazienti

con un precedente ictus mostra una demenza va-scolare dopo 12 mesi). I casi di ictus ischemico de novo sono quindi circa130.000 l’anno, in Italia. Circa il 30% giunge inun Pronto Soccorso entro le 3 ore e il 25% diquesti è trattabile (10.000 pazienti). Nello studioIMPLICA il 13% dei pazienti che giungevano alDEA con diagnosi confermata di ictus rispettavai criteri di età e intervallo dall’esordio dei sintomied era eleggibile per il trattamento tromboliticoper via venosa, ma la scarsità di posti letto inStroke Unit ha ridotto il numero dei pazienti sot-toposti a fibrinolisi a un modesto 8% dei casitrattabili (solo 17 pazienti su 206). In Lombardia,dove sono più numerose le Stroke Unit, viene in-vece trattato con fibrinolisi sistemica o locoregio-nale il 24% degli ictus ischemici eleggibili per latrombolisi (dati registro SUN Lombardia). Più in generale, a fronte di un’amplissima popo-lazione, i pazienti sottoposti a procedura di trom-bolisi sono stati in Italia, nel 2008 e 2009, in me-dia 1200 per anno. A oggi, quindi, meno dell’1%di tutti gli ictus; lo 0,4% delle chiamate al 118per sospetto di ictus. Lo iatus, fra i 130.000 casi de novo/anno reali e i10.000 casi/anno trombolisabili possibili, è pro-fondo, richiede una grande attenzione e per lasua risoluzione è necessario un forte impegno co-mune, al centro come all’estrema periferia, orga-nizzativo, tecnico e culturale. Va quindi sottolineato come la funzione dellaStroke Unit vada al di là del trattamento trombo-litico, pur importantissimo, e si esplichi su tuttala popolazione di pazienti con ictus acuto, nellaquale il trattamento in Stroke Unit ha mostratodi essere efficace a prescindere da patogenesi, gra-vità, sesso ed età dei pazienti. La diagnosi preco-cissima, anche se non così legata a una ristrettafinestra temporale come per l’ischemia, nella qualeveramente “Time is brain”, e la gestione compe-

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tente della fase acuta sono correlate nettamentesia alla mortalità sia all’outcome, che a una minoredurata della degenza.

La competenza nella gestione ospedalieradella fase acuta

Ed è nell’area funzionale di eccellenza per l’ictus(la Stroke Unit), configurabile a seconda della ti-pologia di Azienda e della situazione reale comeuna UO semplice o complessa (oppure, e solotransitoriamente, come un’area neurologica dedi-cata), che lo specialista neurologo con il supportodelle neuroimmagini deve effettuare la prima dia-gnosi e avviare il percorso assistenziale. Questa organizzazione può rappresentare un im-pegno di spesa anche per le Aziende di maggioredimensione e complessità, dove peraltro questefunzioni sono già presenti. Può rappresentare unimpegno più oneroso per Aziende di dimensioniminori e dove le competenze non siano presentih24/7. Ma la valutazione costi-benefici deve essereampia e completa, pesando risorse impegnate/van-taggi, ricordando che i ricoveri per ictus cerebraleconsumano oltre un milione di giornate di de-genza l’anno e che il 50% dei pazienti che hannosubito un ictus cerebrale riporta degli esiti, e perquesti sono da prevedere almeno quattro milionidi giornate di degenza come riabilitazione. E so-prattutto prevedendo non tanto un’organizzazionenuova, quanto una riorganizzazione delle com-petenze e delle potenzialità esistenti, cercando unarivoluzione a costo zero, nei limiti del possibile.Questi aspetti saranno trattati nei Capitoli 3 e 4.Il Capitolo 5 prenderà invece in esame una pro-blematica non secondaria: i ricoveri impropri egli esuberi. Problema delicato, ma tassello fonda-mentale nell’equilibrio gestionale dell’assistenzaall’ictus.Se è vero che la gestione iniziale di tutti i pazienti

con ictus acuto deve essere affidata al personalespecializzato della Stroke Unit, per la prima im-mediata caratterizzazione eziopatogenetica del tipodi ictus, e se è vero che l’ictus ischemico acuto restadi competenza neurologica nella maggioranza deicasi, in una non trascurabile minoranza i pazienticon presentazione di ictus acuto richiedono unacompetenza di Chirurgia Vascolare o di Neurochi-rurgia o un approccio radiologico endovascolare.L’ictus emorragico ha una competenza neurologicao neurochirurgica a seconda delle dimensioni edelle caratteristiche dell’emorragia intraparenchi-male e l’emorragia subaracnoidea ha una compe-tenza neurochirurgica o di neuroradiologia endo-vascolare, come si vedrà nel Capitolo 4. In tutti i casi, le procedure diagnostiche e il primoapproccio terapeutico dovrebbero svolgersi in unambiente dedicato all’ictus, cioè in una StrokeUnit. Si ricorda che tre sono i livelli operativi ipo-tizzati per le Stroke Unit in Italia e tutti e tre do-vrebbero essere gestiti ove possibile da neurologiin considerazione della competenza specifica dellospecialista d’organo e in analogia con quanto de-finito dallo Executive Committee della EuropeanStroke Iniziative. Dal primo al terzo livello si assistea un crescente grado di competenze diagnostichee terapeutiche. Nel II e III livello sono previsteh24 le prestazioni ultra-specialistiche quali latrombolisi sistemica o anche intra-arteriosa, e tuttele procedure mediche e chirurgiche di riferimento,e anche ad h24 tutte le competenze neuroradio-logiche, neurochirurgiche, di Chirurgia Vascolare,come già delineato nell’elaborato precedente diquesta Commissione.Tuttavia, l’attuale offerta assistenziale all’ictusacuto è a tutt’oggi inadeguata e assolutamentebasso è il numero dei pazienti con ictus acutissimoche hanno acceso alla terapia trombolitica o allealtre terapie interventistiche specifiche. Accantoa Regioni virtuose (Lombardia, Veneto, Pie-

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monte), molte altre non hanno definito in ma-niera adeguata il modello organizzativo o se lohanno fatto non hanno proceduto in concretoalla fase attuativa. Per tali motivi appare assoluta-mente necessario che il Ministero competente perla Salute emani delle direttive generali che possanoservire da riferimento e guida per la realizzazionedi un’efficace rete assistenziale per l’ictus cerebralesu tutto il territorio nazionale. E sarebbe oppor-tuno che le stesse direttive generali prevedesseroanche un sistema di verifiche di qualità, in manierarigorosa e prefissata. Questi aspetti saranno trattatinel Capitolo 9.L’assistenza della fase acuta dell’ictus, con tutte lecompetenze necessarie ad affrontare le diverseeziopatogenesi e quindi le diverse situazioni me-dico-chirurgiche, sia di altissima specializzazionequali quelle che caratterizzano le Stroke Unit diIII livello, ma anche per i tanti casi di ictus ische-mico o di emorragia cerebrale che non rientranonei casi “trattabili” con le sopracitate terapie, puòessere gestita a costi assistenziali sostenibili sola-mente se a valle della Stroke Unit esiste una seriedi strutture “di stabilizzazione” che permettano ilturnover nelle Stroke Unit senza perderne il van-taggio come outcome.

Il passaggio dalla fase acuta al post-acuzienel percorso di cura: la riabilitazione e la prevenzione delle recidive

Un adeguato turnover nelle Stroke Unit è fonda-mentale per la riduzione dei tempi di degenza epuò essere assicurato dalla definizione di percorsiottimizzati verso la riabilitazione o in residenze sa-nitarie assistite, come si vedrà nei Capitoli 6 e 7.È questo un problema generale dell’ictus: in altritermini il deficit neurologico a focolaio in fase distabilizzazione, sia esso dovuto a ischemia (comenell’80% dei casi) o a emorragia (come nel 20%

dei casi), ha necessità di accedere il prima possibilea un percorso riabilitativo o di RSA (ResidenzaSanitaria Assistita). Questo percorso riabilitativodopo l’ictus deve avere come obiettivo il raggiun-gimento della migliore qualità di vita possibileper i pazienti sopravvissuti, con particolare atten-zione alle problematiche psicosociali che questapatologia comporta e, nella prima fase, anche lagestione delle complicanze secondarie dell’ictus.Ed è importante che il percorso riabilitativo nonvenga confuso con il percorso delle RSA. È ne-cessario anche qui attuare delle precise verifichedi qualità (vedi Capitolo 9).Vi è poi l’aspetto della prevenzione del re-ictus odell’ictus dopo TIA (www.spread.it), che si basafondamentalmente su una diagnosi la più accuratapossibile dei meccanismi patogenetici dell’eventoprimario e quindi della stratificazione del rischio. Inoltre, per ridurre il rischio di ictus ischemicodopo un TIA è necessario prevedere percorsi dia-gnostici “urgenti” che garantiscano l’effettuazionedi tutte le indagini necessarie all’individuazionedei fattori causali e alla stratificazione del rischiodi successivo ictus: infatti, il 10-15% dei pazientiche si presentano con TIA ha un nuovo eventoischemico entro 90 giorni, nel 10% dei casi fataleo disabilitante. Il rischio di ricorrenza è maggiorenei primi 4 giorni, nel 50% dei casi si verificanelle prime 48 ore.

Considerazioni conclusive

Quello che la Commissione propone è un nuovomodello ideale di assistenza all’ictus, dove vieneriportato in primo piano proprio il paziente conictus. La consapevolezza dell’elevato costo socialedelle vasculopatie cerebrali deve indurre le Auto-rità regolatorie a rimodulare sul paziente con ictusle risorse in letti, in personale e in tecnologie at-tualmente disperse sotto diverse etichette, quali

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Medicina, Medicina d’Urgenza, Geriatria ecc. Èuna rivoluzione “a costo zero”, che assicura co-munque e diffusamente un miglioramento del-l’outcome insieme a una riduzione della duratadelle degenze e che consente che all’interno delladimensione neurologica della prima linea di assi-stenza all’ictus vi siano disponibili le strutture perl’ictus acuto (cioè le Stroke Unit) e le competenzedi Neurochirurgia, di Chirurgia Vascolare, diNeuroradiologia Interventistica, in relazione allacomplessità del paziente e all’organizzazione re-gionale degli ospedali ad alta intensità di cura e

della rete delle Stroke Unit secondo il sistema“Hub & Spoke”. In un contesto ospedaliero “dedicato”, utilizzandoal meglio le risorse già disponibili in quanto “con-figurate” nel sistema Stroke Unit, è possibile rea-lizzare una modalità operativa efficace ed econo-micamente sostenibile intervenendo anche sui dueelementi cardine del problema TIA, e cioè iltempo (esecuzione tempestiva e qualificata delleindagini e dei relativi trattamenti) e il costo eco-nomico (riduzione del numero dei ricoveri e dellaloro durata, oltre che prevenzione degli ictus).

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TAKE HOME MESSAGES

L’elevata mortalità acuta e la possibilità, ma anche gli stretti limiti temporali, di una terapia risolutivaper via sistemica o anche endovascolare nell’ictus ischemico, o la necessità di un approccio neurochirur-gico nelle emorragie, fanno sì che l’ictus debba essere considerato un’“emergenza” e debba quindi se-guire dei percorsi dedicati che permettano l’accesso del paziente in acuto a protocolli diagnostici e te-rapeutici ben definiti in strutture specialistiche adeguate.I ricoveri per ictus cerebrale consumano oltre un milione di giornate di degenza l’anno e il 50% dei pa-zienti che hanno subito un ictus cerebrale riporta degli esiti, e per questi sono da prevedere almenoquattro milioni di giornate di degenza come riabilitazione e in molti casi è da prevedere un costo so-cioassistenziale per tutta la vita. La consapevolezza dell’elevato costo sanitario e sociale delle vasculopatiecerebrali acute deve quindi indurre le Autorità regolatorie a concentrare in un contesto ospedaliero“dedicato” le diverse risorse in letti e personale e in tecnologie attualmente disperse sotto diverse eti-chette, configurandole in un sistema di Stroke Unit di differenti livelli. Si realizzerebbe così una rivolu-zione “a costo zero”, tale da assicurare comunque e diffusamente un miglioramento dell’outcome equindi dei costi a lungo termine insieme a una riduzione della durata delle degenze. È tuttavia evidente che il problema non si limita alla pur importante fase acuta e al trattamento trom-bolitico, ma va visto in un’ottica globale che va dal riconoscimento dei primi sintomi dell’evento cere-brovascolare all’attivazione del servizio territoriale dell’emergenza-urgenza, all’individuazione e aller-tamento delle Strutture adeguate al trattamento dello specifico caso, alla gestione intraospedaliera, alprogetto e al trattamento riabilitativo, alla prevenzione secondaria, all’auspicabile rientro al domicilio,alla presa in carico della persona colpita da ictus da parte del MMG, dello specialista territoriale o del-l’ADI. Tutte queste componenti, a partire dalla consapevolezza nella popolazione, vanno affrontate egestite attraverso percorsi e processi di cura che siano efficienti, efficaci, realizzabili, verificabili e omo-genei su tutto il territorio nazionale. Solo in questo modo sarà possibile ottenere il massimo beneficioper il cittadino e il migliore utilizzo delle risorse disponibili.L’individuazione e la descrizione di tali percorsi costituiscono il razionale di questo elaborato.

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2. La fase preospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso

La problematica correlata alla disinformazione delproblema ictus che determina una scarsa consa-pevolezza provoca ritardi di presentazione all’os-servazione specialistica, con inevitabili ricadutenegative sulla gestione complessiva. Le misure da adottare per ridurre il tempo di con-sapevolezza e quello di aiuto saranno oggetto dellatrattazione del Capitolo 8, sulla “Comunicazione”,che si pone l’obiettivo di fornire indicazioni utilia ridurre al minimo il cosiddetto “tempo di ac-cesso”, a tutt’oggi inficiato da un difetto organiz-zativo alquanto diffuso.Verranno affrontate nel merito le seguenti criticità:• scarsa organizzazione del percorso extraospe-

daliero principalmente determinata dal ritardotra l’esordio dei sintomi e la chiamata del 118o l’autopresentazione in Pronto Soccorso;

• ridotto numero di accessi al Pronto Soccorsotramite il 118 (quantificabile nel 20-40% deipazienti, a seconda delle casistiche e dei livellidi informazione/formazione di popolazione eoperatori del settore);

• scarsa ottimizzazione del percorso intraospeda-liero, spesso condizionata dall’assegnazione alcaso clinico di un codice triage non adeguato.

Alcuni interventi possono risultare decisivi nell’ab-battere i tempi morti derivanti da un’organizzazioneapprossimativa e inefficace. Tra questi è da conside-

Introduzione

Il concetto “Time is brain” ha portato al centrodella riflessione sull’ictus cerebrale il problemadel tempo che intercorre tra l’esordio sintomato-logico dell’ictus (fase dell’ictus acuto) e l’effettivoaccesso del paziente alla terapia, sia per quantoriguarda gli eventi ischemici che ne rappresentanola maggioranza (circa l’80% del totale), in quantopassibili di trattamento mediante trombolisi, siaper quelli emorragici oppure subaracnoidei darottura di aneurisma intracranico. Questo lasso di tempo può essere sommariamentedistinto in tre componenti principali: tempo di con-sapevolezza (dall’insorgere dei sintomi alla consape-volezza che qualcosa non va), tempo di aiuto (entroil quale viene chiamato il medico), tempo di accesso(il tempo impiegato per arrivare in ospedale).Un problema rilevante nell’applicazione della mi-gliore cura al paziente con ictus acuto è riassuntonel concetto di “ritardo evitabile”, che esprimeprincipalmente un difetto organizzativo limitanteil gesto clinico appropriato. Alcuni studi indicanoil ritardo preospedaliero come responsabile di oltrel’80% del ritardo diagnostico e terapeutico nel-l’ictus, benché tali dati siano in continuo miglio-ramento e debbano essere correlati all’area terri-toriale oggetto della rilevazione.

n. 14, marzo-aprile 2012

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rare l’adozione di un Codice Ictus, che viene definitodall’attribuzione, al triage, di un codice che prefiguri,“sia per gli ictus ischemici eligibili alla trombolisi cheper molti ictus emorragici, un percorso sovrapponibile,in termini di ‘urgenza’, a un codice rosso (di trasporto)”.Esso rappresenta un modello organizzativo priori-tario per i pazienti identificati come possibili ictusa domicilio da parte dei soccorritori del 118 e con-figura uno strumento che, coinvolgendo attivamentegli operatori della fase pre- e ospedaliera (118, me-dico d’urgenza, neurologo d’urgenza/Stroke Unit),si è mostrato in grado di incrementare significati-vamente il numero di pazienti eleggibili al tratta-mento trombolitico. Allo stesso tempo appare ve-rosimile come esso possa rendere più rapido l’accessoall’ospedale dei pazienti con ictus che richiedano untempestivo intervento neurochirurgico [emorragia su-baracnoidea (ESA)], o di chirurgia vascolare o, an-cora, di approccio endovascolare (stenosi preocclu-siva di carotide, di vertebrale, di basilare o di cere-brale, embolizzazione di aneurisma intracranico).Compatibilmente con la disponibilità territorialedi Stroke Unit di maggiore complessità organiz-zativa (II e III livello), in grado di operare con lamaggiore tempestività e qualità (trombolisi ev eia), è auspicabile trasportare il paziente alla StrokeUnit più idonea secondo il criterio temporaledell’esordio dei sintomi:• < 4 ore a Stroke Unit di II e III livello;• da 4,5 a 6 ore a Stroke Unit di III livello;• 6 ore a Stroke Unit di I livello [a eccezione de-

gli ictus ischemici in territorio vertebro-basi-lare, che possono essere trattati con TLR(trombolisi locoregionale) entro le 8 ore].

In caso di sospetta diagnosi di ESA il pazientedeve essere trasportato a una Stroke Unit di III li-vello per un inquadramento diagnostico-terapeu-tico immediato che prevenga il rischio di un ri-sanguinamento precoce.Dalle Stroke Unit di I e II livello, i pazienti con

indicazione a intervento neurochirurgico in tempibrevi (ESA o emorragia cerebrale con indicazioneall’intervento) o di Chirurgia Vascolare o di ap-proccio endovascolare (stenosi preocclusiva di ca-rotide, di vertebrale, di basilare o di cerebrale,embolizzazione di aneurisma intracranico) do-vranno essere inviati alla Stroke Unit di III livellopiù vicina, eventualmente utilizzando ancora iltrasporto tramite 118, in accordo con il concettodi “trasporto primario differito”.Nel caso di ESA da rottura di aneurisma intracra-nico, è noto come il suo mancato riconoscimentopossa essere causa di mortalità per risanguinamentoe che lo stesso è più frequente nelle prime oredopo l’emorragia. In attesa di trasferimento im-mediato in un ospedale sede di Stroke Unit di IIIlivello, idoneo a una sua diagnosi e trattamento, onei casi in cui le condizioni cliniche del pazientenon permettano un trattamento acuto dell’aneu-risma, è opportuno anche l’inizio di un trattamentomirato, oltre che a mantenere stabili i parametrivitali, a prevenire il risanguinamento (antifibrino-litici, acido tranexamico 1 g ogni 6 ore per nonoltre 72 ore e controllo della pressione arteriosa).L’obiettivo del trasporto alla struttura più idoneapuò essere raggiunto tramite i seguenti provvedi-menti:• identificazione e operatività delle Stroke Unit

territoriali di III livello (eventualmente in retecon altre di analogo livello operazionale, perquanto riguarda le prestazioni di Neurochi-rurgia, di Chirurgia Vascolare o di RadiologiaInterventistica);

• razionalizzazione territoriale delle risorse pro-fessionali e tecnologiche;

• sviluppo di Stroke Unit di II livello per le pro-cedure di rivascolarizzazione intravenosa in casodi patologia ischemica, o presidi farmacologicidi stabilizzazione delle condizioni cliniche inquello di patologia emorragica, al fine di con-

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centrare interventi ad alta complessità nel Cen-tro a elevata specializzazione (Stroke Unit diIII livello), mantenendo un collegamento effi-cace ed efficiente con i Centri periferici e ra-zionalizzando le risorse umane e tecnologiche. Queste Stroke Unit di III livello devono ga-rantire la copertura dei servizi h24 e 7/7 giorni.

Il percorso preospedaliero

La definizione del percorso preospedaliero è spe-cificamente rivolta al personale sanitario dell’emer-genza (Centrali operative 118, ambulanze, medicie infermieri delle postazioni 118 e di Pronto Soc-corso). La popolazione che ne è oggetto comprendetutti i pazienti e i familiari che si rivolgono allestrutture del 118 per una sintomatologia che facciasospettare all’operatore la presenza di un eventocerebrovascolare acuto, ischemico o emorragico.

Definizioni

Viene definito ictus cerebrale un deficit neurolo-gico focale insorto improvvisamente e verosimil-mente riconducibile a una patologia non trauma-tica dei vasi cerebrali che perduri più di 24 ore. Inquesta definizione è compresa sia la patologia va-scolare ischemica sia quella emorragica, a sua voltacomprensiva dei sanguinamenti a sede intraparen-chimale, subaracnoideo o anche epi-subdurale. Perattacco ischemico transitorio (transient ischemic at-tack, TIA) si intende, invece, un deficit neurologicofocale insorto improvvisamente e verosimilmentericonducibile a una patologia non traumatica deivasi cerebrali che si risolve entro 24 ore.Non rientrano nel percorso i pazienti che presen-tano in forma isolata:• perdita di coscienza;• vertigini;• amnesia globale transitoria;

• drop attacks;• astenia generalizzata;• stato confusionale;• incontinenza sfinterica.Queste condizioni, tuttavia, in urgenza possonoporre rilevanti problemi di diagnosi differenzialeper i quali è necessario attivare comunque, all’ar-rivo in ospedale, lo specialista neurologo.

Gestione in emergenza 118

Fase I: Richiesta di intervento al Sistema di Emergenza Sanitaria 118

Contattare il Sistema 118 riduce i tempi d’inter-vento per i pazienti con ictus cerebrale acuto. Leinformazioni che l’operatore del 118 deve tassati-vamente richiedere vengono riportate nell’“Inter-vista strutturata” riportata nel Box 2.1.

Fase II: Scelta e invio del mezzo di soccorso

Secondo le disponibilità dei mezzi di soccorso sipresentano le seguenti possibilità, indicate in or-dine di priorità d’invio a seconda del codice ditriage telefonico:• Codice Rosso: invio ambulanza prevista dai pro-

tocolli di soccorso del 118 regionale;• Codice Ictus definito da:

- esordio dei sintomi da non oltre 4 ore,- età compresa tra 18 e 80 anni,- vigilanza integra,- Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPPS)

positiva,- sospetto clinico di ESA,ed estendibile [in particolare per la patologiaischemica e dopo arrivo nel DEA (DipartimentoEmergenza Accettazione) di riferimento in ospe-dale dotato di Stroke Unit] per “trasporto pri-mario differito” a:

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- esordio dei sintomi da non oltre 6 ore (circoloanteriore) ovvero 8 ore (circolo posteriore),

- sospetto clinico-strumentale di occlusionedi tronchi arteriosi maggiori,

- compromissione neurologica moderato-se-vera [National Institutes of Health Stroke Scale(NIHSS) superiore a 10],

- non eligibilità alla trombolisi ev,- assenza di ricanalizzazione-riperfusione dopo

trombolisi ev.Prevede l’invio dell’equipaggio BLS (basic lifesupport), con infermiere responsabile; possibilesupporto medicalizzato su richiesta dell’infer-miere in seguito alla rivalutazione sul posto (an-che in considerazione del luogo dell’evento –distanza da Stroke Unit di II o III livello).

• Codice Giallo: invio equipaggio BLS, con in-fermiere responsabile; possibile supporto me-dicalizzato su richiesta dell’infermiere in se-

guito alla rivalutazione sul posto (anche inconsiderazione del luogo dell’evento - distanzada Stroke Unit di II o III livello).L’invio dell’eliambulanza è consigliato solo perpazienti candidabili al trattamento medico ochirurgico in emergenza e soccorsi in luoghilontani o quando il percorso stradale, per varimotivi (traffico, strade di campagna ecc.), al-lunga i tempi di trasporto alle strutture dedi-cate, tanto da non garantire un tempo di rico-vero inferiore o uguale a 30 minuti.

Fase III: Attività sul territorio dei mezzi di soccorso

Definizione del codice di gravità e riconoscimento precoce dei segni dell’ictusÈ indicato che il personale dei mezzi di soccorsorilevi eventuali traumi, escluda condizioni a rischio

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Box 2.1 Intervista dell’operatore di Centrale operativa 118

Durante l’intervista vanno poste le seguenti domande:

Il paziente:

1) è cosciente? � Sì � No

2) respira normalmente? � Sì � No

Se il paziente risponde no a una delle precedenti domande, l’operatore del triage di Centrale operativa118 assegna alla richiesta il codice di soccorso appropriato (vedi Allegato 1), poi chiede:

3) ha mal di testa, il primo così forte e improvviso? � Sì � No

4) dove si trova?..............................................................................................................................................

e invia la richiesta di soccorso in sala dispatch per iniziare la ricerca dell’ambulanza più vicina e appro-priata.

L’intervista prosegue con le domande per l’individuazione di un quadro sindromico compatibile conictus cerebrale acuto; le informazioni che si ottengono verranno inviate contemporaneamente alla saladispatch.

Domande per l’individuazione del quadro sindromico compatibile con ictus cerebrale acuto – CincinnatiPrehospital Stroke Scale (CPSS) positiva:

1) due lati della faccia del paziente si muovono ugualmente? � Sì � No

2) gli arti superiori del paziente si muovono nella stessa maniera? � Sì � No

3) il paziente parla normalmente? � Sì � No

Se risponde sì a una di queste 3 domande, chiedere:

4) A che ora ha notato il disturbo? (annotare l’ora) ....................................................................................

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La fase preospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso 2

per la sopravvivenza del paziente, esegua un primoinquadramento diagnostico e assicuri un primoapproccio assistenziale. Le azioni da svolgere e la sequenza con cui devonoessere eseguite sono:• ABC (airway, breathing, circulation): assicurare

la pervietà delle vie aeree. Parametri vitali (re-spiro, polso, pressione arteriosa, saturazioneO2); somministrare ossigeno se saturazione≤ 92% e soluzione fisiologica cristalloide incaso di segni di disidratazione e/o di valori pres-sori significativamente inferiori a quelli usualiper il paziente;

• D (disability) Glasgow Coma Scale (GCS) [peril personale medico e infermieristico 118 è daconsiderare, in alternativa, l’utilizzo della scalaAlert Verbal Pain Unresponsive (AVPU), piùsemplice, ma comunque valida in questa eve-nienza]; CPSS;

• E (exposure): in caso di CPSS positiva per de-ficit di forza di un emisoma porre attenzionea proteggere le estremità paralizzate, per evitaretraumi soprattutto durante il trasporto.

Inoltre:• ri-assegnare triage;• fare l’anamnesi necessaria ad affrontare l’even-

tuale emergenza in loco;• ri-determinare l’ora d’inizio dei sintomi (a ve-

rifica della concordanza del dato ottenuto pertelefono).

Equipaggio sanitario delle ambulanze sul territorio

Raccomandazioni generaliÈ indicato che il personale dei mezzi di soccorsoraccolga dal paziente o dai familiari le informa-zioni utili a una precoce diagnosi differenziale,alla definizione dei fattori di rischio anamnestici(es. TIA recente – da meno di 15 giorni –, fibril-

lazione atriale e altre cardiopatie emboligene, plac-che carotidee, ipertensione, diabete), alla precisadeterminazione dell’ora di inizio dei sintomi. È indicata l’identificazione di episodi precedentidi ictus, infarto miocardico acuto (IMA), trauma,interventi chirurgici, sanguinamenti, tipo di trat-tamento farmacologico in corso (in particolareanticoagulanti).

Raccomandazioni terapeutiche• Monitorare la pressione arteriosa e pianificare

l’eventuale trattamento antipertensivo in rap-porto alla durata prevista del trasporto e alladisponibilità del consiglio medico [trattarel’ipertensione solo se pressione arteriosa dia-stolica (PAD) > 140 e pressione arteriosa si-stolica (PAS) > 220].

• Non somministrare nulla per os; non sommi-nistrare antiaggreganti.

• Evitare, per quanto possibile, la sedazione delpaziente, al fine di un corretto esame neurolo-gico in Pronto Soccorso/DEA.

• Trattare l’iperglicemia se > 200 mg/dl con in-sulina e trattare l’ipoglicemia (< 50 mg/dl), se-condo quanto indicato nei protocolli 118.

Fase IV: Trasporto del paziente alla strutturaospedaliera adeguata

I pazienti con sospetto ictus acuto devono essereindirizzati a ospedali con strutture dedicate (StrokeUnit); in particolare, se l’evento acuto è sospettoper un’ESA, le strutture riceventi dovrebbero con-figurare Stroke Unit di III livello, ovvero essereallocate in ospedali dotati di Neurochirurgia eNeuroradiologia Interventistica operative h24.Inoltre occorre:• garantire la protezione delle vie aeree e la venti-

lazione polmonare e proteggere le estremità pa-ralizzate, per evitare traumi durante il trasporto;

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• allertare il Pronto Soccorso di destinazione eil neurologo d’urgenza dell’arrivo di un so-spetto ictus, comunicando anche il codice diinvio.

Invio dei pazienti in base al triage• Paziente con parametri vitali (ABC) alterati (co-

dice rosso). Destinazione dei pazienti: secondoi protocolli in uso nel Sistema Sanitario Re-gionale.

• Paziente cosciente, senza alterazione dei para-metri vitali (ABC) con CPSS positiva da menodi 6 ore (sospetto ictus): si attribuisce il CodiceIctus e il paziente viene trasportato in StrokeUnit di II o III livello.

In caso di sospetta ESA, si raccomanda il trasportoal DEA di ospedale con Stroke Unit di III livello.

Destinazione dei pazienti• Il trasporto al DEA II con struttura dedicata

qualora comporti il superamento del ProntoSoccorso più vicino deve essere effettuato an-che dal mezzo BLS in presenza di condizionicliniche favorevoli (condizioni cardiocircola-torie e respiratorie buone e stabili) e previaautorizzazione della Centrale operativa 118.

• La Centrale operativa 118 deve avvisare il Pre-sidio ospedaliero dell’imminente arrivo di unpaziente con sospetto ictus o sospetta ESA,precisando il codice colore.

Teleconsulto

L’utilizzo della telemedicina e/o del consulto te-lefonico è indicato:• in caso di strutture ospedaliere prive di medico

esperto e che non sono in grado di garantireun “time to needle” per la trombolisi inferiorea 60-90 minuti;

• in presenza di pazienti con possibile indica-

zione neurochirurgica, in particolare nei casidi emorragia cerebrale intraparenchimale. Que-sta è una casistica numericamente elevata, circa30-40.000 casi l’anno, ma solo in un’assolutaminoranza di essi vi è l’indicazione all’inter-vento neurochirurgico, con una granda incon-gruenza tra richiesta di interventi di evacua-zione degli ematomi intraparenchimali e laloro effettiva realizzazione. Poiché molti diquesti pazienti vengono ricoverati presso strut-ture prive di reparto di Neurochirurgia, madotate di apparecchiature per TC cerebrale,atte a dimostrare la sede e l’entità dell’ematomaintraparenchimale, sarebbe opportuno che ve-nisse modificata la normativa vigente, che oggiprevede l’attivazione della consulenza neuro-chirurgica, a favore della validità clinica e giu-ridica di una tempestiva trasmissione delle neu-roimmagini e del teleconsulto da parte dellestrutture qualificate possibili afferenti. Questopermetterebbe di evitare ai pazienti un tra-sporto inutile e comunque traumatico ed evi-terebbe un inutile sovraffollamento delle StrokeUnit di II e III livello, con un evidente rispar-mio di spesa a molteplici livelli.

ALLEGATO 1

Criteri di assegnazione triage telefonico per paziente con sospetto ictus

• Codice Rosso: parametri ABC alterati.Per casi classificati come CODICE ROSSO leraccomandazioni qui contenute vanno interpre-tate all’interno delle raccomandazioni e procedurepiù generali del 118 Regionale.

• Codice Ictus: parametri ABC non alterati, pre-senza di almeno uno dei sintomi e/o segni disospetto ictus (CPSS positiva, con sintomi/segni

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da meno di 6 ore, segni di allarme di ESA – risponde sì alla domanda n. 3 – indipenden-temente dal tempo di insorgenza).

• Codice Giallo: parametri ABC non alterati, pre-senza di almeno uno dei sintomi e/o segni disospetto ictus (CPSS positiva) da più di 6 ore.

ALLEGATO 2

Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS)

• Normale: - entrambi i lati della faccia si muovono ugual-

mente; - entrambi gli arti superiori raggiungono e

mantengono la posizione estesa a 90° rispettoal tronco a occhi chiusi in maniera simme-trica, senza cadere o cedere;

- se il paziente usa le parole correttamente conlinguaggio fluente (normale).

• La CPSS è anormale se:- paresi facciale: chiedere al paziente di sorri-

dere o di mostrare i denti e verificare se unlato non si muove bene come l’altro (deficitneurologico) [CPSS+];

- deficit motorio degli arti superiori: chiedere al

paziente di estendere gli arti superiori per10 secondi mentre tiene gli occhi chiusi everificare se uno non si muove o cade,quando confrontato all’altro (deficit neuro-logico) [CPSS+];

- anomalie del linguaggio: chiedere al pazientedi ripetere una frase (es. “trecentotrentatree-simo reggimento della cavalleria”) e verificarese inceppa o non scandisce le parole o usaparole inappropriate o è incapace di parlare(deficit di linguaggio) [CPSS+].

ALLEGATO 3

Segnali di allarme della cefalea acuta

In caso di paziente con forte mal di testa, la pre-senza di uno dei seguenti segnali di allarme, indi-pendentemente dal tempo di insorgenza, è sug-gestiva di ESA:• esordio improvviso;• la peggiore cefalea della vita;• diversa dal solito;• nuova insorgenza e sede per lo più nucale;• dopo uno sforzo;• accompagnata da perdita di coscienza.

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La fase preospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso 2

TAKE HOME MESSAGES

La tempestività dei soccorsi nel caso di patologia cerebrovascolare acuta è abitualmente inficiata dall’as-senza di adeguate informazioni alla popolazione sui suoi sintomi di esordio. Per tale ragione si ritieneche una corretta informazione possa ridurre notevolmente il ritardo evitabile nella fase preospedaliera.È verosimile che l’adozione di un percorso rapido e facilmente condivisibile (come con il Codice Ictus)sia in grado di accelerare i tempi di intervento e la loro qualità complessiva. Nell’organizzazione dei servizi per l’emergenza-urgenza deve essere privilegiato un approccio finalizzatoalla rapida e congrua destinazione dei pazienti con ictus identificati al momento del soccorso. Nel caso di sedi ospedaliere disagiate è necessaria l’attivazione di servizi di telemedicina, in grado di per-mettere la selezione dei pazienti inviabili con profitto alle Stroke Unit più attrezzate per il loro trattamento(ictus ischemico in finestra terapeutica, emorragia subaracnoidea, ematoma intraparenchimale).

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3. Le patologie cerebrovascolari nel DEA

L’ospedale sede di DEA di II livello, oltre alle pre-stazioni fornite dal DEA di I livello, assicura fun-zioni di più alta qualificazione legate all’emer-genza, tra cui la Neurochirurgia, la Cardiochirur-gia, la Terapia Intensiva Neonatale, la ChirurgiaToracica, la Chirurgia Vascolare, secondo indica-zioni stabilite dalla programmazione regionale.Altre componenti di particolare qualificazione,quali le Unità per grandi ustionati e le Unità spi-nali ove rientranti nella programmazione regio-nale, sono collocate nei DEA di II livello.Il DEA rappresenta, dunque, l’elemento struttu-rale cardine nella rete ospedaliera dell’emergenzae nell’ambito delle patologie acute che a esso af-feriscono le malattie neurologiche acute rivestononotevole importanza per numerosità e severità.Una grande parte delle affezioni neurologicheesordisce, infatti, in maniera acuta o si presentacon le caratteristiche dell’urgenza e di converso lapatologia neurologica costituisce una considere-vole quota nell’ambito delle urgenze mediche inogni realtà ospedaliera. Le urgenze neurologiche,inoltre, sono particolarmente devastanti in terminidi disabilità e mortalità e sono gravate da notevolicosti, non solo relativi all’assistenza in acuto, maancor più relativamente agli esiti spesso invali-danti. La letalità a 30 giorni raggiunge il 50%per l’emorragia intraparenchimale, il 29% per il

Il Dipartimento Emergenza Accettazione e il carico delle affezioni neurologiche acute

Il Dipartimento Emergenza Accettazione (DEA) èun Dipartimento dell’ospedale che comprende varieUnità Operative incentrate sulla cura del pazientein area critica, che adottano un codice comune dicomportamento assistenziale, assicurando una ri-sposta rapida e completa al paziente acuto. È basatosu un modello organizzativo multidisciplinare cheriunisce in un’unica struttura diverse specialità. LeUnità Operative affini o complementari che costi-tuiscono il DEA perseguono comuni finalità e sonotra loro interdipendenti, pur mantenendo la propriaautonomia e responsabilità professionale.I DEA sono suddivisi in due livelli in base allespecialità presenti nell’ospedale. L’ospedale sede di DEA di I livello garantisce,oltre alle prestazioni fornite dagli ospedali sede diPronto Soccorso, anche le funzioni di osservazionee degenza breve e di rianimazione e deve inoltregarantire interventi diagnostico-terapeutici di Me-dicina Generale, Chirurgia Generale, Ortopediae Traumatologia, Cardiologia con UTIC (Unitàdi Terapia Intensiva Cardiologica). Sono inoltreassicurate prestazioni di laboratorio di analisi chi-mico-cliniche e microbiologiche, di diagnosticaper immagini e trasfusionali.

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trauma cranico, il 20% per i casi di stato di maleepilettico. Inoltre, il 50% dei casi di emorragiasubaracnoidea (ESA) è fatale, secondo i dati delNeurological Emergencies Treatment Trials (NETT)network negli Stati Uniti del 2009.Negli Stati Uniti, ogni 28 secondi una persona èvittima di una delle 8 più comuni emergenze neu-rologiche (ictus ischemico acuto, emorragia in-tracerebrale, ESA, lesioni cerebrali traumatiche,lesioni del midollo spinale, meningite batterica,stato di male epilettico e danno cerebrale anos-sico), con una mortalità di un caso ogni 2 minuti. Queste emergenze neurologiche più diffuse sonoresponsabili di oltre 115 miliardi di US$ l’annodella spesa sanitaria degli Stati Uniti e tra loroproprio le patologie cerebrovascolari sono le piùrilevanti in termini di frequenza e/o severità. In-fine, tutte queste condizioni hanno spesso un de-corso rapidamente progressivo e la finestra tem-porale per il loro trattamento in urgenza è strettae spesso limitata ai primi minuti a poche ore dallacomparsa dei sintomi.Nonostante l’entità del problema, non vi sonomolti dati sulla frequenza delle patologie neuro-logiche nei pazienti che afferiscono a un ProntoSoccorso e di certo sono ampiamente sottostimate,non solo in Italia.Nel Regno Unito circa 1 paziente su 10 accede aun Dipartimento di Emergenza per un problemaneurologico; le malattie neurologiche costitui-scono il 10-20% dei ricoveri in acuto e il 10%della popolazione adulta consulta almeno unavolta l’anno il proprio medico per sintomi neu-rologici, benché meno del 10% di questi sia poiindirizzato a un ospedale. Inoltre, sempre nel Re-gno Unito, solo raramente i pazienti con patologianeurologica acuta vengono visitati da un neuro-logo. In Grecia, su un totale di 67.822 pazientiadulti afferiti al Dipartimento di Emergenza-Ur-genza, l’8,75% (5901) ha necessitato di valuta-

zione neurologica. In Spagna sono stati condottidiversi studi sull’impatto delle malattie neurolo-giche acute in Pronto Soccorso. Da una review ditali studi a cura di Gómez Ibáñez et al. risultache le urgenze neurologiche rappresentano tra il2% e il 14% di tutte le emergenze mediche e traqueste l’ictus rappresenta un terzo del totale. Inun recente articolo sulle urgenze neurologiche inun grande ospedale universitario in Germania èstato evidenziato che il 9,4% di tutte le urgenzeche si presentano in Pronto Soccorso è di naturaneurologica (19.082 su 203.241) e di queste il26,5% è di tipo cerebrovascolare. Nello studio diMoulin et al. del 2003 sull’impatto del neurologoin un Dipartimento di Emergenza in un ospedalefrancese, l’ictus si conferma la patologia più fre-quente (33,1%). Analogamente, nel Regno Unitola principale categoria diagnostica neurologicache afferisce al Dipartimento di Emergenza diun grande ospedale è rappresentata dall’ictus(29%).In Italia, i ricoveri per patologia neurologica (ov-vero appartenenti alla MDC 1) rappresentano il7,5% del totale con 578.850 ricoveri su 7.735.053,secondo i dati del Ministero della Salute relativiall’anno 2008 (sostanzialmente invariati rispettoal 7,6% del totale, 639.000 ricoveri su 8.433.471nell’anno 2003). Tra i DRG di dimissione, l’ictuscerebrale (DRG 14) e l’attacco ischemico transi-torio (DRG 15) coprono da soli il 29,7% dei di-messi con diagnosi neurologiche. È bene sottoli-neare che, sempre dai dati del Ministero della Sa-lute per il 2008 (Ministero del Lavoro, della Salutee delle Politiche Sociali, 2009), l’ictus cerebrale ri-cade al sesto posto per numerosità di dimissioni(113.288).Se così elevato è il numero dei ricoveri per affe-zioni neurologiche acute per anno, è evidente chegli accessi al DEA per patologia neurologica sa-ranno ancora più numerosi, essendo seguiti da ri-

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covero ospedaliero solo in una percentuale nonprecisabile di casi. La richiesta di prestazioni neu-rologiche nell’emergenza è in realtà molto alta, informa di consulenza per diagnosi differenziale,inquadramento diagnostico o filtro ai ricoveri. L’apporto del neurologo nel DEA appare fonda-mentale nella definizione diagnostica, contri-buendo a modificare l’ipotesi diagnostica inizialein elevata percentuale, fino allo 52,5% dei casi,nell’inquadramento clinico e nell’impostazioneterapeutica nei pazienti con patologia cerebrova-scolare acuta ed epilettica e nel filtrare i ricovericonsentendo il ritorno al domicilio del pazientedopo la consulenza, in una gran parte degli accessiin Pronto Soccorso per “cefalea”, “vertigini”, “di-sturbo della coscienza”. Negli ospedali ove mancala Neurochirurgia, l’attività del neurologo è gra-vata in modo assai rilevante anche dalle consulenzeper la traumatologia cranica.Sulla base di tali indicazioni epidemiologiche, lapresenza del neurologo al DEA appare essenzialeed è importante sottolineare come la cultura e lapreparazione del neurologo comprendano tuttele situazioni di Neurologia dell’Urgenza e del-l’Emergenza.

Le malattie cerebrovascolari acutenell’ambito delle urgenze neurologiche

Tra le urgenze neurologiche l’ictus cerebrale rappre-senta certamente la patologia di maggiore rilevanzasia per la sua frequenza, sia per l’esigenza di applicarecon immediatezza protocolli diagnostico-terapeuticifinalizzati alla riduzione della mortalità e al miglio-ramento dell’outcome. Allo stato attuale, infatti, lamigliore conoscenza della fisiopatologia, i progressidella diagnostica per immagini e nuove possibilitàdi intervento terapeutico hanno completamentemodificato l’approccio diagnostico-terapeutico nelleurgenze neurologiche vascolari e conferito al neu-rologo un ruolo di primo piano nel DEA. Dai dati dello studio NEU, che ha indagato l’atti-vità delle Neurologie italiane in relazione all’emer-genza-urgenza, la vasculopatia cerebrale acuta rap-presenta il quadro clinico che richiede con mag-giore frequenza la consulenza neurologica inPronto Soccorso (27%), seguita dalla cefalea, dallevertigini, dal trauma cranico, dal disturbo acutodello stato di coscienza, dall’epilessia (Figura 3.1).Il “riconoscimento” dei sintomi clinici della pato-logia vascolare, il precoce inquadramento diagno-

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3Le patologie cerebrovascolari nel DEA

Figura 3.1 Consulenze: quadri clinici di maggiore frequenza in Pronto Soccorso.

Epilessia (9%)

Disturbi della coscienza (12%)

Vertigini (13%)

Cefalea (23%)

Vasculopatie (27%)Altro (3%)Ansia/depressione (1%)

Traumi (12%)

A Ansia/depressione (1%) Altr

Epilessia (9%)

ro (3%)asculopatie (27%)V e (27%)

Disturbi della coscienza (

raumi (12T

ertigini (13%)V

(12%)

%)Cefa alea (23%)

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stico relativamente alla sede e natura del danno e ilrapido processo decisionale in merito alla terapia,con particolare riferimento alla trombolisi nell’ictusischemico, condizionano il decorso e l’esito clinicodel paziente. Il paziente con ictus acuto va pronta-mente ricoverato in una struttura dedicata, ma nelprimo elaborato sulle Stroke Unit pubblicato suln. 2 dei Quaderni del Ministero della Salute vieneben indicato che le Stroke Unit si caratterizzanoper un differente livello di complessità in relazionealle caratteristiche organizzative e alla complessitàdella struttura sanitaria ove sono ubicate. Più spe-cificamente sono previste Stroke Unit di II e III li-vello in grado di erogare il trattamento tromboliticoe nel III livello ogni tipo di procedura diagnosticae terapeutica, anche di ordine neurochirurgico oendovascolare. È tuttavia evidente che un elevatonumero di pazienti con ictus acuto non è candida-bile alla terapia trombolitica, nell’ictus ischemico,per aver superato la finestra terapeutica temporale,per l’età o per le caratteristiche cliniche e in ognicaso molti ictus non necessitano di diagnostichead alta tecnologia o di terapie di alta complessità.Questi pazienti possono essere assistiti in StrokeUnit di I livello, rispondenti quindi alle caratteri-stiche previste nel suddetto Quaderno n. 2 su “Or-ganizzazione dell’assistenza all’ictus cerebrale: leStroke Unit” e sempre nel rispetto dei protocolli didiagnosi e cura previsti per la patologia. Questoconsente di non intasare i livelli superiori e di gestireun elevato numero di pazienti con costi di strutturapiù contenuti.Come già detto in precedenza, dei circa 130.000casi di ictus che si ricoverano per anno negli ospe-dali italiani circa il 30% giunge in un Pronto Soc-corso entro le 3 ore e solamente il 25% di questiè trattabile con la fibrinolisi (10.000 pazienti).Nella realtà attuale, di questi 10.000 casi teoricitrattabili viene trattato a oggi poco più del 10%:appare quindi necessario migliorare i percorsi di

cura e la consapevolezza nella popolazione, al finedi garantire il trattamento ai pazienti candidabilie incrementare il numero dei pazienti che giun-gono in Pronto Soccorso entro la finestra tera-peutica. È altresì evidente che, anche nella miglioredelle ipotesi – e come peraltro accade in tutta Eu-ropa –, oltre l’80% dei pazienti con ictus ische-mico non è e non sarà mai trattabile con la trom-bolisi e che gran parte di questi sarà gestita op-portunamente in Stroke Unit di I livello così comesopra accennato, o in Reparti di Neurologia Va-scolare, che possono anche servire come degenzapost-acuzie per le Stroke Unit di II e III livello.Un altro quadro clinico che può rappresentarel’esordio di una patologia neurovascolare è la ce-falea a esordio acuto. La cefalea è la causa dell’ac-cesso in Pronto Soccorso in una percentuale com-presa tra l’1,2% e il 4,5% di tutti i pazienti adultiche accedono a un Dipartimento di Emergenza eil 4,3-6,4% di questi risulta affetto da cefalee se-condarie, nello 0,5% di natura vascolare. Nel2006, negli Stati Uniti la cefalea ha rappresentatoper frequenza il quarto motivo più comune di ac-cesso a un Dipartimento di Emergenza, rendendoconto annualmente di 3,4 milioni di visite. Dai dati del NEU risulta che il 23% delle consu-lenze neurologiche in Pronto Soccorso in Italia èdeterminato dal quadro clinico di cefalea. Sebbenemeno di 1 ogni 1000 pazienti che presentano ce-falea in Pronto Soccorso sia affetto da un’ESA, latempestiva diagnosi è di grande importanza con-siderata la severità della patologia. In un ampiostudio prospettico osservazionale su 455 pazientigiunti in un Dipartimento di Emergenza per ce-falea, 107 presentavano una cefalea intensa a esor-dio acuto e il 19% di questi aveva un’ESA, dia-gnosticata con una TC del cranio in 18 pazienti econ la puntura lombare in due con TC negativa.L’ESA rappresenta approssimativamente il 5% ditutti gli ictus, si verifica più frequentemente tra i

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40 e i 60 anni, anche se può verificarsi dall’infanziafino all’età avanzata, ed è approssimativamente1,6 volte più frequente nelle donne rispetto agliuomini. L’incidenza è di circa 9 casi per 100.000abitanti per anno (vedi Capitolo 4).Dati del Ministero della Salute (“Classificazionedelle malattie, dei traumatismi, degli interventichirurgici e delle procedure diagnostiche e tera-peutiche”) indicano che in Italia, nel 2005, sonostati ricoverati 5412 pazienti con ESA da rotturadi aneurisma intracranico e 3100 pazienti conaneurisma integro, con un totale di 8512 ricoveriper aneurisma intracranico. I dati epidemiologiciitaliani confermano la prevalenza della patologianel sesso femminile, con il 58% per le ESA e il65% per gli aneurismi integri. Il rischio annualeindividuale di rottura è calcolato tra l’1% e il 2%.In una percentuale compresa tra il 12% e il 33,8%dei pazienti con ESA il decesso avviene prima diraggiungere un posto di primo soccorso; l’indicedi mortalità a 30 giorni è del 50% e di quelli chesopravvivono il 50% è gravato da reliquati neu-rologici permanenti (vedi Capitolo 6).La competenza dello specialista neurologo in ProntoSoccorso è naturalmente fondamentale per un cor-retto approccio clinico-anamnestico che consentala tempestiva diagnosi differenziale tra una cefaleaprimaria e una patologia di tipo secondario. Se-condo uno studio spagnolo, la percentuale di cefaleesecondarie diagnosticata grazie alla presenza delconsulente neurologo è molto elevata, pari al13,4%, e inoltre la presenza del neurologo riducedel 50% il numero dei ricoveri per tale patologia.

