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ILENIA BELLEZZA Oltre il confine

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ILENIA BELLEZZA

Oltre ilconfine

Oltreilconfine

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Ilenia Bellezza

Oltre il Confine

Youcanprint Self-Publishing

Titolo | Oltre il confine Autrice | Ilenia Bellezza Immagine di copertina | www.creatio.it ISBN | 978-88-91108-94-4 www.ileniabellezza.it www.oltre-il-confine.it © Tutti i diritti riservati all’Autrice. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell’Autrice. Youcanprint Self-Publishing Via Roma, 73 - 73039 Tricase (LE) - Italy www.youcanprint.it [email protected] Facebook: facebook.com/youcanprint.it Twitter: twitter.com/youcanprintit

A Fabio, mio marito Padrone del mio cuore ragione della mia vita

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente.

William Shakespeare

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I

Ho sempre fantasticato sul mio futuro, pur non avendo le idee chiare. Mi piace pensarmi diversa da ora, più sicura, più saggia, più consapevole di quello che vorrei fare o raggiungere nella vita. Sono convinta che sia la chiave per essere veramente felici e in pochi possono dire di esserlo. Guardo i miei genitori seduti in macchina di fronte a me e la mente mi riporta a quando avevo solo sei anni. L’immagine è sempre la stessa, siamo in viaggio per raggiungere mia nonna Ginevra a Como. Mia madre legge il giornale ad alta voce mentre mio padre ascolta attentamente ogni singola parola, come se pendesse dalle sue labbra. Questa per me è l’espressione della felicità. «Sabrina… siamo quasi arrivati.» Mi fa l'occhiolino mio padre dallo specchietto retrovisore. Non ci abbiamo messo molto, abitiamo a Milano a un’ora di macchina da Como ma, anche se i chilometri che dividono queste due città sono pochi, vi è un abisso tra l’una e l’altra.

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Considero Como il mio rifugio, la pantofola comoda da mettere appena sento il bisogno di rilassarmi. L’azzurro del lago, il verde dei boschi, la brezza leggera dei monti hanno sempre cullato la mia mente da sognatrice. Un vero angolo di paradiso che mi ha sempre permesso di ampliare la mente con una spinta in più che rende tutto quasi vero e raggiungibile. Anche se gli anni passano e crescendo molte cose cambiano, io non ho mai smesso di sognare ad occhi aperti, ma oggi, oltre a sognare, mi batte anche forte il cuore. È da diverse estati che sono lontana da Como, più o meno da quando ho iniziato il liceo. E in questi anni la nonna ha trovato un’altra sistemazione con lavoro compreso. Non so bene come sia andata, ma Flora, un'amica d’infanzia di mia madre, era alla ricerca di una persona affidabile che la aiutasse nella gestione di una proprietà di famiglia. Una villa, poco lontano dal centro di Cernobbio. Penso che la scelta sia caduta su mia nonna perchè Flora in gioventù era molto amica con mia madre. Ma dopo che i miei genitori si sono sposati e nello stesso anno trasferiti a Milano, si sono perse di vista. Quando i miei, insieme alla nonna, hanno deciso di intraprendere un viaggio in America, si è posto il problema di chi potesse sostituirla. Considerando che Flora contava su di un aiuto per alcune serate di beneficenza, senza indugiare mi sono fatta avanti. Questo lavoro mi permetterà di pagarmi da sola le spese per la vacanza a Londra che vorrei fare con la mia amica Samantha. Una scelta condivisa solo in parte dai miei genitori. Nonostante sia una persona riflessiva e piuttosto diffidente, hanno sempre paura che prenda delle strade sbagliate. Temono che cambi, che mi allontani da loro, ma li amo così tanto che il solo pensiero mi fa sorridere. Credo sia normale per ogni

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genitore alle prese con i cambiamenti nella vita dei propri figli. Ma io ho bisogno di questo spazio, di fare nuove esperienze, ne sento la necessità, ed è il momento giusto. Mi sono diplomata da poco al Liceo Scientifico e per la prima volta dopo anni ho di fronte un’estate senza pensieri. Mi sono sempre dedicata agli studi tralasciando ogni tipo di distrazione per raggiungere il mio obiettivo: l’Università di Medicina e Chirurgia di Pavia. Ma negli ultimi giorni, calata la tensione degli esami, ho iniziato ad avere dei dubbi. Non so il perché, forse il lungo percorso universitario, l’impegno economico per i miei genitori o probabilmente il semplice bisogno di staccare la spina, e Como aggiunto alla compagnia di Samantha è il mio toccasana. È esattamente un anno che non la vedo e, anche se ci sentiamo sempre, non è esattamente la stessa cosa abitando in due città diverse. La nostra amicizia risale alle prime estati che passavo a Como e, nonostante sia più grande di me di tre anni, abbiamo un rapporto unico. Mi capisce, mi ascolta ma soprattutto mi consiglia e l’idea di poter vivere un periodo così lungo, qui e vicino a lei, mi fa emozionare. Come da piccola alla Vigilia di Natale, quando sotto l’albero c’era un regalo enorme che non vedevo l’ora di aprire. Ma questa volta posso dire che una sorpresa così grande proprio non la immaginavo... Oltrepassiamo il cancello di ingresso percorrendo il viale che affianca un giardino con alberi di acero, siepi e fiori di un rosa acceso che spicca dal verde intenso del prato. La villa è imponente, una struttura del Settecento di un bianco angelico con ampie finestre. Parcheggiamo la macchina e con soggezione scendiamo. «Sabrina!»

