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A SCUOLA DI ANIMALI… PER L’UOMO “ E' L'animo che devi cambiare non il cielo sotto cui vivi” ( Seneca) ABSTRACT : Il progetto, grazie ad una didattica pedagogica ed educativa delle emozioni, sia attraverso l'analisi di film di qualità, condotta individualmente e con il confronto critico in gruppo, sia con l’attività di EAA, attiva nel ragazzo quella condivisione emotivo/affettiva che gli permette di relazionarsi con gli esseri umani, favorendo la socializzazione e l'empatia, e con gli animali, migliorando la relazione con l’eterospecifico. 1

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A SCUOLA DI ANIMALI… PER L’UOMO

“ E' L'animo che devi cambiare non il cielo sotto cui vivi” ( Seneca)

ABSTRACT :

Il progetto, grazie ad una didattica pedagogica ed educativa delle emozioni, sia attraverso l'analisi di

film di qualità, condotta individualmente e con il confronto critico in gruppo, sia con l’attività di

EAA, attiva nel ragazzo quella condivisione emotivo/affettiva che gli permette di relazionarsi con

gli esseri umani, favorendo la socializzazione e l'empatia, e con gli animali, migliorando la

relazione con l’eterospecifico.

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Programmazione

Identificazione

Formulazione

Finanziamento

Realizzazione

Valutazione

Teorie e modelli teorici di progettazione

L’approccio PCM (Project Cycle Management)1 del Progetto prevede l’utilizzo di vari concetti e

strumenti per garantire la qualità nelle diverse fasi del ciclo di vita del progetto. Questa metodologia

si basa sull’analisi dei problemi da cui poi scaturisce la logica dell’intervento, che si fonda sulla

logica di causa-effetto tra problemi ed obiettivi e si ispira alla programmazione per obiettivi

1 European Commission, March 2002, Project Cycle Management, Handbook, Brussels.

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Entità del fenomeno

Molti studi scientifici e molti dati statistici ormai sono concordi nel segnalare la tendenza dei giova-

ni d’oggi ad avere un maggior numero di problemi emotivi rispetto alle generazioni precedenti “I

giovani anche se non sempre ne sono consci ,stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che

costellano la giovinezza ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra di loro, pene-

tra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca l’anima, in-

tristisce le passioni rendendole esangui, le famiglie si allarmano, la scuola non sa cosa fare ,solo il

mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo dove ciò che si

consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti ma la loro stessa vita ,

che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa....Inte-

rogati non sanno descrivere il loro malessere perchè ormai hanno raggiunto quell'analfabetismo

emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per

nome( Galimberti 2007). E ancora Galimberti2 :”...Esiste nella nostra attuale cultura e nelle nostre

pratiche di vita un'educazione emotiva che consenta loro di mettere in contatto e quindi di conosce-

re i loro sentimenti ,le loro passioni,la qualità dela loro sessualità e i moti della loro aggressività?

oppure il mondo emotivo vive dentro di loro a loro insaputa,come un ospite sconosciuto a cui non

sanno dare neppure un nome?Se così fosse fatti simili a questa tragedia aspetiamocene molti ,per-

chè è difficile pensare di poter governare la propria vita senza un'adeguata conoscenza di sé.E qui

non alludo alla conoscenza postuma che in età adolescenziale o in età adulta porta qualcuno dallo

psicoterapeuta a cercare l'anima o direttamente in farmacia nel tentativo di sedarla;ma faccio rife-

rimento a quell'educazione dei sentimenti ,delle emozioni,degli entusiasmi,delle paure,che mette al

riparo da quell'indifferenza emotiva,oggi sempre più diffusa,per effetto della quale non si ha riso-

nanza emozionale di fronte ai fatti a cui si assiste o ai gesti che si compiono.E chi non sa sillabare

l'alfabeto emotivo,chi ha lasciato disseccare le radici del cuore,si muove nel mondo pervaso da un

timore inaffidabile e quindi con una vigilanza aggressva spesso disgiunta da spunti paranoici che

inducono a percepire il prossimo innazitutto come un potenziale nemico.E tutto ciò perchè?Perchè

manca un'educazione emotiva:dapprima in famiglia, dove i giovanissimi trascorrono il loro tempo

in quella tranquilla solitudine con le chiavi d icasa in tasca e la televisione come baby sitter ,e poi

a scuola,quando ascoltano parole che fanno riferimento ad una cultura che,per esser tale , non può

che essere distante mille miglia da ciò che la televisione ha loro offerto come base di reazione emo-

zionale. Oggi l'educazione emotiva è lasciata al caso e tutti gli studi e le statistiche concordano nel

segnalare la tendenza,nell'attuale generazione,ad avere un maggior numero diproblemi emozionali

rispetto a quelle precedenti....”

2 Tratto da www.repubblica.it/online/cronaca/desire/analfabeti/htlm del 5/10/ 2002

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Emerge inoltre dalla letteratura scientifica che l’uso dei social network possa avere ricadute dal

punto di vista psicologico ed in particolare nel processo di riconoscimento ed espressione emotiva

(alfabetizzazione emotiva) generando comportamenti disfunzionali quali bullismo, dipendenza da

alcol, droghe e psicopatie (Bernardi e Pennati 2012, Riva 2010, Golemann 2011, Galimberti 2007) e

che un uso eccessivo delle piattaforme social possa favorire il disinteresse emotivo dei soggetti le-

gati ad un loro deficit di lettura delle emozioni altrui; i social infatti essendo “media” per definizio-

ne e pertanto strumento di mediazione, si interpongono tra gli interlocutori: per quanto l’esperienza

sociale possa essere elevata, i social estrapolano la capacità del singolo individuo dall’interazione

sociale e la sostituiscono con un messaggio composto da un insieme di informazioni frammentate di

natura multimediale (Riva 2010).

