c.e. gadda

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C.E. Gadda

Amleto al Teatro Valle

Impersonato da Vittorio Gassman e da Luigi Squarzina, il Teatro dArte Italiano ha iniziato la sua vita con lAmleto. Al Valle prova generale il 26, prima di gala il 28. La scelta del dramma inaugurale ha un significato evidente, esprime il coraggio, la deliberatezza: la motivata speranza e la volont di cimentarsi con lassoluto. Amleto ha avuto interpreti, critici, traduttori, lodatori, falsificatori innumerevoli: qualche denigratore, anche: ogni epoca del gusto, della sensibilit, del costume, ogni trentennio od ogni decennio del pensiero (o della moda) vi ha cercato e vi ha trovato quello che voleva, quello che piaceva di cercarvi, di trovarvi. I successivi atteggiamenti della sensibilit e della critica hanno dato alle scene i molti Amleti che la storia del teatro ricorda: e le schematizzazioni e le sforzature non mancano. Quasi ogni volta il personaggio era solo nella sua grandezza, tragicamente monologante o perfino delirante

(poich c stata anche una pazzia di Amleto) di fronte alle schiere dei mediocri, degli informi, da cui appena emergeva il pallido fiore preraffaellita della Ofelia. Certo lanima del principe di Danimarca giganteggia sopra la normale statura degli umani, la sua consapevolezza morale si manifesta nel giudizio spietatamente crudo ed esatto ondegli investe, come di un fascio di luce repentina, il verminaio della corte e della politica (direi che in Amleto percepibile anche la componente antimachiavellica dellanglicismo del puritanesimo e della riforma). La sua condotta tutta imperniata sulla necessit morale dellazione, che sola pu riscattare il nostro destino e motivarlo di fronte alla vergogna e alla colpa, affratella Amleto ai romantici del periodo alto; in Amleto essi hanno avuto il loro uomo. In lui non si contorce il dubbio, chi mai ha inventato questa scemenza? Si palesa invece un dibattito: il ritardante, lacerante contrasto fra le promissioni della vita consueta, del mondo com, degli usi civili, ossia regali, e diplomatici, della menzogna acquiescente, del patto ignominioso datore di salute fisica e di pace fisica, e il senso invece dellincarico e del conseguente adempimento cui siamo astretti dalle ragioni profonde del cuore, cio dallimperio etico duna ragione sopraindividuale: la coscienza etica delleternit. Il dubbio, semmai, non altro che lo scrupolo procedurale (di timbro anglosassone): e lo scrupolo procedurale fa parte delle acquisizioni etiche dello spirito umano. Amleto, prima di agire, angosciato di dover agire, vuole ottenere la prova di ci che ha oscuramente intuito dai fatti: oscena celerit delle seconde nozze di sua madre, loro carattere incestuoso (vietato, o almeno riprovato, dalle leggi o dalla consuetudine il matrimonio fra cognati: si pensi alla grana di Enrico VIII). E poi quel presagio o quel sospetto gi circolante nella coscienza collettiva, che teatralmente reso con le apparizioni del re padre. Lo spettro , in certo modo, il simbolo o almeno il coagulo di una nozione storica non documentata, ma solo registrata nella verisimiglianza, nella probabilit, nel risentimento profondo dei cuori. Donde avviene che le parole prova e azione sono quelle che pi ritornano sulle labbra di Amleto, che fanno di lui senza dubbio lElettra-Oreste dei romantici, quando per eroe romantico si debba intendere luomo invasato dalla missione ricostitutrice (duna realt morale del mondo), luomo chiamato, predestinato ad agire moralmente. Egli incontra e supera i contrasti e le more che la debilit del corpo, listinto fisico della conservazione, lambiente, la diplomazia, letichetta, i rispetti umani, le tradizionali osservanze, la tentazione del compromesso, eccetera eccetera, frappongono a una disperata volont. Si noti che la missione di Amleto, come quella di Oreste (da ci le deriva il carattere e il significato tragico) missione forzatamente negativa; punisce e cancella il male e

lobbrobrio, riaprendo al futuro la sua possibilit, la sua verginit. Amleto non arriva alla speranza, alla riedificazione del regno: la quale si colloca al di l della punizione, cio della cos chiamata vendetta. Amleto sente il carattere annichilitore della propria azione, sa di dover cadere lui stesso, nellatto di operare il cauterio estremo del male, della vergogna e della colpa. Ed questa, forse, la ragione oscura e profonda per cui egli respinge da s quella che lo ama riamata, volendo ridonarle, con la libert, la salvezza. Egli profitta di un mal passo della diplomazia di Polonio a cui la ingenua creatura s prestata senza intendere, e la allontana da s. Le sconce frasi non gli sono abituali: egli le gioca in un accesso di umore, per ritorcere contro Polonio loffesa che gli stata fatta, e per allontanare da s la fanciulla. La prova del consumato delitto sar il pallore, il turbamento, laffanno della madre colpevole e dello zio quando i comici avranno rievocato per finzione la scena del delitto: sar lordine regale di intermettere la rappresentazione, intollerabile ai due. Quei comici che il re usurpatore ed assassino aveva consentito fossero accolti a palazzo, perch distraessero Amleto dalla tetraggine, e dalla cupezza della sua ritenuta follia teatro, versi recitati, parole quei comici, essi proprio, vengono da Amleto adoperati a raggiungere il fine della procedura: cio la prova. In questo, chiaro, il genio dialettico e metafisico dello Shakespeare sembra indicare una suprema funzione del teatro e dellarte in genere, contro lopinione frivola che larte costituisca uno svago, un semplice divertissement: il teatro, e lopera darte in generale, pu essere e perci deve essere lindefettibile strumento per la scoperta e la enunciazione della verit. Il teatro ci rende consapevoli del bene e del male detergendo dal suo belletto il volto della menzogna, smascherando la vita. Non questo il solo senso comportato dallinserzione, tutta shakespeariana e diabolica, della scena nella scena. Altre battute, altre idee, riguardanti il teatro e gli attori e la loro fatica e la loro felicit enunciativa possiamo estrarre sicuramente dallAmleto per ledificazione di una poetica dello Shakespeare. E ci sono tocchi leggieri e satirico-umorali, allegramente fuggenti, friggenti, sulla vita degli attori. Il pubblico, per solito, neppure li avverte. Incredibile dovizia di motivi e di mezzi rendono lAmleto una sfaccettatura interminata, e gli esegeti e i critici, ne lor volumi, hanno dovuto spendervi le centinaia di pagine. Ecco: lespediente escogitato dal malvagio si ritorce come inasprita serpe contro il malvagio. La scaltrezza e la bassezza del diplomatico segnano la fine della diplomazia. Le trovate di Polonio, caricatura (ma non tanto, poi) del consigliere aulico e ministro machiavelleggiante, le misere astuzie di Polonio tornano tutte ad effetto contro di lui. Dietro tendaggi ascolta: e Amleto lo trafigger vibrando stoccate (intenzionali) nei

tendaggi, che sono, al suo furore, il simbolo del raggiro e dellinganno. I consigli che susurra in un orecchio alla figlia promuovono, come catalitici nefasti, la rovina della figlia. Cos il veleno, cos la spada avvelenata di Laerte, messi in azione dallusurpatore e dalla sua femmina, uccideranno, riassunto da diverse labbra il veleno, o ripresa la spada dalla mano di Amleto, uccideranno Laerte, lusurpatore, la regina. E la parola dello spettro (atto I, scena IV) non se non lepitome del contrasto suddetto, fra il mondo esistente della vergogna e della ignavia e il rinnovato mondo della ragione: fra il delitto consumato e la purit da ridare ai cuori: e Amleto allora dir:From the table of my memory I ll wipe away all trivial fond records...

... Dalla tavola della mia memoria spazzer via tutta la scioccaggine dei ricordi, tutte le figure dei libri, le forme dei vieti insegnamenti, le paure ossessive della puerizia, tutte le imagini vane che la giovinezza vi ha registrato imitando... il tuo solo comandamento dovr vivere nel mio cervello . E alla fine dellatto: Il secolo storpio: maledetto destino, il mio, desser nato per raddrizzarlo!.... E nel monologo famoso, atto III, scena I, detto da Gassman con sobrio senso della verit, di quella profonda e cupa verit che lo inspira, il non essere adattarsi alla vita e alla turpe contingenza del mondo, lessere agire, adempiere al proprio incarico (alla propria missione) andando, sia pure, incontro alla morte. Le causali psicologiche della esitazione (respect) sono richiamate agli ascoltatori. Ma questo umano rispetto ci che dobbiamo superare: altrimenti il colorito naturale della risolutezza... stinge alla pallida ombra del pensiero: le imprese nobili e necessarie smarriscono la loro via, perdono il nome di azione.... Il dubbio... non centra per nulla. Amleto indaga ed esprime il meccanismo della nozione che diventa pragma, ragione pragmatica, non senza strazio del cuore sacrificato... Gassman ci ha dato un Amleto convincente nella sua asprezza e nel consapevole procedere. Neppure lombra, del dubbio: che non c. Non la oscurata immagine delluomo che potrebbe derivare dalla follia, che non c nemmeno quella. Amleto non un folle: ma un loico di grado superiore. Le sue stravaganze alla Giunio Bruto si risolvono in affermazioni precisamente allusive, duna lucidit terrificante. La follia gli attribuita per un errore di apprezzamento dai cosiddetti furbi (Polonio), dagli ignari (Ofelia), e dai delinquenti angosciati (lusurpatore e la regina). Nevrosi, dunque, non psicosi. Amleto, e Gassman in lui, deliberato e lucido, pronto e cosciente nelle sue azioni e reazioni dal principio alla fine e per tutto larco sintattico della tragedia, dalla percezione del delitto fino alladempimento della punizione risanatrice impostagli dalla

voce del padre. Se trattiene il pugnale, lo fa soltanto per non mandare in Paradiso lassassino che in ginocchio, nellatto di pregare il Signore: e perch lui, Amleto, non ha ancora ottenuto la prova. Elena Zareschi ha tenuto la scena con una femminilit, con una maternit che trascendono, forse, il limite delle interpretazioni duso. Ella ha creduto di dover vivere lamore (al figlio): amore che deve invece risultar mentito, in Gertrude, o almeno patito a contrasto con la cupidit carnale che lha indotta nello sporco letto del suo drudo:in the rank sweat of an enseamed bed.

La Zareschi stata una Gertrude pi italianamente patetica del consueto: e non forse la donna delinquente per libidine che il testo shakespeariano suggerisce. La sua femminilit, potremmo credere, si ribellata alla parte, al gioco mostruoso, anche o pi che mai nel colloquio col figlio: atto terzo, scene finali. Al qual colloquio, alle parole della madre soprattutto, la rega ha voluto conferire landamento sconturbato duna oscillazione edipica, mentre la dialettica del dramma non lo concede: inquantoch la donna che consente al suo drudo lassassinio del marito ha per ci stesso abbandonato cio disamato il figlio: che figlio suo e del marito. Daltronde Amleto implacabile dir spietatamente alla madre:e non spargete il letame sulle gramaglie: and do not spread the compost on the weeds: e pi oltre: ... Ma non andate al letto di mio zio: simulate una virt, se non l avete. ... but go not to my uncle s bed: assume a virtue, if you have it not.

