adam tizzano-lineamenti di diritto dell unione europea

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www.intesaparthenope.it Iscriviti Gratuitamente! 1 ADAM TIZZANO - LINEAMENTI DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA PARTE PRIMA - L'ORDINAMENTO GIURIDICO DELL'UNIONE EUROPEA CAP. I - PROFILI GENERALI Il processo di integrazione europea Il processo di integrazione tra Stati europei, identificato con l'Unione Europea, si è avviato con l'entrata in vigore della CECA (1°gennaio 1952), firmata da Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. A questa comunità, se ne aggiungeranno altre due nel 1957: CEE e CEEA (o Euratom), firmate dagli stessi paesi. Attraverso queste comunità si intendeva attuare un disegno unitario, volto a dar vita ad un mercato comune, basato sulla libera circolazione di persone, merci, servizi, e capitali, ma anche al coordinamento di politiche comuni, in vari settori: agricoltura, trasporti, commercio, energia nucleare. L'unitarietà di tale disegno si riflette anche nelle vicende dell'apparato istituzionale cui la realizzazione era affidata. Originariamente basato su tre strutture separate, ma parallele, è venuto progressivamente unificandosi nei suoi elementi costitutivi, pur mantenendo le peculiarità tipiche di ciascuna Comunità. Costruito formalmente intorno alla prospettiva economico-commerciale, del mercato comune, il processo d'integrazione prevedeva fin dall'inizio una successiva caratterizzazione politica. Come ad esempio nel art. 138 par. 3 del Trattato CEE si prevedeva già il passaggio da un Parlamento Europeo composto da rappresentanti dei parlamenti nazionali, ad un Parlamento eletto direttamente dai cittadini degli Stati membri. E sarà proprio il "nuovo"Parlamento europeo a dare impulso al processo di riforma del sistema, a partire dal 1986,anno in cui per la prima volta avrà luogo una significativa revisione dei Trattati originari :semplificazione della presa di decisione del Consiglio con il passaggio dall'unanimità alla maggioranza qualificata per alcune deliberazioni; inserita la procedura di cooperazione. Maggiore incidenza avrà la firma del (TUE) a Maastritcht (1992), che prosegue l'ampliamento delle competenze delle Comunità e dà luogo ad una profonda mutazione della struttura avviata nel 1957. Questa struttura viene collocata all'interno dell'Unione Europea, di cui le Comunità diventano parte costituente, accanto a due nuovi settori di cooperazione: politica estera e sicurezza comune (PESC), e giustizia e affari interni (GAI). La struttura originaria risulta adesso composta da "tre pilastri": Comunità Europee, PESC, GAI. Con Maastricht il sistema comunitario si rafforza anche nei contenuti. Il suo elemento centrale, la Comunità economica europea, viene rinominato Comunità europea, e nel relativo trattato (d'ora in poi TCE), viene inserita la nozione di cittadinanza europea; si ampliano le competenze della Comunità; vengono modificati alcuni meccanismi di funzionamento (codecisione con il Parlamento); e viene infine creata, all'interno del TCE, l'Unione economica e monetaria, in vista del passaggio alla moneta unica. Questo disegno istituzionale si perfeziona nel 1997 con il Trattato di Amsterdam, con la consacrazione nel TUE dei principi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti dell'uomo come valori fondanti dell'Unione; con la prima semplificazione dei Trattati attraverso l'abrogazione di norme obsolete; parte del terzo pilastro viene "comunitarizzata" (visti, asilo, immigrazione, cooperazione giudiziaria civile). E' infine prevista la possibilità che gruppi di Stati membri siano autorizzati dal Consiglio ad avviare tra loro cooperazioni

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    ADAM TIZZANO - LINEAMENTI DI DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA PARTE PRIMA - L'ORDINAMENTO GIURIDICO DELL'UNIONE EUROPEA

    CAP. I - PROFILI GENERALI Il processo di integrazione europea Il processo di integrazione tra Stati europei, identificato con l'Unione Europea, si avviato con l'entrata in vigore della CECA (1gennaio 1952), firmata da Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. A questa comunit, se ne aggiungeranno altre due nel 1957: CEE e CEEA (o Euratom), firmate dagli stessi paesi. Attraverso queste comunit si intendeva attuare un disegno unitario, volto a dar vita ad un mercato comune, basato sulla libera circolazione di persone, merci, servizi, e capitali, ma anche al coordinamento di politiche comuni, in vari settori: agricoltura, trasporti, commercio, energia nucleare. L'unitariet di tale disegno si riflette anche nelle vicende dell'apparato istituzionale cui la realizzazione era affidata. Originariamente basato su tre strutture separate, ma parallele, venuto progressivamente unificandosi nei suoi elementi costitutivi, pur mantenendo le peculiarit tipiche di ciascuna Comunit. Costruito formalmente intorno alla prospettiva economico-commerciale, del mercato comune, il processo d'integrazione prevedeva fin dall'inizio una successiva caratterizzazione politica. Come ad esempio nel art. 138 par. 3 del Trattato CEE si prevedeva gi il passaggio da un Parlamento Europeo composto da rappresentanti dei parlamenti nazionali, ad un Parlamento eletto direttamente dai cittadini degli Stati membri. E sar proprio il "nuovo"Parlamento europeo a dare impulso al processo di riforma del sistema, a partire dal 1986,anno in cui per la prima volta avr luogo una significativa revisione dei Trattati originari :semplificazione della presa di decisione del Consiglio con il passaggio dall'unanimit alla maggioranza qualificata per alcune deliberazioni; inserita la procedura di cooperazione. Maggiore incidenza avr la firma del (TUE) a Maastritcht (1992), che prosegue l'ampliamento delle competenze delle Comunit e d luogo ad una profonda mutazione della struttura avviata nel 1957. Questa struttura viene collocata all'interno dell'Unione Europea, di cui le Comunit diventano parte costituente, accanto a due nuovi settori di cooperazione: politica estera e sicurezza comune (PESC), e giustizia e affari interni (GAI). La struttura originaria risulta adesso composta da "tre pilastri": Comunit Europee, PESC, GAI. Con Maastricht il sistema comunitario si rafforza anche nei contenuti. Il suo elemento centrale, la Comunit economica europea, viene rinominato Comunit europea, e nel relativo trattato (d'ora in poi TCE), viene inserita la nozione di cittadinanza europea; si ampliano le competenze della Comunit; vengono modificati alcuni meccanismi di funzionamento (codecisione con il Parlamento); e viene infine creata, all'interno del TCE, l'Unione economica e monetaria, in vista del passaggio alla moneta unica. Questo disegno istituzionale si perfeziona nel 1997 con il Trattato di Amsterdam, con la consacrazione nel TUE dei principi di libert, democrazia e rispetto dei diritti dell'uomo come valori fondanti dell'Unione; con la prima semplificazione dei Trattati attraverso l'abrogazione di norme obsolete; parte del terzo pilastro viene "comunitarizzata" (visti, asilo, immigrazione, cooperazione giudiziaria civile). E' infine prevista la possibilit che gruppi di Stati membri siano autorizzati dal Consiglio ad avviare tra loro cooperazioni

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    rafforzate in determinati settori, esigenza sviluppatasi progressivamente con l'aumento degli Stati Membri. Sar proprio l'aumento degli Stati membri il tema principale dei successivi sviluppi, in quanto la caduta del muro di Berlino, e la dissoluzione del blocco sovietico, imponevano la necessit di adattare i meccanismi di funzionamento dell'Unione ad un probabile incremento massiccio dei membri. Il "riesame" viene effettuato con il Trattato di Nizza, anche se esso si limita ad intervenire sulla composizione di alcuni organi, sulla ponderazione del voto in Consiglio, sull'estensione del voto di questo a maggioranza qualificata, e sull'ambito di applicazione della codecisione. La portata assai limitata delle modifiche di Nizza, apre la strada ad una nuova riforma che preveda una revisione radicale dell'impianto dei Trattati, riconducendo l'intero processo di integrazione europea ad un solo trattato che si presenti come la carta costituzionale della costruzione europea. A Roma nel 2004, viene firmato il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, destinato a rimpiazzare integralmente i trattati esistenti. Mentre per l'unione si appresta a passare a 27 Stati membri, il Trattato Costituzionale, viene bocciato da referendum negativi in Francia e Paesi Bassi. Il progetto viene dunque abbandonato, anche se i suoi contenuti saranno la base di partenza per una nuova Conferenza Intergovernativa del 2007, che porta alla firma di un nuovo trattato di riforma a Lisbona, che entrer in vigore, se ratificato da tutti gli Stati membri, nel 2009. Il Trattato di riforma porter a risultati simili a quelli prefissati nel 2004: far venir meno la Comunit Europea, trasformando il relativo Trattato istitutivo nel Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea Architettura e caratteri generali dell'Unione L'architettura del sistema si basa su tre trattati internazionali principali, che hanno dato vita rispettivamente a: CE, CEEA, e Unione Europea. Quest'ultima si presenta come contenitore nel quale le due Comunit sono affiancate da due forme di cooperazione: PESC e GAI, che si svolgono sulla base di regole, procedure e strumenti diversi da quelli operanti nelle due Comunit. Ne deriva perci, che il sistema giuridico che governa il processo di integrazione europea sia frazionato in pi enti giuridici separati (le due Comunit e l'Unione); articolato in pi pilastri, e basato su due metodi di funzionamento (comunitario e intergovernativo). In realt quello creato dai trattati costituisce un sistema che sarebbe difficile non considerare unitario. In questo sistema unitario, le Comunit Europee vanno considerate come parti integranti di un unico ente, l'Unione Europea, al cui interno esse, e i due settori di cooperazione (PESC e GAI) delimitano diversi ambiti materiali di attivit, nei quali l'azione dell'Unione si svolge per mezzo delle stesse istituzioni , ma secondo regole e criteri di funzionamento differenti, identificati come metodo comunitario e metodo intergovernativo. Segue: In particolare l'ordinamento comunitario Il nucleo principale del sistema dell'Unione rappresentato dalle Comunit Europee (pilastro comunitario). Il pilastro comunitario presenta elementi di novit rinvenibili in alcuni profilo dello stesso: presenza di organi investiti istituzionalmente di poteri sovrani da esercitarsi sia nei confronti degli Stati membri che dei loro cittadini; la partecipazione dei cittadini al funzionamento della Comunit ed alla formazione delle sue norme attraverso il Parlamento Europeo; esistenza di una Corte di Giustizia volta ad assicurare l'uniforme applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali.