Diventando così l’emozione un' immagine caricaturale “emoticon” ( emotion + icon), una foto, un

video, un link, un post, vengono a mancare tutta una serie di informazioni presenti nell’interazione

face to face e l’attività dei neuroni bimodali motori e percettivi “mirror” (Rizzolati e Senigallia

2006), mentre si esegue un’azione verso oggetti o si osserva un interlocutore svolgere l’azione, giu-

stificherebbe l’importanza di tali informazioni. La presenza del corpo è un elemento importante e

facilitante nel processo di comprensione delle interazioni e delle emozioni altrui. Di contro, quando

gli interlocutori sono privati della presenza del corpo e interagiscono assiduamente attraverso un

medium aumenta il rischio di favorire l’analfabetismo emotivo (Goleman 2011). Lo psicologo J.

Gottman basandosi su ricerche scientifiche condotte per decine di anni su famiglie ha dimostrato

che bambini a cui i genitori hanno insegnato ad essere emotivamente intelligenti riescono a concen-

trarsi meglio, superano meglio le difficoltà della vita, sanno calmarsi più rapidamente quando si agi-

tano ed evitano da grandi comportamenti autodistruttivi e che dare un nome alle emozioni ha un ef-

fetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuta i ragazzi ad uscire più in fretta dai turbamenti (Gott-

man 2001).

Anche il primo rapporto 2008 sulla devianza minorile in Italia riferisce:

“ L’influenza esercitata dai mass-media e dalla comunicazione tecnologica (internet, video-giochi,

chat, telefoni cellulari, moltiplicazione dei canali tv, ecc.), che ha introdotto la presenza virtuale

dell’altro, e che sta producendo delle modificazioni nella rappresentazione cognitiva ed affettiva

dello spazio relazionale, aggiunge complessità nella costruzione di vicinanze socio-educative.

Alle competenze nel campo della comunicazione tecnologica, si associa una non competenza ri-

spetto alla dimensione emotiva. Assistiamo ad una sorta di analfabetismo emotivo-affettivo in cui la

mancanza di codici per riconoscere la “presenza dell’altro” e gestire le emozioni/affetti espone a

rischi che alcuni autori definiscono di deumanizzazione dell’universo relazionale.

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I segnali estremi in questo senso possono andare dalla straordinaria prevalenza di forme psicopa-

tologiche come i casi di psicosi, borderline e i disturbi gravi dell’identità in adolescenza, ai com-

portamenti devianti e violenti. Gli approcci tradizionali agli interventi di prevenzione e di cura si

rivelano spesso inefficaci ad intercettare e ad intervenire sulla nuova realtà del disagio. Molto

spesso gli interventi non sono in grado di riconoscere e far leva sugli aspetti positivi ed evolutivi

delle nuove identità adolescenziali, ed il rischio è la “patologizzazione” della modificazione socio-

culturale in atto”. Nel panorama scientifico internazionale già alcuni studiosi parlano di “medica-

tion generation”, e di una generale tendenza alla medicalizzazione, confermata anche dal Report eu-

ropeo del Directorate General For Internal Policies 2012 , da parte dei nostri giovani e non a caso G.

Schmit, professore di psichiatria infantile e M. Benasayag, filosofo e psicoanalista,( 2013) che han-

no riflettuto sul senso che si nasconde nel sintomo, quando la crisi non è tanto del singolo quanto il

riflesso nel singolo della crisi della società,definiscono l’attuale adolescenza di molti ragazzi l’epo-

ca delle “passioni tristi”. Come mai? ... “se per ogni malessere o problema si danno sostanze che

placano lo stato d'animo, i giovani diventano poi incapaci di conoscere il loro lessico emotivo,di-

ventando analfabeti del loro animo. Ignoranti perchè non conoscono se stessi, le loro capacità,il

perchè del disagio, e soprattutto le loro potenzialità, la loro capacità di superare i problemi,di cre-

scere”.dice M. Ammaniti3, studioso di psicopatologia dell'età evolutiva. Compito degli adulti per-

tanto cimentarsi ogni giorno nel dialogo per aiutare i ragazzi a sviluppare intelligenza emotiva; cre-

scere emotivamente porta l’adolescente ad entrare in relazione con se stesso e con l’altro per entrare

nel mondo adulto.

Leggiamo anche V. Iori ( 2009):

“Il tempo della giovinezza è mutato con i processi di globalizzazione che rendono tutti giovani mol-

to più a lungo e, insieme, precocemente vecchi.

Difficile, oggi più che in passato, ascoltare e comprendere i vissuti, i bisogni, i desideri, i progetti,

le scelte di un’età dai toni sempre più incerti (Buzzi et al., 2007), caratterizzata da una crescente

insicurezza sociale, occupazionale, relazionale ed emotiva. La giovinezza è diventata una categoria

sfuggente e inafferrabile, persino artificiosa o addirittura “virtuale” (Savage, 2009), poiché com-

prende al suo interno differenze notevoli, legate al contesto socio-economico e culturale. Molti gio-

vani si trovano in situazioni di isolamento e solitudine, fortemente esposti ai comportamenti indotti

dai dettami mediatici, senza guide né maestri. Lo “status” o la “condizione” giovanile di questa

generazione “tradita” dagli adulti (Celli, 2010) appare dunque anche pedagogicamente sempre

più problematica.

3M. Ammaniti “l'adolescenza non può essere una malattia” del 11/772012tratto dall'archivio on line di Repubblica www. ricerca.repubblica.it//archivio/repubblica

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In una realtà così multiforme, variegata, contraddittoria, come cogliere la complessità della vita

emotiva? Come ascoltare la voce di questa “generazione senza voce”? (Ambrosi, Rosina, 2009) E

come trovare il significato autentico dei sentimenti di ragazzi e ragazze rappresentati dai media

sempre spavaldi, sorridenti, belli, quando insicurezza e nichilismo (Galimberti, 2007) insidiano in-

vece la reale situazione emotiva di tanti di loro, pervasi di vuoto esistenziale, di infelicità, di rabbia

che sfocia in comportamenti aggressivi e violenti? Quali vissuti portano all’aumento nell’uso di al-

col e sostanze, alle gare di velocità, alle violenze negli stadi, ai suicidi? Quali sentimenti spingono

i black block alla furia distruttiva nelle città? Ma anche quali altri sentimenti danno vita invece a

scelte di solidarietà e di volontariato che inducono migliaia di giovani ad esprimere dedizione,

cura e generosità?

