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Anchk Djed Was . Anno II° . n° 6 / 7 Giugno – Luglio 2015 1 Ankh Djed Was Editoriale mensile del Rito Orientale e Mediterraneo di Misraim e Memphis Anno II° - N° 6 / 7 – Giugno/Luglio 2015 Pubblicato a Luglio 2015 Sommario: Platone aveva doti di preveggenza In assenza di Dio, tutto è permesso. Fenix Il Terzo Grado della Muratoria come promessa di reintegrazione Vince Epitaffio al Fratello Andrea Costa - Giovanni Pascoli

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Anchk Djed Was . Anno I I ° . n° 6 / 7 Giugno – Luglio 2015

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Ankh Djed Was Editoriale mensile del Rito Orientale e

Mediterraneo

di Misraim e Memphis

     

Anno II° - N° 6 / 7 – Giugno/Luglio 2015 Pubblicato a Luglio 2015

Sommario:

Platone aveva doti di preveggenza

In assenza di Dio, tutto è permesso. Fenix

I l Terzo Grado della Muratoria

come promessa di reintegrazione Vince

Epitaffio al Fratel lo Andrea Costa - Giovanni Pascoli

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Platone aveva doti di preveggenza; leggiamo insieme …………………………

“Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per potere continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle? In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli;

Platone ad Atene

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in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo? Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice. Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo”.

Scritto da Platone 2.400 anni or sono.

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Recita un detto; In assenza di Dio, tutto è permesso.

Se si tenta una analisi della logica di questo periodo, si nota subito che i possibili significati reconditi, insiti in tale concetto, sono molteplici.

Ma che cosa è l’assenza di Dio?

Per me che credo nel Supremo Artefice dei Mondi, che è Dio, non ne è concepibile la assenza; sul piano fisico, sull’animico e su quello spirituale, sempre che quest’ultimo, mi sia possibile assumerlo con il denso limite della sola mia ragione. Comunque considero che Dio senza me esiste, invece io, senza di Lui, non esisterei. Strano vero? Lui non si vede, non si può toccarLo e nemmeno concepirLo; io adesso ci sono, domani con il mio corpo non ci sarò più ma resterà comunque eternamente la parte di Lui che è in me. Lo Spirito, la Scintilla Divina, che sta anche in ogni altro essere umano, oltre me.

E per un agnostico che cosa è l’assenza di Dio? In effetti non devo rispondere io a tale quesito e non intendendo farlo, mi limito ad interpretare l’agnosticismo nella umana possibilità di attribuire alla Intelligenza, ciò che Noi definiamo “la Scintilla” divina che sta nel Cuore degli uomini.

D’altronde per me che credo, l’intelligenza rappresenta un dono fatto da Dio all’uomo al fine di ben rappresentare in tale essere creato, la Sua presenza, nonché la fondamentale differenza con tutti gli altri esseri viventi del pianeta terra. Ma l’agnostico ritiene che con la morte tutto si estingua. Ogni nostra parte, intellettiva e materiale. Per non parlare poi di dio, nella cui esistenza l’agnostico dichiara di non credere.

Gli antichi Egiziani, in varie forme teologiche, con la scrittura geroglifica - dal greco ἱερογλυφικός (hieroglyphikós) cioè “scrittura sacra” – vollero  trasmettere ai posteri, non solo sapienza e storia, bensì autentica tradizione sacrale.