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    Il sistema creato dalle Comunit Europee basato sull'attribuzione alle istituzioni comunitarie di competenze su settori rilevanti della vita nazionale, ma a differenza di quanto avviene generalmente nel quadro della cooperazione giuridica internazionale, gli atti normativi comunitari, raggiungono i soggetti interni agli Stati senza bisogno dell'intermediazione del diritto nazionale. Un'altra caratteristica fondamentale di questo diritto,in un certo senso riflesso dell'efficacia diretta, consiste nella supremazia delle sue norme su quelle dei diritti nazionali: la norma statale contrastante cede, e non pu essere applicata dai giudici nazionali. In un quadro di questo genere, il privato non destinatario "materiale" di norme prodotte all'esterno dello Stato, ma soggetto a pieno titolo dell'ordinamento cui quelle norme appartengono. In quanto cittadino dell'Unione, infatti, l'individuo partecipa alla formazione del diritto comunitario attraverso il Parlamento europeo, ma anche in prima persona , poich grazia all'efficacia diretta, egli pu far valere dinanzi ai giudici nazionali le norme di quel diritto; allo stesso tempo ha accesso diretto ai meccanismi giurisdizionali previsti dai Trattati quando i suoi diritti siano lesi dalle istituzioni comunitarie. Il sistema delle competenze dell'Unione: il principio delle competenze di attribuzione Il sistema giuridico creato dai Trattati, basato sull'attribuzione alle istituzioni dell'Unione della competenza ad agire, in una serie di materie (e non solo quelle). L'Unione Europea non dispone di competenza generale, infatti l'art. 5 comma 1 CE,prevede che "la Comunit agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato". Tale principio, detto "principio delle competenze di attribuzione", comporta che la legittimit di un azione delle istituzioni comunitarie, va sempre verificata nel quadro delle competenze che gli Stati hanno attribuito alle stesse istituzioni. Le competenze effettivamente attribuite all'Unione si ricavano dall'analisi delle disposizioni dei Trattati, in particolare di quelle che prevedono un'azione delle istituzioni, ovvero la possibilit delle stesse di regolamentare una certa materia. Rimane comunque operazione non agevole, almeno per quanto riguarda il TUE, all'interno del quale le competenze delle istituzioni si legano ad ambiti di cooperazione molto vasti: nel secondo pilastro (PESC), a causa della "generalit" della sua finalit, risulta difficile delimitare l'azione dell'Unione; nel terzo pilastro invece, ad una maggiore concretezza dei settori di cooperazione previsti, non si accompagna una delimitazione precisa degli oggetti possibili di tale cooperazione. In un certo senso pu dirsi anche per il TCE, in quanto le varie competenze della Comunit sono delineate sulla base di criteri diversi e non sempre omogenei. Per temperare la rigidit del principio delle competenze di attribuzione, la Corte di Giustizia ha tradizionalmente privilegiato interpretazioni delle norme rilevanti ampliano la portata di quelle competenze. Andando al di l di una interpretazione estensiva del Trattato, ha anche affermato il principio secondo cui, quando una disposizione affida alla Comunit un compito preciso, si deve ammettere che essa le attribuisca i poteri indispensabili per svolgere questo compito. Segue: La clausola di flessibilit L'art. 308 del TCE, cosiddetta clausola di flessibilit, opera una vistosa deroga al principio delle competenze di attribuzione, in quanto consente un'azione della Comunit anche al di fuori di un'attribuzione specifica , "quando tale azione risulti necessaria per raggiungere uno degli scopi della Comunit, senza che il Trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal

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    uopo richiesti, il Consiglio deliberando all'unanimit su proposta della Commissione, e dopo aver consultato il Parlamento Europeo, prende le disposizioni del caso". La Corte di Giustizia ha posto come condizione indispensabile, per ricorrere all'art. 308, che "nessuna altra disposizione del Trattato attribuisca alle istituzioni comunitarie, la competenza necessaria per l'emanazione dell'atto stesso." Non esiste una disposizione analoga nel TUE, anche se potrebbe ritenersi parzialmente utilizzabile l'art. 6 par. 4 "l'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche". Un limite intrinseco al ricorso all'art 308, individuato dalla giurisprudenza comunitaria, sta nel fatto che questo articolo non pu essere utilizzato quale base per l'adozione di disposizioni che condurrebbero sostanzialmente a una modifica del trattato che sfugga alla procedura prevista dal Trattato stesso. Negli ultimi anni, il pregiudizio negativo da parte di alcuni Stati membri, e l'incremento significativo delle materie di esplicita competenza della Comunit hanno tolto gran parte dell'operativit teorica dell'art. 308. Segue: Competenze esclusive e competenze concorrenti e parallele La circostanza che in una determinata materia sussista la competenza delle istituzioni comunitarie non significa di per s che tale competenza diventi esclusiva, e non sia pi utilizzabile dagli Stati membri. Per quanto riguarda il TUE, gli Stati membri saranno comunque liberi di agire o legiferare in una determinata materia, a condizione che la loro condotta o le misure adottate non siano contrarie agli obblighi imposti dall'Unione. Nel quadro del TCE invece, l'art. 5 comma 2 prospetta l'esistenza di settori di competenza esclusiva della Comunit, e di settori che non sono di sua esclusiva competenza. Indicazione generica, in quanto nel Trattato non vi sono al momento competenze esplicitamente qualificate come esclusive. La Corte di Giustizia, seppur senza indicare i criteri e gli elementi di base di tale scelta, ha riconosciuto carattere di esclusivit a talune competenze previste dal TCE: politica commerciale, conservazione delle risorse biologiche marine, conclusione di accordi con Stati terzi (quando il contenuto sia gi oggetto sul piano interno di norme comunitarie), ma anche tutte le altre competenze relative a politiche comuni, come quella monetaria. Fatta eccezione per quelle che si presentano come esclusive, anche nel TCE l'esistenza di una competenza delle istituzioni non fa venire meno la corrispondente competenza degli Stati membri. In questo caso, quando la competenza viene ad essere esercitata dai due soggetti, senza interferenze sul piano formale, l'azione comunitaria si presenta come "parallela" a quella degli Stati, dovendo le due azioni soltanto integrarsi; l'esercizio da parte delle istituzioni comunitarie della propria competenza non determina un limite formale alla libert degli Stati. Quando invece la competenza della Comunit destinata ad intervenire nello spazio normativo proprio di quella corrispondente degli Stati membri, la competenza di questi ultimi si presenta come "concorrente" con quella comunitaria; essa incontra un limite di contenuto: un'azione statale diventa "ammissibile solo in quanto non pregiudichi l'uniforme applicazione delle norme comunitarie e il pieno effetto dei provvedimenti adottati in applicazione delle stesse". Tale limite indicato dal trattato per i settori in cui prevede che l'armonizzazione delle legislazioni nazionali debba limitarsi alla regolamentazione minima di un determinato settore, in genere per la fissazione del limite alla competenza degli Stati lasciato alla volont delle stesse istituzioni.

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    Segue: il principio di sussidiariet L'espansione data al quadro delle competenze dell'Unione ha avuto come contrappeso, la sottoposizione dell'esercizio della gran parte di queste al c.d. "Principio di sussidiariet". L'art. 2 del TUE stabilisce che gli obiettivi dell'Unione saranno perseguiti nel rispetto del principio di sussidiariet definito all'art. 5 : "la Comunit interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario". L'applicazione di tale principio limitata ai settori che non risultano di competenza esclusiva della Comunit. L'eventuale decisione di non procedere all'adozione di un atto dell'Unione in ragione del principio di sussidiariet, non preclude il successivo esercizio della sua competenza da parte dell'Unione, laddove mutate circostanze lo giustifichino alla luce dello stesso principio. La sussidiariet va vista come concetto dinamico. Il Protocollo 30, allegato al TCE, si occupa dell'applicazione dei principi di sussidiariet e proporzionalit. Richiede che, prima della formulazione di ogni proposta di atto dell'Unione , vi sia una sua valutazione specifica alla luce del principio della sussidiariet. L'ambito di applicazione del Protocollo, al momento circoscritto al TCE, con il Trattato di Riforma verr estesa a tutta l'attivit legislativa dell'Unione. CAP. II - IL SISTEMA ISTITUZIONALE Il quadro istituzionale unico In base all'art. 3 UE, pur se fondate su trattati istitutivi formalmente distinti, l'Unione e le Comunit, dispongono di un quadro istituzionale unico, che assicura coerenza e continuit delle azioni svolte. Di questo quadro istituzionale fanno parte, in primo luogo le istituzione elencate all'art. 7 CE: Parlamento Europeo, Consiglio, Commissione, Corte di Giustizia e Corte dei Conti; ma anche il Consiglio Europeo ne certamente parte, soprattutto alla luce della formulazione dell'art. 3 UE, che legittima un'accezione che ricomprenda anche tutte le istituzioni e gli organismi operanti nell'ambito dell'Unione o della Comunit. Resta fermo per che ciascuna componente esercita le sue funzioni nel quadro del e in relazione al Trattato dalle cui norme prevista; ad esclusione di pochi casi, tutte queste istituzioni agiscono di volta in volta nel quadro o del TUE o dei Trattati comunitari, anche se ovviamente tutto ci finir con il Trattato di Riforma. Nozione di istituzione e funzionamento del sistema Nel sistema istituzionale dell'Unione la nozione di istituzione riservata alle sole elencate nel par. 1 art.7 CE : Parlamento, Consiglio, Commissione, Corte di Giustizia e Corte dei Conti. Dal possesso della qualit di "istituzione" discende, oltre ad una certa autonomia finanziaria e di gestione del personale, l'applicabilit delle norme dei Trattati che genericamente si riferiscono alle istituzioni, ma al contrario la mancanza di quella qualit non esclude necessariamente che una data norma dei Trattati non si applichi anche ad organismi diversi dalle istituzioni. La valutazione di applicabilit va fatta caso per caso, e la Corte di Giustizia conferma questa conclusione, escludendo l'applicabilit di una di quelle norme quando ci possa portare ad attribuire prerogative ulteriori ad un organo non elencato nell'art. 7 par. 1 Nel quadro delle rispettive attribuzioni, ciascuna istituzione gode di un potere di autorganizzazione, che le altre istituzioni e gli Stati membri devono rispettare. L'autonomia per, incontra un limite nel rispetto dell'equilibrio istituzionale, e delle norme dei Trattati.