I vantaggi di un modello organizzativo che garantisca un percorso di cura efficace e competente, non solo nell’ictus

Come già descritto nel Capitolo 1, sia i dati epi-demiologici sia l’elevato costo assistenziale e sociale

delle vasculopatie cerebrali (in primis l’ictus) do-vrebbero indurre ad affrontare questa malattiacon strutture e processi in grado di ridurne il pesosulle persone e sulla comunità, e questo potrebbeessere ottenuto a “costo zero” , attraverso la razio-nalizzazione delle risorse in letti, in personale me-dico e paramedico, in priorità aziendali, risorseattualmente disperse sotto varie etichette e sedi(Divisioni di Medicina, di Geriatria, di Medicinad’Urgenza ecc.).In linea con quanto evidenziato dall’Organizza-zione Mondiale della Sanità (OMS), questa rivo-luzione culturale “a costo zero” immette in primalinea verso il paziente con ictus quelle competenzeneurologiche che hanno dimostrato portare a gua-dagni come salute e a risparmi come costi. A fronte dell’importanza epidemiologica delle ur-genze neurologiche e in primis dell’ictus cerebraleacuto si registra, invece, a oggi in Italia un’ingiu-stificata disattenzione nei confronti dell’impegnodello specialista neurologo nella gestione del-l’emergenza. Di fatto la Neurologia rientra nellespecialità a media assistenza, pur ricoverando pre-valentemente patologie acute di elevato carico as-sistenziale. Inoltre, il personale medico è spessoinsufficiente per assicurare la copertura delle 24ore. È auspicabile che il ruolo essenziale che ilneurologo svolge nelle emergenze, in particolareper la patologia cerebrovascolare acuta, acquisiscail giusto rilievo al fine di promuoverne la semprepiù diffusa presenza attiva nell’ambito dei DEA.Per quanto riguarda specificamente il modello or-ganizzativo della Stroke Unit, è evidentementeindispensabile la presenza del neurologo h24/7.Il percorso assistenziale dell’ictus inizia dal mo-mento della presentazione in Pronto Soccorso eun adeguato modello organizzativo è rilevantenon soltanto per una gestione efficace del pazientecon ictus acuto, ischemico o emorragico, in ter-mini di outcome (riduzione della mortalità in

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3Le patologie cerebrovascolari nel DEA

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acuto e della disabilità a lungo termine, vedi Ca-pitolo 1), ma anche per una riduzione dei costidell’ictus a lungo termine. Il costo di una StrokeUnit che si faccia carico con immediatezza delpaziente già in Pronto Soccorso è verosimilmentepiù elevato rispetto a un’Unità di cura non spe-cializzata, ma garantisce un guadagno in terminidi salute e di costi nel lungo termine. È evidente,infatti, che i costi dell’ospedalizzazione sono solouna parte del costo totale di un ictus in terminidi Global Burden of Disease, intesi come DisabilityAdjusted Life Years (DALY), ovvero come la sommadegli anni di vita con disabilità (Years Lost due toDisability, YLD) e degli anni di vita persi (Yearsof Life Lost, YLL).Il costo globale di un ictus, relativamente ai costidiretti e indiretti, varia di molto tra i diversi Paesied è difficile da calcolare. Nei Paesi industrializzatioscilla tra $ 41.257 in Australia e $ 104.629 inUK, ma nelle revisioni della letteratura il range èmolto più ampio, compreso tra $ 486 e $ 146.149e solo negli USA varia fino a 20 volte. Il costomedio per ciascun ictus è calcolato in $ 19.118,ma la variabilità è anche relativa alla durata delperiodo calcolato: è in media di $ 10.216 per unperiodo compreso fra 3 e 6 mesi, di $ 28.525fino a un anno. Solo due studi hanno valutato ilcosto oltre l’anno e la media è di $ 36,213.Nel Regno Unito la spesa totale relativa all’ictuscerebrale è di circa 9 miliardi di sterline per anno,di cui circa il 49% per la fase acuta. In Germaniail costo di un ictus lifetime è di 43.129 euro e laspesa totale per anno per tutti gli ictus è calcolatain 7,1 miliardi di euro per il 2006. In Francia, laspesa annuale per un paziente con ictus è stimatain 9642 euro e la spesa nazionale totale sanitariae socioassistenziale per il 2007 è stata pari a 8,4

miliardi (di cui 5,9 per le spese sanitarie) [Mini-stere de la Sante et des Sports, 2009].Di fronte a una spesa così elevata è evidente che,al di là della prevenzione, è importante l’indivi-duazione di percorsi assistenziali che siano ingrado di garantire un beneficio in termini di saluteal cittadino, ma anche possibilmente una miglioreutilizzazione delle risorse e un risparmio in terminieconomici. Un modello organizzativo che prevedail ricovero in Stroke Unit e la precoce presa in ca-rico del paziente (early supported discharge) apparein grado di ridurre le giornate e quindi i costidella degenza e contemporaneamente la disabilitàresidua e quindi i costi nel lungo termine. Questoè stato dimostrato nel lavoro di Saka et al. del2009: la gestione del paziente in Stroke Unit, condimissione precoce programmata, comporta ilmaggiore vantaggio in termini di costo/efficaciarispetto al ricovero in Stroke Unit o in repartonon specializzato senza dimissione precoce. Infine, va considerato il fatto che le patologie neu-rologiche non vascolari a esordio acuto, pur semeno frequenti, sono generalmente altrettanto se-vere in termini di mortalità e di disabilità. Ancheper queste la diagnosi tempestiva e la gestione com-petente sono essenziali e il neurologo è evidente-mente e concretamente lo specialista che se ne as-sume il carico. Alla luce di questa considerazioneappare evidente che il modello organizzativo dellaStroke Unit, in virtù delle competenze professionaliche utilizza, dell’accesso in urgenza alle diagnosti-che, della possibilità di monitoraggio sub intensivodei pazienti e dell’aspetto multidisciplinare che locaratterizza, può utilmente essere impegnato anchenella diagnosi e terapia di altre urgenze neurologichenon vascolari, secondo un concetto più allargatodi Neurologia di Urgenza con Stroke Unit.

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3Le patologie cerebrovascolari nel DEA

TAKE HOME MESSAGES

Una grande parte delle affezioni neurologiche esordisce in maniera acuta e si presenta con le caratteri-stiche dell’urgenza e di converso la patologia neurologica costituisce una considerevole quota nell’ambitodelle urgenze mediche in ogni realtà ospedaliera. Le urgenze neurologiche, inoltre, sono particolarmentedevastanti in termini di disabilità e mortalità e sono gravate da notevoli costi, non solo relativi all’assistenzain acuto, ma ancor più relativamente agli esiti spesso invalidanti. In Italia i ricoveri per patologia neurologica rappresentano il 7,5% del totale con 578.850 ricoveri su7.735.053, secondo i dati del Ministero della Salute relativi all’anno 2008. L’ictus cerebrale (DRG 14) el’attacco ischemico transitorio (DRG 15) coprono da soli il 29,7% dei dimessi con diagnosi neurologiche.L’ictus ricade al sesto posto per numerosità di dimissioni (113.288) e, tra le urgenze neurologiche, rap-presenta certamente la patologia di maggiore rilevanza, sia per la sua frequenza sia per l’esigenza diapplicare con immediatezza protocolli diagnostico-terapeutici finalizzati alla riduzione della mortalità eal miglioramento dell’outcome. Infine, vanno considerate le patologie neurologiche non vascolari a esordio acuto che, pur se meno fre-quenti, sono generalmente altrettanto severe in termini di mortalità e di disabilità. Anche per queste ladiagnosi tempestiva e la gestione competente sono essenziali e il neurologo è evidentemente lo specialistache se ne assume il carico. Il modello organizzativo della Stroke Unit, in virtù delle competenze profes-sionali che utilizza, dell’accesso in urgenza alle diagnostiche, della possibilità di monitoraggio subintensivodei pazienti e dell’aspetto multidisciplinare che lo caratterizza, può utilmente essere impegnato anchenella diagnosi e terapia di altre urgenze neurologiche non vascolari, secondo un concetto più allargatodi Neurologia di Urgenza con Stroke Unit.

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Ministero della Saluten. 14, marzo-aprile 2012

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4. La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi

Figura cruciale nella gestione del processo diagno-stico-terapeutico dell’ictus (e delle condizioni neu-rologiche che con esso possono essere confuse) èquella del neurologo in urgenza, il cui ruolo vanaturalmente oltre le problematiche specifichedell’ictus per definire un contesto più ampio chepuò essere sintetizzato nell’ambito della Neurologiad’Urgenza, ovvero della diagnostica in fase acuta edel successivo trattamento di quelle condizioni(per alcune delle quali si pongono seri problemidi diagnosi differenziale rispetto all’ictus) che sonostrettamente neurologiche (cefalee acute, vertiginicentrali, disturbi transitori di coscienza, patologieneuromuscolari acute, stati confusionali ecc.). L’estensione della competenza in acuto del neu-rologo e la successiva identificazione di spazi didegenza a carattere semintensivo (monitorati)orientano la scelta organizzativa che segue allafase intraospedaliera meglio definita dal ProntoSoccorso/DEA verso l’estensione della sfera di at-tività oltre che del numero dei posti letto, ove ne-cessario, della Stroke Unit a definire un’area de-dicata alla patologia neurologica d’urgenza toutcourt, pur partente da quella della Stroke Unit e,come questa, con dotazioni strumentali e di per-sonale analoghe.Un modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza è

Il Codice Ictus

Allorché si sia superata la delicata fase preospeda-liera, diventa cruciale lo svolgimento, all’internodell’ospedale di accoglimento, di tutte quelle pro-cedure, diagnostiche e terapeutiche, necessarie al-l’inquadramento della condizione clinica da trattaree al rapido trattamento laddove questo è ancorapossibile. Soprattutto il tempo di esecuzione delleindagini rimane il must delle strutture ospedaliereche, dotate di Stroke Unit, devono far fronte inemergenza alle condizioni richieste dall’urgenza deltrattamento, farmacologico e non, dell’ictus in faseacuta. Registri ospedalieri, realizzati anche in Italianegli anni scorsi, fanno appunto osservare come latempistica di esecuzione di tali indagini sia spessotroppo lunga e tale da compromettere l’effettivasomministrazione dei trattamenti trombolitici ol’attuazione delle metodiche interventistiche in di-versi casi. È quindi necessario che una pianificazionecon scrupoloso rispetto dei tempi venga realizzatanel Pronto Soccorso e quindi anche nella StrokeUnit, affinché il tempo impiegato nell’esecuzionedi tutte le procedure necessarie per l’inclusione,ma anche per l’esclusione, del paziente in un certotipo di trattamento venga ridotto al massimo, ana-logamente a quanto accade per l’infarto del mio-cardio nella maggior parte delle realtà sanitarie.

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sere ipotizzato in un modello meno “distribuito”all’interno dell’ospedale. Sulla falsariga di quanto descritto in merito allafase preospedaliera, taluni elementi appaiono con-correre in modo significativo alla rapida realizza-zione dei processi tipici della fase acuta all’internodell’ospedale accettante, e cioè in particolare:• il preallertamento da parte del 118: il presidio

ricevente deve essere sempre preallertato dalpersonale del 118 (Codice Ictus-Pronto Soc-corso-Neurologo di guardia);

• l’operatività dell’infermiere di triage:1) confermare o assegnare il “Codice Ictus” in

relazione all’accesso del paziente tramite118 o autopresentazione, se soddisfattitutti i 4 punti successivi: - età compresa tra 18 e 80 anni,- stato di coscienza mantenuto (anche se

alterato),- deficit motorio o di linguaggio [Cincin-nati Prehospital Stroke Scale (CPSS) eFAST scale],

- tempo di esordio dei sintomi precisabilee quantificabile entro le 4 ore,

2) confermare o determinare se vi è il sospetto

quello descritto nella Figura 4.1, e possibile in uncontesto organizzativo assimilabile alla Stroke Unitdi III livello quanto a dotazioni ospedaliere gene-rali. In questo modello, l’attività di pronto soc-corso sulla patologia neurologica d’urgenza (tracui l’ictus acuto) è svolta dal Dipartimento Emer-genza Accettazione (DEA) con specialisti neuro-logi operanti all’interno di un’Unità Operativache riunisca insieme le competenze sulle urgenzeneurologiche in generale e le malattie cerebrova-scolari acute in particolare.Occorre qui ricordare che lo specialista neurologoè accreditato nell’uso di strumentazione incruenta(vedi ecocolor-Doppler TSA, Doppler transcra-nico, EEG, altro) che permette di selezionare lacasistica in Pronto Soccorso, di effettuare lo scree-ning dei casi che necessitano rapidamente del-l’approccio endovascolare (diagnostico e/o tera-peutico) o chirurgico (Chirurgia Vascolare, Neu-rochirurgia) o, naturalmente, di effettuare rapi-damente (in Osservazione Breve Intensiva) latrombolisi sistemica o altre possibili procedure.Ciò consente di risparmiare risorse e concentrarel’operatività del neurologo sulle procedure d’ur-genza con maggiore efficacia di quanto poteva es-

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Figura 4.1 Modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza.

OBI

�NeurosonologiaEcocolor-Doppler TSA, TCD, TCCD

Neurofisiologia

Terapia IntensivaCardiologia

Aree InternisticheAree Chirurgiche

NeurochirurgiaChirurgia Vascolare

Diagnostica per immaginiTC, angio-TC, pTC, RM, MRA, DWI-PWI

Interventistica NeurovascolareTrombolisi ia, EmbolectomiaStenting extra/intra-cranico

Neurologo d’urgenza

DEA

Neurologia d’Urgenza Stroke Unit

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4La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi

2) accettare il paziente,3) organizzare l’operatività nell’ambito delle

tre categorie di classificazione dell’ictussulla base della variabile tempo “EMER-GENZA” (< 4 ore), “URGENZA” (4-6ore) e “URGENZA MINORE” (> 6 ore),

4) monitorare l’efficienza del “percorso ictus”e in particolare la tempistica delle attivitàproprie del medico d’urgenza indicate nel-l’algoritmo “Protocollo gestionale dell’ictusacuto” nell’ambito delle tre categorie“EMERGENZA”, “URGENZA” e “UR-GENZA MINORE”,

5) nel caso di impossibilità del neurologo arecarsi subito in Pronto Soccorso, prenderein carico il paziente nel tempo più brevepossibile,

6) nel caso di una richiesta di valutazione in-ternistica da parte del neurologo, provve-dere nel tempo più breve possibile (entro10 minuti),

7) nel caso di uscita del paziente dal percorsoictus (es. per mancata conferma diagnosticada parte del neurologo), proseguire nellavalutazione e negli interventi del caso,

8) in caso di sospetta ESA, con paziente so-poroso o in coma, o in presenza di aniso-coria pupillare, assegnare una classificazionedi “EMERGENZA”, anche se sono passatepiù di 4 ore;

• l’operatività del neurologo:1) al momento dell’allerta del 118 o del

triage/medico d’urgenza raggiungere ilPronto Soccorso,

2) valutare il paziente e confermare la diagnosidi ictus,

3) richiedere TC encefalo urgente e valutareil risultato,

4) in caso di ESA o di emorragia intracerebralerichiedere l’intervento del neurochirurgo,

clinico di emorragia subaracnoidea (ESA),3) comunicare immediatamente l’arrivo del

paziente in Pronto Soccorso al neurologo diguardia (già preallertato in caso di trasportoda parte del 118),

4) in caso di autopresentazione del paziente,il triage deve essere in grado di valutare:- il tipo di sintomatologia,- il tempo intercorso dall’esordio dei sin-

tomi,quindi dovrà operare come per i precedentipunti 1 e 2,

5) rendere reperibili i congiunti presenti pereventuali precisazioni anamnestiche;

• l’operatività dell’infermiere di Pronto Soccorso/DEA:1) garantire la protezione delle vie aeree,2) rilevare:

- pressione arteriosa in entrambe le braccia,- SpO2 (se < 92% ossigenoterapia),- regolarità del polso periferico,

3) incannulare una vena possibilmente nell’artonon plegico e prelevare 3 provette di sangueper esami urgenti: emocromo, glicemia, azo-temia, creatininemia, sodio, potassio, CPK,ALT, AP, PTT; segnalare per trattamentoglicemia < 60 mg/dl e > 400 mg/dl,

4) eseguire ECG a 12 derivazioni (se possibilecon registrazione in memoria),

5) eseguire test dell’acqua e posizionare son-dino nasogastrico se indicato dal medico,

6) proseguire nella ricerca dei congiunti quandonon già presenti in Pronto Soccorso,

7) garantire il bisogno di eliminazione,8) posizionare pannolino per incontinenza,9) posizionare catetere uretro-vescicale se

globo vescicale o funzioni vitali alterate;• l’operatività del medico d’urgenza:

1) al momento dell’allerta del 118, predi-sporre per l’accettazione del paziente echiamare il neurologo di guardia,

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5) richiedere valutazione internistica quandonecessaria (medico d’urgenza),

6) somministrare la National Institutes of HealthStroke Scale (NIHSS) e le altre scale quanti-tative previste e verificare i criteri di inclu-sione-esclusione al trattamento trombolitico,

7) confermare indicazione a trombolisi e av-viare il relativo percorso,

8) rendere disponibile il posto letto monito-rizzato,

9) ottenere il consenso informato al tratta-mento fibrinolitico e al trattamento deidati sensibili,

10) provvedere direttamente al ricovero su po-sto letto monitorizzato e, negli ictus ische-mici, somministrare il trattamento fibri-nolitico una volta verificata l’indicazionee acquisiti i necessari consensi (in assenza

di un letto monitorizzato immediatamentedisponibile in Stroke Unit, il neurologopuò decidere di somministrare il tratta-mento quando il paziente è ancora in unletto monitorizzato del Pronto Soccorso). Nella Figura 4.2 è riportato il protocollogestionale dell’ictus ischemico acuto;

• il rispetto dei tempi: la procedura esposta sipone, in particolare, l’obiettivo di ridurre alminimo il rischio di valutazione inappropriatadel paziente al triage con particolare attenzioneal rispetto dei tempi ottimali di trattamentocosì definiti:- triage – presa in carico 10 minuti,- esecuzione con referto

degli esami ematochimici 30 minuti.Contemporaneamente all’esecuzione degliesami ematochimici:

Figura 4.2 Protocollo gestionale dell’ictus ischemico acuto.

Richiedere TC encefalo con urgenzaAvvisare il radiologo della possibilità di trombolisi venosa

Lettura TC: tempo consigliato max < 45 minuti dall’ingresso

Il neurologo deve eseguire direttamente l’iter del paziente fino alla decisione terapeuticanella finestra temporale prevista. Nelle ore notturne avvisare il neurologo di guardia

per il monitoraggio clinico

�Valutazione generale immediata < 10 minuti

2 con cannula nasale

Chiamare immediatamente il neurologo Chiamare immediatamente il neurologoUrgenza minore

Paziente oltre la finestra terapeuticaper la trombolisi. Chiamare il neurologo

< 4 ore

Richiedere TC encefaloRivalutazione TC encefalo

di ammissione

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- valutazione clinica 10 minuti,- valutazione neurologica 10-15 minuti,

e NIHSS- esecuzione e valutazione 10-25 minuti,

TC cerebrale- consenso informato 5-15 minuti,- tempo totale “door to needle” 45-90 minuti.

Se il modello generale di intervento è quello sche-matico fornito dal semplice approccio finalizzatoal trattamento trombolitico endovena, si hannovarie altre opzioni, nella pratica clinica, allorchési considerino gli specifici quadri clinici e i relativipercorsi diagnostico-terapeutici.

Percorso diagnostico-terapeutico e selezione dei pazienti

Nella Figura 4.3 è riportato il percorso diagno-stico-terapeutico per sospetto ictus e nelle Figure

4.4 e 4.5 sono presenti algoritmi decisionali rela-tivi al trattamento di quadri ischemici specifici.

Valutazione radiologica in fase acuta

Oltre all’inquadramento clinico, la valutazioneradiologica è indispensabile per la definizione dia-gnostica e per il vaglio delle indicazioni al tratta-mento fibrinolitico/trombolitico locoregionale:• nel caso in cui il paziente sia al limite della fi-

nestra terapeutica delle 6 ore o l’abbia superata(finestra terapeutica entro 8 ore per la trom-bolisi meccanica);

• nei casi con ictus severo (NHISS superiore a20);

• nei casi in cui esami angio-TC o TCD abbianogià evidenzino un’occlusione arteriosa mag-giore (sifone a T, M1);

• nei pazienti con ictus al risveglio.

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4La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi

Figura 4.3 Percorso diagnostico-terapeutico: selezione dei pazienti.

�Accesso in Pronto Soccorso/Stroke Unit per sospetto ictus

Consultare il NCH

Iniziare il trattamentoRivalutare rischi/benefici e ottenere il consenso informato scritto

Valutazione generale immediataABC e segni vitaliSomministrazione di O2 con cannula nasaleAccesso venoso e prelievo campione di sangueGlucostickECG 12 derivazioni

Ictus ischemicoEN in rapido miglioramento?Controllare criteri di inclusione/esclusioneVerificare intervallo sintomi-ricovero

Valutazione neurologica immediataBreve anamnesi con valutazione inizio dei sintomiECGGCS, NIHSSRichiedere TC (o RM) encefalo (eventuale angio-TC, o angio-RM,

o ecocolor TSA e Doppler transcranico)

Presenzadi emorragia alta

TC o RM?

Paziente candidatoper la trombolisi?

No

No

Terapia medica standard

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Figura 4.4 Ischemia nel territorio carotideo.

Circolo carotideo

4,5-6,0 ore< 4,5 ore > 8,0 ore

EcoDDS TSA

Ricovero in Stroke Unit

Ricanalizzazioneendovascolare

Trombolisi ev

No miglioramento

Ricanalizzazioneendovascolare (rescue)

StenocclusioneICA

EcoDDS TSAAngio-TCAngio-RM

StenocclusioneACM

Occlusione sifoneo ACM

Controindicazionifibrinolisi ev

Controindicazionifibrinolisi ia

NoNo

Figura 4.5 Ischemia nel territorio vertebro-basilare e nelle fasce orarie identificabili come limite per i trattamenti ipotizzati.

Circolo vertebro-basilare

3,0-8,0 ore< 3,0 ore > 8,0 ore

Ricovero in Stroke Unit

Ricanalizzazioneendovascolare

Trombolisi ev

No miglioramento

Ricanalizzazioneendovascolare (rescue)

Stenocclusionearteria vertebrale

Angio-TCAngio-RM

Stenocclusionearteria basilare

Controindicazionifibrinolisi ev

Controindicazionifibrinolisi ia

NoNo

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In questi casi, oltre alla valutazione TC di base(criteri ASPECT) è indicata l’esecuzione di esamidi perfusione cerebrale volti a definire l’entità del-l’area di penombra ischemica ancora suscettibiledi un trattamento di rivascolarizzazione efficace.L’esame di RM in diffusione (DWI) e perfusione(PWI) consente di evidenziare direttamente il mis -match tra area necrotica (core ischemico) già irri-mediabilmente compromessa e il territorio circo-stante (area di penombra) in cui la riduzione diperfusione cerebrale (valutata secondo i parametridelle modificazioni rispetto al normale dei tempidi transito, del volume ematico CBV e del flussoCBV, cerebrali) non ha ancora prodotto alterazioniirreversibili della funzione neuronale.Lo studio di perfusione in TC (basata sull’accop-piamento della marcata riduzione di CBV e CBFche delimitano l’area di core ischemico rispetto al-l’area penombra nel quale si osserva una riduzionedl CBV con aumento o normalità del CBF) con-sente ugualmente, in maniera indiretta, di caratte-rizzare la gravità del deficit perfusionale cerebraleconseguente a un’occlusione arteriosa maggiore. Qualora possibile, resta essenziale sia per l’ictusischemico sia per quello emorragico (intraparen-chimale, ma soprattutto subaracnoideo) l’esecu-zione di indagini di screening di tipo neurosono-logico (ecocolor-Doppler TSA e Doppler transcra-nico), rivolte alla definizione dello stato dei tronchisopraortici e (con metodica transcraniale) di quelliintracranici. Per quanto non sia definitivamenteentrato nelle procedure diagnostiche correnti difase acuta, tale screening permette, con costi etempi significativamente ridotti, l’acquisizione delleinformazioni relative alle condizioni del circolocerebrale sul quale si dovrà intervenire (livello egravità dell’occlusione in caso di trombolisi nel-l’ischemia o vasospasmo in presenza di ESA). Leconoscenze che da esso possono derivare orientanola scelta della procedura diagnostica successiva e

quindi permettono un approccio clinicamente mi-rato, in molti casi anche con costi ridotti.

Terapia della fase acuta dell’ictus ischemico:organizzazione assistenziale

Somministrazione della terapia tromboliticae sorveglianza (Figura 4.6 )Il paziente ricoverato in Stroke Unit, qualora visia indicazione clinica e strumentale, viene sotto-posto a trattamento fibrinolitico, secondo il pro-tocollo SITS-ISTR. Casi selezionati possono poi essere arruolati inprotocolli farmacologici di neuroprotezione/rica-nalizzazione, con competenze di NeuroradiologiaInterventistica, di Neurochirurgia e di ChirurgiaVascolare.A oggi la trombolisi sistemica rappresenta l’unicotrattamento medico specifico per la fase acuta del-l’ictus ischemico in grado di ridurre significativa-mente mortalità e disabilità a 3 mesi nei pazientitrattati entro 3 ore dall’esordio dei sintomi. Questidati ottenuti da studi clinici controllati sono statidi recente confermati dai risultati dello studioSITS-MOST (Safe Implementation of Thrombolysisin Stroke - MOnitoring STudy), che dimostranocome la terapia trombolitica clinica di routine conr-tPA per via sistemica abbia lo stesso grado di si-curezza e di efficacia descritto in precedenza insperimentazioni randomizzate controllate, se som-ministrata entro 3 ore dall’insorgenza dell’ictus.Tale risultato è confermato in moltissimi Centri,da quelli dotati di Unità specializzate a quelli conscarsa esperienza pregressa. Lo studio ECASS IIIha inoltre permesso di valutare come la sommi-nistrazione dell’rtPA sia analogamente efficace(anche se con rischio emorragico lievemente piùelevato) quando somministrato entro 4,5 ore.In Italia, il Ministero della Salute, ponendo l’accentoproprio sulla sicurezza del trattamento, ha definito

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in dettaglio le caratteristiche organizzative che de-vono possedere i Centri per poter essere autorizzatia effettuare la terapia trombolitica (Allegato 1).D’altra parte, la somministrazione sicura del trat-tamento richiede, inoltre, che la selezione dei pa-zienti sia accurata, secondo criteri di esclusioneatti a ottimizzare il rapporto rischi/benefici dellostesso. Il trattamento va quindi effettuato cercando di:• ottimizzare il rapporto rischio/beneficio del

trattamento trombolitico per via sistemica;• rendere disponibile il trattamento a tutti i pa-

zienti che ne possono beneficiare.

Criteri di inclusione• Età 18-80 anni.

• Età > 80 anni solo nell’ambito di protocolli diricerca.

• Esordio dei sintomi < 3 ore.• NIHSS compresa tra 5 e 25, o afasia di grado

moderato-severo.• Firma del consenso informato.

Criteri di esclusione • Generali:

- diatesi emorragica nota;- pazienti in terapia anticoagulante orale con

INR (International Normalized Ratio) > 1,4;- sanguinamento in atto o recente;- storia o sospetto di emorragia intracranica

in atto;- ESA sospetta;

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Ministero della Salute

Figura 4.6 Somministrazione della terapia trombolitica e sorveglianza.

Somministrate bolo in 1 minuto

Iniziare monitoraggio

STOP infusione

TC encefalo urgente

Se emorragia: consulenza NCH

PT Gestione crisi ipertensivanel paziente con ictus

Iniziare infusione del 90%del farmaco in pompa siringaDurata infusione 60 minuti

Verificare la tollerabilità

Preparare rtPA 0,9 mg/kg (max 90 mg)10% in siringa (bolo)90% in siringa per pompa a infusione

Stato neurologicoInfusione: ogni 15 minutiPer 6 ore: ogni 30 minutiPer 12 ore: ogni 60 minuti

Comparsa di cefalea grave,nausea, vomito, deterioramento

dello stato di coscienza

Pressione arteriosaInfusione: ogni 15 minutiPer 6 ore: ogni 30 minutiPer 12 ore: ogni 60 minuti

Reazione allergica?

No

PAS > 185 mmHgo PAD > 110 mmHG?

Trattamento della manifestazione allergica

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- anamnesi positiva per patologie del sistemanervoso centrale (SNC) [neoplasia, aneurisma,intervento chirurgico midollare o cerebrale];

- retinopatia emorragica;- recenti (< 10 giorni) massaggio cardiaco trau-

matico, parto, puntura di vaso sanguignonon comprimibile (es. vena succlavia o giu-gulare);

- ipertensione arteriosa grave non controllata;- endocardite batterica, pericardite;- pancreatite acuta;- malattia ulcerosa del tratto gastroenterico (< 3

mesi);- aneurisma arterioso, malformazione artero-

venosa;- neoplasia con aumentato rischio emorragico;- grave epatopatia, compresa insufficienza epa-

tica, cirrosi, ipertensione portale (varici eso-fagee), epatite attiva;

- intervento chirurgico maggiore o gravetrauma (< 3 mesi).

• Ulteriori controindicazioni:- insorgenza dell’ictus > 3 ore o ora di insor-

genza non nota se la RM DWI/PWI nonfornisce indicazioni a favore del trattamentodi ricanalizzazione;

- deficit lieve (NIHSS < 5) o rapido migliora-mento dei sintomi o afasia di grado lieve;

- ictus clinicamente grave (NIHSS > 25); - crisi convulsiva all’esordio dell’ictus;- emorragia intracranica alle neuroimmagini;- sospetto clinico di ESA;- somministrazione di eparina nelle 48 ore

precedenti;- APTT eccedente il limite superiore del la-

boratorio;- paziente con storia di ictus e diabete conco-

mitante;- ictus negli ultimi 3 mesi;- conta piastrinica < 100.000/mm3;

- ipertensione arteriosa grave non controllata:PAS > 185 mmHg, o PAD > 110 mmHg oterapia aggressiva necessaria per riportare lapressione arteriosa entro questi limiti;

- glicemia < 50 mmg/dl o > 400 mg/dl.

Assistenza all’ictus ischemico al di fuori della trombolisiCome già descritto nei Capitoli precedenti, rispettoai circa 130.000 casi di ictus acuto per anno inItalia, il trattamento con trombolisi può essere at-tuato in un massimo di 10.000 casi. Pertanto, intutti gli altri 120.000 casi, nei quali il tempo diarrivo del paziente con ictus ischemico o l’esistenzadi controindicazioni o altro impedisce il tratta-mento trombolitico, è necessario provvedere a:• iniziare il più precocemente possibile il tratta-mento antiaggregante con ASA alla dose di 300mg/die, se non controindicato;

• somministrare eparina non frazionata, gli epa-rinoidi o le eparine a basso peso molecolare incaso di trombosi dei seni venosi;

• rimandare di alcuni (5-7) giorni l’inizio del trat-tamento antipertensivo, in particolare nel casoin cui i valori di pressione arteriosa non sianosuperiori a 160/90 mmHg.

Vanno comunque ricercati segni/sintomi di dannod’organo che indichino una pregressa storia di iper-tensione arteriosa misconosciuta sino al momentodella complicanza cerebrovascolare (ipertrofia ven-tricolare, retinopatia oculare o danno renale).Se il paziente era già in trattamento antipertensivo,deve essere proseguito, a meno che non soprag-giungano segni di ipovolemia che potrebbero esa-sperare l’azione del trattamento stesso.Se la pressione diviene inaccettabilmente alta (≥ 220/120 mmHg in assenza di trattamento trom-bolitico e ≥ 185/110 mmHg se trattamento trom-bolitico) è necessario iniziare il trattamento primadel tempo programmato; in tal caso è raccomandata

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una riduzione graduale dei valori pressori (nell’arcodi un giorno piuttosto che di ore). Non vi sono in-dicazioni verso una determinata classe di farmaci:• monitorare i valori glicemici;• garantire idratazione e nutrizione adeguate dopoavere effettuato il test della deglutizione;

• ridurre l’ipertermia con antipiretici e/o mezzi fi-sici;

• trattare le complicanze infettive, preferibilmentedopo antibiogramma.

Al contrario, nel paziente con ictus:• non è indicato somministrare eparina non fra-zionata, gli eparinoidi o le eparine a basso pesomolecolare, in quanto non vi sono evidenze cheil trattamento con anticoagulanti in fase acutasia efficace sulla riduzione del rischio di morteed è stato dimostrato un aumento delle com-plicanze emorragiche;

• il trattamento anticoagulante è invece indicatoin presenza di fibrillazione atriale con possibilecardioembolismo, di stenosi carotidee di gradosevero e nel caso di stenosi/trombosi dell’arteriabasilare. La terapia eparinica non deve essereutilizzata in modo sistematico per la preven-zione della trombosi venosa profonda;

• non è indicato somministrare glicerolo o altridiuretici osmotici, poiché non vi sono evidenzeche presentino vantaggi a lungo termine. Taleterapia è consentita solo per il trattamento far-macologico prolungato dell’edema cerebrale;

• non è indicato somministrare steroidi, in quantonon migliorano l’outcome e favoriscono lecomplicanze infettive;

• non è indicato somministrare antiepilettici a scopoprofilattico. La terapia antiepilettica è indicatanei pazienti con ictus nel caso di una primacrisi o di crisi subentranti, evitando fenobarbital,per un possibile effetto negativo sul recupero.

I criteri di organizzazione per l’esecuzione dellatrombolisi sono riportati nell’Allegato 1.

Terapia endovascolare

La terapia endovascolare è eseguibile in ospedalicon Stroke Unit di III livello nei quali sia previstauna reperibilità del radiologo interventista h24 (an-che in condivisione con altre Strutture ospedaliereterritoriali) per il trattamento endovascolare del-l’ictus ischemico e delle malformazioni cerebrali.Il radiologo interventista partecipa al percorsomultidisciplinare di cura dell’ictus ischemico edemorragico apportando specifiche competenzetecniche e cliniche nella fase intraospedaliera delricovero e specificamente operando secondo i pro-tocolli di intervento condivisi con il neurologodell’emergenza e del neurochirurgo. Le tecniche endovascolari con l’impiego di farmacitrombolitici, associate o meno a manovre mecca-niche (angioplastica, tromboaspirazione, recuperodel trombo), sono indicate nei Centri con provataesperienza di Radiologia Interventistica, nel casodi occlusione dei tronchi arteriosi maggiori conquadro clinico predittivo di elevato rischio dimorte o gravi esiti funzionali.La terapia endovascolare trova indicazione incaso di:• sospetto clinico o strumentale (radiologico,

Doppler sonografico) di occlusione dei tronchiarteriosi maggiori (carotide interna, troncoprincipale dell’arteria cerebrale media, arteriabasilare), di condizione patologica a elevatorischio di morte o di gravi esiti funzionali;

• non eleggibilità alla trombolisi endovenosa peresordio con convulsioni o sintomi già presential risveglio, TC encefalo con perfusione edeventuale angio-TC (o angio-RM e/o RMDWI) positiva per ostruzione arteriosa specieprossimale;

• compromissione neurologica severa (NIHSSnon inferiore a 10);

• tempo di esordio dei sintomi inferiore a 6 ore;

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• elevato rischio emorragico;• recenti procedure chirurgiche;• assenza di ricanalizzazione/riperfusione dopo

rtPA ev.L’intervento di rivascolarizzazione per via arteriosaè possibile attraverso:• trombolisi locoregionale (urokinasi, rtPA);• disostruzione meccanica (MERCI, Penumbra

e altri device);• o entrambi questi tipi di approccio terapeutico. In casi selezionati, nei quali si sia già documentataattraverso Doppler transcranico o angio-TC o an-gio-RM l’occlusione di vasi intracranici di grossocalibro (trombo a T del sifone carotideo, trombosidi arteria basilare), si può anche procedere allatrombolisi ev in attesa del trattamento per via ia(tecnica di bridging, somministrazione per via si-stemica dei 2/3 della dose prevista di rtPA primadella procedura interventistica).È opportuno sottolineare come, al momento, idati disponibili non consentano di stabilire qualefra trombolisi ev e ia (o eventualmente il bridging)sia l’approccio preferibile in termini di sicurezzaed efficacia.La procedura interventistica (tempo intercorso dallapuntura dell’accesso femorale al termine dell’in-tervento) dovrebbe durare non più di 1 ora e co-munque non superare il limite della finestra tera-peutica di 6 ore per il circolo anteriore e di 8 oreper il circolo posteriore (in caso di paziente noncomatoso). Il decorso post-trattamento endovasco-lare viene di solito seguito nei letti monitorati dellaStroke Unit e vede la partecipazione del neurora-diologo interventista alle riunioni di aggiornamentoe discussone del caso durante il periodo di degenza. I criteri di inclusione/esclusione per il trattamentoendovascolare dell’ictus acuto sono riportati, in-sieme con alcune note sintetiche sull’evidenza diefficacia della trombolisi locoregionale, nell’Alle-gato 1.

Endoarterectomia

La valutazione in urgenza della patologia carotidea(per stenosi critica specie se subocclusiva, trombosiacuta, trombo- o ateroma-flottante) mediante eco-color-Doppler è necessaria ai fini di un eventualeintervento di disostruzione (endoarterectomia ca-rotidea, CEA), più che di dilatazione (angiopla-stica con stenting). L’intervento è da consideraresolo in determinati casi:• paziente stabile e senza compromissione dello

stato di coscienza, con attacchi ischemici tran-sitori (transient ischemic attack, TIA) recidi-vanti;

• ictus in fase iniziale (prime 3-6 ore);• ictus in evoluzione.Sempre, comunque, allorché si configuri un qua-dro con limitata area lesionale (inferiore a 3 cmdi diametro) alla TC encefalo (meglio se perfu-sionale) o alla RM in diffusione (meglio se inDWI/PWI).Il rischio perioperatorio rimane comunque alto,ben più alto che nella chirurgia in elezione, per-tanto quella in emergenza (entro le prime 6 ore)o in urgenza (entro le prime 48 ore) è proponibilesolo in Centri con provata esperienza e dotati diteam multidisciplinari che comprendano, oltre alchirurgo vascolare/endovascolare, almeno il neu-rologo, il cardiologo, l’internista, il radiologo,l’anestesista-rianimatore. Come per le procedureendovascolari, a oggi non vi sono comunque evi-denze di efficacia di questa tipologia di intervento.

Emicraniectomia decompressiva

Un edema cerebrale “maligno” si presenta nel- l’1-10% dei pazienti con ischemia acuta del ter-ritorio dell’arteria cerebrale media e solitamentesi manifesta fra il secondo e il quinto giorno dal-l’ictus ischemico. Comunque, una percentuale

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di pazienti che può arrivare al 30% presenta undeterioramento neurologico entro 24 ore dall’in-sorgenza dei sintomi. La prognosi dell’edema “maligno” è severa, conuna mortalità di circa l’80% e senza che si sia in-dividuato un trattamento medico efficace. Al mo-mento una precoce ipodensità interessante piùdel 50% del territorio dell’arteria cerebrale mediao di altri territori è da considerarsi come un pro-dromo della formazione dell’edema “maligno”. Anche se la decisione di procedere a un’emicra-niectomia decompressiva deve essere presa consi-derando ogni singolo caso, va sottolineato comel’età limite resti quella compresa tra i 55 e i 60anni. Infatti, è riportato che l’80% dei pazientitrattati al di sopra dei 50 anni va incontro a morteo a una disabilità molto grave, rispetto al 32%dei pazienti di età uguale o inferiore a 50 annisottoposti allo stesso intervento.Riguardo alle condizioni neurologiche dopo iltrattamento chirurgico, un punteggio della scaladi Rankin modificata (mRS) inferiore o uguale a3 dopo un ictus ischemico è un risultato general-mente accettato come favorevole. Qualora si ef-fettui un’emicraniectomia decompressiva, la pro-babilità di sopravvivenza aumenta dal 28%all’80%, con possibilità doppia di presentare allamRS un punteggio inferiore o uguale a 3 rispettoai non trattati. In questi pazienti, tuttavia, la pro-babilità di sopravvivere in una condizione che ri-chieda dipendenza da altri (mRS > 4) aumenta dicirca 10 volte. In definitiva, la scelta di tale trat-tamento dipende anche dall’accettazione di unasopravvivenza con una disabilità che può essereda moderata a grave.

Criteri di inclusione• Età ≤ 60 anni.• Deficit clinici correlati a ictus ischemico del-

l’arteria cerebrale media con quadro TC di

ischemia di almeno il 50% del territorio del-l’arteria cerebrale media, in presenza o menodi ischemia addizionale dei territori della cere-brale anteriore o posteriore dello stesso lato.

• Peggioramento dello stato di coscienza fino apunteggio 1 o superiore della sezione 1a dellascala NIHSS.

Criteri di esclusione• Età > 60 anni.• Midriasi fissa.• Punteggio della scala di Rankin modificata ≥ 2.• Ischemia controlaterale.• Modificazione della lesione ischemica in le-

sione emorragica.• Aspettativa di vita minore di 3 anni.• Altra importante patologia che possa influen-

zare la prognosi.

Prevenzione secondaria

La prevenzione secondaria deve essere impostatadurante il ricovero ospedaliero sulla base delle ri-sultanze cliniche e strumentali, dopo aver definito,come codificato dalle Linee guida SPREAD, nelleprime 48 ore di ricovero, la diagnosi eziopatoge-netica e il relativo inquadramento nosografico.Nel caso di recidiva di ictus ischemico è impor-tante rivisitare la natura dell’evento, verificare lacompliance del paziente e valutare la possibile in-terazione con farmaci limitanti l’efficacia del trat-tamento in corso. Solo successivamente è possibileattivare un percorso di prevenzione secondaria ilcui concetto è assorbito, o più spesso parte inte-grante della terapia dell’acuzie. Le terapie di pre-venzione dovranno poi essere sottoposte a verificadurante i successivi follow-up ambulatoriali. Qua-lora siano necessari una rivalutazione diagnosticae/o un adeguamento terapeutico devono essereprescritti esami strumentali da eseguire in regime

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ambulatoriale o in casi selezionati mediante rico-vero in regime di day-hospital. A lungo termine è indicato:• scoraggiare il fumo, il consumo eccessivo di alcoole l’uso di qualunque droga e, comunque, facili-tare la massima aderenza a uno stile di vita ilpiù possibile virtuoso;

• trattare il più energicamente possibile i fattori dirischio anche mediante un’adeguata terapia far-macologica per:- ipertensione,- dislipidemia,- diabete,- patologie emocoagulative;

• il trattamento antiaggregante con ASA 100-325mg nei pazienti con ictus ischemico non cardio-embolico. Il gruppo SPREAD suggerisce 100mg/die. Nel caso che il paziente sia allergicoall’acido acetilsalicilico o presenti condizionicliniche per le quali ne sia controindicato l’usoè indicata la somministrazione di clopidogrel 75mg/die o di dipiridamolo a lento rilascio 200mg + ASA 25 mg × 2 die (che è più efficacedell’ASA da sola, NNT 100) ovvero di ticlopi-dina 500 mg/die anche se il suo profilo di si-curezza è meno favorevole (necessità di un con-trollo seriato dell’emocromo nei primi 3 mesi);

• il trattamento con anticoagulanti orali (warfarin),mantenendo l’INR tra 2 e 3, nei pazienti conictus embolico associato a fibrillazione atrialenon valvolare o trombo-endoventricolare e neipazienti con cardiomiopatia dilatativa. La terapiava iniziata nei 15 giorni successivi all’eventoacuto; può essere, infatti, iniziata prima se isegni neurologici siano stabilizzati o regrediti ose la lesione cerebrale è di dimensioni modeste.Prima di iniziare un trattamento con anticoa-gulanti orali è necessario accertare che il pazientesia collaborante, il medico sia esperto e il labo-ratorio di riferimento sia affidabile. Nel caso di

paziente particolarmente anziano è necessariaun’attenta sorveglianza clinica per il rischio mag-giore di emorragie cerebrali. In pazienti conictus cardioembolico associato a cardiopatie val-volari con protesi meccaniche, ancora a mag-giore rischio emboligeno, l’INR va ulterior-mente aumentato fino a 3,5. Nuove molecolead azione anticoagulante potranno modificarel’attuale panorama terapeutico, in particolarerendendo inutile la determinazione dell’INR;

• il trattamento con farmaci che agiscono sul si-stema renina-angiotensina, calcio-antagonisti e/odiuretici è altresì indicato in pazienti ipertesicon sofferto ictus o TIA per ottimizzare il con-trollo dell’ipertensione arteriosa;

• il trattamento con statine è indicato e non soloin caso di ipercolesterolemia, in quanto questifarmaci determinano una riduzione degli eventiischemici maggiori;

• il trattamento con ASA nei pazienti con ictusischemico o TIA e forame ovale pervio, non affettida trombosi venose profonde e al primo eventotromboembolico e con TAO (terapia antico-augulante orale) con INR 2-3 in quelli conforame ovale pervio (senza altre eziologie), chepresentino aneurisma del setto o alterazioniemocoagulative, in cui non è indicato il trat-tamento endovascolare o cardiochirurgico;

• il trattamento in associazione a TAO e ASA ov-vero TAO e dipiridamolo nei pazienti portatoridi protesi valvolari che pur in trattamento ap-propriato con TAO hanno presentato una re-cidiva di ictus ischemico o TIA.

Ictus emorragico

Emorragia intraparenchimale spontanea

L’emorragia intraparenchimale spontanea è carat-terizzata da uno spandimento di sangue a pres-

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sione che provoca un immediato danno al paren-chima cerebrale circostante; è provocata, nellamaggior parte dei casi, dalla rottura di un’arteriolaperforante. Le emorragie che originano da alcune struttureanatomiche come putamen, globo pallido, talamo,capsula interna, sostanza bianca periventricolare,ponte e cervelletto sono tipiche dei pazienti iper-tesi e attribuibili a una patologia dei piccoli vasi.In contrasto, le emorragie lobari dei pazienti an-ziani sono spesso dovute ad angiopatia amiloide.L’angiopatia amiloide è responsabile del 15-20%delle emorragie nell’anziano. Si stima che la pre-senza di angiopatia amiloide cerebrale sia appros-simativamente del 5-8% nei pazienti con più di70 anni di età e del 55-60% nei pazienti con piùdi 90 anni. L’emorragia determina un aumento del volumeintracranico. Questo aumento provoca un’iper-tensione parenchimale, localizzata, con un mas-simo di pressione intracranica regionale (PICr)nella sede dell’ematoma, decrescente con la di-stanza dall’epicentro emorragico. Questo provo-cherà una diminuzione del flusso ematico cerebraleregionale (rCBF) tanto maggiore quanto più altasarà la PICr. Quindi si potrà avere una piccola di-minuzione di rCBF in piccoli ematomi di encefaliatrofici, fino ad arresti di flusso ematico regionaliquando la PPCr (pressione di perfusione cerebraleregionale) è uguale alla PICr. Ovviamente nei casigravissimi il fenomeno sarà diffuso a tutto l’ence-falo con compromissione della coscienza fino allamorte cerebrale per arresto di circolo (PPC = 0).Vi può essere, specialmente nel caso di ematomicerebellari, lo sviluppo di un idrocefalo per lacompressione del IV ventricolo o dell’acquedottodi Silvio. A volte anche gli ematomi che si apronoall’interno del sistema ventricolare possono pro-vocare una dilatazione ostruttiva del sistema stesso.L’ischemia peri-ematoma sviluppa un edema, dap-

prima citotossico, poi vasogenico, che è aggravatodall’ipotensione e dall’ipossia. In base alla frequenza di sviluppo, la sede anato-mica degli ematomi più essere così suddivisa:• striato (putamen, il più frequente): 34%;• lobare (più frequente la zona temporo-parieto-

occipitale): 24%;• talamica: 20%;• cerebellare: 7%;• pontina: 6%;• caudato: 5%;• putamino-talamica: 4%.

Diagnosi clinicaLa presentazione clinica più usuale consiste in undeficit neurologico focale, che progredisce in mi-nuti/ore e si accompagna a cefalea, nausea, vomito,elevazione della pressione arteriosa e crisi comi-ziali. Un’alterazione più o meno grave dello statodi coscienza è in rapporto alle dimensioni e allalocalizzazione dell’ematoma. All’esordio circa il50% dei pazienti ha disturbi della vigilanza e il30% è in coma; in più, circa il 51-63% dei pa-zienti ha una lieve progressione dei deficit, mentreil 34-38% ha un massimo di sintomi all’esordio esolo il 5-20% ha sintomi progressivi.La progressione clinica è dovuta al persistere delsanguinamento con ingrandimento dell’ematoma.Un aumento del volume dell’emorragia si ha, in-fatti, nel 14-38% dei pazienti. L’incremento vo-lumetrico aggrava la situazione clinica e peggiorala prognosi. I pazienti con terapia anticoagulantecon valori elevati di INR sono a rischio maggioredi espansione dell’ematoma, poiché il sanguina-mento continua più a lungo e in modo significa-tivo.

Indagini strumentaliLa TC cerebrale è indicata come esame di primascelta per la diagnosi in acuto di emorragia cere-

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brale. In urgenza la TC è un esame più veloce epiù semplice da interpretare rispetto alla RM. L’angiografia è indicata nei pazienti con emorragiaintracerebrale di cui non emerga una chiara causae che sono candidati al trattamento chirurgico,in particolare nei pazienti con emorragia in sedeatipica, giovani, normotesi e clinicamente stabili.L’angiografia non è indicata nei pazienti anzianie ipertesi, che abbiano un’emorragia nei ganglidella base e nel talamo, nei quali la TC non sug-gerisca la presenza di una lesione strutturale. Nell’emorragia intracerebrale, RM e angio-RMsono utili in pazienti selezionati e sono indicatenei pazienti con lesioni lobari e angiografia nega-tiva candidati alla chirurgia, per la diagnosticadegli angiomi cavernosi o nei pazienti in cui sisospetti un’angiopatia amiloide. La TC e la RM, oltre a differenziare con sicurezzagli ictus ischemici da quelli emorragici, permettonola localizzazione dell’ematoma e possono docu-mentare la presenza di aneurismi, malformazioniarterovenose, tumori o complicanze come l’emor-ragia intraventricolare, l’idrocefalo, l’ernia cerebrale.

Indagini strumentali per individuare le causedel sanguinamento• Angio-TC: alcuni aspetti evidenziati da questo

esame, come la presenza di ESA o endoventri-colare, calcificazioni endocraniche anomale,strutture vascolari vicine all’emorragia o la lo-calizzazione dell’emorragia stessa (sede perisil-viana), suggeriscono la possibile origine delsanguinamento stesso da alterazioni strutturali.L’utilizzo del contrasto per la TC favorisce l’in-dividuazione di neoplasie e malformazioni va-scolari, anche se non sempre quest’ultima èuna procedura eseguita in emergenza. Un me-todo rapido e validato per misurare il volumedegli ematomi è quello proposto da Kothari,che consiste nel moltiplicare il diametro mag-

giore della lesione per il diametro a esso per-pendicolare per il numero di immagini nellequali è visibile l’ematoma per lo spessore deitagli TC stessi.

• Angiografia: si impone nel caso di ematomi insede atipica, nel sospetto di una malformazionevascolare (aneurismi, malformazioni arterove-nose, fistole durali); in questi casi, se eseguitaa distanza, è positiva in circa il 20% dei casiche erano risultati negativi alla TC in urgenza.L’angiografia è di poco rilievo nell’identificareanomalie vascolari nei pazienti anziani, ipertesi,con emorragie in sede tipica. I tempi di esecu-zione dell’angiografia dipendono dallo statoclinico del paziente e dalla decisione del neu-rochirurgo di operare o meno.

• Risonanza magnetica (RM). Le immagini inRM possono non dimostrare piccoli aneurismio malformazioni vascolari, ma sono superiorialla TC nel diagnosticare malformazioni caver-nomatose, specialmente se l’esame viene ese-guito a distanza di settimane o mesi dall’emor-ragia, e possono rivelare la presenza di residuiemosiderinici intracerebrali, segno di sangui-namenti pregressi, come si verifica anche nel-l’amiloidosi cerebrale primaria (in T2 gradient-echo). È indicata la ripetizione di una TC delcranio se le condizioni cliniche peggiorano, peraccertare una progressione del sanguinamento,l’eventuale nuovo sanguinamento in altra sedeo la formazione di un idrocefalo.

Criteri di accesso al trattamento e operativitàdel neurochirurgoIl trattamento chirurgico dell’emorragia cerebraleè indicato in:• emorragie cerebrali di diametro > 3 cm con

quadro di deterioramento neurologico o consegni di compressione del tronco e idrocefalosecondario a ostruzione ventricolare;

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• emorragie lobari di medie (≥ 30 e < 50 cm3) ograndi (≥ 50 cm3) dimensioni, in rapido dete-rioramento per compressione delle strutturevitali intracraniche o erniazione;

• emorragie cerebrali associate ad aneurismi omalformazioni arterovenose, nel caso in cui lalesione strutturale associata sia accessibile chi-rurgicamente.

Il trattamento chirurgico dell’emorragia cerebralenon è indicato:• come trattamento precoce sistematico delle

emorragie cerebrali, mediante qualsiasi tecnicachirurgica, se non vi è deterioramento neuro-logico;

• in piccole emorragie intracerebrali (< 10 cm3)o deficit minimi (è indicata la sola terapia me-dica);

• in emorragie cerebrali con GCS ≤ 4 (nonvanno trattate chirurgicamente, per l’esito neu-rologico estremamente povero e per l’elevatamortalità);

• in emorragie intracerebrali associate ad aneu-rismi o a malformazioni arterovenose, nel casoin cui la lesione strutturale associata non siaaccessibile chirurgicamente.

