compendio normativo

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2015 Indice 1) Le principali novità normative (2014/15) 2) Riduzione del debito e limiti all’indebitamento 3) Inventario /censimento 4) Razionalizzazione spazi e spending review 5) Normativa in materia di valorizzazione 6) Procedure amministrative per i processi di valorizzazione. Accordi di programma, Conferenze di servizio, etc. 7) Normativa sulla tutela dei beni culturali ed ambientali e procedure 8) Federalismo demaniale 9) Giurisprudenza 10) Ulteriori disposizioni in materia di immobili applicabili ai beni pubblici 11) Appendice ************** 1. Di seguito sono elencate le principali novità normative in materia immobiliare introdotte nel corso dell’anno 2014, e quelle previste dalla Legge di Stabilità, entrate in vigore a partire dal 2015. Decreto “Sblocca Italia” Un primo pacchetto è stato normato dal DL 133/2014 cd. Sblocca Italia, in coerenza con le linee guida indicate dal DEF in materia con l’obiettivo di utilizzare il settore immobiliare come uno dei volani per dare impulso all’economia italiana. In pillole i punti di azione previsti: Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo (art. 18 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia) Misure per il rilancio del settore immobiliare fra cui si evidenziano le agevolazioni al regime fiscale delle SIIQ (art. 20 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia); Semplificazione delle procedure di vendita di asset di proprietà pubblica – che dispongono l’esonero dall’esibizione delle dichiarazioni di conformità catastale, della presentazione energetica al momento dell’atto di trasferimento (art. 20 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia); Accelerazione delle procedure di vendita degli immobili pubblici: ampliamento delle disposizioni che disciplinano le vendite di immobili pubblici mediante trattativa privata , 1

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2015

Indice

1) Le principali novità normative (2014/15) 2) Riduzione del debito e limiti all’indebitamento

3) Inventario /censimento

4) Razionalizzazione spazi e spending review

5) Normativa in materia di valorizzazione

6) Procedure amministrative per i processi di valorizzazione. Accordi di programma,

Conferenze di servizio, etc.

7) Normativa sulla tutela dei beni culturali ed ambientali e procedure

8) Federalismo demaniale

9) Giurisprudenza

10) Ulteriori disposizioni in materia di immobili applicabili ai beni pubblici

11) Appendice

**************

1. Di seguito sono elencate le principali novità normative in materia immobiliare introdotte nel corso dell’anno 2014, e quelle previste dalla Legge di Stabilità, entrate in vigore a partire dal 2015.

Decreto “Sblocca Italia”

Un primo pacchetto è stato normato dal DL 133/2014 cd. Sblocca Italia, in coerenza con le linee guida indicate dal DEF in materia con l’obiettivo di utilizzare il settore immobiliare come uno dei volani per dare impulso all’economia italiana. In pillole i punti di azione previsti:

Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo (art. 18 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia)

Misure per il rilancio del settore immobiliare fra cui si evidenziano le agevolazioni al regime fiscale delle SIIQ (art. 20 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia);

Semplificazione delle procedure di vendita di asset di proprietà pubblica – che dispongono l’esonero dall’esibizione delle dichiarazioni di conformità catastale, della presentazione energetica al momento dell’atto di trasferimento (art. 20 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia);

Accelerazione delle procedure di vendita degli immobili pubblici: ampliamento delle disposizioni che disciplinano le vendite di immobili pubblici mediante trattativa privata ,

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disposta dall’art. 11 quinquies del DL 202/2005 a tutte le Amministrazioni che rientrano nel conto consolidato del settore pubblico (art. 20 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia);

Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ( art. 17 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia) viene rilasciato per interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica attuati anche in aree industriali dismesse, nel rispetto delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e delle altre normative di settore. E’ ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico. I termini dell’istruttoria sono raddoppiati nei soli casi di progetti particolarmente complessi. In precedenza il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici veniva rilasciato esclusivamente per edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale, nel rispetto delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e delle altre normative di settore. La deroga poteva riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati. I termini dell’istruttoria erano di fatto raddoppiati per i Comuni con più di 100 mila abitanti nonché per i progetti particolarmente complessi.

Avvio dei piani di recupero degli immobili pubblici non utilizzati sottoposti alla preventiva attribuzione o modifica della destinazione urbanistica( Art 26 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia) Il Comune predispone la proposta di recupero, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, che il Demanio valuta nell’arco di 30 giorni. Tali iniziative sono estese anche ai beni non più in uso alla Difesa.

Istituto del “Rent to buy” ( art. 23 DL 133/2014 cd. Sblocca Italia) configurante un negozio giuridico complesso caratterizzato dal godimento dell'immobile, per i periodi precedenti l'esercizio del diritto di acquisto; dall'imputazione di una quota del canone a corrispettivo della successiva compravendita; dall'esercizio (o eventuale mancato esercizio) del diritto di acquisto dell'immobile. L’Agenzia delle entrate (Circolare n.4/E 19 febbraio 2015) ha sciolto il nodo principale riguardante il trattamento fiscale del canone, diversificato a seconda che sia destinato al godimento dell'immobile (affitto) o come acconto sul prezzo (acquisto).

Le procedure di dismissione dei beni di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale sono state recentemente modificate dall’ articolo 20, comma 4-quinquies del D.L. n. 133 del 2014 (vedi nota) 1. In particolare, per gli immobili di rilevante interesse culturale e paesaggistico è soppressa la potestà del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di individuare i beni per i quali si ritiene prioritario mantenerne la proprietà. Per gli immobili di rilevante interesse ambientale si consente all’Agenzia del demanio di procedere alla dismissione in caso di inerzia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo parere contrario di quest’ultimo. Inoltre:

DL n. 83/2014 (c.detto decreto Cultura) che prevede (c.detto Artbonus) la deducibilità del 65% delle donazioni devolute per il restauro di beni culturali pubblici, le biblioteche e gli archivi, gli investimenti dei teatri pubblici e delle fondazioni lirico sinfoniche, fino a

1 Comma aggiunto dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5 e, successivamente, così modificato dall’ art. 20, comma 4-quinquies, lett. c), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

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arrivare alle agevolazioni fiscali per favorire la competitività del settore turistico attraverso la sua digitalizzazione e la ristrutturazione e riqualificazione degli alberghi. In particolare l’agevolazione destinata alle strutture alberghiere esistenti dal 1° gennaio 2012 con almeno 7 camere, consiste in un credito di imposta del 30% (fino a un massimo di 200 mila euro) delle spese sostenute tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2016 per ristrutturazioni, riqualificazioni energetiche e acquisto di mobili. Il credito è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

determinazione ai fini fiscali della rendita catastale degli immobili ad uso produttivo, che esenta dal calcolo della rendita catastale le componenti dei beni che siano prive dei requisiti di immobiliarità. Le disposizioni rientrano nella generale riforma del sistema estimativo del catasto fabbricati (Legge n.23/2014).

Cessioni di immobili di proprietà delle Amministrazioni pubbliche mediante procedura ristretta (art. 1, comma 391 Legge di Stabilità 2015).

Va inoltre segnalato:

Il D.L. n. 47 del 20142 contiene una serie di disposizioni finalizzate, da un lato, ad accelerare il processo di definizione delle nuove regole di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi case popolari (IACP) o degli enti, comunque denominati che li hanno sostituiti, nonché degli immobili di proprietà dei comuni e degli enti pubblici anche territoriali, dall’altro a concedere contributi per l’acquisto di tali alloggi. E', infatti, istituito un Fondo destinato alla concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti per l’acquisto degli alloggi degli IACP venduti in base alle regole di alienazione previste dal nuovo comma 1. Tale Fondo ha una dotazione massima di 18,9 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. E', inoltre, ampliata la platea dei beneficiari del Fondo di garanzia per la prima casa, includendovi anche i conduttori di alloggi di proprietà degli IACP o degli enti, comunque denominati, che li hanno sostituiti (art. 3).

Si prevede inoltre l’emanazione di criteri per la formulazione di un Programma di recupero e di razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, finanziato, nel limite di 500 milioni di euro, con le risorse provenienti da finanziamenti revocati che erano stati in precedenza destinati alle infrastrutture strategiche. Il programma è stato esteso, oltre che agli immobili di proprietà degli IACP, anche agli immobili di proprietà dei comuni e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP. Viene altresì previsto uno stanziamento di ulteriori 67,9 milioni di euro (che vengono prelevati da un nuovo Fondo destinato a raccogliere le risorse non utilizzate da alcuni programmi di edilizia residenziale) per il recupero di alloggi da assegnare agli inquilini appartenenti alle categorie meno abbienti che beneficiano della sospensione degli sfratti (art. 4).

Infine l’articolo 10 contiene una serie di misure volte all'aumento dell'offerta di alloggi sociali in locazione e alla creazione di quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea di alcuni soggetti indicati nella norma attraverso la definizione di una serie di interventi urbanistico-edilizi ammessi e la destinazione di risorse finanziarie per alcuni di tali interventi. Si introduce, inoltre, una nuova definizione di alloggio sociale. Viene consentita, anche in deroga a quanto previsto dalle relative norme di finanziamento, la cessione o il conferimento ai fondi immobiliari di immobili (ultimati o in corso d'opera) residenziali realizzati da soggetti pubblici e

2 Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015.

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privati con il concorso di un contributo pubblico, e destinati a concorrere all'aumento dell'offerta di alloggi social (comma 10-bis).

Legge di Stabilità 2015 Prevede un pacchetto di interventi destinati al patrimonio pubblico, ed in particolare:

1. Beni in uso all’Amministrazione della Difesa. Previa intesa con l’Agenzia del Demanio è prevista la cessione a titolo oneroso da parte della Difesa, di immobili, anche residenziali, a fondi comuni di investimento immobiliare e prioritariamente a quelli gestiti dalla società di cui all'articolo 33, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, ovvero da società a prevalente capitale pubblico, con versamento dei relativi proventi monetari all'entrata del bilancio dello Stato.

2. Spending review. Immobili in uso al Ministero di giustizia – trasferimento delle spese obbligatorie dai Comuni al Ministero ( Modifiche alla legge 24 aprile 1941, n. 392). “A decorrere dal 1º settembre 2015 le spese obbligatorie sono trasferite dai comuni al Ministero della giustizia e non sono dovuti ai comuni canoni in caso di locazione o comunque utilizzo di immobili di proprietà comunale, destinati a sedi di uffici giudiziari. Il trasferimento delle spese obbligatorie non scioglie i rapporti in corso e di cui è parte il comune per le spese obbligatorie di cui al primo comma, né modifica la titolarità delle posizioni di debito e di credito sussistenti al momento del trasferimento stesso. Il Ministero della giustizia subentra nei rapporti di cui al periodo precedente, fatta salva la facoltà di recesso. Anche successivamente al 1º settembre 2015 i locali demaniali adibiti ad uso di uffici giudiziari continuano a conservare tale destinazione”.

3. Riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate - Piano Nazionale. I Comuni elaborano progetti di riqualificazione costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Entro il 30 giugno 2015 i Comuni interessati trasmettono i progetti di cui al precedente periodo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dei beni e delle attività culturali e dei turismo, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

4. Vendite mediante procedure ristrette quale ulteriore strumento di accelerazione delle procedure di vendita del patrimonio pubblico. E’ disposto che per gli anni 2015, 2016 e 2017, possano essere alienati immobili mediante procedura ristretta ad investitori qualificati, in possesso di requisiti e caratteristiche da fissare con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze in relazione alla singola procedura di dismissione. Essi sono invitati a partecipare e, successivamente, a presentare offerte di acquisto nel rispetto delle modalità e dei termini indicati nella lettera di invito».

5. Razionalizzazione e liberazione degli spazi. E’ istituito il Fondo denominato "Fondo per la razionalizzazione degli spazi", con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro. Il Fondo ha la finalità di finanziare le opere di riadattamento e ristrutturazione necessarie alla riallocazione delle amministrazioni statali in altre sedi di proprietà dello Stato ed è alimentato, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da: a) una quota non superiore al 10 per cento dei proventi derivanti dalle nuove operazioni di valorizzazione e cessione degli immobili di proprietà dello Stato che sono versati all’entrata per essere riassegnati al Fondo;

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b) una quota non superiore al 10 per cento dei risparmi rivenienti dalla riduzione della spesa per locazioni passive determinati con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze».

Va posta evidenza sulle misure di cui al precedente punto 5 che si ricollegano alle previgenti norme introdotte dalla Legge di Stabilità 2014, con particolare riguardo:

Disposizioni in materia di Affitti della PA Comma 254 bis. “Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta 60 giorni prima della data entro la quale l'amministrazione locataria può avvalersi della facoltà di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito della propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli.

254- ter. Le disposizioni del comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, e quelle di cui al comma 254-bis della presente legge non si applicano per i contratti di locazione di immobili di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, nonché degli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da detti fondi, per il limite di durata del finanziamento degli stessi fondi”.

Da segnalare il comma 7 dell’art.10 del DL n.192/2014 (c.detto Milleproroghe) che estende al 2015 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, nonché dalle autorità indipendenti e dalla CONSOB e utilizzati a fini istituzionali.3

I costi sostenuti dalle Amministrazioni sia per l’utilizzo degli edifici di proprietà dello Stato o di proprietà di terzi devono esser comunicati all’Agenzia del Demanio che potrà determinare gli specifici indicatori di performance ( relativi al costo d’uso complessivo per addetto) cui le

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Art. 3 del DL n. 95/2012 Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive In considerazione dell'eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, l'aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l'utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali.

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Amministrazioni, nell’arco di un biennio, dovranno adeguarsi. I dati da imputare nel Portale sono quelli relativi ai consumi e costi energetici. ************************** La Legge di Stabilità 2014 ha previsto, fra l’altro, norme in materia di :

Concessioni di Beni demaniali marittimi

-522-bis. Nelle more del riordino della materia da effettuare entro il 30 giugno 2014, al fine di ridurre il contenzioso generato dall'applicazione dei criteri per il calcolo del canone demaniale marittimo sulla scorta delle previsioni di cui all'articolo 03, comma 1, lettera b), punto 2.1) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, così come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernenti il pagamento in favore dell'Erario statale dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze possono essere integralmente definiti, previa domanda all'ente gestore ed all'Agenzia del demanio da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario della richiesta di pagamento, mediante il versamento:

a) diretto in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme dovute; b) rateizzato fino a un massimo di 9 rate annuali, di un importo pari al 70 per cento

delle somme dovute, oltre agli interessi legali, secondo un piano approvato dall'ente gestore.

Concessioni e riscatto delle aree del demanio marittimo Le aree ricomprese nell'ambito del demanio marittimo oggetto di concessione per l'esercizio di attività con finalità turistiche ricreative di cui all'articolo i legge 4 dicembre 1993 n. 494 ed occupate da manufatti di qualsiasi genere connessi al suolo, ivi comprese le aree occupate da strutture e attrezzature alle medesime attività asservite, sono individuate con atto ricognitivo dirigenziale dall'Agenzia del Demanio ed escluse dal demanio marittimo, in quanto non più utilizzate per i pubblici usi del mare, con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con quello dell'economia e finanze. L'inclusione nel decreto produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.

522-quinquies. L'occupazione e l'uso delle aree e dei manufatti erariali, a seguito dell'emanazione del decreto di cui al precedente comma, prosegue, nella fase transitoria, in favore del titolare della concessione demaniale attuale, sino alla piena nuova attribuzione delle aree delle concessioni in oggetto.

522-sexies. Le aree individuate ai sensi del comma 522-quater sono assegnate con diritto di superficie

per una durata di 50 anni, con riconoscimento, a favore del concessionario attuale, del diritto di opzione, da esercitarsi entro 180 giorni dall'emanazione del decreto interministeriale di cui al successivo comma 522-septies. In ogni caso e fatto salvo l'obbligo in capo a quest'ultimo di garantire a chiunque l'accesso al mare e di mantenere la destinazione turistico-ricreativa esistente delle predette aree e strutture. È posto il divieto assoluto di esercitare il diritto di opzione per le superfici coperte realizzate in assenza dei titoli autorizzatori validi o in presenza di abusi edilizi.

522-septies. L'assegnazione di cui al comma 522-sexies dovrà avvenire al prezzo che verrà stabilito da apposito decreto emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province

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autonome di Trento e Bolzano e le organizzazioni di settore maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il decreto dovrà definire inoltre regole e procedure di partecipazione alla fase di assegnazione, dei soggetti che ne faranno richiesta, fermo restante il diritto di opzione per il concessionario attuale.

522-octies. Le restanti aree, gli arenili con ombreggi, facenti parte della medesima concessione, di cui al comma 522-quater e che rimangono demanio pubblico, allo scadere della proroga di cui al decreto- legge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, saranno oggetto di nuova assegnazione secondo i principi della concorrenza con riconoscimento del diritto di prelazione legale in favore del concessionario optante, sulla base di un piano dei servizi, con canone fisso prestabilito con decreto del Ministero dell'economia e finanze, al fine di stimolare gli investimenti per preservare e valorizzare l'unicità dell'offerta balneare, la tutela ambientale e la specificità territoriale e culturale dei servizi prestati.

522-nonies. Al concessionario non optante, allo scadere della proroga legale, è riconosciuto dal concessionario subentrante un indennizzo per gli investimenti e i valori commerciali creati i cui criteri saranno definiti con apposito decreto del Ministro dell'economia e Finanze.

522-decies. Le risorse derivanti dalla cessione dei diritti di superficie delle aree ricadenti al comma 522-quater confluiscono, per un valore minimo pari al 50 per cento del totale, in un apposito fondo che dovrà essere utilizzato a garanzia dei mutui contratti per la realizzazione di investimenti nel settore turistico e ambientale, con caratteristiche e tipologie individuati con successivo Decreto del Ministro delle infrastrutture in concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dei beni culturali e del turismo e con il Ministro dell'ambiente.

522-ter. La domanda di definizione, ai sensi del comma 522-bis, ove l'istante deve precisare se intende avvalersi delle modalità di pagamento di cui alla lettera a) o di quelle di cui alla lettera b) del predetto comma, è presentata entro il 31 gennaio 2014. La definizione si perfeziona con il versamento, entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda di definizione, dell'intero importo dovuto; in caso di versamento rateizzato, entro il predetto termine deve essere versata la prima rata, la definizione resta sospesa sino al completo versamento delle ulteriori rate ed il mancato pagamento di una di queste, entro 60 giorni dalla scadenza, comporta la decadenza del beneficio. La definizione del contenzioso con le modalità di cui al presente comma sospende gli eventuali procedimenti amministrativi avviati dalle amministrazioni competenti e gli effetti dei medesimi relativi ai procedimenti di rilascio nonché alla sospensione, revoca o decadenza dalla concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone demaniale marittimo.

Nuovi immobili destinati a Carceri o ad Uffici Giudiziari delle sedi centrali di Corte

Aggiunge il comma 256-bis, che modifica la disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che il comune, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi tale corrispettivo in misura pari al 60% (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50%. La disposizione novella il comma 48 dell’art. 31 della L. 448/1998, nella parte in cui fa riferimento all’articolo 5-bis, comma 1, del D.L. 233/1992, che è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 348 del 2007 (sentenza che ha dichiarato illegittimi in via consequenziale anche i commi 1 e 2 dell’art. 37 del D.P.R. 327/2001 relativamente alle modalità di calcolo dell’indennità di espropriazione). Resta comunque non modificata la restante parte della disposizione che fa riferimento alla

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determinazione del corrispettivo al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell'atto di cessione delle aree.

Patrimonio non più utilizzato dall’Amministrazione della Difesa4 Aggiunge il comma 530-bis il quale, modificando l'articolo 33, comma 8-quater, nono periodo, del D.L. n. 98/2011 precisa che gli immobili non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione che non possono essere oggetto di conferimento ai fondi immobiliari rientrano nella disponibilità dell'Agenzia del demanio per le attività di alienazione, di gestione e amministrazione secondo le norme vigenti, che può avvalersi, a tali fini, del supporto tecnico specialistico della società Difesa Servizi S.p.A, sulla base di apposita convenzione a titolo gratuito sottoscritta con la citata società. Alla società Difesa Servizi S.p.A si applicano comunque le disposizioni relative alla riduzione di spesa delle società pubbliche di cui all'articolo 4 del D.L. n.95 del 2012, limitatamente ai commi 4, 5, 9, 10, 11, 12 e 14 (composizione e compensi del consiglio di amministrazione, limiti alle assunzioni e ai compensi del personale, responsabilità dei dirigenti in caso di inosservanza delle suddette norme, divieto di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio).

L’attestato di prestazione energetica Decade l’obbligo di allegare l’APE al nuovo contratto di locazione per singole unità immobiliari, ma rimane l’obbligo per le locazioni di interi edifici e per i trasferimenti a titolo oneroso. La regola vale sia per le locazioni commerciali che per quelle abitative. Vanno comunque inserite nel contratto le dichiarazioni del conduttore di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla prestazione energetica del bene locatogli. La carenza di tali dichiarazioni comporta una sanzione pecuniaria. Art. 1, commi 7 e 8, del D.L. .145/2013: “7. All’articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, i commi 3 e 3-bis sono sostituiti dal seguente: «3. Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso o nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell’attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari. In caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 3.000 a Euro 18.000; la sanzione è da Euro 1.000 a Euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa è ridotta alla metà. L’accertamento e la contestazione della violazione sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all’atto della registrazione di uno dei contratti previsti dal presente comma, dall’Agenzia delle Entrate, che, per l’ulteriore corso del procedimento sanzionatorio, presentano rapporto al Prefetto, ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.».

4 vedasi per le modifiche introdotte l’art.26 del DL n.133/2014 (c. detto Sblocca Italia) 8

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8. Su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, la stessa sanzione amministrativa di cui al comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 si applica altresì ai richiedenti, in luogo di quella della nullità del contratto anteriormente prevista, per le violazioni del previgente comma 3-bis dello stesso articolo 6 commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, purché la nullità del contratto non sia già stata dichiarata con sentenza passata in giudicato”.

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2. Riduzione del debito e limiti all’indebitamento Premessa: A partire dal mese di settembre 2014 è entrato in vigore il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali - Sec2010 - in sostituzione del Sec95. Il nuovo sistema, è definito dal Regolamento Ue n. 549/2013.

Il Sec2010, rispetto alla precedente versione del 1995 (in vigore dal 1999), presenta alcune importanti differenze riguardo sia l'ambito di applicazione sia i concetti. Il nuovo sistema riflette, infatti, gli sviluppi e i progressi metodologici conseguiti nella misurazione delle economie moderne che si sono consolidati a livello internazionale e, allo stesso tempo, viene incontro alle esigenze degli utilizzatori, migliorando in alcuni casi la tempestività nella diffusione dei risultati.

In particolare, con riferimento al debito pubblico, i principi di valutazione nella procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) si discostano da quelli del SEC 2010 in quanto prevedono che il debito sia calcolato al valore facciale e non a quello di mercato. In appendice è riportata un’analisi sui fondi immobiliari rapportati alle regole del SEC 2010. **************** Il Patto di Stabilità per il 2015, di cui alla legge di stabilità per il 2015 prevede:

1. l’esclusione dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2015 e 2016 delle spese sostenute dalle province e dalle città metropolitane in tali anni per interventi di edilizia scolastica. L'esclusione opera nel limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Nello specifico, è modificato l'articolo 31 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità per il 2012), relativo alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, in cui viene inserito il comma 14-quater. Gli enti beneficiari dell'esclusione e l'importo per ciascun ente dell'esclusione stessa sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro il 1° marzo 2015, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Una simile deroga dal patto di stabilità è già vigente per i comuni (articolo 31, comma 14-ter, della legge n. 183 del 2011), con riferimento alle spese sostenute da tali enti per interventi di edilizia scolastica negli anni 2014 e 2015, nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati (deroga introdotta dall’articolo 48, comma 1, del D.L. n. 66 del 2014)5;

2. estensione per l’anno 2015 della destinazione dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal TU dell’edilizia, per una quota non superiore al 50%, per il finanziamento di spese correnti, e per una quota non superiore ad un ulteriore 25%, esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.6

Restano comunque ferme le disposizioni contenute nell’art. 3 (in particolare i commi 16,17,19) della legge n.350/2003 che individuano e limitano il ricorso all’indebitamento le cui forme sono declinate al comma 18.