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Sento la voce di mia nonna, mi giro e la vedo venirmi incontro attraversando il cortile. Indossa il suo completo preferito tinta ghiaccio e mi rivolge un sorriso acceso di una dolcezza che raramente si dimentica. «Ciao nonna!» Che bello vederla, abbracciarla e sentire il suo profumo. «Tesoro, quanto mi sei mancata» dice stringendomi forte. «Anche tu.» «Fatti guardare» si scosta tenendomi ferma per le spalle. «Come ti sei fatta bella.» «Sono sempre io.» La ragazza semplice della porta accanto. «Quanto mi piacciono i tuoi capelli biondi. Assomigli a tua madre quando aveva la tua età.» Ci assomigliamo davvero molto, spesso ci scambiano per sorelle, ma io mi vedo così diversa. Lei è molto più femminile, più donna. Mentre io invece passo il tempo sempre immersa nei libri. «Lisa, finalmente siete arrivati.» Sento una voce femminile alle nostre spalle. Mi scosto da mia nonna e vedo finalmente Flora. Una donna bellissima dai lunghi capelli neri e occhi verdi. Non riesco a smettere di guardare le sue mani che si muovono come in una danza. Le unghie laccate di rosso, come il colore del suo rossetto. Una donna raffinata che non si risparmia in abbracci. Sta tenendo stretta da così a lungo mia madre che rimaniamo tutti in silenzio, quasi a contemplare questa immagine. «Come sono contenta di avervi qui» si guarda attorno e per la prima volta incrocio i suoi occhi. «Tu devi essere Sabrina, tua nonna mi ha parlato tanto di te.»

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Allungo una mano per presentarmi ma lei anticipa i miei movimenti abbracciandomi. Mi paralizzo. Dopo alcuni secondi si scosta per guardarmi. «Hai degli occhi stupendi... verde smeraldo... chissà a quanti ragazzi farai girare la testa.» Io far girare la testa? Mi viene quasi da ridere. «Non credo tu sia cosciente della tua bellezza» mi accarezza il viso teneramente in risposta alla mia espressione incredula. Arrossisco. «Venite vi offro un caffè, credo che abbiate ancora qualche minuto prima di andar via» dice Flora lasciandomi andare. «Molto volentieri» risponde mio padre educato. Si incamminano davanti a me, ed io rimango ferma per alcuni secondi mentre vedo mia nonna avvicinarsi e prendermi sotto braccio. È entusiasta di mostrarmi dove vive, mentre io confusa, sto ancora cercando di capire in cosa mi sia cacciata. Ci spalanca la porta una cameriera dai capelli rossi e dal viso paffutello, vestita con una divisa azzurra ed un grembiule bianco ricamato. «Rosi, ci accomodiamo nel salotto» l’avvisa Flora. «Sì, signora» risponde servizievole. Appena entrata rimango basita. Vedo cameriere ovunque, tutte vestite uguali, indaffarate a pulire e a lucidare con estrema diligenza. Un’enorme scala di marmo bianco riflette la luce dell’ingresso, rendendo l’ambiente molto luminoso. Entriamo in sala, una stanza grande quasi quanto casa mia. Mi accomodo di fianco ai miei genitori su di un lussuoso divano color panna, Flora e mia nonna sulle poltrone accanto. Arriva Rosi a passo spedito appoggiando sul tavolino un vassoio con le tazzine da caffè ed un piatto colmo di pasticcini che, solo a

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vederli, fanno venire l’acquolina in bocca. Furtiva mi guardo attorno. Mi incanto nell’osservare l’arredamento moderno. I mobili, dai colori chiari e dalle linee essenziali, sono in perfetto contrasto con il parquet in wengè scuro. Due grandi lampadari dominano sulla stanza. Tende in tessuto pregiato incorniciano le ampie finestre. Vedo un tavolo in cristallo alla mia sinistra e di fronte un camino in marmo bianco che ha mantenuto la sua antica bellezza. Un gusto davvero impeccabile e giovanile. Molto giovanile. Non me lo aspettavo. «Sono proprio contenta Lisa che ci siamo riviste dopo così tanti anni.» «Sì, anche io Flora, mi fa piacere trovarti bene.» «È grazie a tua madre, mi ha tolto molti pensieri da quando è qui. Ma non parliamo di me ditemi di voi» cambia discorso, «Riccardo, quanto pensate di stare via?» chiede a mio padre mentre gli porge la tazzina di caffè. «Più o meno due mesi, il viaggio che vogliamo fare è abbastanza impegnativo, considerando che Lisa vuole avere anche il tempo di fare un po’ di shopping. Conosci meglio di me i vizi delle donne» borbotta come al solito. «Eccome se li conosco e non si può negarle un simile piacere.» «Lo so bene» sbuffa sapendo di non avere altra scelta. Mia madre non tornerà mai a casa a mani vuote ed io sono contenta visto che una buona parte di quello che comprerà andrà a me. Abbiamo gusti simili, forse è il vantaggio di assomigliarci così tanto e non solo fisicamente. «Sono davvero contenta di averti qui Sabrina. Come avrai notato al momento è tutto sottosopra in vista della serata di beneficenza, un evento a cui tengo in modo particolare e questa villa si presta benissimo per l’occasione.»

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«Capisco» dico nell’intento di darmi un tono, anche se in realtà capisco ben poco, non so cosa mi aspetti e non voglio far trapelare la mia insicurezza. «Abbiamo assunto uno staff eccezionale. Avrai modo di conoscerlo nei prossimi giorni. Ti ho riservato una stanza nella villa. Ho pensato che fosse la scelta migliore visto l’enorme lavoro che abbiamo da fare.» Alle sue parole mia nonna la guarda accigliata. Non si pronuncia, ma capisco che c’è qualcosa che non le torna. «Ho preferito così Ginevra. La tua dependance non verrà utilizzata. Penso che Lisa sia più contenta di saperla qui piuttosto che sola alle porte della proprietà» sorride ma senza coinvolgere gli occhi che rimangono vigili e attenti. «Certo... sicuramente... grazie Flora» risponde mia madre titubante vedendo l’espressione non molto convinta di mia nonna. «Spero che non interferisca con le regole della casa. Nemmeno la servitù alloggia nella villa, rimarrebbe comunque sola» interviene mia nonna dopo un lungo silenzio. Perché sola, Flora non abita qui? Non capisco. «No, non sarà sola, ho chiesto a Rosi e ad altre due cameriere di fermarsi.» «Non credo sia una buona idea, ho ricevuto ordini ben precisi sull’amministrazione della casa e…» «Ginevra non intendo discutere con te di questo» dice con calma prendendo un profondo respiro. «Mi occuperò io della gestione della casa in tua assenza e per quanto mi riguarda le regole si possono accantonare, viste le circostanze. E poi non vedo perchè non farlo, sono felice di poterla ospitare. Sarà un’ulteriore