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    La Corte di Giustizia ha anche desunto dal dovere di cooperazione con le istituzioni dell'Unione imposto agli Stati membri dall'art 10 CE, un corrispondente obbligo di leale cooperazione tra le istituzioni; tale obbligo giustifica la conclusione tra le istituzioni di accordi interistituzionali destinati a disciplinare formalmente aspetti delle reciproche relazioni. Caratteristiche generali del sistema istituzionale L'apparato organico sulla cui base agisce l'Unione organizzato quasi totalmente intorno al ruolo dell'istituzione composta dai Governi, il Consiglio, l'unica tra quelle elencate all'art. 5, ad avere competenza rispetto a tutti i settori del TUE; le altre istituzioni hanno invece un ruolo pi limitato. A fronte di ci, l'apparato organico della Comunit si presenta assai complesso; al suo interno si riflettono varie forme d rappresentanza, nonch la pluralit delle funzioni proprie del sistema comunitario. Per quanto riguarda la rappresentanza da notare che la composizione intergovernativa rappresenta l'eccezione, presente solo nel Consiglio, in quanto gli altri organi comunitari, sebbene quasi tutti nominati dai governi, sono caratterizzati da una composizione formalmente indipendente, i cui membri non rappresentano il governo che li ha nominati, ma fanno parte dell'organo a titolo personale. La composizione di questi organi assume forme diverse, espressione di differenti rappresentativit. Il sistema comunitario affianca ad organi, quali la Commissione o la Corte di Giustizia, la cui indipendenza dagli Stati messa unicamente a servizio dell'interesse dell' ente- Comunit, altri organi, per i quali l'indipendenza funzionale al fatto di esprimere a livello della Comunit interessi e istanze diversi da quelli governativi. Gli elementi peculiari sono: il fatto che attraverso questi organi, interessi e istanze godono nel sistema comunitario di una rappresentanza diretta e non mediata attraverso il canale governativo. che il compito di tali organi non si esaurisce nella rappresentanza di tali interessi, ma essi contribuiscono al funzionamento del sistema, arrivando talvolta ad assolvere a tale livello, funzioni analoghe a quelle proprie, sul piano nazionale, delle istanze da essi rappresentate. La variet di competenze e poteri assegnati alla Comunit, si riflessa in una crescente complessit del suo sistema istituzionale. Il potere normativo, non riservato all'organo intergovernativo, ma in buona parte condiviso da Consiglio e Parlamento Europeo, nel triangolo istituzionale in cui essenziale il ruolo della Commissione. Analogamente avviene per il potere esecutivo, esercitato tanto dal Consiglio che dalla Commissione. La funzione giurisdizionale infine, inizialmente nelle mani di un solo organo giurisdizionale, risulta oggi organizzata su pi gradi di giurisdizione: Corte di Giustizia, Tribunale di primo grado, ed ora anche la possibilit di creare tribunali speciali per taluni ricorsi in materie specifiche. Una ancor maggiore articolazione di poteri si trova quando si passa dal piano generale a taluni settori specifici di competenza della Comunit. Il Consiglio Europeo L'art. 4 UE prevede che il Consiglio Europeo d all'Unione l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici, riunisce i capi di Stato e di governo degli Stati membri, nonch il presidente della Commissione, si riunisce almeno due volte

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    all'anno sotto la presidenza del capo di Stato o di governo dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. Sebbene molto simile al Consiglio, la sua previsione e quella riguardo alla sua presidenza indicano la non identit tra i due organi, anche se essi potrebbero coincidere per composizione, e lo fanno per alcune decisioni per cui imposto il "Consiglio riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo". Per nella veste di Consiglio dell'Unione, l'assise dei capi di Stato e di governo ha competenze delimitate e procedure prefissate, invece nella veste di Consiglio europeo, i capi di Stato o di governo operano al di fuori di queste regole di forma e procedura e le loro deliberazioni sfuggono al sindacato giurisdizionale. La differenza tra le due istituzioni verr confermata dal Trattato di riforma, in base al quale il Consiglio Europeo sostituir il Consiglio , tutte le volte che quest'ultimo previsto che debba oggi riunirsi a livello di capi di Stato e di governo. Ulteriormente la presidenza del Consiglio Europeo non spetter pi al capo di Stato o di governo dello Stato membro cui spetta per rotazione semestrale la presidenza del Consiglio, ma sar elettiva, da parte dello stesso Consiglio Europeo. (mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta). Per quanto riguarda il Consiglio Europeo, in virt del carattere essenzialmente politico delle sue funzioni, non prevista una modalit di voto per la formazione della volont di tale organo: le sue deliberazioni sono di regola prese per consensus, sono cio raggiunte quando non vi siano obiezioni da parte nessun componente dell'organo, anche se con il Trattato di riforma, limitatamente all'adozione di atti formali, ad esso verranno estese le regole di voto valide per il Consiglio. Le istituzioni politiche: a) il Consiglio Il Consiglio dell'Unione la riunione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri. Concentra una serie di ruoli e funzioni che lo caratterizzano come titolare del potere legislativo ed esecutivo. In quanto unico organo rappresentativo del canale governativo, attraverso esso passano tutte le decisioni su cui ruota l'azione dell'Unione; e anche se altre istituzioni lo affiancano talvolta nelle decisioni, rimane comunque il protagonista principale. E' compito suo fornire all'Unione indirizzi politici e orientamenti generali, prendere le principali decisioni istituzionali, dirigere l'attivit legislativa, coordinare le politiche economiche generali degli Stati membri, concludere gli accordi internazionali dell'Unione, di cui detiene l'effettiva titolarit del potere estero. Il Consiglio formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il proprio governo, ma vede modificarsi la sua composizione a seconda degli argomenti all'ordine del giorno. E' invalso l'uso di denominazioni conseguenti che richiamano le diverse formazioni (Consiglio Giustizia, Agricoltura), anche se rimane ferma l'unicit del Consiglio in quanto istituzione. La scelta del rappresentante da inviare rimessa al singolo Stato membro, purch abbia livello ministeriale (ministri, sottosegretari). A parte questa articolazione orizzontale, ce n' anche una verticale: gruppi di lavoro, composti da funzionari degli Stati membri, ad essi affidato l esame tecnico dei singoli dossier. Comitato dei Rappresentanti permanenti (COREPER), perfezionano la preparazione delle deliberazioni e la valutazione politica dei nodi ancora aperti. Consiglio a livello dei ministri, prende la deliberazione finale. Il Consiglio, nelle sue varie formazioni, presieduto a turno da ciascuno Stato membro, con rotazione semestrale. E' inoltre assistito da un apparato amministrativo (Segretariato Generale), al cui vertice stanno Segretario e Vicesegretario generale, entrambi nominati a maggioranza qualificata dallo stesso Consiglio.

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    Se non prevista una modalit di voto diversa, il Consiglio delibera con maggioranza semplice dei suoi membri nel quadro della Comunit, ed all'unanimit nel quadro dell'Unione. Anche se per quanto riguarda la Comunit, il Trattato stabilisce nella maggior parte dei casi quale procedura debba essere seguita: generalmente maggioranza qualificata, e l'unanimit per le decisioni pi importanti. Nell'ambito dell'Unione invece, l'unanimit la regola generale, con la maggioranza qualificata espressamente prevista solo per le decisioni minori. Di solito l'astensione di un rappresentante non rende inapplicabile l'atto allo Stato dell'astenuto,tranne quando il Consiglio delibera all'unanimit nell'ambito del secondo pilastro, in tal caso il rappresentante, con dichiarazione formale di "astensione costruttiva", impedir che il proprio Stato sia destinatario degli obblighi derivanti dalla decisione su cui si astenuto. La maggioranza qualificata si fonda su un criterio di voto ponderato: a ciascuno Stato spetta un numero di voti espressamente previsto nel Trattato, commisurato al peso economico, demografico e alle regole di equilibrio politico. (Italia = 29 voti su 345 totali) Il Trattato di riforma prevede che la maggioranza qualificata verr affiancata dal 2014, fino al 2017, dal sistema di doppia maggioranza (55% degli Stati, 65% della popolazione.) b) Il Parlamento Europeo E' l'istituzione attraverso cui si esprime il principio di democrazia nell'ordinamento comunitario, esso infatti composto da rappresentanti dei popoli degli Stati membri, eletti a suffragio diretto. L'art. 189 CE ne fissa il numero massimo in 732; per il momento sono 785 per l'ingresso di rumeni e bulgari; dal 2009 saranno 736, ma con il Trattato di riforma diventeranno 751 I seggi sono ripartiti in base al criterio peso demografico di ogni paese, con un vantaggio per i paesi pi piccoli. L'art. 19 CE riconosce ai cittadini degli Stati membri, in quanto "cittadini dell'Unione", il diritto di elettorato passivo e attivo alle elezioni europee anche in Stati diversi dal proprio, con la conseguenza che in un seggio spettante ad uno Stato possa essere eletto un cittadino di un'altro Stato. Il Parlamento Europeo eletto ogni 5 anni, ed all'inizio di ogni legislatura nomina al suo interno il presidente e un certo numero di vicepresidenti, in carica per met legislatura. Il potere deliberativo si esercita unicamente in sessione plenaria, e a maggioranza assoluta dei suffragi espressi, a meno che non sia diversamente stabilito dai Trattati. Il carattere democratico-rappresentativo del Parlamento europeo si esprime infine, in un generale ruolo di controllo politico verso le altre istituzioni, in particolare della Commissione, alla cui nomina il Parlamento partecipazione, e nei cui confronti ha un potere di censura. La Commissione obbligata ogni anno a presentare una relazione generale sull'attivit della Comunit, e su specifici settori. Nei confronti del Consiglio invece, potr proporre interrogazioni, e pretendere di essere informato degli sviluppi nei due pilastri intergovernativi. Analogo obbligo anche per il Consiglio europeo. c) La Commissione Nella Commissione si assommano pi competenze, riguardanti tutti i settori di attivit della Comunit e, in maniera pi ridotta, dell'Unione. La Commissione ha un ruolo determinante nell'attivit normativa della Comunit, con atti normativi propri, o in collaborazione con il Consiglio e il Parlamento europeo, che, tranne in rari casi, non possono deliberare se non a partire da una sua proposta, da cui il Consiglio non si potr discostare, ma da essa sempre modificabile. Altrettanto importante il potere normativo diretto della Commissione, soprattutto in relazione al frequente