Come far conoscere e diffondere modelli giovanili “rassicuranti” quando i media inseguono il sen-

sazionalismo, selezionando i contenuti più densi di emotività, utilizzando immagini evocative che

suscitano suggestioni e sgomento? Se le diverse biografie giovanili, sul versante dei sentimenti,

non corrispondono affatto agli stereotipi della spensieratezza, esse non sono neppure conformi al

cliché di una realtà minacciosa e inquietante (Dal Lago, Molinari, 2001), fatta di alcolisti e tra-

sgressivi. I giovani “esibiti” dai media sono una costruzione sociale attraverso cui la società degli

adulti racconta in controluce le proprie paure rimaste senza risposta.”

Nei Paesi europei la tendenza generale della società è un'autonomia sempre maggiore dell'individuo

unita ad una sempre maggiore competitività spesso però a discapito della solidarietà; tutto ciò si

traduce in maggiore isolamento e deterioramento del senso di comunità che, insieme ad un eccesso

di individualismo, compaiono in un momento in cui la crisi economica e i problemi che affliggono

la società richiederebbero invece un aumento di cooperazione e di impegno da parte di tutti. “La

società globale frenetica,produttiva,votata al guadagno ha provocato una reificazione generalizza-

ta dei rapporti sociali ...il mondo sembra percorrere la crescita dei profitti incurante del consumo

delle proprie risorse...un mondo che segue la logica economica miope e che sfrutta le nostre emo-

zioni ma non ci educa ad esse.La nostra cultura promuove un'analfabetismo emotivo, una sorta di

alessitimia collettiva”(T. Cantelmi,B. Costantini 2016).

Il livello dei sentimenti non è innato, non avviene per natura ma per cultura: tutti i popoli hanno

raccontato storie e miti per imparare a dar nome ai sentimenti, infatti nella mitologia greca ritrovia-

mo una fenomenologia dei sentimenti impersonati per esempio da Zeus (potere), Ares

(aggressività), Afrodite (amore), e così via. Oggi non abbiamo più i miti ma per fortuna abbiamo la

letteratura che, se ben sfruttata, è un patrimonio dal quale imparare cos’è il dolore, la gioia, l’amore,

patrimonio e i media che ,se usati in modo costruttivo, possono contribuire allo scopo.

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“Le nuove scoperte scientifiche sono incoraggianti e ci assicurano che se cercheremo di aumentare

l’autoconsapevolezza, di controllare più efficacemente i sentimenti negativi, di essere perseveranti

nonostante le frustrazioni, di aumentare le nostre capacità di essere empatici, di cooperare con gli

altri e quindi se presteremo più attenzione allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, potremmo spera-

re in un futuro migliore”(Goleman 1996).

Quando si vive un sentimento e non si sa dare un nome a quello che proviamo, si vive uno stato di

angoscia dovuto al non sapere ed è per questo che la letteratura e i film possono essere utili nel for-

nire ai ragazzi una grammatica del sentire e per orientarsi nel panorama emotivo e sentimentale.

L' importanza delle competenze personali e sociali si evince anche dalla letteratura sui vari pro-

grammi di promozione della salute rivolti ad adolescenti,infatti essa riporta che tali programmi pos-

sono essere controproducenti se agli aspetti informativi non si affiancano strategie e politiche per

promuovere abilità quali l’autoefficacia e l’autoconsapevolezza, strategie di coping e di problem

solving, l’empatia e le competenze socio-emotive (Barry,Clarke,Jenkin &Patel 2013 ) ed in partico-

lare le ultime sembra che siano tra i fattori protettivi più importanti rispetto allo sviluppo di compor-

tamenti a rischio in età adolescenziale. Alcuni studi peraltro dimostrano che i programmi più effica-

ci sono quelli che hanno l’obiettivo di promuovere le competenze socio-emotive e l’autoefficacia e

che rientrano all’interno delle attività curriculari (Greenberg 2010).

Anche la Raccomandazione Europea del 2006/962/CE4 sulle competenze chiave per l'apprendi-

mento inserisce fra di esse le competenze di tipo sociale ed emozionale e il Piano Europeo di Azio-

ne per la salute mentale 2013-2020 Mental health Action Plan for Europe ne ribadisce l'importanza

promuovendo una visione salutogenica della salute mentale in termini di benessere emozionale, so-

ciale, spirituale e fisico e poiché tale benessere è correlato a determinate competenze(Cloninger

2006), per essere efficaci gli interventi dovrebbero rafforzare queste capacità di resilienza, ottimi-

smo, comunicazione, costruzioni di relazioni soddisfacenti ecc. e la scuola è il contesto che può

contribuire in maniera significativa al benessere dei propri studenti,come riconoscono ormai tutti gli

organismi internazionali( Who,Iuhpe,Unicef,Unesco) e la letteratura in merito.5

Risulta pertanto evidente l'importanza dell'alfabetizzazione emotiva: essa è ancora un obiettivo tra-

scurato nella nostra società rispetto a ciò che è stato fatto per vincere l'analfabetismo.