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ricompensa per l’aiuto che mi darà» dice lanciandomi uno sguardo. Accidenti! È una donna che sa il fatto suo. Ha ammutolito mia nonna in due secondi. Deve piacerle il controllo perché mi dà la sensazione di essere una perfezionista. Mia madre, palesemente più tranquilla, sorride compiaciuta di sapermi nelle sue mani. Vorrei potermi sentire anch’io così rilassata. Tra una chiacchiera e l’altra il tempo è volato e senza accorgercene è giunto per loro il momento di partire, l’aereo per Chicago li sta aspettando. Usciamo in cortile. Mio padre mi abbraccia protettivo, solleticandomi la guancia con la barba. «Mi raccomando Sabrina, sii giudiziosa come sempre.» «Non sto andando in guerra, fino a prova contraria chi andrà in giro per il mondo siete voi» rispondo ironica per sdrammatizzare. «Hai capito cosa intendo.» «Lo so papà! State tranquilli e divertitevi.» Non c’è nulla di cui preoccuparsi, più al sicuro di così c’è solo la prigione. Mia madre si avvicina. «Tieni sempre il telefono con te, se non posso chiamarti ti mando una e-mail o un messaggio. Okay?» «Certo.» So già che mi mancherà da morire. «Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamaci. Non mi fare stare in pensiero» mi guarda apprensiva. «Non ti preoccupare, è l’ultima cosa che voglio.» «Ti voglio bene» mormora. Io mi sciolgo e l’abbraccio.

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«Ti voglio bene anch’io» la stringo forte e appena sento l’emozione prendere il sopravvento la lascio andare. Non voglio mettermi a piangere. «State tranquilli, è in ottime mani» si fa avanti Flora. «Lo sappiamo bene» risponde mia madre, convinta più di quanto non fosse all’inizio. Ma chi mi sorprende è mia nonna che pensierosa continua a non dire nulla. Forse ha paura che, alloggiando nella villa, ficchi il naso in cose che non mi riguardano. «Stai tranquilla nonna, mi limiterò a stare nel mio spazio.» «Lo so… lo so» e mi accarezza il viso con occhi dolci. «Non ho dubbi su questo. Sei una cara ragazza ma mi raccomando stai attenta.» «Non ti preoccupare.» Spero di averla convinta, perché non ho intenzione di creare problemi o rischiare di farle perdere il lavoro. Salgono in macchina. Sento una stretta al cuore nel vederli andar via. È la prima volta che ci separiamo per un periodo così lungo e, anche se mi rifugerò nell’amicizia di Samantha, sarò comunque sola. È una sfida con me stessa che sento il bisogno di affrontare. Li seguo con lo sguardo fino al cancello. Mi sbraccio per salutarli e mentre lo faccio noto una piccola dependance alle porte della proprietà. Forse è lì che alloggiava mia nonna ed effettivamente è isolata. Non credo mi sarebbe piaciuto. «Vieni Sabrina, ti mostro la tua stanza.» Prima di salire ne approfitta e mi fa fare un giro panoramico della villa. Passiamo dal salone principale e, attraverso una porta finestra, sbuchiamo nel giardino sul retro. «Qui è dove allestiremo i tavoli per la cena» spiega Flora.

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«È molto… spazioso» riesco solo a dire, colpita dalla piscina di trenta metri e dall’immenso parco circondato da fiori e aceri. «È l’ideale visto il numero degli invitati. Dai miei calcoli dovremo utilizzare quindici tavoli rotondi da otto posti. Li farò sistemare attorno alla piscina» fa qualche passo avanti. «Lì, ho pensato di mettere il palco» e indica l’angolo destro del giardino. «Il palco?» «Sì, presenterò il progetto di beneficenza con un video e una serie dettagliata di foto. È necessario dare una visione precisa di cosa andremo a realizzare.» «Capisco.» Non ho capito un bel niente ma a forza di dirlo finisce che me ne convinco. Rientriamo in sala. «Da questa parte c’è la cucina.» La seguo come un’ombra. Per me la cucina è un territorio estraneo sotto ogni punto di vista. A parte il caffè non so prepararmi nemmeno un uovo. Dovrei mettermi di impegno ma ogni volta che provo a tagliuzzare delle verdure finisco per affettare anche le mie dita e non credo siano un ingrediente segreto. «Che meraviglia» mormoro. Mi aspettavo di trovare una cucina professionale di un ristorante, tutta in acciaio, invece anche qui la modernità non manca. I tratti decisi e i colori scuri delle ante mi fanno pensare a un gusto maschile. C’è un’isola al centro della stanza, con sgabelli neri e un piano di lavoro a specchio, che sembra disorientare non solo me ma anche le cameriere. Si aggirano smarrite, cercando il necessario per preparare la cena. Non devo essere la sola a entrare per la prima volta in questa cucina.

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«Lasciamole lavorare» dice Flora invitandomi a seguirla fuori dalla stanza. Proseguiamo con il giro. Mi mostra altri due salotti molto più piccoli della sala principale che a confronto sembra una pista di pattinaggio. Saliamo al primo piano in direzione della mia stanza. È la prima porta a destra del lungo corridoio. Provo un certo sollievo nell’essere così vicina alle scale. Nel caso tentassi di evadere dalla prigione a cinque stelle, non perderei troppo tempo a raggiungere la porta per uscire. Il pensiero mi fa sorridere. Per fortuna Flora non mi sta guardando. Penserebbe che ho qualche rotella fuori posto, e sinceramente sono io la prima a dubitare di me stessa. Come ho potuto pensare di sostituire mia nonna? «Spero che la camera ti piaccia» dice Flora aprendomi la porta. Camera?! Questa dalle mie parti è più un mini appartamento. Due ampie finestre illuminano gradevolmente l'ambiente. Vicino a un mobile bar in legno scuro trovo un divano tortona e una poltrona girevole grigio perla. Alle mie spalle un letto a baldacchino, nero dalle linee essenziali, affianca un armadio a muro. Il bagno, l'unica porta alla sinistra della stanza, colpisce per il grande specchio dalla cornice dorata e per l'ampio piano in marmo bianco con mobiletti in tinta. Ci sono una vasca idromassaggio e una doccia angolare. Potrei tranquillamente rimanere in questa camera per due mesi senza uscire. Ripensandoci non sarà così difficile restare qui. «È stupenda» sorrido timidamente. «Bene, devo fare delle telefonate, sistemati pure. Se hai bisogno di me, mi trovi in salotto» mi avvisa Flora prima di uscire dalla stanza.