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    ricorso che gli atti adottati da Consiglio e Parlamento fanno, alla delega della Commissione per l'emanazione di misure applicative. Il TCE attribuisce alla Commissione un generale potere di esecuzione del diritto comunitario, sia sul piano dell'applicazione amministrativa, che su quello della vigilanza rispetto all'osservanza delle norme comunitarie da parte dei destinatari. E per quanto riguarda le inosservanze ha il potere di portare un Stato membro inadempiente dinanzi alla Corte di Giustizia, oppure di sanzionare direttamente, in alcuni casi, i comportamenti contrari al diritto comunitario di soggetti privati e degli Stati. Alla Commissione spetta anche la rappresentanza internazionale dell'Unione nei settori disciplinati dal TCE. Il ruolo preponderante delineato nel TCE, non si ritrova nei settori di cooperazione disciplinati nel TUE. Infatti all'interno del TUE la Commissione mantiene un ruolo primario per quanto riguarda iniziativa e vigilanza, ma viene ridimensionato nel GAI, e risulta del tutto marginale nel PESC. I membri della Commissione sono 27, quanti sono gli Stati membri, in carica per 5 anni, nominati dal Consiglio su proposta dei governi nazionali. Le istituzioni di controllo. La Corte di Giustizia (rinvio) e la Corte dei Conti. Sono previste anche forme pi specifiche di controllo sul funzionamento dell'Unione: il controllo giurisdizionale della Corte di Giustizia e il controllo contabile della Corte dei Conti. La Corte dei conti composta da un cittadino per ciascuno Stato membro, nominato su proposta di questo, ma dotato di piena indipendenza. membri devono provenire da istituzioni di controllo esterno dei rispettivi paesi e devono comunque avere le qualificazioni specifiche per la funzione da ricoprire. Sono nominati per sei anni rinnovabili dal Consiglio. Parlamento Europeo esprime parere non vincolante per il Consiglio, sui cittadini proposti dagli Stati membri. La Corte nomina al suo interno un presidente in carica per 3 anni rinnovabili. Svolge due funzioni: di controllo, esame delle entrate e delle spese delle istituzioni, organi, e organismi dell'Unione , che ha ad oggetto sia la legittimit e la regolarit di tali operazioni, che la sana gestione finanziaria. Le spese esaminate sono quelle effettuate nel quadro delle attivit previste dal TCE, ma anche amministrative ed operative sostenute ai fini del secondo e terzo pilastro, o da organismi dell'Unione, a meno che il Consiglio non decida di porle a carico degli Stati membri. Al termine di ciascun esercizio redige una relazione annuale sull'esecuzione del bilancio, e pu presentare in ogni momento le sue osservazioni su problemi particolari. La funzione consultiva si estrinseca in pareri che la Corte pu produrre di propria iniziativa o su richiesta di una delle altre istituzioni della Comunit, e in due casi tale richiesta obbligatoria, perch espressamente prevista dal TCE. Gli organismi monetari e finanziari: a) la Banca centrale europea La Banca centrale europea (BCE) stata istituita nel 1998 dal trattato sullUnione europea e ha sede a Francoforte (Germania). Suo compito gestire l'euro, la moneta unica dell'UE, e garantire la stabilit dei prezzi per gli oltre due terzi dei cittadini dell'UE che utilizzano l'euro. compito della BCE anche definire e attuare la politica economica e monetaria dellUE. Per assolvere le sue funzioni, la BCE opera nellambito del Sistema europeo delle banche

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    centrali (SEBC), che comprende tutti i 27 paesi dellUE. Tuttavia, solo 16 di tali paesi hanno finora adottato leuro. Questi ultimi formano collettivamente larea delleuro e le loro banche centrali, insieme alla BCE, costituiscono il cosiddetto eurosistema. La BCE totalmente indipendente nellesercizio delle sue funzioni e non pu, al pari delle banche centrali nazionali dellEurosistema e dei membri dei rispettivi organi decisionali, sollecitare o accettare istruzioni da organismi esterni. Le istituzioni dellUE e i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio evitando di influenzare la BCE o le banche centrali nazionali nellassolvimento dei loro compiti. La BCE, in stretta collaborazione con le banche centrali nazionali, predispone e attua le decisioni degli organi decisionali dellEurosistema, che sono il consiglio direttivo, il comitato esecutivo e il consiglio generale. Una delle funzioni principali della BCE mantenere la stabilit dei prezzi nellarea delleuro, per garantire che il potere dacquisto delleuro non sia eroso dallinflazione. Obiettivo della BCE garantire che la progressione annuale dei prezzi al consumo sia inferiore, ma vicina, al 2% a medio termine. Due sono le modalit di attuazione: in primo luogo, controllando la massa monetaria. Linflazione risulta infatti da un eccesso di massa monetaria rispetto allofferta di beni e servizi; in secondo luogo, monitorando le tendenze dei prezzi e valutando il rischio che ne pu derivare in rapporto alla stabilit dei prezzi nellarea delleuro. Tenere sotto controllo la massa monetaria comporta, tra laltro, fissare i tassi dinteresse in tutta larea delleuro, che forse la pi nota tra le funzioni della Banca. La Banca centrale europea opera attraverso i suoi tre organi decisionali:

    Il comitato esecutivo, comprende il presidente della BCE, il vicepresidente e quattro altri membri, tutti nominati di comune accordo dai presidenti e dai primi ministri dei paesi dellarea delleuro. Il loro mandato dura otto anni e non rinnovabile. Il comitato esecutivo attua la politica monetaria secondo le decisioni e gli indirizzi del consiglio direttivo (v. infra), impartendo le necessarie istruzioni alle banche centrali nazionali. Ha inoltre il compito di preparare le riunioni del consiglio direttivo ed responsabile della gestione degli affari correnti della BCE.

    Il consiglio direttivo il massimo organo decisionale della Banca centrale europea. Composto da sei membri del comitato esecutivo e dai governatori delle 15 banche centrali dellarea delleuro, presieduto dal presidente della BCE. Suo compito primario definire la politica monetaria dellarea delleuro, fissando in particolare i tassi dinteresse applicabili ai prestiti erogati dalla Banca centrale alle banche commerciali.

    Il consiglio generale il terzo organo decisionale della BCE. Comprende il presidente della BCE, il vicepresidente e i governatori delle banche centrali nazionali dei 27 Stati membri dellUnione. Il consiglio generale concorre alladempimento delle funzioni consultive e di coordinamento della BCE e ai preparativi necessari per il futuro allargamento dellarea delleuro.

    b) La Banca europea degli investimenti La Banca europea per gli investimenti (BEI) un organismo dell'UE dotato di personalit giuridica, con sede a Lussemburgo, che, come dispone l'art. 309 del TFUE, "ha il compito di contribuire, facendo appello al mercato dei capitali ed alle proprie risorse, allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell'interesse dell'Unione"36. Essa disciplinata dagli arti. 3UK e 309 del TFUE e dallo statuto che costituisce un protocollo allegato ai trattati.

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    Sono soci della BEI tutti gli Stati membri, i quali sottoscrivono una quota del suo capitale sociale e sono responsabili in solido per le obbligazioni assunte dalla banca, ciascuno limitatamente all'ammontare della quota di capitale sottoscritto. Gli organi della BEI sono il consiglio dei governatori, il consiglio di amministrazione e il comitato direttivo. Il consiglio dei governatori l'organo di indirizzo della BEI ed e composto dei ministri designati dagli Stati membri. Il consiglio di amministrazione l'organo decisionale della BEI e ha competenza esclusiva per decidere della concessione di crediti e di garanzie e per la conclusione di prestiti. Infine, il comitato direttivo l'organo esecutivo della BEI e provvede alla gestione degli affari d'ordinaria amministrazione. La BEI facilita, mediante la concessione di prestiti e garanzie, senza fini di lucro, il finanziamento di progetti in tutti i settori dell'economia, in particolare: a) progetti di valorizzazione delle regioni meno sviluppate; b) progetti di ammodernamento o riconversione di imprese o di creazione di nuove attivit richieste dalla graduale realizzazione del mercato comune che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere interamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri; c) progetti d interesse comune per pi Stati membri che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere completamente finanziati dai singoli Stati membri. Inoltre, la BEI concorre al finanziamento di programmi di investimento nel quadro della politica di coesione economica e sociale congiuntamente, come dispone l'art. 175 del TFUE, con gli interventi dei fondi strutturali e degli altri strumenti finanziari dell'UE, nonch nel quadro della politica di cooperazione allo sviluppo, come prevede l'art. 209, prf. 3 del TFUE. Infine, poich la BEI non pu acquistare partecipazioni in imprese, ne assumere responsabilit nella loro gestione, il suo statuto ha consentito di istituire un Fondo europeo per gli investimenti (FEI), con sede in Lussemburgo, dotato di personalit giuridica e autonomia finanziaria, di cui la BEI membro fondatore assieme all'UE e a diversi istituti finanziari. Gli organi consultivi: a) il Comitato economico e sociale Istituito dal trattato di Roma nel 1957, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) un organo consultivo incaricato di rappresentare datori di lavoro, sindacati, agricoltori, consumatori e altri gruppi dinteresse che costituiscono collettivamente la societ civile organizzata. Il suo ruolo quindi esporre i pareri e difendere gli interessi delle varie categorie socioeconomiche nel dibattito politico con la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo. Il CESE fa da ponte fra lUnione e i suoi cittadini, promuovendo un modello di societ democratica di tipo pi partecipativo e inclusivo. Il Comitato parte integrante del processo decisionale dellUE: infatti consultato obbligatoriamente prima che vengano prese decisioni di politica economica e sociale. Di propria iniziativa o su richiesta di unaltra istituzione UE, pu inoltre esprimere pareri in merito ad altre questioni. Il CESE costituito da 344 membri. Il numero dei rappresentanti per ogni Stato membro ne riflette allincirca la popolazione. I suoi membri sono nominati su proposta degli Stati membri per quattro anni ma esercitano le loro funzioni in piena indipendenza. Il loro mandato rinnovabile. Il Comitato si riunisce in sessione plenaria e i dibattiti si svolgono in base al lavoro preparatorio di sei sottocomitati denominati sezioni, ciascuna delle quali competente per un determinato settore. Il Comitato elegge un presidente e due vicepresidenti, che restano in carica per un periodo di due anni.