4 Raccomanazione Europea 2006/962/CE del Parlamento Europeo e del consiglio del 18/12/20065Enns J.et al.( 2016),Mapping interventions that promote mental health in the general population:a scoping review of reviews ,Prev. Medicine 17-87 p.70-80

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Alleanze

A.S.Se.A: Attività socio-assistenziali e servizi con animali Onlus, Moncalieri (TO)

AIACE-Torino( Associazione Italiana Cinema D’Essai)

SIUA: Scuola di Interazione uomo-animale, Bologna

Functional Analysis di progetto

Attori Contributo InteresseRagazzi Partecipazione Migliorare la relazione con la

diversitàInsegnanti Co-progettazione e

partecipazione e valutazioneMigliorare la relazione el’apprendimento

Dipartimento di Prevenzione Progettazione , coordinamentovalutazione

Approccio ecologico-sistemicointegrato alla salute;Progettointegrato tra i Servizi

Amministratori del territorio Partenariato Aumento capitale sociale;animali nella rete di solidarietàsociale

S.S. Igiene urbana veterinaria Supervisione intervento diEAA

Economico/Sanitario

Associazioni:AIACE -Torino Contributo metodologico

analisi di filmAlleanza

A.S.SE.A-Onlus -Moncalieri Co-progettazione interventoEAA

Alleanza

SIUA-Bologna Offerta a tutte le scuole di unmanuale per l’insegnante

Alleanza

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L’animale come attrattore e regolatore emozionale

Ormai nelle nostre case, una famiglia su tre possiede un animale da compagnia o “pet”. Secondo i

dati del Rapporto Assalco 2015 i pet in Italia sono circa 60 milioni di cui 14 milioni sono cani e

gatti rispettivamente il 48,2% cani e 51,8% gatti. Una cospicua presenza animale, confermata anche

dai dati epidemiologici dell’ Aslto5(vedi Tabella), conduce al concetto di famiglia allargata e di un‘

importante realtà sociale. Alla complessità tecnologica e sociale a cui si assiste va contrapponendosi

un ritorno al naturale e forse questa esplosione demografica può essere letta in questo senso e

un’ulteriore motivazione potrebbe essere in una organizzazione sociale caratterizzata da nuclei

familiari sempre più ridotti, dall’aumento di persone anziane e sole che ricevono dal Pet sicura

soddisfazione al bisogno di affetto. A riprova del fatto che gli animali abbiano assunto

un’importanza crescente sia in campo bioetico sia giuridico ,si legga l’approvazione da parte del

Comitato Nazionale di Bioetica del documento” Problemi bioetici relativi all’impiego di animali in

attività correlate alla salute e al benessere degli umani” e da parte della FNOVI(Federazione

Nazionale Ordine Veterinari italiani)del nuovo codice deontologico per i medici veterinari che

definisce gli animali esseri senzienti.

Cani censiti Popolazione AslTO5 %40876 310307 13,17.

* dati S.S. Igiene urbana vet.aslto5 *dati PiSta sistema piemonte STAtistica anno2014

Il concetto di attaccamento fu impiegato per la prima volta da J.Bowlby (1958, 1969) per spiegare

la natura del legame che si sviluppa tra un bambino e la propria madre o un’altra figura di

accudimento. Negli anni ‛50 Bowlby attraverso i lavori di famosi scienziati quali K.Lorenz

sull’imprinting, N.Timbergen sui comportamenti istintivi e gli studi condotti dai coniugi Harlow sui

macachi, gettò le basi per la teorizzazione dell’attaccamento. Per Bowlby l’attaccamento è un

fenomeno persistente nel tempo diretto a un individuo specifico che dà sicurezza e conforto: costui

è la “base sicura” da cui ci si può allontanare per cercare di conoscere il mondo e si torna per avere

soddisfazione ai bisogni o essere confortati dalla paura; costituisce quindi la base del

comportamento pro-sociale e spiegherebbe anche altre forme di attaccamento, come per esempio

quella verso il proprio paese, presentandosi come un modello teorico in grado di indagare

l’articolazione tra fattori psicologici e fattori sociali(De Piccoli 2014).

Un’ interessante teoria zooantropologica vede la funzione dell’animale nei vari periodi storici in

chiave evoluzionistica, come specchio della scala dei bisogni umani (Maslow 1954) individuando

alcune tappe fondamentali tra cui, nell’era moderna, l’animale come soddisfacimento di legami

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interpersonali e bisogni di affetto (ruolo di catalizzatori sociali, sostituti affettivi e membri della

famiglia) e nell’era tecnologica, l’animale come ruolo relazionale vero e non mediato,un punto di

riferimento affettivo ,un catalizzatore della propria autostima ma anche un facilitatore di successo

professionale(Giusti,2004 p.26). Il cane in particolare ha avuto una co-evoluzione con l’uomo ove

la relazione di rispetto ha permesso l’avvio di un processo di riconoscimento del cane come

soggetto sociale in grado di convivere con l’uomo e condividere con lui qualificanti aspettative di

vita.

La propensione alla detenzione degli animali è oggetto di studio da parte di psicologi, medici e

sociologi fin dagli anni ‘60. Da questi studi emerge che la tendenza ad adottare un animale,

soprattutto un cucciolo, e la tendenza a prendersi cura degli animali feriti, è universale. La

compagnia di un animale domestico svolge importanti funzioni: supporto contro la solitudine e l’

isolamento (McCornell,Shoda,Staytone,Martin 2011), vero e proprio sostegno sociale, aspetto

questo ritenuto in psicologia psicosomatica un’importante fattore protettivo contro problemi di

natura psico-fisica (Solano 2011); anche semplicemente accarezzare un animale costituisce un

potente fattore ad effetto calmante sul battito cardiaco e sulla respirazione (Friedmann 1977 cit. in

Pergolini e Reginella 2009, Friedman 1980,1983). La relazione con l’animale ha radici biologiche

profonde che coinvolgono meccanismi comportamentali, psicologici, neuronali e tale legame è

importante per il benessere dell’essere umano, è un rapporto di comunicazione emotiva in cui

l’uomo è caregiver e l’animale portatore di soggettività. Soprattutto il cane è un vero e proprio

partner sociale in grado di autentici scambi relazionali e reciprocità emotiva; il cane assume il

valore di regolatore psico-emotivo poiché dall’incontro i nostri centri neurali vengono attivati e

accrescono i livelli di ossitocina, dopamina, serotonina, ed endorfine che creano un senso di

benessere ed euforia. (Wells 2005,2009,Beetz 2012). Il rapporto di conoscenza tra persona e

animale prodotto dal contatto fisico e dall’attività ludica, dall’attivazione e regolazioni delle

emozioni di base sviluppa una piattaforma psicoeducativa su cui progettare interventi di EAA

(Animal Assisted Education).