Battute che escludono ogni pensabile impianto della scena in chiave edipica abbandonata, melensa. La madre ha gi paura del figlio. Sente che la propria pelle in pericolo. Anna Proclemer, nella difficile e ancora interpretanda parte di Ofelia, ci parsa volonterosa ed acuta, e tuttavia meno esplicita del necessario. Checch si dica o si desideri o si speri, Ofelia lingenuit, la purezza, linfanzia dellamore e del sesso, che la terribile violenza del destino, e del dramma a lei oscuro nei moventi, e per nella catastrofe orribilmente inatteso (uccisione del padre a opera del fidanzato) sconvolge fino alla pazzia, pazzia reale questa volta, e induce poi al suicidio.

Non da escludere che la vena drammatica, la cognitiva etica e il genio dialettico dello Shakespeare, lattenzione ai fatti del costume e della storia, il suo intuito di biologo e delatore (dei viz mentali degli umani) non escluso che tutto il suo spirito approfitti della condizione di Ofelia, di Ofelia ladolescente, di Ofelia la pura, di Ofelia la ignara, di Ofelia figlia di Polonio: che ne approfitti per una rappresentazione derisoria e a certi momenti pressoch satirica dello stato di innocenza (dogni giovanetta) quale per natura si manifesta, quale era ed , ahi!, vagheggiato e praticato, ahi!, dalla reclusione educatoria. Ofelia non sa nulla, non sospetta di nulla: non capisce nulla. loca celestiale, martire cio testimone imbambolato della sua stessa stupidit. Non preparata allamore, che pure il fatto dominante la vita duna fanciulla, anche duna fanciulla cresciuta a corte. E il fidanzamento della figlia del primo ministro machiavellone col principe a cui poi morto il padre per veleno, ha tutta laria dessere un fidanzamento combinato: un intrigo del furbo arrivista, che stato tanto furbo da non prevedere lavvelenamento del re, n le stoccate che lo sbuzzeranno lui stesso, ad origliare dietro le cortine di velluto. Ofelia non intuisce le terribili ragioni del fidanzato, stravolto dalla lucidit inespiabile del proprio intuito. Le battute di Ofelia, a contrasto cio in controparte dialettica epper drammatica con quelle cos amare e cos lucide, cos spietatamente allusive del principe, sono le battute della obstupescenza innocente o meglio della innocenza istupidita dalleducandato. Ella sopraffatta dalla tempesta come un pallido fiore: travolta nel buio della notte, nel buio del non sentire e del non essere, etico e fisico. Impazzisce, la misera: ma ancor prima dimpazzire gi scema per conto suo, nellambito della sua delicata pubert. la fanciulla pura ed ignara che ama e reverisce il padre, il pap: per lei, il padreterno. Quando il padre, il pap, che suole origliare dietro i tendaggi da quel barbuto e decorativo Machiavelli chegli , si aggiudica la stoccata affatto impreveduta di Amleto, Ofelia, forse, non capisce ancora. Per lei, veramente, Amleto pazzo: il maschio-mostro, dalle parole e dalle azioni incomprensibili. Valgano, per quel che concerne questa pura, questa sublime ocaggine della pura e misera Ofelia, valgano le battute di atto terzo, seconda scena, dove la parola nothing (nulla) esala dalle labbra di Ofelia ed raccolta e ribattuta con sarcasmo dal dispregio e dalla concitazione interna del principe: e divien quasi il simbolo, il bianco vessillo, della di lei primaverile e floreale innocenza. Non escludo che lantica rega del dramma consentisse ad Amleto di rifare il verso alla ragazza (anche foneticamente) come si usa coi bambini: AMLETO OFELIA Pensate ch io intendessi dir villania? Io non penso nulla (nothing), signore.

AMLETO OFELIA AMLETO

un pensiero ammodo, da stare fra le gambe delle ragazze. Quale pensiero, signore? Nulla (nothing).

Le reparties di Amleto sono difficilmente interpretabili, se non in chiave di unira e direi di una ferocia derisoria (linterpretazione pacchiana chegli seguiti fingersi pazzo, e voglia atterrire Ofelia: a che pro? in realt egli odia, in Ofelia, la figliola di Polonio). Tradotte in lingua povera, e nel tono concitato-ritenuto che Amleto arriva a imprimer loro, codeste reparties voglion dire: ma non capisci proprio niente?. Esse deridono altres la ecolala (pappagallesimo fonetico) da cui la poverina inguaribilmente affetta dopo leducazione ricevuta a corte e i suggerimenti, da lei accettati, del pappadreterno: pap complice, perch consenziente a cose fatte, del re criminale e della regina troia. Let mentale di Ofelia quella di una bambina di cinque anni. Ella un tenero fiore, ma un fiore fisico, un fiore-polpetta nella fioritura di pubert: la sua anima e il suo labbro, come lanima e il labbro di tutti gli inesperti, di tutti gli angeli, son fatti per accettare il sentito dire, per lasciarsi incantare dai paragrafi e dalle rubrche del libro di maga (leducazione interessata del padre) che non significa nulla: nothing: proprio nulla: e, se mai, il contrario di quello che dovrebbe significare. Gianni Cavalieri teatralmente efficace nella figura di Polonio, forse un po agitato, carente forse di quella dignit pomposa che si addice alla fasullaggine del tipo, del ministro, del consigliere aulico. Polonio un cretino dalto rango: e i cretini dalto rango, anche alla corte di Danimarca, si astengono dalle corserelle, dai passettini precipitati di don Bartolo. Il Bosic apparso un Fortebraccio splendente: vale a dire muscoloso e ben piantato. Il Vannucchi un elegante e veemente Laerte: Carlo DAngelo un gentile Orazio: ottimo Mario Feliciani nelle vesti di Claudio, lusurpatore omicida. Forse un po troppo folta di giovani e un po troppo corta e nevrotizzata la scena. Mario Chiari ci ha dato una strapiombante prospettiva di colonne: che si presta, con qualche fatica degli attori, a essere di volta in volta castello, sala, cimitero, cripta, sulla base di convenzioni che possono apparire accettabili, collaudate dalla pratica spettacolare degli scorsi giorni. La traduzione fedele e pressoch integra dello Squarzina ha contribuito, con la sua nobile fluidezza, al successo. 1952

Anastomosi.

Al di l del vetro la Sanit bianca ed immune. Disteso da due minuti sul lettino operatorio, quel corpo inerte sar oggetto della perizia dei soccorritori. Scevro di ogni sovrapposizione della civilt. Inetto a rappresentare il grado e la condizione di ieri: spoglio degli indumenti distintivi, pelliccia o tabarro, di che lo stato sociale o i meriti o larte o lingegno o i risparmi o la tecnica dellabbigliamento e delladulazione potevano averlo addobbato, nel giorno di sua totale facolt. La sola cartella clinica enuncia, quasi incidentalmente, se il lettino a ruote ha introdotto nella sala un falegname o un senatore, un presidente di anonime a catena, o un facchino dello scalo merci. Carpiani, con estrema cortesia, mi affida a uno dei signori chirurghi suoi collaboratori presso la clinica universitaria. Assister a un intervento del maestro, forse a pi duno, da quella specie di teatro anatomico in soffitta che unaula buia (necessariamente) sopra e tuttattorno il velario di cristallo della sala operatoria. Il chirurgo mi potr suggerire il nome delle cose e degli atti, il loro fine, le modalit pi perspicue del processo. Ma una sospensione, un breve tumulto del mio sentire attardano linizio dellindagine. Quando lo sguardo discende nella camera della luce, bianchi esseri vi si muovono: con brevi percorsi, dentro un tempo silente. I moti, e i gesti preordinati, subito si spengono nel loro limite. Crederei di riconoscere in una cella o in un ipogeo strano dei defunti secoli egizi gli esecutori imperterriti di una imbalsamazione, che operano sulla salma del re Amenhotes gli atti inconsueti e indicibili, e tuttavia necessari, della consacrante piet. No. Non Amenhotes n Rahotpe II disteso nelle sue fasciature di bisso, dopo la prolungata salatura adattatosi a ricevere da freddo gli estremi serviziali di soda caustica, a lasciarsi laccare con balsami toluolici il volto purificato dal sale, affilato: poi con il tepido benzoino delleternit. Un corpo duomo steso, col capo celato come da un paravento, da un tettuccio bianco ed emisferico di culla ma rivolto al contrario, che gli vieti di guardare alla propria eviscerazione. Tutto il rimanente coperto di tele e potrebbe credersi fasciato; salvo che la piana superficie dellepigastro appare nuda, a principiare dallumbilico e insino allaffossatura sotto lo sterno: tinta dun color zafferano che al primo percepirlo avrei detto duna lividura di peste o duna intumescenza pervenuta a maturit chirurgica, o duno stravaso biliare dellimmoto e indifeso. Una mano di tintura di iodio, in realt, dopo la depilazione e il lavaggio preventivo con alcole. Enormi aghi, ecco, vengono introdotti sotto la pelle cos pitturata, ma tenuti, come

ovvio, in superficie di questa, o appena poco sotto il cutaneo: e allora lunghe grinze e pieghettature della pelle, ogni volta che laguglione temerario vi sinfila: onde e grinze normali alla direzione della punta. E lago avanza, avanza, perforando il cutaneo, fino a raggiungere, avrei pensato, il groppo cocleare dellumbilico. Gli esseri del silenzio bianco, ora vedo, hanno tra mano siringhe di volume ben superiore alle solite: in toto 160 centimetri cubi di liquido vengono immessi tra pelle e muscolo, di un corpo gi mezzo stupefatto nelloppio. Sono iniezioni di percaina, lanestetico duso, e di adrenalina, il vaso-costrittore che impedir lemorragia. Trattandosi di una resezione del duodeno e delle conseguenti suture, fra cui quella che allaccer lo stomaco allansa del tenue, non possibile ricorrere allanestesia eterea: che procura notoriamente, al risveglio, conati di vomito e contrazioni varie del gastrico: tali da poter compromettere il nuovo e artificioso collegamento degli organi e lottenuto rappezzo dei tessuti circostanti. Carpiani, ecco, entra nella sala. Alto, con un passo leggero ed elastico dovuto forse anche, in parte, a speciali calzature di gomma, quasi venisse appena da un bel campo di tennis: si spoglia della veste bianca, a zimarra, e appare in maglietta come chi ha caldo, in casa propria, di luglio, e pu permettersi i propri comodi. Gi si lavate le mani, di l, mi avverte il mio suggeritore: a lungo, in acqua tepida, con del sapone, con degli spazzolini detersivi: ma ora se le lava e rilava e le tiene immerse nellalcole per una diecina di minuti. strano: il gesto della indifferenza morale vien compiuto con la sollecitudine serena di chi ha preso conoscenza dei fini e dei mezzi, con la pacata insistenza della ragione. Il gesto dellantico procuratore di Roma perde lantico senso e divien latto iniziale di una prammatica vigile e sicura del suo processo, il modo proprio di chi ben sa e benignamente provvede, ed escluder il male dalla tenebra corporea e dopo gli esatti minuti vi ricomporr le ragioni della vita. Una infermiera porge il camice, la cuffia, la maschera: e poi i guanti di gomma. Egli li infila, certo con una lucida nozione della loro consistenza velare: la sua mano, per immunizzarsi e lasciare immune il paziente corpo, accetta di perdere un millesimo della sua sagacia, della sua implacata perizia. Eccolo diventato una bianca fantasima: dignit di un intelletto rivestita di un bianco camice, imbavagliata, incuffiata: da cui si spiccano le due braccia e le mani paurose, inguantate di guttaperca, ad osare ogni incredibile momento. Lunghi anni darte e di studio si radunano nei magistrali minuti, sotto lesile scafandro di questo palombaro sterilizzato. Una piccola suora bianca responsabile della sala: autoclavi e teche di cristallo, di nichelio: due crocerossine incuffiate, imbavagliate, a una estremit del lettuccio operatorio, da piedi dellinerte: presso una sorta di vassoioponte, che sormonta le gambe: ivi lavanguardia dei ferri. Poco pi su, a met circa della figura distesa, lassistente ai ferri e laiuto: di faccia al professore che dallaltro lato solo, e ha infilato a sua volta guanti bianchi di filo, sopra quelli di gomma. Un quarto medico seduto come ad uno sgabello presso il capo del malato, al di l del breve paravento di tela che vieta a lui di poter scorgere gli atti dei risanatori e le rosse e secrete parvenze di se medesimo. Il medico sembra sostenere quel capo, quasi con la carezza magica e sacra di chi voglia infondere lo spirito di vita nella forma giacente: la quale rasenta, forse, buie probabilit. Con una mano (mi dico) sar sul carpo del prostrato a guardia del polso.