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    Tre sono i suoi compiti fondamentali del comitato: formulare pareri destinati alle tre grandi istituzioni, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, sia su loro richiesta che di sua iniziativa; permettere una maggiore adesione e partecipazione della societ civile organizzata al processo decisionale dellUE; rafforzare il ruolo della societ civile nei paesi terzi e promuovere listituzione di strutture consultive ispirate al suo modello. Pur continuando a svolgere le rispettive attivit professionali nei paesi di origine, i membri del Comitato formano tre gruppi distinti, in rappresentanza di datori di lavoro, lavoratori dipendenti e soggetti di diverse attivit di natura sociale ed economica. Il primo gruppo composto da esponenti del settore pubblico e privato, delle piccole e medie imprese, delle camere di commercio, del commercio allingrosso e al dettaglio, delle banche e delle assicurazioni, dei trasporti e dellagricoltura. Il secondo gruppo rappresenta tutte le categorie di lavoratori dipendenti, dagli operai ai dirigenti. I suoi membri sono esponenti dei sindacati. Il terzo gruppo rappresenta una vasta gamma di interessi: ONG, organizzazioni di agricoltori, artigiani e professioni liberali, cooperative e associazioni senza scopo di lucro, organizzazioni consumistiche e ambientaliste, comunit scientifiche e accademiche e associazioni in rappresentanza delle famiglie, delle donne e dei disabili. b) Il Comitato delle regioni Istituito nel 1994 dal trattato sullUnione europea, il Comitato delle regioni (CDR) un organo consultivo costituito da rappresentanti degli enti locali e regionali dEuropa. Nel quadro del processo decisionale dellUE, il CDR deve essere consultato su questioni di politica regionale, ambiente, istruzione e trasporti, tutti settori di cui sono competenti i governi locali e regionali. Il Comitato costituito da 344 membri. Il numero di rappresentanti per ogni Stato membro ne riflette allincirca la popolazione. I suoi membri sono rappresentanti politici eletti nellambito di enti municipali o regionali, spesso a capo di governi regionali o di amministrazioni comunali cittadine. Sono nominati su proposta degli Stati membri per quattro anni ma esercitano le loro funzioni in piena indipendenza. Il loro mandato rinnovabile. Devono ricevere anche un mandato dagli enti che rappresentano o essere politicamente responsabili dinanzi ad essi. Il Comitato designa il presidente tra i suoi membri per un mandato biennale. Suo ruolo fare in modo che la legislazione dellUE tenga conto della prospettiva locale e regionale. A tal fine formula pareri sulle proposte della Commissione. La Commissione e il Consiglio hanno lobbligo di consultare il Comitato delle regioni ogni volta che vengono presentate nuove proposte in settori che interessano la realt locale e regionale e in tutti i casi in cui lo ritengano opportuno. Dal canto suo il Comitato pu adottare pareri di sua iniziativa e presentarli alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento. Le agenzie europee In connessione con l'aumento dei compiti assegnati all'UE e con il crescente impegno della Commissione nella gestione di numerose politiche e programmi, a partire dalla met degli anni '70 del secolo scorso, sono state istituite alcune Agenzie europee specializzate e decentrate negli Stati membri, cui sono stati delegati compiti di assistenza e consulenza tecnico scientifica in settori specifici. Il loro compito principale consiste nell'assistere le istituzioni europee sotto il profilo giuridico, tecnico o scientifico.

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    Dalla sanit alle relazioni esterne, passando per la politica sociale, le agenzie europee intervengono in pressoch tutti i settori di attivit dell'UE. Si raggruppano in quattro grandi categorie, di cui le due principali sono le agenzie esecutive e le agenzie comunitarie tradizionali. Le sei agenzie esecutive, istituite nel 2002, hanno il compito di contribuire alla gestione di uno o pi programmi dell'UE. Le agenzie comunitarie sono invece state create per rispondere ad esigenze specifiche. Ne un esempio l'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), istituita nel 2007 nel quadro del regolamento REACH. La notevole diversit, sia geografica che giuridica, delle agenzie tradizionali contrasta con l'omogeneit delle agenzie esecutive, specie per quanto riguarda il loro ruolo e statuto. Questa eterogeneit e la mancanza di una struttura comune costituiscono un notevole ostacolo alla chiara definizione del loro posto nella struttura istituzionale dell'UE. Il dibattito sulle agenzie europee non di ieri. Gi nel 2005 le condizioni di creazione, funzionamento e controllo delle agenzie erano state oggetto di un progetto di accordo interistituzionale, che per non andato in porto. La Commissione ha ora rivolto un nuovo appello al Parlamento europeo e al Consiglio per la costituzione di un gruppo di lavoro interistituzionale chiamato a rilanciare il dibattito. CAP. III - IL PROCESSO DECISIONALE I profili generali Il processo decisionale dell'Unione, vede di regola la partecipazione di pi istituzioni o organi, espressa attraverso diverse modalit. Modalit ed istituzioni coinvolte dipendono dal contenuto dell'atto da adottare. Nel quadro del TUE (II e III pilastro), il potere decisionale, non soltanto riservato al solo Consiglio, ma esso lo esercita il pi delle volte in quasi completa solitudine. Per quanto riguarda il TCE invece, il Consiglio rimane pur sempre organo centrale del processo decisionale, tuttavia il suo potere bilanciato dalla partecipazione alla decisione, in forme e con intensit diverse, di istituzioni e organi espressivi di interessi diversi da quelli dei governi; questo rende le procedure di decisione all'interno del pilastro comunitario, particolarmente numerose. Spetta quindi a chi propone l'atto, all'istituzione che lo adotta, individuare la base giuridica e quindi la procedura da seguire, ma la scelta non libera: secondo la Corte di Giustizia va opera attraverso criteri oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale (scopo, contenuto). Quando ad un atto siano applicabili pi basi giuridiche prevedono differenti procedure: laddove queste appartengano tanto al TUE che al TCE, verranno adottati due atti paralleli di contenuto analogo ,quando invece appartengano allo stesso Trattato, l'istituzione deve adottare gli atti corrispondenti sulla base di ambedue le norme considerate. Le procedure "legislative" comunitarie: a) la procedura di consultazione La funzione normativa primaria della Comunit, si fonda sui procedimenti che, sfociando in una decisione finale del Consiglio, si sono definiti "principali". Nella partecipazione, e con differenti modalit, dei diversi organi e istituzioni si riflette l'equilibrio di ruoli che il Trattato ha voluto individuare rispetto ad ogni decisione normativa importante della Comunit. Il principale punto di equilibrio quello tra le tre istituzioni "politiche": il Consiglio, rappresentativo degli Stati, il Parlamento europeo, rappresentativo dei popoli, e la Commissione, rappresentativo dell'interesse generale della Comunit. La prima procedura prevista stata la consultazione, sul cui nucleo procedurale originario, innesti di ulteriori fasi, hanno creato le nuove procedure

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    a) Consultazione: La Commissione presenta una proposta - il Consiglio adotta l'atto dopo aver chiesto il parere del Parlamento Europeo. La Commissione pu liberamente modificare la proposta fino a che l'atto non sia adottato, al fine di aiutare la formazione della maggioranza all'interno del Consiglio, il quale pu modificare la proposta solo all'unanimit, e solo con emendamenti che non incidano sull'ambito sostanziale definito dalla proposta iniziale. La Commissione potr anche ritirare la proposta in caso di disaccordo grave con il Consiglio, o di proposte mai discusse e quindi obsolete. Il parere del Parlamento obbligatorio, ma mai vincolante, tranne in casi particolari e limitati; quindi il Consiglio pu disattenderlo, ma tenuto a richiederlo, a pena di invalidit, e ad attenderlo, a meno che l'inerzia del Parlamento non concretizzi una violazione del principio di leale collaborazione, in tal caso il Consiglio pu adottare l'atto senza attendere oltre. E' previsto anche l'obbligo di una nuova consultazione del Parlamento, ogni volta che l'atto infine adottato, sia diverso da quello su cui il Parlamento stesso sia gi stato consultato. La mancata riconsultazione motivo di annullamento dell'atto. Segue b) la procedura di cooperazione E' articolata in due fasi: la prima segue fedelmente la sequenza della consultazione, tranne il fatto che la deliberazione del Consiglio non ha carattere definitivo, ma piuttosto di posizione comune; tale posizione sar oggetto della seconda fase la posizione comune comunicata la Parlamento Europeo, che entro tre mesi: approva a maggioranza semplice, l'atto viene definitivamente adottato dal Consiglio in conformit alla posizione comune, e senza modifiche respinge a maggioranza assoluta pu proporre emendamenti, che rimettono in gioco la Commissione, la quale riesamina la proposta, successivamente il Consiglio potr pronunciarsi. Se dopo il riesame della Commissione o l'eventuale bocciatura della posizione comune da parte del Parlamento europeo, il Consiglio non riesca a pronunciarsi entro tre mesi, in mancanza di una decisione, la proposta si ritiene non adottata. Con il Trattato di riforma la cooperazione verr soppiantata dalla codecisione e in un caso dalla consultazione. Segue: c) La procedura di codecisione L'introduzione della procedura di codecisione, determina una sostanziale equiparazione di ruoli tra Consiglio e Parlamento europeo all'interno del processo decisionale. Al momento l'ambito di applicazione della codecisione molto esteso, pi di met dell'attivit legislativa della Comunit, e verr ancora ampliato con il Trattato di riforma, che la consacrer a procedura ordinaria. Sul piano formale lo schema quello consueto: proposta della Commissione - parere del Parlamento europeo -pronuncia del Consiglio. la peculiarit sta nel fatto che tale fase pu anche essere l'ultima, nel senso che se il Parlamento approva o propone emendamenti interamente condivisi dal Consiglio, questo pu adottare l'atto a maggioranza qualificata. Nel caso in cui non concordi con tutti o alcuni emendamenti, il Consiglio adotter una posizione comune, dando inizio alla seconda fase, che comincia con la trasmissione della posizione comune del Consiglio al Parlamento. Il Parlamento ha tre mesi per pronunciarsi con tre possibili risultati:

    approvazione implicita o esplicita, l'atto si considera definitivamente adottato bocciatura, atto definitivamente non adottato propone degli emendamenti, sui quali la Commissione deve formulare un parere. Entro tre mesi, di nuovo, il Consiglio potr approvare a maggioranza qualificata tutti gli

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    emendamenti parlamentari e adottare la posizione comune; ovvero convocare entro sei settimane un comitato di conciliazione : membri di Consiglio, Parlamento e Commissione, e da il via alla terza fase. La terza fase consiste nella ricerca di un accordo su un "progetto comune". In caso di mancato accordo l'atto si considera non adottato, e comunque l'eventuale progetto su cui si trovi l'accordo, potrebbe non avere la maggioranza in Consiglio o in Parlamento per tradurlo in atto definitivo. Segue: d) La procedura di parere conforme Per taluni atti si prevede una procedura di adozione che richiede il parere del Parlamento perch il Consiglio possa adottare l'atto, e che tale parere sia conforme; in mancanza impedita l'adozione dell'atto. Questa procedura si usa per la decisione di conclusione di accordi di associazione, per quella sull'adesione di nuovi Stati membri, e per alcune decisione attribuite dal TCE al Consiglio. A differenza della procedura di codecisione, il parere conforme non contribuisce alla definizione dell'atto, ma interviene su un atto gi definito. Le procedure decisionali nel quadro dell'Unione: a) il processo decisionale nel secondo pilastro La politica estera e di sicurezza comune (PESC), il cosiddetto secondo pilastro, ha il suo fondamento giuridico nel titolo V del Trattato sullUnione europea. Il processo decisionale nellambito della PESC si esplica mediante procedure intergovernative. Ogni Stato membro e la Commissione possono sottoporre al Consiglio questioni che rientrano nella PESC e presentare proposte. Il Consiglio europeo, formato dai Capi di Stato e di governo degli Stati membri, stabilisce i principi e gli orientamenti generali della PESC, decidendo le strategie comuni che lUnione deve attuare nei settori in cui gli Stati membri hanno importanti interessi in comune. Il Consiglio dell'Unione europea, formato da rappresentanti di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, decide le misure necessarie alla definizione e allattuazione della PESC, in base agli orientamenti generali adottati dal Consiglio europeo. Il Consiglio dell'Unione europea pu adottare azioni comuni su specifiche situazioni in cui si ritiene necessario un intervento operativo dellUnione, oppure posizioni comuni per definire lapproccio dellUnione su una questione particolare. Relativamente alla conclusione di accordi internazionali nel settore PESC, il Consiglio pu autorizzare la Presidenza ad avviare negoziati. Tali accordi sono in seguito deliberati dal Consiglio. Inoltre, l'Unione europea pu adottare dichiarazioni comuni che esprimono pubblicamente una posizione, una richiesta o un'aspettativa dell'Unione europea rispetto ad un Paese terzo o ad una questione internazionale. La regola generale per le decisioni in ambito PESC l'unanimit, mitigata dallastensione costruttiva (che non impedisce ladozione dellatto). E previsto il ricorso alla maggioranza qualificata per le misure di attuazione adottate sulla base di strategie comuni del Consiglio europeo, per le decisioni di attuazione di unazione comune o di una posizione comune, per la nomina di rappresentanti speciali con mandati politici specifici. Il Parlamento europeo viene informato periodicamente dalla Presidenza e dalla Commissione sugli sviluppi della politica estera e di sicurezza comune. E inoltre consultato sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della PESC. Pu rivolgere interrogazioni ed indirizzare raccomandazioni al Consiglio ed una volta allanno tiene un dibattito sui progressi compiuti in materia.