Altro aspetto non di secondaria importanza , è il prendersi cura di un animale domestico (etica della

cura) che stimola il senso di responsabilità nei confronti di un'altra vita seppur “pelosa”; già M.

Heidegger, filosofo tedesco, individuava nella cura la modalità fondamentale del soggetto umano

nel suo essere nel mondo e distingue tra i rapporti con le cose, caratterizzati dall’indifferenza e dalla

utilizzabilità, e la cura rivolta agli umani intesa come avere a cuore i soggetti con cui si è in

relazione.

Importanti studi effettuati all’Università di Psicologia di Vienna indicano che i bambini che vivono

con un “pet” in casa leggono ed interpretano meglio la gestualità della comunicazione non-verbale

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dell’uomo rispetto ai loro coetanei di stesso background culturale ed economico che non convivono

con animali da compagnia; risultano meglio integrati nella struttura sociale della classe ed

affrontano con più proprietà i giochi sociali e le discussioni. (Guttman 1983).

Uno degli aspetti fondamentali dell’esperienza umana infatti è il rapporto con il diverso (Robustelli

2000): ciascun essere umano fa parte di una realtà in cui tutto è diverso da lui e pertanto il rapporto

con gli altri esseri viventi che pensano, hanno emozioni e che soffrono è molto importante;pur

tuttavia la parola diversità tende a creare confini rigidi mentre è percorso più pedagogico partire da

somiglianze,analogie e similitudini per scoprire le differenze in termini costruttivi, poiché le

similitudini permettono l'incontro e aprono la strada al riconoscimento delle differenze. Gli

interventi educativi nei confronti degli animali assumono una valenza di grande respiro in quanto un

rapporto positivo con gli animali predispone a stabilire rapporti positivi anche con gli esseri umani.

Da un punto di vista psicologico infatti la struttura logica di quel complesso che è la comprensione

degli altri è sempre la stessa, che si tratti di comprensione tra uomo e donna, tra bianche e neri, tra

vecchi e giovani, tra uomini e animali. Si tratta di attivare nel ragazzo meccanismi di pensiero e di

partecipazione affettiva che lo abituino a immedesimarsi quanto più possibile negli altri; e poiché

l’atteggiamento empatico fra due individui è tanto maggiore quanto più essi si percepiscono come

simili, di fondamentale importanza è sviluppare al massimo nel ragazzo la capacità di individuare

negli altri ciò che essi hanno in comune con lui a qualunque specie essi appartengano. In questa

prospettiva il rapporto con gli animali ha un ruolo determinante proprio perché essi hanno analogie

e somiglianze (per esempio le emozioni e sentimenti), ma restano il diverso per antonomasia e

quindi l’addestramento alla comprensione delle loro emozioni e all’empatia nei loro riguardi

costituisce un esercizio efficacissimo e permette l’acquisizione di processi di pensiero e di

partecipazione affettiva particolarmente adatti all’alfabetizzazione emotiva e al potenziamento delle

capacità empatiche. La qualità dei nostri rapporti dipende dalla misura in cui riusciamo a capire i

sentimenti degli altri. Non possiamo entrare nella mente degli altri poiché l’unica mente che ci è

accessibile è la nostra, ma possiamo immaginare i contenuti mentali degli altri per mezzo della

comunicazione e dell’analisi del comportamento. Purtroppo la nostra cultura non ci incoraggia

verso uno sforzo di immedesimazione ma ci orienta verso l’egocentrismo. Nella maggior parte dei

casi non ci poniamo affatto il problema della diversità degli altri e per lo più proiettiamo negli altri

noi stessi.

Ed è pur vero che, per quanto affettivamente importanti, gli animali domestici rimangono pur

sempre esseri viventi con esigenze differenti dalle nostre, ma dedicargli cure quasi “umane”

risponde a volte più ad un nostro bisogno inconsapevole di accudire, con il cane o il gatto, quella

parte interna di noi più vulnerabile: accudire un animale insomma spesso è un modo per accudire e

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fornire conforto a se stessi. Questo rappresenta un fattore benefico e quasi “terapeutico” a patto di

non caricare gli animali di ansie eccessive o antropomorfizzazioni grottesche; intervenire

sull’atteggiamento antropomorfico, far capire che gli animali sono “diversi” e che non

comprenderlo significa non riuscire a rispondere in modo adeguato ai loro bisogni, significa attivare

nel ragazzo quel processo di decentrazione cognitiva ed affettiva che gli permetterà di porsi in un

rapporto corretto con gli altri , favorendo in modo determinante il suo processo di socializzazione.

Attraverso la relazione con l’animale il ragazzo passa da una situazione di autoreferenza ed

egocentrismo ad una esperienza dialogica che lo porta a considerare l’altro come entità condivisa e

come entità portatrice di una diversa prospettiva sul mondo. Questa attività di decentramento è

molto utile perché costruisce le basi relazionali e la capacità di capire gli altri identificandoli come

amici (simpatia) o come portatori di istanze-prospettive differenti (empatia). Il decentramento,

ovvero far posto all’altro nella propria vita, è il primo passo dell’accoglienza. La capacità di

immedesimarsi negli altri è il fondamentale punto di partenza per un’efficace socializzazione. La

qualità dei nostri rapporti con gli altri dipende soprattutto dalla capacità di ascolto e dalla misura in

cui riusciamo a comprendere le emozioni ,i pensieri e i sentimenti degli altri ovvero attraverso lo

sviluppo dell’intelligenza emotiva. Se attraverso l’intelligenza emotiva si controllano le proprie

emozioni (ci si riconosce), si riconoscono quelle degli altri (uomo e animali), si impara a gestire la

relazione con gli esseri viventi. Vi sono evidenze scientifiche che il rapporto con l’animale fornisce

l’acquisizione di un maggiore controllo della propria reazione emotiva, permette il fluire delle

emozioni, favorisce la costruzione del processo empatico e facilita l’assunzione di responsabilità

verso se stessi e verso gli altri. (Ascione,Weber 1996). L’animale rappresenta per il bambino una

fonte di investimento emozionale che gli permette di rivelare potenzialità fino a prima rimaste

nascoste (Montagner, 2001).