Con riguardo alle risorse utilizzabili per la riduzione del debito le norme più recenti sono rinvenibili nell’ambito dell’Art.56 bis del DL del Fare7, norma di accelerazione delle procedure

5 Art. 1, comma 467 della L. n. 190/2014 6 Art. 1, comma 536 della L. n. 190/2014 7 Decreto Legge 21 giugno 2013 n. 69 (c. detto DL del Fare) convertito con L. n. 98/2013

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afferenti il federalismo demaniale. In particolare: l’art. 56 bis, comma 10 dispone che le risorse nette spettanti a ciascun Ente dall’eventuale alienazione degli immobili ad esso trasferiti o dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari ai quali sono conferiti gli immobili trasferiti in forza del federalismo demaniale, sono così destinate:8

1. il 75% delle risorse nette sono acquisite dall’Ente per essere destinate alla riduzione del debito dell’Ente e solo in assenza di debito o per la parte eccedente a spese per investimento;

2. il 25% delle risorse nette è invece destinata al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità di cui ad apposito DPCM da emanarsi9 ai sensi del comma 5 citato.

L’art. 56 bis, comma 11, invece, prevede che, il 10% delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli Enti, sia destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito dell’ente stesso. Il restante 90% è destinato in via esclusiva a spese di investimento e ove non presenti alla riduzione del debito come disposto dal comma 443 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012.

8 Le disposizioni erano già contenute nell’art. 9, comma 5, del Dlgs. 85/2010 9 L’emanazione del DPCM è prevista dal comma 5 dell’art. 9 del Dlgs. 85/2010

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Legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Legge di stabilità 2013)

Articolo 1 Comma 441. Il comma 28 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 è

abrogato1. Comma 443. In applicazione del secondo periodo del comma 6 dell'articolo 162 del

decreto legislativo 18 agosto. 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali

disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento

ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito. Di seguito si

illustrano le disposizioni abrogate:

comma 28 :utilizzo delle plusvalenze derivanti dall’alienazione degli immobili, per le

spese aventi carattere non permanente;

comma 66: utilizzo del plusvalore derivante dalla vendita di immobili per il rimborso delle

rate di ammortamento dei mutui.

Nell’ambito delle misure di coordinamento della finanza pubblica, l’articolo 8 della

legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), ha ridotto ulteriormente la capacità di

indebitamento degli enti locali, già recentemente ridimensionata dall’art. 2 comma 39 del

D.L. n. 225/2010 cui si aggiunge (art. 8 comma 3) l’obbligo, a decorrere dal 2013, di ridurre

progressivamente lo stock del proprio debito secondo modalità attuative da concordarsi in

ambito di Conferenza Unificata e disciplinate da un decreto del MEF di natura non

regolamentare

Tale decreto, fra l’altro, determina le modalità con le quali può essere raggiunto

l’obiettivo di riduzione del debito. Misura equivalente alla riduzione del debito sarà il

trasferimento di immobili ai fondi comuni di investimento immobiliare ovvero alle società

costituite dal M. E. F. per la dismissione del patrimonio pubblico (art. 6 comma 1 della

legge di stabilità).

Si prenda ad esempio il contratto di leasing immobiliare in costruendo rientra tra le forme di

indebitamento ivi previste e i relativi oneri (canone di leasing) possono essere considerati spesa di

investimento (laddove sia prevista la facoltà di riscatto e questa venga successivamente

esercitata). Di conseguenza, la quota interessi va ad incidere sui limiti quantitativi

all’indebitamento (C. conti, sez. riun., 16 settembre 2011, n. 49/CONTR/2011), in quanto gli

effetti finanziari di tale operazione sono assimilabili all’indebitamento.

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3. Inventario/censimento

Le scritture inventariali costituiscono la fonte descrittiva e contabile valutativa per la

compilazione del conto del patrimonio. Ciascun valore incluso nel conto del patrimonio dovrà

essere dimostrato ai fini informativi, di conciliazione e controllo da analitiche scritture

descrittive ed estimative3. Tali principi discendono dall’art. 230 del TUEL al fine della mera

rendicontazione della gestione effettuata sui beni.

Diversamente si prospetta l’attività di censimento che necessita la puntuale ricognizione degli

immobili sulla base di dati informazioni e documenti ad essi da attribuire e raccogliere ai fini

della redazione del fascicolo immobiliare. L’attività di censimento ha una funzione ricognitiva

ed al contempo di catalogazione che deve essere effettuata a monte del processo di

elaborazione del piano di valorizzazione/dismissione di cui all’art.58 del decreto legge

n.112/2008, come successivamente modificato ed integrato (vedi anche par. n. 4 ). 4. Razionalizzazione spazi

In relazione alla sfera di competenza degli Enti Locali si segnala che è in fase avanzato l’iter del

DDL in materia di razionalizzazione degli spazi (AC 4149), che in quanto disciplinante

l’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, è

riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2,

lettera g) della Costituzione).

L’articolo 2 interviene in materia di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario», che rientra nella competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, in base

all’art. 117, comma 3 della Costituzione. Si evidenzia, altresì, la connessione della medesima

3.Fonte: Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali : FINALITA’ E POSTULATI DEI PRINCIPI CONTABILI DEGLI ENTI LOCLI

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3

norma, riguardante la valorizzazione territoriale del patrimonio immobiliare con l’articolo 119,

comma sesto della Cost., con riferimento al processo di trasferimento di immobili dallo Stato

alle autonomie locali (c.d. federalismo demaniale).

Sono tenute in considerazione misure volte alla riduzione ed ottimizzazione degli spazi, anche

mediante la definizione di standard tecnici per l’assegnazione dei medesimi da utilizzarsi

da parte delle amministrazioni statali, mediante l’attribuzione alle singole amministrazione

di una quota pari al 25 per cento dei risparmi conseguiti, la possibilità di disdire i contratti in

essere, l’individuazione di un facility manager per ciascuna amministrazione, nonché

l’estensione dei principi di risparmio alle autonomie locali.

In particolare, l’articolo 1 reca modifiche all’articolo 2, comma 222, della legge 23

dicembre 2009, n. 191(legge finanziaria 2010). Tale norma ha introdotto l’obbligo, per le

amministrazioni pubbliche, di trasmettere una serie di comunicazioni all’Agenzia del

demanio relativamente agli immobili da esse utilizzati, con l’obiettivo di unificare in capo

alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi

utilizzati dalle medesime amministrazioni. Le amministrazioni dello Stato sono quindi

tenute a comunicare all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la

previsione triennale del loro fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse

occupate che non risultano più necessarie.

Si prevede quindi che l’Agenzia del demanio e l’Agenzia del territorio promuovano

congiuntamente tutte le iniziative, anche attraverso la stipula di apposita convezione

con l’Associazione nazionale comuni italiani, per mettere a disposizione dei comuni, a titolo

gratuito, strumenti di carattere tecnico e informatico, ai fini della predisposizione delle

predette comunicazioni, nonché ai fini della razionalizzazione ed ottimizzazione del

patrimonio di proprietà degli enti medesimi.

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4

4.2 Spending review

Acquisto e vendita di immobili pubblici

L’articolo 1, comma 138, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), ha novellato

l'articolo 12 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge

15 luglio 2011, n. 111, con l’introduzione dei commi da 1-bis a 1-sexies.

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica

amministrazione, come individuate dall'ISTAT10 hanno il divieto, pressoché generalizzato,

di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva, ai sensi

dei citati commi 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies, è stato in vigore limitatamente all’anno

2013, si rappresenta che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, vigono le disposizioni recate dal

richiamato comma 1-bis dell’articolo 12 del decreto-legge n. 98/2011, integrative di quelle

già previste dal precedente comma 1.

Nel dettaglio, il citato comma 1 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, le

operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da

parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica

amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del

comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con l'esclusione degli enti

territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con riferimento ai beni

immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di

finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro

dell'economia e delle finanze, ferme restando, per gli enti previdenziali pubblici e privati, le

disposizioni di cui al comma 15 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,

convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Il successivo comma 1-bis ha statuito, quindi, che, a decorrere dal 2014, nel caso di

operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali

di finanza pubblica, l'emanazione del decreto previsto dal comma 1 è effettuata anche sulla

base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del

procedimento. Il medesimo comma 1-bis prescrive, inoltre, che la congruità del prezzo è

attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese e fatto salvo quanto previsto

10 Art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

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5

dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio

1999, n. 300, e successive modificazioni, e che con decreto del Ministro dell'economia e

delle finanze sono stabilite le relative modalità di attuazione. Detto decreto è stato emanato

il 14 febbraio 2014 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2014, n. 108, mentre

sono state fornite apposite istruzioni operative con la circolare 23 giugno 2014, n. 19/RGS.

4.3 Locazioni passive

Le amministrazioni pubbliche devono comunicare all'Agenzia del demanio le istruttorie per

reperire immobili in locazione entro il 30 settembre di ogni anno (comma 222, modificato dalla

legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 387).

L'Agenzia del demanio, dopo aver verificato la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con

gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica: a) accerta l'esistenza di immobili da

assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi immobiliari pubblici;

b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle

predette amministrazioni tramite indagini di mercato, che devono essere effettuate

prioritariamente tra gli immobili in proprietà pubblica presenti sull'apposito applicativo

informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio (art. 24 del D.L. 66 del 2014);

c) rilascia il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione, ovvero al rinnovo di quelli in

scadenza. Le amministrazioni adempiono i contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei

canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso e la custodia degli immobili

in locazione.

Le amministrazioni dello Stato, nell'espletamento delle indagini di mercato finalizzate

all'individuazione degli immobili da assumere in locazione passiva, hanno l'obbligo di scegliere

soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'Erario sulla base del

parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto, valutando

anche la possibilità di decentrare gli uffici. Inoltre i contratti di locazione passiva delle

pubbliche amministrazioni non possono essere rinnovati qualora l'Agenzia del demanio non

abbia espresso il nulla osta prima di sessanta giorni dalla data entro la quale l'amministrazione

interessata può esercitare la facoltà di recedere dal contratto. L'Agenzia del demanio

autorizza il rinnovo di contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione dei prezzi medi

di mercato, a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. Sono nulli i

contratti stipulati in violazione delle suddette norme (legge n. 147 del 2013, articolo 1, commi

387 e 388).

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6

Le amministrazioni pubbliche non devono richiedere il nulla osta all'Agenzia del demanio per il

rinnovo dei contratti di locazione degli immobili dei fondi comuni di investimento

immobiliare già costituiti e per gli immobili di terzi aventi causa dagli stessi fondi (comma 389).

E' abrogato il fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato

ad uno o più fondi immobiliari, istituito dalla legge di stabilità 2013 (comma 408).

Il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la riduzione del

15% del canone di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni e delle autorità

indipendenti per gli immobili in uso istituzionale. Il D.L. n. 66 del 2014 ha anticipato di sei mesi,

al 1° luglio 2014, il termine di decorrenza della norma. Per il triennio 2012-2014 è disposto,

inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti dagli stessi soggetti.

Le regioni e gli enti locali da un lato, e lo Stato dall'altro, possono concedersi reciprocamente

l'uso gratuito dei loro beni immobili per fini istituzionali. Gli enti previdenziali devono

comunicare all'Agenzia del demanio gli immobili di loro proprietà, al fine di verificare l'idoneità

degli stessi ad essere utilizzati in locazione passiva, a canoni ed oneri agevolati, dalla

amministrazioni statali per finalità istituzionali. Sono infine previste specifiche e

stringenti condizioni per il rinnovo dei rapporti di locazione: disponibilità delle risorse

finanziarie necessarie per il periodo di durata del contratto di locazione; permanenza delle

esigenze allocative all'esito dei piani di razionalizzazione nonché di quelli di riorganizzazione e

accorpamento delle strutture.

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Appendice Normativa

D.L. 24-4-2014 n. 66 Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 aprile 2014, n. 95.

Razionalizzazione degli spazi della pubblica amministrazione

Art. 24 (Disposizioni in materia di locazioni e manutenzioni di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni)

1. All'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni ed integrazioni, dopo le parole: “b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, ai sensi dell'articolo 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato” sono inserite le seguenti: “che devono essere effettuate prioritariamente tra gli immobili di proprietà pubblica presenti sull'applicativo informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio; con la predetta consultazione si considerano assolti i relativi obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni”.

2. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modifiche ed integrazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 222-bis, dopo l'ottavo periodo, è aggiunto il seguente: “In caso di inadempimento dei predetti obblighi, l'Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza.”;

b) dopo il comma 222-ter è inserito il seguente: “222-quater. Le amministrazioni di cui al primo periodo del comma 222-bis, entro il 30 giugno 2015,

predispongono un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto di cui al comma 222-bis, un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili o di parte di essi, anche in condivisione con altre amministrazioni pubbliche, compresi quelli di proprietà degli enti pubblici, e il rilascio di immobili condotti in locazione passiva in modo da garantire per ciascuna amministrazione, dal 2016, una riduzione, con riferimento ai valori registrati nel 2014, non inferiore al 50 per cento in termini di spesa per locazioni passive e non inferiore al 30 per cento in termini di spazi utilizzati negli immobili dello Stato. Sono esclusi dall'applicazione della disposizione di cui al primo periodo i presidi territoriali di pubblica sicurezza e quelli destinati al soccorso pubblico e gli edifici penitenziari. I piani di razionalizzazione nazionali sono trasmessi all'Agenzia del demanio per la verifica della compatibilità degli stessi con gli obiettivi fissati dal presente comma. Entro e non oltre 60 giorni dalla presentazione del piano, l'Agenzia del demanio comunica al Ministero dell'economia e delle finanze e all'amministrazione interessata i risultati della verifica. In caso tale verifica risulti positiva, l'Agenzia comunica gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni, relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati nel piano. Nel caso in cui, invece, il piano di razionalizzazione nazionale non venga presentato, ovvero sia presentato, ma non sia in linea con gli obiettivi fissati dal presente comma, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia del demanio, effettua una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi dell'amministrazione inadempiente, al fine di garantire i risparmi attesi dall'applicazione del presente comma. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, nel limite massimo del 50 per cento dei complessivi risparmi individuati nei piani di razionalizzazione positivamente verificati, sono apportate le occorrenti variazioni di bilancio necessarie per il finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei predetti piani, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio.” (67).

2-bis. L'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, è sostituito dal seguente:

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“Art. 2-bis. - (Facoltà di recesso delle pubbliche amministrazioni da contratti di locazione). - 1. Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa di cui agli articoli 2, comma 5, e 3, comma 1, le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia, possono comunicare, entro il 31 luglio 2014, il preavviso di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il recesso è perfezionato decorsi centottanta giorni dal preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole che lo limitino o lo escludano”. (68)

2-ter. All'articolo 1, comma 389, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole: “comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, e quelle di cui al” sono soppresse. (68)

All'articolo 12 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Le medesime Amministrazioni comunicano inoltre semestralmente, al di fuori dei casi per i quali sono attribuite all'Agenzia del demanio le decisioni di spesa ai sensi del comma 2 lettere a) e b), tutti i restanti interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l'ammontare dei relativi oneri.”; b) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il piano generale può essere oggetto di revisione in corso d'anno, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in caso di sopravvenute ed imprevedibili esigenze manutentive considerate prioritarie rispetto ad uno o più interventi inseriti nel Piano, ove non risultino già affidati ad uno degli operatori con cui l'Agenzia ha stipulato accordi quadro ai sensi del comma 5.”; c) al comma 5, il primo periodo è sostituito dal seguente: “L'Agenzia del demanio, al fine di progettare e realizzare gli interventi manutentivi di cui al comma 2, lettere a) e b), e per gli interventi manutentivi dalla stessa gestiti con fondi diversi da quelli di cui al comma 6, stipula accordi quadro, riferiti ad ambiti territoriali predefiniti, con operatori specializzati nel settore individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, ed anche avvalendosi di società a totale o prevalente capitale pubblico, senza nuovi o maggiori oneri”.

4. All'articolo 3 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4 le parole “1° gennaio 2015” sono sostituite con le parole “1° luglio 2014”; b) il comma 7 è sostituito dal seguente: “7. Fermo restando quanto previsto dal comma 10, le

previsioni di cui ai commi da 4 a 6 si applicano altresì alle altre amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in quanto compatibili. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente al fine di conseguire risparmi non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione della presente disposizione.”.

5. Al fine della riduzione della spesa per il deposito legale di stampati e documenti:

a) agli istituti depositari previsti dal regolamento attuativo dell'articolo 5, comma 1, della legge 15 aprile 2004, n. 106, è consegnata una sola copia di stampati e di documenti a questi assimilabili;

b) per l'archivio nazionale della produzione editoriale non sono soggette al deposito legale le ristampe inalterate di tutti i documenti stampati in Italia.

(67) Lettera così modificata dalla legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89.

(68) Comma inserito dalla legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89

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L. 27-12-2013 n. 147 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014). Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2013, n. 302, S.O.

Comma 387

387. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, sono apportate le

seguenti modificazioni:

a) al comma 222:

1) al secondo periodo, le parole: «31 marzo 2011» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre di

ogni anno» e le parole: «in corso» sono sostituite dalle seguenti: «da avviare nell'anno seguente»;

2) dopo il sesto periodo è inserito il seguente: «Ai fini del contenimento della spesa pubblica, le

predette amministrazioni dello Stato, nell'espletamento delle indagini di mercato di cui alla lettera b) del terzo

periodo del presente comma, finalizzate all'individuazione degli immobili da assumere in locazione passiva,

hanno l'obbligo di scegliere soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'Erario sulla base di

quanto previsto dal comma 222-bis, valutando anche la possibilità di decentrare gli uffici»;

3) l'ottavo periodo è sostituito dai seguenti: «Sulla base delle attività effettuate e dei dati acquisiti ai sensi del

presente comma e del comma 222-bis, l'Agenzia del demanio definisce il piano di razionalizzazione degli spazi.

Il piano di razionalizzazione viene inviato, previa valutazione del Ministro dell'economia e delle finanze in

ordine alla sua compatibilità con gli obiettivi di riduzione del costo d'uso e della spesa corrente, ai Ministri

interessati per le valutazioni di competenza ed è pubblicato nel sito internet dell'Agenzia del demanio»;

b) al comma 222-bis:

1) il quarto periodo è soppresso;

2) dopo il sesto periodo sono aggiunti i seguenti: «Al fine di pervenire ad ulteriori risparmi di spesa, le

Amministrazioni dello Stato di cui al comma 222 comunicano all'Agenzia del demanio, secondo le modalità ed i

termini determinati con provvedimento del direttore della medesima Agenzia, i dati e le informazioni relativi ai

costi per l'uso degli edifici di proprietà dello Stato e di terzi dalle stesse utilizzati. Con provvedimenti del

direttore dell'Agenzia del demanio sono comunicati gli indicatori di performance elaborati dalla medesima

Agenzia in termini di costo d'uso/addetto, sulla base dei dati e delle informazioni fornite dalle predette

Amministrazioni dello Stato. Queste ultime, entro due anni dalla pubblicazione del relativo provvedimento nel

sito internet dell'Agenzia del demanio, sono tenute ad adeguarsi ai migliori indicatori di performance ivi

riportati»;

c) il comma 224 è sostituito dal seguente:

«224. Fatto salvo quanto previsto dal comma 222-bis, sesto periodo, le maggiori entrate e i risparmi di

spesa derivanti dai commi da 222 a 223 affluiscono al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato».

Comma 388

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388. Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di

immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre

2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio,

nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la

quale l'amministrazione locataria può avvalersi della facoltà di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito

della propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione,

nel rispetto dell'applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili

demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli.

Comma 389

389. Le disposizioni del comma 388 del presente articolo non si applicano per i contratti di locazione di

immobili di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell'articolo 4 del

decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n.

410, e successive modificazioni, nonché degli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da detti fondi, per il

limite di durata del finanziamento degli stessi fondi.

In particolare l’iter in materia di locazioni si sviluppa attraverso numerosi interventi che, fra l’altro,

hanno previsto:

a. la possibilità per gli anni 2012, 2013 e 201414, di sospendere l’applicazione

dell'aggiornamento ISTAT, anche se contrattualmente previsto, per i canoni

dovuti dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della

pubblica amministrazione e dalle Autorità indipendenti per l'utilizzo in locazione

passiva di immobili per finalità istituzionali;

b. la riduzione dei canoni (del 15%) attualmente pagati dalle amministrazioni centrali

per le locazioni passive a partire dal 1 gennaio 2015 per i nuovi contratti o alla

scadenza o al rinnovo dei contratti in essere;

c. il rinnovo dei contratti di locazione può avvenire solo se c’è disponibilità di risorse e

d. un’effettiva esigenza di locazione in relazione ai piani di razionalizzazione degli

spazi della PA;

e. le Regioni possono ottenere gratuitamente in concessione o locazione gli

immobili statali utilizzati per le università e quelli usati per finalità istituzionali

f. Regioni, Province e Comuni potranno ottenere gratuitamente gli immobili dello Stato.

14 Previsione estesa all’anno 2015

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Il divieto era già stato normato in sede di comma 138, articolo 1, della Legge

n.228/2012, per l’anno 2013, relativamente a:

a) Acquisto di immobili a titolo oneroso e

b) Stipula di contratti di locazione passiva.

La norma comunque prevede alcune deroghe:

1. Sono consentite operazioni di acquisto in materia di edilizia residenziale pubblica ed

ove trattasi di operazioni già autorizzate, alla data di entrata in vigore della norma,

nonché le operazioni di acquisto effettuate in attuazione di piani concernenti

interventi speciali.

2. E’ consentita la locazione nel caso di rinnovo del contratto, stipulato a condizioni più

vantaggiose, allo scopo di (i) sostituire immobili dismessi o (ii) per continuare ad

avere la disponibilità degli immobili dismessi.

A decorrere dal 1° gennaio 2014 le operazioni di acquisto di immobili da parte della

amministrazioni pubbliche potranno essere effettuate solo in presenza:

a) Di un’attestazione da parte del responsabile del procedimento che comprovi,

documentandola, l’indispensabilità e indilazionabilità dell’acquisto;

b) congruità del prezzo a cura dell’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese;

c) pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente, dell’operazione di acquisto, contenente

l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito.

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4.4- Il recesso

In tema di contenimento della spesa pubblica si segnala la disposizione introdotta dal Decreto

Legge n. 120/2013, convertito con modificazioni dalla Legge n.137/2013 in materia di

recesso dalle locazioni passive di cui all’art. 2 bis che segue:

Art. 2-bis Facoltà di recesso delle pubbliche amministrazioni da contratti di

locazione (11)

Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa di cui agli articoli 2,

comma 5, e 3, comma 1, le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli

organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere, entro il 31

dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della

legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l'esercizio del diritto di

recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga ad eventuali clausole difformi previste dal

contratto. (12) (13)

(11) Articolo inserito dalla legge di conversione 13 dicembre 2013, n. 137.

(12) Il presente comma era stato modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 30 dicembre 2013, n. 151, non convertito in legge (Comunicato 1° marzo 2014, pubblicato nella G.U. 1° marzo 2014, n. 50).

(13) Sui limiti di applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l’ art. 1, comma 389, L. 27 dicembre 2013, n. 147.

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5. Norme in materia di valorizzazione

5.1 Semplificazione delle procedure di vendita - estensione al patrimonio degli Enti della procedure di vendita diretta e della trattativa privata.

11-quinquies. Dismissione di immobili.

1. Nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a quelli il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato. L'Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che li hanno in uso, a vendere con le modalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, i beni immobili ad uso non prevalentemente abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, ivi compresi quelli individuati ai sensi dei commi 13, 13 -bis e 13 -ter dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni. L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali e delle altre pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni; in questo caso, ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere e le altre pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 provvedono secondo i rispettivi ordinamenti, fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma. È in ogni caso vietata l'alienazione di immobili di cui al presente comma a società la cui struttura non consente l'identificazione delle persone fisiche o delle società che ne detengono la proprietà o il controllo. L'utilizzo di società anonime, aventi sede all'estero, nelle operazioni immobiliari di cui al presente comma è vietato e costituisce causa di nullità dell'atto di trasferimento. Fermi restando i controlli già previsti dalla vigente normativa antimafia, sono esclusi dalla trattativa privata i soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari (152) (153) .

2. Ferma restando l'applicazione dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per la dismissione dei beni già individuati ai sensi dei commi 13, 13 -bis e 13 -ter del medesimo articolo 27, la vendita fa venir meno l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si intendono applicabili, anche quanto alle dichiarazioni urbanistiche nonché agli attestati inerenti la destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge, le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, nonché al primo ed al secondo periodo del comma 18 e al comma 19 del medesimo articolo 3. Resta ferma l'applicazione degli articoli 12, 54, 55, 56 e 57 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo. “12

Il legislatore ha esteso il meccanismo semplificato della vendita diretta, e successivamente della trattativa privata, applicabile altresì ai beni di proprietà dello Stato, al patrimonio

12 D.L. 30-9-2005 n. 203 Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria. Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 ottobre 2005, n. 230. 152) Comma modificato dalle lettere a ) e b ) del comma 2 dell’art. 3, D.L. 30 novembre 2013, n. 133, come modificato dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5. Successivamente il presente comma è stato così modificato dal comma 4- quater dell'art. 20, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

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degli Enti locali e territoriali, al contempo prevedendo procedure agevolate a carico dell’acquirente in ordine all’eventuale procedura in sanatoria. In particolare il comma l, dell’articolo 3 del DL n.133/2013, dispone che alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, si applichino le disposizioni recate dall'articolo 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che consentono la sanatoria di irregolarità successivamente al trasferimento. Il comma 6 dell'articolo 40 prevede un termine di centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile per la presentazione della domanda di sanatoria. Tale termine viene peraltro derogato dal comma in esame, che consente di presentare la domanda di sanatoria entro un anno dall'atto di trasferimento dell'immobile.

Il comma 2 interviene sulle disposizioni che disciplinano la dismissione in blocco di immobili pubblici ai sensi del già citato articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, apportando alcune novelle al comma l.

In particolare, la lettera a) del comma 2 introduce la possibilità per l'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata (anche in blocco), anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico. La lettera b) estende invece il meccanismo di dismissione individuato dall'articolo 11-quinquies citato agli immobili degli enti territoriali.

In tale ipotesi si prevede, pertanto, che gli enti territoriali interessati individuino, con apposita delibera, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale che autorizza alla vendita in blocco. Le ulteriori disposizioni introdotte in sede di conversione del decreto legge possono essere così riassunte.

1. E’ fatto divieto di alienare gli immobili mediante vendita diretta a società la cui struttura non consenta l'identificazione di chi ne detiene la proprietà o il controllo; sono inoltre esclusi dalla trattativa privata i soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari.

2. Altra previsione riguarda i fondi immobiliari gestiti dalla Invimit SGR, finalizzati alla valorizzazione e alla dismissione degli immobili pubblici, operano sul mercato in regime di libera concorrenza (comma 2-bis) .Il comma 2-ter prevede che il decreto ministeriale con il quale sono individuati i terreni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali non utilizzabili per altre finalità istituzionali da alienare o locare a cura dell’Agenzia del demanio, per i quali è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, deve essere adottato, in sede di prima applicazione, entro e non oltre il 30 aprile 2014.

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3. I commi 2-quater-2-septies, prevedono che i Ministeri interessati individuano e comunicano all’Agenzia del demanio gli immobili di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale in ordine ai quali ritengano prioritario mantenere la proprietà dello Stato. L’Agenzia del demanio, entro due mesi dalla relativa comunicazione, sospende le eventuali procedure di dismissione o conferimento a SGR dei beni da sottoporre a tutela. Tali norme, tuttavia, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, non devono comunque determinare una riduzione dell'introito complessivo connesso ai suddetti processi di dismissione.

In particolare il comma 2-quater affida al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBAC) il compito di individuare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.

Analogamente il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite.

Il comma 2-sexies prevede che i due Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, comunicano all'Agenzia del demanio l'avvio dei procedimenti affinché, entro e non oltre due mesi dal ricevimento della suddetta comunicazione, l'Agenzia del demanio proceda alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione dei beni da sottoporre a tutela, già avviate.

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D.L. 30-11-2013 n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge n. 5 del 2014

Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia. Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 novembre 2013, n. 281.

Art. 26 Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati (103)

1. In considerazione dell'eccezionalità della situazione economico-finanziaria del Paese, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria nazionale anche ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione e di promuovere iniziative di valorizzazione del patrimonio pubblico volte allo sviluppo economico e sociale, l'accordo di programma di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, avente ad oggetto il recupero di immobili non utilizzati del patrimonio immobiliare pubblico, costituisce variante urbanistica. Allo scopo di individuare i contenuti dell'accordo di programma, il Comune, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, presenta una proposta di recupero dell'immobile anche attraverso il cambio di destinazione d'uso all'Agenzia del demanio, che è tenuta a valutarla, entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, salvo opponga diversa ipotesi di utilizzo finanziata o in corso di finanziamento, di valorizzazione o di alienazione. (104)

1-bis. Hanno priorità di valutazione i progetti di recupero di immobili a fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi di edilizia economica e popolare e a nuclei sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole, nonché gli immobili da destinare ad auto recupero, affidati a cooperative composte esclusivamente da soggetti aventi i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica. I progetti aventi scopi differenti sono valutati, in sede di accordo di programma, in relazione agli interventi di cui al periodo precedente, finalizzati alla riduzione del disagio abitativo, ovvero alla dimostrazione che non sussistano le necessità o le condizioni per tali progetti. (105)

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia del demanio, nonché il Ministero della difesa, quando le operazioni di cui al presente articolo comprendono immobili in uso a quest'ultimo Dicastero e non più utili alle sue finalità istituzionali, effettuano la prima individuazione degli immobili entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il provvedimento di individuazione degli immobili dell'Amministrazione della difesa non più utilizzati è comunicato alle competenti Commissioni parlamentari. Sono esclusi dall'applicazione della presente disposizione gli immobili per i quali è stata accolta la domanda di trasferimento di cui all'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché quelli per i quali è in corso la richiesta di riesame, per i quali si continua ad applicare la disciplina ivi prevista fino al trasferimento del bene all'ente richiedente ovvero alla sua rinuncia. (104) (107)

3. Entro 30 giorni dalla adozione dei provvedimenti di individuazione di cui al comma 2, l'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero della difesa limitatamente agli immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, può formulare all'amministrazione comunale, una proposta di recupero dell'immobile a diversa destinazione urbanistica, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, anche previa pubblicazione di un avviso di ricerca di mercato per sollecitare la presentazione della proposta da parte di privati. (104)

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4. L'accordo di programma avente ad oggetto la proposta di cui ai commi precedenti, sottoscritto dall'amministrazione comunale interessata, d'intesa con l'Agenzia del demanio e con il Ministero della difesa, limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, costituisce variante di destinazione d'uso ai sensi del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267 da concludere entro 90 giorni dal ricevimento della citata proposta. Entro 30 giorni dalla sua conclusione l'accordo è ratificato con deliberazione del Consiglio comunale. (104)

5. Le Regioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, adottano le misure necessarie a garantire, in base ai principi di proporzionalità, adeguatezza, efficacia ed efficienza dell'azione della pubblica amministrazione, nonché per l'applicazione omogenea sul territorio nazionale del presente articolo, le occorrenti semplificazioni documentali e procedimentali, relative anche alla pubblicazione degli atti, per l'approvazione delle varianti urbanistiche e per l'eventuale variazione di strumenti di pianificazione sovraordinati, discendenti dagli accordi di programma di cui al comma 4.

6. Approvata la variante urbanistica, l'Agenzia del demanio e il Ministero della difesa, limitatamente a immobili in uso al medesimo e non più utili alle sue finalità istituzionali di cui al comma 2, procedono, secondo le norme vigenti, all'alienazione, alla concessione e alla costituzione del diritto di superficie degli immobili. (104)

7. Qualora non sia data attuazione all'accordo di programma, di cui ai commi 1 e 4, nel termine di 90 giorni dalla sua conclusione, il Ministro competente può proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri di nominare, previa diffida, un commissario ad acta che provvede alle procedure necessarie per la variante urbanistica, ferme restando le volumetrie e le superfici esistenti. Nel caso di nomina del commissario ad acta non si applicano le disposizioni di cui al comma 8. Al commissario di cui al periodo precedente non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati. (104)

8. A seguito della valorizzazione o alienazione degli immobili la cui destinazione d'uso sia stata modificata anche ai sensi del presente articolo, è attribuita agli enti territoriali che hanno contribuito, nei limiti delle loro rispettive competenze, alla conclusione del procedimento, una quota parte dei proventi, secondo modalità determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare, limitatamente agli immobili dell'Amministrazione della difesa, di concerto con il Ministro della difesa. (104)

8-bis. Il comma 12 dell'articolo 3-ter del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è abrogato. (106)

(103) Rubrica così modificata dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

(104) Comma così modificato dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

(105) Comma inserito dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

(106) Comma aggiunto dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

(107) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Decreto 24 dicembre 2014.

Modifiche alle disposizione previste dall’art. 11 quinquies del DL n.203 del 2005 Art. 3 Disposizioni in materia di immobili pubblici

1. Ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione

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finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, anche allo scopo di prevenire nuove urbanizzazioni e di ridurre il consumo di suolo, le disposizioni di cui al sesto comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano anche alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato sesto comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 può essere presentata entro un anno dall'atto di trasferimento

dell'immobile. (7) 2. Al comma 1, dell'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, dopo le parole «i beni immobili ad uso non», è inserita la

seguente: «prevalentemente»;

b) dopo l'ultimo periodo sono aggiunti i seguenti: «L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in

questo caso, ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma. È in ogni caso vietata l'alienazione di immobili di cui al presente comma a società la cui struttura non consente l'identificazione delle persone fisiche o delle società che ne detengono la proprietà o il controllo. L'utilizzo di società anonime, aventi sede all'estero, nelle operazioni immobiliari di cui al presente comma è vietato e costituisce causa di nullità dell'atto di trasferimento. Fermi restando i controlli già previsti dalla vigente normativa antimafia, sono esclusi dalla trattativa privata i soggetti che siano stati condannati, con

sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari.» (8). 2-bis. Dopo l'articolo 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è inserito il seguente: «Art. 33-ter. (Disposizioni sulla gestione dei fondi). - 1. I fondi di cui all'articolo 33, commi 1, 8-bis, 8-ter e 8-quater, e quelli di cui all'articolo 33-bis, gestiti in forma separata e autonoma dall'amministrazione della società di cui all'articolo 33, comma 1, operano sul mercato in regime

di libera concorrenza.». (9) 2-ter. All'articolo 66 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. In sede di prima applicazione, il decreto di cui al primo periodo del comma 1 è adottato entro e non oltre il 30 aprile 2014.». (9)

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2-quater. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, procede all'individuazione, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto

legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (9) 2-quinquies. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, all'individuazione, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite. (9)

2-sexies. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, comunicano all'Agenzia del demanio l'avvio dei procedimenti di cui ai commi 2-quater e 2-quinquies. Entro e non oltre due mesi dal ricevimento della suddetta comunicazione l'Agenzia del demanio procede conseguentemente alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione dei beni da sottoporre a tutela, già avviate ai sensi degli articoli 2,3,3-ter e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, dell'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e degli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con

modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. (9) 2-septies. Le norme di cui ai commi 2-quater, 2-quinquies e 2-sexies, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, non devono comunque determinare una

riduzione dell'introito complessivo connesso ai suddetti processi di dismissione. (9) (7) Comma così modificato dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.

(8) Lettera così modificata dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.

(9) Comma aggiunto dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.

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Per una più organica lettura del meccanismo di semplificazione mediante vendita diretta di seguito si riporta per esteso il previgente ( anno 2013) testo dell’articolo 11 quinquies .

1. Nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a quelli il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato. L'Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che li hanno in uso, a vendere con le modalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, i beni immobili ad uso non prevalentemente abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, ivi compresi quelli individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni. L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in questo caso, ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma (151) (152).

2. Ferma restando l'applicazione dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per la dismissione dei beni già individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, la vendita fa venir meno l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si intendono applicabili, anche quanto alle dichiarazioni urbanistiche nonché agli attestati inerenti la destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge, le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, nonché al primo ed al secondo periodo del comma 18 e al comma 19 del medesimo articolo 3. Resta ferma l'applicazione degli articoli 12, 54, 55, 56 e 57 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo.

3. Agli atti di alienazione di cui al comma 1 del presente articolo o comunque connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 275, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono riconosciuti all'Agenzia del demanio i maggiori costi sostenuti per le attività connesse all'attuazione del presente articolo, a valere sulle conseguenti maggiori entrate.

5. All'articolo 27, comma 13-ter, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l'ultimo periodo è soppresso.

6. Il disposto dell'articolo 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, deve interpretarsi nel senso che lo Stato, gli enti pubblici nonché le società di cui al comma 1 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 sono esonerati anche dall'obbligo di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti nonché dall'obbligo di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

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D.L. n.282 del 24-12-2002 Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità. Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 dicembre 2002, n. 301 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 21 febbraio 2003, n. 27 (Gazz. Uff. 22 febbraio 2003, n. 44, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

7. Dismissione di beni immobili dello Stato.

1. Nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili dello Stato, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a quelli il cui prezzo di vendita sia fissato secondo criteri e valori di mercato. L'Agenzia del demanio è autorizzata a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato di cui agli allegati A e B al presente decreto. La vendita fa venire meno l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si applicano le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nonché al primo ed al secondo periodo del comma 18 del medesimo articolo 3.

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Giurisprudenza collegata alla normativa in materia di condono recupero e sanatoria di opere edilizie

L. n.47 del 28-2-1985 Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie. Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O.

(commenti di giurisprudenza) 40. Mancata presentazione dell'istanza.

Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all'art. 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta. [In ogni altra ipotesi di abusivismo, la presentazione della domanda dopo il termine del 30 settembre 1986, e comunque non oltre il 31 marzo 1987, comporta il pagamento di una somma pari al doppio dell'oblazione] (106) (107).

Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata.

Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione

in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.

Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell'articolo 17 e del primo comma dell'art. 21.

Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti

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derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa.

Nella ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge.

Consiglio di Stato

Istanza di condono: effetti

49. La presentazione della domanda di condono edilizio impone al Comune la sua disamina e l'adozione dei provvedimenti conseguenti, sicché gli atti, repressivi dell'abuso, in precedenza adottati perdono efficacia, perché la proposizione dell'istanza stessa può condurre o ad un suo accoglimento (con connesso rilascio della concessione edilizia in sanatoria e superamento degli atti sanzionatori impugnati), oppure alla reiezione l'istanza e la P.A. è, allora, tenuta, in base all'art. 40, comma 1, della l. n. 47/1985 e s.m.i., al completo riesame della fattispecie, assumendo, ove del caso, nuovi, e questa volta definitivi, provvedimenti sanzionatori che troveranno esecuzione, ovvero saranno oggetto di autonoma impugnazione (Annulla senza rinvio la sentenza del T.a.r. Puglia - Lecce, sez. I, n. 744/1998).

20. Sez. V, sent. n. 3460 del 08-06-2011, Comune di Taranto c. Tr.Fr.

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5.2 I Piani di valorizzazione e dismissione ex Art. 58 del DL 112/2008 L’articolo 58 del decreto legge n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino,

gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali,

ciascun ente individui i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non

strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di

dismissione, e predisponga un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, allegato al

bilancio di previsione. Per i soggetti diversi dai comuni, i beni immobili individuati possono essere

concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini

della riqualificazione e riconversione tramite interventi di recupero, restauro e ristrutturazione,

anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività

economiche o attività di servizio per i cittadini. Gli enti possono in ogni caso individuare forme

di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e

mediante l'utilizzo di strumenti competitivi,

conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare

ovvero promuoverne la costituzione. Ale disposizione è stata modificata dall'articolo 27,

comma 1, del decreto legge n. 201 del 2011 al fine di consentire anche agli enti

partecipati dagli enti territoriali di individuare gli immobili suscettibili di valorizzazione o di

dismissione. Inoltre, l’approvazione del Piano da parte del consiglio comunale non costituisce

più automaticamente una variante allo strumento urbanistico generale: l’eventuale

equivalenza della deliberazione del consiglio è disciplinata dalle Regioni.

Il decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, ha previsto

l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città

metropolitane e regioni, che ne dispongono nell'interesse della collettività rappresentata

favorendone la "massima valorizzazione funzionale". I beni trasferiti possono anche essere

inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione. Qualora

l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto

uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio

potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il

conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale, con apposito D.P.C.M.,

dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di

attribuzione.

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6. Procedure amministrative per l’attuazione dei processi di valorizzazione.

Accordi di programma. L'accordo di programma ha lo scopo di coordinare l’azione di diversi soggetti pubblici, di volta

in volta coinvolti in virtù dei loro compiti istituzionali nella realizzazione di opere, interventi

ovvero programmi di interventi che richiedono per la loro completa realizzazione l’azione

integrata e coordinata di comuni, regioni, amministrazioni statali, etc., il cui parere sia

richiesto al fine di ottenere il consenso unanime. La partecipazione dei privati è eventualmente

indicata dall’Amministrazione proponente al solo fine di acquisire chiarimenti, ma non ha alcun

ruolo nel procedimento che sfocerà nel rilascio del consenso finale. Ciò premesso, è chiaro che l’accordo di programma, di cui all'art. 34 del TUEL, di cui all’art. 33,

comma 4 del DL n.98/2011, costituisce il veicolo più funzionale, per l'interesse pubblico teso

al “recupero urbano” del bene, non attraverso l'adozione di singoli provvedimenti autoritativi

assunti, singolarmente, dalle diverse amministrazioni, ma attraverso lo strumento del

consenso. In tal modo viene predisposto in un unico provvedimento ( il consenso) l’insieme

degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento originario (l’atto di destinazione del

bene), attraverso atti negoziali pattuiti tra le amministrazioni, secondo i principi del codice

civile in materia di obbligazioni. L’esempio tipico può essere inquadrato nel disposto dell’art. 33, che sottende all’ottenimento

del consenso necessario a modificare la destinazione funzionale dei beni, oggetto di

conferimento al fondo.

La conferenza di servizi La conferenza di servizi (istruttoria e decisoria) non costituisce un organo collegiale ma solo un

modulo procedimentale (organizzativo) suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi

procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti. Tale istituto,

dunque, di carattere generale (disciplinato dalla L. n. 241/1990), risulta essere finalizzato

all'assunzione concordata di determinazioni sostitutive, a tutti gli effetti, di concerti, intese,

assensi, pareri, nulla osta, richiesti dal procedimento pluristrutturale specificatamente

conformato dalla legge; tale strumento, quindi, non comporta modificazione o sottrazione delle

competenze, né modificazione della natura o tipo d'espressione volitiva o di scienza che le

amministrazioni sono tenute ad esprimere secondo la disciplina di più "procedimenti

amministrativi connessi" o di un solo procedimento nel quale siano coinvolti "vari interessi

pubblici". In conseguenza di ciò ciascun rappresentante imputa gli effetti giuridici degli atti che

compie all'Amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore.

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Concessioni di valorizzazione Gli interventi normativi che hanno preceduto il federalismo demaniale, concernenti la

concessione nonché la locazione (rispettivamente sui beni demaniali e patrimoniali),

ridefiniscono il quadro complessivo delle possibilità d’utilizzo degli immobili dello Stato. In

particolare il D.P.R. 296 del 13 settembre 2005 ha rinnovato la materia in merito a criteri e

modalità di concessione e uso in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato, mentre

l’art. 1, comma 259, della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) ha introdotto il complesso istituto

della concessione di valorizzazione. Si tratta di una molteplicità di strumenti normativi

finalizzati a migliorare il processo di messa a reddito dei beni statali, con lo scopo di migliorare

le politiche di sviluppo locale, anche su area vasta, affidando già agli enti locali un ruolo

importante nelle procedure di valorizzazione. Particolarmente innovative risultano le

disposizioni di cui all’art. 1, comma 259, della legge 296/2006, a cui si deve il completamento

delle procedure di valorizzazione già tracciate con l’art. 3 della legge 410/2001. In precedenza

il concetto di valorizzazione si identificava nell’alienazione del bene, invece la nuova

riformulazione della legge 296/2006 annette in tale ambito anche l’ipotesi di concessioni a

privati, con lo scopo di riqualificare e riconvertire i beni, attraendo capitali privati e, nel

contempo, mantenendo allo Stato la proprietà degli immobili riqualificati e migliorati nella

redditività. Si tratta di operazioni complesse di riqualificazione che incidono spesso anche

sull’assetto urbanistico e socio-economico della realtà locale, per le quali il legislatore ha

previsto concessioni con un limite massimo, non rinnovabile, di cinquanta anni.

Le suddette caratteristiche si riferiscono unicamente alle concessioni di valorizzazione, ben distinte da quelle a termine ordinario di sei anni per le quali il legislatore ha previsto la deroga

del termine fino a 50 anni, ove il concessionario si impegni a eseguire rilevanti opere in tempi

stabili.

Le modalità ordinarie di messa a reddito dei beni dello Stato attraverso lo strumento della

concessione demaniale, disciplinate al capo II del D.P.R. 296/2005, prevedono che la scelta del

contraente avvenga secondo procedure a evidenza pubblica, mediante pubblico incanto. Solo

in via eccezionale e residuale è considerata l’ipotesi del ricorso alla trattativa privata, motivata

dalla necessità di garantire il più possibile l’interesse pubblico con un utilizzo vantaggioso dei

beni, rispettando comunque il principio di trasparenza amministrativa.

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I PUV (Piani Unitari di Valorizzazione)

L’art. 1, comma 262 legge 296/2006 ha, quindi, introdotto i nuovi commi 15-bis e 15-ter

nell’art. 3 del D.L. 351/2001, consentendo all’Agenzia del demanio di poter individuare,

d’intesa con gli Enti territoriali interessati, una pluralità di beni pubblici per i quali viene

attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo

territoriale, rappresentando, nel contesto economico e sociale di riferimento, stimolo e

attrazione di interventi per lo sviluppo locale.

Sono previste le risorse economiche per il finanziamento degli studi di fattibilità a sostegno

dei programmi di valorizzazione, con priorità per gli immobili pubblici, attraverso

concessione d’uso o locazione, ovvero allocazione di molteplici funzioni di interesse sociale (

culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà,

politiche giovanili pari opportunità.

L’art. 1, commi 313-319, legge 244 del 24 dicembre 2007 ha integrato detta impostazione

programmatica, introducendo il Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e

lo sviluppo dei sistemi locali, attraverso il riuso e il recupero di beni immobili pubblici in linea

anche con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana. Il Piano, proposto dal

Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero per i beni e le attività

culturali, sentiti i ministri competenti, prevede l’approvazione d’intesa con la Conferenza

unificata Stato-regioni e Stato-città metropolitane e autonomie locali, anche in applicazione

delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio ex D.Lgs. 42 del 22 gennaio

2004. L’approvazione del programma di valorizzazione integra gli estremi della dichiarazione

di pubblica utilità delle opere pubbliche o di interesse generale. L’art. 1, comma 259, legge

296/2006 ha introdotto, come già accennato, l’istituto della concessione di valorizzazione di

lungo periodo, fino a cinquanta anni, che consente ai privati interventi di recupero e restauro

sugli immobili di proprietà dello Stato avuti in concessione o in locazione, adeguandoli ad

attività di sviluppo o di servizio per i cittadini, come anche agli enti locali, ex comma 261 a

fronte di investimenti di recupero e riconversione a cura e carico degli stessi enti.