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Mi guardo attorno ancora incredula, mi sembra impossibile che sia tutto per me. Trattengo un urlo di gioia e mi getto sul letto. I cuscini sono soffici e il materasso matrimoniale una vera goduria. Certo che ritornare nella mia cameretta sarà un trauma, ma poco importa, ora sono qui e me la godo.

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II

La giornata inizia molto presto alla villa. C’è un gran movimento e una marea di lavoro da fare. Sono passati ormai tre giorni dal mio arrivo e non ho ancora trovato il tempo di vedere Samantha. Però stasera, finalmente, andremo a mangiare una pizza. Mi passa a prendere per le 20:00, giusto in tempo per fare un inventario dettagliato con la fiorista. Non immaginavo il lavoro minuzioso dietro a un evento del genere. La mia agenda, che saggiamente mi ha regalato Flora, è piena di appuntamenti che si accavallano all'ultimo minuto. Ma la cosa più incredibile di tutto questo, è che mi piace. Sì, io Sabrina Baldi, la disorganizzata per eccellenza, provo piacere nel programmare ogni ora della mia giornata. A saperlo avrei spinto i miei a fare il viaggio un anno fa, questa attenta pianificazione mi sarebbe servita per l’ultimo anno di scuola. Comunque ora in salotto mi sta aspettando Flora insieme a Lidia, la proprietaria del catering, per scegliere le tovaglie e dare un’ultima occhiata al menù. Sono ansiosa di vedere l’anteprima e

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mentre faccio mente locale sulle cose da fare, scendo dalle scale e involontariamente sbatto addosso a Rosi. «Mi scusi signorina!» mi dice con voce ansiosa e tremolante. «No scusami tu Rosi, non ti avevo vista. Va tutto bene?» È piuttosto agitata. «Devo correre a preparare la stanza. Il signore… il signore è tornato.» «Quale signore?» «Devo andare prima che salga.» «Certo vai pure.» Neanche il tempo di dirglielo e mi supera salendo velocemente gli ultimi gradini. Diffidente scendo al piano terra. Mi guardo attorno come per paura di vedermi qualcuno alle spalle. C’è uno strano silenzio. Mi avvicino al salone principale e tutto tace. Penso che non ci sia nessuno invece… «Si può sapere dove sei finito?» Sento la voce minacciosa di Flora. Una cameriera a passo spedito mi supera e per poco non urto anche lei. Si precipita nel salone. «Dov’è Sabrina?» domanda Flora alla cameriera. Prendo coraggio e mi faccio avanti. «Sono qui.» La prima persona che vedo è Lidia seduta sul divano con un’espressione persa e adorante. Fissa qualcosa o qualcuno dalla parte opposta della stanza. «Sabrina scusami, puoi continuare tu con Lidia? Io vi raggiungo.» Perplessa annuisco. Sto morendo dalla curiosità di voltarmi per seguire gli occhi di Lidia, credo di avere il famoso ‘signore’ alle spalle. Lidia si alza e, prima che possa anche solo provare a girarmi, raccoglie le sue cose e velocemente esce dalla stanza. Ci accomodiamo in un’altra sala. Cerco di mantenere la concentrazione sul campionario che Lidia, molto gentilmente, mi

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sta mostrando, ma non riesco a fare a meno di pensare a chi avevo alle spalle. Passano un paio d’ore, che mi sembrano un’eternità, senza concludere nulla. Dobbiamo aspettare Flora per le decisioni finali ma non si è ancora fatta vedere. Mi sto preoccupando e, con la scusa di andare a prendere da bere, controllo. La cucina è adiacente alla sala. Mi incammino evitando di fare il minimo rumore. Passo di fronte alla porta. È socchiusa. Rallento e allungando l’occhio intravedo la punta delle scarpe di Flora vicino al tavolino, probabilmente sono seduti. Non si sente nulla. Proseguo ed entro in cucina, prendo il vassoio con due bicchieri d’acqua e ripasso, questa volta senza far troppo caso a quello che succede, ma proprio in quel momento sento una voce maschile tuonare. «Che cosa?» Sobbalzo per lo spavento, rovesciando l’acqua dai bicchieri. «Stai calmo! Non tollero i tuoi toni!» «E io non tollero che ti appropri delle mie cose!» continua lui sbraitando. «Ora la chiamo.» Sento i tacchi di Flora rumoreggiare alla mie spalle. Quando mi giro è già di fronte a me. Il cuore mi batte all’impazzata. «Bene Sabrina, sei qui, scusami ma avrei bisogno di te.» È talmente agitata da non vedere che il vassoio che ho in mano è pieno d’acqua. Mi spinge per entrare in salotto. Cerco di protestare, ma prima di formulare la frase mi vedo portar via il vassoio da Rosi, sbucata da non so dove. Di sobbalzo mi ritrovo nella sala con una strana sensazione di ansia. Velocemente mi guardo attorno. La stanza sembra vuota, ma vedo un gomito appoggiato al bracciolo della poltrona di

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fronte. Flora ferma al mio fianco mi tiene per le spalle. Valuto velocemente la distanza tra noi e la poltrona. Più o meno cinque metri. Spero che sia sufficiente per darmela a gambe. «Sabrina, ti presento mio nipote Aleksander Savi.» Suo nipote? Alle sue parole, lui non si alza nemmeno. «Dov’è Ginevra?» chiede ignorandomi e per quanto sia infastidita dal suo atteggiamento, non posso che essere sorpresa dal tono dolce con il quale ha pronunciato il nome di mia nonna. «È partita con sua figlia per una vacanza.» «E perché io non sono stato informato?» dice alzando il tono della voce. «Perché sei sparito di nuovo, Aleksander» lo rimprovera. «Bene, ora sono qui e non voglio nessuno tra i piedi, mandala via.» Si alza dalla poltrona e finalmente riesco a vederlo. Sempre girato di spalle va verso il tavolino per versarsi da bere, indossa una maglietta grigia e un paio di jeans scuri che sottolineano un fisico atletico e slanciato. «Lei non va da nessuna parte. Rimarrà qui fino a quando sua nonna non tornerà.» Si blocca e lentamente si gira verso di me. «Sua nonna?» sussurra guardandomi, e io in quell’attimo rimango folgorata dai suoi occhi azzurri e dalla sua incredibile bellezza. Ha un viso marcato e splendidi capelli castani portati con cura. Non credo di aver mai visto nessuno di più bello. Sbatto le palpebre diverse volte prima di rendermi conto di aver catturato la sua attenzione. «Sì, è la nipote di Ginevra.» A malapena sento le parole di Flora. Il cuore mi batte frenetico nel petto.