Esistono nelle simbolizzazioni geroglifiche, segni che inducono a credere che la presenza del dio sia continuamente immanente; per gli egizi nulla poteva esistere che non fosse “nato da dio” o dalla Sua conseguenza, la Creazione, rappresentata nel piano terreno da Iside, la Natura. Quando partendo dall’Egitto, il gruppo ebraico con a capo Mosè, vagò prima quaranta anni nel deserto e poi approdò alla terra promessa, portò con se un particolare alfabeto, in parte derivante dalla scrittura demotica, ma esplicitato con

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particolari lettere la cui composizione dava luogo a parole nelle quali era fortissimo il senso del simbolo e del numero. Tutti le varie forme di divinità (anche quelle apparentemente monoteistiche), che si sono succedute e trasformate, nel corso del tempo e nella tradizione ebraica, hanno nome impronunciabile dall’uomo; la pronuncia del nome divino, produceva anatema e maledizione e ancor oggi, nell’ebraismo vale tale legge. I negromanti, i cabalisti eretici, ebrei e cristiani, i sufi islamici, invocano gli angeli di ogni gerarchia e sorta, pronunciandone i nomi; questo facendo essi, tutti, si espongono a forze reagenti o agenti, non sempre benefiche.

“Non avrai altro Dio all’infuori di me; Non pronunciare il Nome di Dio, invano.

Spiegare ciò non appare particolarmente complesso; si è voluto fortemente, ed in modo teurgico (solo il Cohen Gadol una volta l’anno poteva pronunciare il nome divino, inciso in una medaglia posta nell’Arca Santa) affermare che la presenza di dio è talmente potente in ogni singola molecola dell’universo, che la sola pronuncia del nome divino, da parte di un essere umano, potrebbe rendere impuro tutto il creato. In particolare, poi, non è mai stato chiaro – a chi invece finge di sapere, ma non sa - che la pronuncia dei nomi angelici è una operazione complessa. Di più non dico.

Dio è Parola creatrice, soffio di Ptah, grande Hom –Tutto il creato è scaturito per mezzo della divina concezione e della parola vivificatrice (suono o vibrazione generante). Al principio era il Verbo, dice Giovanni – e il verbo era Dio - e il Verbo era presso Dio ecc.

Forse vi è una parafrasi velata nel testo, ……………..

In un rituale dei massimi Gradi del Rito di Misraim, una frase recita:

Dio è Legge – Quando l’Uomo dimentica Dio, sulla terra non esiste più alcuna Legge.

Non serve in assoluto assumere in se la responsabilità della pronuncia del Nome divino; ma è utilissimo, e per gli Iniziati addirittura indispensabile, ricordarsi continuamente di Dio. Del Dio che è in Noi e di rivolgersi a Lui nella meditazione silenziosa.

Vi domanderete il perché di questa mia disquisizione; l’umanità è sempre stata afflitta dalle guerre più sanguinose, fatte nel nome del dio di quel

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momento. Proprio di recente, il Papa Francesco che guida la comunità cattolica della Chiesa di Roma, ha affermato che perché possa esserci la terza guerra mondiale bisogna attendere che almeno termini la seconda. Senza soluzione di continuità, come il fuoco che cova sotto le ceneri per ravvivarsi al primo soffio d’aria, l’ultima guerra mondiale non è terminata con Hiroshima e Nagasaki, semmai è ricominciata da quei due terribili eventi.

In uno dei film della saga di Star Wars, quando l’astronave pianeta “la Morte Nera” distrugge il pacifico pianeta Alderaan, la principessa Leila dotata di facoltà telepatiche, avverte l’urlo dei morenti di quel mondo.

Correlazione freudiana? - Forse che i Santi abbiano udito, o odano tutt’ora l’urlo degli abitanti delle due citta bruciate dalla bomba atomica?

Oppure le urla di coloro che ogni giorno muoiono in medio oriente, in Africa, o di chi muore per fame e che tentando di sfuggire alle loro tragedie affogano a due passi dalle nostre belle e comode case.

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Si, sono guerre anche queste; la fame dei popoli sfruttati (di chi in Oriente guadagna 13 euro al mese) di chi per andarsene verso ciò che considera vita, soggiace ad ogni angheria e con tenui speranze di approdare al mondo pasciuto.