Il razionale per proporre questo trattamento ri-siede nel concetto generale che la rimozione chi-rurgica dell’ematoma possa ridurre il danno sulparenchima cerebrale in quanto diminuisce l’ef-fetto massa, blocca la cascata dei prodotti tossiciderivanti dall’emorragia, previene il possibile in-grandimento dell’ematoma che può avvenire nelleprime ore dell’emorragia. La percentuale di emorragie cerebrali trattata chi-rurgicamente è molto variabile: si va dal 2% del-l’Ungheria al 30-40% di Regno Unito, Spagna eGiappone, al 70% e oltre di Svezia e Lituania, atestimonianza anche della sostanziale incertezzasulla scelta chirurgica.Nei pazienti con emorragia cerebrale durante trat-

tamento anticoagulante è indicata una rapida cor-rezione dell’emostasi, che si ottiene, a secondadella terapia in corso, con vitamina K, preparatiprotrombinici o plasma fresco (per gli anticoagu-lanti orali), con concentrati piastrinici e criopre-cipitati (per la terapia fibrinolitica con rTPA), ocon solfato di protamina (per l’eparina ev).L’evidenza sulle indicazioni chirurgiche in caso diemorragia intracerebrale spontanea si è arricchitarecentemente a seguito dei risultati dello studioSTICH; in un ampio numero di pazienti rando-mizzati a trattamento neurochirurgico precoce otrattamento inizialmente conservativo (fino aeventuale deterioramento clinico) non è stata di-mostrata alcuna superiorità in termini di beneficiodi un tipo di approccio rispetto all’altro. Nel-l’emorragia cerebrale spontanea sopratentorialenon è stata dimostrata alcuna superiorità del trat-tamento chirurgico precoce rispetto al trattamentoconservativo. La scelta chirurgica può essere elet-tiva in caso di deterioramento clinico del paziente.È tuttavia in corso lo STICH II, che dovrebbeuniformare meglio la casistica e il tempo di trat-tamento dei pazienti, così da fornire dati più si-gnificativi.Per quanto riguarda le emorragie sottotentorialicerebellari, il trattamento chirurgico viene accettatocome intervento salvavita; tuttavia, è certo chenon tutti i pazienti debbano essere necessariamentetrattati. Le controversie riguardano quali pazientitrattare e se provvedere solo a un intervento di de-rivazione ventricolare in caso di idrocefalo, o a unintervento evacuativo dell’ematoma stesso. La de-cisione di intervenire chirurgicamente va conside-rata in caso di deterioramento del livello di co-scienza, o dimensioni dell’ematoma maggiori di 3o 4 cm di diametro, anche con coscienza conser-vata, per la possibilità di un rapido instaurarsi diuno stato di coma. Viceversa, l’assenza dei riflessitroncoencefalici fa ritenere inutile l’intervento. In

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caso di idrocefalo, qualora non vi sia compressionesul tronco, si considera come prima scelta l’inter-vento di derivazione ventricolare; se invece vi ècompressione viene privilegiata l’evacuazione del-l’ematoma. Anche per queste situazioni esistonodati preliminari, da confermare, in favore dell’aspi-razione stereotassica.

Trattamento medico

Trattamento antipertensivo (Tabella 4.1)La pressione arteriosa è inizialmente sempre ele-vata, sia perché solitamente si tratta di pazientiipertesi, sia perché l’aumento della pressione in-tracranica comporta un incremento della pressionesistemica. Teoricamente ha un fondamento razio-nale la proposta di ridurre la pressione di questipazienti in fase acuta, nel tentativo di favorire lafine del sanguinamento in atto; è però altrettantoragionevole pensare che la pressione sistemica ele-vata possa migliorare la perfusione delle zone peri-ematoma compresse e ischemiche. È difficile sta-bilire se l’ipertensione in atto è all’origine dell’in-cremento volumetrico di un’emorragia intrapa-renchimale o ne è una conseguenza. Un recentestudio con RM ha dimostrato solo una modestariduzione della perfusione nella zona periematomanelle emorragie di grosso volume e l’origine pre-valentemente vasogenica dell’edema cerebrale,mentre per le emorragie di piccolo o medio vo-

lume uno studio PET ha dimostrato la conserva-zione della vasoregolazione e della perfusione perriduzione dei valori pressori del 15%. È invecedimostrata l’importanza del controllo della pres-sione, sia per gli eventi cardiovascolari in genere,sia per il rischio di risanguinamento, nella fasepost-acuta e in prevenzione secondaria.• Se la pressione sistolica è > 200 mmHg o la

pressione arteriosa media è > 150 mmHg, ini-ziare la terapia con nitroprussiato o rapidi emonitoraggio ogni 5 minuti.

• Se la pressione sistolica è > 180 mmHg o lapressione arteriosa media è > 130 mmHg e viè evidenza o sospetto clinico di valori elevatidi pressione endocranica, considerare l’utilizzodel monitoraggio PIC e la riduzione dei valoripressori, mantenendo i valori di perfusione ce-rebrale tra 60 e 80 mmHg, iniziando una te-rapia endovenosa con labetalolo, rapidi, nitro-prussiato o furosemide o altri farmaci a bassedosi somministrabili ev.

• Se la pressione sistolica è > 180 mmHg o lapressione arteriosa media è > 130 mmHg manon vi è sospetto di ipertensione endocranica,considerare una modesta riduzione dei valoripressori (obiettivo 160/90 mmHg, pressionearteriosa media di 110 mmHg) mediante te-rapia ev in boli o somministrazione continuadi antipertensivi, con rivalutazione clinica delpaziente ogni 15 minuti.

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Tabella 4.1 Gestione dell’ipertensione nei pazienti con emorragia endocranica

Farmaco Boli intravenosi Infusione intravenosa continua

Labetalolo 5-20 mg ogni 15 minuti 2-8 mg/minuto

Urapidil 25 mg da ripetere dopo 2 minuti; in caso di mancata 0,15-0,5 mg/minuto da regolare risposta infusione continua a seguire in base alla risposta pressoria

Nitroprussiato 0,5-10 mg/kg/minuto

Nitroglicerina 20-400 mg/minuto

Furosemide 20-40 mg

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Fluidi ed equilibrio elettroliticoLo scopo di questo tipo di trattamento è l’euvole-mia. Il bilancio va calcolato monitorando la pro-duzione giornaliera di urine e aggiungendo 500ml per le perdite insensibili e 300 ml per i pazientifebbrili. Gli elettroliti sodio, potassio, calcio e ma-gnesio vanno controllati assiduamente e mantenutientro i limiti di normalità. L’acidosi e l’alcalosivanno corrette in base ai dati dell’emogasanalisi.

Terapia antiepiletticaNon vi sono al momento sicure evidenze sull’op-portunità di attuare una terapia antiepilettica pre-ventiva in questi pazienti. Se intervengono crisiepilettiche, queste vanno trattate immediata-mente, in quanto possono destabilizzare i pazientiin situazione critica. In questi pazienti può essereeseguita una terapia ev con fenitoina 15-18 mg/kgcon infusione a 50 mg/min, da passare appenapossibile per os e da interrompersi a distanza dicirca un mese dalla crisi epilettica, in caso di si-lenzio clinico e dopo controllo EEG.

Trattamento dell’ipertermiaÈ opportuno mantenere i livelli di temperaturaentro normali valori utilizzando, se necessario,preferibilmente il paracetamolo. In caso di febbreè appropriato eseguire esami colturali su urine,escreato bronchiale e sangue, nonché iniziare intempi rapidi un’adeguata terapia antibiotica incaso di infezione. I cateteri esterni di derivazioneventricolare non vanno mantenuti oltre i 7 giorni,per pericolo di infezioni.

Trattamento dell’iperglicemiaValori elevati di glicemia all’ingresso, sia dovuti aun diabete noto o misconosciuto, che a un’iper-glicemia da stress, correlano con un aumento dellamortalità nei pazienti con ictus. L’efficacia deltrattamento intensivo dell’iperglicemia è stata di-

mostrata nei pazienti critici chirurgici, cardiologicie medici. Per i pazienti con emorragia cerebralenon vi sono dati di efficacia del trattamento in-tensivo dell’iperglicemia, ma nell’ictus è dimo-strato che la persistenza di valori glicemici > 140mg/dl durante le prime 24 ore è associata a esitinegativi. Dai dati esistenti andrebbero trattati coninsulina ev anche valori glicemici moderatamenteelevati (> 140 mg/dl), ma solo se vi è la sicurezzadi una gestione clinica accurata in grado di evitareipoglicemie.

Gestione dell’ipertensione endocranicaL’aumento della pressione endocranica è sicura-mente rilevante in questi pazienti e almeno teori-camente potrebbe essere importante monitorarnei valori, ma le metodiche per farlo sono invasive enon prive di possibili complicazioni. Al momentonon vi sono studi clinici controllati che abbianodimostrato l’utilità del monitoraggio invasivo diquesto parametro, nemmeno nei pazienti con ri-duzione del livello di coscienza, anche se il rischiodi lesione emorragica da monitoraggio della pres-sione intracranica (PIC) è inferiore all’1% e il ri-schio infettivo non arriva al 5%. L’opportunità diquesto intervento deve essere valutata in base allasituazione clinica e strumentale dei singoli pa-zienti. Nei pazienti monitorizzati per ipertensioneendocranica, valori di pressione intracranica ≥ 20mmHg per oltre 5 minuti e una pressione di per-fusione cerebrale > 70 mmHg sono consideratialterati. Per il trattamento dell’ipertensione endocranicasono indicate le seguenti opzioni:• agenti osmotici. Mannitolo e glicerolo possono

ridurre l’edema circostante l’emorragia e di-minuire l’ipertensione endocranica. Il manni-tolo al 20% (0,25-0,5 g/kg per 4 ore) o il gli-cerolo (250 ml di glicerolo al 10% in 30-60minuti, ogni 6 ore) sono da riservare ai pazienti

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con ipertensione endocranica rilevante, clinicain rapido deterioramento ed edema circostantel’emorragia. Per i molti fenomeni di reboundsono da utilizzare per tempi inferiori ai 5giorni. Durante la terapia con agenti osmoticiè necessario il controllo dell’emocromo (rischiodi emolisi) e degli elettroliti (rischio ipokalie-mia, insufficienza renale da iperosmolarità,scompenso cardiaco, ipotensione). Furosemide(10 mg ogni 2-8 h) può essere somministratacontemporaneamente alla terapia osmotica.L’osmolarità plasmatica deve essere valutatadue volte al giorno nei pazienti trattati: vannomantenuti livelli < 310 mOsm/L;

• iperventilazione. L’ipocapnia causa vasocostri-zione cerebrale e la riduzione del flusso cerebraleè praticamente immediata con riduzione deivalori di pressione endocranica dopo 30 minuti.Una riduzione di pCO2 a 30-35 mmHg si ot-tiene mediante ventilazione costante con vo-lumi di 12-14 ml/kg e riduce la pressione en-docranica del 25-30%. Vi sono dati certi chedimostrano come l’iperventilazione sia in gradodi ridurre la pressione intracranica. Questo trat-tamento può essere riservato per brevi periodi(< 6 ore) nei pazienti più gravi e in quelli dasottoporre a intervento di evacuazione;

• sedativi. La paralisi neuromuscolare in com-binazione con un’adeguata sedazione con tio-pentale previene le elevazioni di pressione in-tratoracica da vomito, tosse, resistenza al re-spiratore. In queste situazioni sono da preferirsifarmaci non depolarizzanti come il vecuronioo il pancuronio. Alcuni pazienti richiedonosedazione con propofol, benzodiazepine o mor-fina. Se questo non è sufficiente si può ricorrereal coma barbiturico: tiopental riduce rapida-mente i valori di pressione endocranica, pro-babilmente diminuendo il flusso e il volumecerebrale. La complicazione delle alte dosi di

barbiturico (massima dose 10 mg/kg al giorno)è l’ipotensione sistemica. Per le dosi di mante-nimento si consigliano 0,3-0,6 mg/kg/giorno.

Per il trattamento dell’ipertensione endocranicanei pazienti con emorragia cerebrale non sono in-dicati gli steroidi.

Trattamento delle emorragie cerebrali in corsodi terapia anticoagulante o fibrinoliticaLe emorragie cerebrali avvengono approssimati-vamente nello 0,3-0,6% per anno nei pazientitrattati con anticoagulanti orali e il 6-16% delleemorragie cerebrali avviene in corso di terapiaanti coagulante. Il trattamento consiste nel rapidoripristino della coagulazione, per cui si utilizza siala vitamina K (10 mg per infusione endovenosalenta in 5 minuti, ripetibile dopo 12 ore in casodi mancata normalizzazione della coagulazione),sia plasma fresco o preparati protrombinici. Il pla-sma fresco è raccomandato a 15-20 ml/kg, com-porta l’infusione di importanti quantità di liquidi(non opportuna in pazienti con compenso car-diaco labile) e ha un’azione meno rapida rispettoai preparati protrombinici. Questi sono sommi-nistrati a dosaggio variabile in base ai valori diINR. Per INR 2-3, da 9 a 25 UI/kg di fattore IX;per INR 4-6, 35 UI/kg di fattore IX; per INR > 6, 50 UI/kg di fattore IX. Sia la somministra-zione di plasma fresco che di preparati protrom-binici va associata alla somministrazione di vita-mina K. I pazienti in trattamento con eparina en-dovena vengono riportati alla normale coagula-zione mediante solfato di protamina a dosi variabiliin base ai tempi di interruzione della terapia (ingenere 1 mg per 100 UI di eparina somministrata).Se i pazienti avevano una chiara indicazione allaterapia antitrombotica, il problema immediato,in caso di evoluzione clinica favorevole, è la suaripresa. In assenza di dati certi in letteratura, è ra-gionevole attendere una o due settimane, non es-

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sendo considerata obbligatoria la completa scom-parsa del sanguinamento alla TC, che invece ri-chiede molte settimane.

Prevenzione delle complicanzeI pazienti con emorragia cerebrale hanno un ri-schio di trombosi venosa del 30-70% con rischioelevato di embolia polmonare. Ciò nonostante,si preferisce usare cautela nell’impiego di terapieanticoagulanti anche se a basse dosi, che tuttavia,alle dosi raccomandate (5000 UI di calciparina ×2 volte al giorno), sembrerebbe non aumentare ilrischio di recidiva del sanguinamento arteriosocerebrale. Anche in considerazione dei dati recentiche escludono che vi sia efficacia nell’uso dellecalze elastiche, dopo 4-5 giorni dall’insorgenzadell’emorragia può essere preso in considerazionel’impiego di eparina a basso peso molecolare o dieparina non frazionata a dosi profilattiche. L’ASAè nota ridurre del 39% il rischio di trombosi ve-nosa nei pazienti con patologia diversa dalla cere-brovascolare, ma la sua efficacia nei pazienti conemorragia cerebrale non è dimostrata, né è dimo-strata una sua ipotetica maggiore sicurezza rispettoall’eparina non frazionata o alle eparine a bassopeso molecolare. In caso di trombosi venosa pro-fonda ed embolia polmonare è indicato il posi-zionamento di un filtro cavale a permanenza otemporaneo.

Efficacia della Stroke UnitAnche per i pazienti con emorragia cerebrale èstata dimostrata l’efficacia del ricovero in StrokeUnit rispetto al ricovero in medicina generale,con riduzione significativa della mortalità a 30giorni, che si manteneva a un anno (p = 0,013).Il monitoraggio cardiaco continuo è indicato nelleprime 48-72 ore dall’esordio, in particolare neipazienti cardiopatici, con storia di aritmie, valoripressori instabili, scompenso cardiaco.

Follow-upSono fattori prognostici negativi per l’emorragiacerebrale: l’età avanzata, un alterato stato di co-scienza all’ingresso, la pressione arteriosa elevata,il diabete e l’estensione intraventricolare dell’emor-ragia, la concomitante terapia con anticoagulantio antiaggreganti, la formazione di idrocefalo, laglicemia elevata al momento del ricovero, l’iper-piressia, un volume dell’ematoma sopratentoriale> 50 ml e un’estensione del sanguinamento in-traventricolare > 20 ml.

Emorragia subaracnoidea da rottura di aneurisma intracranico

L’emorragia subaracnoidea (ESA) è una particolareforma di ictus emorragico, spesso devastante sulpiano neurologico, caratterizzata da uno spandi-mento di sangue negli spazi subaracnoidei intra-cranici e provocata, nella maggioranza dei casi,dalla rottura di un aneurisma intracranico. L’ESArappresenta approssimativamente il 5% di tuttigli ictus, si verifica più frequentemente tra i 40 ei 60 anni, anche se può accadere dall’infanzia finoall’età avanzata ed è approssimativamente 1,6 voltepiù frequente nelle donne rispetto agli uomini.L’incidenza è di circa 9 casi per 100.000 abitantiper anno. La prevalenza di aneurismi sacculari nella popo-lazione generale è stimata, a seconda delle variecasistiche e delle diverse modalità di rilevamento(angiografiche, autoptiche ecc.) tra 0,2% e 9,9%.Nel 20-30% dei casi si evidenziano aneurismi in-tracranici multipli, solitamente in numero di 2 o3. Gli studi epidemiologici indicano, in assoluto,una maggiore prevalenza nelle donne, con un in-dice di 1,6:1. Il rischio annuale individuale di rottura è calcolatotra 1% e 2%. L’indice di mortalità a 30 giorni èdel 50% e di quelli che sopravvivono il 50% è

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gravato da reliquati neurologici permanenti. Unapercentuale compresa tra il 12% e il 33,8% deipazienti con ESA decede prima di raggiungereun posto di primo soccorso.Modelli multivariati hanno evidenziato che iper-tensione, fumo e abuso di alcool sono fattori dirischio indipendenti per ESA. Anche l’assunzionedi sostanze simpaticomimetiche come cocaina efenilpropanolamina è considerata possibile fattorecausale di ESA. Tra i fattori non modificabili unposto importante sembrano avere i fattori genetici.Tra i familiari di primo grado di pazienti con ESAda aneurisma, il rischio di avere un’emorragia darottura di aneurisma è quattro volte più alto chenella popolazione generale. La presentazione clinica tipica dell’ESA consistein una cefalea a esordio improvviso, di solito nu-cale, tipicamente dopo sforzo, spesso violenta (“lapeggiore della mia vita”). Solo in alcuni casi vipuò essere un disturbo della coscienza e/o segnineurologici focali e/o vomito. In alcuni casi si hail deficit di un nervo cranico (più spesso del 3°nervo cranico) per sanguinamento in prossimitàdello stesso o per compressione da parte dellasacca aneurismatica. Il rigor è incostante e quandopresente compare dopo alcune ore. Un sanguinamento più abbondante può esserecausa di ematoma cerebrale, emorragia intraven-tricolare, idrocefalo ostruttivo acuto o subacuto,ematoma subdurale (più raro), con aggravamentodella sindrome clinica dell’ESA.

Indagini strumentali per individuarel’aneurisma che ha sanguinato• Angiografia con metodica di cateterismo arte-

rioso per via femorale, con studio di tutti gliassi cerebro-afferenti (presenza, natura e mor-fologia della malformazione, eventuale molte-plicità, vasospasmo).

• Angio-RM e angio-TC (metodiche diagnosti-

che non invasive che oggi si affiancano all’an-giografia; in particolare, l’angio-TC, se effet-tuata al momento della diagnosi di ESA, inpazienti con voluminosi ematomi, può visua-lizzare l’aneurisma e permettere un interventochirurgico immediato, senza attendere i tempidell’angiografia).

Inquadramento clinico del paziente mediantela scala di Hunt-Hess• Grado 0: portatore di un aneurisma che non

ha sanguinato.• Grado 1: asintomatico con minima cefalea e

rigor nucalis.• Grado 2: cefalea moderata-severa con rigidità

nucale ed eventuali deficit nervi cranici.• Grado 3: soporoso, confusione o lievi deficit

focali.• Grado 4: stupor con emiparesi moderata o

grave.• Grado 5: coma profondo, crisi in decerebra-

zione.

Criteri di accesso al trattamento e operativitàdel neurochirurgo e del radiologo interventistaQuando l’ESA si associa a una grave emorragiacerebrale che si suppone possa mettere a rischiola vita del paziente, con aneurisma già evidenteall’angio-TC, è necessario procedere immediata-mente all’intervento anche senza studio angiogra-fico. In tutti gli altri casi, dopo aver rilevato conla TC la presenza di ESA, l’esame indifferibile perevidenziare la malformazione vascolare causa del-l’emorragia è l’angiografia cerebrale. L’esame an-giografico deve essere eseguito con carattere d’ur-genza, indipendentemente dallo stato clinico delpaziente. La decisione per il trattamento chirurgico o en-dovascolare dell’aneurisma viene presa, congiun-tamente, dal neurochirurgo e dal radiologo in-

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terventista, i quali discutono il caso, parlano conil paziente e i suoi familiari e completano la pro-cedura con il consenso al trattamento in emer-genza. Il particolare, si può optare per:• trattamento endovascolare:

- trattamento endovascolare (coiling),- valutazione dell’utilità di monitoraggio PIC

con derivazione ventricolare esterna (DVE),- monitoraggio con Doppler transcranico e

terapia con calcio-antagonisti;• trattamento chirurgico:

- intervento chirurgico (clipping),- derivazione ventricolare esterna (DVE) per

monitoraggio PIC,- monitoraggio con Doppler transcranico e

terapia con calcio-antagonisti;• decisione attendistica (grave vasospasmo, mor-

fologia dell’aneurisma non idonea, grado H-Helevato ecc.):- valutazione dell’utilità di monitoraggio PIC

con DVE,- terapia antifibrinolitica (per non più di 72

ore),- monitoraggio con Doppler transcranico e

terapia con calcio-antagonisti.In caso di rapido decadimento delle funzionineurologiche a causa di un idrocefalo acuto se-condario all’ESA, la DVE necessaria per control-lare l’aumento della pressione intracranica nondeve essere differita e può essere effettuata primadello studio angiografico o prima del clippaggiodell’aneurisma o immediatamente dopo l’inter-vento endovascolare.Il trattamento chirurgico o endovascolare di unaneurisma intracranico emorragico, se le condi-zioni del paziente lo consentono, deve essere ef-fettuato quanto prima (“ultra early surgery”) e co-munque entro 72 ore dall’insorgenza clinica(“early surgery”). Per questo motivo è indispensa-

bile che l’esame angiografico venga effettuato dalradiologo interventista che, se indicato, farà se-guire alla fase diagnostica l’immediato trattamentoterapeutico (coiling). Poiché i criteri di selezione per l’intervento chi-rurgico o endovascolare dipendono dallo statoneurologico del paziente, dalla sua età, dalla mor-fologia e localizzazione dell’aneurisma, dall’even-tuale presenza di ematoma intracerebrale che ne-cessiti di un’immediata evacuazione e dall’espe-rienza degli operatori, non possono essere prede-finiti rigidi criteri di accesso al trattamento endo-vascolare o a quello chirurgico.Sulla base delle conoscenze attuali, a parità dicondizioni (paziente in buone condizioni cliniche,aneurisma sia operabile che embolizzabile), l’in-tervento per via endovascolare dovrebbe esserescelto perché meno invasivo e meno rischiosodella chirurgia. Similmente, nei gradi clinici in-termedi o alti (grado H-H 3-4) e nelle localizza-zioni in fossa cranica posteriore, l’intervento en-dovascolare è preferibile a quello chirurgico. La chirurgia è indicata negli aneurismi a collettolargo o a morfologia complessa, in quelli non su-scettibili di trattamento endovascolare e nella mag-gior parte degli aneurismi della cerebrale media. Il paziente con segni di ESA da rottura di aneuri-sma intracranico dovrà essere ricoverato in Repartodi Neurochirurgia o di Terapia Intensiva posto-peratoria e opportunamente monitorato dal puntodi vista neurologico e dei parametri vitali. Neicasi di grave alterazione del livello di coscienza,con grado H-H elevato e con segni radiologici digrave vasospasmo, nei quali il trattamento del-l’aneurisma deve essere procrastinato, è opportunoprocedere al monitoraggio dello stato delle arterieintracraniche (mediante Doppler transcranico) e,se indicato, al posizionamento di un catetere nelcorno ventrale frontale per il monitoraggio dellaPIC o per eventuali procedure di deliquorazione.

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Per la prevenzione e il trattamento del vasospasmosi ricorre a nimodipina in infusione continua (1-2mg/ora) o per os (60 mg ogni 4 ore).In caso di vasospasmo sintomatico resistente allaterapia medica, in presenza di evoluzione del qua-dro clinico secondario a ischemia cerebrale, è in-dicato il trattamento endovascolare del vasospa-smo con infusione intra-arteriosa di nimodipina,eventualmente associata a PTA delle principaliarterie intracraniche.Qualora il paziente presenti rilevanti comorbidità(età, coagulopatie, malattie oncologiche terminaliecc.) che controindicano un approccio sia endo-vascolare che chirurgico, lo stesso non è candidatoal trattamento chirurgico e potrà essere opportu-namente seguito in Stroke Unit.Una complicanza piuttosto frequente dell’ESA èrappresentata dall’iponatremia, che può essere do-vuta a sindrome da deplezione di sali o a inap-propriata secrezione di ormone antidiuretico (syn-drome of inappropriate antidiuretic hormone secre-tion, SIADH). L’iponatriemia non va trattata conrestrizione del volume ematico, che aggrava il va-sospasmo, quanto piuttosto con terapia sostitutivaa base di soluzioni saline ipertoniche ev. Si deveintervenire per valori di sodio < 125 mEq/L.Altra complicanza piuttosto frequente è rappre-sentata dalle crisi epilettiche, per il cui trattamentofarmacologico si rimanda a quanto scritto prece-dentemente per l’emorragia intraparenchimale.

Prevenzione del risanguinamentoÈ noto come il risanguinamento sia la causa piùrilevante di mortalità e morbilità permanentedopo una prima ESA. In un buon numero di casi,una corretta organizzazione sanitaria può prevenirei danni legati al risanguinamento. Questo obiet-tivo può essere raggiunto se si realizzano i seguentipunti: • corretta interpretazione dei segni clinici legati

alle emorragie minime (warning leak o emorra-gie sentinella). Prima di una rottura maggiore,che può essere causa di danni neurologici irre-versibili, i pazienti possono presentare sintomiassociati a un sanguinamento minore, chia-mato emorragia sentinella o “warning leak”. Ilsegno tipico in un paziente vigile e cosciente èla cefalea, descritta da almeno l’80% dei pa-zienti; la maggior parte di questi episodi oc-corre 2-8 settimane prima dell’emorragia mag-giore. Dati recenti indicano un errore di dia-gnosi nel 12% dei casi, mentre in almeno il20-40% dei pazienti che vanno incontro aun’ESA fatale può essere identificata una storiadi precedenti sanguinamenti non corretta-mente interpretati;

• corretta gestione del primo soccorso. L’organizza-zione del primo soccorso al paziente con ESAdeve prevedere il trasporto immediato pressouna Stroke Unit di III livello, ove possa essereattuato un percorso diagnostico-terapeuticourgente. Se una competenza specifica per iltrattamento dell’ESA non è disponibile nel-l’ospedale di prima accoglienza, deve essereimmediatamente considerato un rapido tra-sferimento in un Centro adeguato (trasportoprimario differito);

• trattamento immediato dell’aneurisma: “ultra-early treatment”. Almeno il 30-40% di tutti ipazienti con ESA muore entro poche ore dallarottura iniziale e in molti casi la causa è un ri-sanguinamento. Il tasso di mortalità per ri-sanguinamento può arrivare fino al 70%, conrischio maggiore mentre il paziente è traspor-tato o diagnosticato o per il verificarsi di ritardiaggiuntivi. Studi recenti documentano checirca il 15% dei pazienti con ESA presentaun “ultra-early rebleeding”, con alto tasso dimortalità, e che tale rischio è al suo picconelle prime 24 ore dopo l’ESA, con fino

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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all’87% dei risanguinamenti che avvengononelle prime 6 ore;

• uso di farmaci antifibrinolitici. L’“early short-term treatment” con farmaci antifibrinoliticipuò essere una strategia ragionevole per pre-venire un risanguinamento precoce e miglio-rare l’outcome globale dei pazienti con ESA,come dimostrato da studi che documentanocome nelle prime 24 ore dopo l’ESA si possaraggiungere una riduzione di risanguinamentidal 10,8% al 2,4% e un miglioramento del-l’outcome globale favorevole dal 62% al 71%.Può essere usato l’acido tranexamico, 1 g ogni6 ore, immediatamente dopo il primo soccorsoe il primo sospetto di ESA, in modo da ridurreil rischio di risanguinamento nel periodo ne-cessario a organizzare ed effettuare il trasferi-mento del paziente nel Centro idoneo più vi-cino, o dopo la diagnosi angiografica se il pa-ziente non viene sottoposto a un trattamentoimmediato. Il trattamento con farmaci antifi-brinolitici non deve essere protratto oltre le72 ore in modo da evitare effetti secondari le-gati all’uso prolungato. Inoltre, deve essere as-sociato a farmaci calcio-antagonisti (nimodi-pina) per prevenire il vasospasmo. In ogni casoesso può favorire la comparsa di fenomenitrombotici distrettuali, specie in presenza diuna diatesi aterotrombotica e quindi va valu-tato di volta in volta anche in relazione alleconoscenze sullo stato dei vasi arteriosi del pa-ziente da trattare;

• controllo della pressione arteriosa. Una pressionearteriosa sistolica superiore a 160 mmHg co-stituisce un importante elemento di rischioper precoce sanguinamento durante il trasportoin ospedale, mentre un quadro di ipotensioneeccessiva può aggravare il rischio di ischemiacerebrale in pazienti con condizioni neurolo-giche gravi che stanno sviluppando un vaso-

spasmo. Il controllo della pressione arteriosaè, pertanto, un elemento cruciale nella gestionedi questi pazienti.

Caratteristiche del Centro di Neurochirurgia e di Radiologia Interventistica cui riferire i pazienti con ESALa necessità di far giungere quanto prima i pa-zienti con ESA presso Centri di cura competentiprovvisti di adeguate strutture e di confermataesperienza (Stroke Unit di III livello) impone unaprecisa caratterizzazione delle Strutture operativedeputate alla cura dei pazienti con aneurisma ce-rebrale emorragico secondo i seguenti criteri:• presenza nel centro di entrambe le competenze

di Neurochirurgia e di Radiologia Interventi-stica;

• operatività 24h/7 giorni del neurochirurgo edel radiologo interventista;

• sala angiografica dedicata (possibilmente conangiografo biplanare rotazionale) per i tratta-menti endovascolari di emergenza;

• sala operatoria di neurochirurgia disponibile24 ore per l’attività di urgenza;

• copertura anestesiologica per la sala angiogra-fica e per la sala neurochirurgica 24h;

• presenza di neurorianimatore;• presenza di guardia radiologica con disponi-

bilità h24 di TC e RM;• reperibilità neurosonologica (TCD);• numero di trattamenti per anno di aneurismi

emorragici trattati con entrambe le metodichenon inferiore a 35 interventi per Centro (datocumulativo degli interventi neurochirurgici edendovascolari);

• competenza per operatore (neurochirurgo oradiologo interventista) non inferiore a 15trattamenti di aneurismi cerebrali rotti peranno;

• case mix di patologia interventistica endova-

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scolare del Centro di Radiologia Interventisticanon inferiore a 80 procedure per anno;

• case mix di patologia vascolare trattata con chi-rurgia non inferiore a 40 interventi per anno;

• popolazione di riferimento del Centro (areaassistenziale) di circa 500.000-1.000.000 diabitanti per un numero previsto di accessi dianeurisma emorragico che giunge in ospedalecompreso tra 50 e 100 casi per anno;

• soglia minima di ricoveri per Centro non in-feriore ai 50 casi per anno, comprendente isine materia e i casi non trattabili;

• collegamento telematico (teleconsulto) h24con gli ospedali periferici in collegamento conla Stroke Unit di III livello.

In Italia vi sono 134 Centri di Neurochirurgia(dati della Società Italiana di Neurochirurgia,2008) e circa 60 Centri di Radiologia Interventi-stica (dati della Società Italiana di Neuroradiolo-gia, 2008). È responsabilità delle Regioni effet-tuare una programmazione delle risorse che ga-rantisca, in ogni Regione e per i requisiti indicati,la presenza di competenze di Neurochirurgia e diRadiologia Interventistica tali da garantire unacorretta assistenza ai pazienti affetti da ESA darottura di aneurisma intracranico.

Follow-upIn pazienti sopravissuti a un’ESA, il rischio di nuoveemorragie è 30 volte maggiore che nella popolazionegenerale. Tale rischio è cumulativo e si considerapari al 2,2% nei primi 10 anni dopo il trattamentoe pari al 9% dopo 20 anni. Nella popolazione ge-nerale il rischio di avere un’ESA in 10 anni è dicirca lo 0,072%. Nel gruppo degli aneurismi denovo l’intervallo tra il primo e il secondo sanguina-mento si è visto oscillare tra 33 mesi e 14 anni.Da ciò deriva la necessità di effettuare follow-upclinici e vascolari intracranici, per molti anni, inpazienti già trattati per aneurisma intracranico,

specie se portatori di fattori di rischio per forma-zione di aneurisma.

Riabilitazione in fase acuta

La prima fase dell’assistenza a fini riabilitativi sisovrappone cronologicamente agli interventi fina-lizzati alla prevenzione delle complicanze favoritedalla situazione di immobilizzazione e da altre me-nomazioni. Tale fase avviene essenzialmente neireparti per acuti e può essere anche denominatacome “Fase della prevenzione del danno secondario”.In questa fase l’intervento del terapista è stretta-mente integrato con il nursing infermieristico. Gli obiettivi principali sono legati alla prevenzionedi complicanze secondarie e presuppongono: il con-tenimento della rigidità articolare indotta dall’im-mobilità e la prevenzione dei danni articolari indottidalla movimentazione degli arti plegici; la conser-vazione dell’integrità cutanea; il potenziamento dellaprofilassi delle infezioni respiratorie e delle trombosivenose profonde (TVP); la facilitazione della verti-calizzazione e prevenzione delle cadute (dal letto enei trasferimenti); una prima valutazione funzionalecon la formulazione di una prognosi ai fini del-l’identificazione delle esigenze assistenziali destinateal recupero da attivare a breve e medio termine,con la conseguente scelta del setting riabilitativoove continuare il trattamento stesso.Il percorso riabilitativo dei pazienti affetti da ictusin fase acuta (durante il ricovero in Stroke Unit)deve pertanto prevedere:• valutazione precoce dell’assistito; • definizione e attivazione del percorso assistenziale

ai fini riabilitativi: trasmissione della richiesta/re-lazione preliminare, preferibilmente “standar-dizzata”, alla struttura riabilitativa;

• trasferimento alla struttura riabilitativa.In particolare, uno specifico diagramma potrebbeessere così articolato:

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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• elaborazione programma riabilitativo individuale(entro 3a-4 a giornata):- esecuzione di un triage riabilitativo da parte

di un team multidisciplinare neurovascolare(composto essenzialmente da fisiatra e/o neu-rologo ed eventuali altre figure professionali,in particolare assistente sociale) con valuta-zione delle condizioni mediche e delle ne-cessità assistenziali-riabilitative,

- precoce presa in carico riabilitativa (entro 48ore dal ricovero) finalizzata alla: 1) valutazione e presa in carico della disabilità

motoria con precoce mobilizzazione e at-tivazione funzionale del paziente (compitointegrato e condiviso tra fisiatra e/o neu-rologo, fisioterapisti e infermieri),

2) valutazione e presa in carico di problema-tiche nutrizionali e di deglutizione (com-pito integrato e condiviso tra medico fo-niatra, logopedisti, dietisti e infermieri),per evitare rilevanti complicazioni, qualile broncopolmoniti ab ingestis e preven-zione della malnutrizione,

3) valutazione e presa in carico delle proble-matiche di comunicazione e cognitive;

• elaborazione progetto riabilitativo individuale(dopo la 3a-4a giornata, a condizioni clinichestabilizzate o moderatamente instabili) da partedello stesso team multidisciplinare neurova-scolare con individuazione del setting riabili-tativo più adeguato;

• condivisione del progetto con la famiglia e avviodelle (successive) procedure per trasferimento/di-missione.

Particolarmente importante è il triage riabilitativo,ovvero un processo di valutazione prognostica fi-nalizzato a identificare i pazienti che possono trarreun beneficio ottimale o anche solo significativodal trattamento riabilitativo, individuando altresìle modalità e il setting più adeguato per le caratte-

ristiche di quello specifico caso. Esso si deve basare,oltre che sui dati anamnestici, su un adeguatoesame obiettivo funzionale, volto non solo a for-mulare un’accurata prognosi funzionale, ma anchea individuare i successivi bisogni medici, infer-mieristici e riabilitativi del paziente. Tale triageandrebbe eseguito nella fase iper-acuta (normal-mente entro la 3a-4a giornata), in modo da preve-nire l’instaurarsi del danno secondario motorio(quali facilitazione della spasticità, extrarotazionedell’anca) e cognitivo (stereotipie e perseverazioniverbali, negligenza spaziale). Il team non deve va-lutare solamente l’utilità di un trattamento riabi-litativo, ma anche se le condizioni mediche sianocompatibili con il trattamento riabilitativo inten-sivo e il trasferimento in un Reparto di Riabilita-zione. Il trasferimento in ambiente riabilitativo vaeffettuato, come sottolineato dalle Linee guida ita-liane SPREAD ed europee dell’ESO, quando lecondizioni mediche siano stabili o moderatamentestabili e va invece procrastinato quando le condi-zioni mediche siano ancora instabili.Sulla base degli elementi citati, lo sviluppo tem-porale delle esigenze riabilitative del paziente puòquindi essere così sintetizzato:• 1a fase (entro la 2a-3a giornata): valutazione egestione delle condizioni mediche e cognitive perla prevenzione del danno secondario.Il più precocemente possibile vanno applicatele procedure finalizzate:- al mantenimento dell’integrità articolare,- alla conservazione dell’integrità cutanea,- al potenziamento della profilassi delle infe-

zioni respiratorie e delle TVP,- all’esaltazione della partecipazione all’attività

fisica e ai programmi assistenziali,- alla facilitazione della verticalizzazione e pre-

venzione delle cadute (dal letto e nei trasfe-rimenti),

- alla formulazione di una prognosi ai fini del-

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l’identificazione delle esigenze assistenzialidestinate al recupero da attivare a breve emedio termine;

• 2a fase (3a-4a giornata): valutazione delle condi-zioni mediche e cognitive per la compatibilità contrattamento riabilitativo e quantificazione delladisabilità.In questa fase vanno valutate le condizioni cli-niche del paziente, identificandole in:- condizioni mediche stabili o moderatamente

instabili in soggetti con capacità cognitiveadeguate: avviamento del processo di trasfe-rimento in Riabilitazione,

- condizioni cliniche ad alto rischio d’instabi-lità: il trasferimento in Riabilitazione va pro-crastinato fino a un’accettabile stabilizzazionedelle condizioni mediche,

- condizioni mediche/cognitive eccessivamentecompromesse: criterio d’esclusione al trasfe-rimento in Riabilitazione, con conseguenteattivazione delle procedure per l’assistenzadomiciliare distrettuale (Centro di AssistenzaDomiciliare, CAD) o in Strutture di lungo-degenza,

- per i pazienti in stato comatoso vanno atti-vate le procedure per le Unità di risveglio.

Condizioni cliniche ad alto rischio d’instabilitàche dovrebbero controindicare un immediatotrasferimento in Riabilitazione sembrano essere:

- necessità di monitoraggio e trattamento diterapie intensive,

- necessità di monitoraggio continuo cardio-respiratorio per persistenza superamento diinstabilità cardiocircolatoria o di ventilazionenon adeguata,

- presenza di gravi aritmie parossistiche o cheinducano instabilità emodinamica (tachicardieventricolari, extrasistoli polimorfe ripetitive),

- respiro spontaneo da < 4 giorni,- presenza d’insufficienza acuta d’organo (es.

insufficienza respiratoria acuta o diabete mel-lito mal controllato con la terapia insulinica)o multiorgano,

- stato settico grave,- bisogno di nutrizione parenterale previsto

entro 7-10 giorni,- ventilazione meccanica invasiva.Va inoltre valutato se le condizioni cognitivesiano compatibili con il trattamento riabilita-tivo. In particolare, il trasferimento in ambienteriabilitativo deve essere riservato a pazienti nondementi prima dell’ictus o in cui siano assentigravi disturbi cognitivi non focali. La presenzadi disturbi di comprensione da disturbi del lin-guaggio non rappresenta controindicazione altrattamento riabilitativo. Nella Figura 4.7 è riportato il triage clinico-riabilitativo.

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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Figura 4.7 Triage clinico-riabilitativo.

Paziente clinicamente stabile? Condizioni mediche instabili

Attendere miglioramento

Presenta disabilità

Non trattamento riabilitativo

No

No

Valutazione Riabilitazione Scelta settingSi

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Dopo aver valutato le condizioni cliniche delpaziente, è necessario quantificarne la disabilitàper scegliere il setting di trattamento riabilita-tivo più adeguato. Questa è comunemente va-lutata mediante il Barthel Index (BI) e la FIM(Functional Indipendence Measure). Le scalenon valutano la normalità del paziente, ma ilsuo grado di autonomia. Le Linee guidaSPREAD raccomandano l’utilizzo di una delle2 scale in questione.Nel caso non sia presente disabilità, vanno at-tivati solo i programmi di prevenzione dellericadute, mentre negli altri casi va scelta la mo-dalità di trattamento riabilitativo più adeguata(ospedaliera, ambulatoriale e/o domiciliare);

• 3a fase (3a-4a giornata): scelta del setting di trat-tamento.Nei casi in cui sia presente una disabilità post-ictale è indicato un trattamento riabilitativoin una rete specifica, ospedaliera e non. Il trat-tamento ambulatoriale e/o domiciliare va ri-servato ai casi meno gravi, abitualmente in pa-zienti in grado di deambulare che richiedonoun recupero selettivo di alcune attività. La riabilitazione intensiva ospedaliera è indi-cata:- nella fase dell’immediata post-acuzie (di

norma entro 30 giorni dall’evento),- quando sono presenti disabilità importanti,

ma modificabili, che richiedono un elevato

impegno assistenziale, valutativo e terapeu-tico multidisciplinare (non inferiore a 3h/die)e che non permettono il rientro del pazienteal domicilio.

Come già ricordato, la scelta del setting riabilita-tivo più adeguato, e in particolar modo per il tra-sferimento in reparto di riabilitazione, dovrebbeessere affidata al fisiatra e/o neurologo del teamneurovascolare che decide in base alla sua espe-rienza e professionalità. Uno dei punti fondamen-tali è la programmazione di percorsi riabilitativicondivisi tra gli operatori delle strutture dell’acuziecon quelli delle strutture riabilitative. La Figura 4.8 illustra le modalità per la scelta delsetting riabilitativo più adeguato.È importante che l’attivazione del percorso di tra-sferimento possa derivare, come anche descrittonella recente delibera della Regione Lombardia,da un protocollo diagnostico-terapeutico condi-viso tra Stroke Unit e Riabilitazione, anche alloscopo di regolamentare adeguatamente gli accessiin questo ultimo setting assistenziale e rendereomogenei i criteri di valutazione sia del neurologosia del fisistra/neuroriabilitatore con le struttureriabilitative di destinazione, le quali devono esserecollegate operativamente (oltre che con accordiconvenzionali stabiliti) alla Stroke Unit, costi-tuendo tali percorsi requisito indispensabile perl’attivazione della Stroke Unit stessa.È opportuno che questi accordi prevedano:

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Figura 4.8 Scelta del setting riabilitativo.

Paziente stabile con disabilità Grado di disabilità e necessità assistenziali

Rilevanti Moderati Minimi

Riabilitazione intensiva ospedaliera Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale Riabilitazione ambulatoriale

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• un contatto precoce;• il trasferimento, all’atto del primo contatto,

delle informazioni preliminari attraverso unascheda di “relazione preliminare” standardiz-zata e condivisa;

• l’identificazione, sia nella struttura inviante siain quella di destinazione, di referenti del pro-cesso di trasferimento con recapiti precisi;

• una risposta da parte della struttura accettanteentro tempi concordati, comunque tali da noninterrompere il percorso di cura.

Uno degli obiettivi che sarebbe auspicabile rag-giungere quanto prima, e che è a costo zero, èl’uso obbligatorio di un linguaggio clinico comune(es. basato su NIHSS, mRS e quindi Barthel oaltro), che permetta di definire gli indicatori ne-cessari per quantificare il danno/disabilità e il po-tenziale recupero funzionale e infine per realizzareun indispensabile controllo di qualità.Nel trasferimento del paziente assume particolareimportanza anche il trasferimento delle informa-zioni tra le unità d’offerta interessate. È necessarioche la Struttura di degenza post-Stroke Unit o laStruttura riabilitativa di destinazione riceva unarelazione scritta delle condizioni cliniche e noncliniche della persona e degli interventi prestatidalla Struttura di provenienza. Normalmente ilpaziente arriva al Centro di Riabilitazione fornitodi una relazione clinica, generalmente cartacea,mentre sarebbe auspicabile che il paziente venisseaccompagnato da una copia elettronica almenodegli esami neuroradiologici (TC e RM, essen-zialmente). La trasmissione di tali esami sarebbevantaggiosa non solo economicamente (non ripe-tizione di svariati accertamenti), ma anche etica-mente (il paziente si vedrebbe risparmiata la ripe-tizione di accertamenti). Questa criticità potrebbeessere progressivamente superata attraverso l’in-troduzione di un Fascicolo Sanitario Elettronicoriferito al singolo paziente e consultabile via web

da parte dei medici cui l’assistito ha espresso ilproprio consenso.Infine, un altro aspetto da considerare è quello diinformare il medico di famiglia dell’assistito deltrasferimento del proprio paziente nella Strutturariabilitativa, mettendolo a conoscenza delle con-dizioni cliniche alla dimissione e delle prospettivedi recupero funzionale. Questo obiettivo può essereraggiunto sia attraverso la messa a disposizionedelle informazioni nel già citato Fascicolo SanitarioElettronico, oppure responsabilizzando i familiaridel paziente sulla necessità di far pervenire al me-dico di medicina generale una copia della relazionedi trasferimento in riabilitazione a essi consegnatadal medico dell’Unità Cerebrovascolare.Uno degli aspetti più auspicabili e da implemen-tare nel prossimo futuro è la possibilità che i datidei singoli pazienti siano reperibili in un databaseelettronico (o nel già citato Fascicolo SanitarioElettronico), in modo che si possa avere un veroregistro per i pazienti con ictus e seguire così ilpercorso clinico-funzionale del paziente. Inquest’ottica sarebbe auspicabile che nelle SDOdi dimissione del paziente dal Reparto di acuziesiano presenti non solo i dati epidemiologici, maanche funzionali (in particolare i punteggi dellescale di gravità neurologica e di disabilità), pos-sibilmente eseguiti dai già ricordati TMNV. Talirilevazioni andrebbero ovviamente riportate nonsolo all’accettazione, ma anche alla dimissionedal Reparto di Riabilitazione e nelle fasi successivedel trattamento riabilitativo, in modo da potertracciare così il profilo riabilitativo del paziente,monitorando da una parte le sue prestazioni fun-zionali e dall’altra le sue modalità di trattamento,per evitare ricoveri incongrui e ottimizzare i suoitrattamenti, non solo dal punto di vista funzio-nale, ma anche amministrativo. Questi aspettisono trattati nel Capitolo 10, sul Registro Na-zionale dell’Ictus.

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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La rete delle Stroke Unit

La Stroke Unit costituisce il fulcro della catenaassistenziale all’ictus cerebrale acuto, rappresen-tando la Struttura dedicata all’interno della quale:• si sviluppano operativamente le competenze

sulla patologia cerebrovascolare in fase acuta;• si intraprendono quelle più propriamente ria-

bilitative il più precocemente possibile; • si stabiliscono le basi per l’inizio di quel fonda-

mentale processo che va sotto la comune defi-nizione di prevenzione secondaria, la quale rap-presenta lo strumento più idoneo attualmenteconosciuto per la riduzione delle recidive.

In quest’ottica appare cruciale che la Stroke Unitinteragisca, per i pazienti in arrivo, con l’organiz-zazione sanitaria del territorio sulla base di modellioperativi condivisi con il Pronto Soccorso del-l’ospedale nella quale è collocata e degli ospedalidella stessa area che non ne sono provvisti, oltreche con il 118, al quale è demandata la responsa-bilità dell’arrivo il più precoce possibile dalla sededell’evento acuto all’ospedale che è dotato diPronto Soccorso e Stroke Unit. Per i pazienti in uscita dalla Stroke Unit, la StrokeUnit deve adeguatamente collegarsi, in modo fun-zionalmente ineccepibile, con le Strutture sia didegenza post-acuzie sia riabilitative più vicine econ il più elevato livello di specializzazione (oltre il30% dei pazienti con ictus acuto richiede un rico-vero in ambiente riabilitativo), oltre che con le areedi degenza e di lungodegenza non solo riabilitative,in un rapporto dinamico che permetta da un latosia il mantenimento della continuità terapeuticache un feed-back culturalmente fondamentale pernon determinare un distacco assistenziale tra StrokeUnit e tutte le altre problematiche legate all’ictus.Spettano al personale delle Stroke Unit la creazionee l’utilizzo di quegli strumenti informativi e for-mativi, rivolti a pazienti e familiari, ma anche ai

medici di medicina generale i cui pazienti sonostati ricoverati in queste Strutture ospedaliere spe-cialistiche e ai cui ambulatori ritornano per le visitedi follow-up periodiche, come pure lo stabilire sal-damente una periodicità di incontri con i medicidei reparti riceventi i pazienti delle Stroke Unit. La Stroke Unit si colloca quindi al centro di unastruttura di complesse interrelazioni ambientalicon funzioni differenti, spesso altamente specia-listiche, dell’ospedale e del territorio.Quanto si è realizzato finora, per esempio, nel-l’ambito regionale lombardo riprende il modelloorganizzativo di quella che dovrebbe diventare la“Rete di Patologia” che il recente Piano SanitarioRegionale intende realizzare per le patologie, comel’ictus, complesse e interessanti un gran numerodi persone (in Lombardia oltre 19.000 sono i ri-coveri annui per ictus). Già dagli inizi degli anni 2000, le Stroke Unitlombarde si sono organizzate volendo condividerel’approccio e le esperienze nell’ambito della curadell’ictus cerebrale in fase acuta, oltre che nei pro-cessi che sono stati illustrati brevemente nei pre-cedenti paragrafi. Si è quindi creato un networkchiamato Stroke Unit Network (SUN Lombar-dia), principalmente costituito dalle Strutture neu-rologiche ospitanti le Stroke Unit e gestito inmodo assolutamente spontaneo dai responsabilidelle stesse. Dalla fine del 2006 il SUN Lombar-dia, che è stato promosso dalle sezioni regionalidelle due Società neurologiche [Società Italianadi Neurologia (SIN) e Società dei Neurologi, Neu-rochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO)]italiane, ha elaborato un database elettronico cherappresenta il substrato di un registro ospedalieroper l’ictus cerebrale, il quale nel solo 2007 ha rac-colto i dati di circa 8000 pazienti ricoverati presso29 Stroke Unit. Il registro, la cui raccolta dati èancora in corso, rappresenta la prima realtà italianadi questo tipo e costituisce un eccellente esempio

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della possibilità di collaborazione tra Struttureoperanti anche in ospedali differenti. Le principalipeculiarità di questo Registro sono:• un avanzato supporto informatico, con possi-

bilità di analisi dei dati come la compliancealle Linee guida, l’individuazione “pesata” deiprocessi di cura nelle varie fasi del ricovero(urgenza, Stroke Unit, dimissioni, follow-up)mediante tecniche di process mining;

• la definizione di indicatori di struttura, di pro-cesso e di esito (oggetto di confronti regolaritra i responsabili delle Stroke Unit partecipantial Registro);

• la possibilità (in sviluppo) di alimentazionedel database del Registro a partire dalla letteradi dimissioni dalla Stroke Unit, così da sem-plificare le procedura di raccolta dei dati;

• l’individuazione dei parametri indispensabilial triage e al successivo piano riabilitativo daparte dei neurologi della Stroke Unit e dal fi-siatra o dal neurologo riabilitatore nella faseacuta dell’ictus.