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«In questa casa ci sono delle regole. Regole ben precise e mi fa specie che Ginevra abbia permesso alla nipote di stare qui» lancia un’occhiata fulminea a Flora. «Infatti lei non voleva. Sono stata io, mi è sembrato più educato farla restare in villa piuttosto che segregarla nella dependance.» Quindi questa è casa sua? «Segregarla nella dependance. Non sia mai» dice con voce sprezzante posando il bicchiere sul tavolino. «La prossima volta abbi il buon gusto di rispettare le mie regole» e nervoso esce dalla stanza. Tanto bello quanto arrogante, non c’è che dire. «Perdonalo Sabrina, è un ragazzo difficile» e si passa una mano sulla fronte per sorreggere i suoi pensieri. «Va tutto bene» mento. La verità è che non va bene per niente. Non mi sono mai sentita così fuori posto in vita mia. «Vedrai che non gli darai fastidio. Le vostre camere sono distanti, non lo sentirai nemmeno.» «Flora, per evitare disagi, posso stare da un’amica» dico veloce pensando all’unica soluzione possibile, perché la dependance è fuori discussione più dello stare qui. «Si chiama Samantha, abita a Como, ci vediamo proprio stasera e…» Appena elabora le mie parole mi blocca, forse non mi stava ascoltando. «Assolutamente non se ne parla Sabrina! Non ho nessuna intenzione di mandarti a casa di persone che non conosco per colpa di mio nipote» e scatta come morsa da una zanzara. «Non sarebbero estranei.» «Non se ne parla.»

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«Ma Flora, io non sapevo che questa fosse la casa di tuo nipote, mia nonna non mi ha detto nulla, è imbarazzante e mi sentirei a disagio qui…» Una sagoma alle mie spalle la distrae. Forse è Rosi. Mi giro e trovo Aleksander. Una morsa allo stomaco. Ha sentito tutto e dall’espressione dei suoi occhi mi sembra offeso. Cosa pretende che lo ringrazi per il cortese benvenuto? «Volevo informare la mia ospite che sto per uscire, sicuramente questo la tranquillizzerà» sottolinea con arroganza. Sposto subito lo sguardo impacciata. Ma nel distogliere gli occhi, riesco a trovare il coraggio di rispondergli. «Dopo il caloroso benvenuto sfido chiunque a rimanere tranquillo.» Cala il silenzio. Flora spiazzata mi osserva con uno strano luccichio di compiacimento negli occhi. Aleksander non risponde e quando raccolgo il coraggio necessario per guardarlo e misurare la sua collera, mi stupisco nel vedere sulle sue labbra un accenno di sorriso. Lo sto divertendo? Come… Com’è possibile che lo diverta? Probabilmente mi sta prendendo in giro e gli riesce bene visto che non so più cosa pensare. Abbasso di nuovo lo sguardo. Entra una cameriera. «Signora Flora mi scusi ma Lidia chiede di lei.» Oh no! Non andartene. «Scusatemi» ed esce, lasciandomi sola con Aleksander. E adesso cosa faccio. Cosa gli dico? Fisso impacciata la punta dei miei piedi. «Gradirei essere guardato. Fino a prova contraria sei in casa mia.» Cosa? Proprio lui parla.

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«Detto dalla stessa persona che non si è alzata quando ci hanno presentati, ha un po’ del ridicolo» e incrocio i suoi occhi. All’istante scivolo in uno scambio di sguardi. Le sue labbra si piegano in un sorriso audace, affascinante. Come un felino si fa avanti lentamente, esaminandomi da una distanza di sicurezza che si fa sempre più corta. I capelli gli cadono sulla fronte lasciando piccoli spazi fulminei ai suoi occhi azzurri. Le labbra deliziosamente disegnate, armoniose e perfette, il mento marcato e mascolino. Come sono arrivata ad analizzare il suo viso? Sono infastidita e riesce comunque a catturarmi. Lo ammetto. Sì, sei bello ma non abbocco. Incrocia le braccia, fermandosi a un metro da me. Oddio… Flora… dove sei? Neanche il tempo di pensarlo ed eccola di ritorno. «Scusatemi ma…» Si blocca in mezzo alla sala. Pensava di trovarci a metri di distanza invece a malapena riesco a vederla sovrastata dalla figura di Aleksander. «Stavate facendo conoscenza?» la sua voce è dubbiosa. Aleksander si gira verso di lei. «Sì, conoscenza. Sei arrivata giusto in tempo. Devo andare.» Senza aggiungere altro esce lasciando una leggera scia di profumo inebriante alle sue spalle. «Aspetta Aleksander...» Ma è troppo tardi. Dopo alcuni secondi sentiamo il motore di un’auto percorrere il viale. «Ho bisogno di sedermi» mormoro accomodandomi sul divano. Flora mi raggiunge. Sono stravolta e indebolita da questo faccia a faccia.