Pensandoci mi sembra di udire, rivolte verso di noi, verso il “mondo pasciuto” le parole del personaggio manzoniano, de “I Promessi Sposi” - Fra Cristoforo quando davanti a Don Rodrigo proferisce la terribile frase;

Ho compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa. State a vedere che la giustizia di Dio avrà riguardo a quattro pietre, e suggezione di quattro sgherri. Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone era indurito quanto il vostro; e Dio ha saputo spezzarlo. Ve lo dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno.................................. …….. E con le parole di giordano Bruno al momento della sua condanna a morte da parte del tribunale della inquisizione - “Tremate forse più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”. Sicuramente verrà per ognuno il giorno. Speriamo che sia quello nel quale la piuma di Maat pesi più del nostro cuore. Ma in merito a ciò ho poche speranze.

Seth

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Il Terzo Grado della Muratoria come promessa di reintegrazione

Tavola tracciata da un Nostro Carissimo Fratello Maestro Massone

Venerabilissimo Maestro, Fratelli che ornate l’Oriente, Fratelli Maestri tutti.

Questa tavola vuole essere un tentativo di suggere il secretum dai nostri lavori, sia di loggia che individuali.

Avrà un "taglio" assolutamente non convenzionale e soprattutto cercherà di esplorare, con gli occhi di un iniziato (e non di un semplice "iscritto") alla Libera Muratoria, quale possa essere il senso di una leggenda che è tanto pregnante, quanto, singolarmente, poco oggetto della dovuta attenzione e riflessione, nel lavoro che viene svolto nei gradi simbolici: la Leggenda di Hiram.

Tutti noi Fratelli, giunti al terzo grado, quello della Maestria, comprendiamo il significato morale, forse allegorico della uccisione di Hiram, Architetto di Re Salomone che presiedeva alla costruzione del Tempio di Dio (per ordine di Salomone medesimo), percependo che non è con la ignoranza, la invidia e la violenza che verrà ottenuta la ricompensa e l'ammissione alla maestria.

Infatti i tre compagni malvagi che uccidono Hiram e, ritualmente, nella cerimonia, il Compagno che dovrà rinascere nella maestria, rappresentano proprio queste tre caratteristiche negative ancorché umane che l'iniziato è chiamato a sublimare.

Brevemente sarà il caso di soffermarsi sul simbolismo negativo dei tre compagni malvagi, ritualmente rappresentati dal MV e dai due sorveglianti, che uccidono Hiram, il quale, nella cerimonia di Elevazione, è il recipiendario al grado di maestro e poi, sempre nella ritualità, divengono coloro che lo faranno risorgere dalla morte.

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In effetti tale ritualità esprime in modo tangibile ed inequivocabile il dualismo che in Massoneria siamo chiamati, dal Terzo Grado in poi, a superare e sublimare, in nome di una rinnovata e ritrovata Unità, consci che il dualismo della scacchiera, che ben conosciamo sin dal primo grado, non evidenzi se non la medesima natura e qualità delle caselle, differenti solo nei colori di bianco e di nero.

Ma ora cerchiamo di interrogarci sul perché Hiram, essendo stato ucciso, dovrebbe poi risorgere, ed inoltre, se con la di lui morte, la Parola è perduta, come sarà possibile ritrovarla?

La mia chiave di lettura della leggenda del grado è che sia lo Spirito ciò che viene nuovamente a risorgere, libero dalle costrizioni della materialità e delle necessità dell'anima.

Risorge dunque lo Spirito, il Soffio, in sostanza, la Parola che è la nostra Essenza e che ci rende eretici al cospetto della profanità. Credo infatti che, portatori delle idee di libertà e di universalità nella ricerca e nella spiritualità, i massoni siano i custodi della eresia Bruniana, della percezione degli universi infiniti nell’Uno.

D’altra parte eretico, proviene dal greco AIRESIS, che significa scelta; noi, come massoni, scegliamo di domandarci, di approfondire, di cercare il senso della nostra stessa appartenenza alla Massoneria.