Il registro SUN Lombardia ha finora consentito unattivo e costante “aggiornamento” degli standarddelle singole Stroke Unit, migliorandone le perfor-mance assistenziali o anche individuandone criticità. L’elaborazione di una mole così consistente e omo-genea di dati rappresenta una vera risorsa per la

comprensione e lo sviluppo delle procedure assi-stenziali. La discussione periodica di questi risultatida parte dei referenti delle Stroke Unit permetteanche quell’avanzamento omogeneo delle cono-scenze che altrimenti sarebbe impensabile e, allostesso tempo, crea una continuità e una reciprocitàfra le Strutture necessarie per quella continuitàassistenziale con il territorio e con gli altri ospedalinon dotati di Stroke Unit che a esse possono af-ferire per la patologia cerebrovascolare acuta. La costituzione di un Registro Regionale che an-nualmente verifichi l’adeguatezza dei Centri, intermini di prestazioni erogate e di risultati ottenuti,e che confluisca in un Registro Nazionale (aventesede presso l’Istituto Superiore di Sanità) è ancheauspicata per il mantenimento di livelli di assi-stenza adeguati e omogenei per i pazienti trattatiper ESA da rottura di aneurisma e da aneurismaintracranico integro. Lo stesso Registro dovrebbeessere in grado di garantire uniformità e omoge-neità nella raccolta, archiviazione, analisi dei datie dei risultati relativi alle attività delle strutture.Nella Figura 4.9 è riportata la rete di Petri e l’indi-viduazione dei “colli di bottiglia” che riduconol’efficienza del sistema di cura (dall’esordio dei sin-tomi alle dimissioni dalla Stroke Unit) e nella Fi-gura 4.10 il Process mining e il percorso intraospe-daliero in caso di ictus acuto in una Stroke Unit.

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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Figura 4.9 Rete di Petri e individuazione dei “colli di bottiglia” che riducono l’efficienza del sistema di cura (dall’esordiodei sintomi alle dimissioni dalla Stroke Unit).

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0,06

0,94

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61

La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

Figura 4.10 Process mining e percorso intraospedaliero in caso di ictus acuto in una Stroke Unit.

0,8730

0,97768

0,95816

0,96831

0,9563

0,8898

0,95

0,88

0,90337

0,88659

0,909110,909

4

0,98260

0,88544

0,83314

0,87516

0,753

0,8577

0,96716

0,91711

0,97135

0,97340

0,9520

0,8759

em_neuro_TC (record) 117

em_acuta_tPA ev(record) 8

em_acuta_Antiaggreganti(record) 33

esordio_sintomi (record) 123

ricovero (record) 123

follow_up (record) 98

dimissione (record) 123

0,9998

0,9559

0,95234

0,85713

0,93343 0,967

30

ric_accert_ECOCARDIO_TRANSESOFAGEO(record) 18

ric_accert_TC_ENCEFALO_SENZA_MDC (record) 36

ric_accert_ECOCARDIO_TRANSTORACICO (record) 99 ric_accert_RM_ENCEFALO_CON_DWI (record) 79

ric_accert_DOPPLER_TRANSCRANICO(record) 74

ric_accert_ECODOPPLER_TSA(record) 85

ric_terapmed_ANTIAGGREGANTI(record) 64

ric_terapmed_ANTICOAGULANTI(record) 72

ric_accert_ECG(record) 11

ric_accert_RX_TORACE(record) 26

ric_TERAPIA_RIABILITATIVA(record) 105

ric_accert_ANGIO_RM(record) 30

arrivo_dip_emergenza (record) 123

valutazione_neurologica (record) 123

em_acuta_terapia eparinica ev/sc(record) 26

0,992123

0,927118

0,987115

0,753

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Ministero della Salute

Struttura organizzativa necessaria per effettuare la trombolisi

• Solida esperienza nel trattamento dell’ictus acuto

• Accesso diretto alle Unità di Emergenza in cui il Centro è inserito- Il medico in servizio presso l’Unità di Emergenza deve avere l’autorità di iniziare la trombolisi o deve poter interpellare immedia-tamente il medico dotato di tale autorità

- Servizi diagnostici (TC e/o RM e laboratorio analisi) ed eventuali consulenze (cardiologica, rianimatoria, neurochirurgica) disponibili 24h

• Struttura dedicata ad hoc ovvero reparto specializzato nella gestione dell’ictus acuto sotto responsabilità di un neurologo o, in alter-nativa, di un medico- esperto nella gestione in emergenza del paziente con ictus acuto- in grado di riconoscere e gestire le complicanze del trattamento con alteplase- a capo di un team multidisciplinare comprendente equipe infermieristica specializzata e almeno un fisioterapista o un logopedista

• Reparto di terapia intensiva o semintensiva- Dove ricoverare il paziente durante la terapia trombolitica e il primo giorno di degenza- Deve garantire assistenza costante e qualificata nel monitorare il livello di coscienza e lo stato neurologico generale- Deve essere fornito di apparecchiature per il monitoraggio di pressione arteriosa, ritmo cardiaco, ECG, SaO2 e temperatura corporea

• Medici, radiologi con- esperienza di terapia trombolitica- partecipazione a programmi di formazione clinica sulla terapia trombolitica nell’ictus- partecipazione a programmi di formazione dedicati allo studio SITS-MOST

Criteri di accesso alla Stroke Unit

Criteri di inclusione/esclusione

Ictus ischemico acuto• Rankin pre-stroke • ≤ 2• Gravità del quadro clinico • Esclusi i pazienti che necessitano di interventi rianimatori• Esordio dei sintomi • Entro 24 ore• Possibilità di trattamento (fibrinolisi/neuroprotezione) • Entro le prime 3-6 ore

Ictus ischemico acuto/subacuto in pazienti con necessità di monitoraggio continuo• Cardiaco • Disturbi del sonno, IMA recente, FA• Pressorio • Ipertensione severa o difficilmente controllabile• Respiratorio • Stato di coscienza compromesso, BPCO• EEGrafico • Crisi comiziali, monitoraggio della terapia antiepilettica

TIA recidivanti• Terapia anticoagulante • Infusiva con monitoraggio della coagulazione• Inquadramento diagnostico-strumentale • Monitoraggio cardiaco e pressorio, indagini neurosonologiche,

indagini ecocardiografiche, angiografia cerebrale

Emorragia intraparenchimale Quando non suscettibile di trattamento chirurgico

Emorragia subaracnoidea Quando non suscettibile di trattamento chirurgico

MAV/Aneurismi Quando non suscettibili di trattamento chirurgico

Fase preintervento di embolizzazione, angioplastica/ stenting intra-extracranico, chirurgico

ALLEGATO 1

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La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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ALLEGATO 2

Criteri di inclusione per la fibrinolisilocoregionale (intra-arteriosa)

A seconda della finestra temporale di intervento(tempo di ischemia) vi è indicazione al tratta-mento endovascolare nei seguenti casi.• Ictus carotideo – Fibrinolisi locoregionale Tempo di ischemia entro 4,5 orePazienti con ischemia cerebrale insorta dameno di 4 ,5 ore, con deficit neurologico grave(NHISS > 25) o con criteri di esclusione perla fibrinolisi sistemica e con:- TC negativa per emorragia o estese alterazioni

ischemiche precoci (ASPECTS ≤ 7); - evidenza angio-TC (o angio-RM o TCD) di

un’occlusione di CI, MCA, vertebrale o ba-silare.

Tempo di ischemia all’arrivo in ospedale superiorea 4,5 hPazienti con NHISS > 6 ma con probabile evo-luzione in grave disabilità a lungo termine e:

- TC negativa per emorragia o estese altera-zioni ischemiche precoci (ASPECTS ≤ 7);

- evidenza angio-TC (o angio-RM o TCD) diun’occlusione di CI, MCA, vertebrale o ba-silare;

• Ictus carotideo oltre la 5a ora – TrombolisimeccanicaIn pazienti con:- tempo di ischemia all’arrivo in ospedale > 5

ore e in cui si preveda la fine procedura oltreil limite della sesta ora

oppure- controindicazione alla somministrazione di

eparina e fibrinolitici (pazienti coagulati conINR superiore a 2 o in terapia cronica conantiaggreganti o recentemente operati perchirurgia maggiore)

può essere effettuata una trombolisi meccanica(PTA del coagulo) o trombo-aspirazione concatetere guida o recupero del coagulo con clotretriever o stent o di by-pass endovascolare delcoagulo, se:- TC negativa per emorragia e per estese alte-

Criteri di accesso al trattamento neurochirurgico o endovascolare

Criteri di inclusione/esclusione

Emorragia subaracnoidea • Dimostrazione angiografica di aneurisma cerebrale suscettibile di intervento chirurgico o di terapieendovascolari

• Presenza di finestra terapeutica per intervento NCH precoce o assenza di finestra per interventoNCH differito

• Grado Hunt-Hess I-IV• Assenza di vasospasmo significativo

Emorragia subaracnoidea • ICH sintomatiche sia per la compromissione dello stato di coscienza (GCS = 5-10), sia per la pre-senza di segni neurologici focali

• ICH con evidente effetto massa alla TC encefalo (edema, ernia transfalcale e/o transnucale)• Volume medio dell’ematoma compreso fra 10 e 30 ml, oppure < 10 ml con effetto massa ed edema,oppure > 30 ml con rapido deterioramento della coscienza e ingravescenza dei segni neurologici

• ICP (pressione intracranica) costantemente elevata e resistenza alla terapia medica• Rapido deterioramento del quadro clinico• Pazienti in buone condizioni generali• Localizzazione particolarmente favorevole:- ICH lobari- ICH cerebellari (GCS < 13 o ematoma > 4 cm)

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razioni ischemiche precoci (ASPECTS ≤ 7),- occlusione della CI, ACM, vertebrale e/o

basilare angio-TC (angio-RM o TCD) trat-tabile con disostruzione meccanica senza fi-brinolitici o con alti dosaggi di eparina,

- esami di diffusione perfusione evidenziantiun mismatch con core ischemico ancora li-mitato rispetto all’area di ipoperfusione.

• Ictus vertebro-basilarePazienti con eventi ischemici del circolo po-steriore e documentazione angio-TC (o an-gio-RM o TCD) di occlusione dell’arteria ver-tebrale dominante o della basilare.I pazienti possono essere trattati fino a 8 oredall’insorgenza dei sintomi e se i sintomi sonofluttuanti anche sino a 12 ore.

Criteri di esclusione assoluti

Sono esclusi dal trattamento fibrinolitico locore-gionale i pazienti che presentano:• deficit neurologico minore (NHISS ≤ 6) o ra-

pido miglioramento valutato prima di iniziarela TLR (guadagno superiore a 2 puntiNIHSS);

• coma con deviazione dello sguardo e segni digrave infarto emisferico;

• emorragia alla TC del cranio;• alterazioni ischemiche precoci estese (ASPECT

≤ 7);• qualsiasi altra diagnosi TC che controindichi

il trattamento fibrinolitico (tumori, ascessi,malformazione vascolare ecc.; vedi criteriSITS_MOST);

• pressione ≥ 200/120 mmHg resistente alla te-rapia;

• endocardite batterica;• pancreatite acuta;• cirrosi epatica;• diatesi emorragica nota;

• grave sanguinamento in atto;• aspettativa di vita inferiore a 1 anno.

Criteri di esclusione relativi

Situazione di attenzione da valutare nel singolocaso da parte del radiologo interventista per pos-sibilità di effettuare un intervento di disostruzionevascolare di tipo meccanico e con ridotta o assentesomministrazione di fibrinolitici. • PTT al di sopra dei limiti normali.• INR tra 1,7 e 3.• Piastrine tra 50.000 e 100.000/mm3.• Glicemia inferiore a 50 o superiore a 400 mg/dl.• Trauma commotivo grave entro 3 mesi o con

grave trauma toracico (inclusa rianimazionecardiopolmonare negli ultimi 10 giorni).

• Ictus cerebrale ischemico grave (mRS superiorea 2) negli ultimi 3 mesi.

• Emorragia intracranica pregressa.• Emorragia gastrointestinale, urologica o respi-

ratoria nei precedenti 21 giorni.• Chirurgia maggiore nei precedenti 14 giorni.• Gravidanza (fino a 10 giorni dopo il parto) o

allattamento.• Leucoaraiosi estesa alla TC cranio.

Note sintetiche sull’evidenza di efficaciadella trombolisi locoregionale

La fibrinolisi locoregionale offre numerosi van-taggi rispetto a quella sistemica:• permette di raggiungere concentrazioni elevate

del farmaco direttamente all’interno del coa-gulo, aumentando così l’efficacia dell’azionefarmacologica ed evitando l’attivazione siste-mica del sistema fibrinolitico;

• permette di poter essere associata a manovremeccaniche di frantumazione o aspirazionedell’embolo;

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La fase intraospedaliera, le reti e i percorsi 4

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• permette di modulare la quantità di fibrinoli-tico somministrata in base alla risposta (rica-nalizzazione) ottenuta: quando il trombo è li-sato non viene più somministrato altro fibri-nolitico (nella fibrinolisi endovenosa la quan-tità di farmaco somministrata è invariabil-mente fissa in base al peso corporeo);

• permette di agire in una finestra terapeuticapiù ampia rispetto al trattamento ev: il tratta-mento può essere effettuato entro 6 ore dal-l’esordio dei sintomi per un infarto del circoloanteriore ed entro 8 ore per un infarto verte-bro-basilare;

• permette di documentare l’efficacia del tratta-mento in termini di ricanalizzazione (tasso diricanalizzazione).

Un limite alla diffusione della metodica è risultatodall’esigua numerosità delle esperienze riportatein letteratura e dal fatto che la maggior parte delleosservazioni è stata effettuata al di fuori di studirandomizzati e controllati. Una metanalisi dei 2 studi, unici randomizzati econtrollati (PROACT e PROACT II), in cui laterapia fibrinolitica locoregionale è stata eseguitaentro 6 ore dall’insorgenza dei sintomi ha mo-strato una riduzione assoluta dell’endpoint com-binato morte e/o dipendenza a 90 giorni pari al15% (OR 0,55, IC95% 0,31-1,00) nei pazientitrattati rispetto ai controlli con una frequenza ditrasformazione emorragica del 10% nello studioPROACT II (OR 2,39; IC95% 0,88-6,47 nellametanalisi). I due studi avevano randomizzatosolo pazienti con occlusione dell’arteria cerebralemedia. Una metanalisi, che ha incluso serie clini-che pubblicate in letteratura relative a pazienticon occlusione vascolare non selezionata, ha evi-denziato un outcome favorevole nei trattati del41,5% vs il 23% nei controlli (p = 0,002) e unamortalità del 27,2% vs 40% rispettivamente (p =0,004). Le emorragie sintomatiche cerebrali sono

risultate pari al 9,5% nei trattati e al 3% nelgruppo di controllo (p = 0,046). Nei pazienti trat-tati con fibrinolisi ia l’outcome si è dimostratoessere influenzato dalla sede dell’occlusione va-scolare con esiti clinici favorevoli nel 42,2% delleischemie sopratentoriali rispetto al 25,6% delleischemie infratentoriali (p = 0,001). I risultati di serie cliniche di trattamenti locore-gionali dimostrano un’efficacia nella ricanalizza-zione di occlusioni vascolari del circolo anterioreche oscilla tra il 30% e il 70% nelle differenti ca-sistiche, con outcome clinico favorevole diretta-mente correlabile con il tasso e l’entità della rica-nalizzazione. Risultati simili sono stati riportatianche per le occlusioni del distretto vascolare ver-tebro-basilare.Nonostante questi incoraggianti risultati, la te-rapia fibrinolitica locoregionale ha alcune limi-tazioni:• maggior numero di complicanze emorragiche

(10%) rispetto alla fibrinolisi sistemica (6,4%);• efficacia dipendente dal grado di ricanalizza-

zione arteriosa (ricanalizzazione completa,TIMI3, ottenuta solo nel 30-40% dei casi) edal tempo impiegato per ottenerla (tempo diriperfusione);

• possibile insorgenza di fenomeni di ri-occlu-sione vascolare in arterie solo parzialmente ri-canalizzate.

La combinazione di fibrinolisi sistemica a basso do-saggio e di fibrinolisi locoregionale si è rivelata effi-cace nell’aumentare il tasso di ricanalizzazione ar-teriosa anche se a spese di un incremento nel tassodi emorragie gravi. I dati derivano da uno studiocontrollato, in doppio cieco, che ha randomizzato35 pazienti a tPA endovena + tPA intra-arteria(ev/ia) versus placebo endovena + tPA intra-arteria.Lo studio non ha mostrato differenze relativa-mente all’outcome clinico. Tuttavia, il tasso di ri-canalizzazione è risultato maggiore nel gruppo

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emorragie sistemiche potenzialmente pericoloseper la vita si sono verificate solamente nel gruppoev/ia.

ev/ia rispetto al gruppo ia (81% vs 50%). Relati-vamente alla safety, non sono state rilevate diffe-renze nel tasso di emorragie intracraniche, mentre

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TAKE HOME MESSAGES

L’adozione di un Codice Ictus rappresenta l’elemento imprescindibile di attivazione corretta ed efficacedel percorso intraospedaliero in caso di ictus sia ischemico che emorragico. La presenza in numeroserealtà ospedaliere di importanti ritardi nell’esecuzione dei processi di cura per l’ictus dopo l’accesso inospedale richiede altresì l’adozione di misure atte a ridurre gli stessi (tra queste l’allerta del neurologodi guardia da parte del personale del 118).Nell’ambito della malattia cerebrovascolare sia ischemica che emorragica è essenziale l’organizzazionein rete che permetta rapidi trasferimenti (trasporto primario differito) da strutture di I o II livello aStroke Unit di III livello qualora si identifichi una condizione clinica che richieda l’intervento con proceduree tecniche altrimenti non disponibili (neurochirurgiche, chirurgico-vascolari, endovascolari ecc.).L’attivazione delle procedure riabilitative per i pazienti ricoverati in Stroke Unit deve avvenire secondotempi rapidi che richiedono un adeguato livello di organizzazione, nonché un collegamento funzionalee organico con Strutture di Riabilitazione Intensiva o con le altre modalità assistenziali territoriali. La de-finizione del programma riabilitativo individuale da parte del riabilitatore neurologico deve avere luogoentro tempi certi che considerino la stabilità clinica e la trasferibilità in ambiente riabilitativo.La creazione di reti di patologia che considerino i vari possibili scenari del percorso ictus anche in ambitoospedaliero è sollecitata allo scopo di permettere adeguate raccolte dati, monitoraggio dei percorsi equindi verifiche di qualità, dalle quali possono derivare la riduzione del rischio clinico e un migliore out-come a breve come a lungo termine del paziente cerebrovascolare.

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5. I ricoveri impropri e la gestione delle altre urgenze neurologiche

Definizioni

Ricovero improprio: ricovero di soggetto affetto dauna patologia che non rientra tra quelle al cuitrattamento è istituzionalmente preposta la StrokeUnit; criteri istituzionali di appropriatezza peruna Stroke Unit e per una Neurologia d’Urgenza.In subordine si deve definire anche l’appropria-tezza del ricovero in termini di massimalizzazionedell’efficacia dello stesso.Ricovero in esubero: ricovero congruo per patologiarispetto ai fini istituzionali delle Stroke Unit, mache non trova in un determinato momento la di-sponibilità di posto letto.

Ricovero improprio

Il concetto di appropriatezza del ricovero in StrokeUnit richiede che prima vengano delimitati i com-piti di una Stroke Unit. Attenendosi a un’inter-pretazione restrittiva, legata alla denominazioneistituzionale del reparto, la sola patologia cerebro-vascolare acuta risulterebbe essere di pertinenzadella Stroke Unit. Tale patologia cerebrovascolarecomprende quella ischemica (classico campo diazione della Stroke Unit), ma anche quella emor-ragica in cui la Stroke Unit, nonostante debba av-valersi di professionalità differenti come la Neu-

rochirurgia o gli specialisti endovascolari, apparesempre come la più preparata da un punto di vistaculturale e organizzativo a gestire nell’urgenza ipazienti il cui principale bisogno è la rapidità del-l’inquadramento diagnostico e dell’indirizzo tera-peutico, poiché fondamentali per il migliore out-come del paziente. L’abitudine al lavoro in teammultidisciplinare e quella alla rapidità d’azione cli-nica costituiscono i due capisaldi principali perindividuare la Stroke Unit come il destinatarioideale dei pazienti cerebrovascolari acuti in toto,fatte salve le particolari situazioni che suggerisconoil ricovero in ambiente neurochirurgico. Infatti, ilneurologo di guardia della Stroke Unit, una voltaesaurita la fase diagnostica, si avvarrà poi dellecompetenze specifiche di Neurochirurgia, di me-todiche endovascolari o di Chirurgia Vascolarequando sarà opportuno, e il paziente seguirà l’iterdi ricovero più adeguato al trattamento per lui ne-cessario come descritto nei precedenti Capitoli. Rimane tuttavia esclusa da questa impostazioneuna serie di patologie di pretta natura neurologica,che si presentano classicamente in urgenza e chepossono manifestarsi anche con vari gradi di alte-razione del sensorio e che pongono problematicheassistenziali che possono/devono essere affrontatesolo con una competenza specialistica di tipo neu-rologico. Tali patologie vanno dallo stato di male

n. 14, marzo-aprile 2012

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epilettico allo stato confusionale acuto, alla crisimiastenica, alla sindrome di Guillan Barré acuta,ma anche al trauma cranico con o senza disturbodi coscienza, non di interesse chirurgico, ma chenecessita di ricovero. Tali patologie necessitanospesso del monitoraggio dei parametri vitali e, pertale motivo, finiscono per essere ricoverate nei Re-parti di Terapia Intensiva anche quando non è ne-cessaria l’assistenza respiratoria. Questa scelta, det-tata dall’impossibilità di monitorare i parametrivitali nella grande maggioranza dei normali Repartidi Neurologia, aggrava impropriamente la situa-zione già ordinariamente critica delle Rianimazionie delle Terapie Intensive. Appare quindi abbastanzaevidente come un Reparto di Neurologia Subin-tensiva, attrezzato per il monitoraggio dei para-metri vitali e necessariamente anche di quelli ce-rebrali (monitor EEG) e dotato di personale me-dico e infermieristico con preparazione specificanel settore neurologico, possa essere il naturale de-stinatario di tali patologie, non sovraccaricando leTerapie Intensive e fornendo a questi pazienti lamigliore assistenza specialistica. Se questo concettoestensivo dei compiti istituzionali di una Neuro-logia Subintensiva quale è la Stroke Unit viene ac-cettato, come sembra necessario e utile, sarà op-portuno parlare più correttamente di un Repartodi Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza.In linea di massima si può quindi descrivere i ri-coveri appropriati per una Stroke Unit in sensostretto e quelli per una Neurologia d’Urgenza. I ricoveri appropriati di una Stroke Unit in sensostretto sono tutti i pazienti affetti da patologiacerebrovascolare acuta, sia ischemica sia emorra-gica, che non necessitano di intervento neurochi-rurgico in urgenza e che non hanno presentatol’insorgenza di una sintomatologia ischemica inun tempo così lontano da vanificare l’utilità delricovero in Stroke Unit come specificato nei Ca-pitoli relativi al percorso preospedaliero.

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I ricoveri appropriati per una Neurologia d’Ur-genza sono tutti quei pazienti che presentano sin-dromi neurologiche acute con necessità di moni-torare il paziente e che non necessitano di inter-vento neurochirurgico in urgenza o di ricovero inambiente di isolamento per la trasmissibilità dellapatologia. Di questi si tratterà nel paragrafo “Cri-teri di appropriatezza per le altre urgenze neuro-logiche”.

Ricovero improprio per una Stroke Unit in termini di natura della patologia

Per quanto riguarda l’attività del primo tipo di Re-parto ipotizzato – la Stroke Unit in senso stretto –,le patologie che più frequentemente possono dareluogo a veri ricoveri inappropriati sono la sindromesomatoforme da conversione, i deficit postcriticidi attacchi epilettici in pazienti carenti di anamnesie i deficit focali neurologici in corso di cefalea. Talicondizioni possono presentare quadri focali neu-rologici a insorgenza acuta che possono essere con-fusi con sintomi di lesioni vascolari cerebrali acute.Tali evenienze costituiscono una possibile fonte dierroneo ricovero e di occupazione impropria di po-sto letto per una Stroke Unit in senso stretto.La dimensione del problema è difficilmente quan-tizzabile e dipende fondamentalmente dalla pos-sibilità data ai Reparti di eseguire con sollecitudineesami strumentali avanzati quali la MRI con tec-nica di DWI. Le tecniche di elettroencefalografia(EEG, video-EEG, polisonnografia) rimangono letecniche di elezione per la diagnosi differenzialenel campo dell’epilessia e un Reparto di StrokeUnit anche inteso in senso stretto dovrebbe sicu-ramente annoverare tra le sue dotazioni strumentaliun sistema di monitoraggio EEG/video-EEG al-meno su parte dei suoi letti. Il riscontro di esaminegativi costituisce un importante supporto perevitare ricoveri impropri. Sfortunatamente l’EEG

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non sempre è dirimente anche nei casi di epilessiae la RM non può essere eseguita in molti pazienti,quali i portatori di pacemaker e i pazienti conclaustrofobia. Peraltro, solo nel 50% dei casil’esame di RM-DWI dimostra la presenza di unaanche minima lesione cerebrale negli attacchi ische-mici transitori (transient ischemic attack, TIA) [chein tal caso sarebbero da considerare dei minor-stroke]. Va in ogni caso sottolineato che il TIA,indipendentemente dalla positività dell’esame RM,va comunque considerato una vera e propria emer-genza, in quanto il rischio di ictus dopo un TIA èdell’8% nei primi 8-15 giorni; inoltre, un TIAprecede un ictus fino nel 25% dei casi a secondadell’associarsi di vari fattori di recente evidenziati.Per questa sua elevata pericolosità il TIA rimaneuna patologia appropriata per un ricovero in unaStroke Unit, o in alternativa per un percorso ul-traveloce di accertamenti ambulatoriali.È difficile stimare la proporzione dei ricoveri im-propri effettuati in media dalle Unità che si occu-pano di patologia cerebrovascolare. Tuttavia, lafrequenza di dimissione con DRG per sindromedi conversione o disturbo somatoforme apparepiuttosto raramente nei tabulati delle Stroke Unite un’analisi a campione delle dimissioni dalleStroke Unit fa stimare il dato intorno all’1-2%dei ricoveri. Per quanto riguarda il DRG convul-sioni/cefalea, esso costituisce DRG di dimissionenel 2-3% dei ricoveri e copre le diagnosi differen-ziali che più facilmente possono indurre in errore.Come precedentemente detto è poi tutto da sta-bilire se ricoveri per disturbi di coscienza post-critici debbano essere considerati impropri in unaSubintensiva Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza,anziché andare a gravare su una Rianimazionecome sovente accade. Globalmente la dimensionedel fenomeno non appare rilevante in termini nu-merici e quindi non tale da dover prevedere uniter particolare per la soluzione di tali casi risolvi-

bili con dimissione precoce o con trasferimentointraospedaliero ad altro Reparto (Neurologia).

Ricovero improprio per una Stroke Unit in termini di efficacia

Un differente aspetto è quello dei ricoveri impropriin termini di prevista efficacia dei trattamenti pro-spettabili. La necessità o l’opportunità di definirecriteri di accesso alle Stroke Unit può dipendere,in primo luogo, dalla limitatezza delle risorse e, insecondo luogo, dalla valutazione clinica delle ca-tegorie di pazienti che possono trarre il massimobeneficio dal ricovero in Stroke Unit. Sulla basedei dati disponibili, si ipotizza che le attività diuna Stroke Unit dovrebbero essere indirizzate atutti i casi di ictus acuto, indipendentemente siadalla gravità sia dalla natura/eziopatogenesi, a causadella dimostrata maggiore efficacia dell’azione dia-gnostico-terapeutica di questi Reparti in confrontoa quelli di Medicina Generale in termini di so-pravvivenza e disabilità. Ovviamente si otterràun’efficacia maggiore, in termini di un buon livellodi qualità di vita, nei casi con aspettativa di vitamaggiore e con esiti sintomatologici compatibilicon un trattamento di riabilitazione.

Criteri di appropriatezza per l’ictus

Di fatto, l’unico criterio indiscutibile di appropria-tezza del ricovero fa riferimento solo all’ischemiacerebrale (che rappresenta il 70% degli ictus) e soloall’intervallo temporale dall’esordio. Per ipotesi, incaso di strutture ipoteticamente dedicate solo altrattamento trombolitico, tale limite deve rientrarenelle 3-4,5 ore e fino a 6-9 ore per i trattamenti in-trarteriosi o endovascolari del circolo posteriore(paziente iperacuto). In genere, l’intervallo tempo-rale deve essere inferiore a quello accettato comemassimo per un qualsivoglia trattamento urgente

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5I ricoveri impropri e la gestione delle altre urgenze neurologiche

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sistenza specialistica in ambiente adeguato alle altrepatologie di interesse neurologico che possono pre-sentarsi con caratteristiche di emergenza/urgenza econ frequente alterazione dei parametri vitali o confrequente possibilità che compaia a distanza di pocotempo un’alterazione dei parametri vitali. Questepatologie, che possono e devono essere affrontatedallo specialista neurologo esperto nelle emergenzeurgenze, per la loro peculiare appartenenza al pa-norama culturale della Neurologia, sono rappre-sentate dallo stato di male epilettico, dallo statoconfusionale acuto, dalla crisi miastenica, dalla sin-drome di Guillan Barré acuta, ma anche dal traumacranico con o senza disturbo di coscienza con ne-cessità di ricovero, ma non di interesse chirurgico.Queste sono patologie che si presentano con unafrequenza nettamente minore rispetto a quella dellapatologia cerebrovascolare acuta.

Le altre urgenze neurologiche

Le sindromi che si gioverebbero di un ricovero inambiente specializzato neurologico subintensivosono: • trauma cranico moderato/grave o lieve ma con

fattori di rischio, definito come un non-con-genito, non-degenerativo insulto all’encefaloda una forza meccanica esterna, che eventual-mente può produrre un deficit temporaneo opermanente delle funzioni cognitive, fisiche epsicosociali, con un associato diminuito o al-terato livello di coscienza. Poiché i danni neu-rologici post-traumatici non si sviluppano tuttial momento del trauma, ma evolvono nellesuccessive ore/giorni, producendo una ridottaperfusione cerebrale che aggrava l’insulto trau-matico iniziale, l’ambiente neurologico appareil più adatto a fornire un adeguato trattamentoal di fuori dei casi di stretta pertinenza neuro-chirurgica;

ipotizzabile per quella data patologia e attuabile inquella Struttura (trombolisi intrarteriosa, tromboa-spirazione, stenting extra- e intracranico, coilingdegli aneurismi, trattamento invasivo degli aneu-rismi, trattamento di Chirurgia Vascolare, tratta-mento di Neurochirurgia per evacuazione di ema-tomi). Tuttavia, data la dimostrata efficacia del ri-covero in Stroke Unit anche per i pazienti non sot-toposti a trombolisi o ad altri trattamenti in ur-genza, un criterio di eligibilità più ampio dovrebbealmeno comprendere i pazienti che presentano unevento con sintomatologia tale da lasciare ipotizzare,con buona probabilità, la possibilità di buon recu-pero o una trasferibilità in Reparto di Riabilitazione. Sulla base di tali considerazioni si potrebbe stilareun elenco di criteri di appropriatezza del ricoveroche devono comunque rimanere di ordine clinicoe non amministrativo.Gli elementi da prendere in considerazione sonoin particolare:• età;• aspettativa di vita;• probabilità di beneficio conseguibile mediante

trattamento urgente;• probabilità di beneficio conseguibile anche

senza trattamento urgente; • fattibilità di un piano riabilitativo individuale

in base alle caratteristiche cliniche del pazientee alla realtà locale;

• gravità clinica complessiva;• presenza di co-patologia;• intervallo temporale dall’esordio inferiore al li-

mite al di sopra del quale nessun intervento siaipotizzabile per quella condizione patologica.

Ricoveri delle altre urgenze neurologiche

Un’impostazione assistenziale che preveda la ge-stione dei reparti di Stroke Unit in senso restrittivoverrebbe a omettere la possibilità di fornire un’as-

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5I ricoveri impropri e la gestione delle altre urgenze neurologiche

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di necessità dello stesso. Soprattutto per i traumicranici lievi ma con paziente che presenta fattoridi rischio come età avanzata o terapia anticoagu-lante, nella stragrande maggioranza dei casi il rico-vero a scopo osservazionale può essere contenutoin una durata estremamente breve di 1-2 giornigrazie alla fattibilità dei controlli di neuroimmagini.Questo fa sì che, per quanto la numerosità dellapopolazione ipoteticamente da ricoverare aumenticonsiderevolmente (almeno un terzo in più) rispettoai ricoveri dei soli ictus, l’aumento del numerodelle giornate di ricovero è ipotizzabile in termininon proporzionali ma minori, dal momento chela gran parte dell’aumento della numerosità dei ri-coveri sarebbe da ascrivere al trauma cranico, chenecessita normalmente di un ricovero molto breve(1-3 giorni) a fronte di una media per l’ictus cheattualmente è di circa 12 giorni nelle Medicine e8-9 giorni nelle Stroke Unit. Questo vorrebbe direche il numero totale delle giornate di ricovero perquel terzo in più di pazienti dovrebbe aumentaresolo di un quarto rispetto a un simile aumento dipazienti affetti da ictus cerebrale.

Ricoveri in esubero presso le attuali Stroke Unit

Condizioni che creano esuberi

In molte realtà regionali attuali il controaltare del-l’appropriatezza del ricovero è costituito dai ricoveriin esubero. Paradossalmente, un corretto mecca-nismo di trasporto e di avviamento diretto dei pa-zienti con urgenza cerebrovascolare alla StrokeUnit più vicina rischia di produrre un intasamentodelle strutture di Pronto Soccorso dell’ospedale incui si trova la Stroke Unit. Il problema nasce dallascarsità delle Stroke Unit sul territorio, la cui nu-merosità, in moltissime Regioni o aree regionali,non è assolutamente adeguata alla popolazione re-

• stato di male epilettico/crisi subentranti: è unostato di prolungata attività epilettica che ol-trepassa i meccanismi compensatori prepostiall’omeostasi. La sua definizione operazionalevaria a seconda dei gruppi, ma sostanzialmentesi riconosce come “status epiletticus” i) unacrisi unica che si prolunghi oltre i 5-30 minuti,ii) o due crisi non separate da un recuperonetto di coscienza. Sull’utilità del ricovero ditali pazienti in ambiente neurologico subin-tensivo non appare neppure utile soffermarsi;

• encefalopatie infettive e non (ma non di prettointeresse infettivologico per la loro trasmissi-bilità), definite come casi di pazienti con alte-rato o depresso livello di coscienza per più di24 ore accompagnato da una delle seguenticaratteristiche: febbre, crisi epilettiche, segnifocali neurologici, pleiocitosi o segni elettro-encefalografici o di neuroimmagini suggestividi encefalite. Se anche ci si volesse riferire altermine “encefaliti” (e non encefalopatie), essesono state definite come presenza di un pro-cesso infiammatorio dell’encefalo associato aevidenze cliniche di disfunzione neurologica;

• disturbi di forza e sensibilità gravi a insorgenzaacuta (sindrome di Guillan Barré e miasteniagravis);

• patologie parainfettive o autoimmuni caratte-rizzate da elevata impotenza funzionale conpossibilità di insufficienza dei muscoli respi-ratori ma che da un punto di vista epidemio-logico presentano dimensioni non particolar-mente rilevanti.

Criteri di appropriatezza per le altre urgenze neurologiche

Una notazione da fare per parecchie delle patologiesopra elencate si riferisce a un criterio di appro-priatezza in termini di durata del ricovero più che

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In quest’ottica, i motivi di non eleggibilità devonovariare a seconda della disponibilità di posti lettoin percentuale sulla popolazione. Essi sono statielencati precedentemente e il loro peso nella deci-sione non può che essere variabile a seconda delladisponibilità di letti: criteri più selettivi e ristretticome la presenza di patologie cerebrovascolari su-scettibili di trattamento in urgenza, sia esso trom-bolitico intravenoso o intrarterioso, o trattamentoendovascolare di tromboaspirazione/rimozione odi posizionamento di coil o procedura di stentingcarotidea o intracranica o di endoarteriectomia ca-rotidea o alta probabilità di dover effettuare pro-cedure di craniotomia decompressiva, devono co-stituire titolo preferenziale per i ricoveri in condi-zioni di estrema limitatezza dei posti. A seguirel’efficacia ipotizzabile del trattamento anche nondi urgenza in termini di recupero di autonomia ebuona qualità di vita. Da ultimo, la semplice ipo-tesi formulata su quel caso di suscettibilità di trat-tamento riabilitativo post-ricovero in Stroke Unitdeve costituire criterio preferenziale. Per i pazientiaffetti da trauma cranico non chirurgico lo statodi coscienza o la presenza di lesioni intraparenchi-mali alla TC o l’esistenza in anamnesi di fattori dirischio come età, coagulopatie e trattamenti far-macologici proemorragicizzanti, devono costituirecriteri di elezione per il ricovero.

Gestione degli esuberi

Diventa fondamentale che la Stroke Unit di livellopiù elevato sia inserita in una rete territoriale checomprenda Centri minori su cui dirottare i casinon eleggibili per il ricovero. Sarà quindi necessariopianificare accordi regionali o di area per il tra-sporto secondario del paziente da Hub & Spoke.Lo spostamento di tali pazienti può essere fontedi recriminazioni e azioni legali di rivalsa da partedei parenti, che si vedrebbero rifiutato il congiunto

sidente. In cascata tale condizione può portare aun sovraffollamento della Stroke Unit stessa, chenon è in grado di ricevere nuovi pazienti per l’esau-rimento dei posti letto. Diventa ovviamente dimassima importanza effettuare solo ricoveri con-grui ed essere in grado di gestire il percorso ospe-daliero di pazienti giunti al Pronto Soccorso di undato ospedale fornito di Stroke Unit, ma che nonsiano eleggibili per il ricovero in tale Unità.

Criteri di esubero

Come già detto, in prima istanza tutti i pazienti af-fetti da patologia cerebrovascolare acuta dovrebberoessere ricoverati in una Stroke Unit. Uno studiocondotto nella Regione Lazio pubblicato su BMJnel 2009 ha messo in luce che in un normale settingdi trasporto sul territorio e di accoglienza di ProntoSoccorso su 2239 pazienti arrivati con sospetto ictusl’80,6% (1804 pazienti) è stato ricoverato e in questinel 78,3% dei casi la diagnosi è stata confermataper un totale di 1414 pazienti su 2236 iniziali.Questo significa che nel mondo reale il 63,15%dei pazienti che arrivano in Pronto Soccorso consospetto di ictus è realmente affetto da tale patologiae meriterebbe un ricovero in Stroke Unit. La per-centuale di pazienti con ictus confermato che ri-sultavano eligibili per il trattamento trombolitico a3 ore variava tra un minimo del 13% (aree extraur-bane con setting di personale senza addestramentospecifico) a un massimo del 43% (aree urbane inzone dove il personale era stato addestrato). Si trattain ogni caso di numeri enormi per la realtà di molteRegioni allo stato attuale. Se a questi numeri si ag-giungono i pazienti affetti da altre patologie qualiemorragia subaracnoidea (ESA), malformazione ar-tero-venosa (MAV) ed ematomi intraparenchimali,che costituiscono evidenti urgenze vascolari cere-brali, occorre aggiungere circa un ulteriore 20% alnumero sopra stimato.

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dal Centro più attrezzato. Pertanto, tale attivitàdecisionale, che spetterebbe ovviamente al neu-rologo di Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza in-sieme al team multidisciplinare coinvolto nel sin-golo caso (cioè neurochirurgo o radiologo inter-ventista endovascolare), andrebbe adeguatamenteregolamentata in modo da fornire chiare prote-zioni da rivalse legali.Il criterio guida dovrebbe rimanere quello dellanon applicabilità sul singolo paziente delle spe-

cialità peculiari del III livello che renderebbe ilricovero presso quella struttura inutile e quindiimproprio. L’eventuale mancanza di disponibilità di postiletto anche nelle Stroke Unit di II e I livello, di-pendente evidentemente da una carenza numericadelle Stroke Unit rispetto alla popolazione resi-dente, andrebbe verificata e risolta con provvedi-menti tesi a una riorganizzazione strutturale deiposti letto dedicati alle urgenze neurologiche.

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5I ricoveri impropri e la gestione delle altre urgenze neurologiche

TAKE HOME MESSAGES

Il concetto di appropriatezza di un ricovero è altamente dipendente dalle finalità assegnate al repartodi cui si tratta. In quest’ottica, all’interno di una Stroke Unit in senso stretto sono appropriati solo iricoveri riguardanti la patologia neurovascolare: ischemia, emorragia ed emorragia subaracnoidea. Aseconda del livello della Stroke Unit, il ricovero sarà tanto più appropriato quanto più vi sia una corri-spondenza tra la complessità degli interventi di cui il paziente necessita e il livello della Stroke Unit. Tut-tavia, se si allarga il concetto di Stroke Unit a quello di Neurologia d’Urgenza, comprendendovi quindiquelle patologie come lo stato di male epilettico, i traumi cranici non chirurgici, le encefalopatie infettivee non, che si presentano come urgenze neurologiche, anche tali ricoveri diventano appropriati. I pre-supposti razionali per questa operazione di allargamento della sfera di azione delle Stroke Unit appaionochiarissimi e incontrovertibili. La pretta natura specialistica neurologica delle patologie sopra elencate ela necessità di ricovero in Unità Subintensive specializzate suggeriscono cogentemente tale evoluzionedel concetto di Stroke Unit a Neurologia d’Urgenza, allo scopo di rispondere in modo adeguato alle ne-cessità assistenziali attraverso Unità già esistenti e quindi con una riconversione a basso costo. Sia perl’ictus che per le altre patologie d’urgenza, la mancata implementazione sul territorio di un numeroadeguato di Stroke Unit/ Neurologia d’Urgenza potrebbe portare a considerare in esubero alcuni pazientiper i quali l’utilità dell’intervento di tali Reparti Subintensivi sia minore rispetto ad altri pazienti conesordi più recenti e quindi con possibilità di interventi specialistici maggiori.

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6. I percorsi assistenziali nel post-acuto:la riabilitazione

Introduzione

Per ogni ictus fatale ve ne sono da tre a quattronon fatali in grado di provocare gradi diversi dicompromissione clinica e di limitazione funzionaleche possono richiedere approcci assistenziali e pro-cessi riabilitativi da espletare con modalità e inambienti diversi. I bisogni di cura di un soggettocolpito da ictus sono diversificati in ragione dellecaratteristiche del danno cerebrale e delle condi-zioni cliniche precedenti e di quelle correlate al-l’evento. Le variabili organizzative/gestionali in grado diinfluenzare i parametri assistenziali sono rappre-sentati da: • caratteristiche delle competenze specialistiche

ed esperienza specifica; • durata, intensità e integrazione dell’assistenza

da parte del personale dedicato; • esigenze di verifiche cliniche e strumentali. Sulla base di tali elementi possono essere schema-tizzate in alcune condizioni paradigmatiche dellafase post-acuta dell’ictus che indirizzano versospecifici ambienti di cura:a) disabilità emendabile severa (in genere con

soggetti non in grado di deambulare) con esi-genza di trattamento riabilitativo sotto assiduocontrollo medico;

b) persistenza di instabilità o grave comorbilitàche richiedono assistenza internistica;

c) compromissione stabile non modificabile inmaniera sensibile che richiede assistenza;

d) limitazione funzionale emendabile in seguitoa trattamento riabilitativo, ma senza esigenzadi assiduo controllo medico;

e) esiti di scarsa o nulla rilevanza.Le Linee guida internazionali indicano l’opportu-nità di definire setting diversi in relazione alle ca-ratteristiche del paziente illustrate ai punti prece-denti. Le condizioni illustrate al primo punto sonoi prerequisiti per la riabilitazione intensiva intrao-spedaliera, fatti salvi alcuni presupposti correlatialla collaborazione del paziente. Tale situazione sirealizza in misura variabile da un terzo a un quartodei pazienti sopravissuti all’evento ictale: sonoquindi numeri molto elevati. È una problematicaancora irrisolta, in quanto da un lato vi è la neces-sità di limitare la degenza nella Stroke Unit “adalta intensità di cure” a un numero di giorniquanto più basso possibile, dall’altro il pazientecon ictus ancora in fase acuta (o “post-acuta”) èinstabile e quindi ad alto rischio, e infine si imponeuna continuità terapeutica che costituisce prere-quisito importante nella prognosi e outcome finale. La condizione di instabilità clinica o di grave co-morbilità che impediscono l’esecuzione di tratta-

n. 14, marzo-aprile 2012

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progressione della disabilità” che si protrae pertutta la sopravvivenza residua, finalizzata almantenimento delle prestazioni acquisite.

Come già segnalato, negli ultimi anni sono statepubblicate sia negli Stati Uniti sia in Europa spe-cifiche Linee guida per un corretto approccio ria-bilitativo nei pazienti con ictus. In questo campol’Italia (tramite il Ministero della Salute) non soloha prodotto specifiche Linee guida per le attivitàdi riabilitazione (Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Au-tonome di Trento e Bolzano, 1998), ma ha prov-veduto anche alla stesura di linee di indirizzo spe-cifiche per i pazienti con ictus (Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni ele Province Autonome di Trento e Bolzano, 2005).In Italia, inoltre, sono pubblicate (e revisionate)con cadenza biennale le Linee guida del gruppoSPREAD, che dedicano uno specifico Capitoloalle attività di riabilitazione. Le Linee guida del1998 sono state aggiornate e concordate con lastipula dell'Accordo Stato Regioni del 10 febbraio2011, con il quale è stato approvato il nuovoPiano di Indirizzo per la Riabilitazione.Un primo rapporto sulle attività di riabilitazionepost-ictale in Italia è stato pubblicato dal Mini-stero della Salute nel 2003.Nel 2008 è stato pubblicato dall’Agenzia sanitariae sociale della Regione Emilia Romagna un dossier“Assistenza all’ictus. Modelli organizzativi regio-nali”, che esamina e confronta gli aspetti organiz-zativi-assistenziali di 14 Regioni italiane (Valled’Aosta, Piemonte, Lombardia, Friuli-VeneziaGiulia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, To-scana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, Basilicatae Calabria), che hanno deliberato in tal senso (Re-gione Emilia Romagna. Agenzia sanitaria e socialeregionale, 2008). Molto recenti sono i percorsiictus delle Regioni Piemonte e Lazio (ARESS Pie-monte, 2009; LazioSanità, 2009).

mento riabilitativo in maniera intensiva giustifical’afferenza a una struttura neurologica (o interni-stica) con possibilità di monitoraggio per il pe-riodo necessario alla stabilizzazione del paziente.In caso di grave limitazione con compromissionepersistente e immodificabile dell’autonomia sirenderà poi necessaria l’accoglienza presso unaResidenza Sanitaria Assistita o nell’ambiente fa-miliare opportunamente adattato. Il ritorno a casain fase precoce dopo l’evento ictale è pienamentegiustificato nelle condizioni dei punti d) ed e) ein altre situazioni nelle quali l’organizzazione as-sistenziale consente di erogare cure idonee e validiprocessi riabilitativi nell’ambiente di residenza. La riabilitazione può essere definita un processoeducativo e di soluzione dei problemi finalizzato aottimizzare il funzionamento dell’individuo sia me-diante il contenimento del danno e della disfun-zione emergenti in seguito alla malattia, sia attra-verso un intervento sull’ambiente, tenendo sempreconto delle limitazioni imposte sia dalle risorse di-sponibili sia dalla condizione morbosa sottostante.Il percorso assistenziale a fini riabilitativi è carat-terizzato da obiettivi diversi a seconda delle esi-genze correlate alla fase clinica. In linea generale,le finalità degli interventi che si realizzano intempi diversi rispetto all’evento ictale possono es-sere distinte come segue:a) fase di acuzie, prevenzione dei danni conse-

guenti all’immobilità e alla compromissionefunzionale (“fase di prevenzione del danno se-condario”);

b) fase immediatamente successiva all’acuzie,dopo la stabilizzazione del quadro clinico (“fasedella riabilitazione intensiva”);

c) fase di completamento del processo di recuperodelle attività della vita quotidiana e di adatta-mento all’ambiente (“fase della riabilitazioneestensiva”);

d) “fase del mantenimento e/o di prevenzione della

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lista in Riabilitazione, dai professionisti sanitarinon medici della Riabilitazione e dal personaleinfermieristico. Tutte le attività assistenziali e ria-bilitative devono essere documentate e registrateall’interno della cartella clinica riabilitativa che èparte integrante del Progetto Riabilitativo Indivi-duale (PRI) [Ministero della Salute. Gruppo diLavoro sulla Riabilitazione, 2010].Le modalità d’accesso alla Riabilitazione Intensiva(e in particolare a quale tipo di pazienti è riservata)sono state descritte nel Capitolo 4. Un caso particolare è rappresentato dai pazientiche, a seguito di un episodio vascolare cerebraleacuto, vanno incontro a uno stato vegetativo (SV)o a uno stato di minima coscienza (SMC) o sin-dromi ad alta necessità assistenziali, come la “Loc-ked-in syndrome”. Tali problematiche saranno af-frontate in maniera specifica nel Capitolo 7.

Il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI)

All’inizio della degenza va pianificato un ProgettoRiabilitativo Individuale (PRI), con l’indicazionedel medico specialista responsabile del progetto.Il progetto:• deve tenere conto dei bisogni e delle preferenze

del paziente, delle sue menomazioni, disabilitàe abilità residue;

• definisce gli esiti desiderati, le aspettative e lepriorità;

• definisce il ruolo dell’equipe riabilitativa; • definisce gli obiettivi a breve, medio e lungo

termine, i tempi previsti e le azioni necessarie. Infine, deve essere comunicato (e condiviso) alpaziente e/o ai familiari e all’intera equipe riabili-tativa. Uno degli aspetti fondamentali è che glioperatori lavorino in collaborazione e non in com-petizione. Il progetto, in caso di cambiamenti,deve essere modificato, adattato e nuovamentecomunicato al paziente e agli operatori. Si formula

Va però osservato, come peraltro segnalato dal giàcitato dossier della Regione Emilia Romagna, chel’interesse delle varie Regioni è stato dedicato es-senzialmente alle fasi precoci dell’assistenza – pre-ospedaliera e ospedaliera –, mentre minori sono iprovvedimenti normativi dedicati all’integrazioneospedale-territorio (cioè la fase di dimissione epost-dimissione).