I Programmi unitari di valorizzazione territoriale (PUVAT)

Il decreto legge n. 201 del 2011 (articolo 27, comma 1) prevede l’istituzione di

strumenti sussidiari per la gestione degli immobili pubblici: si tratta in particolare di

società, consorzi o fondi immobiliari aventi lo scopo di valorizzare, trasformare, gestire e

alienare il patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei Comuni, Province, Città

metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi

ai beni immobili, anche demaniali. Il medesimo provvedimento (articolo 27, comma 2)

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disciplina la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale per il

riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di Regioni, Provincie e

comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di

immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al

decreto legislativo n. 85 del 2010 (federalismo demaniale).

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7. Disposizioni in materia di procedure previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Dlgs. 22 gennaio 2004, n.42)

Le Sopraintendenze esercitano, nel territorio di competenza, un' articolata attività di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni immobili di interesse storico e artistico realizzati da oltre 70 anni appartenenti a enti pubblici o istituti legalmente riconosciuti; l'attività si estende anche ai beni immobili appartenenti a privati, se dichiarati di interesse particolarmente importante e notificati in forma amministrativa ai proprietari tramite Decreto Ministeriale emanato ai sensi della legge 1 giugno 1939, n1089 o tramite D.Lgs. 22 gennaio 2004, n42 recante il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

L'attività, ormai ben inquadrata sotto il profilo normativo dal Codice, è svolta in un contesto territoriale nel quale si concentra un numero elevato di capolavori dell'arte italiana. Nel settore dei beni immobili la tutela tende, inoltre, sempre di più ad intervenire non soltanto su singoli edifici, ma su ambiti di interesse storico più articolati, in una visione della tutela sempre più integrata e attenta al contesto territoriale.

Si elencano di seguito i compiti istituzionali della Soprintendenza attribuiti dal vigente D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. (Codice dei Beni culturali e del Paesaggio), e in parte delegati dalla competente Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici.

Verifica dell'interesse culturale dei beni immobili presenti sul territorio. Catalogazione dei Beni di interesse storico architettonico presenti sul territorio intesa

come operazione conoscitiva indispensabile per la formulazione di organiche azioni di tutela.

Attività ispettiva nel territorio di competenza, finalizzata alla verifica dello stato di conservazione dei beni immobili e della loro destinazione ad un uso compatibile con le esigenze di tutela.

Autorizzazione per interventi di edilizia, ai sensi dell'art. 21, su immobili dichiarati di interesse culturale o per i quali sia stato avviato il procedimento di dichiarazione di interesse.

Valutazione sulla compatibilità con le esigenza di tutela di interventi pubblici e privati soggetti a preventiva valutazione di impatto ambientale.

Imposizione di misure cautelari di inibizione o sospensione di interventi relativi a immobili dichiarati di interesse culturale o per i quali non sia ancora intervenuta la verifica o la dichiarazione di interesse culturale.

Imposizione di interventi conservativi sul patrimonio culturale o esecuzione dei medesimi in via sostitutiva.

Istruttoria per i contributi sulle spese sostenute per interventi conservativi e restauro su beni culturali.

Progettazione e direzione di interventi conservativi su immobili effettuati con finanziamenti statali.

Istruttoria per la predisposizione di tutela indiretta, (art. 45) volte ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni di interesse architettonico.

Autorizzazione in materia di collocamento di mezzi pubblicitari su edifici ed aree tutelate.

Ai sensi dell'art. 50 del Codice, gli interventi relativi al restauro o distacco di affreschi, stemmi tabernacoli e altri ornamenti di edifici, anche nel caso che appartengano a privati e non siano stati notificati, devono essere preventivamente autorizzati, a garanzia della loro integrità e loro conservazione.

Autorizzazione all'Alienazione alla permuta e alla costituzione di ipoteca. Acquisto in via di prelazione di beni culturali. Concessioni in uso di beni culturali

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Concessione per riprese e riproduzioni audiovisive e fotografiche di beni culturali. Stipula di accordi per la valorizzazione e la gestione di beni culturali.

All'interno della Soprintendenza, gli uffici svolgono il compito di fornire al pubblico una serie di servizi relativi ai beni immobili tutelati ai sensi del codice e in particolare: dati sulla situazione di vincoli o sulle schede di catalogo, sulle certificazioni per agevolazioni fiscali ai sensi del T.U.I.R, emanato con D.P.R. 917/86, così come modificato con D. Lgs.344/03, sui contributi statali previsti dagli artt.34,35,36 e 37 del Codice.

Attività

Il patrimonio culturale

Il patrimonio culturale nazionale è rappresentato da tutti quei beni aventi valore di civiltà ed è costituito sia dai beni culturali in senso stretto, come quelli di interesse storico, artistico, archeologico, etnoantropologico, archivistico, librario, ecc... sia dai beni paesaggistici intesi come espressione dei valori culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio. Il D.Lgs.42/2004 e s.m.i (Codice dei Beni Culturali) individua esplicitamente la tutela e la valorizzazione come le due fondamentali attività che concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.

La tutela

La tutela del patrimonio culturale è un valore riconosciuto dalla Costituzione italiana e si esercita, sulla base di una adeguata attività conoscitiva sui beni che lo rappresentano, attraverso specifiche attività volte a garantirne la protezione e la conservazione per assicurarne il godimento alla collettività. L'esercizio della tutela si svolge attraverso una serie di attività di tipo tecnico e amministrativo volte a regolare diritti e comportamenti inerenti il patrimonio culturale. Le funzioni statali vengono esercitate attraverso gli organi del Ministero per i beni e le attività culturali al fine di assicurare un esercizio unitario di tali funzioni su tutto il territorio nazionale e una conseguente efficacia della propria azione.

La valorizzazione

La valorizzazione, da attuarsi in forme compatibili con le prioritarie esigenze della tutela, consiste nell'attività diretta a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica. Le funzioni in materia di valorizzazione del patrimonio culturale vengono svolte attraverso la cooperazione tra lo Stato, le Regioni e gli altri enti territoriali entro limiti che sono individuati dallo stesso Codice.

Catalogazione

L'attività di catalogazione del patrimonio storico e architettonico è da considerarsi fondamentale per la generale attività di tutela, sia sotto il profilo della conoscenza delle opere e della programmazione degli interventi finalizzati alla conservazione delle stesse, sia perché le conoscenze sistematicamente organizzate offrono un valido supporto all'azione preventiva ed efficace contro le azioni criminose che colpiscono le testimonianze artistiche e culturali del nostro paese.

La catalogazione dei beni culturali, è disciplinata dall'art. 17 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004).

Per svolgere le campagne di catalogazione del patrimonio culturale sul territorio di propria competenza la Soprintendenza opera sulla base delle direttive dettate dall'istituto in collaborazione con l'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).

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L'Attività di Catalogazione

L'attività di catalogazione della Soprintendenza viene svolta ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 42/2004 "Codice dei beni culturali e del paesaggio", e consiste in una operazione conoscitiva indispensabile per ogni organica azione di tutela del patrimonio.

Presso la Soprintendenza è stato istituito l' Ufficio Catalogo Beni Architettonici

Restauro

Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 42/2004 es.m.i. - recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio" - sono state introdotte rilevanti novità rispetto alla disciplina previgente;

in particolare riguardo l'individuazione dei beni sottoposti a tutela, il codice ha stabilito specifici criteri per l'identificazione ed il riconoscimento dei beni facenti parte del patrimonio culturale, con distinzione tra cose appartenenti a soggetti pubblici e a soggetti privati;

ha introdotto le nozioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale medesimo ed ha razionalizzato la materia dei controlli sui lavori aventi ad oggetto beni culturali.

Nell'ambito di tale rinnovato contesto normativo la Soprintendenza promuove interventi di carattere conservativo in materia di beni architettonici - compresi i dipinti murali e gli apparati plastici - che interessano capillarmente l'intera area territoriale, con un sistema di garanzia finanziaria che va dal contributo all'intervento in diretta amministrazione.

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio all'art. 29 definisce:

prevenzione il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto;

manutenzione il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti;

restauro l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.

La Soprintendenza, attraverso le proprie Unità Organiche Territoriali, svolge una coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro del patrimonio di competenza.

Il programma di restauro, ha carattere pluriennale e viene formulato sulla base di urgenze conservative riscontrate nei vari sopralluoghi effettuati nel territorio. Esso si esplica pertanto sia in lavori "in diretta amministrazione" condotti da funzionari e tecnici interni ma eseguiti materialmente da ditte di restauro esterne, che in interventi di restauro realizzati su iniziativa dei proprietari dei beni, sotto l'Alta Sorveglianza della Soprintendenza. Per quanto attiene questi ultimi, la Soprintendenza esprime, attraverso il funzionario responsabile del territorio, pareri tecnici sulla conduzione del restauro.

In applicazione dell'art. 21 comma 4 del D.Lgs. 42/2004, la Soprintendenza rilascia le autorizzazioni prescritte per l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni dichiarati di interesse culturale. Ai sensi del comma 5 del citato articolo l'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Il Ministero ha facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario

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per l'esecuzione degli interventi, per un ammontare non superiore alla metà della stessa; il contributo è erogato a lavori ultimati e collaudati (articoli 35 e 36 D.Lgs. n. 42/04).

L'attività di restauro

Per quanto l'attività di tutela si esplichi soprattutto attraverso il quotidiano impegno in azioni di prevenzione e manutenzione, per meglio esemplificare l'operato dell'Istituto, questa sezione presenta una sintesi di alcuni degli interventi di restauro in corso o conclusisi per lo più relativi a beni dello Stato, per i quali la progettazione e l'esecuzione dell'intervento è ricaduta direttamente sull'Amministrazione.

Verifica e dichiarazione di interesse

Procedimento di prescrizione di tutela

Per quanto concerne l'apposizione delle prescrizioni di tutela la normativa prevede due distinte procedure per i beni appartenenti a soggetti pubblici o privati.

Nel caso di beni di proprietà di regioni, province, comuni, altri enti pubblici e delle persone giuridiche private senza scopi di lucro (art.10 comma 1 del del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i.), il codice prevede la specifica procedura della verifica di interesse culturale, di cui all'art.12, nel caso di beni appartenenti ai privati l'apposizione del "vincolo" discende dalla dichiarazione di interesse culturale di cui all'art.13 del suddetto decreto.

La verifica dell'interesse culturale

Con l'entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio è stata introdotta la norma che prevede l'accertamento specifico dell'interesse storico-artistico del bene. Nello specifico l'art. 12 del D. L.gs 42/2004 e s.m.i. prevede che le cose mobili ed immobili appartenenti ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza scopo di lucro, che rivestano interesse artistico, storico, ecc., risalgano ad oltre cinquant'anni e siano di autore non più vivente, vengano sottoposte ad un apposito procedimento di verifica, volto ad accertare la sussistenza o meno di detto interesse. La Soprintendenza procede all'istruttoria della verifica sulla base della richiesta presentata all'ente proprietario allegando la scheda compilata sulla base delle direttive del Ministero.

La verifica si conclude con un provvedimento della Direzione regionale per i Beni Culturali e paesaggistici competente.

La Dichiarazione di interesse culturale per i beni di proprietà privata.

L'attuale D. Lgs. 42/2004 utilizza la dizione "dichiarazione di interesse culturale" per definire la procedura atta a riconoscere, dal punto di vista legislativo e fiscale, la valenza storico culturale di un determinato bene immobile e quindi da sottoporre alle adeguate prescrizioni di tutela. Il decreto con il quale si appone il vincolo, riconoscere il particolare interesse culturale insito nel bene che è emesso dalla Direzione Regionale. ( per la procedura si veda a pag…)

Autorizzazione ai lavori

Il Codice individua alcune forme di intervento sui beni culturali che sono vietate in termini assoluti: la distruzione, il danneggiamento e l'uso non compatibile con il carattere storico-artistico- architettonico del bene oppure idoneo a recare pregiudizio alla sua conservazione (art. 20); inoltre subordina all'autorizzazione del Ministero la demolizione delle cose costituenti beni culturali anche con successiva ricostruzione (art. 21) Alla Soprintendenza è invece demandato il rilascio dell'autorizzazione per l'esecuzione di opere e

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lavori di qualsiasi genere sui beni culturali (art. 21, c. 4) previa presentazione di un progetto o di una descrizione tecnica delle attività proposte. (art. 21. c. 5)

I beni culturali soggetti ad autorizzazione sono quelli per i quali sia stata eseguita con esito positivo la verifica di interesse o per i quali sia stato emesso un provvedimento di dichiarazione di interesse.

Sono comunque sottoposti ad autorizzazione i beni culturali aventi più di cinquanta anni e di autori non viventi finchè non sia intervenuta la preventiva verifica di interesse. Per i lavori su beni culturali pubblici da eseguirsi a cura di amministrazione dello Stato, regioni, enti pubblici territoriali ed altri enti ed istituti pubblici è prevista la possibilità di esprimere l'autorizzazione attraverso accordi tra l'ente interessato e il Ministero (art. 24). La conferenza dei servizi è uno speciale procedimento volto ad accelerare l'iter procedurale per l'esecuzione di opere complesse nell'ambito del quale si giunge ad una intesa tra tutti gli enti interessati. L'autorizzazione del Soprintendente è rilasciata in quella sede (art. 25). La valutazione di impatto ambientale è anch'essa uno speciale procedimento, di competenza del Ministero per l'Ambiente, nel cui ambito la Soprintendenza deve verificare se l'opera progettata sia compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali essa è destinata ad incidere. (art. 26). Nelle situazioni di urgenza possono essere eseguiti gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato purché il proprietario dia immediata comunicazione alla Soprintendenza (art. 27).

Il Soprintendente ha facoltà di sospendere qualsiasi intervento sui beni culturali che sia eseguito senza autorizzazione o in difformità da essa (art. 28). L'esercizio di tale potere cautelare, oltre alla inibizione di lavori non ancora iniziati, può estendersi anche nei confronti di cose che non siano state ancora sottoposte a tutela ma che a giudizio del Soprintendente abbiano le caratteristiche per esserlo (art. 28. c.2). In tale ipotesi tuttavia è prevista la revoca dell'ordine del Soprintendente qualora non venga comunicato al destinatario del provvedimento l'avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione di interesse previsti dal Codice (art. 28, c.3). Qualora dall'esame degli atti le opere previste risultino incompatibili con l'edificio tutelato si comunicano i motivi ostativi ai sensi della legge n° 241/90 e s.m.i. in base al quale "entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate di documenti."

Autorizzazione ai lavori

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004) sancisce che l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. In applicazione dell'art. 21 comma 4 del citato codice, la Soprintendenza rilascia le autorizzazioni prescritte per l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni dichiarati di interesse culturale. Ai sensi del comma 5 dello stesso articolo l'autorizzazione è resa sulla base di un progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Con l'espressione "beni culturali" si intendono in questo caso e a termini di legge i beni per i quali sia intervenuta una dichiarazione dell'interesse culturale che, per quanto attiene le competenze dell'Istituto, può essere relativa sia i beni mobili che immobili; beni quindi "vincolati", sui quali il Ministero ha l'obbligo della vigilanza e che, in alcun modo, "possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione".

L'autorizzazione per interventi di edilizia è richiesta dal proprietario del bene culturale ed è rilasciata dal Soprintendente entro 120 giorni dalla richiesta (art. 22). Tale termine è sospeso se la Soprintendenza chiede chiarimenti o integrazioni progettuali oppure procede ad accertamenti di natura tecnica sul bene. Qualora gli interventi edilizi relativi a beni tutelati richiedano un'autorizzazione edilizia nelle forme semplificate previste dalla vigenti disposizioni urbanistiche, il richiedente deve produrre al

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Comune, all'atto della denuncia di inizio attività, la preventiva autorizzazione rilasciata dalla Soprintendenza corredata dal relativo progetto. Nei casi in cui si ricorra all'istituto della conferenza di servizi l'autorizzazione viene formalizzata con dichiarazione motivata, da acquisire al verbale della conferenza di servizi. Nel caso di opere sottoposte per legge a valutazione di impatto ambientale l'autorizzazione viene espressa dal Ministero in sede di concerto per la pronuncia di compatibilità ambientale sulla base del progetto definitivo. Le richieste di autorizzazione per lavori prevedono obbligatoriamente l'apposizione del bollo conformemente al dispositivo del D.P.R. 642/72 integrato dal D.P.R. 955/82, art. 3, relativo alle istanze presentate a un ufficio pubblico ai fini dell'emanazione di un provvedimento amministrativo.

Contributi e agevolazioni fiscali

L'importanza della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio culturale, al quale deve essere riconosciuto - a prescindere dall'appartenenza dei beni al privato o allo Stato ed enti pubblici - un interesse per la collettività, ha determinato il riconoscimento di particolari benefici fiscali sia a favore di coloro che sono tenuti direttamente alla manutenzione, protezione o restauro dei beni medesimi, sia a favore di coloro che, indirettamente, forniscono le risorse economiche necessarie.

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio stabilisce che, in linea generale, i soggetti pubblici e privati hanno l'obbligo di garantire la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza e che pertanto i conseguenti oneri finanziari per gli interventi conservativi sono posti a loro carico (art. 30). L'intervento di sostegno finanziario dello Stato attraverso i contributi costituisce pertanto un'eccezione che è rimessa a scelte tecnico-discrezionali compiute dell'Amministrazione. In particolari circostanze dunque gli oneri per interventi conservativi volontari o per quelli imposti, secondo le modalità e procedure previste dal Codice (artt. 32 - 33 ), possono essere posti, in tutto o in parte, a carico del Ministero che a tal fine può erogare contributi con le modalità e procedure previste dal Codice (artt. 34 - 37). Gli interventi conservativi volontari (art. 31) sono soggetti alla preventiva autorizzazione del Soprintendente che, in quella occasione, può accertare l'esistenza dei presupposti che consentono la contribuzione pubblica

I contributi erogabili sono costituiti da due differenti tipologie e seguono diverse procedure di erogazione:

Contributi in conto capitale. Consistono nel rimborso parziale o totale, a consuntivo, della spesa sostenuta dal beneficiario per gli interventi di conservazione ritenuti ammissibili. Contributi in conto interessi. Consistono nel pagamento degli interessi relativi a mutui accordati dagli istituti di credito per gli interventi di conservazione. Le r ich ie s t e d i Co n t r ib u t i v e n g o n o is t ru it e d a lla S o p r in t e n d e n za e t r a s m esse alla Direzione Regionale.

Contributi e agevolazioni fiscali

Il procedimento per l'erogazione del contributo per interventi volontari può essere avviato per iniziativa del beneficiario oppure della stessa Amministrazione; ma sempre con riferimento ad interventi conservativi inerenti beni di interesse culturale che siano stati sottoposti a preventiva autorizzazione del Soprintendente. In ogni caso, e dunque anche per gli interventi conservativi imposti, la Soprintendenza deve certificare la necessità della spesa e la sua congruità, d'intesa con l'Agenzia del Territorio. Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali il Soprintendente deve preventivamente accertare e attestare l'esistenza dei presupporti che consentono l'applicazione delle leggi di settore.

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Tutela indiretta

Il Codice prevede la possibilità di svolgere un'azione di tutela indiretta, a salvaguardia dei beni immobili che siano stati già riconosciuti di interesse culturale, indicando le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che ne sia messa in pericolo l'integrità, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro. (art 45).Con la formula "tutela indiretta" si intende, ai fini della protezione del patrimonio culturale, l'imposizione di limiti e condizioni all'utilizzo di cose che, prive di per sè di valore culturale e non soggette al regime di tutela, si trovano con i beni culturali in una particolare relazione. Attraverso l'imposizione di prescrizioni si determina una specie di asservimento finalizzato a garantire l'integrità del patrimonio stesso, consentendo in tal modo la piena attuazione dell'interesse pubblico.

Alienazione e prelazione

Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione di beni culturali devono essere obbligatoriamente denunciati al Ministero (art. 59). La denuncia è presentata al competente Soprintendente del luogo ove si trovano i beni. (art. 59, c. 2) e contiene:

I dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali, (affinché risulti che entrambe le parti siano consapevoli dei vincoli esistenti sulla "cosa" per effetto della dichiarazione di interesse culturale),

i dati identificativi dei beni; l'indicazione del luogo ove si trovano i beni; l'indicazione della natura e delle condizioni dell'atto di trasferimento; l'indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste

dall’art. 59, c. 4.

Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise. In caso di violazione dell'obbligo è previsto a carico del trasgressore l'irrogazione di sanzioni penali e amministrative. (art. 59, c. 5).Il Soprintendente ricevuta la denuncia di un atto soggetto a prelazione, lo comunica alla regione e agli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito si trova il bene (art. 62, c. 1); tali enti possono formulare al Ministero, entro trenta giorni, la proposta di prelazione (art. 62, c. 2); il Ministero, qualora decida di non esercitare la prelazione, lo comunica all'ente interessato e questi, assumendo i necessari impegni di spesa, acquisisce la proprietà del bene (art. 62, c. 3). La competenza è rimessa in capo della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici terriotorialmente competente che provvede su parere della Soprintendenza, della regione o degli altri enti pubblici territoriali. Nel caso la proposta provenga da un ente territoriale, la Direzione Regionale comunica la rinuncia da parte dello Stato. La Direzione Regionale formula inoltre alla Direzione Generale competente per materia la proposta alla rinuncia alla prelazione. Qualora il Ministero eserciti il diritto di prelazione su parte delle cose alienate, è fatta salva la facoltà dell'acquirente di recedere dal contratto.

Tutela paesaggistica

Il Codice dei Beni Culturali, nella parte terza, definisce il paesaggio come "parte omogenea del territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche interrelazioni" (art. 131) e sottolinea il ruolo imprescindibile della cooperazione tra le amministrazioni pubbliche al fine di pervenire ad "una definizione congiunta degli indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi" (art.132). Il controllo e la gestione dei beni soggetti a tutela sono definiti dall'art. 146 del Codice.

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Con il D.P.R. 9 luglio 2010 n 139 è stato definito il regolamento recante procedimento Semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'art. 146, c. 9 del del Codice.

Progetti e iniziative culturali

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio identifica tra gli obiettivi del Ministero quello di realizzare, promuovere e sostenere, anche con il concorso delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali e delle università, ricerche, studi ed altre iniziative culturali riconducibili ad attività conoscitive aventi per oggetto il patrimonio culturale (art. 118). Inoltre, al fine di garantire l'attuazione e quindi la diffusione dei risultati di tali studi e ricerche (come pure di altre attività, compresa la catalogazione), la Soprintendenza può stipulare accordi con altri soggetti pubblici e privati.

Come si svolge la procedura per ottenere il nulla osta all’alienabilità Al fine di ottenere il nulla osta all’alienabilità dei beni immobili di proprietà dello Stato e

degli Enti, conferenti gli stessi ai Fondi, ed ai sensi di quanto previsto dal cosiddetto ”Codice Urbani” la verifica e la concessione del nulla osta relativo da parte del MIBAC è necessario per tutti gli immobili ‘’con età di costruzione superiore a 70 anni e costruiti da autore non più vivente’’.

