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Page 1: Antonio Vivaldi - culturamusicaleinbrianza.it · Antonio Vivaldi GLORIA Carissimo coro eccoci per un altro incontro con un autore di cui cantiamo le opere. ... L'opera sacra di Vivaldi

Nazzareno Pederzani

Antonio Vivaldi

GLORIA

Raccolta di pensieri ad uso del coro CANTICUM NOVUM di Renate

Coro CANTICUM NOVUM Renate

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Antonio Vivaldi GLORIA

Carissimo coro eccoci per un altro incontro con un autore di cui cantiamo le opere.

Per noi è sempre una grande soddisfazione poterci avvicinare a queste grandi opere di grandi

autori. È come essere sempre a tu per tu con opere di Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci

eccetera. Noi non ci accorgiamo più di queste grandi opportunità che abbiamo, invece dobbiamo

essere sempre coscienti che stiamo rendendo udibili opere che appartengono al patrimonio

dell'umanità.

È come se Vivaldi vivesse ancora oggi tramite noi, il coro…. E questa è la magia della nostra

musica, ricordiamolo sempre

L'opera sacra di Vivaldi (Don Antonio Vivaldi), comprende solo una trentina di opere non certo

paragonabili come cifra alle centinaia e centinaia di suoi concerti, sonate e opere di ogni genere.

Questi manoscritti sono stati scoperti solamente negli anni venti, nemmeno cent’anni fa. Si sapeva

che Vivaldi avesse scritto qualcosa di sacro ma apparentemente non esistevano i manoscritti o le

stampe (rinvenuti poi nel Fondo Foà-Giordano della Biblioteca Universitaria di Torino). In effetti

Vivaldi ha fatto stampare le opere strumentali ma non quelle sacre per motivi che ora non sto qui ad

illustrare.

Le opere arrivate a noi hanno comunque la sua impronta: il dominio degli archi, l'immediatezza

dell'insieme sonoro, la semplicità costruttiva che però non è indice di superficialità, un godimento

estetico sempre immediato.

Mentre a Roma (scuola romana) si continuava imperterriti a concepire il canto liturgico

essenzialmente a cappella, a Venezia (scuola veneziana) fin dal ‘500 viene impiegata stabilmente

l’orchestra, con effetti quadrifonici sorprendenti. La chiesa di Venezia non era sempre osservante

delle norme stabilite a Roma e si muoveva in modo autonomo.

Ma veniamo al nostro GLORIA.

Questo Gloria RV 589 del 1716 è senz'altro una delle pagine più conosciute ed eseguite del

maestro veneziano proprio per l’incipit che attira subito i favori dell’ascoltatore; l'organico è

composto da un coro a quattro voci classiche, come solisti sono previsti due soprani, un contralto e

l'orchestra comprende oboe, tromba, archi e basso continuo. Il testo è quello liturgico, che si canta

nelle feste, organizzato in 12 parti alternate fra momenti corali e solistici: gli interventi strumentali

mutano in base al mutare delle opzioni vocali impiegate. Il TUTTI orchestrale si manifesta solo nel

primo e nell'ultimo brano che hanno intenti tematici identici.

Il Gloria si apre con un’incisiva e ritmica introduzione orchestrale tipicamente vivaldiana.

All’unissono iniziale degli strumenti segue una vivace, semplice cellula melodica di una battuta che

rompe la staticità ritmica iniziale, da qui una progressione discendente introduce l'entrata

omoritmica del coro. L'orchestra accompagna il coro con un disegno semplicissimo di crome che

procede formando semplici accordi consonanti. Il brano, fluidissimo e brillante riesce a comunicare

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un grande senso di gioia. L'intervento della tromba comunica quel senso trionfale e di gaiezza che

rende molto interessante questo primo brano.

Segue il versetto Et in terra pax . Qui l'atmosfera cambia radicalmente; Vivaldi interpreta il testo

usando lo stile imitativo, le voci s’innestano due a due intessendo un lento tema cromatico. È un

brano molto interessante: alla pacatezza degli intrecci corali si aggiungono gli archi che nella parte

grave punteggiano ritmicamente e incessantemente tutte le frasi mentre i violini intessono più rapidi

disegni che ricordano quelli del Gloria introduttivo. Da notare l'intervento cromatico ascensionale

sulle parole BONAE VOLUNTATIS, quasi a sottolineare che la pace dobbiamo volerla noi per

primi, persone di buona volontà.