Fase della riabilitazione intensiva

La fase della riabilitazione intensiva è collocatanella fase dell’immediata post-acuzie, quando l’in-tervento riabilitativo può influenzare positiva-mente i processi biologici che sottendono il recu-pero, contenendo e riducendo l’entità della me-nomazione. Secondo il piano d’indirizzo per la riabilitazione2010, “Le attività riabilitative in strutture di ri-covero e cura sono caratterizzate da interventi sa-nitari di riabilitazione diretti al recupero di disa-bilità importanti e complesse, modificabili, cherichiedono un elevato impegno assistenziale rife-ribile a un nursing infermieristico articolato nel-l’arco delle 24 ore. In tale fase trovano anche unsetting appropriato le gravi patologie disabilitantia interessamento multiorgano delle persone adalta complessità, definito PAC, che presentano si-tuazioni di complessità clinico-assistenziale percomorbilità da patologie concomitanti e intera-genti con la prognosi riabilitativa. Tali situazionirichiedono di essere gestite in contiguità alle spe-cialità e alle dotazioni strumentali e tecnologichedell’acuzie. Gli interventi hanno come obiettivola stabilizzazione e il ripristino di condizioni diautonomia e/o di gestibilità in ambito extraospe-daliero” (Ministero della Salute. Gruppo di Lavorosulla Riabilitazione, 2010). In particolare, il trat-tamento intensivo presuppone almeno 3 ore gior-naliere di trattamento erogato dal medico specia-

I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione 6

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• psicologi;• assistenti sociali;• tecnici ortopedici;• operatori sociosanitari.Tale team multidisciplinare deve essere coordinatoda un medico esperto in riabilitazione post-ictale. Particolarmente importante è il trattamento dialcuni disturbi che possono complicare il recuperofunzionale, come la disfagia, la depressione post-ictale, l’eminattenzione spaziale, i disturbi di lin-guaggio e gli altri disturbi neuropsicologici. Talidisturbi rappresentano rilevanti e negativi fattoriprognostici, non solo dal punto di vista “quoadvaletudinem”, ma anche da quello “quoad vitam”(per la disfagia), e un loro specifico trattamentopotrebbe migliorare sensibilmente la prognosi cli-nico-funzionale. Purtroppo non in tutte le realtàè possibile eseguire specifici trattamenti riabilitativiper la disfagia e per i disturbi visuo-spaziali. Inparticolare, la valutazione di eventuali disturbidella deglutizione dovrebbe essere considerata nonsolo come rilevante, ma anche prioritaria dalpunto di vista temporale, con la necessità di ap-prontare specifici provvedimenti non solo riabili-tativi, ma anche dal punto di vista dietetico. Ana-logamente, la valutazione e un eventuale specificotrattamento per la depressione dovrebbero rien-trare tra le procedure correnti. Infatti, al momentosolo una minoranza dei pazienti affetti da depres-sione viene trattata con specifici farmaci antide-pressivi. La necessità di affrontare in maniera esau-stiva tali problematiche è stata recentemente ri-badita nel recente Decreto emanato dalla RegioneLombardia sulla gestione della fase riabilitativanel 2010.Riguardo alla riabilitazione neuropsicologica, varilevato che è stato recentemente approvato (8giugno 2010) il Documento finale di una specificaConsensus Conference sulla Riabilitazione neuro -psi cologica. Tale Consensus Conference ha impe-

così un progetto riabilitativo che deve garantire(Ministero della Salute. Gruppo di Lavoro sullaRiabilitazione, 2010):• l’inquadramento, la valutazione del rischio e

il monitoraggio clinico;• la presa in carico globale del paziente con il

coinvolgimento del team multiprofessionale;• l’esecuzione di valutazioni funzionali e stru-

mentali;• l’elaborazione e la messa in atto del PRI, at-

traverso uno o più programmi di riabilitazione; • i programmi di intervento su barriere e facili-

tatori, gli adattamenti ambientali, la fornituradi dotazioni strumentali, tecnologiche e di au-sili e il relativo addestramento della personadisabile e dei caregivers.

Prestazioni e struttura del team riabilitativo

Le Unità di Riabilitazione Intensiva devono va-lutare e affrontare tutte le disabilità e complicanzedovute all’evento ictale. In particolare, dovrebberogarantire:• rieducazione motoria;• trattamenti specifici delle complicanze (tossina

botulinica per la spasticità ecc.);• trattamento dei disturbi dell’equilibrio;• trattamento dei disturbi del linguaggio, delle

prassie e delle miosie;• trattamento dei disturbi della deglutizione,

comprese le necessarie misure dietetiche;• valutazione e trattamento dei disturbi cogni-

tivi.Dovrebbero inoltre prevedere le seguenti figureprofessionali non mediche, con specifiche com-petenze in merito ai punti soprariportati:• infermieri;• fisioterapisti;• logopedisti;• terapisti occupazionali;

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I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione 6

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e dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana(activities of daily living, ADL). Inoltre, il regolareutilizzo di specifiche scale di valutazione è essen-ziale a fini diagnostico-prognostici, per il moni-toraggio clinico, per la valutazione dell’efficaciaterapeutica e per la valutazione dei costi sociali. Purtroppo al momento non esiste concordanzasulle scale da adottare e ogni Centro di Riabilita-zione utilizza solo quelle scale che ritiene oppor-tune. Inoltre, molto spesso le scale che vengonoutilizzate nella fase della riabilitazione ospedalierasono diverse da quelle utilizzate nella degenzaospedaliera in acuzie e da quelle utilizzate nellafase territoriale.In particolare, non esiste concordanza su qualescala utilizzare per valutare non solo la gravitàdell’ictus, anche se la National Institutes of HealthStroke Scale (NIHSS) si fa preferire su altre scale,quali la Canadian Neurological Scale (CNS) e laScandinavian Stroke Scale (SSS), per il suo utilizzonella valutazione di un eventuale trattamento fi-brinolitico, ma anche la conseguente disabilità. Queste discordanze dovranno essere assoluta-mente ricomposte per poter arrivare a un RegistroNazionale dell’Ictus, come sarà esposto nel Ca-pitolo 10.Come ricordato in precedenza, l’autonomia nelleattività della vita quotidiana è comunemente va-lutata mediante il Barthel Index (BI) e la FIM(Functional Indipendence Measure). Negli ultimitempi la Società Italiana di Medicina Fisica e Ria-bilitativa (SIMFER) ha messo a punto uno speci-fico “Protocollo di Minima per l’ictus cerebrale -PMIC” per cercare di uniformare i comportamentiitaliani. Tale protocollo prevede 3 schede, una perla fase acuta, una per quella della riabilitazioneintensiva e una per la fase territoriale. Ogni schedavaluta, tra l’altro, mediante specifiche scale, lagravità neurologica, la funzione motoria/mobilità,lo stato mentale e del linguaggio, l’autonomia

gnato i rappresentanti di varie Società scientifiche(SIN, SIMFER, AIP, GIRN, SPAN, SINP, SIRN),Associazioni laiche e professionali dal 2007 al2010. Il documento sottolinea la necessità di un“progetto interdisciplinare, che comprenda contributida parte di professionisti con specifica competenzanell’affrontare le problematiche cognitive, emotive,relazionali e motivazionali dei vari aspetti del pro-cesso riabilitativo”. Nel documento si ribadisce“l’efficacia della riabilitazione in una significativapercentuale dei disturbi neuropsicologici e delle entitànosologiche esaminate”, ma sottolinea anche “lanecessità che gli studi si estendano a popolazioni piùampie e verifichino il protrarsi nel tempo degli effettidei trattamenti riabilitativi e di verificare l’impattodelle procedure riabilitative sul reinserimento socialee occupazionale del paziente, sulla sua autonomia esulla qualità della vita del paziente stesso e della fa-miglia”. Inoltre, si ritiene valido il “modello deli-neato dalle Linee guida ministeriali sulla riabilita-zione del 1998, che prevede l’esistenza di Unità perla riabilitazione delle turbe neuropsicologiche ac-quisite, integrate all’interno di Strutture specialisticheriabilitative ospedaliere”, affiancate da “Centri ospe-dalieri e Strutture ambulatoriali territoriali, dovesia possibile effettuare una riabilitazione cognitivaparticolarmente indicata per disturbi neuropsicologiciselettivi e meno gravi”.

Valutazioni

Un qualunque trattamento riabilitativo presup-pone una preventiva esaustiva valutazione basale.Tale valutazione, come sottolineato dalle Lineeguida americane sulla riabilitazione post-ictale edalle Linee guida italiane SPREAD, deve com-prendere anche l’utilizzo di specifiche scale di va-lutazione, che possano quantificare il grado dellamenomazione (“impairment”), della funzione mo-toria/mobilità, dello stato mentale, del linguaggio

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nelle attività di vita quotidiana. Attualmente sista provvedendo all’aggiornamento di tale proto-collo, in base alle risultanze di una prima speri-mentazione. Una sua più ampia diffusione po-trebbe non solo permettere un’omogenea raccoltadi dati, ma anche di poter seguire seriamente leprestazioni del paziente dai primissimi giorni dal-l’ictus alla fase territoriale di mantenimento, cosìda creare un Registro Ictus che segua il pazientedal Reparto di acuzie fino al completamento delsuo percorso riabilitativo. Infatti, al momento i dati degli Stroke Registrysono relativi essenzialmente alla fase di acuzie,mentre sono carenti nelle fasi riabilitative, e inparticolare in quelle territoriali.

Il ruolo della famiglia

Estremamente importante è il coinvolgimentodella famiglia nel percorso riabilitativo, e in par-ticolare è fondamentale che alla famiglia stessasiano comunicati in maniera chiara gli obiettividel trattamento, i risultati attesi e le modalitàtemporali in cui il trattamento stesso sarà erogato.Infatti, spesso i familiari non sono obiettivi nelvalutare le condizioni funzionali dei loro con-giunti. In particolare, è indispensabile che al pa-ziente e ai familiari venga spiegato che il processoriabilitativo si articola nelle fasi sovradescritte (in-tensiva, estensiva e di mantenimento) e che la di-missione dal Reparto ospedaliero di Riabilitazionenon vuole significare la fine del trattamento stesso,ma solo il passaggio a una fase successiva, in cui iltrattamento prosegue, con modalità ambulatorialie/o domiciliari, ma reinserendo il paziente nelsuo ambiente domestico. Tale passaggio, se nonchiaramente illustrato, viene vissuto dai familiariin maniera conflittuale e genera frequentementeincomprensioni e conflitti. In tale ottica è di par-ticolare importanza il ruolo dell’assistente sociale

per rendere edotti i pazienti e i loro caregivers sullemodalità del passaggio alla fase ambulatoriale/do-miciliare, per aiutarli nella presentazione e rico-noscimento di eventuali invalidità e per la richiestadi ausili/ortesi. Tale ruolo è stato ribadito anchenel già citato Decreto della Regione Lombardiasulla gestione della fase riabilitativa (Regione Lom-bardia, Direzione Generale Sanità, 2010). Pur-troppo tali figure professionali non presentano lanecessaria capillare diffusione e si verifica frequen-temente che pazienti anziani si trovino in diffi-coltà, specie per la gestione delle problematicheburocratiche. Sarebbe pertanto auspicabile cheogni Centro di Riabilitazione avesse un assistentesociale per aiutare i pazienti e i caregivers per lagestione delle problematiche organizzativo-buro-cratiche.

Dimissione e prosecuzione del trattamento riabilitativo

Una volta raggiunti gli obiettivi prefissati o allastabilizzazione della situazione clinica funzionale,si deve provvedere alla dimissione dal Reparto diRiabilitazione Intensiva (verso il domicilio o versoaltre forme di degenza) e impostare, se necessario,le modalità di prosecuzione del trattamento. Talefase si deve verificare non appena le condizionigenerali, funzionali e psicologiche lo permettano,considerando che il ritorno al domicilio e la pro-secuzione del trattamento stesso, benché impe-gnativi dal punto di vista organizzativo, sono estre-mamente importanti per un precoce ritorno auna situazione di vita la più vicina possibile aquella pre-ictale. Un caso particolare è rappresentato dai pazienticon disabilità medio-lieve, nei quali si raccomandauna dimissione riabilitativa precoce con la prose-cuzione ambulatoriale e/o domiciliare del tratta-mento riabilitativo, sempre tramite un team mul-

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Ministero della Salute

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tidisciplinare territoriale, preferibilmente collegatoal team attivo nel Reparto di degenza.In linea generale, alla dimissione dalle Strutture diRiabilitazione (o per acuti in caso di non indica-zione al trattamento riabilitativo stesso), i pazientisi possono distinguere in tre grandi categorie:1) pazienti non autosufficienti che necessitano di

assistenza sanitaria di prevenzione delle reci-dive, di riabilitazione estensiva, di sostegno so-ciale e di cure mediche generali;

2) pazienti non autosufficienti che necessitano diassistenza sanitaria di prevenzione secondaria,ma non di sostegno sociale e/o di cure medichegenerali nell’immediato;

3) pazienti autosufficienti che necessitano di as-sistenza sanitaria solo per la prevenzione dellerecidive.

Per i pazienti di cui al punto 1, che necessitano diproseguire il trattamento riabilitativo, si possonoevidenziare i seguenti scenari, come riportato nellaFigura 6.1:• prosecuzione in day-hospital, per i pazienti

che necessitano ancora di un approccio inten-sivo multidisciplinare;

• prosecuzione ambulatoriale, per i pazienti chenecessitano di un approccio multidisciplinare,ma non intensivo;

• domiciliare, quando è necessaria un’attività di

addestramento rivolta al paziente e al caregiverper esercizi e mobilizzazioni autogestiti, perl’impiego di ausili e protesi o per forme di te-rapia occupazionale di breve durata.

La riabilitazione estensiva

Il già ricordato Piano di Indirizzo 2010 per laRiabilitazione definisce anche le attività di riabi-litazione estensiva in ambito ospedaliero, riservataa pazienti non autosufficienti, con potenzialità direcupero funzionale, che non possono giovarsi osostenere un trattamento riabilitativo intensivo eche richiedono di essere ospedalizzati in quantoaffetti da instabilità clinica (Ministero della Salute,Gruppo di Lavoro sulla Riabilitazione, 2010). Gliinterventi hanno come obiettivo la stabilizzazioneclinica e il ripristino di condizioni di autonomiae/o di gestibilità in ambito extraospedaliero. I pa-zienti che vi accedono sono caratterizzati da:• comorbidità concomitanti e interagenti con la

prognosi riabilitativa;• necessità di competenza specialistica riabilita-

tiva nella gestione del disabile grave in condi-zioni di criticità e necessità di consulenze me-dico-specialistiche multidisciplinari.

L’intervento riabilitativo deve essere inteso di al-meno 1 ora giornaliera, erogato da parte del team

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I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione 6

Figura 6.1 Flow-chart per assistenza post-dimissione.

Terapia post-dimissione

Solo prevenzionedel danno secondario

No

Necessità di approcciointensivo multidisciplinare

Necessità di approcciointerdisciplinare ma non intensivo

Necessità di attività addestramentopaziente e caregiver

Day-Hospital Ambulatoriale Domiciliare

Paziente autonomo

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multidisciplinare, con una degenza contenuta en-tro i 60 giorni (Ministero della Salute, Gruppo diLavoro sulla Riabilitazione, 2010).

Fase territoriale

Il percorso riabilitativo dipartimentale trova lasua naturale continuità a livello territoriale, con-testo in cui è possibile la verifica reale dell’outcomein termini di attività e partecipazione (vedi Capi-tolo 7).

Delibere e piani regionali di riferimento

1) Regione Piemonte: Proposta di Piano Socio-sanitario Regionale 2006-2010.

2) Regione Autonoma Valle d’Aosta: Piano re-gionale per la salute e il benessere sociale 2006-2008.

3) Regione Lombardia: Piano Sociosanitario2007-2009; Deliberazione VIII/0257 del 26ottobre 2006.

4) Provincia Autonoma di Bolzano: Piano Sani-tario Provinciale 2000-2002.

5) Provincia Autonoma di Trento: Approvazionedel Piano Sanitario Provinciale 2000-2002;Deliberazione n. 1354 del 2 giugno 2000.

6) Regione Veneto: Piano regionale dei servizialla persona e alla comunità 2003-2005. Po-litiche sanitarie, sociosanitarie e sociali dellaRegione Veneto negli anni 2003-2005.

7) Regione Veneto: Obiettivi di carattere priori-tario e di rilievo nazionale a norma dell’art.1, commi 34 e 34 bis, della Legge 662/1996.Recepimento dell’Accordo, ai sensi dell’art. 4del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n.281, sancito l’1 agosto 2007 tra il Governo,le Regioni e le Province Autonome di Trentoe Bolzano e utilizzo per l’anno 2007 dellequote vincolate agli obiettivi del Piano Sani-

tario Nazionale. Cofinanziamento di progettoattuativo del Piano Sanitario Nazionale ai sensidel Decreto del Ministero della Salute del 10luglio 2007. Deliberazione della Giunta Re-gionale n. 4535 del 28 dicembre 2007.

8) Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia:Piano Regionale della Riabilitazione. Per unacontinuità assistenziale nelle fasi di acuzie,post-acuzie e cronicità, Deliberazione dellaGiunta Regionale n. 606 del 24 marzo 2005.

9) Regione Liguria: Piano Sociosanitario Regio-nale 2003-2005; Deliberazione del consiglioregionale n. 3 del 20-27 gennaio 2004.

10) Regione Emilia Romagna: Piano sociale e sa-nitario 2007-2009; 29 gennaio 2007.

11) Regione Emilia Romagna: Il Servizio SanitarioRegionale dell’Emilia-Romagna. Le strutture,la spesa, le attività, i programmi, i modelliorganizzativi, i dati al 31 dicembre 2007. Il1° Piano sociale e sanitario 2008-2010. Set-tembre 2008.

12) Regione Toscana: Piano Sanitario Regionale2005-2007.

13) Regione Umbria: Piano Sanitario Regionale2003/2005; Deliberazione n. 314 del 23 luglio2003.

14) Regione Marche: Piano Sanitario Regionale2003/2006; Deliberazione n. 97 del 30 giugno2003.

15) Regione Marche: Progetto obiettivo: organiz-zazione e sviluppo della riabilitazione e dellapost-acuzie nelle Marche; Deliberazione n.1627 del 19 dicembre 2005.

16) Regione Lazio: Decreto del presidente in qua-lità di commissario ad acta n. 16 del 5 set-tembre 2008: Riqualificazione dell’offerta dipost-acuzie sia a livello di ricovero che a livellodi specialistica ambulatoriale. Approvazioneridefinizione sistema dell’offerta.

17) Regione Abruzzo: Piano di risanamento Si-

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Ministero della Salute

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stema Sanitario Regionale 2007-2009. Pro-gramma operativo di riorganizzazione e ri-qualificazione del Servizio Sanitario Regionaledi cui all’art. 1, comma 180, Legge 311 del30 dicembre 2004 e s.m.i., finalizzato alla sti-pula dell’accordo di cui all’art. 8 dell’IntesaStato Regioni del 23 marzo 2005.

18) Regione Molise: Piano Sanitario della RegioneMolise per il triennio 2008–2010. Un pro-getto per la salute: il modello molisano.

19) Regione Campania: Piano regionale ospeda-liero per il triennio 2007-2009; Legge regio-nale n. 24 del 19 dicembre 2006.

20) Regione Puglia: Piano Sanitario Regionale2002-2004. Piano della Salute e Sistema in-tegrato di interventi e Servizi Sociali; Delibe-razione n. 2087 del 27 dicembre 2001.

21) Regione Basilicata: Direttiva per la definizionedi un sistema integrato per l’erogazione e laqualificazione dei servizi sanitari in favore dipazienti con gravi cerebrolesi acquisite e stato

vegetativo; Deliberazione n. 2102 del 17 ot-tobre 2005.

22) Corte dei Conti Sezione regionale di controlloper la Basilicata: Le politiche di settore in ma-teria di sanità nella Regione Basilicata; Deli-berazione n. 154 del 21 dicembre 2007

23) Regione Calabria: Piano regionale per la salute2004-2006.

24) Regione Calabria: Piano regionale per la salute2007-2009.

25) Regione Sicilia: Piano di Contenimento e diRiqualificazione del Sistema Sanitario Regio-nale 2007-2009.

26) Regione Sicilia: Rete regionale per l’assistenzaai soggetti in stato vegetativo e di minima co-scienza - Modifica e integrazione alla delibe-razione della Giunta regionale n. 135 del 7maggio 2003; Deliberazione n. 24 del 21 feb-braio 2007.

27) Regione Sardegna: Piano regionale dei servizisanitari 2006-2008.

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I percorsi assistenziali nel post-acuto: la riabilitazione 6

TAKE HOME MESSAGES

Un adeguato programma riabilitativo è fondamentale per cercare di ridurre la disabilità, migliorare laqualità di vita e favorire il reinserimento sociale. Il programma riabilitativo è articolato in modalità dif-ferenti, a seconda della distanza dall’evento acuto, delle condizioni cliniche del paziente e delle disabilitàpresenti. Il trattamento riabilitativo deve cominciare nelle primissime fasi dopo l’evento ictale, quindiproseguire nella fase della riabilitazione intensiva (con trattamento normalmente in degenza ospedaliera),e successivamente come trattamento estensivo e di mantenimento, da erogare nella fase territoriale. Siriconosce fondamentale un approccio multidisciplinare che valuti e tratti in maniera esaustiva tutte ledisabilità presentate dal paziente, non solo quella motoria. Particolare importanza rivestono la valutazionee il trattamento dei disturbi della deglutizione e dei disturbi neuropsicologici, fondamentali per una mi-gliore prognosi sia “quoad vitam” che “quoad valetudinem”.

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Ministero della Salute

7. I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio: continuitàdell’assistenza, presa in carico da partedel medico di famiglia, adattamento individuale e reinserimento sociale

Il ritorno al domicilio di un paziente con esiti diictus, dopo un ricovero, è accompagnato da unaserie di bisogni:• proseguimento della cura e dell’assistenza;• monitoraggio programmato dell’evoluzione

della patologia;• reinserimento nella vita quotidiana della fa-

miglia e della comunità (tenuto conto del li-vello di adattamento alla malattia raggiunto).

Nel dare una risposta a queste necessità interven-gono: • i servizi di assistenza domiciliare, per assicurare

continuità alla cura; • il medico di medicina generale, per garantire

il monitoraggio della patologia;• il medico specialista, in accordo con il medico

di medicina generale, per rispondere ai bisognidi cura intercorrenti (gestione delle patologiesecondarie osteoarticolari, neurologiche, spa-sticità, disturbi cognitivi, patologie psichiatri-che e internistiche);

• il paziente stesso e la sua famiglia, nel deter-minare il riadattamento e l’inserimento so-ciale.

Le “risposte” ai bisogni sono descritte nel dettaglionei paragrafi seguenti.Per quanto riguarda la Medicina Generale, l’ar-gomento è sviluppato in modo più ampio, con

riferimento agli interventi del medico di famigliaanche in ambito preventivo e di controllo dei fat-tori di rischio.Infine, una parte specifica del capitolo è dedicataal “punto di vista” dei pazienti con esiti di ictus edelle loro famiglie (i destinatari delle “risposte”agli specifici bisogni assistenziali di cui sono por-tatori), così come emerge da uno studio condottoa livello nazionale su un campione di soggetti col-piti da ictus.

Continuità della cura e assistenza domiciliare

Analizzando il percorso del paziente con esiti diictus emerge come il ritorno ai “servizi” territorialipossa avvenire con dimissioni:• da una Struttura riabilitativa;• direttamente da una Stroke Unit/Unità cere-

brovascolare/Reparto per acuti (di seguito ci-tate come Stroke Unit);

• da altri Reparti.In tutte le situazioni, pur nella diversità dei quadriclinici, occorre mettere in atto procedure in gradodi assicurare appropriatezza e continuità nel pro-seguimento del percorso di cura, considerandol’assistenza all’interno di un sistema di servizi ter-ritoriali integrati.

n. 14, marzo-aprile 2012

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La fase della dimissione dalla Strutturariabilitativa o dalla Stroke Unit

I bisogni di cura dei pazienti in dimissioneAlla dimissione dalla Struttura riabilitativa o dallaStroke Unit, un paziente con esiti di ictus può ne-cessitare fondamentalmente di due categorie diprestazioni, tra esse, in alcuni casi, sovrapponibili:• sanitarie (riabilitative, infermieristiche, medi-

che);• socioassistenziali.Le prestazioni sanitarie sono garantite dai servizidi Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), fornitedirettamente dalle ASL o da un soggetto accredi-tato.Le prestazioni socioassistenziali sono invece assi-curate:• dalla famiglia;• dal servizio di assistenza domiciliare erogato

dai Comuni, aggregati nei distretti sociali;• dalle RSA, nei casi non assistibili a domicilio,

che garantiscono anche i necessari interventisanitari.

Le dimissioni protetteIl punto critico del percorso è il passaggio dal-l’ospedale ai servizi territoriali. È, infatti, ormai ampiamente condiviso come unodegli aspetti più delicati, connessi con l’erogazionedi un’assistenza di alta qualità e “sicura” nell’attualeambiente sanitario a elevata complessità, sia rap-presentato dal coordinamento e dall’integrazionetra differenti servizi, tra le varie Unità Operativedi una stessa organizzazione e anche tra differentiprofessionisti di una stessa organizzazione.Questa criticità può essere superata attraverso:• la definizione di precisi criteri di appropriatezza

e specifiche procedure; • il monitoraggio dei processi di condivisione

delle informazioni;

Gli obiettivi sono: • realizzare la convergenza tra i bisogni sanitari

e socioassistenziali del paziente e i servizi di-sponibili;

• assicurare il coordinamento e la pianificazionedella dimissione e del follow-up.

Questi obiettivi vanno garantiti anche nell’even-tualità si renda necessario (per tempistica e/o percomplessità della prestazione) indirizzare il pa-ziente verso una struttura a elevata complessitàorganizzativa (o “per acuti”), per esempio per: • complicanze non acute;• valutazione specialistica; • indicazione a eseguire indagini diagnostiche

“complesse”. Il risultato atteso è il miglioramento complessivodegli esiti (outcome) delle cure erogate al pazientee un utilizzo più efficiente delle risorse disponi-bili. In questo scenario acquistano rilevanza, al mo-mento della dimissione:• la corretta valutazione dei bisogni di cura nel

proseguimento del percorso assistenziale;• un’efficace comunicazione tra i nodi della rete

dei servizi coinvolti.Occorre precisare come i servizi territoriali sianoun ampio e variegato contenitore in cui trovanospazio tre macrotipologie di unità d’offerta:• i servizi di assistenza domiciliare, afferenti al-

l’area sanitaria e all’area dei servizi sociali dicompetenza degli enti locali;

• i servizi semiresidenziali (es. i Centri DiurniIntegrati);

• i servizi residenziali [es. le Residenze SanitarieAssistenziali (RSA)].

In questa sezione l’attenzione sarà focalizzata suiservizi di assistenza domiciliare, con particolareriguardo alle cure riabilitative domiciliari, di mag-giore rilevanza per i pazienti con esiti di eventiacuti cerebrovascolari.

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Ministero della SaluteMinistero della Salute

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• la verifica del grado di integrazione dei servizifinalizzata al miglioramento continuo dell’as-sistenza, in modo da dare continuità a livelloterritoriale agli interventi assistenziali.

Che cosa si intende per “continuità dell’assistenza”?Una definizione di questo concetto, anche se puòapparire superflua perché intuitiva, è fornita dalNational Library of Medicine. In esso la “continuityof patient care” è descritta come: “l’assistenza sa-nitaria prestata su base continuativa a partire dalprimo contatto, che segue il paziente attraversotutte le fasi della sua presa in carico”.A rimarcarne la valenza qualitativa per i sistemi dicura, questo concetto trova una forte presenza e ri-levanza nei sistemi di accreditamento all’eccellenzacome quelli proposti dalla Joint Commission Inter-national (JCI). Proprio nel “sistema JCI” uno deglistandard “centrati sulla persona” prevede che “l’or-ganizzazione coordini i propri servizi con quelli for-niti da altre Strutture e soggetti presenti sul territorioal fine di assicurare la continuità dell’assistenza”.Al rientro del paziente al domicilio dalla StrokeUnit o dalla Struttura riabilitativa, quando occorraproseguire gli interventi avviati in regime di rico-vero, è quindi necessario organizzare le dimissioniin modo protetto, così da saldare lo iatus, attraversol’assistenza domiciliare integrata, tra ospedale eservizi territoriali. Strumenti sperimentati per l’attuazione delle “di-missioni protette” sono protocolli, condivisi tra ivari attori coinvolti, che definiscono in modo pre-ciso: criteri di ammissibilità, fasi, tempi, respon-sabilità. I protocolli devono individuare, innanzitutto, lecaratteristiche dei pazienti proponibili per unadimissione protetta e i criteri di individuazione. In generale, l’assistenza domiciliare in fase di di-missione dall’ospedale è proponibile per i pazientiche necessitano di proseguire il percorso terapeu-

tico-riabilitativo iniziato presso la Struttura ospe-daliera con il trattamento della fase acuta o del-l’instabilità clinica e funzionale della situazionepatologica. Il principale obiettivo è dare continuità alle cureper stabilizzare il recupero funzionale, mantenerei risultati raggiunti e/o prevenire complicanze erecidive entro un arco di tempo prestabilito.È opportuno che il documento segmenti il pro-cesso della dimissione ospedaliera in fasi. Per ognifase occorre dettagliare:• azioni;• tempi;• soggetto responsabile;• soggetti coinvolti.Fondamentale è predisporre, prima della dimis-sione, la presenza a domicilio di ausili e protesi.Infine, l’avvio della dimissione deve avvenire intempo utile per predisporre gli interventi necessari,evitando dimissioni improvvise, specialmente nelfine settimana.Base imprescindibile per l’attuazione dei protocolliè la consapevolezza da parte di tutti i soggetti inte-ressati di essere inseriti in una rete che per funzio-nare, nell’interesse dell’assistito, richiede il rispettoda parte di ciascuno delle proprie responsabilità. La continuità dell’assistenza va anche assicuratanel caso in cui non essendo possibile, per la com-plessità assistenziale legata alle condizioni clinicheo al contesto familiare del paziente, il rientro aldomicilio, sia necessario procedere a un trasferi-mento in una RSA. Al riguardo va considerato che la scelta della RSAda parte della famiglia sta divenendo sempre piùponderata, ma anche più consapevole. La conse-guenza è la richiesta di un’attenzione sempre mag-giore nei confronti dell’anziano inteso non solocome malato e bisognoso di cure, ma in terminidi persona e di persona prima inserita in un con-testo familiare.

I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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È per queste ragioni che la soluzione deve essereproposta in anticipo, lasciando alla famiglia mo-menti e spazi per riflessioni di approfondimento.

La comunicazione tra ospedale e territorio: la lettera di dimissioneNella fase di dimissione dalla Struttura ospedaliera(Stroke Unit o Riabilitazione) assume particolareimportanza anche il trasferimento delle informa-zioni ai servizi territoriali, in primis al medico dimedicina generale. La classica “lettera di dimis-sione” dovrebbe essere impostata considerandoanche il punto di vista e le informazioni necessarieai servizi territoriali per dare continuità agli in-terventi avviati in regime di ricovero. A titolo esemplificativo, la lettera/relazione po-trebbe essere strutturata nel modo seguente, atte-nendosi alle indicazioni proposte dalla JCI.• Motivo del ricovero:

- una breve sintesi delle motivazioni che hannoportato il paziente al ricovero;

- la provenienza del paziente (es. Pronto Soccor -so, domicilio, altra Struttura ospedaliera ecc.);

- in caso di provenienza dal Pronto Soccorsola modalità attraverso la quale il paziente èarrivato (es. 118, familiari, altro).

• Riscontri e accertamenti fisici e di altro generesignificativi al momento del ricovero:- riscontri, accertamenti di laboratorio o stru-

mentali, terapie farmacologiche eseguite im-mediatamente prima del ricovero, in ProntoSoccorso o presso altre sedi;

- obiettività neurologica all’ingresso;- schema contenente scale di valutazione, quali

per esempio NIHSS (National Institutes ofHealth Stroke Scale) all’ingresso, Barthel Indexpre-ricovero, Rankin scale all’ingresso.

• Diagnosi e comorbilità significative:- sintesi dell’anamnesi patologica remota con-

tenente le comorbidità significative;

- grado di autonomia al domicilio con cennoalla situazione familiare (es. se il paziente vi-veva solo).

• Procedure diagnostiche e terapeutiche eseguite:- procedure diagnostiche e terapeutiche ese-

guite durante il ricovero;- breve descrizione dei dati relativi al monito-

raggio dei parametri vitali, se eseguito.• Terapia farmacologica significativa e altre terapiesignificative introdotte durante il ricovero.

• Condizioni del paziente alla dimissione con par-ticolare riferimento a:- quadro neurologico, modalità di nutrizione,

presenza o meno di incontinenza sfinterica;- schema contenente alcune scale di valuta-

zione, come, a titolo esemplificativo, NIHSSalla dimissione, Barthel Index alla dimissione,Rankin scale alla dimissione;

- indicazioni fornite dallo specialista fisiatracirca l’eventuale necessità di un prosegui-mento dei trattamenti riabilitativi, con laformulazione di uno specifico piano riabili-tativo individuale.

• Terapia farmacologica alla dimissione, tutti i far-maci da assumere al domicilio:- terapia farmacologica alla dimissione conte-

nente tutti i farmaci introdotti durante il ri-covero (principi attivi) specificando la poso-logia e la durata del trattamento e le eventualiprecedenti terapie abituali che si ritiene in-dicato proseguire;

- schema relativo alla posologia di eventualeterapia anticoagulante e dei valori di INRdegli ultimi giorni.

• Istruzioni di follow-up:- raccomandazioni circa eventuali modifica-

zioni dello stile di vita e visite o accertamentistrumentali consigliati;

- istruzioni di follow-up contenenti l’appun-tamento per la visita di controllo.

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Ministero della Salute

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Al termine della lettera di dimissione occorre in-dicare i nomi dei medici curanti e i recapiti tele-fonici a cui riferirsi in caso di dubbi o necessità.Prima della dimissione è auspicabile procederealla verifica che sia il paziente sia i familiari:

- siano divenuti consapevoli della patologia edelle sue conseguenze sulla vita quotidiana,

- siano informati su che che cosa fare per pre-venire le recidive e le complicanze,

- condividano il percorso di cure delineato eproposto.

A tale scopo, le Strutture potrebbero avvalersidell’aiuto da parte di Associazioni di volontari,quali per esempio l’Associazione ALICe Onlus(Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale), oaltre Associazioni a carattere locale presenti nelterritorio o nella Struttura, nonché di opuscoliinformativi prodotti ad hoc. Questi aspetti, legati al trasferimento delle infor-mazioni e al loro inserimento in un progetto ria-bilitativo, sono approfonditi anche nel Capitolo6, dal “punto di vista” della Struttura ospedalierache “consegna” il paziente al territorio per il pro-seguimento dell’assistenza in un’ottica di conti-nuità degli interventi.

Il medico di medicina generale: “snodo” del passaggio tra ospedale e territorio

Va rilevato come un importante “snodo” dellarete dei servizi per pazienti con esiti di ictus siacostituito dalla Medicina Generale. L’argomentoè trattato in modo complessivo nel paragrafo “Ilmedico di medicina generale di fronte all’ictus”.In questa sede occorre, comunque, rimarcarecome ciò assuma particolare rilievo a livello do-miciliare, dove il medico di famiglia svolge spessoil ruolo di “case manager” del paziente cronico,tra cui quello con esiti invalidanti di ictus, con ilcompito di:

• intercettare e valutare direttamente i bisognisociosanitari del paziente, attivando coerentiprocessi assistenziali;

• valutare la singola situazione e costruire intornoall’assistito, a domicilio, una risposta comples-siva ai bisogni sanitari e assistenziali;

• garantire e supervisionare il processo di curasecondo il piano personalizzato (progetto ria-bilitativo, follow-up ecc.);

• responsabilizzare ed educare il paziente versol’ottenimento della compliance alle terapie pre-scritte e verso l’aderenza a uno stile di vita ade-guato in riferimento alle patologie di cui è af-fetto;

• operare con i pazienti, onde monitorarne lecondizioni e fornire tutti i consigli necessari afavorire una migliore autogestione.

In questa prospettiva, assume grande rilevanza losviluppo di forme di comunicazione e integrazionefra strutture ospedaliere e medicina di famiglia,attraverso strumenti e percorsi locali.

L’Assistenza Domiciliare

Le caratteristiche dell’Assistenza DomiciliareL’Assistenza Domiciliare è stata definita dall’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità come “la pos-sibilità di fornire a domicilio del paziente quei servizie quegli strumenti che contribuiscono al manteni-mento del massimo livello di benessere, salute e fun-zione”.A questo proposito vanno considerati alcuniaspetti fondamentali che caratterizzano le curedomiciliari:• sono un sistema integrato, con un percorso

assistenziale preciso, costruito sul bisogno dellapersona e sull’intensità e complessità dell’assi-stenza necessaria per il singolo caso;

• l’avvio prevede una valutazione multidimen-sionale con la formulazione del Progetto di

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I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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Assistenza Individuale (PAI), costruito nonsolo sul numero di accessi, ma su obiettivi ditutela della salute verificabili;

• richiedono l’individuazione di un responsabiledel caso (la figura del “case manager”);

• sono caratterizzate da vari livelli di intensitàdi intervento che dipendono dalle specifichenecessità della persona.

In generale, in fase di dimissione dall’ospedale ilservizio di assistenza domiciliare apparentementerisulta poco “attivato”. Se si considerano i dati del Rapporto SDO 2008(l’ultimo disponibile per un confronto omogeo conl’Annuario Statistico del SSN, al momento dellastampa di questo volume) sulle modalità di dimis-sione di tutti i ricoveri ordinari per acuti, si notache su 7.721.823 “schede”: • lo 0,2% delle dimissioni avviene con attiva-

zione di Assistenza Domiciliare Integrata;• l’1% avviene con trasferimento in Strutture di

riabilitazione; • lo 0,3% avviene con ospedalizzazione domici-

liare;• lo 0,6% avviene con trasferimento presso RSA; • l’89,1% dei pazienti viene semplicemente di-

messo e inviato a domicilio.Analizzando gli stessi dati per i ricoveri ordinari perriabilitazione, emergono invece, su un totale di292.436 ricoveri, le seguenti modalità di dimissione:• 0,5% attivazione di ADI;• 4,3% trasferimento in Strutture per acuti; • 0,8% trasferimento presso RSA; • 88,2% dimissione a domicilio.Il maggiore utilizzo % dell’assistenza domiciliareda parte dei pazienti in dimissione dalle Struttureriabilitative è verosimilmente orientato verso ilproseguimento delle prestazioni riabilitative a li-vello domiciliare.Da un punto di vista “operativo”, l’ADI è il com-plesso integrato di interventi, procedure e attività

sanitarie e sociosanitarie erogate a persone pressoil proprio domicilio. Si attua quando, per motividi organizzazione sanitaria o per ragioni sociali,si ritenga necessaria un’assistenza alternativa al ri-covero. Infatti, l’ADI è svolta assicurando al domiciliodel paziente le prestazioni:• di medicina generale;• di medicina specialistica;• infermieristiche;• riabilitative;• di aiuto domestico da parte dei familiari o del

competente servizio delle aziende o degli entilocali;

• di assistenza sociale.L’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazio -nale 2008 (Roma, gennaio 2011) evidenzia come,in generale, le ipotesi di attivazione dell’interventoa livello domiciliare si riferiscano a malati termi-nali, incidenti vascolari acuti, gravi fratture in an-ziani, forme psicotiche acute gravi, riabilitazionedi vasculopatici, malattie acute temporaneamenteinvalidanti dell’anziano e dimissioni protette daStrutture ospedaliere. Come si può notare, l’ambito delle patologie va-scolari, tra cui quelle cerebrali, sia nella fase post-acuta sia in quella di riabilitazione, è ampiamenterappresentato, indicando l’opzione domiciliarecome un’importante risposta e “risorsa” per i bisognidi questi pazienti.Nel corso del 2008, in tutta Italia, sono stati assi-stiti al proprio domicilio 494.204 pazienti.Incrociando i dati dell’annuario con quelli delleSchede di Dimissione Ospedaliera (SDO), riferiteallo stesso anno e relativamente alla modalità didimissione, è possibile ipotizzare come: • il 7,16% dei pazienti sia stato assistito a do-

micilio (ADI + “ospedalizzazione domiciliare”)dopo la dimissione da un Reparto ospedalieroper acuti;

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Ministero della Salute

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• lo 0,36% a seguito di dimissioni dopo un rico-vero ordinario in una Struttura di riabilitazione.

Mediamente a ciascun paziente sono state dedicatecirca 22 ore di assistenza erogata in gran parte dapersonale infermieristico (16 ore), seguito da te-rapisti della riabilitazione (4 ore).

I livelli di Assistenza DomiciliareIn relazione al bisogno di salute dell’assistito e allivello di intensità, complessità e durata dell’in-tervento assistenziale, le cure domiciliari si arti-colano nei seguenti livelli, individuati dalla Com-missione nazionale per la definizione e l’aggior-namento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA):• cure domiciliari prestazionali: sono costituite

da prestazioni professionali in risposta a bisognisanitari, che non richiedono la “presa in carico”della persona. Le cure domiciliari prestazionalisono attivate dal medico di medicina generaleo dal pediatra di libera scelta;

• cure domiciliari integrate (ADI) di I e II livello:sono costituite da prestazioni professionali ditipo medico, infermieristico, riabilitativo, diaiuto infermieristico, assistenza farmaceuticae accertamenti diagnostici a favore di personecon patologie o condizioni funzionali che ri-chiedono continuità assistenziale e interventiprogrammati articolati in relazione alla criticitàe complessità del caso. Le cure domiciliari di Ie II livello richiedono la “presa in carico” dellapersona e la definizione di un PAI, e sono at-tivate dal medico di medicina generale o dalpediatra di libera scelta, che assume la respon-sabilità clinica dei processi di cura, valorizzandoe sostenendo il ruolo della famiglia;

• cure domiciliari integrate a elevata intensità (IIIlivello): sono costituite da prestazioni profes-sionali di tipo medico, infermieristico e riabi-litativo, di aiuto infermieristico, assistenza far-maceutica e accertamenti diagnostici a favore

di persone con patologie che, presentando ele-vato livello di complessità, instabilità clinica esintomi di difficile controllo, richiedono con-tinuità assistenziale e interventi programmatiarticolati sui 7 giorni anche per la necessità difornire supporto alla famiglia e/o al caregiver.Le cure domiciliari a elevata intensità sono at-tivate dal medico di medicina generale o dalpediatra di libera scelta, che assume la respon-sabilità clinica dei processi di cura. Esse richie-dono la presa in carico della persona e la defi-nizione di un PAI.

Le cure riabilitative domiciliariI pazienti con esiti di patologie acute cerebrova-scolari sono tra i principali destinatari delle pre-stazioni riabilitative domiciliari. Gli interventi riabilitativi a casa sono, infatti, pre-visti per tutti i pazienti affetti da una patologiasub-acuta o cronica riacutizzata, tale da determi-nare la perdita dell’autonomia. In particolare, gli utenti delle cure riabilitativedomiciliari sono suddivisibili nei seguenti sotto-gruppi:• soggetti dimessi da reparti ospedalieri, non de-

ambulanti, con patologia sub-acuta o cronicariacutizzata che necessitano del proseguimentodi un trattamento riabilitativo per un breveperiodo (di norma < 60 giorni), con piano te-rapeutico dello specialista ospedaliero e conl’impossibilità di accedere al trattamento am-bulatoriale;

• soggetti in cura a domicilio, affetti da patologiasub-acuta o da patologia cronica riacutizzatadeterminante la perdita dell’autonomia, masuscettibile di miglioramento e stabilizzazione.

L’ammissione di questi pazienti alle cure riabilitativedomiciliari avviene in presenza dei seguenti criteri:• assenza di grave deterioramento intellettivo tale

da compromettere le possibilità di recupero

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I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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funzionale oppure presenza di decadimentocognitivo con previsione di recupero, con au-tonomia motoria e funzionale antecedentel’evento acuto;

• presenza di collaborazione dell’interessato;• presenza di patologie compatibili con trattamenti

riabilitativi, tra cui gli accidenti cerebrovasco-lari (es. ictus) e le sindromi da allettamento,in alcuni casi, a essi secondari;

• assenza di patologie associate rilevanti (es. gravicardiopatie scompensate o gravi insufficienzerespiratorie scompensate) o, se presenti, bencompensate;

• assenza di controindicazioni specifiche che pos-sono peggiorare con il trattamento riabilita-tivo:- dolore importante,- fratture (osteoporosi severe),- difetti di coagulazione (ematomi).

L’attivazione deve prevedere una valutazione fi-siatrica, anche in dimissione dalla Struttura ospe-daliera o riabilitativa. Per i pazienti assistiti a domicilio, con “ri-acutiz-zazione” della patologia e in assenza di necessitàdi ricovero in ospedale per acuti, è ipotizzabile lasperimentazione di modelli assistenziali in gradodi evitare ricoveri impropri. In un’ottica di conti-nuità dell’assistenza e in relazione ai modelli or-ganizzativi regionali, potrebbe essere consideratoun percorso, attivato dal medico di medicina ge-nerale, che contempli una valutazione domiciliareda parte dello specialista della Struttura di riferi-mento, prevedendo, in questo modo, una “fun-zione territoriale” dell’ospedale. La valutazione deve fornire ai terapisti della ria-bilitazione indicazioni ricavate con strumenti va-lidati, quali, a titolo esemplificativo:• esame obiettivo-funzionale;• potenziale riabilitativo (Barthel Index);• stato mentale [Mini Mental State Evaluation

(MMSE) o Short Portable Mental Status Que-stionnaire (SPMQ)];

• patologie associate [Cumulative Illness RatingScale (CIRS)];

• rischio di cadute (scala di Tinetti);• eventuali controindicazioni assolute o relative;• prognosi riabilitativa.I pazienti individuati per le cure riabilitative do-miciliari possono usufruire delle seguenti tipologieerogative in relazione allo specifico bisogno:• un ciclo intensivo da attuare entro breve tempo

e con una frequenza elevata può essere previstoper i soggetti affetti da patologie post-acute. Sitratta, generalmente, di soggetti che rientranoal domicilio direttamente dall’ospedale (dovehanno subito un ricovero in genere per pato-logie post-acute di un certo impegno, comeun ictus) e vengono poi assistiti a casa;

• un ciclo, ripetibile a frequenza variabile, puòessere considerato in presenza di patologie sta-bilizzate, a favore di pazienti assistiti da tempoa domicilio.

Tuttavia, in questa seconda situazione va rilevatoche possono risultare efficaci anche l’addestramentoe l’istruzione di familiari, volontari, conoscentiall’esecuzione della mobilizzazione e dei trasferi-menti del paziente, accompagnando gli interventicon l’attribuzione di un significato al gesto (muo-versi per…) e istruendo sull’utilizzo dei presidiper il miglioramento della qualità della vita del-l’assistito e di chi lo assiste. In particolare, l’istruzione dovrà riguardare i se-guenti punti:• postura da supino;• postura corretta e cambi di postura;• passaggi posturali letto-carrozzina o supino-

stazione eretta;• controllo della postura da seduto (sia a letto

sia in carrozzina, poltrona, sedia);• stazione eretta;

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• deambulazione autonoma o con aiuto del ca-regiver o con ausili;

• addestramento all’utilizzo degli ausili.Si tratta di soggetti che presentano una patologiainvalidante di tipo “cronico” con impossibilità aottenere un recupero completo; il quadro clinicoè stabilizzato e può progressivamente peggiorare.

ALLEGATO 1

La Locked-In Syndrome

Anche la Locked-in Syndrome (LIS) costituisce,seppure raramente, un esito di un episodio ictalecon importanti conseguenze sui successivi inter-venti assistenziali.Questa condizione è caratterizzata da una paralisiai quattro arti (tetraplegia), senza compromissionedella coscienza e delle attività mentali. Lo stadiopiù grave permette al paziente la sola comunica-zione con lo sguardo tramite i movimenti ocularisul piano verticale e l’ammiccamento. La causapiù frequente è una lesione a livello del ponte daocclusione dell’arteria basilare.I pazienti sono vigili e coscienti, ma privi di mo-tilità, espressioni facciali e possibilità di vocaliz-zazione.In letteratura si sospetta che alcuni pazienti in SVpossano essere affetti da una sorta di super-Loc-ked-in, realizzando una condizione in cui, purmantenendo una forma di coscienza, non possonopiù comunicare neanche con gli occhi.Anche per questi pazienti, terminata la fase di sta-bilizzazione, vi è la necessità di assicurare una fasedi lungo-assistenza, garantendo prestazioni sanitarie,riabilitative e assistenziali adeguate e appropriate.Per queste situazioni occorre prendere in consi-derazione la possibilità dell’individuazione di nu-clei specializzati e attrezzati, che rispondano a pre-

determinati requisiti strutturali e gestionali, ac-canto, comunque, alla messa a disposizione di in-terventi domiciliari qualificati.

Il medico di medicina generale di fronte all’ictus

Sintesi organica dei possibili interventi

L’azione del medico di medicina generale nell’am-bito di una patologia come l’ictus può essere di-datticamente suddivisa in due periodi, due fasi,con specifici interventi in ciascuna di esse:• fase territoriale preventiva:

- interventi specifici di prevenzione, - sensibilizzazione dei soggetti a rischio nel

precoce riconoscimento dei sintomi e segnidella malattia;

• fase postospedaliera, dopo un episodio ictale:- monitoraggio e trattamento dei pazienti con

esiti della malattia,- counseling e prevenzione delle recidive,- assistenza domiciliare nei confronti dei pa-

zienti con esiti importanti e con patologieassociate.

Gli ambiti di intervento territoriale: le azioni preventive e il precocericonoscimento dell’ictusLa Medicina Generale, per le sue caratteristichedi servizio capillare sul territorio e di accesso liberoanche da parte di soggetti sani, offre rilevanti spaziper interventi di natura preventiva.Il medico di medicina generale è anche la figurasanitaria più vicina alla singola persona e alla suafamiglia, di cui conosce storia personale, com-pliance nei confronti della gestione della propriasalute e contesto ambientale in cui è inserita. È ampiamente condiviso come questo “scenario”

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I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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ponga il medico di medicina generale in un ruoloprivilegiato nella tutela, a 360 gradi, della salutedel proprio assistito, anche attraverso l’attuazionedi precisi programmi preventivi nei confronti deifattori di rischio delle principali malattie a elevatoimpatto sociale.Entrando nello specifico delle patologie cerebro-vascolari, il ruolo del medico di famiglia può tro-vare efficace attuazione in due ambiti:• la prevenzione della malattia;• l’informazione del paziente a rischio e della

sua famiglia per un precoce riconoscimentodei sintomi e dei segni dell’ictus.

Le azioni preventiveLe azioni di prevenzione hanno applicazione, rias-sumendo in modo sintetico i principali settori diintervento:• nell’identificazione e quantificazione del rischio

di sviluppo di patologie cerebrovascolari;• nel controllo e nell’intervento terapeutico sui

fattori di rischio;• nell’attività di educazione a sani e corretti stili

di vita.L’identificazione dei fattori di rischio è indirizzataverso lo studio dei principali parametri cardiova-scolari, come la funzione cardiaca, la capacità co-ronarica, il ritmo cardiaco, la funzione valvolarecardiaca, lo stato delle arterie che portano il sangueal cervello, la pressione arteriosa e alcuni fattoriematochimici.Il controllo dei fattori di rischio passa attraverso unpuntuale e accurato trattamento dell’ipertensione,dell’insufficienza cardiaca, del diabete, del sovrap-peso, degli attacchi ischemici transitori, della fi-brillazione atriale, delle valvulopatie ecc.È dimostrato che l’educazione a sani e corretti stilidi vita, come rimarcato dalle Linee guida di pre-venzione e trattamento dell’ictus, può ridurre l’in-cidenza e la mortalità legate a questa patologia.

La cessazione del fumo di sigaretta riduce il rischiodi ictus, pertanto è indicata nei soggetti di qualsiasietà e per i fumatori sia moderati sia forti.L’uso di droghe (ecstasy, cocaina ecc.) deve essere stig-matizzato, non solo per le ovvie implicazioni legali,ma soprattutto per il notevole aumento del rischiodi avere un ictus cerebrale.In caso di eccessiva assunzione di alcool, è indicatauna riduzione del consumo a quantità equivalentia non più di due bicchieri di vino al giorno pergli uomini e a non più di uno per le donne. L’attività fisica di moderata intensità (passeggiataa passo spedito alla velocità di 10-12 minuti perchilometro) è indicata per almeno 30 minutinella maggior parte dei giorni della settimana, inquanto associata a una riduzione dell’incidenzadi ictus.Inoltre, è possibile ridurre il rischio di ictus mo-dificando lo stile alimentare:• riducendo l’apporto di sale nella dieta a non ol-

tre 6 grammi di sale (2,4 grammi di sodio) algiorno (l’obiettivo può essere raggiunto evitandocibi a elevato contenuto di sale e non aggiun-gendo sale a tavola);

• riducendo il consumo di grassi e condimentidi origine animale, sostituendoli con quelli diorigine vegetale (in particolare olio di oliva) eutilizzando i condimenti preferibilmente acrudo;

• consumando pesce 2-3 volte la settimana(complessivamente almeno 400 grammi),quale fonte di acidi grassi polinsaturi;

• consumando più porzioni di frutta e verduraal giorno, pari almeno a 400-500 grammi, eassumendo con regolarità cereali integrali e le-gumi quali fonti di fibra alimentare, vitamine,folati e minerali (potassio, magnesio e calcio);

• consumando regolarmente latte e alimenti de-rivati, scegliendo prodotti con basso contenutolipidico.