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    Segue: b) Il processo decisionale nel terzo pilastro La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, il cosiddetto terzo pilastro, ha il suo fondamento giuridico nel titolo VI del Trattato dell'Unione europea. Originariamente il Trattato dellUnione europea includeva nel terzo pilastro tutte le materie relative alla giustizia e agli affari interni. Successivamente il Trattato di Amsterdam ha fatto confluire le disposizioni concernenti visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone nel titolo IV del Trattato istitutivo della Comunit europea (ossia nel primo pilastro). Nel terzo pilastro sono rimaste le disposizioni relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Nel terzo pilastro il Consiglio pu adottare: posizioni comuni che definiscono lorientamento dellUnione in merito a una questione specifica; decisioni-quadro per ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tali decisioni-quadro sono vincolanti quanto al risultato da ottenere (analogamente alle direttive), ma non hanno efficacia diretta; decisioni per qualsiasi altro scopo coerente con gli obiettivi prefissati, escluso il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; le decisioni sono vincolanti ma prive di efficacia diretta. Le misure di attuazione delle decisioni a livello dellUnione sono deliberate a maggioranza qualificata; convenzioni, soggette alla successiva ratifica degli Stati membri. Le procedure basate sulla delega di competenze alla Commissione Le leggi europee e le leggi quadro europee possono, inoltre, delegare alla Commissione la facolt di emanare regolamenti delegati che completano o modificano determinati elementi non essenziali della legge o della legge quadro, delimitando esplicitamente obiettivi, contenuto, portata e durata della delega. La disciplina degli elementi essenziali di un settore rimane riservata alla legge o alla legge quadro.

    Gli atti delegati sono adottati della Commissione su delega di un atto legislativo. Lart. 290

    prevede infatti che un atto legislativo pu delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non

    essenziali dellatto legislativo. Al tempo stesso si specifica che gli atti legislativi

    delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata del potere di

    delega. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati allatto legislativo e non

    possono pertanto essere oggetto del potere di delega; inoltre, il Parlamento europeo o il

    Consiglio possono comunque decidere di revocare la delega. Infine laggettivo delegato

    o delegata inserito nel titolo degli atti delegati (art. 290, par. 3).

    Le procedure per la conclusione di accordi internazionali con Stati terzi: a) da partedella Comunit Cos come nel quadro del TCE, il processo decisionale organizzato intorno al triangolo istituzionale Parlamento europeo Consiglio - Commissione, anche la procedura di conclusione di accordi internazionali con Stati terzi (o con organizzazioni internazionali) sulla base dello stesso Trattato vede coinvolte le stesse istituzioni; e cos come l'adozione di atti nei settori di cooperazione PESC e GAI riservata quasi totalmente al Consiglio, anche la conclusione di accordi con Stati terzi in quegli stessi settori spetta al Consiglio. (parallelismo delle procedure) a) la procedura di conclusione degli accordi internazionali disciplinata nel TCE dall'art 300, integrato da ulteriori previsioni in altri articoli.

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    Tale procedura si avvia su iniziativa della Commissione che presenta una raccomandazione al Consiglio di autorizzare la stessa Commissione il negoziato con uno Stato terzo, che verr condotto da questa in base alle direttive impartite dal Consiglio. La fase negoziale si chiude con la paragrafatura del progetto di accordo da parte della Commissione e la presentazione di una sua proposta al Consiglio per l'adozione della decisione di autorizzazione alla firma dell'accordo da parte di un rappresentante dello stesso Consiglio. Pu anche essere disposta l'applicazione provvisoria dell'accordo in attesa della conclusione formale. Oltre a questa procedura "solenne", pu anche essere seguita una procedura semplificata, prevedendo direttamente nella decisione di firma,che questa valga come espressione della volont della Comunit a vincolarsi all'accordo. La procedura solenne utilizzata soprattutto quando sulla decisione debba essere obbligatoriamente sentito il Parlamento. Per la gran parte degli accordi il Trattato prevede un parere non vincolante, ma per alcuni tipi di accordi richiede un parere conforme. Oltre che per gli accordi di associazione e per quelli assimilabili, il parere conforme imposto per gli accordi che comportino modifiche di un atto di diritto derivato adottato in codecisione e di accordi che abbiano ripercussioni finanziarie considerevoli per la comunit. Il principio del parallelismo delle procedure caratterizza anche le modalit di voto con cui il Consiglio chiamato ad adottare i diversi atti che scandiscono la procedura di conclusione di un accordo con uno Stato terzo. E' previsto infatti che esso deliberi in tutti questi casi a maggioranza qualificata, salvo quando si tratti di accordi di associazione o di accordi riguardanti un settore in cui sul piano interno richiesto l'unanimit. Infine in taluni casi la competenza a concludere un accordo internazionale attribuita, nel quadro del TCE, alla stessa Commissione; in particolare per quanto riguarda gli accordi diretti a formalizzare forme di collaborazione o di collegamento reciproci con altre organizzazioni internazionali. Segue: b) Da parte dell'Unione In relazione alla competenza dell'Unione di concludere accordi internazionali, l'articolo III- 225 del progetto di Costituzione istituzionalizza la giurisprudenza della Corte di giustizia sulle competenze esterne implicite . Di conseguenza, l'Unione pu concludere tali accordi qualora la Costituzione lo preveda o qualora la loro conclusione sia necessaria per realizzare uno degli obiettivi fissati dalla Costituzione, o ancora quando sia prevista in un atto giuridico obbligatorio dell'Unione o incida su un atto interno dell'Unione. Lo stesso avviene per la giurisprudenza della Corte relativa alle competenze esclusive per esercizio. L'articolo 12 della Costituzione prevede in effetti, al paragrafo 2, che l'Unione abbia competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorch tale conclusione sia prevista in un atto legislativo dell'Unione, o sia necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno, o incida su un atto interno dell'Unione. In materia di negoziazione degli accordi internazionali, un'unica disposizione, l'articolo III-227 della Costituzione, disciplina tutti gli accordi conclusi dall'Unione, ad eccezione degli accordi nel settore monetario. La Costituzione delimita chiaramente la responsabilit della Commissione e quella del ministro degli Affari esteri per quanto riguarda l'avvio di negoziazioni. Essa infatti precisa che il ministro degli Affari esteri responsabile della negoziazione di accordi che riguardano esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune. Per contro, l'articolo III-227 non designa in linea di principio alcun negoziatore, conferendo al Consiglio dei ministri, in funzione della materia dell'accordo da negoziare, il potere di designare il negoziatore o il capofila dell'quipe negoziale dell'Unione. Peraltro, il progetto di Costituzione rafforza il ruolo del Parlamento europeo, estendendo il suo potere di approvazione a tutti gli accordi che interessano settori ai quali sia applicabile

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    la procedura legislativa. In effetti, nell'ambito del trattato CE, il Parlamento dispone di un potere di parere conforme solo per gli accordi di associazione, gli accordi che creano un quadro istituzionale specifico, gli accordi con ripercussioni finanziarie considerevoli e gli accordi che richiedono l'emendamento di un atto adottato secondo la procedura di codecisione (articolo 300, paragrafo 3, del trattato CE). Infine, per quanto concerne il processo decisionale, il voto del Consiglio dei ministri resta soggetto alla regola del parallelismo delle forme. Di conseguenza, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nel caso in cui l'accordo interessi un settore in cui l'adozione di un atto dell'Unione richiede l'unanimit. Del resto, l'unanimit necessaria per la conclusione di accordi di associazione o per l'adesione dell'Unione alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali. PARTE SECONDA LE FONTI CAP. I - TIPOLOGIA DELLE FONTI Profili introduttivi Anche l'ordinamento creato dai Trattati istitutivi organizzato intorno ad un sistema di fonti. Fonti che non si riducono alla classica coppia diritto primario-diritto derivato, ma che annoverano anche altre categorie di fonti normative che arricchiscono il sistema in modo consono al compito che deve affrontare; infine accanto alle fonti in senso proprio troviamo una serie di procedimenti normativi che rappresentano elementi importanti di condizionamento dell'assetto del sistema giuridico creato dai Trattati. I Trattati e il diritto primario Al vertice del complesso di fonti vi sono senza dubbio i Trattati istitutivi, ciascuno dei quali atto fondante rispettivamente dell'Unione e delle singole Comunit, ed allo stesso tempo che regola competenze e procedura di funzionamento delle stesse. Le norme contenute nei trattati sono dunque norme sovraordinate rispetto alle altre dell'ordinamento, in quanto i procedimenti produttivi di queste ultime traggono la loro idoneit a farlo dalle norme dei Trattati. I Trattati istitutivi risultano corredati fin dall'inizio, o a seguito dei Trattati di modifica, di una serie di protocolli, all'interno dei quali vengono disciplinati alcuni aspetti di funzionamento dell'Unione, regolati solo in via generale, o non regolata, nei Trattati cui sono allegati. Il protocollo strumento tipico per non appesantire il testo dei Trattati, per facilitarne la successiva integrazione/modifica,per immettere nell'ordinamento comunitario una disciplina di carattere meramente o formalmente transitorio, o per introdurre nel sistema discipline ad applicazione differenziata, senza intaccare formalmente la portata unitaria del Trattato. Alla nozione di Trattati vanno poi ricondotti anche gli atti di adesione, con cui hanno acquistato lo status di membro i diversi Stati che si sono aggiunti ai sei originari. Segue: Il carattere "costituzionale" dei Trattati. La loro modificabilit Nonostante l'assimilazione dei Trattati istitutivi a "Costituzione" dell'ordinamento comunitario abbia pi una valenza politica che formale, in quanto essi non si limitano a dettare principi strutturali, ma disciplinano nel dettaglio alcuni settori di competenza della Comunit, tuttavia il paragone con una carta costituzionale sottolinea in maniera adeguata le peculiarit dei Trattati rispetto ai normali accordi internazionali. Ci e vero in particolare per il modo in cui le norme dei Trattati vanno interpretate; in ragione infatti della funzione che svolgono rispetto all'ordinamento cui hanno dato vita, nella loro interpretazione, le