Un altro col camice, quasi al limitare della stanza, legge a Carpiani una breve allocuzione di cui non odo parole: la cartella clinica. Sospeso alle strutture portanti del velario, il riflettore proietta sugli incamiciati la lucidit cosciente di un sistema preordinato di compiti, la nozione preventiva degli atti ardui, che si dovranno sicuramente perfezionare. Discendo ora nella sala: a mia volta candido, secondo il giusto rigore delle prescrizioni. Alcune diapositive radiografiche sono sospese alla parete di vetro, patenti alla veduta di chi opera: le anse del duodeno vulnerato. Il maestro senza parole ha stretto la sua penna tagliente, lucidissima. Una incisione diritta nel tavoliere color zafferano, dallepigastro fino alla regione dellumbilico. Piccole stille rosse a puntuare la percorrenza del bisturi, direi senza seguito: ladrenalina! Si palesa uno strato bianco, il connettivo sottocutaneo poco prima anemizzato, che ulteriori incisioni dischiudono fino a lasciar dilatare la ferita in una apertura a doppia ogiva, con labbri di pi colorisovrapposti, dal sanguigno al cereo. Ed ecco, al mezzo, il viscido rosa del peritoneo. I margini della spaventosa losanga trasudano la loro breve pena vermiglia, subito detersa con le garze dal chirurgo aiuto. Ed ecco la precisa lucidezza delle forbici a penetrare e a dividere quel foglio roseo, sieroso, teso e quasi inturgidito dalla pienezza de visceri che tuttora cela e contiene. E il baleno dun atto consueto alloperatore sopra una nudit increduta, interna alla nudit formale a noi nota. Permette al secondo di introdurre le sue dita guantate di filo nella cavit gastrica e di esteriorizzare lo stomaco; le cime bianche dei diti si raccolgono e paiono scivolare alla presa; prendono; traggono; estraggono; si fanno di porpora. Dopo il scculobiancoroseo altri visceri ancora, mi sembra; e ancora le forbici: forse la prima ansa del duodeno. Forse il bisturi e i primi allacciamenti. Vedo ora sullo stanco scculo tutto avvolto dai mesi il violaceo dei vasi sanguigni, le loro suddivisioni e moltiplicazioni: come radici e barbe dunedera dun color vinoso: che mi potrebbero atterrire se non sapessi. Larteria epiploica destra, la sinistra, ancor turgide, contro mia fede. Gocce improvvise quando agisce il bisturi e prepara alla resezione la superficie, la esteriore. E le pinze di Kocher subito appuntate alle vene, alle arterie, come lunghe ed esili forbici, in apparenza, ma si chiudono in un battente piatto, dentato: una piccola morsa: a stringere i vasi recisi, a precludere ogni seguito di emorragia. Altri vasi vengono allacciati, con lo spago di porco. Una raggiera di pinze color dellacciaio lucido in sembianza di forbici trattenute per la punta si costituisce a poco a poco tuttattorno la grande ferita gastro-addominale e fuor dessa, con i lor gambi e gli occhielli riversate indietro, sopra i telini e le garze che ormai celano, e ad un tempo proteggono, i margini della spaventosa effrazione. Solo qua o l, e dun caso, quei lini si invermigliano: per una spessa goccia; o in uno struscio purpureo. Cos, zavorrato da questo ricadente peso, e sopra un nuovo appoggio di garze, si beve la sua luce falsa duna mezzora il molle e viscido segreto della costituzione: rosa pallido, rosso, bianchiccio, con qualche frustolo gialliccio, e la trama verdescura o violacea dei vasi sanguigni fuor dal laberinto dei mesi, dattorno la inanit dello stomaco. E il calmo chirurgo sembra indugiare in un cerimoniale. Ecco gli atti necessari, le escogitazioni duna premeditante prammatica. Gi una speciale pinza, il

gastroenterstato, i cui battenti sono mollificati da una doppiatura di gomma, ha stretto e per precluso la met dello stomaco. Il malato steso su di una lastra di piombo, non incapace alla conduttura dellelettrico. E con un crepitio breve e alcune briciole violette alla punta, il resettore elettrico, quasi matita nuova dei tempi, incinerisce rapidamente il tessuto del duodeno: questo mi par di udirlo a friggere durante i pochi secondi dellopera sul molle cumulo del rimanente cinabro, che saffida ora ai telini e alle garze, come un intruglio molliccio, frammezzo a gli occhielli sventagliati di quel lucido. Rapida e pressoch inavvertita la cucitura del duodeno: il quale, nel suo tratto inferiore, legato inscindibilmente alle rivestiture, ai dotti, alle funzioni del fegato, del pancreas: e seguiter cos a dover accogliere gli indispensabili secreti delle due ghiandole; permarr dentro i laboriosi confini e i giorni certi del corpo, tuttavia prestandosi alle fatiche obbligative del chimismo enterico; n in alcun modo potrebbe venirne estromesso. Dopo la resecazione del percorso gastro-intestinale ha inizio la fase di ricomponimento, riallacciamento. Si vuol collegare lo stomaco, rimasto senzesito ancora per un poco, allansa digiunale dellintestino (tenue): il moncone del duodeno, tutto preso dai lacci del vicinato, si comporter come una derivazione cieca, appendicolare, immettendo nel tenue quanto suol ricevere dal pancreas, dal fegato: per altro, senza esser pi percorso dal chimo. Questo far risalire a monte il tenue per collegarlo direttamente allo stomaco ricostituisce la continuit della percorrenza gastro-intestinale e segna la fase ardua, e poi conclusiva, della operazione di raccorciamento. Il chirurgo la suol denominare anastomsi: ed linguaggio mirabile, questo che gli elleni dalla eterna parola hanno potuto concedere, dopo secoli, alla necessit evidenziatrice delle scienze. Le forbici, ancora, aprono il giallo rosato (di un meso? di un foglio peritoneale?), ma pi gi, come unsola nella viscidit sacra di ci che io primo e pensiero in subordine. Laiuto, sagacia pronta, co suoi bianchi guanti dai diti scarlatti, si d a premere e ad esprimere un qualche cosa da quella scombinata mollezza, quasi offrendo al chirurgo la intimit preveduta e cercata e finalmente raggiunta di un segreto frutto. Il diritto chiudersi delle forbici ha aperto una finestretta in quel foglio rosato del peritoneo detto mesoclon: e lammasso molle dellintestino, o almeno dunansa, ne viene pizzicato fuori da due o tre dita delloperatore, protette adesso di sola guttaperca: viscida come la cosa che esse trattano: fuori, fuori, fuori! il pallore molliccio. E vedo ora le dita infaticabili smistare, smistare con una sicurezza paziente, le anse flaccide: e trascegliere da quel cumulo informe di entraglie quella chegli ben conosce, predestinata al soccorso: cio lansa digiunale. Ripenso povere interiora daltri esseri, altrove nella funebre luce colortesi. O mi parrebbe di considerare il ciarpame delle cose molli revocato a schema nelle fantasiose tavole notomiche dello Anthropologium hundtiano, nei gratuiti nodi di fettuccia del Philosophiae naturalis compendium peyligkiano, piuttosto che nei disegni veridici, mirabilmente patenti, del disegnatore e notomista Leonardo: che il groviglio dellanse intestinali ha saputo ritrarre in bellezza e in rotondit evidenziante, e quasi nel vigore del travaglio, turgide di un ragionevole accantonamento, gonfie di loro adempiute prestazioni. Qui direi duna natura decaduta, dun budello dalla sua sanit tronfia ringaglioffito a miseranda vecchiezza, se non ricordassi che il digiuno preventivo e la purgazione e ladrenalina e loppio lo hanno di tanto afflosciato, sminuito: da ridurlo a meno ancora che il sufolato pneumatico duna bicicletta,

quando di sotto ruota o coperta lo cavano a vedervi il guasto, dopo la bulletta e lo sparo. I visceri venivano presi ed estratti come una sequenza informe di molli enigmi (per me), che i colori rosati, e rossi, e biancastri, e giallicci, mi dicevano appartenere allattivit prima e centrale della natura vivente. E questa non geometrica espressione dellio vivo, gi plasma, e negli anni organato da una idea differenziatrice (tale sembr nella immagine), loperatore lo solleva duna sua mano sopra le garze e la raggiera delle pinze, lo esteriorizza nellachiarit dellelettrico, frugandovi, frugandovi, come a volervi scoprire una qualche ostinata reticenza, una simulazione pervicace, antica. Rigattiere dal bavaglio che cerca una moneta dimenticata in una vecchia veste frusta. Le dita ironiche sembravano palpare la frode. Ma non una goccia ne ricadeva, della calda porpora. Palese, a lui ed ai suoi, nella celere veggenza degli atti in una lunga scuola ammaestrati, lintimo e insostituibile dispositivo della organicit; che si rivela invece cos sconvolto, informe, superfluit rossa ed inane, o anzi miseria dun pupazzo sbuzzato senza battesimo, alla miacognitiva dignaro dogni antropologio e groviglio, smemorata di lontani studi, scarsa, incerta. Lansa digiunale deve esser congiunta allo stomaco. Lemostasi mediante allacciamento viene ripetuta ovunque occorre: attimi di poco sangue in una operazione incruenta. Il gastroenterstato che aveva chiuso la met dello stomaco sostituito da un altro: pi proprio, mutata la fase del processo; un altro ancora, assai piccolo, stringe il tenue. E di nuovo la matita dalla strana anima frigge con brevi briciole violette delle sue scintille sul tessuto vivente, a reciderlo, a cauterizzarlo. Opera sullo stomaco (e poi agir sullansa del tenue, ricavandone come una finestretta longitudinale). Il tratto del gastrico che gi era stato resecato dal duodeno, si libera ora, dopo questaltro taglio, dallappartenere al sistema esofago: se ne stacca: con la pinza, vien buttato alla bacinella: come potrebbe farsi dun rifiuto di cucina; e la suora dai rapidi passi asporta la bacinella verso i laboratorii e la indagine. Il chirurgo indi abbocca (termine tecnico) le aperture cos ottenute dallo stomaco e dal digiuno: giustappone i loro labbri, dapprima i due labbri posteriori; indi, cuciti questi, i due anteriori. Eseguisce sui primi e sui secondi le pazienti suture della ricostituzione, tra le pi ardue della chirurgia, denominate suture di Lembert. Ecco, per ciascuna volta: la sutura siero-sierosa od esterna, tra i due strati peritoneali: la muscolare-mucosa, tra i tessuti interni e proprii dello stomaco e del digiuno. Sui labbri anteriori in successione inversa, ovviamente. I due condotti, il gastrico e lintestinale, sono stati tagliati e poi appaiati avendo riguardo a che le lunghezze delle due aperture resultassero a un incirca le medesime: chi ha notizia di sezioni coniche potr subito intenderne il modo. A poco a poco, sotto le volute dei curvi aghi e delle agugliate di spago danimale, ecco scompaiono dalla nostra angoscia due leni ellissi di ombra: si rappezzano luno allaltro i due tubi come in un raccorciato indumento, quasicch il misero Arlecchino che se ne appropria sia qui pervenuto, tra i vetri, coi lamenti della disperazione, a mendicare questo estremo rattoppo della sua intimidita povert.