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«Non ti preoccupare Sabrina, continua con il nostro lavoro, a mio nipote ci penserò io.» La guardo perplessa. «Non voglio sembrare irriconoscente ma dopo tutto questa è casa sua, e io sono un’intrusa.» «No affatto, sono io che ti ho chiesto di rimanere e sinceramente Sabrina i capricci di mio nipote possono attendere. Se devo considerare cosa ho fatto per questa casa, è più mia che sua. Quindi non ti sentire un’intrusa.» Non so cosa rispondere. «Vedrai andrà tutto bene. Questo disagio passerà appena vi conoscerete meglio.» Conoscerlo meglio? Mi vuole morta? A malapena reggerei un minuto. «Si è fatto tardi, sono quasi le 19:00. Sbaglio o stasera devi uscire?» dice guardando l’orologio al polso. «Sì, infatti… fra un po’ arriva Samantha» la mia voce risuona debole e impacciata. «Vai allora e divertiti» mi sorride forse nell’intento di incoraggiarmi, ma io non contraccambio. Non riesco a trovare nulla per cui essere allegra. Grazie a questa scaramuccia famigliare, abbiamo rimandato l’incontro con la fiorista per domani mattina alle nove e quindi non posso permettermi di stare un po’ di più con Samantha. E dire che ne avevo proprio bisogno dopo l’incontro con Aleksander.

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III

Sono in piedi fuori in giardino che attendo l’arrivo di Samantha. Guardo l’orologio che segna le 20:18. I piedi battono per terra a ritmo della mia impazienza. Due fanali, puntati verso la villa, mi fanno sperare che sia lei, ma la macchina, un istante dopo, prosegue lungo la strada. Prendo il cellulare per chiamarla ma sento un colpo di clacson. Un braccio si sporge dal finestrino seguito da una testa piena di riccioli castano scuro. È Samantha che mi saluta. Mi sono sempre piaciuti i suo capelli voluminosi, così diversi dai miei lisci e biondi. Corro fuori dal cancello e salgo sulla Fiat 500 azzurro chiaro, che i suoi le hanno regalato per il diploma. Una macchina comoda soprattutto per i parcheggi, che sono proprio il suo punto debole. «Ciao Sabrina!» urla di gioia. «Ciao!» mi getto nel suo abbraccio. «Non ci credo ancora che tu sia qui!» «Nemmeno io.» «Ho un sacco di cose da raccontarti» mi fa l’occhiolino e mette la prima.

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Sfrecciamo verso il ristorante e iniziamo a parlare con molta naturalezza, come se ci vedessimo tutti i giorni, invece è passato un anno dall’ultima volta che è venuta a trovarmi a Milano. Il rapporto che abbiamo è unico proprio per la distanza che non ha mai intaccato la nostra amicizia. Sono così felice di essere con lei che mi pento di non aver organizzato prima questa serata. Da quando sono salita in macchina ha iniziato a raccontarmi le ultime cose successe in questi giorni. Per riassumerle basta dire ‘Tommaso’, un ragazzo che ha conosciuto la scorsa estate in un locale della zona. Lavorava come barista per guadagnare un po’ di soldi per una vacanza a Ibiza. È successo tutto molto velocemente, tanto che ha deciso di seguirlo. Sono tornati innamoratissimi e da allora stanno pianificando il futuro insieme. Invidio la sua sicurezza, ha così le idee chiare, a differenza mia che sono piena di dubbi. «Sei così silenziosa, non mi racconti nulla?» mi guarda con i suoi grandi occhi marroni. «Non volevo interromperti.» «Hai ragione, parlo sempre troppo. Dai, dimmi qualcosa di te. Come va alla villa?» Alla sua domanda sospiro pesantemente. «Brutto segno. Cosa succede?» Abbassa il volume della radio. «Sinceramente non lo so» giocherello pensierosa con la cerniera della borsa. «Stasera è arrivato all’improvviso il nipote di Flora. Ha detto a sua zia che non mi vuole fra i piedi. Sarà difficile far passare due mesi.» «Che cafone. Ma come si è permesso?» «Vorrei saperlo anch’io.»

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Dopo qualche minuto di silenzio riparte alla carica. «Vieni a stare da me» la sua non è una domanda. «Flora non vuole, devo per forza stare lì.» «È carino almeno?» mi chiede con un sorriso malizioso. Scoppio a ridere, è più forte di lei. Ogni volta che c’è di mezzo un ragazzo mi chiede sempre se è carino e io le rispondo di rimando che non l’ho notato, ma questa volta è diverso. «Molto» e arrossisco. «Molto?» chiede sbalordita. «Sì, molto» giro gli occhi consapevole di aver innescato una bomba. «Solo perché è carino non significa che mi piaccia» e così preciso subito come stanno le cose. «Hai detto molto, è diverso da carino.» «Peccato che sia anche particolarmente antipatico e sgarbato. Messi sulla bilancia il molto pesa come un pugno di briciole.» Per fortuna in pizzeria i discorsi prendono una piega più spensierata, anche se l’argomento ‘ragazzi’ rimane sempre in agguato. Raccontando della serata di beneficenza precipitiamo su un argomento delicato per Samantha. Il matrimonio. Si vogliono sposare il prossimo anno. Non le ho mai detto quello che penso su questo argomento, non voglio condizionarla e poi chi sono io per dirle che sta correndo? Quindi mi limito ad assecondarla. È così felice ogni volta che parla di lui che mi intenerisce. «Oh no! Sono già le undici» borbotto guardando il cellulare. «Devi già andare?» «Purtroppo sì, domani mi devo alzare presto.» «Va bene dai, ci rifacciamo appena sarai più libera.» Spero presto...

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Mi riaccompagna alla villa e la saluto con la promessa di non far passare altri tre giorni prima di rivederla. Mentre cammino lungo il cortile, le scrivo un messaggio per ringraziarla della serata. Quando alzo gli occhi sulla villa però rimango sorpresa nel vedere molte luci accese. Passo dopo passo mi avvicino e, oltre alle luci, noto sagome distinte attraverso le tende del salone. Di fronte alla porta di ingresso perdo alcuni secondi nel cercare le chiavi, ma Rosi mi anticipa aprendomi la porta. «Bentornata signorina.» «Grazie Rosi.» Entro osservando le dinamiche da lontano e quando mi giro per chiederle spiegazioni lei non c’è già più. Si muovono così veloci le cameriere da pensare che utilizzino porte nascoste. Ansiosa mi avvicino per capire in che cosa mi stia cacciando. Da quando è arrivato Aleksander questa casa ha perso la sua tranquillità. «Devi parlare con noi prima di tutto, siamo la tua famiglia.» Sento la voce di Flora, per fortuna è ancora qui. Decido di salutare prima di andare in camera. Faccio per bussare e mi blocco sentendo Aleksander. «Non ho niente da dire. Ormai dovreste esserci abituati.» «Aleksander sei il solo erede di questa famiglia, hai delle responsabilità. Non comportarti come tuo padre per favore.» «Non osare nominare mio padre!» I toni si scaldano. «Aleksander calmati! Non siamo venuti qui per litigare» si innalza una voce maschile. «Siete venuti qui per ficcare il naso.» «Siamo venuti qui per parlare del tuo futuro» ribatte l’uomo.