Secondo il mio punto di vista, nel Terzo Grado la Libera Muratoria cessa di essere metodologica e costruttiva e, pur non diventando eminentemente contenutistica, si occupa finalmente dell’Essere e della sua Essenza.

Infatti, il Verticale del Filo a Piombo ha incontrato l’orizzontale della Livella e dal di loro equilibrio è nata una Squadra, che nel Terzo Grado (l’avevamo incontrata nel primo grado quale rappresentazione della razionalità contrapposta alla dimensione mentale simboleggiata dal Compasso) sublima in concreta evocazione dello Spirito.

Fin qui, in effetti, il discorso è tutto sommato espressione di un ragionamento: la nostra mente (ancora imbrigliata in meccanismi che sono il “portato” delle nostre personali culture, ideologie e scelte personali) deve trovare concreta liberazione.

Ormai nel Tempio, in Terzo Grado, va recuperata una nuova dimensione di Silenzio. Dal Silenzio dell’Apprendista che esprime concretamente la carenza di conoscenze delle tecniche costruttive, si perviene al Silenzio del Maestro, concreto strumento di costruzione di se stesso.

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Per noi massoni il Silenzio è strumento metodologicamente indiscutibile, perché dal Silenzio nascono le idee, e le idee sono il presupposto perché il nostro atto creativo possa compiersi.

Ma riesaminiamo la resurrezione di Hiram, poiché, in realtà credo che più che di resurrezione stricto sensu, si debba individuare, in questo grado, una reintegrazione, o meglio, una promessa di reintegrazione laddove fosse seguito il Cammino del proprio Silenzio interiore.

L’osservazione trova il proprio fondamento nel rituale di elevazione alla maestria, poiché non racconta di resurrezione della carne. Le frasi pronunciate rispettivamente dal Secondo Sorvegliante, “la carne si stacca dalle ossa” e dal Primo Sorvegliante, “è tutto putrefatto”, esprimono chiaramente che il corpo fisico di Hiram sia ormai in decomposizione e inducono a pensare ad una differente resurrezione o rinascita, che evidentemente coinvolge lo Spirito e non più la carne.

Simbolicamente, fa pensare a questo anche la particolarità della presa “ad artiglio” che esprime anche nella propria evidente fisicità una forza particolare nell’astrarre lo Spirito dalla morte corporale e che viene esercitata dal Maestro Venerabile nei confronti del recipiendario attraverso una autentica Elevazione.

Se queste considerazioni sono fondate, allora la specificità della esperienza libero muratoria consiste nel vivere la dimensione della religiosità non alla stregua di una vicenda esterna, ma in maniera del tutto coinvolgente, facendo di Sé il proprio Tempio, nel quale, in concreto custodire l’Essenza della divinità che è in noi e di cui noi siamo la Essenza.

Perché muore il corpo che si fonde nella nuda terra e torna alla Natura dalla quale promana.

Ma a questo punto dobbiamo rispondere ad un’altra domanda: cosa deve verificarsi perché sia possibile la Reintegrazione all’Uno, (che è in concreto il Desiderio e la Speranza cui l’Iniziato anela, quella di ricongiungersi al proprio Principio), al Deus sive Natura di Spinoziana (e Bruniana) memoria?

Io ritengo che il nostro percorso iniziatico vada individuato come una Via di Risveglio e Consapevolezza. Diversamente, il rituale, le evocazioni più o meno sentite che scandiscono i nostri lavori (sempre architettonici, ma non nel senso che costruiamo al di fuori di noi) il Maestro delle Cerimonie che è il Magus, in quanto deve convogliare, attraverso la propria riga, le energie cosmiche al centro del Tempio e dà ordine a coloro che ivi sono ammessi, e tutto il resto dell’apparato simbolico e rituale, potrebbero tranquillamente non esserci .