Sui labbri esangui delle due bocche lalta figura bianca delluomo dal camice e dal bavaglio ha ora impreso a cucire: bracciate lente, distese: allacciamenti pazienti. Tratto tratto si curva, direi a meglio riconoscere il punto. Oh! il tempo di sua lucidit e padronanza non ancora consumato, lora dei ferri, delle garze scarlatte, delle pinze, degli aghi. Nel nefando pasticcio della vita esteriorizzata, stanata fuori dalla sua caverna come preda nellorrore, luomo bianco, adesso, insinua gli aghi. Insinua la punta del suo conoscere imperterrito, in quellammucchio di trippe flaccide: che solo il rostro o lartiglio potrebbero aver dilacerato fuori dallorbe del ventre, dallotre giallo e repentinamente purpureo dun ventre di pecora. Quello spago budello di porco rintorcigliato, comerano budelli di gatto i cantini delle viole favolose. Gli aghi, incurvi o addirittura semicircolari: quasi filiformi unghie, ma puntute, lucide, duna fabbrica dunghie daltro continente che non fosse questo nostro apostolico: e dietro lago uno spago, breve o ricco, secondo opportunit. E luomo cuce: cuce lento: ed allaccia. Piccole infermiere immuni, con pinze immuni, gli porgono luna dopo laltra le agugliate temerarie, attentissime, per quel rattoppo demoniaco. Direi che uno sgomento mi sazia: la stanchezza ha intorpidito il mio conoscere, lo ha bendato di desideri lontani e spersi, che aggallano fatui sulla contingenza: vorrei camminare la spiaggia e ribevere lindaco della marina: e riconoscere i corpi incolumi dei viventi a smemorarsi nel sole. Ma non vi stanchezza per il soldato, n per il meticoloso chirurgo. Lora del dovere persiste, nel suo gesto attento. Ricacciate di tra i ferri le gene invisibili, gli infinitesimali agenti della putredine: respinto, al di l di ogni suo pensiero, lorrore: che a me stanco sembrerebbe spettro in agguato. Le dita inguantate di guttaperca ripigliano e trapungono e depongono, come di veste in lavoro o panno, la rosea turpitudine, la mollezza segreta della vita: poi questo operaio bianco, alto, incuffiato e imbavagliato del suo bianco silenzio, cuce e ricuce la vita entro le ampolle molli ed i visceri senza pi brama che aveva saputo rinvenire ed estrarre, inani amuleti, fuor dal guasto del loro involucro gemebondo. Dietro il piccolo telaio che per lei funge da misericorde sipario, una testa di falegname consolata dagli oppiacei ha, dun minuto in altro, la carezza differitrice del medico seduto allo sgabello. E il ricucitore, sopra i lamenti stanchi, persevera contro ogni minuto, infilandovi e poi ritraendone le sue curve agugliate: forse ricucir, forse allaccer in eterno. La sua dialettica si manifesta nei silenti atti; un rifacimento biologico, un ripensare coi ferri e con le agugliate la costruzione di natura, un rivolere, un ripristinare la forma. Dalla oscura profondit dei millenni elaboratori del modello, Iddio clemente sembra considerare il travaglio di quella mano instancabile, nella militante disciplina della carit e del soccorso, oltre le vetrate e la guttaperca e il bisturi dei cadaverosi teatri, ferma oggi ad un ricupero senza bassezza: autorizzata da Lui a schiudere laddome di questo tardo esemplare della specie, a estruderne interna miseria. Il chirurgo si vale, per la ricostituzione, duna sua pratica inattuata dallessere, non presagita da natura. Egli opera con la complicit di natura, al disopra di lei. Profanando il buio segreto e lintrinseco della persona, ecco il risanatore ne ha evidenziato lo schema fisico: ha letto lidea di natura nel mucchio delle viscide

parvenze. Sul corpo teso, disumanato, insiste con gli atti taciti della sua bianchezza: che mi appare quasi alta e muta madre o matrice della resurrezione. Ripenso, delle nostre antiche pitture, santAnna, sopra la Figlia, e Lei sopra il corpo illividito del Figliolo. Il groppo purpureo delle cose viscide e molli, che suol essere la preda strascicata e dilaniata degli avvoltoi, qui nella sterile calura della sala di vetro gli tra mano, ed sotto forbici e ago, come lo sdrucito indumento del misero al sartore paziente. Ecco le suture a strati delle pareti del gastrico e dellintestino, le suture dei fogli peritoneali del peritoneo, i mesi, dal greco meson, cio cosa interna. Dal greco! Un sacco roseo si sta ricucendo, chiudendo. Aghi semicircolari, piccoli, ampii, dogni dimensione: con lucidi rimandi nel gesto: col baffo, via dalla cruna, duna lor setola ardimentosa, che entrer nel pensiero di natura. Le immagini orribili, a poco a poco si ricompongono: entro la certezza delladempiuto. Solo allora, come in un repentino allentamento della facolt interventrice, con un sbito spogliarsi da sua responsabilit loperatore si stacca dal compito. Senza parole, ma per aver buttato lultimo ago, Carpiani affida agli aiuti il rimanente dellopera: la ricucitura della fascia, del sottocutaneo, della pelle. Sono gli atti lenti e un po disagevoli di chi rinzeppa del necessario la strettura duna valigia troppo piena. Ricacciano, i loro diti, e premono, dentro la capienza chera stata dischiusa dal bisturi, lultimo e strascicato attardarsi duna rossa paccottiglia: le rosee bolle e il pallone bisbetico del peritoneo. Poi lestezza e tiro: lurgenza riassuntiva duna pratica ordinaria, non pi scrutata dalle pupille ammonitrici del Sapere. Vengono ritirati i ferri. I punti esterni li appongono col sussidio duna pinza speciale, che infigge e poi stringe dentro la pelle color zafferano delle piccole grappe, dei fermagli di metallo. E questi allora mi figurano come i ganci cromati dun corsetto che, dopo trazione e appiglio, sia finalmente pervenuto a poter contenere le carni esondanti. La fisicit molle e indifesa di tutto ci che suol dimandare un involucro, un tegumento, chiusa nel suo riabilitato volume.

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Una mattinata ai macelli

I segni si rincorrono lungo la pista dello Zodiaco: gi lo Scorpione abbranca il piatto della fuggitiva Bilancia. La citt, vorace acquirente, alletta al suo mercato indefettibile commissionari e negozianti di porci, mediatori, macellari ed augusti bovari. la pi popolosa del nord, una delle pi ricche, attivissima. Chi non mangia, non lavora. Qualcosa, in pentola, deve bollire ad ogni costo: perch il martello abbia a cader pieno sul ferro o adempiersi a un cenno lo smistamento dei veicoli indemoniati, senza urti, senza risucchi. La citt si sveglia. Contro il sole gi alto le case si levano bianche, ognuna per suo conto, (1) quasi ammodernate torri, dal verde vivido della pianura, che appare

sottilmente ovattata dalle prime sue nebbie: i treni rallentano la lunga corsa sopra i canali e le rogge, lungo gli stendimenti di infaticabili lavandai. Le linee elettriche ad altissima tensione sorpassano i pioppi, accostano lagglomerato delle case e delle fabbriche fino alle sottostazioni periferiche: ivi si disarmano, (2) come larmato potere dei consoli davanti la silente legge e le porte dellUrbe. Gli apparecchi di Taliedo gi ronzano, con le ali ombrate o dorate, sopra la testa degli spazzini insonnoliti; rientrano pedalando lenti i guardiani della notte, con una sigaretta tra le labbra; i gatti salutano il giorno accoccolandosi presso la macchina dellespresso, nelle pi mattutine tabaccherie. Un andirivieni di biciclette senza incrocio possibile. La citt chiede bovi, porci e vitelli a chi li ha saputi allevare. Grossi autocarri li sbarcano dalla verde provincia, da Cremona, da Mantova, da Stradella, dal Lodigiano, dallEmilia e dal Veneto: qualche carretta lunga, con uno o due capi, arriva di qui presso. Partiti avanti lalba con dodici capi, e dodici dentro il rimorchio, ecco gi si spalancano sulla banchina; e ne fuorescono sullammattonato i fesspedi a ritrovare la luce, la sicurezza ferma del suolo. Incedono verso il veterinario bianco nella dignit della loro natura e delle lor forme, odorosi di vita: dopo la breve sosta alle barre, i cacitt li sospingono fuori del recinto di sbarco, (usando bastoncelli di frassino, come corte fruste impugnate alla rovescia), avviandoli verso la pesatura e le stalle. Vedo la strapazzata masnada attendere nei posti di arrivo lesame del veterinario, uno dopo laltro, poi decdere con qualche blando muggito lungo il piano inclinato della banchina: uno relutta, o sadombra, si rivolge sui passi gi fatti, costringe impaurito allinseguimento, per tutto il piazzale, gli uomini dal bastone e dalla tunica blu, che lo rincorrono e lo prevengono, con vociferazioni e agitazioni delle braccia. La nuova paura vince laltra, e ripiglia il cammino prescritto. Nellattesa del medico qualche animale appoggia la fronte a una barra (bavando una sua schiuma dalla bocca, a fiocchi) quasi per raggelare al contatto del ferro, dopo la scombussolata notte, il tumulto doloroso del proprio sangue. Qualche altro ha un corno mezzo divelto, e ne sanguina: il caglio scarlatto gli si raggrumato gi per il muso, locchio immalinconito sembra dimandarne la cagione alle cose, al mondo. I caccini dalla tunica blu sono uomini tozzi, tra lo stalliere e il bovaro: hanno una placca dottone sul petto, col numero, come i facchini delle stazioni. Loro cmpito guidare e sorvegliare i bovi dalla banchina alle stalle di sosta, alle pese, al dazio, al macellatoio, lungo lintera percorrenza: ogni bestia paga un tanto, a forfait. Il veterinario della Sanit Municipale eseguisce, come detto, una prima ispezione allo sbarco. Certi stallieri vuotano gli autocarri ed i traini dalla paglia trita e dallo strame notturno, lammucchiano in appositi padiglioni. Altri, nello spiazzo di ricevimento, lavano carri e autocarri con getti dacqua.