Infatti si considera l’immobile “liberamente alienabile a terzi” solo ad esito al procedimento di verifica che prevede:

• pronuncia sulla sussistenza o meno dell’interesse culturale da parte delle sovrintendenze territorialmente competenti;

• libera alienazione, sempre da parte delle sovrintendenze territorialmente competenti; • eventuale esercizio di prelazione, per i soli immobili tutelati, ad opera delle

sovrintendenze competenti territorialmente. Il fascicolo da inviare al MIBAC per acquisire il parere delle strutture territorialmente competenti (Direzioni Regionali e ove necessario le Sovraintendenze) deve contenere le seguenti informazioni:

1) Natura del bene (fabbricato; unità immobiliare; elemento architettonico; manufatto;

giardino o parco); 2) Denominazione del bene (denominazione corrente utilizzata per identificare il bene); 3) Riferimenti catastali (foglio, particella, subalterno); 4) Localizzazione (indirizzo, cap); 5) Destinazione d’uso attuale (commerciale, residenziali, terziario); Precedenti valutazioni

di interesse culturale (nessuna; valutazione positiva: art. 3 del DPR n. 283/2000, art. 1 L. n. 410/2002; valutazione negativa: art. 3 del DPR n. 283/2000, art. 1 L. n. 410/2002);

6) Documentazione fotografica (allegare per ogni bene tra un minimo di 10 e un massimo di 20 fotografie digitali in formato JPG definizione 800x600 pixel; ogni foto deve essere corredata da una didascalia (campo di testo);

7) Stralcio planimetrico: allegare per ogni bene, lo stralcio della planimetria catastale, in formato raster (JPG) definizione 1500 x1000;

8) Periodo di realizzazione (anno di costruzione); 9 ) Breve descrizione morfologica e tipologica (descrizione sintetica della struttura fisica, della tipologia architettonica e degli elementi architettonici e costruttivi maggiormente significativi del bene); 10) Presenza di elementi decorativi di pregio interni o esterni (nessun elemento, affresco, stemma, graffito, lapide, iscrizione, tabernacolo, elementi ornamentali).

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8. Il Federalismo Demaniale L’art.56 bis del DL del Fare convertito con L. n. 98/2013

La norma riavvia il processo di trasferimento dei beni demaniali agli Enti locali e territoriali, già previsto dall’articolo 5, comma 1, lett. e) e comma 4 del DLgs n.85/2010, disciplinante il cosiddetto Federalismo demaniale, ed al contempo ridefinendo tempi e modalità nonché l’ambito soggettivo di applicazione della norma medesima.

Ambito soggettivo (comma 1) Sono esclusi dal trasferimento : 1. I beni in uso per finalità dello Stato o per quelle di cui all'articolo 2, comma 222, della

legge 23 dicembre 2009, n. 1915, ovvero i beni inseriti ed avviati ai piani di razionalizzazione;

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222. A decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale: a) del loro fabbisogno di spazio allocativo; b) delle superfici da esse occupate non più necessarie. Le predette amministrazioni comunicano altresì all’Agenzia del demanio, entro il 31 marzo 2011, le istruttorie in corso per reperire immobili in locazione. L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui agli articoli 1, commi 204 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni: a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi comuni d’investimento immobiliare di cui all’ articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni; b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, ai sensi dell’ articolo 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato; c) rilascia alle predette amministrazioni il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione ovvero al rinnovo di quelli in scadenza, ancorché sottoscritti dall'Agenzia del demanio. È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle

2. i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l'uso per le finalità istituzionali; 3. I beni per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione ai sensi dell’articolo 33, DL

n. 98/2011.

La verifica di esclusione dei beni è periodicamente effettuata in coordinamento con l’ADD che rileverà la presenza di un bene in una delle liste/procedure/finalità indicate dalla norma.

Procedura per l’acquisizione della proprietà (comma 2)

Le richieste per acquisire la proprietà dei beni sono trasmesse da Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, sono presentate dal l° settembre 2013 al 30 novembre 2013 all’ADD, secondo le modalità tecniche da definirsi.

La richiesta presentata dall’Ente deve: 1. identificare il bene; 2. specificare le finalità di utilizzo, 3. indicare le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo.

La previsione/quantificazione delle risorse sarà effettuata tenendo conto di tre fattori: 1. lo stato manutentivo del bene; 2. le finalità di utilizzo; 3. la possibilità di attivare forme di partenariato pubblico privato.

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predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le predette amministrazioni adempiono i contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso e la custodia degli immobili assunti in locazione. Le medesime amministrazioni hanno l'obbligo di comunicare all'Agenzia del demanio, entro 30 giorni dalla data di stipula, l'avvenuta sottoscrizione del contratto di locazione e di trasmettere alla stessa Agenzia copia del contratto annotato degli estremi di registrazione presso il competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate. Per le finalità di cui al citato articolo 1, commi 204 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, e successive modificazioni, le predette amministrazioni comunicano all’Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2010 l’elenco dei beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo. Sulla base di tali comunicazioni l’Agenzia del demanio elabora un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro. A decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammontare dei relativi oneri. Gli stanziamenti alle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all'Agenzia del demanio, fermi restando i limiti stabiliti dall'articolo 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tutte le amministrazioni pubbliche di cui al citato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, che utilizzano o detengono, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà dei medesimi soggetti pubblici, trasmettono al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro l’elenco identificativo dei predetti beni ai fini della redazione del rendiconto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato. Entro il 31 luglio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco, le amministrazioni di cui al citato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano le eventuali variazioni intervenute. Qualora emerga l’esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell’Agenzia del demanio, gli stessi rientrano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione e di trasmissione, l'Agenzia del demanio e il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne effettuano la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza. Gli enti di previdenza inclusi tra le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, effettuano entro il 31 dicembre 2010 un censimento degli immobili di loro proprietà, con specifica indicazione degli immobili strumentali e di quelli in godimento a terzi. La ricognizione è effettuata con le modalità previste con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del demanio sono stabilite le modalità delle

comunicazioni e delle trasmissioni previste dal presente comma. (7) (99) (100)

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L’ADD comunica l’esito della sua verifica all’ENTE entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta e se positivo, procede al trasferimento con proprio successivo provvedimento; in caso contrario, saranno comunicati i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta, a cui l’Ente potrà fare seguito, nel termine di 30 giorni, presentando nuova richiesta unitamente ad elementi e documenti idonei al fine di superare i motivi ostativi rappresentati dall’ Agenzia del Demanio.

Beni in uso alle Amministrazioni pubbliche (Comma 3)

Possono essere oggetto di richiesta anche i beni assegnati in uso alle amministrazioni pubbliche; in tale circostanza l’ADD ha l’onere di sentire le amministrazioni interessate per acquisire, entro il termine perentorio di 30 giorni, la conferma della permanenza o meno delle esigenze istituzionali. Se le Amministrazioni non confermano, entro i 30 giorni, la permanenza delle esigenze istituzionali, l'Agenzia, nei successivi 30 giorni, verifica con le altre Amministrazioni la possibilità di inserire il bene nei piani di razionalizzazione di cui all’art 2, commi 222, 222-bis e 222-ter, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Accertato che l'immobile non assolve ad altre esigenze statali, la domanda è accolta e si procede al trasferimento del bene con successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia del demanio. In caso di conferma da parte dell'Amministrazione, l'Agenzia comunica all'ente richiedente i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta.

Principio di sussidiarietà e territorialità (comma 4)

Nel caso in cui per il medesimo immobile siano presentate più richieste da parte di più livelli di governo territoriale, il bene sarà attribuito, in virtù del principio di sussidiarietà e di territorialità, in via prioritaria ai Comuni e alle Città metropolitane e solo successivamente alle Province ed alle Regioni. Tale principio non si applica se il bene/i sono già in uso ad un Ente, in detta circostanza il bene è attribuito prioritariamente all’Ente utilizzatore.

Monitoraggio (comma 5) A partire dal terzo anno successivo al trasferimento, è avviato un monitoraggio, a cura dell’ADD, sull’utilizzo o meno da parte dell’Ente dell’immobile ad esso trasferito; ove il bene risultasse non utilizzato rientrerà in proprietà allo Stato, per la sua migliore utilizzazione.

Efficacia del trasferimento (comma 6) Il trasferimento della proprietà in capo all’Ente ha efficacia dalla data di sottoscrizione dell’atto formale; l’Ente subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi afferenti il bene trasferitogli. I beni trasferiti pertanto entrano a far parte, con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, del patrimonio disponibile degli Enti territoriali e locali.

Riduzione dei trasferimenti (comma 7)

Sulla base di quanto già disciplinato dal Dlgs. 85/2010 è prevista la riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà i beni immobili utilizzati a titolo oneroso. Detta riduzione sarà di misura pari alla riduzione delle entrate spettanti all’Erario in conseguenza del trasferimento degli immobili agli Enti. Con decreto del ministro dell’economia saranno determinati i predetti importi. L’Agenzia delle entrate, non sia stato possibile recuperare integralmente le minori entrate pe lo Stato, procederà al recupero di tali somme, a valere sui tributi spettanti all’ente, e se non sufficienti, quest’ultimo dovrà effettuare un versamento all’entrata del bilancio dello Stato.

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Uso gratuito degli immobili (comma 8)

Gli Enti che hanno acquisiti in proprietà gli immobili hanno l’obbligo di assicurare l’uso dei medesimi a titolo gratuito allo Stato fintanto che ne persistano le esigenze allocative.

Deroga (comma 9) Le disposizioni introdotte dall’art. 56 bis non si applicano alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Modifiche al comma 8 – ter del DL 98/2011 ( comma 12)

E’ modificato l’articolo 33, comma 8-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, che prevedeva un meccanismo differente di attuazione del federalismo demaniale, in particolare a) il quinto periodo è abrogato. b) al sesto periodo le parole: «, nonché l’attribuzione agli Enti territoriali delle quote dei fondi, nel rispetto della ripartizione e per le finalità previste dall’articolo 9 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, limitatamente ai beni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera e), sopra richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti fondi immobiliari. » sono soppresse.

8-ter. Allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico il Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, con le modalità di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, la costituzione di uno o più fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e destinate al pagamento dei debiti dello Stato; a tale ultimo fine i corrispettivi possono essere riassegnati al Fondo speciale per reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e al Fondo speciale per la reiscrizione dei residui perenti in conto capitale, ovvero possono essere utilizzati per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla determinazione delle percentuali di riparto tra le finalità indicate nel presente comma. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono deliberare il trasferimento o il conferimento a tali fondi di immobili di proprietà. I decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4 del citato decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità di concertazione con le competenti strutture tecniche dei diversi livelli di governo territoriale interessati. Ai fondi di cui al presente comma possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 con le modalità ivi previste, ovvero con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all'obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. Tale delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili con le strategie di trasformazione urbana. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle Regioni e degli Enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento.

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I fondi ex art. 33 Al fine della riduzione del debito pubblico, il legislatore ha previsto che gli immobili pubblici possono giocare una parte importante, seppur nel medio-lungo periodo. A tal fine si veda l’art. 23 ter del Decreto sulla Spending Review dedicato alla Valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici nel quale è confluito l’art. 2 del D.L. n. 87/2012 non convertito. Tale disposizione interviene nuovamente sull’art. 33 del D.L. 98/2011 introducendo ex novo il comma 8 ter. In particolare, il Ministero dell’economia e delle finanze, attraverso la costituita società di gestione del risparmio a partecipazione pubblica totalitaria, promuove la costituzione di uno o più fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari.

Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze devono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e destinate al pagamento dei debiti dello Stato.

Negli stessi fondi, sono conferibili beni pubblici da parte di Regioni ed Enti locali, trasferibili ai

sensi del decreto legislativo sul federalismo demaniale7, o da parte dei fondi immobiliari locali o con apposita deliberazione, anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle Regioni e degli Enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento.

Note di attenzione Il perimetro del patrimonio immobiliare pubblico è esteso a tutta la Pubblica Amministrazione cui si sommano le società a partecipazione pubblica e società a partecipazione degli enti locali o da essi promosse. Per patrimonio immobiliare, è pertanto da intendere quello disponibile dello Stato e degli Enti locali, nonché quello in uso alla Difesa non più funzionale alle sue attività, e quello degli Enti previdenziali pubblici.

Le modifiche apportate hanno integrato l’originaria formulazione dell’articolo 33 del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 983, con lo scopo di dotare la costituenda SGR del MEF, di una maggiore operatività, massimizzando l’efficacia degli strumenti finanziari gia` normati ed implementando il sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di conseguire la riduzione del debito pubblico e di liberare risorse economiche a favore degli enti territoriali. Il meccanismo configurato, connesso alle esigenze di riduzione del debito pubblico subordina la dismissione degli immobili al completamento del processo di valorizzazione attraverso lo strumento urbanistico, al fine di consentire il collocamento dei beni sul mercato a valori ampiamente superiori rispetto a quelli legati all’attuale stato in cui i medesimi versano. L’obiettivo è, da un lato di massimizzare le entrate e dall’altro di assicurare un uso economico e produttivo del patrimonio pubblico, contribuendo al rilancio dell’economia. In tal senso si è inteso promuovere un’ unitaria e sinergica operazione di valorizzazione e messa a reddito dei patrimoni immobiliari pubblici, siano essi di proprieta` dello Stato, che degli enti territoriali ovvero di societa` interamente partecipate dai predetti soggetti.

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In virtù del D.lgs. n. 85/2010, in particolare, possono essere trasferiti o conferiti ai fondi della SGR del MEF i beni valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’art. 5, comma 1 lett. e) del decreto legislativo sul federalismo demaniale, individuati dall’Agenzia del Demanio e a seguito di apposita manifestazione, da parte dei competenti organi degli Enti interessati, della volontà di valorizzazione. L’attribuzione agli Enti territoriali delle quote dei fondi immobiliari a cui sono conferiti i beni deve avvenire con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze nel rispetto della seguente finalità delle risorse: 25% al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e il 75% come proventi a favore dell’Ente destinati alla riduzione del debito dell’Ente stesso o, per la parte eccedente, per le spese di investimento.

Oggetto di apporto al Fondo/i promosso/i dalla SGR del MEF puo` ricomprendere anche l’inserimento degli immobili valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, a seguito dell’individuazione a cura dell’Agenzia del demanio e della relativa manifestazione di interesse da parte dei competenti organi degli enti interessati. Il meccanismo introdotto dalla norma mira a porre in essere un meccanismo semplificato del processo di devoluzione la cui procedura è definita dall’articolo 5 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, ma ispirandosi ai princıpi ivi previsti,. L’attivita` di valorizzazione della societa` di gestione del risparmio (SGR), che affidera` la gestione di portafogli ad operatori privati, potra` generare ulteriore valore grazie alle attivita` di trasformazione edilizia, che porterebbe il valore di conferimento anche a triplicare. Per il raggiungimento della finalita` della norma introduce, altresı`, per gli enti territoriali e per le societa` interamente partecipate dai medesimi, la possibilita` di conferire agli istituendi fondi beni di proprieta`, seguendo le procedure dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. Si intende creare in questo modo un processo dinamico che, considerata la tempistica necessaria per la valorizzazione dei diversi asset di proprieta` pubblica, sara` volto ad assorbire nel tempo il portafoglio di proprieta` delle pubbliche amministrazioni; nell’ambito di tale portafoglio andranno individuati i beni non utilizzati per finalita` istituzionali, suscettibili di valorizzazione, da destinare alla presente operazione. La norma esclude espressamente dalla procedura gli immobili utilizzati per finalita` istituzionali. Tanto, in ragione del fatto che la previsione di un eventuale trasferimento di detti beni ai fondi, determinerebbe effetti pregiudizievoli in termini di finanza pubblica, generando costi ascrivibili a locazioni passive. In proposito giova richiamare l’attenzione sulla circostanza che sebbene la norma in esame non riguardi i beni immobili utilizzati, detti beni possono essere oggetto delle operazioni disciplinate dall’articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183. La proposta estende, inoltre, ai fondi ivi introdotti la previsione che l’apporto dei beni sia sospensivamente condizionato al completamento delle procedure di valorizzazione e regolarizzazione degli stessi. Inoltre, con riferimento agli apporti operati a cura degli enti territoriali ai fondi introdotti con la norma in esame è prevista: l’emissione in favore degli enti medesimi di quote per un ammontare pari al 75 per cento del valore di apporto dei beni compatibilmente con la pianificazione economico- finanziaria dei fondi da parte della SGR; – l’erogazione agli enti medesimi, per il restante valore, di un corrispettivo in denaro. Al fine di dare certezza al processo normato, la proposta in esame prevede per i necessari adempimenti una congrua tempistica.

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9. Giurisprudenza

La presente sezione è aggiornata con alcune tra le sentenze ed i pareri espressi aventi anche funzione di indirizzo in materia di gestione ed alienazione del patrimonio pubblico con riferimento anche alla destinazione delle risorse rivenienti dalla sua dismissione.

Novità in tema di processo di esecuzione forzata e, più in particolare, di espropriazione forzata.

Il decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, ha riformato in profondità tutto il processo civile: non si è limitato alla cd. “degiurisdizionalizzazione”, ma ha introdotto molte rilevanti novità anche in tema di processo di esecuzione forzata e, più in particolare, di espropriazione forzata.

Quest'ultimo, teso ad attuare la responsabilità patrimoniale del debitore, è quello che deve essere utilizzato dal creditore, munito di un titolo esecutivo, per ottenere concreta soddisfazione del proprio diritto avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro.

In estrema sintesi l'espropriazione forzata si articola in tre fasi: I. pignoramento di alcuni beni che compongono il patrimonio del debitore, cioè loro esatta individuazione e loro destinazione alla soddisfazione dei creditori; II. vendita forzata, cioè stima del valore del bene, offerta al pubblico del bene ed individuazione di un acquirente; III. distribuzione del prezzo pagato da questi tra i creditori concorrenti. Tra l'altro, il Dl n. 132 ha introdotto due novità relative alla seconda fase della vendita forzata.

1. La prima, riguardante soltanto l'espropriazione forzata immobiliare, ha limitato la possibilità di disporre la vendita all'incanto. Quando il creditore procedente abbia pignorato dei diritti reali immobiliari (proprietà, usufrutto o nuda proprietà su terreni o edifici), il giudice deve, innanzi tutto, cercare di liquidare i beni attraverso una vendita “senza incanto”, cioè dando termine ai possibili interessati di avanzare delle offerte in busta chiusa.

L'offerta presentata che supera di almeno il 20% il prezzo base (fissato sulla base della stima) è senz'altro accolta. In forza del Dl n. 132, se ci sono offerte inferiori a tale valore, il giudice non può – come avveniva in passato – sempre disporre la vendita all'incanto (cioè con una gara pubblica in aumento), ma soltanto se ritiene probabile che l'incanto si possa concludere con l'aggiudicazione a un prezzo di almeno il 50% superiore rispetto a quello base. Questa riforma consentirà l'accelerazione della fase della vendita forzata nelle espropriazioni immobiliari.

2. La seconda novità introduce una generale previsione di conclusione anticipata del procedimento per sua “infruttuosità” con l’intento di limitare i tempi, nell’ambito di tutti i tipi di espropriazione (non soltanto immobiliare, ma anche mobiliare, di veicoli e di crediti). Ai sensi del nuovo art. 164-bis disp. att. c.p.c., “se risulta che non è più possibile

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conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”, il giudice dell'esecuzione deve disporre la chiusura del processo esecutivo. E' una disposizione che non soltanto priva di tutela i creditori, ma che pone a loro carico, senza alcuna possibilità di rivalsa, tutte le spese (anche consistenti nel caso di pignoramento immobiliare) della procedura anticipate.

Bonifica dei terreni, responsabilità limitata per l'inquinamento del terzo

Corte Ue - Sentenza 4 marzo 2015 - Causa C-534/13

In materia di obblighi ambientali del proprietario non responsabile dell’inquinamento, la Corte di Giustizia (sentenza del 4 marzo 2015) ha ritenuto che i principi comunitari non ostano ad una normativa nazionale come quella italiana, “la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi”. La Corte ha così confermato l’interpretazione proposta dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con l’ordinanza (di rinvio pregiudiziale) n. 21/2013, secondo la quale: (i) il proprietario è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione – ovvero "le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia"; (ii) gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione; (iii) se il responsabile non sia individuabile o non provveda, gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall'amministrazione competente; (iv) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l'altro l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi; (v) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare.

Accordo di Programma: le convenzioni accessive all’accordo costituiscono

strumenti di attuazione e rivestono carattere negoziale a valenza pubblicistica

Sez. IV del 3.3.2015

L’accordo di programma, per consolidata giurisprudenza, riveste la natura di atto di pianificazione

programmazione urbanistica volto alla riqualificazione di aree a mezzo di una disciplina

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sostanzialmente concordata tra i firmatari dell’atto stesso (cfr Cons. Stato Sez. IV 22/5/2008n.

2470). Sempre secondo un ben noto orientamento giurisprudenziale le convenzioni accessive

all’accordo costituiscono strumenti di attuazione, rivestono carattere negoziale a valenza

pubblicistica (cfr Cons. Stato Sez. IV 19/2/2008 n. 535; idem 19/5/2003 n. 5152) e sono quindi

soggette alla disciplina di diritto pubblico degli accordi ex art.11 della legge n.2412/90 (cfr Cons.

Stato Sez. IV 13/1/2005 n. 222).Detto ciò, parte appellante con i ricorsi di primo e secondo

grado ha in concreto invocato la disapplicazione della convenzione accessoria, perché, a suo dire,

in contrasto (o comunque di diverso contenuto per la parte che interessa) con l’accordo di

programma che prevede la cessione di tutte le aree relative alla urbanizzazione primaria e

secondaria di pertinenza comunale. Ma se così è, una siffatta pretesa fatta valere solo ora, senza

la tempestiva impugnazione degli atti qualificativi degli interessi giuridicamente tutelabili insorti

in capo alla medesima, si rivela improponibile sotto il profilo processuale e anche sotto quello di

diritto sostanziale. La vicenda all’esame va dunque inquadrata in un contesto regolamentare ben

preciso, quello caratterizzato da una disciplina di carattere pubblicistico che vede a monte

l’accordo di programma e via via la convenzione accessiva e, a valle, la concessione edilizia,

quale titolo in cui vengono trasfuse le prescrizioni recate dalla convenzione. In questo ambito

giuridico la società risulta titolare unicamente di un interesse legittimo alla regolarità degli atti di

pianificazione territoriale a vario titolo e livello intervenuti nella fattispecie; il che se da un lato

non disattende la legittimazione ad agire, dall’altro lato delimita inequivocabilmente le modalità e

i tempi di contestazione giudiziale delle prescrizioni recate in detti atti, ritenute lesive degli

interessi della stessa società. Il che sta a significare che la Società avrebbe dovuto

tempestivamente impugnare gli atti in questione in parte qua, per arrestarne l’effetto

concretamente lesivo, non essendo concepibile accertare a notevole distanza di tempo effetti

disapplicativi di atti e provvedimenti contestabili innanzi al giudice amministrativo (cfr Cons.

Stato Sez. IV 10/2/2010n.1477) e ciò anche con specifico riferimento alle obbligazioni derivanti

dalla convenzione che una volta trascritta ha conferito efficacia reale agli impegni assunti dal

soggetto attuatore.

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Pronunciamento in ordine alla variazione degli estimi catastali Corte di Cassazione Se. VI Civile Ordinanza sul ricorso 15947-2012 proposto da:

R.D.T.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell'avvocato RAPPAZZO ANTONIO, rappresentato e difeso dagli avvocati DI FIORE MICHELE, FIORENTINO STEFANO giusta procura speciale alle liti per atto Notaio Giuseppe Cioffi di Acerra del 25/10/2013, rep. n. 45121 in atti;

- ricorrente

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO avverso la sentenza n. 159/2011 della COMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 4/05/2011, depositata il 17/05/2011;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione Ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il relatore cons. Dott. CARACCIOLO Giuseppe, letti gli atti depositati.

Osserva:

La CTR di Napoli ha accolto l'appello dell'Agenzia del territorio - appello proposto contro la sentenza n. 89/22/2009 della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso del contribuente R.d.T. M.R. - ed ha così confermato l'avviso di classamento di unità immobiliare urbana, recante aumento della rendita catastale.