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Per il raggiungimento di questi obiettivi può essereutile: • l’approntamento di specifiche modalità orga-nizzative da parte del singolo medico di me-dicina generale, compatibilmente con quantoprevisto dagli Accordi Collettivi Nazionali, Re-gionali e Aziendali;

• la realizzazione da parte delle ASL di iniziative[Consensus Conference, audit tra medici di me-dicina generale e medici specialisti, appronta-mento di un Percorso Diagnostico-Terapeu-tico-Assistenziale (PDTA)] per ottimizzare iltrattamento e il controllo dei fattori di rischiocon scelte diagnostiche e terapeutiche appro-priate, condivise e coordinate.

Significative esperienze al riguardo sono presentiin parecchie realtà territoriali.

Il precoce riconoscimento dei sintomi e dei segni dell’ictusCome evidenziato nel Capitolo 9, il precoce rico-noscimento dei sintomi e segni dell’ictus e la con-sapevolezza nel paziente dell’insorgenza della ma-lattia giocano una parte importante nel ridurre ledisabilità gravi e permanenti nelle persone colpite.Una tempestiva azione terapeutica in Stroke Unitpuò rappresentare la “salvezza” per il soggetto col-pito da ictus e può modificare in termini positivila prognosi. La sensibilizzazione della popolazione a rischiocirca il significato dell’ictus, il riconoscimento im-mediato dei principali sintomi dell’ictus e la ne-cessità di ricorrere al più presto alle cure in unaStroke Unit può efficacemente giovarsi di cam-pagne informative (come descritto nel dettaglionel Capitolo 9).Tuttavia, queste campagne devono essere “accom-pagnate” da una condivisione dei contenuti daparte di tutta la rete dei servizi, compresi, soprat-tutto, i medici di medicina generale. A essi, infatti,

si rivolge l’assistito per avere chiarimenti rispettoai messaggi ricevuti ed è importante che il medicodi famiglia confermi i contenuti delle informazionidivulgate, spiegandoli nel modo più appropriato.Esperienze condotte in alcuni ambiti territorialihanno evidenziato come l’azione di sensibilizza-zione del medico di famiglia nei confronti deisoggetti a rischio debba concentrarsi su poche eprecise informazioni.Queste, a titolo esemplificativo, dovrebbero ri-guardare:• i sintomi di allarme, consistenti in un’improv-visa:- perdita di forza o di sensibilità (a un braccio,

a una gamba, a metà corpo, alla faccia, anchecon deviazione della bocca),

- difficoltà nel mantenere l’equilibrio,- confusione o disturbo della parola (difficoltà

a capire e a esprimersi),- difficoltà nel vedere (annebbiamento, perdita

della vista anche parziale),- cefalea violenta;

• che cosa fare in presenza dei sintomi, ovvero:- non perdere tempo,- chiamare il 118,- raggiungere l’ospedale il più presto possibile

(alcune terapie, come la trombolisi endove-nosa, somministrate entro 3 ore possono li-mitare le conseguenze dell’ictus e favorire ilrecupero),

- ricoverarsi in un’Unità specializzata nella curadell’ictus (Stroke Unit).

Una descrizione più approfondita dei sintomi esegni dell’ictus è riportata nel Capitolo 3.Un ultimo aspetto dell’azione del medico di fa-miglia nei confronti dell’ictus che occorre rimar-care riguarda alcune indicazioni che possono essereutili nell’approccio quotidiano all’eventuale riscon-tro della patologia.Nella pratica clinica del medico di medicina ge-

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I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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nerale è, infatti, non infrequente la richiesta diun intervento a domicilio all’insorgenza dei sin-tomi e segni di ictus. Anche in questo caso la tempestività dell’invio inospedale è fondamentale per gli esiti della malattiae risulta importante condurre un’accurata e rapidaindagine, utilizzando, per esempio, come guidala Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS), de-scritta nel dettaglio nel Capitolo 2 e di cui si sin-tetizzano in questa sede gli elementi principali. Ciascuno dei tre segni sotto riportati è, infatti,fortemente suggestivo di ictus:• paresi facciale: chiedere al paziente di sorridere

o mostrare i denti e notare se un lato della fac-cia non si muove bene come l’altro;

• deficit motorio degli arti superiori: far chiedereal paziente di mantenere per 10 secondi gliarti superiori estesi a occhi chiusi e notare seun arto non si muove o cade;

• alterazioni del linguaggio: chiedere al pazientedi ripetere una frase (es. trecentotrentatreesimoreggimento di cavalleria) e notare se strascicale parole, usa parole inappropriate, è incapacedi parlare.

Va segnalato che anche in caso di “chiamata tar-diva” da parte del paziente che riferisce sintomisuperati (e il medico pone con sufficiente certezzala diagnosi di “TIA recente”) è necessaria, soprat-tutto se si tratta di un primo episodio, una valu-tazione specialistica. In caso di cefalea violenta, a insorgenza improvvisa(“la più forte della mia vita”), anche se il pazienteè cosciente, vigile e non ha deficit neurologicideve essere posto il sospetto di emorragia suba-racnoidea (ESA) e il paziente deve essere inviatopresso una Stroke Unit di III livello. Qualora sirendesse necessario il trasferimento in un Centrodistante, sarà importante iniziare una terapia confarmaci antifibrinolitici per evitare un risangui-namento durante il trasporto.

Fase postospedaliera: il trattamento dei pazienti con esiti della malattia e la prevenzione delle recidive

Nel paziente che avuto un ictus, al suo rientro adomicilio dall’ospedale possono essere avviati dalmedico di medicina generale i seguenti interventi:• monitoraggio e trattamento degli esiti della

malattia;• counseling e prevenzione delle recidive;• assistenza domiciliare nel caso di esiti impor-

tanti e in presenza di patologie associate.Per quanto riguarda l’Assistenza Domiciliare si ri-manda invece allo specifico Capitolo; in questasede sono sintetizzate le azioni relative agli altridue ambiti.

Il monitoraggio e il trattamento dei pazienti con esiti di ictusIl monitoraggio e il trattamento delle persone conesiti di ictus inizia già alla dimissione ospedaliera,con l’indicazione, rafforzativa della comune prassi,da parte del medico di reparto di rivolgersi al me-dico di famiglia.La successiva presa in carico del paziente da partedel medico di medicina generale, accanto agli in-terventi terapeutici ritenuti più appropriati, devemirare a responsabilizzare l’assistito sull’impor-tanza di:• seguire attentamente la terapia consigliata:

- quella per prevenire un nuovo ictus (farmaciche riducono la formazione di coaguli neivasi: antiaggreganti e anticoagulanti),

- quella per controllare i fattori di rischio perl’ictus (farmaci contro l’ipertensione, il dia-bete, il colesterolo ecc.);

• eseguire scrupolosamente i controlli prescrittidal medico di famiglia;

• controllare periodicamente la pressione arte-riosa.

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Il counseling e la prevenzione delle recidiveIl counseling e la prevenzione delle recidive devonoinnanzitutto fare leva sull’acquisizione da partedel paziente della consapevolezza che:• la vita deve riprendere dopo l’ictus; • non serve vivere con il timore di un altro epi-

sodio;• occorre evitare il “fai da te”;• è anche necessario non sottovalutare e mini-

mizzare quanto accaduto;• i miglioramenti ottenuti durante il ricovero in

ospedale possono essere consolidati, seguendoalcune semplici indicazioni.

Le indicazioni, riguardanti fondamentalmente lamodifica delle proprie abitudini, devono essere for-nite in modo schematico, utilizzando, per esempio,appositi strumenti (schede, dépliant ecc.) conte-nenti consigli essenziali, di cui si riporta di seguitouna possibile “traccia”, sotto forma di decalogo:1) cambiare alcune abitudini di vita, come smet-

tere di fumare, fare attività fisica quotidiana(passeggiate, bicicletta, cyclette ecc.);

2) se necessario, eseguire i cicli di fisioterapia ria-bilitativa;

3) seguire una dieta povera di grassi saturi (con-tenuti nel burro, strutto e lardo, formaggigrassi);

4) in caso di diabete, seguire la dieta e la terapiaindicata dal medico di famiglia o dal diabeto-logo e controllare periodicamente la glicemia;

5) misurare la pressione arteriosa con regolarità(secondo le indicazioni del medico);

6) assumere con regolarità i farmaci prescritti;7) recarsi periodicamente dal medico di famiglia; 8) effettuare tutti gli esami che il medico di fa-

miglia e lo specialista richiederanno;9) segnalare al proprio medico eventuali cambia-

menti o disturbi: aumento della pressione, di-sturbi della vista, perdita di equilibrio o dellaforza, cefalea, cambiamenti dell’umore;

10) uscire di casa il più possibile riprendendo tuttele vecchie abitudini e amicizie.

Nell’ottica di responsabilizzare e aumentare la com-pliance al progetto di cura può essere utile speri-mentare forme di autovalutazione, come, a titoloesemplificativo, quella proposta nella Figura 7.1.

Il counseling “psicosociale”Nell’azione di counseling del medico di famigliadovrebbe rientrare anche il supporto al pazientenel prendere coscienza del suo nuovo status e nel-l’avviare un nuovo equilibrio familiare e sociale.Il paragrafo “Adattamento individuale e reinseri-mento sociale” riporta alcune utili indicazioni alriguardo.

I rapporti con l’ospedaleÈ necessario che l’azione del medico di famigliapossa contare su rapporti consolidati con le Strut-ture di riferimento del territorio, realizzando unasinergia di interventi sia nella fase territoriale pre-ventiva sia in quella del post-ricovero.La fase territoriale preventiva deve, innanzitutto,come accennato nei paragrafi precedenti, vederespecialisti e medici di famiglia condividere infor-mazioni, strumenti e modalità di intervento per

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I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

Figura 7.1 Un test di autocontrollo …da ripetere perio-dicamente.

Se fumavi, hai smesso di fumare? � Sì � No

Fai esercizi o attività motoria quotidiana? � Sì � No

Segui una dieta corretta? � Sì � No

Hai una pressione arteriosa < 130/80 mmHg? � Sì � No

Se sei diabetico, la tua glicemia è ben controllata? � Sì � No

Assumi regolarmente la terapia che ti è stata prescritta? � Sì � No

Il tuo umore è buono e hai voglia di stare bene? � Sì � No

Se hai risposto No a una di queste domande parlane con il tuomedico di famiglia

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fornire messaggi coordinati e univoci in tema diprevenzione.Inoltre, anche le informazioni da fornire ai pa-zienti a rischio sul comportamento da tenere nelcaso di insorgenza dei sintomi di allarme dovreb-bero essere condivise e concordate. Utile, nell’ottica di una sempre maggiore conti-nuità delle cure tra ospedale e territorio, è anchela divulgazione ai medici di medicina generaledell’elenco della rete territoriale delle Strutturededicate all’ictus, con le persone di riferimento,contattabili dal medico di famiglia in caso di ne-cessità o per avere indicazioni di fronte a casidubbi.Dato per scontato che la fase del ricovero prevedala possibilità di accesso del medico di medicinagenerale in ospedale per un aggiornamento e unconfronto sulle condizioni del proprio assistito,la fase del post-ricovero richiede attenzione nell’ot-tica di garantire continuità dell’assistenza tra ospe-dale e territorio.L’esigenza di continuità è indispensabile per i casi

che necessitano di assistenza domiciliare (a questoproposito si rimanda allo specifico Capitolo).Anche in presenza di situazioni con esiti lievi omoderati di ictus è sicuramente utile l’utilizzo distrumenti di comunicazione condivisi tra medicoospedaliero e medico di famiglia (lettera di di-missione, con informazioni immediatamente frui-bili per la cura a livello territoriale).Tuttavia, al fine di dare maggiore efficienza ed ef-ficacia alla continuità della cura è necessario chetra ospedale e territorio siano individuati (attra-verso modalità operative o protocolli o Linee guidacondivise) percorsi integrati e facilitati nel caso diricorso, da parte del medico di famiglia, a consu-lenze specialistiche.Le “intese” locali potrebbero riguardare i criteri siaper i controlli programmati sia in caso di instabilitàdella patologia, la periodicità delle visite ecc.Nella Tabella 7.1 è riportato un possibile esempiodi check list per la pianificazione di un programmadi cura, che potrebbe avvalersi anche di strumentiinformatizzati condivisi tra medico di famiglia e

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Tabella 7.1 Monitoraggio domiciliare del paziente con esiti di ictus da parte del medico di medicina generale (MMG)

Prestazione Frequenza

Visita MMG Ogni 6 mesi

Counseling/valutazione dello stile di vita individuale Ogni 6 mesi

Counseling ai familiari Secondo valutazione del medico

Valutazione funzionale con scale (ADL, Barthel) Ogni 6 mesi

Ciclo FKT ambulatoriale Secondo piano riabilitativo

Ciclo FKT domiciliare Secondo piano riabilitativo

Emocromo, creatinina, azotemia, sodiemia, potassiemia, glicemia, transaminasi, Ogni 6 mesicolesterolo, colesterolo HDL, colesterolo LDL, trigliceridi

Monitoraggio TAO (in presenza di terapia anticoagulante) Secondo valutazione del medico

ECG Ogni 12 mesi

Ecocardio Secondo indicazione specialistica

Doppler TSA Secondo indicazione specialistica

Visita neurologica di follow-up Ogni 6 mesi

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specialista, con possibilità di accesso da parte deipazienti o dei loro familiari, nel caso ne faccianorichiesta.Nella costruzione di un modello di presa in caricoglobale del paziente con ictus vanno anche consi-derati i bisogni del paziente con gravi esiti di ictus,che spesso potrebbe ricorrere, a causa di intercor-renze non neurologiche (iperpiressie multifatto-riali, dismetabolismi e/o disionemie ecc.), a unricovero ospedaliero non sempre appropriato.Un maggiore supporto al medico di famiglia daparte delle Strutture ospedaliere di riferimento,attraverso una funzione “consulenziale” (numeritelefonici dedicati), potrebbe costituire un validocompletamento agli interventi attuati dallo stessomedico di medicina generale e dai servizi di assi-stenza domiciliare, evitando il disagio di un rico-vero ospedaliero al paziente e ai familiari.Obiettivo finale di tutte le azioni descritte è giun-gere alla costruzione di un progetto di cura semprepiù individualizzato e integrato tra ospedale e ter-ritorio, che tenga in considerazione le variabilicliniche e assistenziali possibili.Infine, l’utilizzo di indicatori e standard prefissatie condivisi tra servizi territoriali e Stroke Unitdovrebbe monitorare i processi e i percorsi con-cordati e fornire indicazioni per il miglioramentocontinuo della cura a questi pazienti. A questoproposito, si rimanda per un approfondimento alCapitolo 9.Un contributo alle azioni condotte dai vari nodidella rete dei servizi potrebbe essere offerto dalleAssociazioni di volontariato, quale, per esempio,l’Associazione ALICe Onlus (Associazione per laLotta all’Ictus Cerebrale), o da altre organizzazionia carattere locale presenti nel territorio, in virtùanche dell’aggregazione e “rappresentatività” daparte di queste Associazioni dei pazienti e dei lorofamiliari.Una “regia” a tutte queste variegate e articolate

azioni diventa fondamentale ed è indubbio che ilsoggetto cui dovrebbe ricadere la funzione è laASL, attraverso, per esempio, l’istituzione di am-biti periodici di incontro e di confronto.

Adattamento individuale e reinserimento sociale

Gli interventi attuati dai servizi territoriali vannoa “impattare” su una persona che, a seguito del-l’ictus, vede la propria vita modificarsi in modosignificativo, in relazione alla gravità degli esiti.Il paziente si avverte come una persona “diversa”e come tale lo “vivono” i familiari e le persone aesso vicine.Dall’altro lato, la presenza in una famiglia di unapersona con esiti significativi di ictus comportaun cambiamento anche nelle dinamiche familiari:le necessità del paziente diventano prioritarie echi si fa carico della sua cura è soggetto a uncarico emotivo e assistenziale importante.Questa nuova dimensione personale e familiareva considerata nel rispondere ai bisogni di questipazienti.Accanto a interventi strettamente sanitari andrannoquindi previsti interventi di aiuto al paziente perriprendere una vita sociale (riabilitazione psicolo-gica e sociale) e azioni di supporto ai familiari im-pegnati nel delicato e gravoso compito di “care”.In questa prospettiva è rilevante, innanzitutto, ilruolo del medico di medicina generale, attraversoazioni di counseling sia al paziente sia ai familiari.Nei casi più “problematici” andrà anche conside-rata la possibilità di un invio ai servizi psicosocialidel territorio.I familiari dei pazienti potrebbero invece giovarsidi gruppi di auto mutuo aiuto, organizzati, peresempio, con periodicità dalle stesse Stroke Unitin collaborazione con i servizi territoriali di ASLe Comuni.

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Un’evoluzione di questo approccio potrebbe esserecostituita da interventi formativi, sempre a curadelle Stroke Unit, su operatori dei servizi territo-riali, anche di tipo volontaristico, in possesso dispecifici requisiti, così da replicare l’esperienza inmodo più diffuso. Gli aspetti legati all’adattamento a livello perso-nale, familiare e sociale sono descritti in dettaglionei paragrafi seguenti.

Il livello personale

L’adattamento raggiunto nel contesto riabilitativodal paziente con esiti di icuts è, quasi sempre, in-sufficiente per far fronte alle “richieste” del“mondo esterno”, talora indipendentemente dallagravità della compromissione lesionale. Non in-frequentemente, infatti, viene riferito dai familiaridei pazienti, nonostante un bassissimo valore diNIH, che il paziente “non è più come prima”.Le classiche misure dell’outcome, quindi, sonoinsufficienti per la valutazione a 360° gradi di talipazienti.Già lo studio Framingham in pazienti con ictus,con buon livello di indipendenza (Barthel Index> 80), paragonati con controlli simili per età egrado d’indipendenza, faceva rilevare come i pa-zienti con ictus presentassero una più marcata ri-duzione della socializzazione dentro e fuori casa edella partecipazione a hobbies o altre attività, so-prattutto fuori dalle mura domestiche.Appare chiaro che, quand’anche il recupero fisicosia stato ottimale, rimane la necessità di una ria-bilitazione sociale e psicologica.Gli autori dello studio hanno attribuito questofatto allo stigma associato al mutamento dell’im-magine corporea e al senso di ridotto “status” so-ciale (specialmente evidente nei maschi di più ele-vato livello culturale). Risultati analoghi sono statievidenziati da uno studio finlandese.

Queste evidenze suggeriscono come, accanto alleconvenzionali misure di riabilitazione, più atten-zione debba essere posta alla soggettiva esperienzadi disabilità del paziente.Essenziale per migliorare la qualità di vita del pa-ziente, intesa in tal senso, è la “partecipazionecreativa”: i pazienti vanno incoraggiati a parteci-pare, quanto più precocemente e creativamentepossibile, a ogni fase della riabilitazione.Per esempio, a uno sguardo superficiale potrebbesembrare eccessiva la preoccupazione di un pazienteper un lieve, residuale deficit di forza all’arto supe-riore destro, quando egli sia perfettamente indi-pendente nelle activities of daily living (ADL). Que-sta preoccupazione viene vista, però, in una lucediversa se si tiene conto che il paziente è un orafoo un pianista o un chirurgo, impegnato in un’atti-vità che richiede grande precisione e coordinazione.Le persone con ictus, quindi, vanno incoraggiatea condividere le loro personali preoccupazioni,obiettivi e strategie per riuscire a gestire la grandevarietà di possibili livelli di disabilità e gli ambientiin cui vivono.

La vita familiare

L’ictus colpisce l’intera famiglia. Colui che soprav-vive all’ictus non è solo nel fronteggiare le miriadidi cambiamenti portati dall’ictus, né è l’unica per-sona a essere colpita da questo evento traumatico.Il mantenimento delle relazioni familiari è un fat-tore determinante che permette alla persona divivere in una comunità. Uno degli obiettivi mag-giori della “continuing care phase” deve essere ilsupporto alla relazione con i caregivers.La sfida per le famiglie e per le persone con ictusrisiede nell’abilità di adattarsi ai cambiamenti edi integrarli nella vita quotidiana in modo dariempirla di significato. Si affrontano nel dettaglioalcune problematiche specifiche.

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Problematiche funzionali“Adattarsi ai cambiamenti e integrarli nella vitaquotidiana in modo da riempirla di significato” èreso possibile, in parte, dallo ristabilire relazionicon le persone nella comunità e in famiglia.Un buon primo passo è cominciare a prendere partead attività che giocavano un ruolo importante nellavita del paziente e della sua famiglia prima dell’ictus.In questo percorso bisogna porre attenzione a dueproblematiche: una è la necessità di pensare agliadattamenti fisici e ambientali che permettono lapartecipazione del paziente, l’altra è la gestione dellapercezione del paziente di essere diventato un pesoper la famiglia e il gruppo sociale, percezione cheva affrontata con sensibilità e buona comunicazionenell’esprimere l’importanza della presenza e dellapartecipazione, a qualunque livello, del paziente.Anche la perdita della mobilità del sopravvissutoall’ictus colpisce l’intera famiglia: i membri dellafamiglia sono spesso nella posizione di essere gli“aiutanti” o i “trasportatori” del paziente.Questo comporta tutta una serie di accorgimentiimportanti, come il chiamare in anticipo un localeper informarsi delle eventuali barriere architettoni-che presenti, l’uscire di casa per tempo per adeguarsialla lentezza nei movimenti del paziente e così via.La perdita della possibilità di comunicazione è ildeficit che impatta maggiormente sulla vita delpaziente e della famiglia. L’adattamento può esseredevastante e causare frustrazione e ansia. Uno stu-dio non recente su coppie di sposi ha dimostratouna minore soddisfazione del matrimonio nellecoppie in cui vi era un paziente colpito da ictus erimasto afasico.Anche l’età è un parametro importante: i giovanicolpiti da ictus possono avere delle ripercussionidi tipo finanziario per le difficoltà nel reinseri-mento lavorativo. In questi scenari è imperativoche il processo riabilitativo tenga in considerazionela risoluzione di tali problematiche.

Problematiche psicosocialiNei pazienti il problema della modificazione del-l’immagine corporea è particolarmente rilevante:sentimenti di inutilità e impotenza sono comuni.È un assunto erroneo correlare il successo nellariabilitazione fisica con quello nella riabilitazionepsicosociale. Sono le peculiarità individuali, i va-lori personali, le esperienze di vita, insieme al sup-porto e alle reazioni dei congiunti, a determinarel’impatto psicosociale di un ictus.Di particolare importanza è la consapevolezza delruolo del paziente nella famiglia. Un fattore chiaveè quanto il paziente possa essere aiutato a riassu-mere, come si diceva, il ruolo premorboso e l’ac-cettazione di tale processo da parte della famiglia.L’obiettivo finale della famiglia deve essere quellodi restituire il paziente al “ruolo sociofamiliare pre-ictus”, per non fargli vivere l’elemento discrimi-nante di una diversità che spinge verso una sub-alternità e una rivisitazione del suo ridimensionato“peso esistenziale”.Altro aspetto del problema è che spesso il caregiverè un membro della famiglia. Numerosi problemicome depressione, ansia, perdita di libertà, pro-blemi finanziari e riduzione della partecipazionenelle attività sociali possono colpire il funziona-mento della famiglia come unità o essere speri-mentati più acutamente dal caregiver primario.Goldstein et al. hanno utilizzato la definizione di“costrizione del ruolo” per descrivere la perdita dilibertà personale che è spesso sentita dai caregivers.Questi ricercatori parlano anche di “sovraccaricodi ruolo”, per cui i caregivers sono forzati ad assu-mere una varietà di ruoli e responsabilità nuove.Più frequentemente il ruolo di caregiver diventarapidamente il ruolo di genitore e interferiscenella relazione adulto-adulto, tanto che spesso perla coppia è consigliabile trovare un estraneo per icompiti di cura.Non è inconsueto assistere, e sarebbe sempre au-

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spicabile, allo stabilirsi di un rapporto paziente-caregiver tendente verso una dinamica non sup-portiva ma “di integrazione” (soprattutto quandoil caregiver è la moglie o la compagna, meno fre-quentemente quando si ribalta il ruolo o nelle di-namiche derivanti da rapporti con altri familiario di tipo “mercenario”, badanti o similari).Il rapporto tende addirittura a diventare, soprattuttonei casi più severi, simbiotico se non addiritturaespressione di un’amorevole dinamica integrativa.La prestazione non è più del singolo, ma di unarea ltà terza, integrata con naturalezza e con reci-proca soddisfazione di una nuova identità comune.Infine, non vanno sottaciute alcune problematichesessuali descritte nel post-ictus: riduzione della li-bido, disfunzionalità erettili ed eiaculatorie e ri-duzione della soddisfazione.Anche il grado di dipendenza ha grande importanza:il partner tende ad avere un ruolo più “materno”che rende difficoltoso al coniuge con ictus prenderel’iniziativa con pensieri o azioni sessuali. L’ansia daprestazione può complicare i problemi organici.La soluzione ai problemi di mobilità sta nel trovarela posizione più funzionale e confortevole per en-trambi, anche se ovviamente la ricerca di assunzioniposturali “compatibili” limita l’implementazionedel dialogo tra corpi, riproponendo in maniera pre-potente la cruda realtà, ridimensionando in questomodo la qualità del messaggio libidico a necessitàdi appagamento prestazionale e di tentativo di su-perare un impatto di frustrazione da adempimento.Ugualmente, deficit comunicativi, sensitivi, di vi-sione possono restare iporisolti in termini di effi-cacia comunicativa di stravolgimento della “rou-tine” sessuale e, globalmente, di qualità di vita.

L’integrazione nella comunitàUn paziente può definirsi “diversamente abile”allorché la sua disabilità determini un’incapacitàdi assolvere a uno o più dei ruoli considerati nor-

mali, se comparati a esperienze di soggetti sovrap-ponibili per età, genere e cultura.Questa definizione è stata criticata dalle Associa-zioni che rappresentano persone disabili. Tali “cri-tici” suggeriscono che il termine “diversamenteabile” debba essere applicato alla limitazione neiruoli sociali causata dall’ambiente sociale.Scale che bloccano le entrate, scarso accesso altrasporto pubblico, disincentivi economici e atti-tudini pubbliche negative sono alcuni dei fattoriche possono limitare la persona con disabilità nelportare a termine i propri ruoli sociali, rendendola“non abile” o “diversamente abile”.L’accesso alle risorse è visto come parte della so-luzione ai problemi di deficit prestazionale.La tecnologia è spesso la chiave per raggiungerel’indipendenza. Individui che sono di recente di-ventati disabili si trovano a confronto con unavasta gamma di dispositivi tecnologici assistivi.Quali di questi verranno a far parte della vita quo-tidiana a casa dipende dal grado di accettazionedella disabilità da parte dell’individuo.L’attività fisica quotidiana contribuisce a un mi-glioramento della qualità di vita salute-correlata.Una recente review (2009) ha indagato le conse-guenze sociali dell’ictus nelle popolazioni di adultiin età da lavoro. Benché il processo di ritorno allavoro sia individuale e condizionato da molteplicifattori, il più robusto predittore è, di gran lunga,la severità dell’ictus.Fattori identificati come favorenti il ritorno al lavorosono la riabilitazione “vocazionale”, la flessibilitàdell’impiego, i benefit sociali e la collaborazioneda parte della famiglia e dei colleghi di lavoro.Uno studio del 2009 su coniugi di pazienti conictus ha mostrato una progressiva riduzione delcarico del “caregiving” nel tempo, probabilmentecorrelato al progressivo adattamento al ruolo.I sintomi depressivi, invece, tendono progressi-vamente a crescere, in conseguenza di una ridu-

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zione delle relazioni sociali e di riduzione nell’ar-monia della relazione di coppia. Gli autori sugge-riscono un approccio riabilitativo a lungo terminecentrato sulla famiglia, con particolare attenzioneagli stati depressivi, all’armonia nella relazione dicoppia e alla cura delle relazioni sociali.Uno studio tedesco del 2010 ha rimarcato l’efficaciadell’“intensive pharmaceutical care” nel prevenire ildeterioramento della maggior parte dei parametridell’Health-Related Quality of Life (HRQoL) in 12mesi. Questo programma comprendeva interviste dicounseling intraospedaliero sui farmaci, sui loro effettiavversi e sui dosaggi. Al paziente veniva poi conse-gnata una scheda dettagliata sulla propria terapia.Tale cura proseguiva anche al domicilio, coinvol-gendo il medico di medicina generale e il farmacista. C’è una moderata evidenza che un migliorato sup-porto sociale migliori l’outcome, a dispetto dellamancanza di studi clinici randomizzati.Vi è anche una forte evidenza di un effetto positivodell’educazione familiare quando si assume unapproccio educazionale e di counseling.Il deterioramento nelle attività sociali e di svago ècomune nel post-ictus. Non c’è una chiara evi-denza sul beneficio di un intervento su questeproblematiche.I sopravvissuti all’ictus si confrontano, nel primoanno, con varie difficoltà nella partecipazione adattività essenziali per la vita sociale e di comunità.Assistere queste persone nella ridefinizione dellapropria identità, dopo l’ictus, potrebbe essere unimportante aspetto della riabilitazione post-ictus.

Il percorso assistenziale nel “post-acuto”: il punto di vista dei pazienti e delle loro famiglie

I risultati di una ricercaNell’analisi dei percorsi assistenziali, un punto divista di estremo interesse è quello espresso dai pa-

zienti e dalle famiglie, su cui in gran parte ricadel’assistenza di un malato colpito da ictus dopo lafase acuta. In particolare, questo aspetto, tra gli altri, è statoaffrontato nella ricerca “I costi sociali e i bisogni as-sistenziali dei malati di ictus cerebrale”, realizzatadalla Fondazione Censis insieme alla FederazioneALICe Italia Onlus (Associazione per la Lotta al-l’Ictus Cerebrale) e al Dipartimento di Scienze Neu-rologiche e Psichiatriche dell’Università degli Studidi Firenze, nell’ambito di un più ampio progettodel CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione eil Controllo delle Malattie) del Ministero della Sa-lute, coordinato dal Prof. Domenico Inzitari.Lo studio è stato effettuato su un campione di474 pazienti colpiti da ictus, di cui sono stateanalizzate nel dettaglio le condizioni cliniche, as-sistenziali e sociali attraverso interviste face to faceal caregiver familiare realizzate sull’intero territorionazionale da ALICe e dalle Associazioni locali.Il campione di pazienti colpiti da ictus è stato co-struito a partire da un piano di campionamentobasato sui dati di prevalenza della malattia conte-nuti nelle Linee guida italiane per la prevenzionee il trattamento dell’ictus cerebrale (SPREAD). Ilcampione di intervistati effettivamente inclusinello studio risulta essere sostanzialmente coerentecon il piano prestabilito, per quanto concerne siala distribuzione territoriale sia la composizioneper età. Inoltre, tra i criteri di inclusione è statoconsiderato anche il tempo intercorso dall’evento(tempo trascorso dall’evento non inferiore ai 6mesi e non superiore ai 2 anni).I pazienti coinvolti nell’indagine sono prevalen-temente persone anziane e molto anziane. L’81,8%ha più di 65 anni e il 30,7% è ultraottantenne.L’età avanzata, che rappresenta un fattore di rischiomolto significativo nell’incidenza della malattia,caratterizza dunque nettamente la popolazionedegli ammalati confluiti nel campione.

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Nel 78,3% dei casi i pazienti hanno avuto unictus ischemico e nel 52,8% il loro livello di disa-bilità (misurato con la scala di Rankin) è pari osuperiore a 4 (disabilità moderata/grave o grave),mentre è il 45,6% presenta il livello 3 (disabilitàmoderata). Va inoltre sottolineato il fatto chel’88,8% dei pazienti inclusi nello studio godevadi autosufficienza totale prima dell’ictus e il 10,5%di autosufficienza parziale, a testimoniare che èdi fatto l’evento cerebrovascolare la causa dellaloro non autosufficienza attuale (Tabella 7.2).Inoltre, il 58,0% dei pazienti è affetto anche damalattie cardiovascolari, che rappresentano il fat-tore di esposizione all’ictus più importante e checon ogni probabilità hanno contribuito a deter-minare l’insorgere dell’evento in questi pazienti.Infatti, proprio le forme di patologia cardiaca

fortemente associate a un aumento del rischio diictus sono quelle più frequenti tra i pazienti in-dagati che hanno dichiarato di avere anche unacardiopatia: si tratta della fibrillazione atriale, cheinteressa il 37,7% di questo sottogruppo. L’infartodel miocardio ha colpito invece il 17,2%, l’in-sufficienza cardiaca viene indicata dal 19,0% degliintervistati, mentre una percentuale molto signi-ficativa del campione ha risposto di soffrire diun altro tipo di patologia cardiaca (il 37,4%)[Tabella 7.3].Sempre rimanendo in tema di comorbidità, quasila metà del campione (il 48,0%) presenta anchemalattie osteoarticolari, che spesso sopravvengonocon la perdita della mobilità e la riduzione delcontrollo motorio causate dai danni neurologicidell’ictus, oltre che con l’avanzare dell’età. Traqueste le più frequenti sono le artrosi, di cui soffreil 76,1% degli ammalati che presentano questotipo di patologie. Il 7,8% ha invece sofferto lafrattura del femore, il 10,6% ha una protesi arti-colare, mentre il 22,0% riporta problemi osteo-articolari di altro genere (Tabella 7.4).Il quadro clinico piuttosto critico di questi pazientidetermina, dunque, bisogni assistenziali di unacerta complessità e anche nella fase post-acuta ri-chiede una serie articolata di interventi spesso ge-

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Tabella 7.2 Il profilo dei pazienti (val. %)

Distribuzione per classi di etàFino a 64 anni 18,1Da 65 a 70 anni 13,2Da 71 a 75 anni 16,6Da 76 a 80 anni 21,3Oltre 80 anni 30,7

Tipologia di ictusEmorragico 19,3Ischemico 78,3Non definito/non sa 2,4

Livello di disabilità (scala di Rankin) 0,81. Non disabilità significativa nonostante la presenza di sintomi; in grado di eseguire le normali attività quotidiane

2. Disabilità lieve; non in grado di eseguire 0,8le abituali attività quotidiane, ma capace di badare a se stesso senza bisogno di aiuto

3. Disabilità moderata; richiede aiuto, 45,6ma è in grado di deambulare senza assistenza

4. Disabilità moderatamente grave; incapace 39,8di deambulare e di provvedere alle sue esigenze personali senza assistenza

5. Disabilità grave, allettato; incontinente; 13,0richiede assistenza infermieristica continuativa

Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Tabella 7.3 Le comorbidità cardiache, per genere del pa-ziente (val. %)

Uomini Donne Totale

Presenza di malattie cardiacheSì 55,6 60,3 58,0No 44,4 39,7 42,0

In particolare si tratta di…Fibrillazione atriale 29,5 45,1 37,7Insufficienza cardiaca 20,2 18,1 19,0Infarto 24,0 11,1 17,2Dispnea da sforzo 6,2 1,4 3,7Altro 36,4 38,2 37,4

Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

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stiti in proprio dalle famiglie attraverso la figurachiave del caregiver.I caregivers, che sono i soggetti che hanno mate-rialmente partecipato all’indagine e risposto alle

domande del questionario, sono nella maggio-ranza dei casi donne (75,7% contro il 24,3% diuomini) e convivono con il paziente (66,2%). Ilrapporto di parentela che li lega ai pazienti variain modo estremamente significativo a seconda delgenere dei pazienti: nel caso dei pazienti di sessomaschile, infatti, si tratta nella maggior parte deicasi delle mogli (54,3% contro il 32,9% di figli/eo nuore/generi), mentre le pazienti donne sonoassistite soprattutto da figlie, figli o nuore (46,2%dei casi contro il 37,5% dei mariti) [Figura 7.2].Un importante indicatore della complessità deicompiti assistenziali legati alla presa in carico diun paziente colpito da ictus che torna al propriodomicilio è dato dagli effetti del carico di cura

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Tabella 7.4 Le comorbidità osteoarticolari, per generedel paziente (val. %)

Uomini Donne Totale

Sì 34,1 61,4 48,0No 65,9 38,6 52,0

Artrosi diffuse 78,7 74,8 76,1Protesi articolare 6,7 12,6 10,6Frattura del femore 2,7 10,5 7,8Altro 28,0 18,9 22,0

Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Figura 7.2 Il profilo dei caregivers (val. %). Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Nessuna parentelaAltra parentela

Figlio/a o nuora/generoConiuge/convivente

Il genere dei caregivers La parentela dei caregivers con il paziente

Convivenza con il paziente

66,2

7,2

26,6

Pazientiuomini

54,3

32,9

75,7 24,3

64,0 36,0

87,6 12,4

7,3

5,6

21,0

59,2

13,0

6,7

37,5

46,2

10,2

6,1

Pazientidonne

Totale

Totale

Pazientidonne

Pazientiuomini

Caregivers donne Caregivers uomini

Vive in casa con il pazienteVive in altra abitazione nello stesso Comune Vive in un altro Comune

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sulla vita del caregiver. Si tratta di un impatto as-solutamente dirompente: il 77,6% di essi indicache in seguito all’esperienza assistenziale la suaqualità della vita è peggiorata (55,2%) o moltopeggiorata (22,4%), e per il 55,7% di essi il coin-volgimento in questi compiti implica, infatti, unarinuncia totale al tempo libero.Naturalmente questa situazione così onerosa sottoil profilo del carico familiare dipende molto dallastruttura d’offerta garantita ai malati dopo la di-missione ospedaliera, che appare caratterizzatadalla dimensione sanitaria.In particolare, nel panorama di servizi di cui i pa-zienti usufruiscono dopo l’ospedalizzazione unruolo centrale spetta alla riabilitazione. Infatti,quasi l’intera popolazione di ammalati che ne ne-cessita usufruisce delle terapie riabilitative. Si trattadel 77,8% dei pazienti e nella quasi totalità deicasi (98,8% di chi vi si è sottoposto) si è trattatodi riabilitazione per le conseguenze dirette del-l’ictus. Le percentuali di chi non ne ha potutousufruire per motivi quali costi, liste di attesa eassenza del servizio nella zona sono esigue (circail 5% in tutto), mentre il 5,8% non ne ha usu-fruito per altre ragioni. Nel 12,3% dei casi i pa-zienti non ne hanno avuto invece bisogno (Tabella7.5). Pressoché analoga è la percentuale di pazienti

che utilizzano ausili e presidi di qualche genere(il 77,6%). Quelli di cui si necessita più frequen-temente sono legati a:• problemi di incontinenza (i pannoloni sono

indicati dal 65,5% dei rispondenti che hannofatto riferimento all’utilizzo di ausili);

• limitazioni della mobilità (sedia a rotelle 59,9%,bastoni o stampelle 27,4%, deambulatore o gi-rello 20,9%, tripodi o quadripodi 19,8%);

• condizione di allettato o postura seduta (il ma-terasso antidecubito è indicato dal 33,9% e illetto ortopedico dal 36,6%).

Meno diffusi risultano essere i montascale (circa4,7%), i sollevatori sedie (7,4%) e i sedili rialzati(circa 6,8%) [Tabella 7.6].Tranne che per il 7,4% dei casi, i pazienti usu-fruiscono dell’esenzione per i farmaci per l’ictus,che vengono rimborsati interamente dal ServizioSanitario Nazionale (61,4%), oppure acquistati

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Tabella 7.5 Il ricorso alle terapie riabilitative dopo la di-missione (val. %)

Sì 77,8

No, perché non prescritte 12,3

No, perché non fruibili per liste di attesa 2,6

No, perché non fruibili per i costi 0,9

No, perché non fruibili per problemi logistici 1,3

No, perché non disponibili nella zona 0,4

No, per altro motivo 5,8

Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte.Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Tabella 7.6 Il ricorso ai presidi e agli ausili a causa del-l’ictus (val. %)

Sì 77,6

No 20,9

Presidi utilizzati

Pannoloni 65,5

Sedia a rotelle 59,9

Letto ortopedico 36,6

Materasso antidecubito 33,9

Bastoni/stampelle 27,4

Deambulatore/Girello 20,9

Tripode/Quadripode 19,8

Altro 10,3

Sollevatori sedie 7,4

Sedili rialzati 6,8

Montascale 4,7

Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte.Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

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dietro pagamento del ticket (31,2%) [Tabella 7.7].Dopo la degenza ospedaliera e il ritorno a casadel paziente, il servizio di assistenza domiciliareserve invece solo circa un quarto della popola-zione, offrendo soprattutto prestazioni di caratteresanitario.Dell’assistenza domiciliare usufruisce infatti il26,2% dei pazienti e si tratta principalmente diinterventi e servizi sanitari, infermieristici e riabi-litativi (il 73,6% degli interventi indicati è di que-

sta tipologia) e, in misura molto più contenuta(pari all’11,0%), prestazioni dei servizi sociali deiComuni (cura della persona, preparazione dei pa-sti, pulizie, sostegno psicosociale). La formula in-tegrata tra servizi di tipo sanitario e socioassisten-ziale si riscontra, invece, nel 15,3% dei casi in cuila famiglia riceve qualche genere di assistenza do-miciliare (Tabella 7.8).Non è un caso, quindi, che per le attività di curadella persona di natura più socioassistenziale larisorsa esterna alla famiglia maggiormente impie-gata sia la badante, cui ricorre il 38,7% delle fa-miglie intervistate. Questo tipo di supporto è fre-quente soprattutto nelle Regioni settentrionali ecentrali (dove il dato supera il 40%), mentre alSud e Isole si ferma al 28,8%.Lo stipendio mensile che mediamente le famigliecorrispondono alle badanti varia anch’esso a se-conda dell’area geografica, per cui al Nord-Est ildato raggiunge i 951,40 euro, contro i 687,30euro del Sud e Isole.I costi vengono sostenuti principalmente dalla fa-miglia, mentre l’indennità di accompagnamentorappresenta la forma di sostegno economico pub-blico più diffusa integrando la disponibilità fa-miliare in un terzo dei casi (Figura 7.3).

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Tabella 7.7 Esenzione totale per i farmaci per l’ictus(val. %)

Sì, esenzione totale 61,4

No, paga solo il ticket 31,2

No 7,4

Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Tabella 7.8 Tipo di assistenza domiciliare di cui usufrui-scono (base 26,2%) [val. %]

Sostegno psicosociale, pulizia della casa, igiene 11,0

Interventi di natura sanitaria, infermieri riabilitatori 73,7

Terzo livello-ADI 15,3

Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

I percorsi assistenziali nel post-acuto e i rapporti con il territorio 7

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TAKE HOME MESSAGES

L’assistenza territoriale al paziente con esiti di ictus viene esaminata considerando quattro “dimensioni”. Innanzitutto, viene evidenziata l’esigenza di assicurare a queste persone una continuità tra le cureiniziate in ospedale e quelle necessarie al rientro al domicilio, attraverso percorsi e strumenti che impe-discano l’interruzione del percorso assistenziale avviato. Un secondo aspetto indagato è il ruolo del medico di medicina generale di fronte alla persona con esitidi ictus, rilevante non solo nella fase seguente all’episodio acuto, ma anche nella prevenzione e nel con-trollo dei fattori di rischio. La terza dimensione riguarda l’adattamento e il reinserimento sociale del paziente con esiti di ictus, darealizzarsi considerando il vissuto della persona, la famiglia in cui vive e la comunità in cui è inserito.Infine, il quarto argomento approfondito è rappresentato dal punto di vista espresso dai pazienti edalle famiglie, su cui in gran parte ricade l’assistenza di un malato colpito da ictus dopo la fase acuta. Inparticolare, questo tema è affrontato attraverso l’analisi dei risultati di una recente ricerca su “I costisociali e i bisogni assistenziali dei malati di ictus cerebrale”.

Figura 7.3 (A) Il ricorso alle badanti (val. %) e (B) lo stipendio medio mensile della badante (val. in €). Fonte: IndagineALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Nord-OvestA

B

Nord-Est

Centro

Sud e Isole

Totale

Sì Sì, ma c’era anche prima dell’ictus No

864,5

951,4

687,3

830,3

828,9

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud e Isole

Totale

42,7 0,9 56,4

39,1 3,1 57,8

40,6 2,8 56,6

26,4 2,4 71,2

36,5 2,2 61,2

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Ministero della Salute

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8. La comunicazione

Negli ultimi decenni del secolo scorso, i progressidell’industria farmaceutica e della ricerca clinica ingenerale hanno prodotto molecole utilizzabili perla terapia in acuto dell’infarto cerebrale sempre piùefficaci e sicure; dai primi passi con uro- e strepto-chinasi fino a rtPA, si è arrivati a sperimentare, consuccesso, metodiche di riperfusione non farmaco-logiche (trombectomia meccanica e con ultrasuoni).La possibilità di effettuare efficacemente terapie diriperfusione nelle primissime ore dall’evento acutoè diventata parte fondamentale del bagaglio cultu-rale e operativo del neurologo dell’urgenza. Nel Capitolo 2 è stato affrontato come si potrebbeincidere, organizzativamente, per ridurre al mi-nimo l’intervallo temporale che separa il momentoin cui viene chiesto aiuto da parte del paziente e/odei familiari al momento del ricovero nell’ambienteospedaliero più appropriato al singolo caso (no-minato “tempo di accesso”). Va comunque ricor-dato che anche nella migliore delle condizioni pos-sibili, solamente una minoranza dei pazienti conictus acuto rientrerà nei criteri per ricevere un trat-tamento di trombolisi e che invece la stragrandemaggioranza non rientrerà in detti criteri, ma cheil ricovero in Stroke Unit è comunque vantaggiososia per il paziente (minore mortalità e minori esiti),sia per l’assistenza nazionale (minore durata delladegenza, minori esiti invalidanti).

In questo Capitolo sarà riportato il ruolo giocatodalla conoscenza e dalla consapevolezza della ma-lattia sulla precocità delle cure, insieme con unpiano di comunicazione per favorire il precoce ri-conoscimento dei sintomi di allarme e l’immediatarichiesta di aiuto da parte della popolazione ge-nerale. L’intervallo di tempo che separa l’esordio dei sin-tomi dal momento in cui il paziente diviene con-sapevole che questi possono essere causati da unictus viene nominato “tempo di consapevolezza”:tanto più questo tempo è breve, tanto minore saràil tempo che separa l’insorgenza dei sintomi dalla ri-chiesta di soccorso (cioè il “tempo di aiuto”) e, quindi,l’ospedalizzazione.Questo concetto, peraltro intui-tivo, ha anche solide basi di evidenza scientifica.Nei primi anni del Ventunesimo secolo, infatti,un elevato numero di studi clinici e di review haanalizzato le cause del ritardato ricovero del pa-ziente. Purtroppo, i dati emersi sono sconfortanti:la mag gior parte dei pazienti con ictus acuto nonriceve un’adeguata tera pia perché non raggiunge ab-bastanza precocemente l’ospe dale. La percentualedi pazienti che arrivano in ospedale in tempo perla riperfusione è piuttosto bassa, essendo compresatra il 28% e il 37%; se a questa percentuale si tol-gono i casi che presentano controindicazioni allaterapia, si arriva al dato oggettivo di trattamento

n. 14, marzo-aprile 2012

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del 3% di tutti gli ictus ospedalizzati. Appare evi-dente come questo approccio terapeutico, il soloa oggi in grado di evitare la disabilità grave e per-manente delle persone colpite da infarto cerebrale,sia appannaggio di una sparuta minoranza di casi,se confrontata al numero di pazienti che potreb-bero giovarsene. Inoltre, in molti pazienti con rottura di aneurismal’emorragia subaracnoidea (ESA) non viene rico-nosciuta oppure il paziente viene portato in unospedale non idoneo a trattare un aneurisma ce-rebrale, con grave rischio di nuovi sanguinamentio di altre gravi complicazioni.Tra le molteplici cause di ritardato ricovero, laparte del leone è giocata da cause attinenti la con-sapevolezza del paziente di aver subito un ictuscerebrale e al disconoscimento che esistono terapieche, se somministrate precocemente, possonocambiare radicalmente il suo destino clinico. Se-condo alcuni autori, le ragioni di questa mancanzasono una scarsa conoscenza dei sintomi di allarme,la rilut tanza a cercare soccorso immediato, la man-cata perce zione dell’ictus come emergenza anche daparte dei sanitari e lo scorretto inquadramento sin-dromico da parte del personale sanitario non esperto.In particolare, è riportato che gli elementi che in-cidono maggiormente sull’intervallo che separal’esordio dell’evento e l’arrivo in ospedale sono ilmancato riconoscimento dei sintomi dell’ictus eil con sulto di un medico di medicina generale.Uno studio osservazionale italiano ha evidenziatoche, se è consultato un sanitario, il tempo che se-para il momento in cui il paziente si rende contoche “qualcosa non va” e il momento in cui il pa-ziente arriva in ospedale diviene esageratamentelungo (circa 4 ore).Solo un terzo dei pazienti è consapevole di esserecolpito da ictus; precedenti studi hanno dimostratoche il 39-75% delle persone non è capace di ri-conoscere i segni iniziali di un probabile ictus ce-

rebrale. Uno studio europeo del 2004 ha stimatoche solo il 21% dei pazienti colpiti da ictus haconsapevolezza di malattia; nello stesso studio,solo il 25,6% dei casi contattava immediatamenteil servizio di emergenza, mentre, addirittura, ipazienti con ictus più severo preferivano rivolgersial medico di medicina generale o ad altro sanita-rio, piuttosto che chiamare i mezzi di soccorso oricoverarsi direttamente, ritardando così ulterior-mente l’arrivo in ospedale. Neppure l’esperienzapersonale sembra servire: solo il 30% dei pazientiricoverati per un nuovo ictus cerebrale ha affer-mato che si aspettava che questo potesse manife-starsi con i sintomi che avevano motivato il nuovoricovero, vale a dire che l’essere già stati colpitida un ictus non si associava in modo significativoa una maggiore capacità di riconoscerne i sintomid’esordio.Certamente altre patologie acute, come l’infartomiocardico, si manifestano con sintomi che faci-litano il sospetto e l’accesso in ospedale, tanto chealla presenza di una sintomatologia meno allar-mante rispetto al classico dolore toracico anche ipazienti meno scolarizzati corrono in ospedale.La sintomatologia ictale, invece, per la sua varietàdi presentazione è frequentemente molto menoallarmante. Una strategia considerata vincentedalle Istituzioni sanitarie e dalle Società scientificheinternazionali che hanno promosso campagne diinformazione sul tema è stata la focalizzazione sudue-tre aspetti della sintomatologia (disturbo diforza, disturbo del linguaggio, disturbo della mar-cia ecc.) [campagna FAST: Face, Arm, Speech, andTime]; questa strategia potrà senz’altro essere con-siderata anche nel nostro Paese come efficace permigliorare la conoscenza e la consapevolezza dellapopolazione italiana di questa malattia.Tanto è stato già fatto: una review americana del2009 riporta una graduale riduzione annua deltempo “door to needle”, cioè dell’intervallo tra l’ar-

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Ministero della Salute

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rivo in ospedale e l’inizio delle terapie, e di tutti itempi intermedi. Rimane comunque moltissimoda fare: il successo nella gestione dell’ictus acutocomincia dal fatto che, analogamente a quantoaccade per l’infarto miocardico acuto (IMA) o untrauma grave, 1’ictus venga riconosciuto come unamalattia che se trattata con i dettami dell’“emer-genza” è curabile. Cinque sono le azioni su cui concentrare l’infor-mazione:• riconoscimento rapido dei sintomi e segni di

allarme del l’ictus;• richiesta immediata di soccorso ai servizi di

emergenza medica; • assegnazione di un codice di “alta priorità”;• trasporto immediato all’ospedale appropriato,

previo suo pre-allertamento;• inquadramento diagnostico e trattamento in

ospedale secondo standard temporali prefissatie condivisi.