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    considerazioni di carattere sistematico hanno finito per prevalere molto spesso sul dato testuale. E' la stessa Corte di Giustizia a stabilire che "ogni disposizione di diritto comunitario va ricollocata nel contesto e interpretata alla luce dell'insieme delle disposizioni, delle sue finalit e del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione al disposizione in esame. Per quanto riguarda poi le supposte limitazioni al potere di emendamento dei Trattati, affermazione del carattere costituzionale degli stessi, non si possono certo pensare dei limiti materiali nei confronti degli Stati membri per l'esercizio di tale potere; si configura semmai una ridotta libert, rispetto a ci che normalmente avviene nel diritto internazionale, in quanto gli Stati non sono del tutto liberi circa il procedimento da seguire. Il Trattato (TCE), infatti prevede che, sulla convocazione di una conferenza intergovernativa tra gli Stati membri, destinata a portare all'adozione di un accordo di modifica del Trattato, il Consiglio debba esprimere il proprio parere favorevole, previa consultazione del Parlamento europeo, e se del caso, della Commissione. La Corte di Giustizia stabilisce inoltre a riguardo, che il Trattato non pu essere modificato, se non mediante una revisione da effettuarsi ai sensi di detto procedimento, e che rimane esclusa la possibilit di riconoscere effetti nell'ordinamento comunitario a prassi seguite dagli Stati membri in deroga al TCE. Segue: Gli effetti delle norme di diritto primario sui soggetti dell'ordinamento La collocazione dei Trattati istitutivi al vertice dell'ordinamento comunitario comporta che essi abbiano come destinatari tutti i soggetti di questo. La Corte di Giustizia ha infatti, in riferimento al TCE, affermato che in un ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini, del tutto concepibile che dal Trattato derivino diritti soggettivi per i singoli, anche come contropartita di precisi obblighi imposti ai singoli stessi. Ci non vale per per il TUE, visto che esso stesso esclude qualsiasi efficacia diretta sui privati.Ma anche nel caso delle norme del TCE, la possibilit di ricavarne diritti direttamente in capo ai privati dipender dalla rispondenza della norma a determinate caratteristiche, che ne evidenzino la capacit di creare per i singoli situazioni soggettive che possano essere invocate davanti a un giudice nazionale. La Corte di Giustizia ha individuato le suddette caratteristiche in: chiarezza, precisione, completezza e carattere incondizionato della norma invocata. Ovviamente, come possono attribuire diritti, le norme del TCE possono essere per i privati anche fonte diretta di obblighi nei confronti di altri privati. (es. principio della parit di retribuzione tra uomo e donna nello stesso lavoro) Gli atti di diritto derivato. Il rapporto tra gli atti tipici Nell'ordinamento creato dai Trattai, operano in posizione subordinata ad essi, una serie di fonti di diritto derivato frutto dell'attivit normativa delle istituzioni. Ciascuno dei Trattati specifica i diversi tipi di atti di cui le istituzioni si possono avvalere nell'esercizio di questa attivit, e li indica come "atti tipici". Tali atti, nonostante siano differenziati per caratteristiche ed effetti che ad essi il Trattato riconosce, non stanno tra di loro in nessun rapporto gerarchico. Ci non significa che tra atti adottati dalle istituzioni non possa in taluni casi esistere un rapporto gerarchico, ma che tale rapporto dipender, non dalla forma degli atti utilizzati, ma da altre circostanze. Una di queste pu essere la particolare funzione cui un determinato atto delle istituzioni assolve.

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    Non dipendendo da una diversa collocazione "gerarchica", la scelta del tipo di atto da utilizzare nel caso concreto evidentemente basata sulle diverse caratteristiche di ciascuno di essi. La scelta talvolta operata dal Trattato stesso, che nell'articolo sul quale si fonda la competenza ad agire dell'Unione in una determinata materia, indica attraverso quale strumento tale competenza debba essere esercitata. Altre volte la scelta rimessa dal Trattato al legislatore, attraverso la generica previsione dell'adozione di "provvedimenti" o "misure". In ogni caso la scelta sar dettata dalla maggiore o minore rispondenza delle caratteristiche specifiche di ogni atto al contenuto e agli obiettivi dell'intervento normativo di cui si tratta, dato che diverse caratteristiche esprimono un modo diverso di esercitare la competenza attribuita all'Unione. Segue: Il regime comune agli atti tipici Nonostante la diversit per caratteristiche ed effetti, gli atti tipici del diritto derivato sono soggetti ad un regime in linea di principio comune per quanto attiene a certi requisiti di forma e alla loro entrata in vigore. Tale regime disciplinato in realt solo per gli atti comunitari del TCE, ma alcuni aspetti sono da ritenere applicabili anche agli atti adottati dalle istituzioni in applicazione del TUE. In primo luogo l'art. 253 CE pone un obbligo di motivazione, intesa come formalit sostanziale, la cui omissione o insufficienza comporta l'invalidit dell'atto. La sufficienza della motivazione va valutata in rapporto alla natura dell'atto di cui si tratta, in quanto varia a seconda che si tratti di decisioni generali di carattere normativo o decisioni a cui manchi tale carattere. Parte integrante della motivazione l'indicazione della base giuridica dell'atto, la quale contribuisce a fornire elementi essenziali per una migliore comprensione della portata e della validit dell'atto stesso. L'applicazione di un atto delle istituzioni subordinata a una pubblicit preventiva che ne condiziona l'opponibilit ai soggetti dell'ordinamento. L'art. 254 CE impone la pubblicazione obbligatoria sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, dei regolamenti, delle direttive indirizzate a tutti gli Stati membri, nonch degli atti adottati in codecisione; direttive e decisioni non rientranti in tali categorie devono essere notificate ai loro destinatari, pur essendo di regola oggetto di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Se non diversamente specificato, l'atto, sempre in base all'art 254 CE, entrer il vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione o dalla notifica. Gli atti di diritto comunitario: a) i regolamenti Nell'ambito del TCE, il nucleo originario delle fonti di diritto derivato costituito dagli atti elencati all'art 249, comunemente indicati come atti tipici del diritto comunitario derivato: a)regolamenti; b) direttive; c)decisioni. a) in base all'art. 249 il regolamento ha portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi, e direttamente applicabile, in ciascuno degli Stati membri. E' quindi atto di natura essenzialmente normativa. E' lo strumento pi adeguato con cui realizzare il trasferimento di competenze dagli Stati membri alle istituzioni comunitarie, in quanto attraverso il regolamento la normativa comunitaria viene a sostituirsi integralmente, nel settore da essa regolato, alle norme nazionali. Ha portata generale in quanto si rivolge, non ad un numero limitato di destinatari, ma a una o pi categorie di destinatari determinate astrattamente; anche se la portata generale non implica necessariamente che il regolamento debba applicarsi a tutto il territorio comunitario, non mancano infatti regolamenti diretti a disciplinare fattispecie territorialmente circoscritte.

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    E' obbligatorio in tutti i suoi elementi in quanto uno Stato non pu applicare in modo incompleto o selettivo un regolamento, ma vi si deve conformare in maniera rigorosa. Tuttavia tale caratteristica non implica una necessaria completezza di contenuto normativo del regolamento; nulla esclude che la disciplina da esso dettata debba essere integrata mediante atti ulteriori, per potere operare compiutamente, anzi ci pu essere esplicitamente previsto dal regolamento stesso. L'intervento normativo di integrazione da parte degli Stati membri, si giustifica per, solo nella misura necessaria all'esecuzione dei regolamenti. L'ultima, ma principale caratteristica dei regolamenti la diretta applicabilit in ciascuno degli Stati membri, in cui entra in vigore senza bisogno di alcun atto di ricezione del diritto interno. L'applicabilit diretta comporta che essi sono suscettibili di porre situazioni giuridiche soggettive in capo ai privati, tanto nei loro rapporti con i privati, che con gli Stati o le istituzioni comunitarie. Tali effetti non possono essere messi in causa nemmeno dal fatto che per l'ordinamento dello Stato sarebbe necessario un intervento normativo che permetta al regolamento di operare pienamente. L'ordinamento giuridico nazionale deve rendere possibile, secondo la Corte di Giustizia, l'efficacia diretta, in modo che i singoli possono far valere i regolamenti senza vedersi opporre disposizioni o prassi di carattere nazionale. Segue: b) Le direttive Lo strumento della direttiva esprime un modo di funzionamento delle competenze comunitarie articolato su una ripartizione del potere normativo tra Comunit e Stati membri. La direttiva opera infatti sulla base di una riserva di competenza a favore di questi ultimi, nel senso che implica la permanenza di normative nazionali. Questo strumento, in base all'art 249 CE, vincola lo Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alle forme e ai mezzi. Questo comporta che la direttiva, per svolgere i suoi effetti all'interno dello Stato, abbisogna dell'intervento delle autorit nazionali, che devono tradurre le sue disposizioni in norme interne. L'attuazione delle direttive nell'ordinamento interno quindi oggetto di un preciso obbligo che gli Stati membri sono tenuti ad adempiere, mediante l'emanazione di un atto di recepimento della stessa. Nonostante una certa libert del dato normativo, la Corte di Giustizia ha precisato che l'attuazione di una direttiva deve avvenire con le forme ed i mezzi pi idonei a a garantire l'efficacia reale delle disposizioni della direttiva, ma deve anche corrispondere alle esigenze di chiarezza e certezza delle situazioni giuridiche volute da tale atto. E' stata quindi esclusa l'idoneit di una semplice circolare, o di prassi amministrative. Il fatto che lo strumento della direttiva richieda una mediazione del diritto interno, non impedisce che, indipendentemente dalla mediazione, norme di una direttiva possano esplicare effetti in tale ordinamento, in particolare aprendo ai privati la possibilit di far valere dinanzi ai giudici nazionali, obblighi che le norme in questione pongano a carico dello Stato. La possibilit che le direttive abbiano efficacia diretta comunque, rimane circoscritta alle ipotesi in cui la mediazione di tale direttiva nel diritto interno, non sia avvenuta, o sia avvenuta in modo incompleto; in tal modo si assicurano al singolo i diritti che la direttiva gli vuole riconosciuti. Anche in caso di adozione delle misure nazionali di trasposizione entro il termine previsto, la direttiva non cessa i suoi effetti, in quanto gli Stati rimangono obbligati ad assicurarne effettivamente la piena applicazione anche dopo il recepimento. La giurisprudenza comunitaria ha comunque limitato la possibilit dei privati di far valere eventuali effetti diretti di disposizioni di una normativa soltanto alle ipotesi che ci avvenga nei confronti dello Stato(effetto verticale) , escludendo che queste stesse disposizioni possano essere fonte diretti di diritti individuali nei confronti di altri privati(effetto