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Sono infatti della idea, seguendo il pensiero e le concezioni di un Fratello contemporaneo, Remy Boyer, autore di diversi saggi sulla Via iniziatica, che il Rituale sia una concreta possibilità di apertura al Reale attraverso la Via del Cuore ed in effetti il Fr. Boyer, attraverso il Manifesto ed il movimento Incoerista, in Occidente, ha recuperato gli insegnamenti di quella via cardiaca individuata dal Filosofo Incognito, il Fratello Louis Claude de Saint Martin, attraverso la quale egli, pur essendo massone, ha ritenuto di dover prendere le distanze dalla via eminentemente teurgica del Fratello Martinez de Pasqually, ritenendo che la Verità del Reale alberghi nel cuore degli iniziati, Uomini di Desiderio al Ricongiungimento al Principio Primo, l’Uno, e che sia loro dovere cercarla.

Obiettivo del nostro agire quindi, diviene il Risveglio, quale superamento delle Catene istintuali che condizionano la nostra quotidianità dando luogo ad un anelito costante al perfezionamento.

In tal modo viene ad evidenziarsi l’essere e non l’avere, che va inteso in tutte le forme che materialmente lo declinano: avere denaro, avere successo, avere sesso, avere piacere fisico, e comunque tutto ciò che ci lega alla dimensione del Quaternario e degli elementi e dei sensi.

Il Terzo Grado della Libera Muratoria dovrebbe mutare il nostro modo di essere, ed a mio avviso lo muta nel profondo, perché se avremo il coraggio di affrontare questo grado con la giusta determinazione, e mai con rassegnazione, scopriremo che la Reintegrazione avviene nel nostro cuore e che l’anima risvegliata, nel proprio silenzio interiore, affronta a viso aperto e senza paura dell’ignoto la iniziazione suprema, quella alla Morte corporale che ci riunirà all’Uno, alla Natura.

In concreto, questo Silenzio interiore, superando il Nulla, apre a quello che potremmo definire, il Vuoto della Essenza libera da condizionamenti umani, in una nuova e ritrovata centratura, situazione alla quale gli iniziati, uscendo dal turbine della profanità debbono progressivamente ricollocarsi, in una continua ricerca di recupero del proprio equilibrio.

Il Vuoto, va dunque, inteso come quiete, tranquillità, e perciò, nonostante la contraddizione dialettica apparente, quale pienezza, e perciò autentico accesso e comunicazione con il Reale.

E’ dunque dal Silenzio e dal Vuoto così inteso che il Verbo (la Parola, ormai ritrovata, in tal senso) può divenire “creatore” e, nel rituale, infatti, scopriamo che la Parola Sacra è di sostituzione, MacBenac o MoaBon, a seconda della tradizione rituale di riferimento, e dell’epoca (comunque successiva al 1730, data di introduzione del grado di maestro) perché la Parola è Dio.

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In queste brevi righe ho velocemente fatto incursioni anche in realtà esoteriche collegate alla via massonica, e di certo le citazioni di riferimento alla opzione martinista non saranno sfuggite.

In chiusura ritengo però utile citare il noto Oswald Wirth il quale nel suo libro sui Tarocchi mirabilmente osservava che “quando si arriva a far parlare i simboli, essi superano in eloquenza ogni discorso , poiché permettono di ritrovare la Parola Perduta, cioè l’eterno pensiero vivente di cui sono la enigmatica espressione. […ed ancora…] I simboli ci rivelano in forma poetica concezioni troppo eteree per prestarsi ad una rigida determinazione verbale. Non si può ridurre tutto alla prosa degli argomentatori e dei giuristi: vi sono cose sottili che bisogna intuire con gli adepti della sagace filosofia dei simbolisti medievali i quali seppero reagire alla Scolastica, schiava delle parole”.