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«Della mia vita decido da solo.» «E dell’azienda cosa ci dici? La getterai al vento come stai gettando la tua vita?» di nuovo Flora. «Tu non sai un bel nulla di me» ruggisce. «Non usare quel tono con tua zia.» «Voi non usate quel tono con me. Non sono più un bambino e troppo spesso ve lo dimenticate. Mi credete uno stupido ma lo so che la serata di beneficenza è solo una scusa per curiosare.» «No, non è così» si affretta Flora. «Allora perché qui? Sentivi la mancanza di questa casa? Forse non l’hai sfruttata abbastanza quando ne hai avuto l’occasione?» «Sono qui perché speravo di coinvolgerti ma tu come al solito mi hai ignorata. Questa casa è l’ultimo appiglio che mi è rimasto per avere un contatto con te, per sapere se stai bene e…» la sua voce si affievolisce. «Se mi comporto così è solo perché ho paura, non vogliamo rischiare di perderti come…» «Come chi?» grida Aleksander e io dallo spavento spingo involontariamente la porta facendola spalancare. Pietrificata rimango ferma sul ciglio con un’espressione afflitta e colpevole. «Bu-buona sera… scusatemi non volevo interrompervi» dico osservando un uomo con una folta barba e capelli brizzolati camminare pensieroso per la stanza. Indossa un elegante completo grigio scuro, con cravatta nera e scarpe in tinta. «Sabrina entra pure.» Si alza Flora dalla poltrona venendomi incontro. Aleksander è seduto sul divano immerso nei suoi pensieri. I gomiti appoggiati alle gambe, le mani unite vicino alla bocca, ma quando sente il mio nome il suo sguardo si proietta su di me. «Stavo andando a dormire, volevo solo salutare. Non vorrei…»

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«Niente affatto» dice Flora avvicinandosi al mio fianco. «Stai davvero molto bene vestita così. Questo colore ti dona.» «Ah! Grazie» rispondo osservandomi. Mi sono solo messa i tacchi e un vestito verde acqua che ho comprato principalmente perché mi piaceva il colore. Non mi è parso così di effetto, ma forse mi sbaglio. «Vieni, ti presento mio marito Victor Savi.» Mi avvicino per presentarmi e quando incrocio i suoi occhi rimango colpita dall’incredibile somiglianza con quelli di Aleksander. I capelli scuri e il profilo del viso invece sono diversi. Probabilmente il padre di Aleksander è suo fratello, visto anche il cognome che porta. Lui mi osserva scrutandomi attentamente. È un uomo tutto di un pezzo, con una certa rigidità che si percepisce solo guardandolo. Non mi sembra particolarmente simpatico ma del resto nemmeno suo nipote, forse una qualità in comune agli uomini di questa famiglia. «Sabrina Baldi» e gli stringo la mano con energia. La stretta di mano dice molto di una persone e io non voglio sembrare una ragazza senza spina dorsale. Lui continua a guardarmi e dopo alcuni istanti mi sorride garbatamente senza lasciarsi andare a considerazioni. Un uomo di poche parole. «Sabrina è la nipote di Ginevra» precisa Flora. Questa frase sembra ogni volta una rivelazione per loro. Quando sanno che sono sua nipote mi guardano con occhi diversi, meno sospettosi direi, come se si aspettassero chissà cosa dalle persone estranee a questa casa. Insistono perché mi accomodi sul divano vicino ad Aleksander. Lo guardo e il morso allo stomaco riprende a torturarmi. Sono con le spalle al muro e fingendomi disinvolta mi siedo accanto a

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lui. Evito di rivolgergli lo sguardo perché questo significherebbe parlargli e non saprei cosa dirgli. Aleksander rimane silenzioso mentre scambio qualche battuta con Flora e Victor, seduti sulla poltrona di fronte a noi. Ma quando lo vedo alzarsi, perdo subito la concentrazione e inizio a osservarlo. Si sta versando da bere dal tavolino di fronte. Ha braccia muscolose, schiena larga, un fisico proporzionato e non gonfiato da ore estenuanti di palestra. Ha più le linee di un modello da copertina e credo che non ci sia nulla di più sexy. Non riesco a fare a meno di guardarlo. Bisogna ammettere che è davvero bello. Chi riuscirebbe a resistergli? Per fortuna è scorbutico, non so come mi comporterei se fosse anche solo vagamente piacevole. Sospiro e sposto lo sguardo da lui, fingendo di ascoltare la conversazione, quando Aleksander mi rivolge la parola. «Vuoi qualcosa da bere?» dice piano con voce profonda e seducente. Ammutolita, guardo il mio bicchiere che effettivamente è vuoto e prima di sembrare un’impacciata rispondo «Sì, grazie» con un filo di voce. Allungo il braccio per porgerglielo. Si gira verso di me, si avvicina e nel prendere il bicchiere afferra anche la mia mano. Un contatto di pochi secondi che mi attraversa il corpo come una scarica elettrica. Istintiva alzo lo sguardo e alla vista dei suoi occhi azzurri i miei pensieri si sfaldano. Prende il bicchiere, lo appoggia sul tavolino, e mentre versa il cocktail preparato da Rosi, mi lancia una lunga occhiata attraverso le folte ciglia. Ho la bocca completamente asciutta. Come un falco pronto a studiare la sua prossima preda, ritorna da me. Mi irrigidisco pronta al contatto, ma quando le sue dita mi