Il ruolo dei servizi dell’emergenza è di particolareimportanza: in uno studio di Sacchetti et al. del2005, gli unici casi che avevano raggiunto l’ospe-dale entro 1 ora dall’evento erano quelli che ave-vano chiesto il primo soccorso al Sistema del-l’Emergenza Sanitaria Regionale 118; in un lavoropubblicato da un gruppo di medici statunitensisi è osservato che su 429 casi diagnosticati di ictussolo per il 38% è stato attivato il servizio di emer-genza medica, per il 29% non è stato chiesto soc-corso e per il 25% dei casi è stato contattato perprimo un familiare o un amico. A dimostrazionedell’importanza di educare a far riconoscere pre-cocemente i segni di tale patologia anche ai datoridi lavoro, gli stessi autori hanno evidenziato che,se il soggetto è colpito da ictus nell’ambiente dilavoro, in meno dell’81% dei casi viene attivatoun servizio medico di emergenza. Un altro aspetto di rilievo è l’accuratezza della dia-gnosi iniziale da parte di un gruppo di professio-

nisti. Il personale delle ambulanze può dare unavalutazione falsamente posi tiva, con una sovrastimadel 50% circa; anche tra il perso nale paramedicoistruito la sovrastima è del 25%. Tuttavia, questodato può essere modificato da un trai ning adeguato.Anche i medici hanno bisogno di essere ben istruitinel riconoscere i sintomi e i segni dell’ictus acutoed educati a inviare immediatamente i pazienti auna Stroke Unit. Il personale medico deve essereaddestrato a riconoscere la presentazione acuta del-l’ictus ischemico e in grado di far fronte alle com-plicanze precoci dell’ictus. L’addestramento do-vrebbe includere la capacità di fare un esame me-dico focalizzato sulla valutazione del livello di co-scienza, sulla presenza di segni focali e di crisi epi-lettiche, sul riconoscimento dell’afasia o di altri di-sturbi cognitivi. II concetto “Time is brain” deveessere appreso da tutti coloro che sono coinvoltinella catena della sopravvivenza per 1’ictus. Nonva concessa alcuna perdita di tempo quando il pa-ziente arriva in ospedale e i ritardi intraospedalierivanno documentati negli ospedali che ricevonopazienti con ictus acuto; benché ciò non si sia ri-velato sufficiente per evitare perdite di tempo, puòcomunque considerarsi efficace nella prevenzionedei ritardi intraospedalieri. Appare evidente che il precoce riconoscimentodei segni d’allarme di un evento cerebrovascolareacuto e il rapido ricovero richiedono interventiinformativi e di educazione sanitaria adeguati. Loscopo delle iniziative di pubblica informazione èpermettere e incoraggiare la popolazione generalea rico noscere immediatamente i sintomi dell’ictus,a rendersi conto che è urgente un’attenzione me-dica e a utilizzare i servizi di emergenza per il tra-sporto immeditato in un ospedale adeguatamenteattrezzato. Le proposte educative dovrebbero essererivolte ai pazienti a rischio di ictus, ai loro fami-liari, alle assistenze o ai collaboratori e ai datori dilavoro. Istruire la popolazione sui sintomi e segni

La comunicazione 8

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dell’ictus è una delle prime priorità dell’educazionemedica pubblica. Tutto ciò evidenzia la necessità di utilizzare tutte leopportunità offerte dai mezzi di comunicazione dimassa, dalla rete territoriale di assistenza, dalla so-cietà civile, per avviare un programma istruttivonella popolazione riguardo la consapevolezza diche cos’è l’ictus cerebrale, di come si manifesta edel fatto che è possibile fare qualcosa per arrestarneil decorso clinico se ci si rivolge, quanto prima pos-sibile, al sistema di emergenza territoriale.

La campagna di comunicazione (Figura 8.1)

Si sta sempre più affermando in sanità un modellodi comunicazione che vede due ambiti di intervento: • la comunicazione sanitaria (informazione sui

servizi);• la comunicazione per la salute (anche attraverso

l’utilizzo delle tecniche di comunicazione perpromuovere sani stili di vita e, in senso piùlato, la prevenzione).

Nel primo caso, la comunicazione svolge una fun-zione essenziale di raccordo fra cittadini e servizisanitari: avvicina gli operatori della sanità ai cit-tadini-utenti, divulgando una corretta informa-zione a garanzia dei valori di equità, accessibilità,efficacia e appropriatezza dell’assistenza. Nel secondo caso la comunicazione è leva strate-gica per la promozione della salute e favorisce il

realizzarsi di un’azione sinergica fra i diversi settoridella società (Enti, Istituzioni, soggetti sociali ecittadini), indispensabile per incidere sui molte-plici determinanti che condizionano la salute. Questo approccio è applicabile anche alle patolo-gie cerebrovascolari, dove è possibile intervenirenei due ambiti:• comunicazione sanitaria: informazione sulla

rete dei servizi dedicati alla cura dell’ictus ce-rebrale e sulle modalità e criteri per accedervi(cittadini e operatori), diffusione dei PercorsiDiagnostico-Terapeutici (PDT) [operatori];

• comunicazione per la salute: autoriconosci-mento di sintomi e segni di allarme ai fini diun precoce intervento, diffusione di informa-zioni per corretti stili di vita e comportamentalial fine di prevenire le recidive e riprendere una“vita normale”.

Le azioni, nei due ambiti, possono essere efficace-mente strutturate in un “Piano di comunicazione”.A titolo esemplificativo, nei paragrafi seguentisono riportate alcune indicazioni su come strut-turare un piano di comunicazione.Il piano deve definire un obiettivo strategico: peresempio, favorire nei pubblici di riferimento unamaggiore conoscenza del servizio e delle sue po-tenzialità, dei percorsi per accedervi e delle ap-propriate indicazioni per il suo utilizzo (comuni-cazione sanitaria), oppure sensibilizzare la popo-lazione sull’importanza di un precoce riconosci-mento dei sintomi e segni dell’ictus, sugli stili divita in grado di prevenirne l’insorgenza o la reci-diva ecc. (comunicazione per la salute).Occorre poi individuare i destinatari delle azionidi comunicazione, che, in genere, possono esserericondotti a due macrocategorie:• gli operatori dei servizi sanitari e sociosanitari;• i cittadini.Va rimarcata l’importanza di azioni sinergiche suqueste due macrocategorie e di non limitare gli

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Figura 8.1 Gli ambiti della comunicazione.

Operatori Cittadini

Autoriconoscimentodei sintomi e segni

di allarme, prevenzionedelle recidive

Conoscenzadei PDT

Conoscenzadella retedei servizi

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interventi alla sola popolazione. Molto spesso l’as-sistito, infatti, di fronte a messaggi che riguardanola salute, tende a rivolgersi a operatori sanitari difiducia (medico di famiglia, ASL, ambulatori) peravere chiarimenti e conferme al riguardo. Ne derivala necessità che gli operatori sanitari del territoriosiano coinvolti e informati sia sulle modalità chesui contenuti delle azioni di comunicazione, cosìda realizzare una comunicazione sinergica e a rin-forzo dei messaggi rivolti ai cittadini.Le due macrocategorie possono, a loro volta, esseresuddivise e segmentate in gruppi omogenei e si-gnificativi. In particolare, nel “target” operatori vanno ricom-presi: • i medici di famiglia; • gli operatori delle Stroke Unit; • gli operatori della rete dell’emergenza (Pronto

Soccorso ospedalieri, Centrali del 118, ambu-lanze);

• gli operatori dei servizi di assistenza domiciliare(di natura sociosanitaria – accreditati per ilvoucher – e socioassistenziale – accreditati peri voucher sociali o servizi di assistenza domici-liare comunali);

• gli operatori degli Uffici di Relazione con ilPubblico;

• i medici della continuità assistenziale; • i medici delle Residenze Sanitarie Assistenziali

(RSA) e dei Centri diurni integrati per anziani;• i medici delle strutture riabilitative;• gli operatori di Associazioni di volontariato o

di tutela degli anziani (sindacati dei pensionati,patronati ecc.).

Nel secondo segmento di destinatari sono raggrup-pate categorie potenzialmente interessate, in mododiretto o indiretto (familiari, caregivers), all’utilizzodei messaggi quali:• soggetti a rischio di patologie cerebrovascolari

frequentanti gli studi dei medici di famiglia;

• soggetti frequentanti (in regime di degenza oambulatoriale) le divisioni di Neurologia;

• i soggetti in assistenza domiciliare (sociosani-taria e socioassistenziale);

• le persone frequentanti i Centri diurni per an-ziani;

• la popolazione generale.Vanno coinvolti anche i portatori di interesse ter-ritoriali (stakeholders), gli Enti locali, gli organidi informazione.Infine, le campagne di comunicazione possono ef-ficacemente essere realizzate in partnership conorganizzazioni di volontariato “specializzate”, comel’Associazione ALICe, ampiamente diffusa sul ter-ritorio nazionale. La strategia da adottare sarà di tipo differenziato.Gli obiettivi, i mezzi e i contenuti della comuni-cazione risulteranno differenti in base al pubblicoa cui sono destinati. Lo stile comunicativo sarà di tipo misto, operandoun mix tra lo stile educativo/formativo e lo stileinformativo.In termini strettamente operativi occorre consi-derare che in un’epoca di “ipercomunicazione” ladifficoltà maggiore nella realizzazione di iniziativedi comunicazione in ambito sanitario è quella diriuscire a raggiungere in maniera mirata uno spe-cifico target di riferimento. Va anche aggiunto, aquesto rilievo, che l’aumento della complessitàdelle informazioni da fornire, la numerosità e ladiversità della composizione del pubblico con ilquale rapportarsi in questo caso specifico sugge-riscono, oltre che la ricerca di una perfetta corri-spondenza tra obiettivi, destinatari e canali co-municativi, anche l’adozione di una strategia dimulticanalità, in modo da raggiungere il maggiornumero di soggetti previsti.Tenendo presente quest’ottica, un esempio di in-terventi da attuare è riportato nelle Tabelle 8.1,8.2 e 8.3.

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La comunicazione 8

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Ministero della Salute

Tabella 8.1 Operatori

Target Obiettivi comunicativi Strumenti

Medici di famiglia

Operatori delle Stroke Unit

Operatori della rete dell’emergenza (Pronto Soccorso ospedalieri, Centrali del 118, ambulanze)

Operatori dei servizi di assistenzadomiciliare di natura sociosanitaria(accreditati per il voucher)

Operatori dei servizi di assistenzadomiciliare socioassistenziale (accreditati per i voucher sociali o servizi di assistenza domiciliare comunali)

Operatori del Centro Informazioni e Relazioni con il Pubblico (CIRP) della ASL Milano Due

Medici della continuità assistenziale

Medici delle Residenze SanitarieAssistenziali e dei Centri diurni integrati per anziani

Medici delle Strutture riabilitative

Operatori di Associazioni di volontariato o di tutela degli anziani (sindacati dei pensionati, patronati ecc.)

• Spazio specifico all’interno di iniziative di formazione

• Diffusione dei PDT elaborati e condivisi

• Diffusione e illustrazione dei PDT da partedei responsabili

• Diffusione e illustrazione dei PDT (ancheattraverso incontri informativi/formativi)

• Diffusione e illustrazione dei PDT (ancheattraverso incontri informativi/formativi)

• Diffusione dei PDT (formato divulgativo)

• Diffusione e illustrazione dei PDT (ancheattraverso incontri informativi/formativi)

• Spazio specifico all’interno di iniziative di formazione

• Diffusione dei PDT elaborati e condivisi

• Diffusione e illustrazione dei PDT (ancheattraverso incontri informativi/formativi)

• Diffusione e illustrazione dei PDT (ancheattraverso incontri informativi/formativi)

• Diffusione dei PDT (formato divulgativo)[anche attraverso incontri informativi/formativi]

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PercorsiDiagnostico-Terapeutici (PDT)

• Conoscenza della rete, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

• Conoscenza della rete, delle modalità e dei criteri per accedervi, dei PDT

Tabella 8.2 Portatori di interesse territoriali (stakeholders)

Target Obiettivi comunicativi Strumenti

Enti locali

Organi di informazione

• Illustrazione del progetto al consiglio dirappresentanza e alla conferenza dei sindaci

• Contatto diretto con giornalisti locali(stampa e televisione) per promuovereinterviste ai responsabili delle Stroke Unit e medici di famiglia

• Condivisione e sostegno al progetto

• Sostegno al progetto

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L’integrazione con gli interventi di educazione sanitaria

Le azioni previste dal piano potranno essere com-pletate dalle campagne sui corretti stili di vita,eventualmente già pianificate, in un’ottica di mixdi strumenti informativi/formativi.In questo modo sarà inoltre possibile costruireun Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale(PDTA) della comunicazione, nel quale gli obiet-tivi, le azioni e il target possono essere così col-locati:

• autoriconoscimento precoce dei sintomi di ic-tus (fase preospedaliera), target: popolazionegenerale;

• prevenzione delle recidive (fasi precoci post-dimissione), target: pazienti con esiti recentidi ictus;

• ripresa della vita normale e interventi di coun-seling da parte del medico di famiglia (fase diconsolidamento clinico-funzionale), target: pa-zienti con esiti di ictus consolidati e seguitidal medico di medicina generale.

La Figura 8.2 sintetizza le “tappe” del PDTA.

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Tabella 8.3 Assistiti

Target Obiettivi comunicativi Strumenti

Soggetti a rischio di patologiecerebrovascolari frequentantigli studi dei medici di famiglia

Soggetti frequentanti (in regime di degenza o ambulatoriale) le Divisioni di Neurologia

Soggetti in assistenzadomiciliare (sociosanitaria e socioassistenziale)

Persone frequentanti i Centridiurni per anziani

Popolazione generale

• Opuscoli e manifesti illustrativi• Counseling da parte del medico di famigliain situazioni a rischio

• Opuscoli e manifesti illustrativi• Counseling da parte del medico ospedaliero

• Opuscoli illustrativi (diffusi dagli operatoriche accedono per l’assistenza)

• Opuscoli e manifesti illustrativi• Eventuali incontri diinformazione/formazione da parte di medicidelle Stroke Unit/medici di medicinagenerale

• Comunicati stampa ai media locali, ai periodici comunali e parrocchiali

• Pagina specifica, comune e condivisa nei siti web dei soggetti coinvolti (ASL,strutture ospedaliere, Comuni ecc.)

• Opuscoli e manifesti illustrativi (diffusi nei presidi distrettuali delle ASL e nelle sale di attesa dei CUP ospedalieri)

• Conoscenza della rete (dove rivolgersi) e quandorivolgersi (autoriconoscimento dei sintomi e segnidi allarme)

• Diffusione di informazioni per corretti stili di vita e comportamentali

• Conoscenza della rete (dove rivolgersi) e quandorivolgersi (autoriconoscimento sintomi e segni di allarme)

• Diffusione di informazioni per corretti stili di vita e comportamentali al fine di prevenire le recidive

• Conoscenza della rete (dove rivolgersi) e quandorivolgersi (autoriconoscimento sintomi e segni di allarme)

• Diffusione di informazioni per corretti stili di vita e comportamentali al fine di prevenire le recidive

• Conoscenza della rete (dove rivolgersi) e quandorivolgersi (autoriconoscimento sintomi e segni di allarme)

• Diffusione di informazioni per corretti stili di vita e comportamentali

• Conoscenza della rete (dove rivolgersi) e quandorivolgersi (autoriconoscimento sintomi e segni di allarme)

• Diffusione di informazioni per corretti stili di vita e comportamentali

La comunicazione 8

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La valutazione e la “misura” dell’efficaciadelle azioni comunicative

La valutazione dell’efficacia degli interventi puòessere poi fatta andando a misurare alcuni indica-tori predefiniti nel piano di comunicazione.Per esempio, l’impatto di una campagna incen-trata su un riconoscimento precoce dei sintomidell’ictus potrà essere valutato, come già speri-mentato in alcune realtà, attraverso i seguenti in-dicatori:• mediana dell’arrivo in ospedale dall’esordio dei

sintomi (prima e dopo l’azione comunicativa);• percentuale di pazienti arrivati entro le 3 ore

(prima e dopo l’azione comunicativa).

ALLEGATO 1

Conoscere e riconoscere l’ictus:i livelli di informazione sulla patologia nella popolazione italiana

Un aspetto centrale della questione è costituitodal livello di conoscenza dell’ictus nella popola-zione italiana, che rappresenta un aspetto strate-gico sia rispetto alla prevenzione e al controllodei fattori di rischio, sia in relazione alla capacitàdi riconoscimento dei sintomi.Anche questo aspetto, come evidenziato in prece-

denza, è stato analizzato nell’ambito del già citatostudio su “I costi sociali e i bisogni assistenziali deimalati di ictus cerebrale”, realizzato dalla FondazioneCensis insieme alla Federazione ALICe Italia Onlus(Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) e alDipartimento di Scienze Neurologiche e Psichia-triche dell’Università degli Studi di Firenze, nel-l’ambito di un più ampio progetto del CCM (Cen-tro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delleMalattie) del Ministero della Salute, coordinato dalProf. Domenico Inzitari.In particolare, l’informazione e le conoscenze degliitaliani in materia di ictus sono state analizzatemediante un’indagine telefonica su un campionerappresentativo della popolazione italiana di 1000individui adulti.Un primo elemento considerato è relativo allacorretta definizione della malattia: il 77,0% degliitaliani dichiara di sapere che cosa sia l’ictus, mala convinzione di essere in grado di identificare lamalattia si rivela, alla prova dei fatti, in parte fal-lace: solo nel 55,8% dei casi l’ictus viene propria-mente definito come una malattia del cervello, il14,2% ritiene che si tratti di una tipologia di in-farto cardiaco, l’11,6% pensa che sia una malattiadel sangue, mentre una percentuale seppure mar-ginale ma comunque significativa e pari al 4,3%lo classifica come malattia degenerativa al paridella malattia di Alzheimer o del morbo di Par-kinson (Figura 8.3).

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Ministero della Salute

Figura 8.2 Le tappe del Percorso Diagnostico-Terapeutico per l’Assistito (PDTA).

…il PDTA della comunicazione

Assistito

Ospedale

Fase preospedaliera Dimissione Consolidamento clinico

Ictus, come riconoscerlo Dopo l’ictus, che cosa fare Dopo l’ictus, riprendere una vita “normale”

Medico di famiglia

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Considerando dunque il totale del campione, soloil 43,0% di esso ha dimostrato di sapere effettiva-mente di che cosa si parla (ossia il 55,8% del77,0% che ha indicato di sapere che cosa sia l’ictuse che lo ha identificato come una malattia del cer-vello). La conoscenza delle caratteristiche basilaridi una patologia tanto frequente quanto grave ri-mane dunque ancora sensibilmente deficitaria al-l’interno del corpo sociale, nonostante la crescentediffusione dell’informazione medica e sanitaria.Anche su altri aspetti rilevanti relativi alla consa-pevolezza dell’importanza e della dimensione del-l’ictus come fenomenologia patologica i livelli diconoscenza sono risultati molto limitati, mal’aspetto che qui più si rileva è quello della capacitàdi riconoscere i sintomi di un accidente cerebro-vascolare.

Complessivamente la quota di indicazioni per sin-tomi che non sono specifici dell’ictus si mantienecontenuta, per quanto vada rilevato che i valoritendono a salire non solo tra i rispondenti menoscolarizzati, ma soprattutto tra i più anziani, evi-dentemente i più esposti al rischio. Nel complesso,infatti, il 68,7% degli intervistati indica l’improv-visa paralisi di un lato del corpo, il 58,8% l’im-provvisa difficoltà a parlare o a comprenderequello che si ascolta. Tuttavia, il fatto che un sin-tomo importante e significativo quale l’improvvisacecità venga indicato solo in un caso su dieci rap-presenta un evidente problema di conoscenzapresso la popolazione (Figura 8.4).Infine, per quanto concerne la conoscenza dei fat-tori più determinanti per la possibilità di guari-gione dall’ictus, il 71,9% dei rispondenti ha in-

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Figura 8.3 La conoscenza dell’ictus (val. %). Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

È una malattia del cervelloÈ una tipologia di infarto cardiaco

È una malattia del sangueÈ una malattia cronico-degenerativa dell’età anziana

Sanno che cos’è l’ictus?

Sì77,0

No23,0

Da 18 a 29 anni

Perc

entu

ale

Da 30 a 44 anni Da 45 a 64 anni 65 anni e oltre Totale

Altro

53,3 58,3 54,9 55,6 55,8

12,4

13,915,7 13,4 14,2

7,6

9,5

17,1

9,4

3,6

14,8

12,5

3,5

13,3

15,0

3,2

12,8

11,6

4,3

14,2

La comunicazione 8

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dicato la tempestività dei soccorsi e delle cured’emergenza, mentre raccolgono quote molto si-mili di indicazioni l’accuratezza della diagnosi(18,8%), l’invio in tempi brevi a un Reparto spe-cializzato (18,5%) e la qualità delle terapie riabi-

litative (18,0%). Il 14,8% cita l’instaurazione tem-pestiva di una terapia specifica quale la trombolisi,mentre è 1 rispondente su 10 a fare riferimentoalle condizioni di salute generale del paziente (il10,3%) [Figura 8.5]. Se va sottolineato che, co-

Figura 8.4 I sintomi che fanno pensare all’ictus (val. %). Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte.Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

Da 30 a 44 anni

73,2

53,7

12,8

4,7

8,7

70,1

60,8

12,2

7,23,6

1,1

Da 18 a 29 anni Da 45 a 64 anni 65 anni e oltre Totale

Perc

entu

ale

80

0

10

20

30

40

50

60

70

Improvvisa paralisi di un lato del corpoImprovvisa difficoltà a parlare o a comprendere quello che ci viene dettoImprovviso problema di vista o cecità

Senso di costrizione o di oppressione al pettoDifficoltà a respirare e palpitazioniFebbre inspiegabile

72,2

60,2

9,97,4

2,50,6

68,7

58,8

11,07,4

5,8

0,7

59,857,8

10,0 9,210,8

0,8

Figura 8.5 I fattori più determinanti per la riduzione delle conseguenze dell’ictus (val. %). Il totale non è uguale a 100perché erano possibili più risposte. Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze e Censis 2010.

10,3%

14,8%

18,5%

18,8%

71,9%

18,0%

Le condizioni di salute generale del paziente

L’instaurazione tempestiva della terapia specifica

La qualità delle terapie riabilitative

L’invio in tempi brevi a un reparto specializzato

L’accuratezza della diagnosi

La tempestività dei primi soccorsi e delle cure d’emergenza

Percentuale

Ministero della Salute

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munque, la tempestività dei primi soccorsi e dellecure d’emergenza rappresenta un aspetto crucialeper la sopravvivenza, ancor prima che per la gua-rigione, in caso di ictus, i dati evidenziano comela grande maggioranza degli intervistati ignoril’importanza determinante della terapia specifica(trombolisi) nelle prime ore dopo l’evento per sal-vare il paziente e contenere i danni della malattia(vedi Figura 8.5).La possibilità di instaurare tempestivamente la te-rapia specifica dipende almeno in parte dalla di-sponibilità di Strutture e di personale dedicati allacura dell’ictus e anche l’invio a un Reparto spe-cializzato è un aspetto dell’assistenza che vieneindicato solo da una minoranza di rispondenti(meno di 1 su 5).La ragione per cui viene sottostimata dagli italianil’importanza della terapia specifica e dell’invio alReparto specializzato come fattori determinanti

per la guarigione viene spiegata bene dal fatto chesolo quote minoritarie del campione dichiaranodi sapere di che cosa si tratta: poco più di unquarto (il 26,2%) conosce la trombolisi e in per-centuale più elevata i laureati (39,5%); solo il15,0% conosce la Stroke Unit, anche in questocaso soprattutto i laureati (25,6%) [Figura 8.6].Un così deficitario livello di informazione e cono-scenza non può non far riflettere, anche per leconseguenze concrete che può comportare in ter-mini di ridotta capacità di riconoscimento dellapatologia e impatto sugli esiti: se tutti sapesseroche cos’è un ictus, e qual è la Stroke Unit più vi-cina, tanti casi di ictus avrebbero un esito diversoe la consapevolezza diffusa di quanto il giusto etempestivo approccio terapeutico possa essere de-cisivo sarebbe uno stimolo formidabile, in terminidi mobilitazione di opinione, per implementare emigliorare la rete delle Stroke Unit sul territorio.

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Figura 8.6 La conoscenza di trombolisi e Stroke Unit (val. %). Fonte: Indagine ALICe, Università degli Studi di Firenze eCensis 2010.

Nessun titolo o elementare Licenza media Diploma di scuola superiore Laurea o più Totale

Conoscere la trombolisiConoscere la Stroke Unit

26,2

12,6

17,9

10,1

27,1

15,8

39,5

25,6 26,2

15,0

40

30

20

10

0

La comunicazione 8

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Ministero della Salute

9. Le verifiche di qualità

I metodi di valutazione e miglioramento dellaqualità tendono a svilupparsi secondo diverse di-mensioni (o domini), essendo gli assi della qualitàindirizzati alla struttura (qualità organizzativa), alprocesso (qualità professionale) e all’esito (qualitàpercepita).Quando si parla di struttura (qualità organizzativa)si fa riferimento alle risorse disponibili (personale,attrezzature, edifici ecc.) e alle modalità organiz-zative delle stesse. Per processo si intende, invece,il prodotto, le prestazioni, la loro tempestività ela loro appropriatezza in merito alle decisioni diintervento, al livello di effettuazione e all’utilizzodelle risorse. Quindi la dimensione della qualitàdi processo fa riferimento alla correttezza tecnica,al coordinamento e integrazione delle stesse, non-ché alla continuità dell’assistenza (comportamentodegli operatori).La qualità totale indica una sequenza finalizzata einterconnessa di attività che quasi sempre coin-volge più di un’unità organizzativa e più di unafigura professionale e che ha come scopo fornireun prodotto al cliente. I processi sono tanto più importanti quanto più,in base alle evidenze scientifiche e al consenso diesperti, aumentano le probabilità che si verifichinoesiti favorevoli.Nel mondo della sanità si dà molto peso all’analisi

dei processi come mezzo di miglioramento, so-prattutto se ci si pone il problema dell’appropria-tezza delle prestazioni.Quando si parla di esito si intendono le modifica-zioni delle condizioni di salute dovute agli inter-venti sanitari. In senso positivo sono da intendersiil prolungamento della vita, la riduzione della sof-ferenza e della disabilità. In senso negativo sonorappresentati dalle complicazioni e dagli effetti ia-trogeni. Nel campo della prevenzione l’esito è lariduzione dell’incidenza delle malattie. Un esitoparticolare è rappresentato dalla soddisfazione deipazienti, dei familiari e della popolazione.È necessario, quindi, distinguere l’esito dal risul-tato e utilizzare il risultato per indicare il grado diraggiungimento di un obiettivo.Nel campo dell’ictus, l’esito è misurabile in ma-niera oggettiva e ripetibile attraverso l’utilizzo discale di invalidità e di outcome, quali la NationalInstitutes of Health Stroke Scale (NIHSS), la RankinScale modificata (mRS), il Barthel Index, anchese è buona norma che l’identificazione dei para-metri-indicatori venga effettuata attraverso pro-cedure di consenso tra esperti.Sulla base dell’analisi delle diverse dimensionidella qualità le metodologie di approccio alla qua-lità maggiormente utilizzate sono:• approccio tecnico-professionale:

n. 14, marzo-aprile 2012

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- medical e clinical audit, - miglioramento continuo della qualità (Qua-lity Assurance, VRQ),

- accreditamento professionale, - Linee guida ed Evidence Based Medicine

(EBM);• approccio organizzativo gestionale:- total quality management, - certificazione di qualità (ISO 9000), - accreditamento autorizzativo e requisiti mi-

nimi di qualità, - accreditamento all’eccellenza;

• approccio partecipativo: - Analisi Partecipata della Qualità (APQ).

Il medical e clinical audit è un approccio sistema-tico, formalizzato e volontario di valutazione emiglioramento della qualità dell’assistenza che sibasa sulla revisione retrospettiva della pratica pro-fessionale, con l’obiettivo di individuare possibilicambiamenti. Si può distinguere fra medical audit,limitato solo agli aspetti medici, e clinical audit,quando si prendono in considerazione ancheaspetti strutturali, di processo e di esito, relativialle diverse componenti della pratica professionale,compresa quella infermieristica.La Quality Assurance consiste essenzialmente inun processo formalizzato e sistematico volto a mi-surare il livello qualitativo delle cure mediche,identificare gli eventuali problemi esistenti, dise-gnare le attività capaci di risolverli e verificare neltempo che le azioni correttive siano efficaci.Le principali fasi operative di un Modello di Ve-rifica e Revisione della Qualità sono riassumibilinella cosiddetta “spirale della qualità”:• identificazione dei problemi da sottoporre a

valutazione;• selezione delle priorità;• selezione della metodologia più appropriata

per determinare le dimensioni di ogni pro-blema;

• elaborazione di criteri e standard per misuraree comparare aspetti della realtà valutata;

• individuazione delle carenze confrontando larealtà esistente con ogni criterio e standard;

• individuazione delle azioni necessarie per eli-minare le carenze;

• rivalutazione delle cure, dopo un adeguato in-tervallo di tempo per verificare se le carenzesono state effettivamente corrette.

L’accreditamento professionale, che naturalmente rap-presenta un ulteriore strumento di qualità anchenel campo della gestione delle malattie cerebrova-scolari, può essere identificato in un meccanismodi valutazione esterna tra pari (peer review), per ac-certare il grado di corrispondenza a set di indicatoridi qualità; ha un carattere fortemente partecipativoe si propone quasi come un’attività di autoregola-zione. Criteri e indicatori vengono definiti attra-verso un lungo processo di confronto e di valida-zione tra pari e sono poi continuamente aggiornati,in quanto prendono come punto di riferimento lostato di eccellenza raggiunto. L’accreditamento pro-fessionale si pone come obiettivo finale il miglio-ramento continuo, attraverso una logica di appren-dimento organizzativo che coinvolge tutti i profes-sionisti di una determinata struttura.I sistemi di accreditamento professionale, pur per-seguendo tutti una finalità di miglioramento con-tinuo e di ricerca dell’eccellenza, si differenzianofra loro per le logiche di valutazione seguite, perla scelta delle dimensioni da tenere sotto osserva-zione, per la definizione di criteri e indicatori,per il sistema di misurazione adottato.Le Linee guida e l’EBM sono strumenti ideati, inprimo luogo, per aiutare il medico nel prenderele decisioni e per migliorare gli esiti delle cure esono, inoltre, strumenti per valutare la good prac-tice e il comportamento professionale nella praticaclinica; hanno i loro presupposti teorici nell’epi-demiologia clinica, la quale si propone di riordi-

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Ministero della Salute

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nare i risultati della ricerca clinica e definire glieffetti delle scelte cliniche sulla salute.Le Linee guida sono costituite da un insieme diindicatori riferiti a specifici problemi clinici, ela-borati da un gruppo di pari, dopo attenta revisionedella letteratura esistente, allo scopo di aiutare ladecisione medica e ridurre l’alta variabilità deicomportamenti.

Gli indicatori di performance

La valutazione della qualità nella produzione diservizi sanitari è un’attività complessa, alla cuibase vi sono tre concetti fondamentali: • rendere omogenei e allineati a Linee guida

condivise le prestazioni e i comportamenti diogni operatore, per migliorare la qualità delprocesso di cura;

• definire una misura di ciò che si fa e degli stan-dard di confronto;

• identificare le ragioni per cui non si è raggiuntolo standard definito (indicatori di ridotta per-formance).

Gli indicatori, poi, devono: • misurare aspetti rilevanti della qualità dell’as-

sistenza;• misurare in modo valido, preciso, accurato, ri-

producibile;• misurare in modo tempestivo nel contesto delle

risorse disponibili;• orientare decisioni e comportamenti;• risultare preferibilmente dalla raccolta dati ef-

fettuata durante l’abituale gestione delle attività.

Che cosa misurare

È indispensabile:• identificare in modo preciso la popolazione tar-

get e il periodo di osservazione (raccolta dati);• definire il campo di applicazione dell’indagine

di performance, cioè la fase del processo dicura analizzato;

• identificare gli indicatori di performance: de-finendo le misure, le semplici modalità mate-matiche per costruirle (specificando numera-tore – quota della popolazione in esame conindicatore presente – e denominatore – tuttala popolazione in esame – delle misure) e lefonti da cui ricavarle;

• valutare la fattibilità delle misure, considerandol’affidabilità e la presenza del dato in esamenella documentazione clinica, la possibilità chei dati possano essere realmente raccolti (sem-plicità, tempi e costi della raccolta), la possi-bilità che i dati siano comprensibili e inter-pretabili e soprattutto che possano portare amodifiche dei comportamenti;

• valutare la qualità dei dati (es. confrontando idati amministrativi dei DRG – semplici daraccogliere, ma spesso incompleti o poco spe-cifici – con quelli clinici della documentazionepresente nella cartella clinica);

• considerare i problemi di raccolta: cartelle noncomplete, periodo di osservazione insufficiente,selezione della popolazione in esame, non con-secutività.

Gli indicatori abitualmente suggeriti sono:• indicatori di processo [rappresentati dal rapporto

tra soggetti con la presenza del parametro –indicativo di un’attività realizzata nell’attività(processo) di cura – sul totale dei soggetti ana-lizzati]: per esempio, in quanti ipertesi è statarilevata la pressione arteriosa nel corso dell’ul-tima visita;

• indicatori di risultato intermedio (rappresentatidal rapporto tra soggetti con un certo risultatoconseguito sul totale dei soggetti il cui para-metro è stato misurato), indicando, se è il caso,anche con quale mezzo raggiungere il target:per esempio, quanti soggetti con pregresso in-

Le verifiche di qualità 9

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farto miocardico acuto (IMA) hanno un cole-sterolo LDL < 100 mg/dl, riportando anchel’impiego di una statina per ottenerlo;

• indicatori di esito (rappresentati dal rapportotra soggetti in cui è presente l’esito sul totaledei soggetti il cui parametro è stato misurato):per esempio, il tasso di mortalità entro 30 giornidopo il ricovero per uno scompenso cardiacoacuto o la riospedalizzazione per scompensocardiaco;

• minimal data set (gli indicatori essenziali, sin-tetici e riassuntivi per la condizione in esame).

Come misurare

La misura degli indicatori si può realizzare attra-verso: • analisi prospettica con foglio prestampato per-

sonalizzato (checklist/flowsheet) o un softwarededicato;

• analisi retrospettiva (più complessa, richiedepiù tempo e risorse) da:- cartella clinica computerizzata (poco diffusa),- sistema esperto dedicato,- base dati con estrattore di informazioni,- cartella clinica cartacea,- lettera di dimissione,- scheda ambulatoriale.

Quanto misurare

Rispetto a un indicatore si può decidere:• una misura uguale per tutti (probabilmente la

soluzione giusta);• misure diverse in base a una stratificazione dei

pazienti (questo significa una misura più spe-cifica e accurata, ma maggiore difficoltà nel-l’identificazione dei pazienti).

Nell’identificazione degli indicatori si può seguirel’opzione di un:

• set di indicatori esteso;• set di indicatori sintetico (minimum data set).Un set esteso si propone di identificare la maggiorparte degli elementi che caratterizzano un processodi cura ottimale, mentre il set minimo può iden-tificare gli elementi essenziali del processo di curaoppure (ed è probabilmente la strategia più con-veniente) gli elementi spia di un comportamentopiù generale (es. per valutare un processo di terapiapotrebbe essere sufficiente misurare l’aderenzanon a tutte le terapie raccomandate, ma a quellameno prescritta pur essendo essenziale).Probabilmente è opportuno proporre sia il setcompleto sia quello minimale, lasciando di voltain volta a ciascun utilizzatore la scelta dell’opzionepiù opportuna in base alle diverse necessità e ri-sorse. Naturalmente, per valutazioni di bench -marking è indispensabile che tutti utilizzino il me-desimo set di indicatori.

Valutazioni di ritorno

Questo tipo di analisi costituisce uno strumentoutile per diverse valutazioni. Consente infatti di:• valutare per singoli professionisti, per profes-

sionisti associati, o per realtà organizzative piùcomplesse, lo scostamento rispetto allo standarddi riferimento ottimale, rappresentato dalle Li-nee guida, oppure rispetto a uno standard con-siderato accettabile e condiviso a priori;

• indicare per le varie tipologie di professionisti/organizzazioni lo scostamento rispetto al com-portamento mediano delle stesse tipologie diutenti (benchmarking);

• individuare (identificandoli a priori) e misuraredei marker di performance non corretta (cheanalizzino le ragioni per cui gli standard nonsono rispettati, cioè individuare la causa dinon aderenza alle Linee guida).

In conclusione, è opportuno identificare indicatori

124

Ministero della Salute

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capaci di migliorare la qualità delle cure (valutandoprioritariamente le Linee guida e le misure di per-formance già prodotte); per la loro individuazioneoccorre considerare:• la forza delle evidenze su cui costruire gli indi-

catori;• la rilevanza clinica dell’outcome prodotto dal-

l’aderenza agli indicatori;• l’entità del rapporto tra outcome e aderenza

agli indicatori;• il “costo” (tempo, fatica e risorse economiche)

della raccolta degli indicatori.

Audit clinico nel percorso ictus

Le modalità attraverso le quali si attuano questiprocessi di audit sono sostanzialmente due:• indagini a campione su cartelle cliniche (Regno

Unito, Australia);• realizzazione di registri ospedalieri (Svezia, Sco-

zia).In entrambi i casi gli audit clinici si sono dimo-strati in grado di aumentare l’aderenza agli stan-dard, anche se solo con l’adozione di un registroospedaliero degli ictus è possibile realizzare ancheun follow-up degli outcome a distanza dall’evento(Tabella 9.1).

Proprio per la differente metodologia di raccoltadati utilizzata, le informazioni ottenute per stessevariabili possono essere anche significativamentediverse. Nell’esperienza del Canadian Stroke Network, oltreall’utilizzazione del registro (tuttora in corso) èstato inserito un audit campionario semestrale.Appaiono in tal caso evidenti differenze in alcunevariabili che se sono registrabili con il registro,non lo sono applicando la tecnica campionaria(es. nettamente ridotto è il numero delle trom-bolisi registrate con quest’ultima modalità di rile-vazione). In entrambi i casi non è però stato pos-sibile effettuare l’outcome al follow-up per pro-blematiche regolatorie.In ogni caso la premessa generale per un’attivitàdi verifica di qualità come quella attuabile attra-verso l’audit è rappresentata dall’identificazione,da parte dei clinici e in modo omogeneo fra essi,di indicatori di processo e di esito per i quali, aseconda delle fasi del processo di cura considerato,possono essere anche molto diversi fra loro. L’identificazione e la definizione degli indicatoridi struttura e/o di processo si rivelano complesse,in quanto gran parte della reale efficacia di inizia-tive di valutazione della qualità si basa sulla vali-dità, riproducibilità e peso delle misure di perfor-

125

Tabella 9.1 Modalità attraverso le quali si attuano i processi di audit

Audit da cartelle cliniche Audit da registro

Periodicità • Annuale-Biennale • Continua

Popolazione in studio • Campione di cartelle cliniche di pazienti con ictus • Intera popolazione di pazienti con ictus• Risultati sul campione • Risultati di popolazione

Follow-up • No • Sì

Valutazione degli esiti • No, misura il processo • Sì, misura sia gli esiti sia il processo

Scopo • Finalizzato all’audit • Risponde anche ad altri scopi

Tempo del personale • Relativamente limitato • Maggiore impiego di tempo

Costi • Relativamente limitati • Maggiori

Le verifiche di qualità 9

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mance che devono anche essere esaustive perl’obiettivo, ma anche contenute al fine di nonrendere ridondante la raccolta dei dati.La metodologia più seguita è quella che prevedel’identificazione degli indicatori a partire dalleraccomandazioni delle Linee guida pesate sulgrado si evidenza. Le misure di performance ven-gono in primis suddivise in domini e quindi al-l’interno di ciascun dominio vengono identificatele performance che si vogliono misurare e il lorogrado di evidenza. Questo processo prevede l’at-tivazione di un panel di esperti per la definizionee condivisione delle scelte.Va considerato che spesso per definire l’appro-priatezza di una performance è necessaria la rac-colta di più variabili. Per la fase preospedaliera,per esempio, sarà interessante valutare: i tempi diarrivo in ospedale rispetto all’esordio dei sintomi;per l’attività ospedaliera nel Dipartimento Emer-genza Accettazione (DEA) i tempi di esecuzionedella TC cerebrale basale o delle indagini di labo-ratorio, o anche del trattamento trombolitico(door-to-needle time); per la degenza in StrokeUnit, la durata, la frequenza di complicanze, la

mortalità, la numerosità dei dimessi a domicilioecc.Nella Tabella 9.2 sono riportati due esempi relativial ricovero in Stroke Unit e alla terapia tromboli-tica nell’ambito del registro SUN Lombardia. La Tabella 9.3 riporta i possibili domini conside-rati in un audit mirato alla valutazione di misuredi performance nel caso di ictus acuto. A seconda dei “domini” considerati dai clinici,una serie di indicatori può essere individuata, ana-lizzata periodicamente e confrontata con misure

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Tabella 9.2 Esempi relativi al ricovero in Stroke Unit e alla terapia trombolitica nell’ambito del registro SUN Lombardia

Domini Misure Livello di Evidenza

Organizzazione Stroke Unit Grado A• DEA/NCH/NRD Interventistica Chirurgia Vascolare• Personale dedicato• Monitoraggio continuo PV• Protocolli• Riunioni multidisciplinari• Conoscenza e applicazioni delle Linee guida

Terapia trombolitica Grado A• Valutazione eleggibilità• Tempistica- tempo esordio dei sintomi-ricovero < 120 minuti- tempo ricovero-valutazione neurologica- tempo ricovero-neuroimmagini- tempo ricovero-esami ematochimici 45-90 minuti

- tempo ricovero-inizio trattamento

Tabella 9.3 Possibili domini considerati in un audit mi-rato alla valutazione di misure di perfor-mance nel caso di ictus acuto (da Hollowayet al., 2001)

Domini

I: OrganizzazioneII: Terapia tromboliticaIII: Valutazione in emergenzaIV: Gestione delle complicanze in emergenzaV: Prevenzione delle complicanzeVI: Procedure diagnosticheVII: Prevenzione secondariaVIII: Educazione e supporto

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standardizzate di cui si valuteranno gli eventualiscostamenti dalla media a scopo correttivo e perfavorire il miglioramento della qualità delle attivitàdi diagnosi e cura erogate. Tali presupposti rap-presentano la modalità attraverso la quale nonsolo si possono definire i criteri di “riconosci-mento” delle strutture dedicate alla cura dell’ictus,ma è possibile verificare la reale esecuzione dipiani o percorsi terapeutici che le varie strutture(compresa la Stroke Unit) condividono nel con-testo della continuità assistenziale al paziente col-pito da ictus. Da questo punto di vista, in una prospettiva disviluppo di sistema, sembra opportuno suggerirel’adozione, da parte delle strutture “accreditate”come Stroke Unit, di un registro ospedaliero diminima, che sviluppi i domini che i clinici riter-ranno più interessanti ai fini di un efficace fun-zionamento in ambito clinico. Questo registrodovrebbe essere costituito, come oggi accade peril registro SUN Lombardia, di un data set che sianon solo esaustivo, ma anche agile e che richiedail minor tempo possibile per la compilazione.L’applicazione, poi, di metodologie informaticheormai alla portata di tutti (es. registro web-based,tecniche di analisi dei percorsi e validazione degli

interventi effettuati e a quale tempo) potrebbeanche consentire il coinvolgimento operativo ditutta la realtà italiana delle Stroke Unit, consen-tendo lo sviluppo di una rete di patologia dienorme valore per rilevanza scientifica (numerositàdei casi trattati), tecnica (validazione dei processidi cura e monitoraggio qualità), clinica (omolo-gazione degli standard assistenziali ai vari livellidi sofisticazione dati dalla complessità delle strut-ture identificate) [Figura 9.1].Simili esperienze hanno rappresentato un “must”per registri europei, come quello tedesco e svedese,e allo stesso tempo costituiscono la struttura por-tante il meccanismo di accreditamento delleStroke Unit negli Stati Uniti. Analoga è l’espe-rienza che è in corso di attuazione nella RegioneLombardia con lo Stroke Unit Network Lombar-dia (Figura 9.2), che attualmente raccoglie circa12.000 pazienti l’anno ricoverati in Stroke Unit enell’ambito del quale vengono applicate procedureinformatiche di audit e verifica delle Linee guidaSPREAD (la combinazione dei due elementi diqualità si traduce nella verifica della bontà deiCentri nello svolgimento delle pratiche cliniche enell’osservanza di protocolli prestabiliti per l’ictusin tutto il percorso di cura).

127

Figura 9.1 Sviluppo di una rete di patologia.

Data setcondiviso

Registro

Fondi Cultura

Rimozionee barriere

Strutturainformatica

alle informazioni

informato

Le verifiche di qualità 9

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Nella Figura 9.3 è riportata l’evoluzione della com-pliance a raccomandazioni SPREAD proprie dellafase acuta in due diverse fasi del registro lombardo(2007-2008 e 2009-2010) e nel Paul CowerdellNational Stroke Registry americano. È possibile os-servare come la verifica di qualità “sollecitata” dal-l’uso del registro, nonché il regolare confronto conaltre Stroke Unit e all’interno della singola StrokeUnit, abbia modificato il pattern dell’aderenza alle

Linee guida, determinando un accostamento ai li-velli qualitativi raggiunti negli Stati Uniti, dove laverifica di qualità è prassi più comune e soprattuttodeterminata dal modello assicurativo alla base deirimborsi delle prestazioni sanitarie. La trasferibilità di simili esperienze potrebbe ga-rantire più di altri approcci una vera condivisionedi percorsi, oltre all’implementazione degli stessiin diversi contesti territoriali.

Figura 9.2 Lo Stroke Unit Network Lombardia (2011).

Sondrio

LeccoZingonia

Saronno

Desio

Busto Arsizio

Legnano

Varese

Merate

Magenta

Garbagnate

Gallarate

ComoS. AnnaValduce

MilanoIRCCS S. RaffaeleIRCCS Policlinico

Osp. S. CarloIRCCS Auxologico

IRCCS BestaOsp. Niguarda

Ist. Clinico Città StudiOsp. Sacco

I livelloII livelloIII livello

Bergamo - Osp. Riuniti

BresciaSpedali Civili

Poliambulanza

Chiari

Treviglio

Monza - A. Gerardo

S. Donato

CremonaLodi

Melegnano

Rozzano

Voghera

MantovaCrema

Vimercate

VigevanoBeato Matteo

PaviaIRCCS Mondino

Policlinico S. Matteo

Esine

Ponte S. Pietro

128

Ministero della Salute

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Indicatori di processo e di esito

Laddove poi si considerino le problematiche rela-tive ai processi e ai relativi esiti nei percorsi dicura che sono stati tratteggiati in questo volume,sembra opportuno riferirsi alle varie fasi del per-corso considerate. È opportuno ribadire comel’identificazione di indicatori di performance ri-chieda formalmente una modalità condivisa di

approccio anche per la loro identificazione; per-tanto, è buona norma che una o più riunioni diconsenso si svolgano tra i referenti del percorsodi cura, al fine di determinare gli indicatori damisurare, con quale modalità e per quale ragione.A titolo esemplificativo, pertanto, nelle Tabelle9.4, 9.5, 9.6 e 9.7 vengono riportati possibili pa-rametri suscettibili di quantificazione e misurazioneall’interno di un percorso di cura come quello re-

129

Figura 9.3 Aderenza alle raccomandazioni delle Linee guida.

Profilassi della trombosivenosa profonda

Registro SUN 1a fase

Registro SUN 2a fase

Paul Cowerdell NationalStroke Registry

Sospensione della terapiaantitrombotica

Sospensione della terapiaanticoagulante nel paziente

con fibrillazione atriale

Somministrazionedella terapia trombolitica

Terapia antitromboticaentro la fine del 2° giorno

di ospedalizzazione

Screening per disfagia

Sospensione dei farmaciper la riduzionedel colesterolo

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Educazione all’ictus

Cessazionedel fumo di sigaretta

Valutazioneper la riabilatazione

Percentuale

venosa profondaProfilassi della trombosi

Paul Cowerdell National

Registro SUN 2

Registro SUN 1

Paul Cowerdell National

faseaRegistro SUN 2

faseaRegistro SUN 1

Terapia antitrombotica

della terapia tromboliticaSomministrazione

con fibrillazione atrialeanticoagulante nel paziente

Sospensione della terapia

antitromboticaSospensione della terapia

Stroke Registry Paul Cowerdell NationalStroke Registry Paul Cowerdell National

Educazione all’ictus

del colesteroloper la riduzione

Sospensione dei farmaci

Screening per disfagia

di ospedalizzazioneentro la fine del 2° giorno

per la riabilatazioneValutazione

del fumo di sigarettaCessazione

Educazione all’ictus

100Percentuale

605040302010 100908070

Le verifiche di qualità 9

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Ministero della Salute

Tabella 9.4 Pronto Soccorso/Dipartimento Emergenza Accettazione (DEA)

Indicatore Standard riferimento Dato Uso

Pazienti con ictus che eseguono esami di laboratorio in Pronto Soccorso

Pazienti con ictus che eseguono ECG in ProntoSoccorso

Pazienti ricoverati con ictus che eseguono TC in Pronto Soccorso

Pazienti adeguatamente trattati in NCH sul totale dei pazienti trattati in NCH

• Registrazione esami di laboratorioeseguiti in Pronto Soccorso

• Registrazione degli ECG in ProntoSoccorso/Totale pazienti

• Registrazione TC in Pronto Soccorso• Registrazione dell’ora di arrivo in Repartocon inquadramento

• Registrazione, eventuale trattamentoNCH con registrazione del tipo di lesione

• 100% se eleggibilialla trombolisi

• 100% come sopra

• 90%

Tabella 9.5 Stroke Unit

Indicatore Standard Dato Usoriferimento

Pazienti con ictus acuto ricoverati in Stroke Unit

Pazienti adeguatamente trattati per ipossiemia, ipovolemia,ipertensione, ipertermia, iperglicemia, ipoglicemia

Pazienti con almeno 4 misurazioni quotidiane della temperaturacorporea

Pazienti con temperatura corporea > 37 °C che assumonoparacetamolo

Pazienti che assumono terapia antibiotica in profilassi

Pazienti portatori di catetere vescicale

Pazienti a rischio che effettuano prevenzione delle piaghe da decubito

Pazienti sottoposti a valutazione dello stato nutrizionale

Pazienti sottoposti a dosaggio di albumina e linfociti

Pazienti con corretto programma nutrizionale

Pazienti che effettuano test per la disfagia

Pazienti con scompenso metabolico glicidico correttamentetrattati

Pazienti che eseguono il test per la valutazione della probabilitàclinica per la diagnosi di trombosi venosa profonda

Pazienti sottoposti a valutazione con scale neurologiche entro 24 ore

Pazienti sottoposti a monitoraggio dei parametri vitali nelle prime 48 ore

• 70%

• 100%

• 100%

• 100%

• 10%

• 30%

• 60%

• 70%

• 100%

• 100%

• 100%

• 80%

• 80%

• 100%

• 80%

• Presidio e/o reparto di ricovero

• Registrazione dei farmaci somministrati,specificando il principio attivo, il nomefarmaceutico, la dose, la via disomministrazione

• Registrazione sulla cartella termometrica

• Registrazione terapia effettuata

• Registrazione della terapia effettuata

• Registrazione in cartella medica einfermieristica

• Registrazione in cartella medica einfermieristica

• Registrazione da parte del dietista

• Registrazione in cartella

• Registrazione in cartella

• Registrazione in cartella

• Registrazione in cartella

• Registrazione in cartella

• Registrazione del risultato delle scaleneurologiche

• Registrazione in cartella dei parametri vitali

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Pazienti vivi che entro 7 giorni dall’ictus hanno ripetuto la TC

Pazienti che hanno effettuato entro 48 ore ecoDoppler TSA

Pazienti con cardiopatia manifesta che hanno effettuatoecocardio TT entro 48 ore e/o TEE in ictus da cause misconosciute

Pazienti di età < 45 anni o con assenza di riscontro di altri fattoridi rischio o di patologia dei vasi cerebrali che hanno effettuatoecocardio TE

Pazienti che effettuano test dell’acqua entro 24 ore

Pazienti che effettuano prevenzione per trombosi venosaprofonda avendone indicazione

Pazienti con catetere vescicale

Pazienti sottoposti a profilassi antidecubito

Pazienti per i quali sono attivati i riabilitatori del team entro 48ore

Pazienti mobilizzati fuori dal letto entro 72 ore

131

Tabella 9.5 Stroke Unit (continua)

Indicatore Standard Dato Usoriferimento

• 100%

• 100%

• 100%

• 100%

• 100%

• 100%

• 30%

• 70%

• 100%

• 100% se indicata

• Registrazione del risultato della TCcerebrale

• Registrazione del risultato dell’ecoDopplerTSA

• Registrazione del risultato dell’ecocardio TT

• Registrazione del risultato dell’ecocardio TE

• Registrazione del test

• Registrazione dell’intervento utilizzato perla prevenzione della trombosi venosaprofonda

• Registrazione della data di inserimento erimozione del catetere vescicole

• Registrazione della profilassi antidecubito

• Registrazione della data di utilizzo delprotocollo di valutazione riabilitativa

• Registrazione della data di mobilizzazionefuori dal letto

Le verifiche di qualità 9

Tabella 9.6 Prevenzione secondaria

Indicatore Standard riferimento Dato Uso

Pazienti con ictus ischemico aterotrombotico trattati con acido acetilsalicilico

Pazienti con ictus o attacco ischemico transitorio non cardioembolico trattati con terapia anticoagulanteorale

Pazienti con ictus aterotrombotico nei quali l’acidoacetilsalicilico è non tollerato o inefficace e che vienesostituito da clopidogrel, ticlopidina dipiridamolo

Pazienti con ictus o attacco ischemico transitoriocardioembolico associato a cardiopatie e valvulopatieemboligene che assumono terapia anticoagulante orale e mantengono l’INR tra 2 e 3

Pazienti con ictus o attacco ischemico transitorio embolico associato a fibrillazione atriale non valvolare, che assumono terapia anticoagulante orale e mantengono un INR di 2-3

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione della terapiaanticoagulante orale utilizzata

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei valori INR

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione valori INR

• 80%

• 20%

• 100%

• 100%

• 100%

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Pazienti con ictus o attacco ischemico transitorioembolico associato a fibrillazione atriale non valvolareche non possono essere sottoposti a terapiaanticoagulante orale e assumono acido acetilsalicilico325 mg/die o indobufene 100-200 mg × 2/die

Pazienti con ictus ischemico o attacco ischemicotransitorio e forame ovale pervio, esenti da trombosivenose profonde e al primo evento tromboembolico che assumono acido acetilsalicilico

Pazienti con ictus ischemico o attacco ischemicotransitorio e forame ovale pervio (senza altre eziologie),che presentano aneurisma del setto o alterazioniemocoagulative, in cui non è indicato il trattamentocardiochirurgico (anche transcatetere) e assumonoterapia anticoagulante con INR 2-3

Pazienti ipertesi che hanno sofferto un ictus o un attaccoischemico transitorio e assumono farmaci che agisconosul sistema renina-angiotensina o calcio-antagonisti odiuretici

Pazienti con sofferto attacco ischemico transitorio o ictusischemico, in trattamento con statine indipendentementeda ipercolesterolemia o diabete

Pazienti con ictus o attacco ischemico transitorio eipercolesterolemia in terapia con statine o altri farmaciipocolesterolemizzanti

Compliance alle raccomandazioni per l’endoarteriectomiacarotidea

Mortalità e morbilità combinate per TEA a 30 giorni

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Ministero della Salute

Tabella 9.6 Prevenzione secondaria (continua)

Indicatore Standard riferimento Dato Uso

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione farmaci utilizzati,specificando principio attivo e dosaggio

• Registrazione dei pazienti sottoposti a TEA

• Registrazione del grado di stenosi• Registrazione della sintomaticità

• Documentazione da parte dei variCentri della propria casistica edell’incidenza di complicanze graviperioperatorie

• 100%

• 100%

• 100%

• 80%

• 40%

• 90%

• 100%

• 3% per gliasintomatici, 5% dei sintomatici con attaccoischemico transitorio,7% per i pregressiictus, 7% per lestenosi carotideericorrenti, non più del 2% per tutti i gruppi

lativo all’ictus, ischemico o emorragico (molti ele-menti possono essere inseriti per la valutazione deiprocessi di cura e delle loro componenti). È suffi-

ciente ricordare, per esempio, condizioni e moda-lità di esecuzione di procedure chirurgiche o in-terventistiche, terapie mediche di fase acuta ecc.