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    orizzontale), in quanto esclusa la circostanza che una direttiva possa di per s creare obblighi a carico di un singolo. L'obbligo gravante sugli Stati membri, di conseguire il risultato voluto da una direttiva, non si esaurisce con la trasposizione formale di questa nell'ordinamento nazionale, ma si impone a tutti gli organi dello Stato, i quali, nel loro ambito di competenza, sono tenuti a garantire l'applicazione effettiva della direttiva. In particolare per gli organi giurisdizionali, che devono, in quanto possibile, interpretare il diritto interno, a partire dalla scadenza del termine di attuazione, alla luce del testo e della finalit della direttiva di cui trattasi, privilegiando l'interpretazione ad essa pi conforme. Segue: Le decisioni In base all'art. 249 CE, la decisione obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. E' atto quindi spiccatamente individuale, i cui destinatari per, non risultano predeterminati. Il ricorso alla decisione generalmente espressione di un'attivit amministrativa delle istituzioni, attraverso la quale provvedono ad applicare al caso concreto le previsioni normative astratte del Trattato o di altri atti comunitari. Questa funzione si lega bene con i caratteri propri della decisione delineati dall'art.249: atto a portata individuale come la direttiva, ma a differenza di questa, rivolta ai soli Stati membri, essa pu indirizzarsi a destinatari di tutte le categorie del diritto comunitario. Altra differenza con la direttiva, che la decisione appare dotata dell'efficacia necessaria a raggiungere i suoi destinatari, nel senso che vincolando questi pur quando essi siano soggetti interni agli Stati membri, la decisione risulta in questi casi, come i regolamenti, direttamente applicabile negli ordinamenti giuridici nazionali; anche le decisioni indirizzate agli Stati membri possono esplicare effetti diretti nell'ordinamento nazionale. Nonostante la spiccata attitudine ad essere usate in funzione amministrativa, non mancano casi in cui le decisioni, indirizzate a tutti gli Stati, svolgono una funzione tipicamente normativa, specificando ad esempio, la disciplina di dettaglio di procedure previste in un regolamento o in una direttiva. Questo tipo di decisioni va distinto da altre, che si atteggiano come atti generali privi di destinatari, dirette a regolare rapporti interistituzionali, o altri aspetti del funzionamento del sistema, le cui norme non sono quindi destinate direttamente agli ordinamenti nazionali. Talvolta possono essere adottate con la procedura tipicamente legislativa della codecisione, e per la loro diversit dal modello dell'art. 249, sono state inserite nella categoria degli atti atipici. Gli altri atti comunitari Il sistema comunitario conosce una serie di altri atti di varia natura, accomunati dal fatto di non costituire in linea di principio fonti formali di norme. Questo vero per gli altri due atti tipici dell'art. 249 CE: - raccomandazioni: per lo pi utilizzate dal Consiglio e dalla Commissione per indirizzare agli Stati membri o ad altri soggetti, norme di comportamento di carattere non vincolante. La Corte di Giustizia ha ammesso in via generale che i giudici nazionali sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni, ai fini della soluzione delle controversie, in particolare quando sono di aiuto per l'interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione. - pareri: strumento attraverso cui una istituzione fa conoscere la propria valutazione su una determinata questione o atto. In tale categoria ve ne sono alcuni che in conseguenza della loro funzione all'interno di un determinato procedimento o dell'espressa previsione di un articolo del Trattato, sono produttivi di effetti giuridici assai significativi. Le istituzioni fanno sovente ricorso ad ulteriori tipi di atti; il Consiglio adotta ad esempio "conclusioni" o "risoluzioni", nelle quali preannuncia le possibili linee di sviluppo di una

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    successiva attivit normativa comunitaria, ovvero fissa la sua posizione rispetto a una questione di interpretazione del diritto comunitario, ma le adotta anche per consacrare un accordo politico tra i membri dello stesso Consiglio, su sviluppi successivi del negoziato al suo interno su di una determinata proposta della Commissione. Frequente anche il ricorso da parte della Commissione a "comunicazioni", "orientamenti" o "linee direttrici", atti utilizzati soprattutto per esplicitare all'indirizzo dei soggetti interessati (Stati o privati) il proprio modo di interpretare una sua competenza, ovvero le modalit con le quali essa intende esercitarla. Vanno menzionati infine gli accordi interistituzionali, serie di atti frutto della volont congiunta di due o pi istituzioni in vista della disciplina di un certo aspetto delle loro relazioni, ovvero dell'esternazione di una comune posizione su una data questione di rilievo politico. Se nel secondo caso l'atto ha valenza esclusivamente politica, nel primo caso atto che in linea di principio impegna giuridicamente le istituzioni che lo concludono; efficacia che deriva talvolta da espressa previsione del Trattato, e talvolta dall'essere questi atti espressione dell'obbligo di cooperazione tra le istituzioni, ricavato dalla Corte di Giustizia dall'art. 10 CE. Rimangono comunque atti non rilevanti per la posizione dei singoli, anche se, quando hanno carattere vincolante, il loro mancato rispetto pu essere causa dell'illegittimit di un atto comunitario. Sembra ovvio per che l'eventuale carattere vincolante di un accordo interistituzionale sussister solo nei confronti delle istituzioni concludenti. Gli accordi interistituzionali devono sempre rimanere nei limiti previsti dai Trattati; essi possono integrare o specificare le disposizioni dei Trattati, ma non modificarle, alterando l'equilibrio istituzionale da queste delineato. Gli atti dell'Unione: a) gli atti della politica estera e di difesa comune Gli atti di cui le istituzioni possono servire per agire nel quadro della cooperazione PESC e GAI,anche se coincidenti nella denominazione, differiscono notevolmente da quelli previsti dal TCE. Differiscono anche per natura, effetti giuridici sugli ordinamenti degli Stati membri, e per requisiti di forma e pubblicit. a) ai fini della cooperazione nell'ambito del PESC, il TUE all'art 12 prevede che il Consiglio europeo o il Consiglio, possano far ricorso a : strategie comuni, posizioni comuni, azioni comuni (e decisioni). strategie comuni: competono al Consiglio europeo; atti che definiscono un approccio integrato dell'Unione e degli Stati membri in relazione ad aree geografiche o tematiche nelle quali gli Stati hanno importanti interessi comuni. posizioni comuni: adottate dal Consiglio per definire l'approccio dell'Unione, rispetto ad una questio particolare di natura geografica o tematica; dirette a orientare i comportamenti degli Stati membri, tenuti a uniformarsi. azioni comuni : atto attraverso cui si realizza un intervento operativo dell'Unione in una specifica situazione, del quale essa stessa definisce obiettivi, portata, mezzi, condizioni di attuazione, durata. decisioni : anche se non elencate all'art. 12, il Consiglio, nell'ambito del PESC fa spesso ricorso alle decisioni, con cui autorizza la firma o la conclusione di accordi internazionali, nomina rappresentanti speciali dell'Unione, crea comitati od organi militari nell'ambito della difesa comune.

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    Segue: b) gli atti adottati nel quadro del terzo pilastro Per la cooperazione nell'ambito del GAI, il TUE prevede il ricorso a strumenti giuridici specifici. L'art. 34 par. 2 UE, elenca quattro tipi di atti:

    posizioni comuni: le sole che rivestono natura di strumento di azione politica pi che normativa. Definiscono l'orientamento dell'Unione, in merito ad una questione specifica e vincolano gli Stati membri ad attenervisi nelle organizzazioni internazionali a cui partecipano. Con posizione comune il Consiglio dispone anche sanzioni economiche o politiche nei confronti di Stati terzi, e persone fisiche o giuridiche.

    decisioni-quadro: strumento di legislazione; espressamente finalizzate al ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, con funzione analoga alle direttive nel TCE; sono vincolanti per gli Stati membri in quanto al risultato, salva restando la competenza nazionale in merito a forma e mezzi. Vanno recepite negli ordinamenti nazionali con un atto di legislazione ad hoc, il cui termine fissato nella stessa decisione-quadro. A differenza delle direttive non hanno efficacia diretta.

    decisioni: definito per esclusione dall'art. 34, par. 2 lett c), che ne dichiara l'assenza di efficacia diretta, e si limita a prevedere che la decisione ha qualsiasi altro scopo coerente con gli obiettivi del terzo pilastro, escluso il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

    convenzioni : convenzioni internazionali da concludere tra gli Stati membri, una volta che il loro testo sia stato stabilito dal Consiglio.

    Gli accordi internazionali con Stati terzi e le altre norme internazionali. Un'ulteriore fonte di norme per l'ordinamento dell'Unione si trova nel diritto internazionale e negli accordi internazionali,conclusi con Stati terzi od organizzazioni internazionali. Dal momento in cui entrano in vigore sul piano internazionale, tali accordi diventano automaticamente parte integrante dell'ordinamento comunitario. Da ci non consegue necessariamente che le sue disposizioni possano essere invocate in giudizio dai singoli. Questo certamente escluso per le disposizioni di accordi conclusi sulla base del TUE. Nel caso invece di accordi conclusi sulla base del TCE, questa possibilit condizionata dalla Corte di Giustizia, alla rispondenza della disposizione invocata agli stessi requisiti che giustificano l'esplicazione di effetti diretti di norme di tale Trattato, o direttive e decisioni: la disposizione deve porre un obbligo chiaro e preciso, la cui esecuzione o effetti non siano subordinati all'adozione di ulteriori atti. Gli accordi conclusi con Stati terzi sono ovviamente subordinati ai Trattati, dato che l'esercizio di competenze internazionali dell'Unione deve avvenire nel rispetto delle regole materiali e procedurali in essi stabiliti. I principi generali di diritto. In particolare il principio del rispetto dei diritti fondamentali Il Trattato sull'Unione europea afferma che l'Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la