Intanto anche un treno arrivato: poich la citt compera dovunque il suo lesso, cliente ottima dei pascoli e di lontane foraggiature: da Postumia entrano i bovini di Croazia e dUngria. Tanti ne entrano, che il mercato degli animali in pianta s quasi trasferito col. Da un prossimo scalo ferroviario, che serve e disserve tutta lannona milanese, la locomotiva della Direzione Macello (pare una vecchietta gobba, ma basta al suo compito) ha trainato il convoglio lamentoso fino alla banchina: i quadrupedi ne escono mezzo intontiti, digiuni: alcuni paiono infreddoliti, rattrappiti: con deboli gambe sotto il gravame della testa, delle anche e delle culatte. Il loro incedere pi peso del solito, timido e malsicuro. Vedo che non tutti i cornuti hanno ricevuto quelle cure privative cui si sommettono i vitellini, per farne dei manzi che siano veramente degni diMilano. Per i piani inclinati discendono dalla banchina, lunghissima, tori insigni, i quali procedono a fatica pure allingi, con la gravit decorosa di chi si sente onusto devidenti benemerenze. Le gambe di dietro paiono aver perduto larticolazione del ginocchio: e sono esse la vera e lunica causa del ritardo. Ci mi illumina circa il gran lavorare che ho fatto tante volte! a tavola. Masticavo, masticavo, con la soddisfazione di una molazza, in cartiera, che digerisca la resa dun romanzo-toro. Ecco le pesatrici automatiche: allineate in batteria sotto una pensilina in calcestruzzo armato, a chiusura del piazzale: ognuna la sua chiara cabina: ognuna provveduta di unaletta dentrata senza ritorno, un po come i conta-persone dei musei; ma ci passa un bel bove. Tutti gli sbarramenti davvo e di raccolta sono in tubo di ferro verniciato di grigio: compiutisi il ricevimento e la conta, subito il personale di pulizia subentra a quellaltro, con ramazze e manichette ad acqua: per detergere la banchina e il piazzale. Interrogata, ogni pesatrice enuncia il peso dellanimale su talloncini a stampa, e il responso determina il costo. I commissionari, (in rappresentanza del negoziante), e i macellai acquirenti presenziano la breve cerimonia. Talora i bovini arrivano con qualche anticipo, da venti a sessanta ore, ed ovvio, rispetto al giorno di macellazione: in tal caso vengono stabulati in ampie e chiare stalle, pagando un forfait per giorno e per capo. Ma per lo pi dopo la prima pesatura, vengono avviati a quella fiscale del Dazio, indi ai padiglioni di macello. Ne seguo il muto brancolamento, contenendo langoscia, il malessere. Mi dico e mi ripeto che si tratta di una necessit senza alternativa, il luogo, nel sole tepido, non altra cosa se non un mercato, uno stabilimento qualunque I vitelli vengono trasportati alla loro fine su carri speciali, trainati da carrelli ad accumulatori. Tristi e direi prsaghi, paralizzati in una rassegnazione senza pi gemiti, ne vengono fatti discendere a quattro a quattro per una specie di barcarizzo e vi slittano come semplici pesi, qualcuno a culo indietro, piovendo entro i brevi recinti di entrata dellammazzatoio.

Qualche cosa di simile, pi in l, deve accadere ai porcelli, clamorosi e striduli, inutilmente striduli. Sospinti dai caccini, i buoi ed i tori arrivano invece con le loro gambe, lentamente, alla fortuna scarlatta. Entrano nel padiglione pavimentato di piastrelle rosse, diretti dalle stangate sempre pi tenui e quasi oramai fatte pietose degli uomini dalla tunica blu: un uomo li attende, con una tunica blu, con un fazzoletto bianco al collo: la sua mano lorda come quella di Macbeth, orribilmente armata, come quella di Macbeth: tutto il suo braccio intriso in un colore da 89. Gi chinano le corna, ristando: egli non li ha guardati negli occhi: li accosta a braccio disteso. E prova lacume del ferro sulla cervice, dove sa, tra vertebra e vertebra; alza, dopo incontrato il punto, il coltello e lo vibra fulmineo: nel modo, direbbe Leibniz, del minor male possibile. La bestia si accascia pesantemente: coi quattro zoccoli allaria, riversa, gli occhi morenti, agitata ancora da stratti e da sussulti paurosi, senza attenuazione possibile. Qualcosa di sacro si spegne, lessere si adegua alla immobilit. Una nera polladalla cervice, la stanchezza suprema. Il secondo lavorante introduce nella ferita una bacchetta pieghevole, quasi un giunco, e la sospinge per entro la colonna vertebrale una quarantina di centimetri a spegnere i moti del cuore: gli ultimi sussulti della meccanicit nervosa accompagnano nella bestia moribonda questo provvedimento delluomo, un tremito si propaga fino agli zoccoli, poi tutto il greve corpo inerte. Lorganismo ridivenuto materia: il costoso elaborato delle epoche, disceso di germine in germine traverso i millenni, annichilato da un attimo rosso. Sperimenti fatti con la pistola o con la fulgurazione han dato inconvenienti gravi, mi dicono, spreco di tempo. Lanimale dovette soffrire, talvolta, durante alcuni minuti: fugg ferito, fer gli uccisori. Il minor male nel procedimento adottato. Tre padiglioni da trentasei posti cadauno costituiscono il macellatoio dei bovi: in un quarto si attende ai cavalli: in un quinto ai porcelli: un sesto lammazzatoio dei vitelli. Poco capretto, a Milano, salvo che a Pasqua. Dove si lavora ai bovini, un capo sala e un vice-caposala. Tabellazioni accurate assegnano per ogni animale il posto, la matricola, il proprietario. Due squadre di undici accudiscono, in unora e mezzo, alla macellazione e alla preparazione di 18 buoi cadauna, dando, in capo a quel tempo, le 18 bestie finite, pronte pel trasporto o la cella. Mezzora, poi, di lavatura e di riordino: quattro turni al giorno; ove occorra. Sui diciotto, inanimati e distesi, gli undici si dividono il cmpito con ordine e con una incredibile celerit: chiazzati nelle vesti, intrise le mani e le braccia di sangue, hanno alla cintola una scatola di zinco in forma duna rigida guaina: la sede collettiva di due o tre lame assortite; ed ancora poi lacciarino dove le affilano, ch come una lima lunga e rotonda dal manico di legno, quasi uno stilo od unarma di riserva.

Lopera totale si suddivide nelle specializzazioni. Il sangue viene chiamato gi da un taglio alla gola e ne gorgoglia orribilmente nero, dapprima, in bacili di zinco; vuotati questi ancora fumiganti in una cisterna di raccolta montata su carrello. Un altro operatore spicca la testa e le zampe, appende la testa al gancio zincato duna specie dattaccapanni: e quella ti guarda ora dai semichiusi occhi, immoti e vitrei come dun cornuto Oloferne. Di poi il corpo viene agganciato posteriormente, dalle ginocchia mozze e scoperte, i due ganci fra tendine e osso; ed sollevato mediante un verricello, di cui le ruote superiori corrono sulla rotaia a mezzaria. I faccettisti aprono lanimale ed estraggono i visceri; uno apre, uno estrae. Passano rapidi da un animale allaltro, affilando nel breve intervallo i coltelli. Quello che apre disegna prima il gesto col ferro sopra la pelle, quasi prendesse la mira, perch il taglio deve riuscir fermo ed esatto. Leviscerazione dogni bove richiede poco pi dun minuto: aperto laddome, ch in alto, la grossa polta delle trippe se ne riversa, e decade turgida, e talora verdastra, dilatandosi sul pavimento, gonfia di indesiderabile sterco. I trippai accorrono con speciali carrelli, piovuti come avvoltoi sulle ventraglie, e par che le rubino di tra i piedi agli operatori, asportandole verso i loro calderoni fetenti. Seguono la scuoiatura, le operazioni di abbellimento. La prima viene eseguita da cinque lavoranti sugli undici: uno scalfa i quarti di dietro, due imprendono invece a scorticare le due met della pancia, fianco destro e fianco sinistro, e vengono detti doppioni. Due lavorano la schiena a distaccarne il groppone, salito il primo sopra un alto sgabello: laltro lavora dal basso. La scorticatura unoperazione delicata, intesa a cavar di dosso alla vittima la di lei pelle, senza sciuparla; la pelle assai ricercata, venduta a un prezzo che ammonta fino al 10 per cento del valore totale della bestia. Cos dvesi evitare ogni rigatura o mala raschiatura che ne possa invilire il prezzo di vendita; incidere il connettivo soltanto, che la lega al grasso ed al mscolo. A Milano si opera la scuoiatura con coltelli ordinari a larga lama per le parti ondulate, con le scuoiatrici elettriche Bignami per le pance e le schiene. Loperaio si butta in ispalla uno speciale telaietto a zaino con il motorino elettrico, il giro-moto viene trasmesso alla scuoiatrice da un tubo snodato. La scuoiatrice ha forma dun largo e piatto anello del diametro duna dozzina di centimetri, provveduto di Manico. Delle lamette tipo rasoio girano celermente fra i due paralame anulari affacciati. Una volta macellata la bestia, e scuoiatala, si procede al suo abbellimento. Labbellimento una sagace preparazione dellanimale perch figuri netto e generoso di carne, senza pendule bacche di grascia o frastagliamenti di tndini. Il coltello non ormai che il pettine o larricciabaffi di un parrucchere ambizioso. Certe drupe, certi strati di bel grasso compatto nella regione spaccata dello straclo vengono cincischiati vezzosamente a punta di coltello: unacconciatura per il ballo di mezza quaresima. Sopita langoscia, lanimo ormai si distende in una mattutina veduta di beccheria, nomi intesi ogni qualvolta in cucina rampollano dalle aperte costate, messaggeri del pranzo.

Il coltello agisce rapido e conscio: e va dattorno leggero leggero ai ritocchi, un panno deterge dai carnicci e dal sangue la liscia parete del muscolo striato di chiari tendini; e poi lascia imprende a lavorare sommessamente, del macellarone pi alto, che pare insonnolito sul mestiere: (ma che sa dove dare del taglio). Egli fende la colonna vertebrale con simmetria rigorosa, aprendo fra le due mezzne una finestra soltanto, che le lasci ancora congiunte, per buona figura, presso le culatte e la spalla. Uno degli undici, con un grembiule anatomico e una sanguinosa borsa di cuoio semiaperta davanti, trascorre intanto da un animale appeso a quel dopo, lesto ladro fra le occupate menti degli altri: defrauda in un baleno le bestie delle loro ghiandolette essenziali, ipofisi, timo, surrenale, tiroide, paratiroide: e alle vacche gli ruba subito le ovaie. Ogni testa cornuta, appesa al gancio con il linguino gi fatto, egli la solleva di un poco mettendoci sotto la sua stessa testa imberrettata alla divola, pontando del corpo lavorando con le mani, col ferro e con gli occhi allins, come a staccare il batacchio duna campana: e ne spicca invece qualche moruletta rossa, appiccicosa e molliccia. In pochi minuti la sua borsa di cuoio piena di opoterapia: i pi autorevoli farmacologisti ne caveranno tiroidine e ovarine e preparati di ogni maniera, normalizzatori dogni pi periclitante sistema endocrino. Pancreas e aggeggi del toro vengono acquistati a parte, dato anche il volume, per dedurne pancreatina e insulina regolatrice del tenore di zcchero, o lessenza quinta di una maschia generosit del pensiero. Zitellone redente dallacidit (di stmaco) e diabetici ridivenuti amari come il calomelano devono a questi dieci minuti di lestezza e di previdenza la recuperata salute. Ma ci vuole una formula! Sentito il parere del distillatore di formule, gli opoterapisti ne distilleranno mirifiche fiale; barbugliando in pentole senza precedenti storici le loro fantasiose decozioni. Le tre fatidiche sorelle compiranno il supremo incantesimo della vita, zoccolando dattorno la caldaia a cavalcioni duna scopa, in un ritmo ossitono da diavolesse:Double, double Fire, burn: and, cauldron, bubble. toil and trouble:

Tuoni e lampi! La pi scarmigliata vaticiner nello specchio discendenti maschi per otto generazioni ininterrotte a chiunque avr comperato e pagato quel filtro. E il lavoro continua, raddoppia. Le pelli, sbito, ai commissionari delle concerie. Tra unala e laltra dogni padiglione un andito ampio, coperto: vi vengono pulite, arrotolate, pesate, imbarcate. Il sangue, sbito, che ancora fuma dai carrelli, a un attiguo e recentissimo impianto, che ne deduce concimi, lavori plastici, ornamenti, collanti.

venduto fino a 120 lire il quintale. Intanto un andirivieni di garzoni: e alcuni omacci con la catena doro sulla pancia, che hanno laria di sapere perch son l. Uno del Municipio collauda di timbri violcei le bestie, ancora appese dopo ultimata la toilette. Mentre le doppie mezzne vengono carrucolate al frigorifero per il deposito e la frollitura, gli autocarri dei macellai si colmano daltre mezzne e di quarti attingendoli dal frigorifero stesso o direttamente dai padiglioni: ingombrando tutta la lunga galleria di caricamento che divide quello da questi, dove incurvi garzoni trasferiscono a spalla tutto il meglio che possono, profumati quarti e mezzne, spalancati vitelli. Li avevo persi di vista, creature della tepida innocenza, al triste limite dellammazzatoio, davanti i cucinoni maleolenti delle trippe, la loro anima prgola gi quasi vanita nellobbedire, prima ancora che luomo alto li mazzerasse alla nuca, senza lamento. Neppur cadono, quasi: paiono ruzzare ad aggomitolarsi in un gioco. Vengono agganciati agli zoccoli dietro, sollevati meccanicamente sopra una vasca, sgozzati: il bruno orrore sgorga oramai da un oggetto. Tutta la bisogna non richiede cinquanta secondi: preciso e infallibile loperaio dalla mazza, preciso e certo quellaltro che deve servirsi della lama abominevole. Nuovamente carrucolati lungo le rotaie pensili fino ai singoli posti di lavorazione, dapprima un operaio li incide rapidissimo allumbilico: ed applica poi nella ferita lugello duna manichetta ad aria compressa, insufflandovi quanto ci vuole per gonfiarli a dovere, come dei maiali. Parevano tanti cani appiccati, ed ecco in un attimo sono gi gonfi: turgidi e netti: la lavorazione riesce pi precisa sulla pelle e sulle carni distese, la punta e la lama incideranno pi pronte i tessuti. Ed ecco i compressori del frigorifero, che imperturbati motori vengono azionando nella Centrale pulita: coperti di candida neve sulle tubazioni despansione. Il frigorifero comprende un deposito generale del Consorzio per sosta fino alle 24 ore (gi computata nel forfait di macellazione) nonch le celle dei singoli signori macellari. Temperatura ideale del deposito: cinque, sei gradi sopra lo zero. Bianchi veterinari si aggirano per i padiglioni alla visita ultima, esaminando visceri e carni: chiedono a prestito un ferro, incidono, scrutano. Frequente la tubercolosi, massime per i bovini di stalla: e si rivela con caratteristici nduli alla superficie dei polmoni e allinterno delle due pleure, talvolta manifesta nel rene, nei vasi linfatici. Allora i visceri vengono inviati alla sardinia, bolliti in autoclave seduta stante, degradati a materia e concime nella verde quiescenza della pianura. I veterinari si trasferiscono in bicicletta da un padiglione allaltro, vegliano a che nulla di sospetto abbia a varcare le chiuse barriere del macello: investiti del fidecommisso di una citt e dun popolo, la loro opera si esplica in unattenzione continua, che vieti il male: constatandolo e distruggendolo davanti le porte della citt. Ruit hora. Il mercato del bestiame vivo e delle carni, nel suo clamore pieno di omaccioni, raccoglie alle strette di mano e ai buoni patti la folla dal mestiere impellente: negozianti, macellai, commissionari (le tre categorie tipiche): pi

qualche mediatore superstite ai tempi, che agisce per conto di una macellaia femmina padrona di negozio. (3) Taluno della provincia ha un fazzoletto al collo, il cappello allindietro. Sdano, bofnchiano, annotano adagio adagio i suoi pesi e i suoi costi in un calepino bisunto, che fa le orecchie, con un lapis nero senza punta che a me farebbe venire subito il nervoso: e per loro, invece, proprio quel che ci vuole, amico intimo dei mozziconi di toscano in fondo a una tasca. Gi gli autocarri strombazzano, chiedono il passo ai pi grevi, nella galleria di caricamento dove ognuno tira a cavarsela quanto pi presto gli dato: fremono gi dirrorare del suo giusto vitto (per la dimane) la citt che precipita oggi al suo giusto mangiare, verso i dodici tocchi. Alcuni pochi sono dei baldracconi sfiancati, sanguinolenti, col tetto a pioventi, dun color verde municipale 1888: altri scivolano via lisci e laccati di bianco, modernissimi, ermetici: fuggitivi ai lontani spacci e negozi. Undici tocchi: e tutta una filologia scaturir nel negozio tra la bilancia e la cassa, tra il garzone di banco e la serva, tra laccetta e il libretto: (4) una nomenclatura conclusiva e perentoria, combinata di punta, di lonza, di canetta, di aletta, di scamone, di bamborino, di fiocco, di magatello, di filetto, di fesa, di culatta, di polpa. Ogni storia si adempie e si determina in una filologia. La complessa organizzazione del Macello Pubblico comprende un importante reparto di microscopia che fa capo allUfficio municipale dIgiene e di Sorveglianza Veterinaria: e infine una scuola per allievi macellai. Lesame clinico degli animali vivi, delle carni e dei visceri viene cos ad essere fiancheggiato da indagini microbiologiche sulle carni stesse, sui sieri, sul sangue. Si isolano e si perseguono mediante cultura bacillare ed analisi microscopica i germi de mali infettivi, del carbonchio, ad esempio, della morva, dellafta. La presenza della trichina, il microscopico verme che infetta le carni del maiale e dellorso, confermata mediante proiezione luminosa traverso la lastrina del preparato. Un apparecchio fotoscopico palesa con chiara evidenza sul telone a muro i gomitoletti insidiosi de vermi, che appaiono come rannicchiati tra fibra e fibra, quasi fossero a pensione dentro il fascio muscolare. La scuola dei garzoni macellai, sorta nel clima del buon volere fattivo ad opera del Consorzio e del Municipio, auspici il Sindacato di categoria e la Federazione Provinciale del commercio, intesa a munire di un qualche fanale conoscitivo i velocipedastri dal camiciotto rigato e dal collo rubizzo che sogliono pioverci addosso nelle vie di citt quando meno ce lo aspettiamo, alati messaggeri di ossobuco, lacett e rognon. Comprende due corsi, primo e secondo, dove nozioni pratiche sul bestiame da macello, sui suoi pregi e difetti, sui modi di constatazione di essi, sulle razze tipiche, sullallevamento, sulla tecnica del mercato, sul taglio, sul computo delle rese, sullutilizzazione de ricavati, sulle malattie pi frequenti, sulle qualit delle carni, sui nomi duso nelle diverse piazze, ecc. ecc., vengono impartite dal signor Gaetano Bestetti con chiara voce e intelligente tranquillit danimo. Egli ha tra mano il bastoncello de cacitt e se ne serve come il geografo della bacchetta a individuare sui corpi appesi i singoli organi, i tessuti, le parti. Esercitazioni di taglio

(come per i tagliatori sarti) completano il corso, su qualche maiale o vitello o quarto di bue, agganciato ad uno speciale cavalletto verde pieno di opportunit didattiche. I due libri di testo, di prima e seconda classe, sono molto chiari, conclusivi, e ben fatti. Alla fine del corso alunni e docenti si raccolgono in gruppo per una gioviale fotografia collettiva sotto il sole di giugno: e la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde conferisce lire 150 cadauno ai diplomi di primo grado, 100 ai secondi, 50 ai terzi.

1. Ai limiti della campagna, nella zona periferica esterna dove ebbero sistemazione i macelli, sorgono case recenti, a sei piani: gi cittadine e purtuttavia isolate: assai brutte, nei fianchi scialbati e nel tetto, in paragone delle vecchie cascine lombarde che i filari de pioppi e dei salci quasi nascondono, non fosse il fumo dun camino a tradirle. Queste cascine, regolarmente distanziate luna dallaltra, segnano la vecchia misura e la necessaria giurisdizione agricola della pianura lavorata. 2. Intendi: lenergia elettrica viene trasformata alla tensione di distribuzione; ch assai minore di quella di trasporto. 3. I negozianti vendono o commerciano bestiame in proprio: i commissionar trattano per conto di terzi, cio ditte importatrici o allevatori lontani: i macellai sono acquirenti, con bottega in citt, e rivendono al pubblico. 4. Secondo il vecchio costume dei milanesi, il macellaio vende a credito, alle famiglie agiate: lacquisto giornaliero viene segnato (marca) in un quadernuccio rilegato duna teletta di poco prezzo, nera o rossa o azzurrina; sul fronte, impressa in oro, una testa di bue cornutissimo. Il regolamento del conto si fa a ogni fine mese. Il quadernuccio si chiama el librett, ed uno dei pochi libri che ornino di lor presenza le case degli agiati lombardi.Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859 Please note that the above excerpt is for on-line consultation only. Reproduced here by kind permission of Garzanti Editore s.p.a., Milan 1988-93 (SGF I 19-30). 2002-2011 by Garzanti & EJGS. Artwork 2002-2011 by G. & F. Pedriali. Framed image: after detail from Jean-Baptiste-Simon Chardin, The Ray, 1728, Muse de Louvre, Paris. All EJGS hyperlinks are the responsibility of the Chair of the Board of Editors. EJGS is a member of CELJ, The Council of Editors of Learned Journals. EJGS may not be printed, forwarded, or otherwise distributed for any reasons other than personal use. Dynamically-generated word count for this file is 4285 words, the equivalent of 13 pages in print.

Preghiera

Ho pensato molte volte di voi, poveri morti, sebbene dovessi accudire allavoro di ufficio e mi sentissi, anche, poco bene. Siccome si richiede diligenza in ogni adempimento, cos finii con seguitare gli atti del lavoro: e a voi non ho pi dedicato quel cos intenso dolore, che mi pareva la ragione e il senso della mia vita. Radunando ogni pensiero pi puro, avrei voluto poter comporre una preghiera che, rivolta a Chi tutto determina, vi ottenesse una infinita consolazione. Ma, come voi vivete nella luce ed io mi dissolvo nellombra, cos capisco bene che certo impossibile che possa la mia miseria comunque sovvenire alla vostrafulgidit. E poi, forse la mia voce non suona, non pu essere udita. Che devo fare? Quando cammino, mi pare che non dovrei. Quando parlo, mi pare che bestemmio; quando nel mezzogiorno ogni pianta si beve la calda luce, sento che colpe e vergogne sono con me. Perdonatemi! Io ho cercato di imitarvi e di seguitarvi: ma sono stato respinto. Certo che commisi dei gravissimi errori, e cos non fu conceduto che potessi inscrivermi nella vostra Legione. Cos mi sono smarrito. Ma penso di voi, compagni morti. Vi sono monti lontani, terribili: ed ecco le nuvole sorgono, come sogni, o come pensieri, dai monti e dalle foreste.