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Tabella 9.7 Fisioterapia in fase acuta (Stroke Unit)

Indicatore Standard riferimento Dato Uso

Pazienti sottoposti a valutazionefisiatrica

Pazienti con disturbi della deglutizione

Pazienti sottoposti a prevenzionedelle piaghe da decubito

Pazienti sottoposti a prevenzionedelle trombosi venose profonde

% dei pazienti sottoposti a posizionamento antidecubito e igiene articolare

Pazienti sottoposti a cambi di posturagiornalieri (ogni 2 ore)

Pazienti sottoposti a esercizi posturalinella fase ipotonica (prime 24-48 ore)

Pazienti sottoposti ad addestramentoper il controllo dell’arto superioreplegico (entro le prime 48 ore)

Pazienti sottoposti a mobilizzazione abordo letto e fuori dal letto (entro leprime 48 ore)

Pazienti sottoposti ad addestramentoa esercizi di controllo delmantenimento della verticalizzazionedel tronco (entro le prime 48 ore)

Pazienti sottoposti ad addestramentoal mantenimento della postura eretta

Pazienti in dimissione dopo larisoluzione della fase acuta dell’ictus

• Visita fisiatrica: registrazione dell’obiettivitàclinica, compilazione della cartellariabilitativa, progetto riabilitativo, aperturadella scheda riabilitativa

• Registrazione dell’intervento del logopedista

• Registrazione degli interventi di nursing, deicambi di postura a letto, dei farmaci utilizzati

• Registrazione del principio attivo del farmacoe della posologia utilizzata

• Annotazione sull’uso di calze elastiche

• Registrazione del numero e durata dellesedute di intervento del fisioterapista (nellascheda riabilitativa)

• Registrazione oraria dei cambi di postura edell’intervento del fisioterapista (nella schedariabilitativa)

• Registrazione della durata e frequenza degliinterventi fisioterapici, dell’insorgenza dicontratture muscolari e degli atteggiamentiarticolari patologici e provvedimenti adottati

• Fisiatra: registrazione dell’obiettività clinica • Fisioterapista: registrazione della durata dellesedute di trattamento riabilitativo e deirisultati ottenuti

• Fisioterapista: registrazione delle modalità dicambio e mantenimento delle posture, delladurata di ogni seduta riabilitativa e deirisultati ottenuti

• Fisiatra: registrazione dell’obiettività clinica• Fisioterapista: registrazione della durata dellesedute di trattamento riabilitativo e deirisultati ottenuti

• Fisiatra: valutazione e registrazionedell’obiettività clinica

• Fisioterapista: registrazione delle sedute ditrattamento e dei risultati ottenuti

• Visita fisiatrica: compilazione conclusiva dellacartella riabilitativa, registrazionedell’obiettività clinica, dello stato attuale delrecupero funzionale, chiusura della schedariabilitativa; progetto riabilitativo post-ricovero; contatto con il Centro diRiabilitazione Intensiva e/o territoriale

• Managementdell’attivitàriabilitativa

• Misuraperformance SSR

• Prevenzione

• Prevenzione

• Prevenzione

• Prevenzione

• Recuperofunzionale

• Recuperofunzionale

• Personalizzazionedel protocolloriabilitativo

• Recuperofunzionale

• Recuperofunzionale

• Programmazioneprosecuzione deltrattamentoriabilitativo

• 80%

• 65%

• 100% dei pazientia rischio

• 100% dei pazientia rischio

• 100% dei pazientia rischio

• 100% dei pazientiimmobili

• 100%

• 100%

• 85%

• 85%

• 65%

• 100%

Le verifiche di qualità 9

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ALLEGATO 1

La formazione e la competenza

Da quanto espresso nei vari Capitoli di questoQuaderno e da quanto già in buona parte esplici-tato nel precedente elaborato sulla Stroke Unit(Quaderno del Ministero della Salute n. 2), appareevidente che l’ictus cerebrale rappresenta una pa-tologia di alta specificità, non affrontabile in ma-niera e con competenze “generalistiche”. Questoin relazione:• alla complessità fisiopatogenetica;• alla peculiare diagnostica clinica e strumentale,

sia nella fase iperacuta che nell’approfondi-mento diagnostico;

• alla specifica terapia in una ristretta finestratemporale, non solo medica e in tutti i casipossibili con la fibrinolisi sistemica, ma ancheendovascolare e, quando richiesto, neurochi-rurgica;

• alla gestione clinica della fase acuta che iniziagià in ambiente extraospedaliero con il Sistema

dell’Emergenza Territoriale e che attraversoben definiti percorsi intraospedalieri trova lasua completa realizzazione in Strutture dedi-cate, le Stroke Unit, le cui specifiche caratteri-stiche organizzative e funzionali, precisate nelprecedente elaborato, sono alla base dei van-taggi in termini di salute per il paziente;

• alla specificità dell’intervento riabilitativo, as-solutamente connesso con la fase acuta nel-l’ambito di un percorso assistenziale-riabilita-tivo ben definito e fino alla presa in carico ter-ritoriale.

Tutto quanto su esposto, proprio per la sua speci-ficità, va affrontato e gestito da personale medicoe non medico competente, formato e continua-mente aggiornato e in numero sufficiente a ga-rantire un’adeguata assistenza a tutti i cittadiniaffetti da ictus acuto, omogenea su tutto il terri-torio nazionale.Il rilievo epidemiologico relativo all’incidenza at-tesa per anno (circa 200.000 eventi cerebrovasco-lari acuti) e alla frequenza dei ricoveri per ictusnelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale(SSN) [il VI DRG per frequenza: 120-130.000

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Ministero della Salute

TAKE HOME MESSAGES

La definizione di indicatori rappresenta il presupposto fondamentale per la valutazione dei processiche vengono codificati nell’ambito di percorsi diagnostico-terapeutici specifici anche in merito all’ictussia ischemico che emorragico. In generale, essi vengono definiti dal gruppo di lavoro che ne vuole con-dividere l’analisi per il miglioramento della qualità del percorso assistenziale.Dei due principali tipi di audit clinico (da cartella clinica o da registro) sembra di potersi privilegiarel’approccio basato sul registro di patologia, il quale, se adeguatamente configurato, permette la valu-tazione di un numero di indicatori maggiori, meglio descritti e soprattutto con maggiore continuità(migliore verifica di qualità) nel tempo.La maggior parte dei registri esistenti nella letteratura internazionale è web-based e per lo più costituitasu un minimal data set che raccoglie informazioni sulla maggioranza dei processi di cura che realizzanoil percorso diagnostico-terapeutico del paziente con ictus. L’integrazione con supporti informaticispecifici come quello di verifica delle Linee guida SPREAD o anche di process mining (come nel RegistroStroke Lombardia) è di grande ausilio per affinare la metodologia della verifica e l’implementazionedella qualità.

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dimissioni per anno] esprime con grande evidenzal’inderogabile necessità per il SSN di dotarsi dispecialisti competenti per affrontare quella cheW. Hachinski ha definito “the growing epidemic”,un’epidemia in crescita.Dunque, per tutte le figure coinvolte è necessarioprevedere una formazione specifica orientata versolo specifico compito assistenziale, che solo in parteè già prevista per le figure mediche specialistiche(neurologo, radiologo, neurochirurgo, chirurgodella carotide, neuroriabilitatore ecc.), ma che vanecessariamente implementata attraverso percorsiben individuati.La formazione e la competenza professionale rap-presentano, infatti, elementi di qualificazione delProgetto Ministeriale nel momento in cui si vienea configurare un modello di assistenza al pazientecon ictus cerebrale ischemico ed emorragico sullabase di Unità dedicate in grado di affrontare pro-blematiche cliniche di differente complessità chesi avvalgono di competenze pluridisciplinari emultiprofessionali. Per rendere pienamente efficiente questo progetto,si rendono necessarie la definizione e la caratte-rizzazione delle figure professionali mediche chesono chiamate a essere il fulcro dell’attività realiz-zata sia in fase acuta che nella fase di stabilizzazionee di recupero: nel periodo di acuzie è cruciale l’in-tervento del neurologo esperto delle condizionidi urgenza e dell’interventista endovascolare, cosìcome quello del neurochirurgo, mentre nelle fasidi stabilizzazione e di recupero sono richieste com-petenze specifiche da parte del fisiatra e del neu-ropsicologo. Il medico specialista che opera a livello delle StrokeUnit di II e III livello si identifica elettivamentecon lo specialista neurologo con caratteristicheprofessionali specifiche orientate alla cura del pa-ziente colpito da ictus ischemico ed emorragicoin ambienti di cura semintensiva (Stroke

Unit/Neurologia d’Urgenza) strettamente con-nesse all’area dell’emergenza-urgenza. Il neurologoè parte di un team multiprofessionale con il qualecondivide elementi culturali generali riguardantila formazione clinica, la diagnostica di imaging el’approccio interventistico neuroradiologico o neu-rochirurgico.Nella fase di stabilizzazione delle condizioni neu-rologiche e generali (cardiocircolatorie, metabo-liche, nutrizionali ecc.) risultano fondamentali laprevenzione e il trattamento delle complicanze,la definizione della prognosi funzionale e la sceltadel setting assistenziale più adeguato alle condi-zioni del paziente. In tale fase l’intervento di or-dine neuroriabilitativo si affianca a quello neuro-logico per poi divenire prevalente, insieme a quelloneuropsicologico, nei casi destinati alla riabilita-zione intensiva o estensiva.

Formazione del neurologo con competenze specifiche nel trattamentodelle malattie cerebrovascolari

La problematica della formazione del neurologoper la gestione della patologia cerebrovascolareacuta va estesa a comprendere più in generale lagestione delle emergenze-urgenze neurologiche.Attualmente il percorso formativo dello specialistaneurologo appare carente per quel che concernel’acquisizione delle specifiche competenze in taleambito professionale, mentre l’emergenza-urgenzain Neurologia rappresenta una sfida e, al con-tempo, un’opportunità di crescita culturale e pro-fessionale per i neurologi.È dunque ormai divenuta irrinunciabile e nonulteriormente rinviabile la necessità di perfezio-nare la formazione dei neurologi in tale ambito,con particolare riferimento alla gestione delle ma-lattie cerebrovascolari acute che ne rappresentanoparte rilevante sia per l’elevata incidenza (vedi

135

Le verifiche di qualità 9

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Capitolo 3) sia per la specificità della patologia,che richiede elevata competenza e tempestivitàdecisionale nell’approccio diagnostico e terapeu-tico. Ciò consentirà di evitare il rischio che lapatologia cerebrovascolare acuta venga gestitanell’urgenza da figure mediche non adeguata-mente formate, a prescindere dalla specializza-zione. Questo accade oggi diffusamente ed è as-solutamente in contrasto con le evidenze scienti-fiche che pongono la competenza specifica comecaratteristica maggiormente rilevante per il van-taggio del paziente nella gestione dell’ictus acuto(vedi Quaderno del Ministero della Salute n. 2,Capitolo 3). Tanto vale ancora più nella prospettiva di unariorganizzazione dell’attività assistenziale ospeda-liera in aree differenziate non più per specialità,ma secondo le modalità assistenziali, l’intensitàdelle cure, la durata della degenza e il regime diricovero. Una tale organizzazione dell’attività ospe-daliera prevede tre differenti livelli di intensità: illivello 1 unificato che comprende la Terapia In-tensiva e Subintensiva; il livello 2, articolato al-meno per area funzionale, che comprende il rico-vero ordinario e il ricovero a ciclo breve; il livello3 unificato che è invece dedicato alla cura dellepost-acuzie o low care. Quando questo processodovesse giungere a termine è auspicabile che l’ictuse le altre urgenze neurologiche, essendo già gestitedallo specialista neurologo in aree dedicate, trovinocollocazione nel livello unificato subintensivo, macontinuino a essere affidati alla gestione dello spe-cialista d’organo.È necessaria, quindi, una rimodulazione specificadel percorso formativo della Scuola di Specializ-zazione in Neurologia che abbia come scopi eobiettivi l’ottimizzazione della formazione dellospecialista, attraverso la messa a punto di un pro-gramma didattico che consenta ai neurologi informazione di acquisire le specifiche competenze

nella gestione delle urgenze neurologiche a tuttocampo e, in primis, dei pazienti con ictus. Solo negli ultimi anni la formazione e l’aggiorna-mento degli specialisti in Neurologia si sono fi-nalmente orientati all’approccio delle situazionicliniche affrontate in regime di urgenza.A consolidamento dell’impegno formativo nei ri-guardi della Neurologia d’Urgenza sono da raf-forzare e generalizzare alcune iniziative concrete:• identificazione di percorsi specifici nelle Scuole

di Specializzazione in Neurologia per l’approc-cio alle condizioni di danno acuto del sistemanervoso, trattato sia nell’ambito delle struttureneurologiche sia presso i DEA;

• attivazione di corsi di perfezionamento orien-tati sulle malattie neurologiche a esordio acutoorganizzati dalle maggiori Società scientifichedi interesse neurologico destinati ai neurologigià strutturati;

• attivazione e consolidamento di Master di IIlivello destinati alle malattie cerebrovasco-lari;

• inserimento nei programmi di formazione spe-cialistica di elementi di didattica frontale oprofessionalizzante, spesso integrata con altrispecialisti al fine di acquisire competenze diordine diagnostico e terapeutico nelle malattiecerebrovascolari.

Non solo le caratteristiche della fase acuta sonooggetto di approfondimento nella formazione enell’aggiornamento del neurologo; sono infatti dasottolineare la crescente familiarità e l’impegnodi aggiornamento relativi agli aspetti di seguitoesposti:• conoscenza degli strumenti e delle scale utiliz-

zate nel bilancio del danno del sistema nervosoe delle sue conseguenze funzionali, oltre allavalutazione delle condizioni generali del pa-ziente;

• identificazione sindromica correlata al danno

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Ministero della Salute

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cerebrovascolare e verifica dei problemi attivinelle varie fasi della malattia;

• valutazione delle conseguenze cognitive deldanno vascolare, comprese le abilità linguisti-che, prassiche e di orientamento spaziale del-l’attenzione;

• identificazione dei parametri prognostici piùsignificativi in termini sia di sopravvivenza chedi invalidità residua;

• gestione delle complicanze secondarie alla le-sione del sistema nervoso centrale (disfagia,convulsioni, sindrome da deafferentazione, im-mobilizzazione, depressione post-ictale, de-menza vascolare ecc.);

• informazione e aggiornamento degli operatorisanitari e dei caregivers;

• identificazione dei bisogni assistenziali correlatialla riabilitazione, alla lungodegenza e alla con-tinuità assistenziale.

La formazione relativa alla cura delle malattie ce-rebrovascolari deve prevedere un’esperienza spe-cifica presso Strutture di diverso livello e la re-sponsabilità diretta nella gestione di una casisticaeterogenea che comprenda casi sia di ischemiache di emorragia e la frequenza di strutture diPronto Soccorso, Neuroradiologia, Neurochirur-gia, Medicina Interna, Medicina Riabilitativa.Come per altre sottospecialità “disease-oriented”,le competenze richieste allo specialista esperto inmalattie cerebrovascolari superano i confini abi-tuali delle discipline specialistiche, affinché siaagevolmente realizzabile l’approccio ai problemipiù frequenti del soggetto colpito da ictus.Nel discorso della formazione non va infine tra-scurato che tra le caratteristiche peculiari delleStroke Unit è ritenuta determinante la multipro-fessionalità nella gestione della patologia cerebro-vascolare acuta e che pertanto è essenziale preve-dere la formazione e l’aggiornamento continuodi tutte le altre figure professionali coinvolte, con

particolare riferimento all’infermiere, ma ancheal tecnico della riabilitazione, al logopedista, alterapista occupazionale.

Formazione dell’interventistaneurovascolare

In una Stroke Unit di III livello l’interventistaneurovascolare è il medico responsabile del trat-tamento intra-arterioso dell’ictus ischemico e deglianeurismi e degli angiomi cerebrali emorragici,ha competenze cliniche partecipando al tratta-mento e alla gestione del paziente acuto (ische-mico ed emorragico) in equipe con altri specialisti,neurologi, neurochirurghi e neurorianimatori, se-condo protocolli di lavoro e percorsi assistenzialicondivisi. L’interventista neurovascolare (radiologointerventista) è responsabile della cura dei pazientiche vengono da lui operati e, pertanto, oltre al-l’intervento sono di sua competenza la valutazionepreoperatoria, le procedure di acquisizione delconsenso informato, il trattamento farmacologicopre- e postoperatorio, il follow-up clinico-radio-logico dopo la dimissione.La formazione di questo specialista risulta, ancoraoggi, legata a una formazione clinico-radiologicadi base (specializzazione) e all’acquisizione di unaspecifica formazione interventistica acquisita inmaniera individuale.Dal momento che la Specializzazione in Radiologia(obbligatoria) non prevede crediti formativi spe-cifici e non identifica una subspecializzazione diindirizzo, allo stato attuale la formazione in Inter-ventistica Neurovascolare risulta essenzialmente“pratica e autogestita”, non essendo stabiliti né icontenuti né la durata del periodo di formazione. Le uniche indicazioni al riguardo provengono dagruppi di studi delle Società scientifiche e dalconfronto con altre realtà culturali europee e nord-americane.

137

Le verifiche di qualità 9

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In accordo con queste raccomandazioni, si ritieneche in questa fase il percorso formativo dell’in-terventista neurovascolare debba essere basato sulladimostrazione (certificazione) dell’effettuazioneda parte dell’operatore di un numero certo di pro-cedure angiografiche e interventistiche sufficientia garantire la sicurezza dell’atto terapeutico, uni-tamente all’acquisizione di una specifica forma-zione clinica (neurovascolare). Come esempio, si riporta qui il curriculum for-mativo raccomandato dall’Associazione Italianadi Neuroradiologia, basato sui seguenti punti: • la formazione interventistica deve essere ac-

quisita seguendo un percorso formativo pre-stabilito il più possibile omogeneo, uguale pertutti gli operatori del SSN;

• la formazione interventistica deve essere con-seguita unicamente presso Centri di Neurora-diologia Interventistica ad alto volume di la-voro (150-200 procedure interventistichel’anno) operativi 24h in ospedali o Universitàprovvisti di competenze neurologiche, neuro-radiologiche, neurochirurgiche e neuroriani-matorie (Stroke Unit di III livello). Il Centrodi Neuroradiologia Interventistica nel qualeviene effettuato il training deve avere le se-guenti caratteristiche:- almeno due trainer che pratichino a tempo

pieno l’attività interventistica, - un case mix interventistico neurovascolare

che preveda ictus, aneurismi, malformazioniartero-venose e fistole durali cerebrali e mi-dollari,

- disponibilità in sala angiografica h24 dineuro-anestesisti (reperibilità);

• il curriculum formativo è basato sull’acquisi-zione di specifiche conoscenze cliniche specia-listiche e sull’acquisizione di competenze tec-nico-angiografico-interventistiche (expertisetecnico) per le quali è previsto un insegna-

mento pratico effettuato in sala angiografica.Per raggiungere la certificazione di una “parti-colare competenza in Interventistica Neuro-vascolare” l’operatore in formazione deve di-mostrare di aver maturato competenze in dia-gnostica angiografica cerebrale (primo opera-tore con tutor in 200 angiografie), in tecnichedi microcateterizzazione intracranica (100 mi-crocateterismi intracranici con tutor) e in in-terventistica (50 procedure di coiling cerebralicome primo operatore con tutor e 10 tratta-menti endovascolari di ictus cerebrale comesecondo operatore). Complessivamente le pro-cedure interventistiche a cui l’operatore in for-mazione partecipa (come primo operatore contutor o come secondo operatore) non deve es-sere inferiore a 150;

• rapporto di insegnamento massimo 1:2 (trai-ner/trainees o docente/discente);

• la durata media del periodo di formazione an-giografica interventistica corrisponde a 1 annose effettuata in un Centro ad alto volume dipatologia (200 procedure interventistiche peranno) o a 2 anni di frequenza se effettuata inun Centro con 100 procedure interventisticheper anno;

• il raggiungimento della formazione professio-nale post-specializzazione è basato sul raggiun-gimento del numero di procedure diagnostico-interventistiche effettuate. Ogni specialista informazione è tenuto a registrate su un docu-mento ufficiale personale detto “libro delleprocedure effettuate” fornito dalla DirezioneSanitaria dell’ospedale di insegnamento, nelquale vengono giornalmente registrati la datadella procedura, il nominativo del paziente, ladiagnosi di ammissione, la tecnica interventi-stica eseguita, le complicanze o gli eventi av-versi intraoperatori e l’outcome del pazientetrattato. Ogni procedura effettuata deve essere

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Ministero della Salute

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controfirmata dal responsabile della forma-zione (tutor). La durata del periodo di fre-quenza presso un Centro di NeuroradiologiaInterventistica non deve essere comunque in-feriore a 1 anno;

• alla fine del periodo di training il numero delleprocedure effettuate deve essere certificato dallaDirezione Sanitaria, come avviene per le certi-ficazioni degli interventi chirurgici prodotteper i concorsi pubblici;

• gli ospedali ove effettuare il periodo di forma-zione definiti come ospedali di insegnamentosono individuati su base regionale.

Formazione clinica A integrazione della formazione angiografica ènecessario sottolineare come la figura del neuro-radiologo interventista richieda un percorso di af-finamento culturale in ambito di Neurologia d’Ur-genza, Neurochirurgia Vascolare e Neurorianima-zione che ne esalti e ne implementi le funzioni, lacompetenza e le attribuzioni.Per lo specialista in Radiologia andrebbe quindicertificato, oltre che l’attività interventistica neu-rovascolare, anche un percorso formativo [se nongià acquisito con crediti formativi per la Neuro-radiologia ottenuti durante il corso di specializ-zazione in Radiodiagnostica che preveda l’attivitàdi Neuroradiologia non invasiva (angio-TC, TCperfusion, RM in diffusione e perfusione)] e so-pratutto la formazione clinica neurovascolare eanche neurosonologica (Doppler trancranico).Tale formazione deve essere conseguita attraverso:• la frequenza per 6 mesi presso un’Unità di

Neuroradiologia Diagnostica;• la frequenza per 6 mesi presso un’adeguata

Struttura di Neurologia d’Urgenza e/o diStroke Unit di III livello (certificata dall’Uni-versità) arricchita da lezioni frontali ed eserci-tazioni di Neurosonologia;

• la frequenza per almeno 6 mesi presso UnitàOperative di Neurochirurgia.

Complessivamente, il percorso formativo com-pleto per lo specialista in Radiologia che vuoleraggiungere una “specifica competenza” interven-tistica neurovascolare “dovrebbe complessivamentedurare 2 anni e 6 mesi (12 mesi di formazioneangiografica interventistica + 18 mesi di forma-zione clinica) riducibile a 2 anni se lo specialistaha già maturato durante la specializzazione in Ra-diologia i crediti formativi in Neuroradiologia.

Il mantenimento della competenza interventistica Il mantenimento della competenza interventisticadell’operatore neurovascolare (accreditamento de-gli operatori per Stroke Unit di III livello) è ba-sato: • sulla certificazione che ogni singolo operatore

esegue almeno 50 procedure di cateterismointracranico (anche come secondo operatore)con embolizzazione (come primo operatore)di almeno 15 aneurismi cerebrali per anno;

• sulla partecipazione a corsi di formazione ECMaventi per oggetto l’Interventistica Neurova-scolare, l’Imaging Vascolare non invasivo, laNeurologia d’Urgenza e la Neurochirurgia Va-scolare;

• sulla partecipazione a corsi ECM aventi peroggetto la patologia cerebrovascolare che com-plessivamente non deve essere inferiore al 75%dei crediti formativi effettuati in 1 anno;

• sulla partecipazione a meeting collegiali (in-terdisciplinari) settimanali di revisione dei casitrattati.

La competenza del Centro (accreditamento delCentro) è basata:• sulla certificazione che l’attività interventistica

neurovascolare è effettuata in Centri con al-meno 80 procedure endovascolari neuroradio-

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Le verifiche di qualità 9

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logiche e con almeno 30 aneurismi cerebraliper anno;

• sulla rilevazione nella Stroke Unit di un pro-gramma di formazione continuativa di tuttigli operatori del team neurologico-neurochi-rurgico-neuroradiologico interventistico;

• sulla registrazione (database) dei casi trattatial fine di valutare annualmente il tasso di mor-talià e morbilità correlate alle procedure effet-tuate.

Formazione del neurochirurgo vascolare

Il neurochirurgo vascolare è lo specialista respon-sabile della gestione chirurgica e clinica dei pazienticon ictus emorragico, essendo sua responsabilità ecompetenza non solo il trattamento chirurgicodell’emorragia e delle sue complicanze (idrocefalo,edema cerebrale ecc.), ma anche il controllo clinicodel paziente, con particolare attenzione al tratta-mento dell’ipertensione endocranica e del vaso-spasmo. La complessità di conoscenze richiestecomporta l’esistenza di specialisti dedicati a questaspecifica branca della Neurochirurgia.Anche dal punto di vista strettamente tecnico, lachirurgia degli aneurismi intracranici sta diven-tando sempre più difficile, in quanto l’afferma-zione delle tecniche endovascolari ha ridotto ilnumero di aneurismi “facili” a disposizione delchirurgo. Di conseguenza, oggi, il neurochirurgodeve cimentarsi con gli aneurismi più complessi,quelli che non si possono embolizzare in quantohanno un colletto ampio o un’anatomia complessacon vasi che nascono dalla stessa sacca aneuri-smatica, quelli già embolizzati che hanno recidi-vato e che hanno spirali al loro interno, quelli gi-ganti. La stessa evoluzione della Chirurgia portaoggi il chirurgo a operare malformazioni vascolarisempre più complesse, per le quali qualche annofa una terapia non era possibile.

Anche se la Neurochirurgia Vascolare rientra nelleacquisizioni di ogni neurochirurgo, in realtà sonopochi quelli che riescono a raggiungere compe-tenze tali da renderli in grado di coprire total-mente la gestione di un paziente con una malfor-mazione vascolare emorragica.La formazione appare quindi un elemento im-portante per uno sviluppo continuo che permettadi addestrare neurochirurghi dediti al tratta-mento delle patologie vascolari intracraniche. I Centri che si dedicano alla terapia endovasco-lare devono impegnarsi nella formazione dei gio-vani medici che vogliono dedicarsi al trattamentodi queste patologie. È inoltre importante che chivuole dedicarsi alla Neurochirurgia Vascolare sidedichi a progetti di ricerca in laboratorio peracquisire capacità manuali utili per effettuarebypass vascolari. La specializzazione in Neurochirurgia al momentonon prevede crediti formativi specifici e non iden-tifica una subspecializzazione di indirizzo. Inoltre,la complessità tecnica non rende possibile l’ac-quisizione delle competenze necessarie durantegli anni della specializzazione. Allo stato attuale,pertanto, la formazione in Neurochirurgia Vasco-lare risulta essenzialmente “pratica e autogestita”,non essendo stabiliti né i contenuti né la duratadel periodo di formazione.È auspicabile che i Centri di Neurochirurgia adalto volume di patologia vascolare diventino sededi Master di II livello, che permettano di delineareun percorso formativo clinico-chirurgico e checomprendano una fase di chirurgia vascolare spe-rimentale.Il curriculum formativo deve essere basato sull’ac-quisizione di specifiche conoscenze cliniche spe-cialistiche e sull’acquisizione di competenze diChirurgia Vascolare attraverso lezioni teoriche,discussioni di video, dimostrazioni pratiche insala sperimentale e in sala operatoria. Per raggiun-

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gere la certificazione di una “particolare compe-tenza in Neurochirurgia Vascolare” l’operatore informazione deve dimostrare di aver maturato leseguenti competenze:• acquisizione di conoscenze sulla clinica e sulla

gestione dei pazienti con malformazioni va-scolari intracraniche;

• acquisizione di manualità nell’utilizzo del Dop-pler transcranico;

• capacità di effettuare un bypass vascolare inlaboratorio;

• partecipazione alla fase diagnostica e all’iterterapeutico di 50 malformazioni vascolari;

• partecipazione alla fase di trattamento inter-ventistico di 50 malformazioni;

• partecipazione a 60 interventi di patologia va-scolare, sia come primo operatore con tutor osecondo operatore.

La durata del periodo di formazione deve esseredi 2 anni. Ogni specialista in formazione deve essere tenutoa compilare un documento ufficiale personaledetto “libro delle procedure effettuate” fornitodalla Direzione Sanitaria dell’ospedale di insegna-mento, nel quale vengono giornalmente registratila data della procedura, il nominativo del paziente,la diagnosi di ammissione, il trattamento e l’out-come del paziente trattato. Ogni procedura effet-tuata deve essere controfirmata dal responsabiledella formazione (tutor).Alla fine del periodo di training il numero delleprocedure effettuate deve essere certificato dallaDirezione Sanitaria, come avviene per le certifi-cazioni degli interventi chirurgici prodotte per iconcorsi pubblici.

Formazione continua del personaleinfermieristico delle Stroke Unit e delle sale angiografiche di interventisticaneurovascolare e dei tecnici di riabilitazione

È opportuno che parimenti al personale medicoanche il personale infermieristico delle Stroke Unitdi III livello e il personale infermieristico dellesale di Interventistica Neurovascolare maturino emantengano competenze professionali specifichenell’assistenza del paziente con ictus cerebraleacuto attraverso:• la partecipazione a corsi formativi annuali mo-

notematici effettuati dal personale medico delleStrutture operative presso le quali presta ser-vizio;

• la frequenza di meeting settimanali (collegiali,interdisciplinari) di discussione e revisione deicasi trattati;

• la partecipazione ad almeno 2 corsi di forma-zione ECM sulla patologia neurovascolare peranno;

• la discussione annuale della revisione della ca-sistica operatoria del Centro presso cui opera.

Per quanto attiene al personale tecnico e infer-mieristico addetto alla riabilitazione neurologica,le Linee guida SPREAD indicano come evidenzadi grado A che “gli operatori attivi nei servizi de-dicati ai soggetti colpiti da ictus abbiano compe-tenza nel trattamento delle malattie cerebrova-scolari, nella loro riabilitazione, sia a livello ospe-daliero che territoriale, utilizzando protocolli con-cordati di trattamento, programmi informativi edi aggiornamento per gli operatori sanitari, i ma-lati e i caregivers”.

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Le verifiche di qualità 9

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TAKE HOME MESSAGES

L’ictus cerebrale rappresenta una patologia di alta specificità e va affrontato e gestito da personalemedico e non medico competente, formato e continuamente aggiornato e in numero sufficiente a ga-rantire un’adeguata assistenza a tutti i cittadini affetti da ictus acuto, omogenea su tutto il territorionazionale.La formazione e la competenza professionale rappresentano, infatti, elementi di qualificazione delProgetto Ministeriale nel momento in cui si viene a configurare un modello di assistenza al pazientecon ictus cerebrale ischemico o emorragico sulla base di Unità dedicate in grado di affrontare proble-matiche cliniche di differente complessità che si avvalgono di competenze pluridisciplinari e multipro-fessionali. Per rendere pienamente efficiente questo progetto si rende necessaria la definizione e caratterizzazionedelle figure professionali mediche che sono chiamate a essere il fulcro dell’attività realizzata sia in faseacuta sia nella fase di stabilizzazione e di recupero: nel periodo di acuzie il neurologo esperto dellecondizioni di urgenza e l’interventista endovascolare, così come il neurochirurgo, mentre nelle fasi distabilizzazione e di recupero sono richieste competenze specifiche da parte del fisiatra, del neurologo,del riabilitatore e del neuropsicologo. Nel discorso della formazione non va infine trascurato che tra le caratteristiche peculiari delle StrokeUnit è ritenuta determinante la multiprofessionalità nella gestione della patologia cerebrovascolareacuta e che pertanto è essenziale prevedere la formazione e l’aggiornamento continuo di tutte le altrefigure professionali coinvolte, con particolare riferimento all’infermiere, ma anche al tecnico della ria-bilitazione, al logopedista e al terapista occupazionale.

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10. Il Registro Nazionale dell’Ictus

Molteplici evidenze clinico-epidemiologiche ren-dono oggettivo il fatto che, a oggi, l’ictus cerebralerappresenta una patologia cerebrovascolare a elevataincidenza. Il trattamento dei pazienti affetti da ictuscostituisce, pertanto, un aspetto di carattere assi-stenziale, riabilitativo e sociale di elevate dimensioni,la cui efficace gestione consente di ridurre sia lamortalità sia la disabilità residua dei pazienti chene sono affetti. La domanda assistenziale di tali pa-zienti non si limita alla pur importante fase acuta,ma va vista in un’ottica globale, che spazia dallagestione della fase emergenziale all’individuazionedelle strutture più adeguate, dall’espletamento dellafase acuta al trattamento riabilitativo, fino al rientroal domicilio con l’eventuale presa in carico del pa-ziente da parte del medico di medicina generale,dello specialista territoriale, o attraverso la pro-grammazione di servizi di Assistenza DomiciliareIntegrata (ADI) [Figura 10.1]. In coerenza con il profondo mutamento e l’evo-luzione del bisogno di salute che sempre più in-teressa le diverse fasce della popolazione nelle eco-

nomie avanzate, quali la nostra, la gestione delpaziente affetto da ictus può trarre sostanziali be-nefici dall’attuazione della sanità in rete. La sanitàin rete, infatti, abilita nuove modalità di eroga-zione dei servizi sanitari che consentono, innan-zitutto, di tracciare chiaramente il percorso delpaziente sin dal primo momento di interazionecon la rete di assistenza sanitaria. È forte, infatti,l’esigenza di rendere disponibile un sistema di ser-vizi integrati in rete che consenta, in tempo reale,il controllo e la valutazione sistematica di para-metri quali il rischio clinico, le procedure dia-gnostiche e terapeutiche effettuate, con particolareriferimento alla qualità delle stesse, alle risorseimpiegate, alle tecnologie utilizzate e al livello disoddisfazione percepito dai cittadini. Tali soluzionitrovano una pervasiva applicazione nell’ambitodella rete dei servizi sanitari di livello nazionale eterritoriale, contribuendo fattivamente alla diffu-sione di informazioni a beneficio dei cittadini, almiglioramento dei processi di erogazione dell’as-sistenza, oltre che a supporto di un’efficace pro-

n. 14, marzo-aprile 2012

Figura 10.1 Il “ciclo di vita” del percorso diagnostico-terapeutico per pazienti affetti da ictus cerebrale.

Fase emergenziale Fase acuta Trattamento riabilitativo Assistenza domiciliare

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Ministero della Salute

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mentazione del patrimonio informativo delSSN in coerenza con le esigenze di monito-raggio sanitario e le indicazioni del Piano Sa-nitario Nazionale;

• realizza gli strumenti necessari per l’analisi siadel fabbisogno sanitario che della capacità dirisposta a tale fabbisogno da parte delle strut-ture ospedaliere e territoriali del SSN;

• supporta la realizzazione di sistemi informativisul territorio che possano essere concretamentedi supporto alla cura del paziente, oltre che ingrado di generare i dati necessari al governodel SSN.

La realizzazione del NSIS si articola in 8 obiettivistrategici funzionalmente interconnessi rispettoalle esigenze dei diversi livelli del SSN. In parti-colare, tra tali obiettivi strategici vi è quello diraccogliere progressivamente, secondo una logicadi “percorso”, le informazioni relative alle presta-zioni erogate al singolo individuo dai diversi nodidella rete di offerta del SSN. Nella fattispecie, ilsistema di integrazione delle informazioni sanitarieindividuali è finalizzato alla raccolta di tutte leinformazioni relative alle prestazioni sociosanitariefruite da ciascun cittadino, in coerenza con lanormativa vigente in materia di privacy.La gestione, nell’ambito del sistema di integra-zione delle informazioni sanitarie individuali, diinformazioni analitiche che riguardano le presta-zioni erogate al singolo cittadino nei diversi livellidi assistenza abilita la lettura dei fenomeni sanitariattraverso diverse dimensioni di analisi. In questomodo il NSIS crea i presupposti infrastrutturaliche possono supportare la realizzazione di un Re-gistro Nazionale dell’Ictus. Esso può essere im-maginato, da un punto di vista logico, come unapossibile dimensione di analisi del più ampio si-stema di integrazione delle informazioni sanitarieindividuali, opportunamente ritagliata in funzionedello specifico dominio di analisi.

grammazione sanitaria. Con particolare riferi-mento ai pazienti affetti da ictus, la sanità in reteè in grado di apportare sensibili benefici lungotutto il “ciclo di vita” del percorso diagnostico-te-rapeutico (vedi Figura 10.1). In particolare, nellafase emergenziale – dove la tempestività di inter-vento rappresenta il principale fattore critico disuccesso – così come in quella acuta, la sanità inrete può consentire di accrescere la qualità e tem-pestività delle decisioni del medico attraverso ladisponibilità, in modo semplice e veloce, delle in-formazioni relative al paziente. Analogamente,durante il trattamento riabilitativo, così come nelcaso di assistenza domiciliare, la disponibilità dellastoria clinica del paziente consente di supportareefficacemente, e con continuità, sia i processi dicura sia la presa in carico del cittadino.Non stupisce pertanto il fatto che la sanità in rete –o sanità elettronica – sia da tempo al centro di nu-merose azioni a tutti i livelli – europeo, nazionale,regionale e locale –, finalizzate alla diffusione dellastessa quale strumento abituale per operatori, pa-zienti e cittadini, volto al miglioramento della qualitàdell’assistenza e della produttività del settore sani-tario, con positive ricadute in termini di sostenibilitàdei sistemi sanitari nel loro complesso.La cornice di riferimento a livello nazionale perl’attuazione della sanità in rete è rappresentata dalNuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS).Esso nasce a fronte dell’esigenza di rendere di-sponibile, a livello nazionale e regionale, un pa-trimonio condiviso di dati centrato sul cittadino,unitamente a regole e metodologie per misure diqualità, efficienza, appropriatezza e costo a sup-porto del governo del Servizio Sanitario Nazionale(SSN), del monitoraggio dei Livelli Essenziali diAssistenza (LEA) e della spesa sanitaria. In parti-colare, il NSIS:• definisce, e continuamente adegua nel tempo,

i contenuti informativi e le modalità di ali-

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Coerentemente con il proprio percorso strategico-evolutivo, il NSIS sta attivando diversi flussi in-formativi attraverso i quali rilevare le prestazionierogate al singolo individuo dai diversi nodi dellarete di offerta del SSN. Nell’ambito di tale mappa (Figura 10.2) alcuniflussi informativi sono rilevanti ai fini del moni-toraggio del “fenomeno ictus”. Tali flussi costi-tuiscono quei presupposti informativi che, in ag-giunta ai già premessi presupposti infrastrutturali,possono supportare la realizzazione di un RegistroNazionale dell’Ictus, in quanto atti a intercettarei principali eventi relativi al “ciclo di vita” del per-corso diagnostico-terapeutico per pazienti affettida ictus cerebrale:• assistenza in emergenza-urgenza (flusso in fasedi messa a regime): ai sensi del DM 17 dicembre2008, il flusso informativo permette di rilevarei dati relativi alle prestazioni erogate da partesia del Sistema 118 sia del Pronto Soccorso

ospedaliero. Tale flusso consente di rilevare,nel caso di specie:- Sistema 118: l’attività delle Centrali opera-

tive, in particolare in termini di caratteristi-che delle segnalazioni di richiesta di soccorsoe dati relativi all’intervento effettuato. Rien-trano tra questi dati, a titolo indicativo, oltrealle prestazioni erogate, la tempistica di chia-mata dell’ambulanza, quella relativa alla par-tenza dell’ambulanza dal luogo della chia-mata, nonché quella di arrivo a destinazione,

- Pronto Soccorso: l’attività erogata presso lestrutture di Pronto Soccorso ospedaliero.Vengono rilevate, tra le altre, le seguenti in-formazioni: modalità di presa in carico delpaziente, valutazione sanitaria effettuata, pre-stazioni erogate, esito del trattamento;

• ricovero ospedaliero (flusso a regime): in coe-renza con il DM 28 dicembre 1991 e s.m.i.vengono stabilmente rilevate, mediante il flusso

Il Registro Nazionale dell’Ictus 10

145

Figura 10.2 Le informazioni disponibili in ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS).

HospiceFarmaceuticaospedaliera

Assistenza residenzialee semiresidenziale

Ricoveriospedalieri

Assistenza sanitariaper le tossicodipendenze

............Distribuzione diretta

dei farmaci

Prestazioniin emergenza-urgenza

Salutementale

Prestazione specialisticaambulatoriale

Prestazione farmaceuticaterritoriale

Assistenzadomiciliare

Nuovo SistemaInformativo Sanitario

(NSIS)

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delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO),le informazioni relative a ogni paziente dimessodagli istituti di ricovero pubblici e privati ac-creditati su tutto il territorio nazionale. Taleflusso consente di rilevare, nel caso di specie,le prestazioni di ricovero per acuti effettuate aipazienti affetti da ictus, l’eventuale successivopassaggio alla fase riabilitativa, oppure il decessodel paziente se occorso in ambito ospedaliero;

• distribuzione diretta e per conto dei farmaci(flusso in fase di messa a regime): in ottempe-ranza al DM 31 luglio 2007 e s.m.i., il flussopermette di raccogliere informazioni relativealla distribuzione diretta e per conto dei far-maci da parte delle strutture territoriali e ospe-daliere. Attraverso il sistema di classificazioneAnatomico Terapeutico Chimico (ATC), ilflusso informativo può consentire di indivi-duare le confezioni di farmaci somministrateai pazienti affetti da ictus;

• specialistica ambulatoriale (flusso a regime): ven-gono rilevati, ex art. 50, Legge 326/2003 es.m.i., i dati relativi all’assistenza specialisticaerogata dalle strutture sanitarie del SSN. Fon-damentale, ai fini dell’analisi del fenomeno ictus,la possibilità di associare le prestazioni erogateal relativo quesito diagnostico (ove disponibile);

• assistenza domiciliare (flusso in fase di messa aregime): ai sensi del DM 17 dicembre 2008vengono rilevate le informazioni relative agliinterventi sanitari e sociosanitari programmati,effettuati presso il domicilio dei pazienti presiin carico. Sono ivi inclusi i pazienti in assistenzadomiciliare a seguito del completamento conesito positivo della fase post-riabilitativa;

• assistenza farmaceutica territoriale (flusso a re-gime): vengono rilevati, ex art. 50, Legge326/2003 e s.m.i., i dati relativi alle confezionidi farmaci somministrate al cittadino a frontedi ricette SSN. Attraverso il sistema di classifi-

cazione ATC, il flusso informativo può con-sentire di individuare le confezioni di farmacisomministrate ai pazienti affetti da ictus.

Coerentemente con il proprio percorso strategico-evolutivo il NSIS proseguirà nell’attivazione enella messa a regime di nuovi e ulteriori flussi in-formativi, al fine di rilevare con una sempre mag-giore copertura l’insieme delle prestazioni erogateal singolo individuo dai diversi nodi della rete diofferta del SSN. La raccolta di tali informazioni, nell’ambito del si-stema di integrazione delle informazioni sanitarieindividuali, consentirà di portare a fattore comuneun patrimonio informativo sempre più ampio, gra-zie al quale incrementare la capacità di lettura ecomprensione dei fenomeni sanitari. Il NSIS èquindi in grado di mettere a disposizione i presup-posti infrastrutturali e informativi atti a supportarela realizzazione e l’evoluzione nel tempo di un Re-gistro Nazionale dell’Ictus. Essi, tuttavia, non sonosufficienti. L’istituzione di registri di rilevante inte-resse sanitario, ivi incluso il Registro Nazionale del-l’Ictus, necessita infatti di adeguati presupposti nor-mativi, ovvero di una cornice normativa unitariache disciplini le finalità, le modalità di alimenta-zione e consultazione dei dati presenti negli stessi,i soggetti abilitati, i contenuti informativi minimi,le garanzie e le misure di sicurezza da adottare peril trattamento dei dati personali, nel pieno rispettodella normativa vigente in materia di privacy. A tali fini, nell’ambito del disegno di legge gover-nativo su proposta del Ministro della Salute, re-cante “Sperimentazione clinica e altre disposizioniin materia sanitaria”, è stata inserita un’appositadisposizione avente a oggetto “Istituzione di si-stemi di sorveglianza e registri di rilevante interessesanitario e di impianti protesici”, che quindi rap-presenterà anche per il Registro Nazionale del-l’Ictus la norma primaria di riferimento ai finidella relativa istituzione.

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Ministero della Salute

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Tale disposizione prevede che i registri venganoistituiti con decreto del Presidente del Consigliodei Ministri, su proposta del Ministro della Salute,acquisito il parere della Conferenza Stato Regionie del Garante per la protezione dei dati personali.Inoltre, la stessa norma dispone che con successivoregolamento, da adottarsi entro il termine di 18mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore delDecreto del Presidente del Consiglio dei Ministriistitutivo dei registri, sono individuati, in confor-mità alle disposizioni di cui agli artt. 20, 22 e 154del D.Lgs. 196/2003 (Codice sulla privacy), i sog-getti che possono avere accesso ai registri, i datiche possono conoscere, nonché le misure per lacustodia e la sicurezza dei dati, fermo restando chei contenuti del regolamento, come dispone la stessanorma, devono in ogni caso informarsi ai principidi pertinenza, non eccedenza, indispensabilità enecessità di cui agli artt. 3, 11 e 22 del citato De-creto 196/2003. La disposizione contenuta nel di-segno di legge governativo fissa quindi criteri eprocedure molto dettagliate per l’istituzione deiregistri, che troveranno applicazione anche per il

Registro Nazionale dell’Ictus e che richiedono spe-cifici tempi di attuazione. Tuttavia, nelle moredell’adozione dei provvedimenti richiesti dalla ci-tata disposizione, tenuto conto del patrimonio in-formativo messo a disposizione dal NSIS, comesopra rappresentato, si potrebbe procedere a un’in-tegrazione dei tracciati record previsti nei Disci-plinari Tecnici allegati ai Decreti istitutivi dei sin-goli flussi informativi sopra illustrati, con ulterioriinformazioni che consentano di rilevare, quandopossibile, in maniera quantitativa la gravità del de-ficit del paziente con ictus sia da un punto di vistaoggettivo neurologico che funzionale, sia cognitivoche del tono dell’umore, in tutti i momenti di en-trata e di uscita da una delle strutture/fasi del suopercorso assistenziale. Tutto ciò richiederà, neces-sariamente, un lavoro congiunto con gli esperticlinici che potranno indicare ai tecnici quali campidei tracciati dei singoli flussi informativi dovrannoessere ulteriormente sviluppati e arricchiti per poteracquisire le informazioni pertinenti, nel pieno ri-spetto sempre dei principi e delle regole per la tu-tela della privacy.

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TAKE HOME MESSAGES

Il trattamento dei pazienti affetti da ictus può beneficiare sensibilmente dell’attuazione della sanità inrete, dal momento che quest’ultima, oltre ad abilitare nuove modalità di erogazione dei servizi sanitari,consente di tracciare chiaramente il percorso del paziente “dalla fase acuta agli esiti“. La cornice di riferi-mento a livello nazionale per l’attuazione della sanità in rete è rappresentata dal Nuovo Sistema InformativoSanitario (NSIS). Tra gli obiettivi strategici del NSIS rientra la realizzazione del sistema di integrazione delleinformazioni sanitarie individuali. Tale sistema è finalizzato alla raccolta di tutte le informazioni relativealle prestazioni sociosanitarie fruite da ciascun cittadino, in coerenza con la normativa vigente in materiadi privacy. Il sistema di integrazione delle informazioni sanitarie individuali crea i presupposti infrastrutturalie informativi atti a supportare la realizzazione e l’evoluzione nel tempo di un Registro Nazionale dell’Ictus. Tali presupposti non sono tuttavia sufficienti. L’istituzione di registri di rilevante interesse sanitarioinfatti, ivi incluso il Registro Nazionale dell’Ictus, necessita di adeguati presupposti normativi. A tali fini,nell’ambito del disegno di legge governativo su proposta del Ministro della Salute, recante “Sperimen-tazione clinica e altre disposizioni in materia sanitaria”, è stata inserita un’apposita disposizione aventea oggetto “Istituzione di sistemi di sorveglianza e registri di rilevante interesse sanitario e di impiantiprotesici”, che quindi rappresenterà anche per il Registro Nazionale dell’Ictus la norma primaria di rife-rimento ai fini della relativa istituzione.

Il Registro Nazionale dell’Ictus 10

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