La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso di ritenere esente da vizi l'atto di classamento, sia per ciò che concerne la censurata carenza di motivazione, sia per ciò che concerne il mancato rispetto dell'onere probatorio a carico dell'Ufficio. In specie, per ciò che concerne la lamentata carenza di motivazione doveva farsi applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'obbligo di motivazione dell'avviso è rispettato quanto l'atto vale a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa, sicchè è necessario e sufficiente che l'avviso indichi il maggior valore accertato, con riserva alla fase contenziosa dell'onere dell'Ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa. Considerato che - nella specie di causa - la attribuzione della rendita catastale all'immobile in considerazione appariva corrispondere alla corretta applicazione del criterio indicato dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, il provvedimento doveva essere

confermato. La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione

affidato a due motivi. L'Agenzia si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore- può essere

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definito ai sensi dell’ art. 375 del c.p.c. Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58) la ricorrente - dopo avere premesso che il menzionato della L. n. 662 del 1996, art. 58, prevede in particolare che il processo di riclassamento prende avvio su richiesta del comune, per le microzone individuate con apposito procedimento (individuazione che nella specie di causa mancava del tutto e perciò con violazione della ratio della legge, che imponeva una revisione parziale di determinati classamenti), previa verifica dell'esistenza dei presupposti da parte dell'Agenzia - censura la decisione (tra l'altro) per avere erroneamente omesso di considerare che "l'attribuzione della nuova rendita è astratta e fondata su mera ipotesi dell'Ufficio: troppo generici i parametri enunciati, comprese le infrastrutture, enfatizzate troppo ed anche impropriamente" ed omesso di considerare che manca ogni indicazione concreta sulla qualità e sullo stato degli immobili oggetto della variazione e dei luoghi circostanti l'immobile accertato.

Il ricorso merita di essere accolto.

Risulta dalla impugnata sentenza che l'avviso dell'Agenzia del Territorio appare conseguente alla richiesta del Comune di Napoli di provvedere alla verifica degli attuali classamenti ed all'eventuale assegnazione di nuovi classamenti, per una serie di fabbricati con classamento non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche; se ne può arguire che l'attribuzione di rendita è stata eseguita sulla base delle disposizioni, fondate sull'estimo comparativo, dettate dai R.D. 13 aprile 1939, n. 652 ... e dal D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, nonchè ai sensi di quanto previsto dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 11 maggio 1988, n. 154.

L'Agenzia aggiunge di avere effettuato il nuovo classamento tenendo conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici dell'immobile, delle sue caratteristiche edilizie e del fabbricato che lo comprende, anche attraverso un dettagliato esame delle mutate capacità reddituali degli immobili ricadenti nella stessa zona aventi analoghe caratteristiche tipologiche, costruttive e funzionali, nonchè della qualità urbana ed ambientale del contesto insediativo, che ha subito significativi miglioramenti a seguito dell'incremento delle infrastrutture urbane, riconoscendo però che la motivazione specifica del provvedimento era limitata all'enunciazione dei meri dati catastali.

Siffatta motivazione - diversamente da come è stato ritenuto dal giudice di merito - appare insufficiente a sorreggere adeguatamente il provvedimento di modifica del classamento.

Ed infatti non si può tralasciare di considerare che - recentemente:

Sent. n. 9629 del 13 giugno 2012, ma ricollegandosi ad un più antico orientamento che sembrava essere stato superato dall'indirizzo interpretativo valorizzato in questa sede dalla parte ricorrente: si veda, per tutte, Cass. Sez. 5^ civ., n. 25.2.2009, n. 4507 - la sezione quinta di questa Corte (provvedendo su casi del tutto analoghi a quello qui in esame) ha modificato il proprio orientamento sulla questione generale che costituisce nucleo logico essenziale anche della presente procedura, finendo con il ritenere che: "Quando procede all'attribuzione d'ufficio di un nuovo classamento ad un'unità immobiliare a destinazione ordinaria, l'Agenzia del Territorio deve specificare se tale mutato classamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dalla unità immobiliare in questione; oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona, in cui si colloca l'unità immobiliare.

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Nel primo caso, l'Agenzia deve indicare le trasformazioni edilizie intervenute. Nel secondo caso, deve indicare l'atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano; rendendo così possibile la conoscenza dei presupposti del riclassamento da parte del contribuente".

Alla luce di tale indirizzo interpretativo, specificamente riferito alla questione del necessario contenuto motivazionale dei provvedimenti del genere qui considerato, appare conseguente ritenere che - sul punto - il motivo di ricorso appare manifestamente fondato e la sentenza impugnata sia meritevole di cassazione. Consegue da ciò che la Corte potrà provvedere anche nel merito - accogliendo l'impugnazione del contribuente ed annullando l'avviso di classamento in questione - apparendo già dagli atti di causa che il predetto avviso non è rispettoso del principio di diritto dianzi trascritto e non essendoci esigenza di nuovi accertamenti di fatto.

Roma, 10 aprile 2013 Ritenuto inoltre:

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati

delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della integrale compensazione, atteso che l'esito del processo è correlato ad un indirizzo giurisprudenziale assestatosi dopo la proposizione del ricorso.

P.Q.M

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impositivo. Compensa tra le parti le spese del presente grado e dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2013.

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Principio dell’autonomia finanziaria : utilizzazione proventi da dismissione.

Corte Costituzionale Sentenza n. 63 ANNO 2013 Norme impugnate: Art. 66, c. 9°, secondo periodo, del decreto legge 24/01/2012, n.

1, convertito con modificazioni in legge 24/03/2012, n. 27.

Il vulnus al principio dell’autonomia finanziaria delle Regioni si configura per la ragione che la disposizione determina una indebita appropriazione, da parte dello Stato, di risorse appartenenti agli enti territoriali, in quanto realizzate attraverso la dismissione di beni di loro proprietà, e, con ciò, sottrae ad essi il potere di utilizzazione dei propri mezzi finanziari, che fa parte integrante di detta autonomia finanziaria, funzionale all’assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti territoriali sono chiamati a svolgere (tra le altre, sentenze n. 311 del 2012 e n. 237 del 2009), con conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost., assorbiti gli ulteriori profili di dedotta illegittimità costituzionale.

“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 66, comma 9, secondo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 23 maggio 2012, depositato in cancelleria il 29 maggio 2012 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 12 febbraio 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1 .― La Regione Veneto, con ricorso notificato il 23 maggio 2012 e depositato il successivo 29 maggio, ha impugnato, tra l’altro, l’articolo 66, comma 9, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, lamentando la lesione degli articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione, e del principio di leale collaborazione, in relazione agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a), e 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

La norma impugnata – osserva la ricorrente − dispone sulla utilizzazione delle risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, stabilendo

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che esse, al netto dei costi di dismissione, siano destinate dagli enti territoriali alla riduzione del debito pubblico, e, in assenza del debito ovvero per la parte eventualmente eccedente, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Detta norma afferisce alla materia del coordinamento della finanza pubblica, attribuita alla competenza legislativa concorrente della Regione, in relazione al quale spetta ad essa la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, terzo comma, Cost., e art. 2, comma 2, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42).

Ciò posto, ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata non si limiterebbe a porre principi, ossia criteri ed obiettivi che lascino alle Regioni un sufficiente spazio di manovra nella individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi, ma interverrebbe con previsioni specifiche ed auto applicative incidenti sull’autonomia di spesa della Regione, imponendo una specifica destinazione per le somme reperite per il tramite delle operazioni di dismissione. Sicché la denunciata lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost., si risolverebbe altresì in un contrasto con l’autonomia di spesa garantita dall’art. 119 Cost. e dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed ancora in un vulnus alla proprietà pubblica, con riferimento agli artt. 42 e 119, sesto comma, Cost., e 19 della predetta legge n. 42 del 2009.

Sotto un diverso profilo, la ricorrente censura la disposizione de qua per violazione dell’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 85 del 2010, che dà attuazione al predetto art. 19 della legge n. 42 del 2009, stabilendo che l’ente territoriale che riceva beni nell’interesse della collettività rappresentata è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale a vantaggio diretto o indiretto della medesima collettività territoriale rappresentata. Infatti, ad avviso della Regione Veneto, la previsione di cui all’art. 66, comma 9, relativa alla utilizzazione dei proventi della dismissione per alimentare il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, sottrae alle collettività territoriali, presso le quali si trova il bene dismesso, le risorse ottenute proprio attraverso la valorizzazione dello stesso.

I profili di illegittimità dedotti in riferimento alla lesione dell’autonomia normativa e finanziaria regionale determinerebbero, altresì, una compromissione della stessa potestà di esercizio autonomo delle funzioni amministrative, con ciò rivelando la lesività della disposizione impugnata rispetto all’art. 118 Cost.

Infine, la ricorrente lamenta che la disposizione impugnata, afferente ad una materia ricompresa nella competenza concorrente di Stato e Regioni, ed in cui vengono in giuoco la valorizzazione di beni propri degli enti territoriali e la destinazione delle risorse da questi derivanti, sia stata emanata in assenza di alcun confronto con le Regioni.

2 .― Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza del ricorso, osservando, per ciò che rileva nella presente sede, che la previsione di cui all’art. 66, comma 9, del decreto-legge n. 1 del 2012 costituisce un principio generale di coordinamento della finanza statale e locale.

3 .― Nell’imminenza della data fissata per la pubblica udienza la difesa della Regione Veneto ha depositato una memoria con la quale insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Considerato in diritto 1 .― La Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, tra cui l’articolo 66, comma 9 (rectius: 66, comma 9, secondo periodo), in

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riferimento agli articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, in relazione agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a), e 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

La trattazione delle questioni di legittimità costituzionale relative alla predetta disposizione viene qui separata da quella relativa alle altre questioni proposte con il medesimo ricorso, che viene riservata a separate pronunzie.

2 .― Nel quadro delle misure urgenti per la concorrenza e lo sviluppo introdotte dal citato decreto-legge n. 1 del 2012, si inserisce, sub articolo 66, la «dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola».

La correlativa disciplina – dettata, in primo luogo, per i terreni di proprietà dello Stato – è estesa ai beni di proprietà delle Regioni, Province e Comuni, con la previsione che detti enti «possono» alienarli, conferendo, all’uopo, mandato all’Agenzia del demanio, la quale «provvede al versamento agli enti territoriali già proprietari dei proventi derivanti dalla vendita al netto dei costi sostenuti e documentati» (art. 66, comma 7).

Siffatta destinazione obbligata delle risorse – che, secondo la ricorrente, dovrebbero invece rimanere nella libera disponibilità degli enti proprietari dei beni dismessi – contrasterebbe infatti, a suo avviso:

– con l’art. 117, terzo comma, e l’art. 119 Cost., in relazione agli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), della legge n. 42 del 2009, per avere lo Stato, in una materia di competenza legislativa concorrente quale quella del coordinamento della finanza pubblica, adottato previsioni specifiche e auto applicative incidenti sull’autonomia di spesa delle Regioni, anziché limitarsi a porre principi fondamentali, cioè criteri ed obiettivi che lascino alle stesse un sufficiente spazio di manovra nella individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi;

– con gli articoli 119, sesto comma, e 42 Cost., in relazione all’art. 19 della predetta legge n. 42 del 2009, per la lesione della proprietà pubblica derivante dalla utilizzazione dei proventi della dismissione dei beni di cui si tratta secondo le indicazioni dello Stato;

– ancora con l’art. 119, sesto comma, Cost., in relazione all’art. 19 della legge n. 42 del 2009 e all’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 85 del 2010, per avere, con l’imporre l’utilizzazione dei proventi della dismissione per alimentare il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, sottratto alle collettività territoriali presso le quali si trovano i beni dismessi le risorse ottenute proprio valorizzando questi ultimi;

– l’art. 118 Cost., per la compromissione della potestà di esercizio autonomo delle funzioni amministrative delle Regioni determinata dalla lesione della autonomia normativa e finanziaria delle stesse;

– il principio di leale collaborazione per essere stata emessa la disposizione censurata in assenza di un confronto con le Regioni pur in un ambito di competenza concorrente in cui sono in giuoco la valorizzazione dei beni propri degli enti territoriali e la destinazione delle risorse da questi derivanti.

3 .― Ai fini dello scrutinio di costituzionalità, la disposizione impugnata può scindersi in due profili che, rispettivamente, concernono:

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la destinazione delle risorse derivanti dalle operazioni di dismissioni dei beni dell’ente territoriale all’obiettivo di riduzione dei debiti dell’ente medesimo;

la destinazione di quelle risorse al Fondo per l’ammortamento dei titoli dello Stato «in assenza del debito [dell’ente territoriale] o per la parte eventualmente eccedente».

Alla questione sub b) – prospettata in termini di paventata «lesione della proprietà» (secondo la ricorrente, per effetto della disposizione censurata, «è come se i beni dismessi non fossero mai appartenuti alla Regione») è riferita propriamente la denuncia di contrasto della disposizione impugnata con i precetti di cui agli articoli 42 e 119, sesto comma della Costituzione, ed alle (per altro solo genericamente) richiamate norme interposte (art. 19 della legge n. 42 del 2009 sul cosiddetto federalismo fiscale e articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 85 del 2010, sul patrimonio degli enti territoriali).

Ad entrambi i profili precettivi della disposizione censurata si rivolge poi la denuncia di violazione degli altri parametri evocati.

4 .― La prima questione che in ordine logico viene in esame – quella, come detto, attinente alla destinazione obbligata delle risorse derivanti dalla dismissione all’obiettivo di riduzione del debito del medesimo ente territoriale proprietario del bene dismesso – non è fondata.

La correlazione funzionale − che l’art. 66, comma 9, del decreto-legge n. 1 del 2012 impone tra operazione di dismissione dei terreni demaniali, sia dello Stato che delle Regioni ed altri enti territoriali, e riduzione del debito rispettivo – risponde, infatti, proprio per tale complessiva estensione, ad una scelta di politica economica nazionale, adottata per far fronte alla eccezionale emergenza finanziaria che il Paese sta attraversando, e si pone, quindi, come espressione del perseguimento di un obiettivo di interesse generale in un quadro di necessario concorso anche delle autonomie al risanamento della finanza pubblica.

Si tratta, pertanto, di una disposizione che, per la sua finalità e per la proporzionalità al fine che intende perseguire, risulta espressiva di un principio fondamentale nella materia, di competenza concorrente, del coordinamento della finanza pubblica. E che, come tale, non è invasiva delle attribuzioni della Regione nella materia stessa, in quanto il finalismo della previsione normativa esclude che possa invocarsi – come fa la Regione − la logica della norma di dettaglio. Invero, una volta assunto l’obiettivo di carattere generale della riduzione dei debiti dei vari enti in funzione del risanamento della finanza pubblica attraverso la dismissione di determinati beni, l’imposizione del vincolo di destinazione appare mezzo necessario al suo raggiungimento.

E ciò tanto più se si considera che il comma 7 dell’art. 66, come fa manifesto il «può» in esso contenuto, lascia alle Regioni la facoltà di scegliere se procedere o meno alla riduzione del debito tramite le dismissioni dei beni di cui trattasi.

Tanto, dunque, esclude il contrasto con i precetti di cui agli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost., ed alle invocate norme interposte.

A sua volta, il vulnus – che la ricorrente sostiene arrecato dalla disposizione stessa agli articoli 42, 119, sesto comma, e 118 Cost., per l’asserita interferenza nei suoi poteri di disposizione ed esercizio di funzioni amministrative, relativi a propri beni − risulta insussistente, tenuto conto, da un lato, che la dismissione dei beni costituisce un atto che è adottato dagli enti territoriali in piena autonomia (comma 7 dell’art. 66 del decreto-legge n. 1 del 2012) e, dall’altro, che la previsione della destinazione delle risorse derivanti dalle dismissioni alla riduzione del debito dell’ente – esprimendo, come visto, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica − può legittimamente comportare una limitazione dell’autonomia amministrativa della Regione.

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Infine, quanto alla denunciata lesione del principio di leale collaborazione, la censura è del pari non fondata, atteso che l’esercizio della funzione legislativa non è soggetto alle procedure di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 100 del 2010, n. 284 e n. 225 del 2009).

5 .― È invece fondata la questione relativa alla disposizione in esame nella parte in cui essa prevede che gli enti territoriali, in assenza di debito o per la parte eventualmente eccedente, debbano destinare le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

Per questa parte, la norma impugnata si risolve, infatti, in una disciplina che, non essendo finalizzata ad assicurare l’esigenza del risanamento del debito degli enti territoriali e, quindi, non essendo correlata alla realizzazione del ricordato principio fondamentale, si risolve in una indebita ingerenza nell’autonomia della Regione.

ragione che la disposizione determina una indebita appropriazione, da parte dello Stato, di risorse appartenenti agli enti territoriali, in quanto realizzate attraverso la dismissione di beni di loro proprietà, e, con ciò, sottrae ad essi il potere di utilizzazione dei propri mezzi finanziari, che fa parte integrante di detta autonomia finanziaria, funzionale all’assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti territoriali sono chiamati a svolgere (tra le altre, sentenze n. 311 del 2012 e n. 237 del 2009), con conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost., assorbiti gli ulteriori profili di dedotta illegittimità costituzionale.

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto con il ricorso in epigrafe

1.dichiara l’ illegittimità costituzionale dell’art.66, comma 9, secondo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui prevede che gli enti territoriali, in assenza di debito pubblico, o per la parte eventualmente eccedente, debbano destinare le risorse derivanti delle operazioni di dismissione di cui ai commi precedenti al Fondo per l’ammortamento dei titolii di Stato;

2.dichiara non fondata la ulteriore questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 66, comma 9, secondo periodo, del decreto-legge n. 1 del 2012, sollevata, in riferimento agli articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, nonché in relazione agli articoli 1, comma 1, 2 comma 2, lettera a), e 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).”

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2013.

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Acquisti di immobili - Spending review

Parere della Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo per la Basilicata – Parere n.2/2013 (Deliberazione n.36/2013/PAR)

Il parere in rassegna ritiene che l’art. 12, D. L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011 n. 111, così come integrato dall’art. 1, co. 138, 1-quater, L. 24 dicembre 2012 n. 228, nel prevedere per l’anno 2013 il divieto per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva “(…) salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti (…)”, si applica anche al caso in cui l’ente locale, pur avendo deliberato l’acquisto prima del 31 dicembre 2012, non abbia ancora rogato a tale data l’atto di compravendita.

Parere

VISTO l’art. 100 della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni ed integrazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni;

VISTA la legge 11 novembre 2000, n. 340, ed in particolare l’art. 27; VISTO l’art. 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ed in particolare il comma 8;

VISTA la deliberazione n. 14/2000 in data 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, con la quale è stato deliberato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e successive modificazioni ed integrazioni;

VISTI gli indirizzi ed i criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004 e le successive modifiche ed integrazioni approvate con deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR nell’adunanza del 4 giugno 2009;

VISTO l’art. 17, comma 31, del decreto legge n. 78/2009 (convertito in legge 102/2009);

VISTA la delibera n. 54/CONTR/10 delle Sezioni Riunite in sede di controllo, depositata il 17 novembre 2010;

VISTA la richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Grumento Nova (PZ) con nota prot. n. 1450 del 13 febbraio 2013;

VISTA l’ordinanza del Presidente di questa Sezione regionale di controllo n. 10/2013 del 5 marzo 2013, con la quale è stata deferita la questione all’esame collegiale della Sezione per l’odierna seduta e con la quale è stato anche nominato relatore il Consigliere dott. Rocco Lotito;

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PREMESSO - che con nota prot. n. 1450 del 13 febbraio 2013 il Sindaco del comune di Grumento Nova ha esposto il seguente quesito:

«L’art. 1 comma 138 della Legge di stabilità 2013 ha sancito, per l’anno 2013, il divieto per gli Enti Locali di acquisire immobili.

Il Comune, nel dicembre 2012, ha deliberato di acquisire un immobile, ma l’atto di acquisto non è stato rogato entro il 31.12.2012.

Gli uffici sostengono che, non essendo la titolarità del diritto reale di proprietà trasferita al Comune (con il rogito), entro la fine dell’esercizio finanziario pregresso, con la normativa vigente non è possibile stipulare l’atto di compravendita. Ciò perché, a giudizio degli Uffici, la deliberazione Consiliare ha valenza di atto interno.

Lo scrivente chiede di conoscere se la tesi degli Uffici sia fondata, o se, avendo deliberato l’acquisto prima dell’entrata in vigore della Legge di stabilità 2013, sia ancora possibile rogare l’atto di compravendita»;

CONSIDERATO

- che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 ha abilitato le Regioni a richiedere ulteriori forme di collaborazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica;

- che, a termini della stessa disposizione, analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane; - che la previsione dell’inoltro delle richieste di parere tramite il Consiglio delle autonomie locali testimonia la volontà del legislatore di creare a regime un sistema di filtro onde limitare le richieste dei predetti enti, ma non impedisce agli stessi di avanzare direttamente dette istanze;

RITENUTO

- che nell’esercizio della funzione consultiva l’organo magistratuale, in attesa della istituzione del Consiglio delle autonomie locali, previsto dal comma aggiunto dall’art. 7 della legge costituzionale n. 3/2001 all’art. 123 della Costituzione, non possa esimersi dal considerare i requisiti di legittimazione dei soggetti che promuovono detta funzione e le condizioni oggettive per l’attivazione della stessa;

- che, sotto il profilo soggettivo, le richieste di parere possano essere formulate soltanto dai massimi organi rappresentativi degli enti locali (Presidente della Giunta regionale, Presidente della Provincia, Sindaco o, nel caso di atti di normazione, Presidente del Consiglio regionale, provinciale, comunale), come precisato – tra l’altro – dal citato documento approvato dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004;

- che, sotto il profilo oggettivo, possano rientrare nella funzione consultiva della Sezione richieste di pareri concernenti la materia della contabilità pubblica (intesa quale sistema normativo che presiede alla gestione finanziaria ed economico-patrimoniale dello Stato e degli altri enti pubblici) che richiedano un esame, da un punto di vista astratto (con esclusione di valutazione e pareri su casi specifici), di temi di carattere generale come nei casi: di atti generali; di atti o schemi di atti di normazione primaria (leggi, statuti) o secondaria (regolamenti di contabilità o in materie comportanti spese, circolari), o inerenti all’interpretazione di norme vigenti; di soluzioni tecniche rivolte ad assicurare la necessaria

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armonizzazione nella compilazione dei bilanci e dei rendiconti; di preventiva valutazione di formulari e scritture contabili che gli enti intendessero adottare.

Anche sulla base di quanto stabilito dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 5/2006 del 17.02.2006) sono da ritenersi inammissibili, pertanto, richieste di pareri in materia di contabilità pubblica che comportino valutazione di casi o atti gestionali specifici che determinerebbero un’ingerenza della Corte dei conti nella concreta attività gestionale dell’Ente, con un coinvolgimento della magistratura contabile nell’amministrazione attiva certamente incompatibile con le funzioni alla stessa attribuite dal vigente ordinamento e con la sua fondamentale posizione di indipendenza e neutralità (posta anche nell’interesse delle stesse amministrazioni pubbliche) quale organo magistratuale al servizio dello Stato- comunità.

Più di recente la delibera n. 54/CONTR/10 delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei conti, depositata il 17 novembre 2010, ha rilevato che in una visione dinamica dell’accezione “contabilità pubblica”, che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri, ulteriori materie, che sarebbero altrimenti estranee, possono anche essere attratte nell’orbita dell’attività consultiva. Tale estensione, tuttavia, è limitata “… alle questioni che riflettono problematiche interpretative inerenti alle suddette statuizioni recanti i menzionati limiti e divieti, strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa ed idonei a ripercuotersi sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui relativi equilibri di bilancio”;

- che la funzione consultiva non debba, comunque, svolgersi in ordine a quesiti che implichino valutazioni di comportamenti amministrativi che possano formare oggetto di eventuali iniziative giudiziarie proprie della Procura regionale della Corte dei conti o dinanzi ad altro giudice;

- che ulteriore limite è costituito dalla natura necessariamente preventiva della funzione consultiva, traducendosi diversamente la richiesta in una istanza diretta a sottoporre l’atto formalmente già adottato ad un controllo di legittimità per casi non previsti;

RITENUTO - che, alla luce delle considerazioni e dei principi sopra esposti, nel caso di specie la richiesta sia ammissibile sotto il profilo soggettivo, provenendo dal Sindaco;

- che la richiesta appare ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, pur evidenziando che, tuttavia, questa Sezione regionale di controllo, al fine di tutelare l’autonomia decisionale dell’amministrazione e la necessaria posizione di neutralità ed indipendenza della Corte dei conti, non può esprimersi relativamente alle specifiche questioni contenute nella richiesta, la cui soluzione si presenta, nel contempo, successiva e prodromica all’adozione di concreti fatti gestionali relativamente ai quali ogni necessaria valutazione spetta ai competenti organi comunali;

- che, per tali ragioni, questa Magistratura contabile deve, in merito, esprimere il proprio parere limitatamente ai principi generali che interessano le questioni prospettate, spettando la scelta concreta di quale sia la disciplina applicabile e di quali effetti comporti nella gestione contabile ed amministrativa unicamente all’Amministrazione interessata la quale, dalle valutazioni espresse nei pareri della Corte dei conti, può trarre indicazioni nell’ambito della sua autonomia;

tanto premesso, si espongono le seguenti considerazioni.