Una tigre nel parco

Gli psichiatri contemporanei, come taluno deplora nelle stampe, riconducono a una sorgente infantile i maggiori fatti del nostro spirito: (1) i pi ricchi di contenuto dinamico: e cio i desider, le speranze, i dolori, e la possibilit stessa del loro

meccanismo: e le tendenze ad unarte, e gli automatismi incoercibili denominati istinti; gli affanni, le gelosie, le manie, le simpatie ed antipatie e tutti i tic variopinti di cui Nostra Magnificenza si addobba: tutti gli impulsi insomma, accettabili o riprovevoli, cio sociali o dissociali, che compongono la nostra figura di adulti. Per lo meno, questi impulsi (e la consecuzione degli atti che ne derivano) attingono dalla sorgente infantile il loro vigore nucleale: il nostro presente potenziato dalla nostra infanzia. La vita un processo unitario, una stretta consecuzione di avvenimenti, senza possibilit di oblio dalcuno di essi. La mia biografia ricchissima di deliziose (2) pre-conferme alle analisi degli specializzati e alle loro complesse sistemazioni dottrinali. Tanto che mera venuta ad idea una possibile collana delle mane del signor x.y.z. (che sarei poi io) descritte per modo da farle regredire ognuna alla rispettiva crisi infantile. La collana costituirebbe non tanto un inutile documento biografico, quanto un ameno contributo alla polemica. Molti, che ne soffrono, vedono nella propagazione di quelle dottrine il disgregarsi di un imperio morale del Bene (sic) sulla collettivit umana: mentre pi verisimile che unattenuazione dei loro rigori nei riguardi di siffatte analisi li conduca a ricevere de hoc mundo una imagine suscettiva di ulteriori aggiustamenti, teoretici e pratici, cio di ulteriori perfezionamenti. (3)

Senonch la mia tecnica di scrittore (di seconda classe) troppo lontana dai programmi per concedermi di presentare in tal modo la sullodata collana: inseguendo la sofferenza o la gioia, perverr alle immagini e quasi agli stadi infantili, ai fatti radicali e profondi della et prima: ma vi perverr necessariamente e distinto, non per volere o programma. Il mio cammino mi addurr per s stesso alla espressione necessaria, se la pregnanza del caso dimander: se no, farete a meno della mia prosa. Non cercher lespressione per volere o programma, a rincalzo duna dottrina psicologistica, per quanto acuta: dir di me stesso: non volli, mai non volli, fermamente non volli. E mi rifiuter costantemente, (anche accettando la benemerente dottrina e facendo mia propria lindagine da lei promossa), di essere il trotterellante servo della dottrina: cio un qualcosa di voluto, di forzato, di stiracchiato, di concimato con lo sterco di pollo. Se avr in mano qualche tarocco, al momento buono lo giocher.

Ed eccomi ora ad una essenziale mania, ripetibile da lontana crisi dellinfanzia. quella del Parco e del Castello di Milano. Innocente e pure veemente, come il richiamo delle sue torri ai colombi, e alle migranti rondini. Trascorsi i giorni sereni giuocando nel Parco coi primi amici, ammirando i riccioli delle bambine, i loro grandi occhi senza lacrime, estasiati: coi primi rivali nelle cariche pubbliche ci adunghiavamo e graffiavamo la faccia con una certa larghezza di vedute: e con bella e non pi ritrovata spontaneit. Il super-io, cio limperio etico

della ragione, non ci disturbava ancora eccessivamente. Tutto avvenne sotto gli occh della cara nutrice e delle succedanee: a cui il vigile dal naso violaceo e bitorzoluto si accostava deferente, n mai, per mie proterve incursioni in sul prato, ebbe a multarci neppure duna lira. (4) Le succedanee di pi in pi mincuriosivano, a giorni, a momenti: di l nacque un altro famosissimo tic, il quale perseguita (a quel che vedo) tanti altri maschi, per non dir tutti: quello del voler ad ogni costo approfondire, infrangendo i pi solenni divieti, i misteri bio-psichici della organizzazione femminile. Per merito del naso del vigile conobbi assai presto la parola peperone, (5)che per non mi turb molto. Di un altro espediente invece, che non fosse la multa, si serv lIo cosmico per significarmi il divieto a calpestare i praticelli. Volevo ad ogni costo andare a quattro zampe, nel folto pi dei cespi e dellerbe, onde procurarmi la gioiosa certezza (ogni qualvolta lo ritenessi necessario ed urgente) della mia immedesimazione in una tigre reale. Il no dellIo cosmico si manifest tutta un tratto, lultima volta che feci la tigre a quattro zampe, sotto la specie duna strana marmellata (oh! non era di susine!) che prese a fertilizzare tra le mie dita quella jungla improvvisamente fetida: e nel suo luogo pi folto e nel momento mio pi tigrino. Ne piansi a dirotto bench tigre: fino alla completa abluzione delle zampe anteriori, cui dalla fedel nutrice venni amorosamente sottoposto, alla pi vicina fontanella: e il mio ideale di riuscire una tigre reale van, ahi!, per sempre. Delusione narcissica? Lasciamo agli psichiatri di interpretare il fatto, le modalit del fatto, le conseguenze del fatto. Volevo dire che dai gaudiosi mattini della primavera mia e del mondo, dalle lunghe sere vissute con cos felice interezza davanti il Castello (dov ora il mortaio austriaco) a correre, a chiamare, quasi a volare, come facevano i rondinini con mille stridi di vita, o tuffando il mio animo impaurito nellombra de cupi fossati, alitata allora dallo svolo romito del pipistrello; da quegli odori dei fieni e dei cespi, da quella porpora (volevo ricordare) che i tramonti distesero sulle merlature e sui coppi, quasi un drappo ducale e sforzesco, da quei dorati e sanguinei rimandi che lultimo sole suscitava nelle vetrature dei finestroni, e dalle infantili fantasie che li accompagnarono, nato, a poco a poco, tutto il repertorio del futuroromanzo, cos degno danalisi psichica, della pi terrificante analisi. Se il tribunale analitico dir che si tratta duna sublimazione degli istinti, non ci patir affatto: seguiter a mangiare con appetito anche ove sia questione del tale istinto, e di quella tal fase del tale istinto, che incute un cos morboso terrore alla zia Cunegonda. Un siffatto repertorio referibile al complesso edipico: per cui tributavo alla nutrice (era, veramente, quel che si dice una balia asciutta, con tutti i coralli e le filigrane del caso) i commisti sentimenti di amore, venerazione, soggezione: tramutatisi poi poco a poco, nei confronti delle succedanee, in uno stimolo sempre pi acre, duna sempre pi proibita curiosit. E lamore delle torri, dei fossati, delle chiuse ed alte mura, il sogno dei castelli, e tutte in genere le imaginative, per me cos veementi, di casa, di protezione, di chiusura, di porta sbarrata, di mura della citt, di corpo di guardia, di esclusione

degli sconosciuti dalla citt e dalla casa, son riferibili, dicono, ad un lontano richiamo, ai battiti superstiti della prima vita, memoria di quella fase del divenire che ancora simplicava in una vita potente e provvida: e la bellezza materna si consumava nelladempimento. (6) Lipotesi di questa ricapitolazione e valorizzazione operata dallinconscio non mi sgomenta per nulla: il meccanismo della nostra formazione individuale daltronde una eptome, un riassunto del cammino percorso dalla discendenza. Questa proposizione, fondamentale in Darwin, oggi banale. Ma torniamo al Parco, al Castello. Talora dei soldati si avvicinavano allo sciame linguacciuto delle bambinaie, e dicevano loro parole un po melliflue (io non le comprendevo) con accenti per me inusitati: le bambinaie si guardavano attorno, poi ridevano, starnazzavano come una frotta di pappagalli femmine, dicevano: vadino via, adesso deve venire la padrona..... E a noi che ci fa la padrona? A lori niente, ma a noi povarette! Il nostro padrone di noi la naja..... Non capivo, ma deploravo: la bambinaia era mia, e i soldati erano gi grandi, e potevano farne a meno: dovevano fare gli esercizi, vergogna!, e marciare in fila, e sparare il fucile, e non chiacchierare con la mia donna di servizio. Oh! i meravigliosi plotoni, a passo cadenzato, ogni uomo col fucile a bilanciarm, con lo zaino di pelo di capra, con la gamella affibbiata sullo zaino, col rotoletto del telo a tenda! Ecco, forse, donde scatur la mia mania militare: e il primo nascere del senso di simmetria, di parata e di ordine: quel bisogno di ordine che ha reso cos poco felice la mia vita! E gli psichiatri, adesso, cosa diranno? Fin che si trattava di bambinaie, pazienza. Ma ora si manifesta un istinto coercitivo sul mondo esteriore. A qual fase dello sviluppo riferibile? Si manifesta una sodalit con esseri del mio medesimo sesso, che mi appaiono quali desiderati modelli: un giorno io avr le loro medesime armi, il fucile, la baionetta, e mi pavonegger, se non proprio davanti alle donne di servizio, ma certo davanti ai loro corrispettivi del mio grado sociale: saranno donne stupende, che suonano il piano, cantano in inglese, e dipingono dei cagnolini appena nati. E le rovine dattorno il Castello mi avvincevano per quel non so che di pauroso, di misterioso, di avventuroso, di male odorante, che ne significasse lantica e la nuova protervia. Le fucilazioni austriache e le impiccagioni spagnole avevano ridato in quegli anni ossa e teschi, alle mani degli sterratori e dei giardinieri. Un nome era gi nella mia mente di bimbo: Radetski. Una paura del mio animo di bimbo: i teppisti, il coltello. Odori corrotti scaturivano dai rotti muri: i fili alti e tesi dellerba, a giugno, portavano in sommo una spica granita suscitando, come valorosi, la mia ammirazione: erano esseri pieni e turgidi, allapice della loro vitalit, eretti nel sole. E quegli avanzi di mura disvelarono primi, al fanciullo, lesistenza di altre possibili persone e costumi: poich si doveva pensare necessariamente a qualcheduno il quale accudisse, certo di nottetempo, ad arricchire le paurose rovine di simili tonalit. (La sintesi dellolfatto era vivida ed immediata).

Erano dei poveri, o dei cattivi? Bisognava fargli la elemosina o farli arrestare? Compatirli o temerli? Chi li metteva in gastigo? Chi erano i poveri? Essi dovevano consumare poco gas. E perch erano poveri? E perch non dormivano in casa? E come mai non avevano paura dei ladri? Avevano anche loro la donna di servizio? E allora perch si grattavano? La mia mente di signorino incontrava per le prime volte il male morale, (7) e le mie zampe di tigre la malignit effettuale del male fisico. I miei sensi, gi avidi di cognizione, pativano, tra i fili alti dellerba, larrembaggio delle crude zaffate, il mio animo sgomento larrembaggio notturno della paura. Le donne di servizio mi assicuravano e giuravano unanimi che se luomo del sacco andasse ancora una o due volte sul forte, a fare i suoi bisogni, si sarebbero chiamate le guardie, per farlo arrestare. Eccolo l, sulla panca, frugava e rovistava nel sacco, ne traeva pettini sdentati, una pipa, delle bretelle di ricambio, del gorgonzola: lo investivo di tutto il mio disdegno di tigre reale ferita nel suo amor proprio, cio caduta in delusione narcissica. (I due testi si equivalgono). (8) Stava ora, che pareva spennasse una quaglia, levando al gorgonzola, uno a uno, i bruscoli di tabacco e i francobolli vecchi che ci si erano appiccicati su, non ostante lincarto. Poi volgevo lanimo altrove: le donne starnazzavano, con risa di oche. Cerano, e ci sono, tre rovine da settentrione. La centrale mi pareva il pi cattivo dei forti perch in colmo dellarchivolto cerano, e ci sono, due bei buchi rotondi: e di l, se luomo ci si arrampicava sopra.... Non volevo assolutamente passare sotto quellarcata: e strillai, recalcitrando furioso alla trazione della bambinaia. Che non si cur di analizzarmi.