Gli interventi assistiti con animali e quadro scientifico

Per la correlazione tra salute e interventi di EAA è stata anche eseguita una ricerca bibliografica sulla Banca BSV ( Banca Virtuale per la

Salute –Regione Piemonte) utilizzando termini mesh.

L’Educazione Assistita con Animali( EAA) è un intervento di tipo educativo e/o rieducativo rivolto

sia a soggetti sani che soggetti diversamente abili e persone affette da disturbi del comportamento e

mira a migliorare il livello di benessere psico-fisico e sociale e la qualità di vita della persona,

rinforza l’autostima, ricrea il senso di normalità del soggetto coinvolto e in generale sono interventi

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finalizzati a stimolare e valorizzare il normale sviluppo dei processi inscindibili di sviluppo motorio

e sviluppo psichico. Per mezzo degli effetti della relazione con gli animali da compagnia i

bambini/adolescenti acquisiscono maggiore stabilità psicologica ,maggiore capacità di interazione

sociale, migliore gestione della rabbia, maggiore autocontrollo, maggiore autostima. L’EAA agisce

nella e sulla relazione, accelera il processo comunicativo attraverso il Pet che funge da “ponte

empatico” tra professionista e fruitore; la relazione si qualifica come un fondamentale contributo

per la salutogenesi della persona ove l’animale è co-terapeuta e soggetto attivo nella relazione ed è

in questo rapporto che avviene lo scambio reciproco di emozioni e di sentimenti. Presenza e

interazione con un animale da compagnia esortano lo sviluppo sociale e cognitivo del bambino e la

derivante acquisizione di abilità percettive, motorie, cognitive ed espressive.”L'animale suscita

emozioni che catalizzano l’attenzione del bambino sul diverso da sé educando al rispetto della

realtà, soddisfa la domanda di tempo alla relazione ed al gioco e l’esigenza di attenzione. Al tempo

stesso l’animale non è un soggetto passivo senza anima che non reagisce, del tutto acritico (come

invece è un peluche): se mal stimolato o disturbato o maneggiato malamente agisce in modo da farsi

rispettare comunicando con linguaggio fisico e vocalizzi la propria disapprovazione”( Trinchero

2015.)

Queste attività sono mediazioni efficaci su incognite che prevedono interazioni complesse tra

persone e specie domestiche, creando relationship utili all’uomo, risvegliando emozioni, stimolando

i sensi e i sentimenti.

Diversi studiosi hanno dimostrato che l’interazione fisica uomo-animale (come l’ attività di cura, il

grooming, le coccole, il gioco) determina ricadute positive in termini di salute fisica “a breve

termine” sia per l’uomo (ad esempio abbassamento della pressione sanguigna e della frequenza

cardiaca) sia per l’animale (riduzione della frequenza cardiaca). I vantaggi derivanti dall’interazione

possono essere considerati scambievolmente vantaggiosi per entrambe le specie come documentano

Odendaal( 2009) ,Wells (2005,2009) e Marcus(2013).

In particolare il cane è una specie che viene definita sociale per le caratteristiche del suo home

range e dei rapporti che instaura necessariamente con i conspecifici; infatti forma gruppi di

individui appartenenti alla stessa specie, interagenti o mutuamente dipendenti.

Gli etologi lo definiscono “molto sociale”, con elevate capacità socio-cognitive e comunicative:

questi attributi sarebbero stati ereditati dal suo progenitore il Canis lupus – lupo - e

successivamente plasmate dal processo di domesticazione iniziato circa 11.000/16.000 anni fa, cioè

verso la fine del Pleistocene quando l’uomo, ancora un cacciatore raccoglitore, incontrò il cane e le

due specie, entrambe cacciatrici sociali che competevano per le stesse prede, cominciarono in

qualche modo a evolvere insieme.

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Il cane ha predisposizione a formare legami sociali forti e durevoli con l’uomo ( Millot 1994,

Topal,Miklosi,Csanyi eDoka 1998);Palmer e Custance ( 2007) hanno dimostrato l’esistenza

dell’effetto «base sicura» nel cane, confermando che il legame tra cane e padrone è davvero da

considerarsi al pari dell’attaccamento infantile degli esseri umani e che il padrone è a tutti gli effetti

la figura di riferimento/accudimento del cane; infatti i risultati di questo studio documentano quanto

importanti siano le implicazioni del legame “base sicura” sulle prove comportamentali nei cani,

perché la presenza o l'assenza del proprietario durante una situazione di prova, possono influenzare

sostanzialmente la motivazione dei cani e quindi il risultato del test.

Come per il bambino, il cane, attraverso il gioco, continua a sperimentare, conoscere e affinare le sue

abilità, pratica la motivazione sociale, si esercita alla collaborazione e al legame tra più soggetti. Si

verificano le condizioni espresse da Gregory Bateson( 1996) che individua l'essenza del gioco nel

suo essere metalinguaggio6 e che l’azione “gioco” meta-comunica la sua propria funzione. Infatti per

il cane nel gioco c’è l’applicazione di funzioni e attività cognitive, l’utilizzo delle metacomponenti,

l’attivazione delle memorie, il rispetto della diversità fra i componenti del gioco con il reciproco

adattamento. Come abbiamo visto lo sviluppo ed il significato del gioco sono analoghi nella specie

umana ed in alcune specie animali ed in particolare nel cane. Questa specie ha un piacere

particolare nell’interagire con l’uomo attraverso il gioco. Si instaura perciò molto facilmente una

relationship interspecifica che con il gioco apporterà in modalità bidirezionale tutti i benefici ed i

processi di sviluppo armonico e creativo esposti (Trinchero 2015).Tali interventi promuovono

l'inclusività implicando l'uso di una più ampia gamma di moduli espressivi ,di linguaggi alternativi

che sono strumento e veicolo di una comunicazione più globale per tutti.