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accarezzano la mano, un'altra scarica elettrica mi coglie comunque impreparata. «Scusami la domanda Sabrina, ma sono troppo curiosa. Hai il ragazzo?» Grazie Flora, tempismo perfetto! Avvampo di rossore. Tutti rimangono in attesa di una mia risposta che arriva lenta e imbarazzata. «No... non ho il ragazzo.» «Scusami, ma mi riesce difficile crederlo, sei così bella. Probabilmente avrai molti corteggiatori ma nessuno abbastanza abile. Io alla tua età avevo lo stesso problema. Tanta scelta ma nessuno che ne valesse la pena.» «Per fortuna che hai conosciuto me» interviene Victor. «Non mi far pensare a quando ti ho conosciuto, eri tutt’altro che interessante, direi piuttosto presuntuoso.» «Perché sapevo di piacerti» conclude semplicemente come se la cosa fosse chiara a lui quanto a lei e in effetti deve essere così, perché si osservano, scambiandosi sguardi che fanno intendere che tra loro c’è ancora la scintilla della complicità. Mi colpisce la loro intesa e involontariamente mi giro verso Aleksander. Quando si accorge che lo sto guardando, lui regge il mio sguardo, senza battere ciglio, mentre io arrossisco e abbasso gli occhi di nuovo. «Diciamo che mi piacevano i tuoi occhi azzurri Victor ma nulla di più. Non eri il mio tipo, ma ti ho concesso ugualmente l’onore di uscire con me.» Riprendo ad ascoltarli, obbligandomi a concentrarmi su di loro. «Comunque il punto è che la nostra Sabrina è libera, bisogna trovarle un ragazzo all’altezza.» «Non è necessario» la blocco subito ma non sembra ascoltarmi.

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«Ti presenterò degli ottimi partiti alla cena di beneficenza.» Sta parlando seriamente? «Ti ringrazio ma non sono alla ricerca di nessuno in questo momento, sto bene così» sospiro nervosa. «Sei difficile di gusti?» insiste. Come posso uscire da questa situazione? «Andiamo Flora, probabilmente non ha mai visto un ragazzo abbastanza carino da farle girare la testa.» Mi sento punzecchiare dalla frase di Victor, forse si è accorto che guardavo Aleksander così nell’intento di difendermi alzo le mie barriere. «Veramente sono interessata più alla sostanza che alla forma, perché la bellezza perde velocemente il suo fascino» rispondo a tono. «Ben detto!» esclama Flora. «Tua nonna aveva ragione, sei una ragazza giudiziosa» dice soddisfatta ma io non volevo impressionarla. «Sono una ragazza come le altre» rispondo veloce. Questa situazione inizia a infastidirmi. «Sabrina, ti posso assicurare che molte lasciano da parte la sostanza per il piacere della forma» continua lei, «e sentire una giovane donna parlare così mi fa capire quanto tu sia ponderata. Una rara combinazione, bella e saggia.» «Non saprei» alzo le spalle. «Beh, a sentirti parlare sembrerebbe proprio così, giusto Aleksander? Sei tu l’esperto in tema di ragazze, illuminaci» dice Victor lanciandogli uno sguardo. «Certi discorsi mi annoiano e dovresti saperlo» risponde freddamente.

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«Lo sappiamo bene, nostro nipote non si deve sforzare per avere una ragazza. Gli basta uno schiocco di dita Sabrina, fai attenzione, magari funziona anche con te.» «Victor! Ma cosa stai dicendo?» lo ammonisce Flora. «La verità!» «Scusati subito con Sabrina. Lo pretendo Victor.» «Non è necessario» mormoro. «Invece si» interviene Aleksander. «No… davvero non mi sono offesa» lo osservo intimidita mentre lui mi scruta con attenzione. «Be' è stato offensivo per me» mormora mentre in sottofondo Flora e Victor continuano a discutere. La stanza improvvisamente mi sembra divisa in due. Da una parte gli animi bollenti di due coniugi e dall’altra gli sguardi silenziosi di due ragazzi che si osservano. Non so se sia la sua vicinanza a darmi alla testa o il cocktail che ho appena bevuto. «È meglio che vada» mormoro alzandomi in piedi. Ho bisogno di aria fresca e possibilmente di una doccia ghiacciata. «Ti accompagno» dice lui alzandosi a sua volta. «No... non è necessario» mi affretto. «Insisto» mi fissa. Sento franare la terra sotto i piedi. «Sarebbe meglio non lasciarli soli, chissà cosa potrebbero combinare» provo a sdrammatizzare ma non credo che la battuta sia riuscita. Lui mi guarda impassibile. «Conosco la strada... grazie» e abbasso gli occhi per l’ennesima volta. «Sabrina te ne stai andando?» «Sì, Flora, si è fatto tardi.»

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«Certo, vai pure. Ti abbiamo trattenuta anche fin troppo. Buona notte e scusaci ancora.» «Buona notte.» Con garbo esco dalla stanza senza far trapelare il mio imbarazzo e senza più concedere sguardi ad Aleksander. Velocemente risalgo in camera mia. Entro dentro e do due giri di chiave. Non è mia abitudine chiudermi in camera ma qualcosa mi ha spinto a farlo. Mi getto sul letto e affondo il viso tra i cuscini di raso azzurro. Quel ragazzo…. Dio quanto è bello. Voleva accompagnarmi in camera e gli ho detto di no. Per fortuna gli ho detto di no. Mi giro a pancia in su prendendo un profondo respiro. «Aleksander Savi» mormoro ripensando ai suoi occhi ipnotici e alle sue labbra carnose. «Cosa mi stai facendo? Prima sei scortese, poi mi cerchi con gli occhi… quegli occhi...» abbraccio un cuscino rotolandomi su un fianco. Nessuno mi ha mai guardata in quel modo. Ho la testa annebbiata dalla sua immagine. Allora esiste il colpo di fulmine? Perché credo che mi sia appena successo. Se mi sentisse Samantha so già cosa direbbe: "Sabrina che perde la testa per un ragazzo, finalmente qualcuno ha ascoltato le mie preghiere". Peccato che sarà solo una fantasia. Uno come lui non aspetta di certo me e sarebbe saggio toglierselo subito dalla testa. «Aleksander Savi...» Solo a pronunciare il suo nome mi vengono i brividi.