1. Spirito in unaccezione alquanto sensistica. 2. Ironico, beninteso. Lautore ha avuto anticipate e dolorose conferme di quanto poi gli sar dichiarato nelle sistemazioni dottrinali. 3. opinione dellautore che una nuova Etica non possa prescindere dalle nuove dottrine psicologistiche. 4. Il vigile (1896) ebbe naso paonazzo e bitorzoluto e corteggi assiduamente la bambinaia del Nostro. 5. La casistica dei sogni e degli incontri di immagini, nella psicanalisi, assegna a taluni frutti valore di simboli sessuali o di allusioni al sesso. Cosa ovvia del resto; e ne abbiamo conferme filologiche ad ogni momento. 6. La fase intra-uterina della vita sarebbe gi contrassegnata dallinsorgere di causali bio-psichiche degli stad a venire. 7. Le mal moral, le mal physique, ecc.: sono espressioni delletica settecentesca. 8. Luomo del sacco era il probabile autore della marmellata.

VISCERAME GADDIANO Magda Indiveri1. Organicismo 2. Visceri 3. Il ventre: forma esterna 4. Il ventre: la donna 5. I visceri: le passioni 6. Pienezza, peccato 7. Viaggio al centro del ventre 1. Organicismo Gadda ha seguito tutto il corso universitario di Filosofia: ha anche in casa, come lui si esprime, dei pacchi, anzi nu' cuofeno 'e meditazioni filosofiche (VM,93). Il polo d'interesse, per il quale egli trova un punto d'incontro tra la meccanica combinatoria di Leibniz e il positivismo, va ricercato nell'ambizione ad allargare il campo delle conoscenze, secondo un metodo di scandaglio: una sorta di Annales Brunsvicenses dell'umanit, dilatato alla storia naturale, alla biologia, alla geologia, introducendo quelle che Darwin chiamava classificazioni genealogiche. In tale ampliamento, Gadda cura di ricercare l'incatenamento logico dei fatti, la zoliana articolazione combinatoria del mondo; si preoccupa di organizzare i dati in serie causali; vuole sperimentare combinatoriamente tutte le possibili forme e modalit di un tema e di una figura[1]. A questa visione delle cose si collega la passione per i problemi dell'evoluzione e della genetica. Gadda fermamente convinto che l'ontogenesi ripeta la filogenesi, e tende quanto pi possibile a ricostruire questo phylum. Egli vuole ripercorrere il cammino delle generazioni (CO,46), la teleologia evoluzionistica: il fine imperativo cui sottost il diuturno lavoro delle cellule (CO,8). Il paesaggio stesso un costoso elaborato delle epoche, l'affiorante parvenza (MI,74) di una maturazione durata millenni. Gli animali raggiungono l'optimum della forma nella pertinace evoluzione della discendenza (AD,240). Ugualmente, in ogni essere umano il sangue, traverso i millenni, doveva aver comportato e risolto tutta una serie di problemi infinitesimali... Chi gli aveva disegnato la faccia?... Di che gente o costume era venuta quella fronte?... Quando, e da quale mente era stato progettato? (Ib.) L'uomo dunque un progetto attuantesi nel tempo, un insieme di miglioramenti e di scarti che lentamente si stratificano: Oh! Anche il mio polso batte da secoli, il mio cuore... sono un elaborato dei secoli (NS,139). Peculiarit spirituali vengono a

prender forma accanto all'evoluzione fisica: gl'imponderabili atti e modi, le oscure e tormentose delibere, le profonde elezioni dello spirito... l'oscuro tendere, l'oscuro volere affiorano nella risorgiva di una persona (AD,240), nell'espressione dell'io vivo, gi plasma, e negli anni organato da un' "idea" differenziatrice (MI,264), bloccandovi le medulle (AD,70), cio profondamente incavestrandosi all'organismo. Questo flumen, questa eredit comune lega non solo gli uomini, ma l'universo intero, il popolo folto e fedele dei pioppi (MF,57) ai propri antenati, tramite una memoria biologica che reca in s attitudini, elementi concettuali, tracce mnemoniche delle generazioni precedenti. Oltre al principio neo-darwiniano della continuit del plasma germinale, vi risuona anche il motivo bergsoniano della memoria organica del passato nel presente: Il raro fiore dell'evento nasce da una molteplicit di tentativi e da un rinnovarsi di prove, come l'unicit pura di un cristallo da pi vasta presenza della sua materia nella memoria delle rocce (VM). In questi termini matura l'idea, ancora di ascendenza bergsoniana, di una concordanza di tutti i viventi, in simbiosi con l'universo. Le relazioni tra le parti sono regolate dal principio leibniziano per il quale ogni individuo un groppo di rapporti; questi ultimi si estendono a tal punto da comportare la partecipazione del gravame comune delle colpe: Se un eredo-luetico alcoolizzato a Maracaybo, taglia la gola con un colpo di rasoio a una povera meticcia ch'egli sfruttava e picchiava fino a farla sputar sangue, io, io, Carlo Emilio, ne sono per la mia quota parte responsabile (VM,196). E aggiunge: Chi trascura questi nessi... non ha letto e non ha meditato a sufficienza la monadologia di Leibniz, n i Karamazov di Dostoiewski. Non ha letto o non ha inteso i Vangeli (Ib.). Si tratta del principio, gravido di risonanze, illustrato da Freud in Dostoevskij e il parricidio: Non importa chi abbia effettivamente commesso il delitto. Tutti i fratelli sono egualmente colpevoli[2]. Questa affermazione sembra condurre a un'ulteriore osservazione: le relazioni tra i viventi, ed il desiderio, che pi reale dell'atto (Matteo, V, 27-28), fanno s che la mano che uccide sia sempre la propria mano; in altre parole, Gadda si prefigura l'intero universo come un unico, grande organismo, l'animale del Timeo di Platone. Cos Nietzsche, per il quale il corpo umano non una cosa o una sostanza data, ma una creazione continua (bestndige Schpfung). Gadda ne profondamente convinto: la materia (le platonica di MM) la memoria logica, la premessa logica su cui lavora ogni impulso finalistico, ogni forma attuante se stessa (VM,168). Da qui nasce l'organismo gaddiano, in quanto l'organismo, per sua stessa formula, grumo di relazioni: la monade organismo o sistema (MM). In tal senso esso costituito da varie parti, che funzionano in connessione tra loro:

L'operosit categorica dell'organismo-corpo (idea-categoria lavorante sul preesistente anatomico) produce un armonico trofismo... che non esisterebbe pi se ogni parte andasse per conto suo (MM,222); nasce uno squilibrio quando l'organismo sottopone ad una usura eccessiva un organo (MM,206). Dal lato opposto, il cervello non deve volere tutto per s, ma anche l'intestino... i piedi e i polmoni e il filone della schiena han pur diritto a un certo qual trattamento (MF,88). Caratteri psichici e somatici operano nell'organismo assolutamente appaiati: lo squallore e la sciatteria di un ambiente sono... nemici altrettanto dell'anima che dell'intestino, dello spirito che dei rognoni (MI,122); l'orgoglio vero [] insito nel mio midollo spinale, nel coccige, nei calcagni (CU,137); la volont diventava persistenza fisica, circolazione, respirazione, digestione, opera del colon (MI,25). E' interessante constatare come ogni evento sia armonizzato, inserito, considerato in una fisiologia. Gadda ammise una volta che il grande merito di molti mmoires, come anche di quel genere di scritture che dimandiamo "romanzi" e confessioni ed autobiografie era quello di non astrarre i temi dal totale contesto d'una biologia (EP,31). Persino nel proprio progetto di abitazione un uscio, un passaggio, una porta, il serbatoio... furono previsti in armonia con l'insieme, fissati, definiti nel gioco delle interdipendenze inevitabili, armonizzati in una fisiologia (NS,139). L'organismo umano ed il suo funzionamento sono inequivocabilmente, per Gadda, modello dell'intera realt. 2. Visceri Se anche la propria casa ideale stata disegnata da Gadda secondo un modello fisiologico, capita anche abbastanza spesso che lo scrittore crei delle metafore in cui "organicizza" gli aspetti pi vari dell'universo. In queste occasioni vi una zona peculiare dell'organismo umano nettamente privilegiata: la zona pi interna, centrale, localizzata nei visceri. Per Hans M. Enzensberger i visceri assurgono a pietra angolare della poetica di un Gadda inteso piuttosto come "umorista": "Anche Gadda, come Jean Paul, s'immerge nell'interno del mondo, ma la sua interiorit di un altro tipo: l'interiorit cruenta delle frattaglie. Le interiora, gli intestini: questa la parola-chiave dell'opera di Gadda; le interiora della realt sono il prototipo labirintico del suo stile. Egli legge nelle sue trippe e nelle sue ghiandole, scruta i segreti della loro secrezione e descrive il loro recondito metabolismo[3]." Certo i visceri partecipano del pasticcio, del groviglio, gli emblemi della filosofia e della poetica gaddiane. Un groviglio che chiede di essere districato, chiarito in ogni suo tratto: Gadda si comporta come Leonardo notomista:

Si pu presumere che una mano inesperta al disegno dimentichi le anse addominali nel groviglio ignobile dell'indistinto, ma Leonardo non pu sbrigarsene con un bel nodo alla marinara (come nell'inane simbologia di Mondino, di Hundt, di Peyligk, dove p.e. l'intestino raffigurato da una fettuccia, annodata in fantastici gruppi), e deve ritrarle come sono (MI,227). Lo stesso stile della pagina gaddiana, il percorso romanzesco alludono all'itinerario intestinale, mai lineare ma curvilineo, avvoltolato su se stesso, ramificato, ricco di digressioni, labirintico. Le anse addominali, apparentabili a quelle cerebrali, sono la zona labirinto del nostro corpo: molte fantasie infantili, raccolte da Melanie Klein[4] ne danno conferma. La storia della specie inizia nelle caverne, cos come la storia dell'uomo ha inizio nell'utero materno; e nelle caverne paleolitiche ci sono passaggi labirintici, meandri, gallerie tortuose. Il tema mitologico del palazzo di Cnosso, che tramanda il simbolo del labirinto, una delle rappresentazioni della fantasia del nascere, del farsi strada attraverso i visceri, dove intestini e utero collimano. Su questi elementi Gadda ha costruito numerose metafore: il sottosuolo presente come luogo di nascita delle gemme preziose: ...un bel cilindretto verde nero lustro... chicca misteriosofica, nelle antiche viscere del mondo celata, alle viscere del mondo carpita (PA,280). Una nascita umana avviene invece dall'interno di un grande transatlantico: Da 'o Conte Verde! ...Ne svolan fuori a frotte, difatti da 'a panza d' 'o Conte... che dopo lunga gita a stramondo venga finalmente deposta a terra, dischiusa (PA,207), e pi esplicitamente: le ragazze, non appena scodellate sul Beverello dal tenebricoso ventre del Conte... (PA,209). L'angolo descrittivo si allarga sino a comprendere la citt: i visceri della quale sono tradizionalmente localizzati nei condotti sotterranei: Le fogne profonde, budelli neri delle metropoli per tutto lo stronzame dell'umanit (ME,62)[5]. Nell'organismo casa, in particolare le zone di raccordo, i corridoi, specie se stretti e tortuosi come nelle case vecchie, possono degnamente fungere da interiora: Una limonata in ghiaccio al 45! udivo urlare di tanto in tanto fuor dal