Il 25/3/2015 il Governo e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome hanno approvato le

Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA),recepite dalla Regione

Piemonte con DGR del 18/4/2016, a cui si rimanda per un'esaustiva bibliografia tematica, che

individuano tre ambiti di applicazione degli interventi a seconda degli obiettivi terapeutici,

educativi/rieducativi e ludici e quindi rispettivamente nomina le attività : terapie assistite (pet

therapy), educazione assistita (EAA) e attività assistita (AAA) con gli animali. I programmi di EAA

prevedeno un'equipe multidisciplinare composta da diverse figure professionali a seconda

dell'obiettivo dell'intervento e sono svolti da operatori di EAA (educatori, insegnanti, pedagoghi,

psicologi) in collaborazione con i conduttori di animali, il veterinario e l’etologo.

Il Ben-Essere (stare bene o esistere bene) è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere

umano andando oltre il vecchio concetto di salute come assenza di malattia; ma nonostante ciò la

6 Bateson 1996 individua l'essenza del gioco nel suo essere metalinguaggio: dato che i giochi sono qualcosa che "non è quello che sembra", perché un'attività ludica sia veramente tale ogni giocatore deve poter affermare: "Questo è un gioco", cioè ci deve essere la consapevolezza che l'azione è fittizia e che "meta-comunica" questa sua finzione. La metacomunicazione, quindi, per Bateson serve per rivelare la natura del "come se" del gioco, e la sua creazione di un mondo irreale in cui azioni fittizie simulano azioni reali.

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prospettiva di salute bio-psico-sociale fa ancora fatica a proporsi come approccio integrato e

sistemico (De Piccoli 2007). “L’interazione sociale è fondamentale per lo sviluppo dell’essere

umano ,la nostra stessa struttura cerebrale viene sviluppata grazie alle stimolazioni esterne ( in

primis la cura, l’affetto ,la relazione)che influenzano le strutture neurali; la quantità e la qualità delle

ralazioni e degli interscambi tra individui e ambiente condizionano lo sviluppo del sistema mente-

cervello e un’ampia mole di dati dimostra ormai l’efficacia delle relazioni interpersonali e sociali

nel contribuire alla salute psichica e fisica”(De Piccoli 2014 p.60).

La relazione con il Pet dunque ben si inserisce nel quadro delle forme di relazione e sostegno

sociale con valenza salutogenica.

Costrutti teorici di riferimento

Già Darwin, nel suo saggio del 1872 L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali, aveva

ipotizzato l’ereditarietà, l’origine biologica e l’evoluzione delle risposte emotive, concetto che poi si

è fondato su un solido corpus di ricerche scientifiche (Matsumoto & Hwang 2011) e ancor prima

Aristotele, nell’Etica Nicomachea (indagine filosofica sulla virtù e la vita retta), lanciava la sfida di

controllare la vita emotiva con l’Intelligenza.

Nell’ultimo decennio la scienza ha fatto scoperte sensazionali sul ruolo che le emozioni hanno nella

nostra vita: infatti, molto più che il QI( quoziente intellettivo), sono la consapevolezza emotiva e la

capacità di padroneggiare i sentimenti a determinare il successo e la felicità in tutti i campi

dell’esistenza. Dal 1900 al 1969 gli psicologi hanno studiato separatamente le emozioni e

l’intelligenza: in quegli anni si svilupparono i test per valutare il quoziente intellettivo (QI), mentre

gli studi sulle emozioni si ponevano il problema di capire che cosa ci fosse prima se la reazione

fisiologica o l’emozione.

Dal 1970 al 1989 iniziarono a presentarsi sul campo i precursori del concetto di Intelligenza

Emotiva (IE); nel 1983 H. Gardner elaborò nel famoso Formae Mentis la sua teoria delle

Intelligenze Multiple descrivendone sette varietà, di cui due di esse erano l'intelligenza

intrapersonale e interpersonale, e la ricerca cominciò ad evidenziare la divisione delle connessioni

cerebrali tra emozione e cognizione. Nel 1990 fu introdotto il concetto di “intelligenza emotiva”(IE)

quando due psicologi P. Salovey e J.D. Mayer (1990,1997) scrissero un articolo “Emotional

Intelligence” in cui diedero la prima definizione di IE come” capacità di osservare sentimenti e le

emozioni proprie e degli altri, di distinguere tra di loro e di usare tale informazione per guidare i

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propri pensieri e le azioni” e successivamente7 strutturarono le loro teorie definendo la IE come “la

capacità di percepire emozioni ,accedere ad esse e saperle governare per sostenere il pensiero

razionale ,comprendere i sentimenti altrui e saperli gestire in modo da promuovere la crescita

intellettuale ed emotiva”,individuando quattro categorie(e 16 competenze) di abilità fondamentali:

• percezione, valutazione ed espressione delle emozioni

• facilitazione emozionale del pensiero

• comprensione e analisi delle emozioni

• regolazione consapevole delle emozioni

La pubblicazione del noto libro di Daniel Goleman, L’intelligenza emotiva ( 1995,)ha ripreso e am-

pliato il concetto di IE e ha rappresentato una reale “rivoluzione copernicana” nel modo di guardare

all’intelligenza, che da allora non può più essere esclusivamente considerata pura razionalità, ma

deve tenere anche presente aspetti di conduzione di sé e di gestione delle proprie relazioni sociali.

Il costrutto psicologico “intelligenza emotiva” riunisce due termini che sono stati considerati antite-

tici per lungo tempo, antitesi che può essere fatta risalire all’antica Grecia, in un’era in cui i pensa-

tori divisero nettamente le categorie del pensiero [logos] da quelle dell’emozione [pathos].

Goleman (1995) descrive l’intelligenza emotiva come la conoscenza delle proprie emozioni, il con-

trollo e la regolazione delle proprie emozioni, la capacità di sapersi motivare, il riconoscere le emo-

zioni altrui (empatia) e la gestione delle relazioni sociali tra individui e nel gruppo. Rispetto a quan-

to proposto da Salovey e Mayer, Goleman valorizza maggiormente l’aspetto motivazionale e rela-

zionale nella gestione dei propri vissuti emotivi,introduce il concetto di educabilità delle

emozioni ,sottolinea come vi sia un diffuso analfabetismo emozionale nelle aule scolastiche ed ha

avuto il merito di contribuire in modo significativo ad un atteggiamento culturale più rispettoso e

favorevole alla emozioni.