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* * * * * L’art. 12 del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011) reca norme in materia di acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici ed è stato recentemente modificato dall’art. 1, comma 138, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (Legge di stabilità 2013) che ha introdotto i commi 1- bis e seguenti.

Il primo comma del predetto articolo 12 ha stabilito che, già a decorrere dal 1° gennaio 2012, le operazioni di acquisto e vendita di immobili effettuate, in forma diretta ed indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 31 dicembre 2009) salvo le eccezioni ivi contemplate (tra le quali gli enti territoriali), sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.

Le nuove disposizioni hanno statuito, in maniera più stringente, che, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, ulteriore presupposto per l’emanazione del predetto decreto in caso di operazioni di acquisto di immobili sia costituito dalla “documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento” (comma 1-bis).

Analoga attestazione, sempre dalla stessa data, è prevista per l’acquisto di beni immobili da parte degli enti territoriali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, e ciò al dichiarato fine “di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno” (comma 1-ter).

Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, esclusi gli enti previdenziali pubblici e privati, nonché le autorità indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa, “non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti”. Sono state fatte salve le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con il decreto del M.E.F. in data antecedente a quella di entrata in vigore del decreto (comma 1-quater).

Il vigente elenco delle amministrazioni pubbliche (comprendente, ovviamente, anche i comuni) è stato reso noto dall’ISTAT con comunicato del 28 settembre 2012 (pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2012, n. 227).

Le disposizioni recate dai citati commi 1-ter e 1-quater non si applicano alle operazioni di acquisto destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale pubblica, ferme restando, però, la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica e le finalità di contenimento della spesa pubblica (comma 1-quinquies).

Sono fatte salve, inoltre, dalle disposizioni dettate dal comma 1-quater, “le operazioni di acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88” (comma 1-sexies).

Con riferimento all’oggetto del quesito si osserva che, ai sensi dell’art. 42 del TUEL, rientrano nelle attribuzioni del Consiglio comunale gli acquisti immobiliari «…che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e

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che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari» (lett. l). La deliberazione di autorizzazione all’acquisto emanata dal Consiglio comunale si pone nell’ambito del continuum procedimentale (che trova il suo esito nella determinazione a contrattare del responsabile del procedimento di spesa ex art. 192 del TUEL) volto a formare ed esternare la volontà (unilaterale) di procedere alla stipulazione di un contratto con un certo oggetto e specifiche modalità. I predetti atti si inseriscono nella necessaria fase procedimentale prodromica all’attività negoziale della P.A. e, quindi, non possono aver integrato la fattispecie costitutiva dell’incremento patrimoniale derivante dal programmato acquisto del bene immobile.

Anche la stipulazione di negozi preparatori è stata ritenuta ininfluente ai fini del superamento del divieto, dovendosi ritenere che il comma 1-quater del citato art. 12 «… introduca una fattispecie di impossibilità giuridica sopravvenuta per factum principis preclusiva all’esercizio dei diritti di prelazione ed alla conclusione dei contratti definitivi per l’anno 2013» (deliberazione n. 9/2013 del 25 gennaio 2013 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria).

Conseguentemente, le operazioni di acquisto che non fossero state precedentemente perfezionate, e che non rientrino nelle deroghe previste dai commi 1-quater e seguenti dell’art. 12 del decreto legge n. 98/2011, incorrono, per l’anno 2013, nel divieto introdotto dalla stessa normativa.

P.Q.M.

Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Basilicata in relazione alla richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Grumento Nova (PZ) con nota prot. n. 1450 del 13 febbraio 2013;

DISPONE

che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione, all’Amministrazione richiedente, al Presidente della Corte dei conti ed al Presidente del Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti.”

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Locazione passiva

Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti per il Lazio febbraio 2013 La Sezione si sofferma sulla portata dell’art. 1, co. 138, 1-quater, L. 24 dicembre 2012 n. 228, che, per l’anno 2013, vieta alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva “(…) salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti (…)”.

Il Collegio ritiene che tale norma, pacificamente applicabile anche agli enti locali, precluda all’ente locale istante di stipulare una locazione passiva per l’apertura della farmacia comunale, ancorché in vista dell’erogazione di un servizio pubblico essenziale.

“VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

VISTO il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

VISTA la legge 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite n. 14/CONTR./2000, contenente il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti e ss.mm.ii.;

VISTA la nota, acquisita al prot. n. 746 del 1 febbraio 2013, con la quale il Consiglio delle autonomie locali del Lazio ha inoltrato a questa Sezione ai sensi dell’art. 7, comma 8, legge n. 131/2003 la richiesta di parere del Sindaco del Comune di Anguillara Sabazia (RM);

VISTA l’ordinanza n. 7/2013 con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per il giorno del 13 febbraio 2013;

UDITO nella Camera di consiglio il magistrato relatore, Primo referendario Maria Teresa D’Urso;

FATTO Il Sindaco del comune di Anguillara Sabazia (RM) ha inoltrato a questa Sezione, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, richiesta di parere riguardante la possibilità di stipulare un contratto di locazione passiva per l’apertura della farmacia comunale.

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L’Ente rappresenta di aver esercitato la prelazione per la 5° sede della farmacia comunale e di aver individuato la zona nella quale collocare la sede farmaceutica, nella quale non esistono locali di proprietà comunale.

Ciò premesso l’Ente chiede se, stante il disposto dell’articolo 1, comma 138, 1 quater,

della legge 228/2012 (legge finanziaria per il 2013), sia possibile stipulare una locazione passiva per l’apertura della farmacia comunale, “..tesa a soddisfare un interesse pubblico essenziale..”.

AMMISSIBILITà L’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.

Con riguardo al profilo oggettivo – ossia che la richiesta come espressamente previsto dal cit. art. 7, co. 8, concerna quesiti in materia di contabilità pubblica – si ritengono ammissibili le richieste di pareri relative ad atti generali, atti o schemi di atti di normazione primaria o secondaria ovvero inerenti all’interpretazione di norme vigenti, o soluzioni tecniche rivolte ad assicurare la necessaria armonizzazione nella compilazione dei bilanci e dei rendiconti, ovvero riguardanti la preventiva valutazione di formulari e scritture contabili che gli enti intendano adottare.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la richiesta di parere in esame risulta essere ammissibile sia sotto il profilo soggettivo – in quanto proveniente dal Sindaco cui spetta la rappresentanza politico-istituzionale dell’Ente locale in base a quanto previsto dall’art. 50, comma 2, del TUEL – sia sotto il profilo oggettivo, in quanto concernente l’applicabilità di vincoli di legge finalizzati al contenimento delle spese di personale notoriamente incidenti in maniera gravosa sui bilanci degli EELL., tale da metterne a rischio gli equilibri finanziari.

MERITO

Nel merito occorre premettere che la normativa in materia di gestione, valorizzazione, utilizzazione e dismissione dei beni immobili appartenenti al patrimonio pubblico è caratterizzata da una notevole stratificazione di disposizioni normative che prevedono una disciplina differente per le amministrazioni centrali e per gli enti territoriali.

Da ultimo la disciplina delle locazioni passive è stata prevista dall’articolo 3 del d.l. 6.7.2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 135 del 2012 (cd. decreto sulla spending review), titolato, appunto, “Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive”, che, al comma 6, ha disposto che ai contratti di locazione passiva dall’Agenzia del demanio, aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale di proprietà di terzi, di nuova stipulazione si applica la riduzione del 15% sul canone congruito.

Tale norma, per espresso volere del legislatore, era applicabile alle sole amministrazioni centrali come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 e costituiva, ai sensi del comma 7 della stessa legge 135/2012, norma di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica per le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale.

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Con specifico riferimento alla normativa da applicare al caso di specie, si osserva che l’art 1, comma 138, 1 quater, della legge 228/2012 (legge finanziaria per il 2013) dispone: “Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni…..non possono acquistare immobili a titolo oneroso ne’ stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti…”.

La norma così come formulata colma la lacuna normativa relativa agli enti locali, non menzionati dall’art. 3, commi 6 e 7, della citata legge 135/2012, come rilevato da questa Sezione di controllo con la deliberazione 3/2012/PAR.

Ciò premesso l’Ente chiede se sia possibile stipulare una locazione passiva per l’apertura della farmacia comunale, in mancanza della quale per l’Ente si configurerebbe la mancata erogazione di un servizio pubblico essenziale.

Orbene la formulazione dell’articolo 1, comma 138, 1 quater, della legge 228/2012 surriportato impone ai sensi dell’articolo 12 delle preleggi una interpretazione letterale della stessa, non suscettibile di deroga.

Il principio “in claris non fit interpretatio” nell’ordinamento italiano è codificato dal citato articolo 12 delle Disposizioni preliminari al Codice Civile del 1942, che recita: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese del significato proprio delle sue parole secondo la connessione di esse e della intenzione del legislatore”.

Esso rappresenta il primo e principale criterio interpretativo, potendosi ricorrere ad altri canoni interpretativi nel caso eccezionale in cui l’effetto giuridico risultante dalla formulazione della legge sia incompatibile con il sistema normativo[1] ovvero nel caso in cui la lettera della norma da interpretare sia ritenuta non chiara o equivocabile[2]

[1] Cass. Civ. 13.4.1996 n. 3495

[2] Corte di Cassazione, sentenza n. 836 del 3 maggio 1967; Corte di Corte di Cassazione, sentenza n. 2533 del 3 dicembre 1970; Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 1227 del 6 marzo 2003.

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Fondi immobiliari

Determinazione dell’ Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici in materia di fondi immobiliari ad apporto pubblico e sottoscrizione di quote da parte di soggetti pubblici.

Il conferimento di immobili ad un Fondo immobiliare è un modo alternativo all'alienazione classica per dismettere il patrimonio immobiliare pubblico; l'alienazione classica, come noto, secondo le leggi di contabilità di Stato deve avvenire per pubblico incanto (Legge 783/1908 e R.D. 454/1909; R.D.2440/1923 e R.D.827/1924).

Il Fondo immobiliare ad apporto pubblico trova la sua specifica disciplina nell'art. 14-bis della legge 86/1994 ed in generale, in quanto Fondo comune d'investimento, negli articoli 33 e seguenti del TUF (D.Lgs. 58/1998) e nel D.M. 228/1999.

Esso costituisce un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, gestito da una società di gestione del risparmio - la SGR - e giuridicamente distinto sia dal patrimonio della stessa SGR che da quello dei titolari delle quote (cfr. art. 36 del TUF). La partecipazione al Fondo si realizza mediante la sottoscrizione iniziale o il successivo acquisto delle quote.

I fondi ad apporto pubblico sono istituiti con l'apporto di beni immobili o diritti reali immobiliari, per almeno il 51%, da parte dello Stato, enti previdenziali pubblici, Regioni, enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.

In sostanza, con la costituzione di un fondo immobiliare ad apporto pubblico e la sottoscrizione delle relative quote da parte degli enti pubblici apportanti, si verifica per questi ultimi un effetto equivalente alla dismissione del patrimonio immobiliare, dismissione che avviene, peraltro, non per il tramite della classica e diretta alienazione, ma mediante il "conferimento" in proprietà degli immobili ad un soggetto terzo (il Fondo) che li gestisce e nel cui patrimonio gli immobili stessi entrano.

Il D.L. n.351/2001 (conv. in legge n. 410/2001), recante "Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare", ha espressamente disciplinato, all'art.4, la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare, appunto intesa quale modalità di dismissione alternativa all'alienazione; nella norma citata si legge che negli appositi decreti ministeriali di dismissione vengono previste anche "le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione". In virtù del richiamo espresso contenuto nel comma 2 della suddetta norma, inoltre, la stessa si applica anche alle Regioni che ne facciano richiesta.

Specificatamente per le Regioni, più recentemente, il D.L. n. 112/2008 (conv. in legge n. 133/2008), all'art. 58 ("Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Comuni ed altri enti locali"), ha sostanzialmente ricalcato quanto previsto dal D.L. n. 351/2001 per gli immobili statali, prevedendo la possibilità di conferimento a fondi comuni di investimento immobiliare e richiamando espressamente, al riguardo, gli articoli 4 e seguenti del D.L. n. 351/2001.

In materia, la Regione Umbria ha emanato la L.R. n. 14/1997, che, accanto alla classica procedura di alienazione (art. 12, comma 1), prevede, dopo le modifiche del 2003, la cessione dei beni immobili mediante apporto a fondi immobiliari chiusi (art. 11, comma 3, e 12, comma 2). La medesima legge regionale, peraltro, nulla prevede espressamente per quanto riguarda

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la scelta della SGR. 2. Ciò premesso, venendo alla scelta della SGR e del Global coordinator, si deve osservare che questa fase si è svolta in un periodo antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. 163/2006 (Codice appalti) e, dunque, all'estensione della competenza di vigilanza dell'Autorità anche al settore dei servizi; peraltro, poiché è stato necessario osservare in fase istruttoria anche tale fase in considerazione del carattere unitario della complessa operazione, l'Autorità ritiene comunque opportuno svolgere alcune considerazioni al riguardo. Indubbiamente, negli anni del suo avvio, l'operazione umbra era decisamente innovativa a livello regionale e poggiava su un terreno normativo ed empirico ancora in evoluzione; non vi era, in particolare, una grande chiarezza sull'inclusione o meno dei servizi resi dalla SGR tra quelli assoggettabili o meno all'evidenza pubblica. Anche le prime operazioni condotte a livello statale, alla luce del D.L. 351/2001, appaiono in ciò diversificate, in quanto in alcuni casi la SGR è stata selezionata con procedura ad evidenza pubblica, mentre in altri casi è stata selezionata dai soggetti collocatori attraverso una sollecitazione di offerta (si pensi, a titolo di mero esempio, alle operazioni statali "Patrimonio Uno" - cfr. D.M. 20.10.2004 - e "FIP" - cfr. D.M. 15.12.2004 -).

Al riguardo si può oggi osservare che, a stretto rigore, ad essere esclusi dall'obbligo della gara pubblica (ai sensi dell'art. 19, lettera d), del D.lgs. 163/2006, già art. 5, comma 2, lett. d), dei D.Lgs. 157/1995) sono i servizi finanziari relativi all'emissione, acquisto, vendita o trasferimento di "strumenti finanziari" (e quindi anche di quote di un Fondo d'investimento).

Infatti, come già ritenuto da questa Autorità nel recente parere del 418/2009 n. 47208/09/5566, pubblicato sul sito istituzionale, l'esclusione concernente i servizi finanziari trova la sua giustificazione nelle caratteristiche stesse di tali prodotti, la cui negoziazione appare legata in misura prevalente al particolare giudizio di affidabilità di ciascun singolo operatore. Peraltro, la genericità della nozione "servizi finanziari." di cui all'art. 19 del D.Lgs. 163/2006 (già art. 5 D.Lgs. 157/1995) determina un'area di incertezza, che deriva dal suo coordinamento con l'indicazione dei "servizi finanziari" compresi nella cat. 6 dell'Allegato II A del D.Lgs. 163/2006 stesso (prima cat. 6 Allegato 1 del D.Lgs. 157/1995 e Allegato 1, cat. 6, Direttiva CE 92/50) - "servizi finanziari: assicurativi, bancari e finanziari" (con esclusione dei contratti di servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, nonché dei servizi forniti da banche centrali) - soggetti all'applicazione del D.Lgs. 163/2006 (e, prima, del D.Lgs. 157/1995).

A fronte di ciò, come illustrato anche nel citato parere, appare opportuno procedere secondo i canoni dell'interpretazione restrittiva in relazione alla norma sui servizi finanziari esclusi, in quanto norma derogatoria ai principi dell'evidenza pubblica.

3. Alla stregua delle osservazioni che precedono, per quanto riguarda il Global coordinator

dell'operazione umbra si osserva che la sua attività principale è stata quella di collocare le quote degli enti pubblici apportanti. Tale soggetto, infatti, generalmente definibile come il coordinatore generale di un'operazione di emissione/collocamento titoli (nella specie, quote di un Fondo immobiliare), ha proceduto al collocamento iniziale delle quote sottoscritte dagli enti pubblici (cfr. comma 6 art. 14-bis della legge 86/94) e sta procedendo, come da impegni, a collocare le rimanenti quote in mano pubblica. Questa attività di coordinamento del collocamento delle quote è stata affidata al Global coordinator in via diretta, unitamente, peraltro, ad altre attività ritenute dalla Regione strumentali/connesse e, dunque, attratte nel regime di esenzione dall'evidenza pubblica.

Al riguardo ci si limita ad osservare che, a stretto rigore, la sola attività di trasferimento/collocamento delle quote (strumenti finanziari) rientrerebbe nei contratti finanziari c.d. esclusi, come sopra evidenziato, mentre alla luce dell'atto di incarico (D.G.R. 295/2004) le attività affidate al Global coordinator sembrano essere state un pò più ampie, avendo ricompreso anche una forma di consulenza e assistenza alla Regione proprio nell'impostazione della complessa e innovativa operazione, sebbene l'attività di coordinamento

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del collocamento delle quote sembrerebbe essere stata quella centrale. Si osserva, altresì, che oggi soccorrerebbe la norma contenuta nell'art. 27 del D.Lgs. 163/2006,la quale prevede una forma di selezione anche per l'affidamento dei c.d. contratti esclusi, norma non in vigore all'epoca dell'affidamento de quo. Peraltro, si rileva che, quando il conferimento dei beni al Fondo equivale a dismissione dei beni medesimi da parte degli Enti pubblici apportanti, una forma di selezione competitiva del collocatore sembra quantomeno opportuna, in quanto la sua commissione incide sul valore di collocamento delle quote; valore che i quotisti pubblici devono cercare di massimizzare in virtù della stessa ratio che sorregge le operazioni classiche di dismissione immobiliare pubblica (ossia la massimizzazione del ricavo).

A mero titolo di esempio, si evidenzia che nell'operazione statale "Patrimonio Uno" i collocatori, come si legge nel D.M. 20 ottobre 2004, vennero scelti dalla SGR con procedura competitiva, tenuto conto dell'offerta più vantaggiosa con riferimento all'importo delle commissioni.

4. Quanto alla scelta della SGR, si deve richiamare quanto già rilevato dall'Autorità nel citato

parere del 4/8/2009, osservandosi che la SGR di un Fondo immobiliare svolge svariate attività (anche, ad esempio, di asset management, property management, ecc.) poiché la gestione di portafogli immobiliari necessita di tutta una serie di attività specifiche connesse con la natura reale dei beni amministrati.

Tali attività sono abbastanza eterogenee (maggiormente rispetto a quelle del Global coordinator) e solo in parte riconducibili ai servizi finanziari "esclusi" di cui all'art. 19, lett. d), del D.Lgs. 163/2006 (già art. 5, lett. d), D.Lgs. 157/1995). Ciò, unito ad una necessaria interpretazione restrittiva delle norme suddette, conduce a ritenere che sarebbe stato corretto condurre la procedura di selezione della SGR secondo le regole dell'evidenza pubblica (in primis con pubblicazione di un bando), anche se si prende atto che una forma di selezione, ancorché privata, vi è comunque stata.

5. Quanto all'affidamento degli incarichi "a valle" da parte della SGR, il dato essenziale è costituito dal fatto che l'apporto degli immobili al Fondo è equivalso a dismissione della proprietà degli stessi ed acquisto della proprietà in capo al Fondo (conferimento in proprietà dell'immobile contro quota del Fondo).

Alla luce di ciò, e sulla base delle risultanze istruttorie sullo specifico punto (v. sopra), non sembrano esservi ragioni che possano obbligare la SGR a seguire il D.Lgs. 163/2006 nell'affidamento di tali incarichi, dal momento che gli immobili non sono piu in mano pubblica; pertanto, si può ritenere che la definitiva cessione, da parte della Regione, della proprietà degli immobili conferiti al Fondo - e l'assenza di previsioni di riscatto/retrocessione degli immobili conferiti - possa supportare la soluzione di consentire una gestione iure privatorum degli incarichi "a valle".

Inoltre, il fatto che il regolamento del Fondo preveda che le spese inerenti la gestione e valorizzazione del patrimonio, ivi comprese le spese relative ad eventuali gare o concorsi connessi alla progettazione e realizzazione degli interventi di valorizzazione, siano a carico del Fondo stesso (patrimonio autonomo e distinto da quello dei partecipanti), induce ad escludere che siano a carico degli Enti pubblici le spese per gli incarichi professionali e per la realizzazione degli interventi.

Peraltro, appare comunque opportuno che la SGR prosegua sempre nell'affidamento degli incarichi secondo forme piuttosto ampie di contest tese a contenere i costi degli incarichi nel rispetto degli standard tecnici e qualitativi attesi, tenuto conto del fatto che gli oneri per il pagamento degli incarichi vanno ad incidere sul valore netto delle attività del Fondo, al cui riparto possono essere interessati anche i quotisti pubblici.

6. Quanto alle opere a scomputo si osserva quanto segue. In primo luogo, le opere di

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urbanizzazione ritenute tecnicamente non separabili - opere che il Fondo intenderebbe far eseguire direttamente dall'esecutore degli interventi edilizi privati - non andranno nel patrimonio indisponibile del Comune, ma rimarranno private, sebbene asservite all'uso pubblico. Tale deroga all'art. 16 del T.U. edilizia è stata concordata tra Comune e Soggetto Attuatore (il Fondo) nella convenzione urbanistica sulla base delle peculiari caratteristiche tecniche di queste opere e sulla base dello stesso regolamento edilizio del Comune di Perugia.

7. Si osserva inoltre che, a fronte di oneri di urbanizzazione per Euro 1.446.733,00 (di cui il Soggetto Attuatore deve corrispondere il 13%, per un importo di Euro 188.075,29: art.2 convenzione urbanistica), è prevista la realizzazione, a cura e spese del Soggetto Attuatore, di opere di urbanizzazione per un valore piuttosto consistente di Euro 10.736.530,53, di cui Euro 3.637.986,74 di opere cedute al Comune ed Euro 7.098.543,79 di opere che resteranno di proprietà, del Soggetto Attuatore e verranno assoggettate ad uso pubblico. Gli oneri posti a carico del Soggetto Attuatore appaiono, pertanto, nettamente superiori a quelli che deriverebbero da un mero scomputo degli oneri concessori e la convenzione, in sostanza, determina una notevole estensione all'uso pubblico delle realizzande opere. Ciò appare confermato anche dalle statuizioni della convenzione urbanistica prodotta in atti, le quali prevedono come visto, per una buona parte di opere di urbanizzazione, la mera servitù all'uso pubblico senza il trasferimento nella proprietà comunale. Alcune di tali, ultime opere (parcheggi interrati e relative infrastrutture) sono poi strettamente connesse alle opere private in modo tale da non apparire realizzabili separatamente da queste ultime per le ragioni tecniche sopra riferite.

8. Al riguardo, si ritiene che possa essere ammissibile la procedura che le parti intendono seguire

in relazione a queste ultime opere, in ragione del fatto che esse sono così strutturalmente connesse alle opere private da non poter essere eseguite separatamente da queste ultime senza recare grave inconveniente alla parte privata.

9. Si evidenzia, peraltro, che la presente soluzione attiene unicamente alle documentate

peculiarità tecnico-costruttive delle suddette opere, rimanendo altrimenti ferme le indicazioni fornite dall'Autorità nella determinazione n. 7/2009.