Il Laudamus te è un duetto per due soprani con l'accompagnamento di archi e continuo; il brano

è allegro, il clima è quello festoso espresso dal suono brillante degli archi con l'uso di abbondanti

progressioni tipicamente vivaldiane

Segue l’adagio del Gratias agimus tibi : sei battute in tutto in stile omofonio che fa da ponte fra

il due brillanti brani, il precedente e il seguente.

Propter magnam gloriam tuam: è un breve, vivace, brillante fugato a quattro voci accompagnato

con un semplice raddoppio del coro da parte degli archi. Verso il termine i tempi sembrano

rallentare rendendo il brano meno gaio e preparano l'ascoltatore alla successiva parte più lenta.

Il Domine Deus Rex Coelestis . L'andamento "alla siciliana", in 12 ottavi e l'intervento dell'oboe

rendere pastorale e idilliaca quest'aria per soprano e basso continuo, la voce pulita del soprano

mette in risalto di volta in volta la parola PATER, Padre, con un lungo vocalizzo. Questo espediente

si manifesta ben quattro volte in modo sempre più intenso per dare ancora un maggior significato

alla “Paternità di Dio”.

Segue Domine Fili Unigenite : dopo l’introduzione strumentale il coro avvia il suo intervento

con un incisivo ritmo usando la tecnica del canone. Il brano ha un certo sapore spavaldo e operistico

forse un po' eccessivo per il testo musicato. Da osservare che quando le frasi ritmiche giungono al

termine, alla parola “Jesu Christe”, si assiste a un frettolosa conclusione dell'entusiasmo iniziale.

Domine Deus, agnus Dei : l’unico brano che vede la compartecipazione di una solista e il coro.

L’introduzione affidata al continuo (violoncello e organo) ci porta in un’atmosfera più intima:

l'intensa voce del contralto che canta una dolcissima melodia, invoca l’AGNELLO DI DIO, mentre

il coro interviene con frasi invocative sempre più marcate per invocarne il perdono.

Qui tollis, di nuovo il brano è affidato al coro con sostegno dell’orchestra: un coro omofonico

che lentamente e progressivamente aumenta la propria sonorità sulle parole: ASCOLTA LA

NOSTRA SUPPLICA.

Qui sedes ad dexteram patris, brillante aria per contralto, dal chiaro sapore di concerto: dopo

un’introduzione orchestrale (sempre d’archi) si snoda la melodia vocale che sembra colloquiare tra

il Tutti dell’orchestra e il Solo del contralto: sullo stile dei vecchi Concerti Grossi.

Quoniam tu solus sanctus: ritornano oboe e tromba in questo brano che in realtà è una frettolosa

sintesi e riduttiva sintesi del materiale utilizzato nel primo movimento e introduce la solenne fuga

finale.

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Cum Sancto Spiritu: forse il brano più interessante della raccolta: è un complesso fugato che

però conclude anche un altro Gloria, non è opera di Vivaldi; si tratta di una sezione

di Gloria scritta da Giovanni Maria Ruggieri nel 1708 e solo ricopiata dal compositore veneziano.

Qualcuno del coro ha fatto giustamente osservare come questa composizione sia più “leggera” di

quella di altri contemporanei. Ed è vero. Un paragone con l’omonima composizione di Bach , per

esempio, è già opzione impraticabile. Per chi conosce entrambe le opere, quella di Vivaldi appare

frettolosa, superficiale. E’ anche possibile che i suoi tempi ristretti lo abbia obbligato a questa

scelta, forse l’inserimento nel finale di un brano di altro autore ne può essere la conferma: non lo

sappiamo.

Ci rimane però sempre il gusto dell’immediatezza, dell’inventiva brillante, del piacere

dell’ascolto di una serie di brevi brani che hanno sempre il sapore del fresco d’inchiostro.