A questo punto credo possa così chiosarsi questo modesto lavoro: nel Terzo grado, dal frastuono delle parole, attraverso il Silenzio e la ritrovata Centratura, nel Vuoto della propria Quiete interiore, il maestro massone riuscirà ad attingere alla Parola che alberga in Sé stesso, preparandosi concretamente alla Reintegrazione all’Uno alla quale il terzo Grado della Libera Muratoria apre.

Ho detto. VINCE

Ringraziamo il Fratello Maestro VINCE per l’ottima analisi e l’apporto tradizionale a questa ns. modesta pubblicazione - SETH

Bibliografia essenziale:

Louis Claude de Saint Martin, L’uomo di Desiderio, ed. La Bautta;

Remy Boyer, La Massoneria come Via di Risveglio, Edizioni Luz;

Remy Boyer, Risveglio ed Incoerismo, Firenze Libri srl;

Oswald Wirth, I Tarocchi, Ed. Mediterranee;

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Anche in questo numero vogliamo dedicare uno spazio a due

Nostri Fratel l i Massoni, che tanto hanno onorato e servita l ’ Ital ia.

Giovanni Pascoli . Epitaffio al Fratello Andrea Costa

Andrea Costa « 1851 – 1910

CENERE È IN QUEST’URNA

DELL’INCENDIO D’AMORE CHE DA QUANDO DUE SELCI LO DESTARONO

NELLE GELIDE SPELONCHE ARDE INCONSUMABILE IN MEZZO AI TERRESTRI

SEMPRE, PIÙ FORTE, PIÙ VASTO, PIÙ ALTO LIBERANDO DALLE GRAVI SCORIE PRIMIGENIE

LA SANTA UMANITÀ PURA FIAMMA DI QUELL’INCENDIO

FU QUESTA CENERE VIVA FIAMMA CHE SOPPRESSA E BATTUTA

DIVAMPÒ SEMPRE PlÙ BELLA AL VENTO NOI LA CHIAMAMMO

ANDREA COSTA » Giovanni Pascoli NOTE : Andrea Costa, imolese, è stato un convinto e fervente massone.

Iniziato il 25 Settembre 1883, nella Loggia Rienzi di Roma, ha ricoperto successivamente la carica di Gran

Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia. Al di fuori delle logge, la sua carriera politica lo portò a

diventare il primo parlamentare italiano di idee socialiste (fu eletto nel 1882 nel collegio di Ravenna). Dal 1908

al 1910 fu anche vicepresidente della Camera dei Deputati.

Sempre combattivo nelle aule parlamentari e nelle piazze (scontò per questo anche diverse condanne in

carcere), nel 1898 fu fra i promotori della rivolta proletaria di Milano, passata alla storia come la “Protesta

dello Stomaco”, e come pagina nera delle forze armate italiane per la feroce e spropositata repressione a

cannonate del generale Bava Beccaris.

Morì ad Imola il 19 Gennaio del 1910. E’ sepolto nel cimitero monumentale della città.

Fu l ’amico e fratel lo Giovanni Pascoli a dettare la sua epigrafe.

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Note riguardanti i l sito internet Ns. V.mo Rito ed i contatti .

 Il  sito  internet  del  Rito  Orientale  e  Mediterraneo  di  Misraim  e  Memphis  –  Sovrano  Grande  Santuario  Italico  è  il  seguente:  

 Il  sito  internet  del  Rito  Orientale  e  Mediterraneo  di  Misraim  e  Memphis  –  Sovrano  Grande  Santuario  Italico  è  il  seguente:  

 

www.ritomisraimmemphisroma.it / Rito_Misraim_e_Memphis_Roma   Le   caselle   di   posta  elettronica  di  riferimento  sono  le  seguenti:    

Per   i   contatti,   le   notizie   e   relazioni   interne   inerenti   al   Rito   (con   email   riservata   e  password  comunicata  dalla  Segreteria,  ai  membri  iscritti)    

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La sezione “Scritti e Contributi” del Ns. sito si arricchisce mensilmente di nuovo materiale.  

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