Il Consiglio

• invita la Regione Umbria, in caso di future evenienze, a selezionare il Global coordinator

(ove l'attività principale di quest'ultimo sia il collocamento/trasferimento di titoli o altri strumenti finanziari) nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 2 e 27 del D.Lgs. 163/2006, per le ragioni esposte in motivazione;

• invita la Regione Umbria, in caso di future evenienze, a selezionare la SGR secondo procedura ad evidenza pubblica, per le ragioni esposte in motivazione;

• ritiene che gli incarichi affidati dalla Società di gestione del "Fondo Umbria" possano essere affidati "iure privatorum" in relazione alla cessione giuridica della proprietà degli immobili da parte degli Enti pubblici apportanti che si è verificata con il conferimento degli immobili stessi al Fondo e con la sottoscrizione delle relative quote;

• invita in ogni caso la SGR a proseguire nell'affidamento degli incarichi secondo forme di "contests" adeguatamente ampie e con un adeguato coinvolgimento dei soggetti pubblici apportanti attraverso l'Advisory Committee;

• ritiene ammissibile la soluzione prospettata dalla Società di gestione del "Fondo Umbria" per quanto concerne la realizzazione delle opere a scomputo tecnicamente non separabili, in ragione delle forti peculiarità del caso di specie e comunque nei limiti strettamente necessari;

• invita la Regione Umbria a riscontrare la presente delibera entro trenta giorni dalla ricezione postale della stessa, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 163/2006;

• dà mandato alla Direzione Generale Vigilanza Servizi e Forniture perché comunichi la presente delibera al Presidente della Regione Umbria, all'Assessore al Bilancio della medesima Regione, al legale rappresentante della BNP-Paribas

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REIM SGR p.A. ed al Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

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10. Criteri e Classificazione dei fondi comuni di investimento immobiliare secondo il SEC 2010

I criteri di carattere giuridico sono:

la definizione di fondo comune di investimento come “patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società;

il sistema di autonomia patrimoniale perfetta dei fondi comuni in quanto circoscrive esattamente il regime delle responsabilità patrimoniali delle SGR, dei Fondi comuni e dei partecipanti agli stessi;

la soggettività e capacità giuridica dei fondi comuni.

Tali elementi consentono di avvalorare il fondo come unità autonoma e separata rispetto alla SGR e rispetto ai quotisti, ma non a dimostrare che questo debba essere classificato al di fuori del settore delle Amministrazioni pubbliche. L’elemento rilevante ai fini della classificazione fuori dal perimetro della PA di un fondo immobiliare, costituito dallo Stato o da altri soggetti pubblici, non è quindi la separazione del Fondo dalla SGR e dai quotisti, ma verificare se questo è, allo stesso tempo, un’ unità pubblica e se non svolge attività di intermediazione finanziaria, così come definita dal sistema dei conti nazionali. Cosa si intende per intermediazione finanziaria e cosa si intende per unità che svolgono attività finanziarie secondo il SEC?

1. L’intermediazione finanziaria è definita come: l'attività con la quale un'unità acquista attività finanziarie e nello stesso tempo assume passività per conto proprio effettuando operazioni finanziarie.

Quindi, se un'unità finanziaria pubblica gestisce delle attività, ma non si espone al rischio assumendo le passività per conto proprio non è un intermediario finanziario l'unità è classificata nel settore delle amministrazioni pubbliche piuttosto che nel settore delle società finanziarie.

2. Unità che svolgono attività finanzierie. Il sottosettore S.124 del SEC annovera tra gli intermediari finanziari:

a) i fondi di investimento aperti, le cui quote o partecipazioni sono, a richiesta dei detentori,

riacquistate o rimborsate direttamente o indirettamente attingendo alle attività dell'impresa;

b) i fondi di investimento chiusi il cui capitale ha un ammontare fisso: gli investitori che entrano o escono dal fondo devono rispettivamente acquistare o vendere le quote esistenti;

c) i fondi di investimento immobiliari; d) i fondi di investimento che investono in altri fondi («fondi di fondi»); e) fondi di copertura comprendenti una serie di fondi comuni di investimento, caratterizzati

da investimenti minimi elevati, da normative blande e da varie strategie di investimento I requisiti per i quali un Fondo sia classificato fuori perimetro sono:

Non quote privilegiate Possibilità di dismettere le quote

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No diritto di prelazione Pluralità di quotisti Nessuna garanzia pubblica No vincoli o privilegi Valutazione imparziale di esperti indipendenti No accordi limitativi di alienabilità o gestioni diverse da quelle di mercato No clausole particolari di governance

Le principali caratteristiche di un Fondo che ne consentono la classificazione fuori perimetro, sono:

- Svolgimento di attività a condizioni di mercato - La gestione del portafoglio immobiliare (locazione, appalto, vendita, servizi vari) a

condizioni di mercato

L’unità è controllata dalle amministrazioni pubbliche? Prima verifica Un'amministrazione pubblica può esercitare il controllo su una società in forza di leggi, decreti o regolamenti specifici che le danno il diritto di indirizzare la gestione della società o di determinarne la strategia generale. Pertanto i principali fattori da tenere in considerazione per decidere se una società è controllata da un'amministrazione pubblica, sono: a) proprietà da parte dell'amministrazione pubblica della maggioranza dei voti; b) controllo/nomina da parte dell'amministrazione pubblica degli amministratori o della dirigenza; c) controllo da parte dell'amministrazione pubblica della nomina e della revoca del personale chiave; d) controllo da parte dell'amministrazione pubblica dei comitati chiave dell'organismo; e) possesso da parte dell'amministrazione pubblica di una golden share; f) normative speciali; g) condizione di cliente dominante dell'amministrazione pubblica; h) concessione di prestiti da parte dell'amministrazione pubblica. Nel caso dei fondi immobiliari con SGR pubblica, il controllo pubblico è presente qualora gli organi rappresentativi dei partecipanti al fondo siano prevalentemente costituite da soggetti nominati da amministrazioni pubbliche o se, pur in presenza di una maggioranza di rappresentanti di soggetti privati, il regolamento del fondo non conferisce a tali organi il potere di incidere sulle scelte gestionali della SGR pubblica, cosicché di fatto sia questa a determinare univocamente la politica del fondo. L’attività svolta dal fondo è un’attività di intermediazione? Seconda verifica Se, in base ai criteri sopra illustrati, il fondo è da considerare una unità a controllo pubblico, la sua classificazione dipende dalla natura dell’attività svolta dal fondo stesso. In particolare:

1. non devono sussistere condizioni tali da porre in capo a pubbliche amministrazioni i rischi finanziari a carico del Fondo (principalmente sotto forma di garanzie pubbliche o altri meccanismi che assicurino un rendimento certo agli investitori tramite forme di sostegno pubblico). In termini generali, ogni clausola che determini situazioni “non di mercato”, ossia situazioni che non sono contemplate nelle ordinarie operazioni tra privati, magari previste da norme apposite, possono portare alla conclusione che il fondo non stia effettivamente svolgendo attività di intermediazione finanziaria.

Le regole del SEC prevedono che, se l'amministrazione pubblica apportante agisce come un investitore privato, ossia ricercando un tasso di rendimento sufficiente, sotto forma di dividendi o altre forme di guadagno, l’apporto è considerato come l’assunzione di una partecipazione e non peggiora l’indebitamento netto.

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2. Il Fondo, soggetto beneficiario dell’apporto, deve godere di un'ampia discrezionalità rispetto all’ente apportante, nel modo di impiegare i fondi ricevuti.

In mancanza dei predetti requisiti, l’operazione sarebbe, invece, considerata un

trasferimento a fondo perduto dell’Ente apportante al fondo per cui, nel caso in cui il Fondo fosse classificato al di fuori del settore delle amministrazioni pubbliche, l’indebitamento netto peggiorerebbe, mentre se il Fondo fosse classificato nella PA, sarebbero i costi e i ricavi dello stesso ad incidere direttamente su tale saldo. Effetti della classificazione ad di fuori del perimetro della P.A. Nel caso di un conferimento diretto di immobili di pubbliche amministrazioni al Fondo di fondi, si considera l’effettiva alienazione di immobili a riduzione dell’indebitamento netto, nel momento in cui le quote sono cedute a un soggetto esterno alla PA, anche in caso di cessione successiva al conferimento. Eventuali cessioni delle quote tra amministrazioni pubbliche non migliorerebbero l’indebitamento, nel presupposto che la pubblica amministrazione, anche dopo il conferimento degli immobili al fondo, continui, grazie al possesso delle quote, a sopportare i costi e a godere dei benefici derivanti dal possesso degli immobili in modo del tutto analogo a quanto avvenisse prima del conferimento stesso. Quindi, solo la cessione delle quote a privati romperebbe ogni legame sostanziale tra PA e immobili e si configurerebbe come una effettiva vendita. L’importanza della classificazione al di fuori del perimetro della P.A.

Le garanzie pubbliche ed altre clausole

Nel caso in cui siano previste garanzie pubbliche, clausole di prezzo differito o meccanismi analoghi che consentano alla PA che ha conferito gli immobili di continuare a beneficiare di eventuali surplus dalla gestione del fondo, o altre clausole che mantengano in capo alla PA rischi o benefici derivanti dalla proprietà degli asset oggetto della operazione, dette operazioni non sarebbero considerate “vere vendite” e non migliorerebbero l’indebitamento netto, come avvenuto, anche di recente, per alcune alienazioni immobiliari dello Stato. Pertanto, alla luce delle regole sopra richiamate, se è allo stesso tempo una unità pubblica e se non svolge attività di intermediazione finanziaria come sopra definita un Fondo è classificato tra le Amministrazioni pubbliche. Un Fondo riclassificato “amministrazione pubblica” comporta che le operazioni da questo poste in essere avrebbero un impatto negativo sui saldi di finanza pubblica, poiché costi e ricavi dello stesso andrebbero ad incidere direttamente sull’indebitamento

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Appendice I Beni Pubblici

I Beni Pubblici (riferimenti legislativi: dall’art. 822 all’art. 829 del cod. civ.) riguardano i beni che appartengono agli Enti pubblici (Stato, Regione, Provincia, Comune) e che soddisfano interessi pubblici. Si dividono in Beni Demaniali e Beni Patrimoniali.

BENI DEMANIALI

Si dividono in beni del demanio necessario e beni del demanio accidentale

Demanio necessario

Sono tutti quei beni necessari ai compiti riservati allo Stato e agli Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) e che non possono mai appartenere a un privato. Vi fanno parte:

• il demanio marittimo, costituito dalle spiagge, dal lido del mare, dai porti (esclusi quelli

di interesse nazionale che appartengono invece allo Stato); • il demanio idrico: acque, fiumi, canali; • il demanio militare : fari, caserme, piazzeforti, fortificazioni.

Demanio accidentale

Sono quei beni che potrebbero appartenere anche ai privati ma che per la loro funzione di interesse pubblico rivestono il carattere della demanialità o che appartengono direttamente agli enti territoriali (Regione, Province e Comuni): strade, autostrade, acquedotti, immobili di interesse artistico e storico, archivi, musei, biblioteche ecc.

I beni del demanio pubblico sono inalienabili, cioè non possono essere trasferiti ai privati; pertanto non sono soggetti ad usucapione né ad esproprio.

BENI PATRIMONIALI

I beni patrimoniali, generalmente, non posseggono il carattere della inalienabilità e si dividono in indisponibili e disponibili. In ogni caso non possono essere sottratti alla loro destinazione, “se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.

Indisponibili

Sono quei beni elencati nell’art. 826 del codice civile: foreste, miniere, cave, le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica (o della Regione Siciliana), le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Inoltre fanno parte del patrimonio dello Stato o rispettivamente della Regione, della Provincia o del Comune, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede degli uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

Disponibili

Sono quei beni posseduti dagli enti pubblici, a titolo privatistico: per es. un immobile dato in affitto a terzi dietro il pagamento di un canone o di una pigione (le case popolari o i caseggiati attorno a un faro). Essi sono sottoposti alle norme del codice civile e vengono trattati come se appartenessero a comuni cittadini.

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1 28. Gli enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore realizzato con l'alienazione di beni patrimoniali, inclusi i beni immobili, per spese, aventi carattere non permanente, connesse alle finalità di cui all'articolo 187, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Art. 33 Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare

1. Con decreto del Ministro dell'economia e finanze è costituita una società di gestione del risparmio avente capitale sociale pari a 2 milioni di euro per l'anno 2012, per l'istituzione di uno o più fondi d'investimento al fine di partecipare in fondi d'investimento immobiliari chiusi promossi da regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile. La pubblicazione del suddetto decreto fa luogo ad ogni adempimento di legge. Il capitale è detenuto interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio costituita dal Ministro dell'economia e delle finanze partecipano a quelli di cui al comma 2 mediante la sottoscrizione di quote da questi ultimi offerte su base competitiva a investitori qualificati al fine di conseguire la liquidità necessaria per la realizzazione degli interventi di valorizzazione. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio costituita dal Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi del presente comma investono direttamente al fine di acquisire immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni. Con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere stabilite le modalità di partecipazione del suddetto fondo a fondi titolari di diritti di concessione o d'uso su beni indisponibili e demaniali, che prevedano la possibilità di locare in tutto o in parte il bene oggetto della concessione.

2. Ai fondi comuni di investimento immobiliare promossi da regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ed da altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, ai sensi del comma 1 possono essere apportati a fronte dell'emissione di quote del fondo medesimo, beni immobili e diritti con le procedure dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché quelli trasferiti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85. Tali apporti devono avvenire sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione approvati con delibera dell'organo di governo dell'ente, previo esperimento di procedure di selezione della Società di gestione del risparmio tramite procedure di evidenza pubblica. Possono presentare proposte di valorizzazione di cui al presente comma i soggetti, anche privati. Nel caso dei beni

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individuati sulla base di quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, la domanda prevista dal comma 4, dell'articolo 3 del citato decreto legislativo può essere motivata dal trasferimento dei predetti beni ai fondi di cui al presente comma. È abrogato l'articolo 6 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85. I soggetti indicati all'articolo 4, comma 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, possono apportare beni ai suddetti fondi.

3. L'investimento nel fondo di cui al comma 1, è compatibile con le vigenti disposizioni in materia di attività di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione di cui ai decreti legislativi 17 marzo 1995, n. 174, e 17 marzo 1995, n. 175, e successive modificazioni, e ai provvedimenti ISVAP nn. 147 e 148 del 1996 e n. 36 del 2011, e successive modificazioni, nei limiti ed alle condizioni ivi contenuti. Il venti per cento del piano di impiego dei fondi disponibili previsto dall'articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, per gli enti pubblici, di natura assicurativa o previdenziale, per gli anni 2012, 2013 e 2014 è destinato alla sottoscrizione delle quote dei suddetti fondi. La Cassa depositi e prestiti, secondo le modalità di cui all'articolo 3, comma 4-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, può partecipare ai fondi di cui al comma 1.

4. La destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento ai fondi di cui al comma 2 può

essere conseguita mediante il procedimento di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera con cui viene promossa la costituzione dei fondi di cui al comma 2. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. L'apporto ai fondi di cui al comma 2 è sospensivamente condizionato all'espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione. Fino a quando la valorizzazione dei beni trasferiti al fondo non sia completata, i soggetti apportanti di cui al comma 1 non possono alienare la maggioranza delle quote del fondo.

5. Per gli immobili sottoposti alle norme di tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli articoli 12 e 112 del citato decreto legislativo, nonché l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85.

6. All'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 9 è aggiunto il seguente: "9-bis. In caso di conferimento a fondi di investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi di cui al comma 1, la destinazione funzionale prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, se in variante rispetto alle previsioni urbanistiche ed edilizie vigenti ed in itinere, può essere conseguita mediante il procedimento di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dall'apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all'ente locale. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti."

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7. Agli apporti ai fondi effettuati ai sensi del presente articolo si applicano le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, e gli articoli 1, 3 e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. (154)

8. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la società Patrimonio

dello Stato s.p.a. è sciolta ed è posta in liquidazione con le modalità previste dal codice civile.

8-bis. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze possono acquistare immobili ad uso ufficio di proprietà degli enti territoriali, utilizzati dagli stessi o da altre pubbliche amministrazioni nonché altri immobili di proprietà dei medesimi enti di cui sia completato il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico, qualora inseriti in programmi di valorizzazione, recupero e sviluppo del territorio. Le azioni della predetta società di gestione del risparmio possono essere trasferite, mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, a titolo gratuito all'Agenzia del demanio. Con apposita convenzione la stessa società di gestione del risparmio può avvalersi in via

transitoria del personale dell'Agenzia del demanio. (155) (154) Comma così modificato dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111.

(155) Comma aggiunto dall'art. 6, comma 7, L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1°

gennaio 2012.

***************** Art. 33 bis strumenti sussidiari per la gestione di immobili pubblici 1. Per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi ai beni immobili, anche demaniali, il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio promuove, anche ai sensi del presente decreto, iniziative idonee per la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di società, consorzi o fondi immobiliari.

2. L'avvio della verifica di fattibilità delle iniziative di cui al presente articolo è promosso dall'Agenzia del demanio ed è preceduto dalle attività di cui al comma 4 dell'art. 3-ter del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Qualora siano compresi immobili soggetti a vincoli di tutela, per l'acquisizione di pareri e nulla-osta preventivi ovvero orientativi da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela, l'Agenzia del demanio procede alla convocazione di una conferenza dei servizi di cui all'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 che si deve esprimere nei termini e con i criteri indicati nel predetto articolo. Conclusa la procedura di individuazione

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degli immobili di cui al presente comma, i soggetti interessati si pronunciano entro 60 giorni dal ricevimento della proposta. Le risposte positive costituiscono intesa preventiva all'avvio delle iniziative. In caso di mancata espressione entro i termini anzidetti, la proposta deve essere considerata inattuabile.

3. Qualora le iniziative di cui al presente articolo prevedano forme societarie, ad esse partecipano i soggetti apportanti e il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio, che aderisce anche nel caso in cui non vi siano inclusi beni di proprietà dello Stato in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto. L'Agenzia del demanio individua, attraverso procedure di evidenza pubblica, gli eventuali soggetti privati partecipanti. La stessa Agenzia, per lo svolgimento delle attività relative all'attuazione del presente articolo, può avvalersi di soggetti specializzati nel settore, individuati tramite procedure ad evidenza pubblica o di altri soggetti pubblici. Lo svolgimento delle attività di cui al presente comma dovrà avvenire nel limite delle risorse finanziarie disponibili. Le iniziative realizzate in forma societaria sono soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria, con le modalità previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

4. I rapporti tra il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio e i soggetti partecipanti sono disciplinati dalla legge, e da un atto contenente a pena di nullità i diritti e i doveri delle parti, anche per gli aspetti patrimoniali. Tale atto deve contenere, inoltre, la definizione delle modalità e dei criteri di eventuale annullamento dell'iniziativa, prevedendo l'attribuzione delle spese sostenute, in quota proporzionale, tra i soggetti partecipanti.

5. Il trasferimento alle società o l'inclusione nelle iniziative concordate ai sensi del presente articolo non modifica il regime giuridico previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti. Per quanto concerne i diritti reali si applicano le leggi generali e speciali vigenti. Alle iniziative di cui al presente articolo, se costituite in forma di società, consorzi o fondi immobiliari si applica la disciplina prevista dal codice civile, ovvero le disposizioni generali sui fondi comuni di investimento immobiliare.

6. L'investimento nelle iniziative avviate ai sensi del presente articolo è compatibile con i fondi disponibili di cui all'articolo 2, comma 488, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

7. I commi 1 e 2 dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono così sostituiti: «1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, nonché di società o Enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell'organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio. 2. L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La

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deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell'atto di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d'uso urbanistiche degli immobili. Le Regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l'eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disciplinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le Regioni, nell'ambito della predetta normativa approvano procedure di copianificazione per l'eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al paragrafo 3 dell'articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica».

(156) Articolo inserito dall'art. 27, comma 1, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con

modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n.214. ********* Decreto legge n. 351 del 2001 come nel tempo modificato e integrato 3-bis. Valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione.

1. I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze può convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili di cui al presente articolo.

3. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, per l'esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal concessionario all'atto del rilascio o dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.

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4. Le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni. I criteri di assegnazione e le condizioni delle concessioni o delle locazioni di cui al presente articolo sono contenuti nei bandi predisposti dall'Agenzia del demanio, prevedendo, in particolare, nel caso di revoca della concessione o di recesso dal contratto di locazione il riconoscimento all'affidatario di un indennizzo valutato sulla base del piano economico-finanziario.

5. Per il perseguimento delle finalità di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni di

cui al presente articolo, i beni medesimi possono essere affidati a terzi ai sensi dell'articolo 143 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto compatibile (39).

(39) Articolo aggiunto dal comma 259 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Vedi, anche, l’art. 58, comma 6, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

Art.4. Conferimento di beni immobili a fondi comuni di investimento immobiliare.

1. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. I decreti disciplinano altresì le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di attribuzione dei proventi

derivanti dalla vendita delle quote (41). 2. Le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 3 si applicano, per quanto compatibili, ai trasferimenti dei beni immobili ai fondi comuni di investimento di cui al comma 1.

2-bis. I crediti per finanziamenti o rifinanziamenti concessi, dalle banche o dalla Cassa depositi e prestiti spa, ai fondi di cui al comma 1 godono di privilegio speciale sugli immobili conferiti o trasferiti al fondo e sono preferiti ad ogni altro credito anche ipotecario acceso successivamente. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere la misura in cui i canoni delle locazioni e gli altri proventi derivanti dallo sfruttamento degli immobili conferiti o trasferiti al fondo siano destinati prioritariamente al rimborso dei finanziamenti e rifinanziamenti e siano

indisponibili fino al completo soddisfacimento degli stessi (42). 2-ter. Gli immobili in uso governativo, conferiti o trasferiti ai sensi del comma 1, sono

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concessi in locazione all'Agenzia del demanio, che li assegna ai soggetti che li hanno in uso, per periodi di durata fino a nove anni rinnovabili, secondo i canoni e le altre condizioni fissate dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla base di parametri di mercato. I contratti di locazione possono prevedere la rinuncia al diritto di cui all'ultimo comma dell'articolo 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392. Il fondo previsto dal comma 1, quinto periodo, dell'articolo 29 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, può essere incrementato anche con quota parte delle entrate

derivanti dal presente articolo (43). 2-quater. Si applicano il comma 1, quinto e nono periodo, ed il comma 1-bis dell'articolo 29 del decreto- legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326

2-quinquies. Le operazioni di provvista e finanziamento connesse agli apporti e ai trasferimenti di cui al comma 1, nonché quelle relative a strumenti finanziari derivati, e tutti i provvedimenti, atti, contratti, trasferimenti, prestazioni e formalità inerenti ai predetti apporti, trasferimenti e finanziamenti, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi incluse le cessioni di credito stipulate in relazione a tali operazioni e le cessioni anche parziali dei crediti e dei contratti ad esse relativi, sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

(41) Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 9 giugno 2004, il D.M. 20 ottobre 2004, il D.M. 15 dicembre 2004, tre D.M. 23 dicembre 2004, il D.M. 24 dicembre 2004, il D.M. 29 dicembre 2005, il D.M. 26 aprile 2007 e il D.M. 28 novembre 2008. Vedi, anche, il D.M. 16 settembre 2005, n. 98271 e i commi 2 e 8-ter dell'art. 33, D.L. 6 luglio 2011, n. 98 come modificato dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 27 giugno 2012, n. 87. Con D.M. 18 giugno 2007 (Gazz. Uff. 22 giugno 2007, n. 143) è stato individuato il perimetro afferente ventiquattro immobili, già proprietari del Fondo immobili pubblici, e da esso venduti a Terzi acquirenti. Con D.Dirett. 9 giugno 2008 (Gazz. Uff. 17 giugno 2008, n. 140) è stato individuato il perimetro afferente 100 immobili, già di proprietà del Fondo Immobili Pubblici, di cui 40, oggetto di vendita a Terzi Aquirenti.

(42) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(43) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. Vedi, anche, il comma 276

dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

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