Egli evidenzia l’importanza di possedere la “capacità di motivare se stessi e di persistere nel perse-

guire un obiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione;

di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare; e ancora, la

capacità di essere empatici e di sperare.” (Goleman1995).

Tali capacità considerate più precisamente da Goleman come competenze ( personali e sociali), do-

vrebbero permeare sia la dimensione privata che quella, appunto, sociale, comprendendo sia consa-

pevolezza e gestione di sé, che consapevolezza sociale ed efficace conduzione delle relazioni inter-

personali.Nel 2007 CASEL (Collaborative for Academic ,Social and Emotional Learning), fondato7 In inglese la tabella è disponibile in P.Salovey e D.J. Sluyter,Emotional development and emotional Intelligence, NY Basic Book,1997

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da D. Goleman e E. Rockefeller Growald, ha pubblicato The Positive Impact of Social and Emotio-

nal Learning for Kindergarten to EighthGrade Student,s8 con il resoconto di tre grandi ricerche che

hanno misurato i risultati di interventi su uno o più aspetti delle competenze sociali ed emozionali

con alunni dalla prima elementare alla terza media e che hanno dimostrato come tali interventi mi-

gliorino il comportamento, l'atteggiamento verso la scuola e i risultati scolastici.

Ma che cosa significa “ alfabetizzare alle emozioni”?

Il termine alfabetizzazione significa letteralmente” il conferimento a persone analfabete di nozioni

sufficienti a renderle capaci di leggere e scrivere” (Devoto Oli- Dizionario di Lingua Italiana) e

questo vale per interpretare un testo ove l’alunno deve riconoscere le singole parole e poi frasi in un

processo cognitivo sempre più complesso; allo stesso modo è necessario dare un nome alle emozio-

ni e possedere una grammatica del sentire che aiuti l’alunno a nominare ciò che avviene nella vita

interiore.

...”Insegnare l'alfabeto delle emozioni può aiutare i ragazzi a diventare giovani uomini equilibrati

e sereni ….questo processo ( alfabetizzazioe emotiva) è simile a quello nel corso del quale si impa-

ra a leggere ..l'alfabetizzazione emotiva comporta il riconoscimento dell'aspetto e delle sensazioni

associati alle nostre emozioni e in un secondo tempo l'uso di tali abilità per comprendere meglio se

stessi e gli altri....”( Kindlon e Thompson 2000p.97)

L'educazione emotiva inizia dal rispetto e dall’accettazione delle proprie passioni: quando il ragaz-

zo non le riconosce perché privato delle parole per manifestarle, esse rimangono incomprese o ir-

rompono inspiegabilmente; le persone invece più consapevoli dei propri vissuti emotivi sono più in

grado di assumere comportamenti adeguati nelle situazioni sociali. Su questo filone si inserisce an-

che l’importante scoperta dell’equipe del Prof. G.Rizzolatti (2006) che ha dimostrato la presenza

nel cervello di particolari neuroni “specchio” che si attivano non solo quando il soggetto compie

un’azione ma anche quando il soggetto osserva un’altra persona che la compie e che permette la si-

mulazione nel nostro cervello delle esperienze provate dagli altri, andando probabilmente a costitui-

re la base biologica dell’empatia. Gli studi etologici sui primati dimostrano che nell’evoluzione del

cervello sociale i processi empatici sono molto più comuni di quanto non si pensasse e rappresenta-

no un adattamento alla complessa vita sociale e alla regolazione di rapporti che sono basati sul sup-

porto reciproco e sulla capacità di condividere gli stati affettivi.Anche se gli scienziati sono sempre

stati riluttanti ad attribuire capacità empatiche agli animali oggi un’importante ricerca ( Burkett et

al. 2016) ,pubblicata su Science, dimostra come le arvicole delle praterie consolano i familiari quan-

do sono stressati e in difficoltà rivelando che i meccanismi sono simili a quelli che si osservano ne-

gli esseri umani e coinvolgono l’azione dell’ossitocina.

8www.casel.org/library/2013/11/1/the-positive-impact-of-social-and-emotional-learning-for-kindergarten-to-eighth-grade-students

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Oggi l’empatia viene definita come uno stato cognitivo-affettivo della dinamica complessa (Serino,

Marzano2007); viene distinta un’ empatia “cognitiva” intesa come “presa di prospettiva” a partire

da una maggiore conoscenza dell’altro, da un’empatia “affettiva” intesa come insieme di emozioni

connesse al mettersi nei “panni degli altri”. All’interno di quest’ultima si distingue ancora tra

empatia “parallela”, consistente nel provare emozioni in risposta a quelle del target ed empatia

“reattiva”, che consiste nel provare emozioni in risposta a quelle del target (Finlay e Stephan 2000).

Aron e colleghi (Aron,et al. 1991) propongono un individuo che, nell’assumere la prospettiva di

un’altro, è costantemente impegnato nel confronto implicito fra se stesso e l’altro; ciò aumenterebbe

l’accessibilità del concetto di sé dell’individuo (Wyer,Srull, 1986). L’accresciuta accessibilità del

concetto di sé, sarebbe a sua volta responsabile della tendenza ad attribuire al target di giudizio di

cui si assume la prospettiva un certo numero di tratti che caratterizzano la propria persona, creando

così una sorta di “fusione” cognitiva (self- other merging) fra sè e l’altro e ,sulla base di tale

ragionamento, Cialdini,Brown,Lewis,Luce (1997) sostengono che aiutare una persona della quale si

è assunta la prospettiva, significa aiutare l’unità cognitivo-percettiva (oneness) che si è venuta a

creare e che corrisponde alla proiezione di sé nell’altro. Oggi la letteratura concorda sulla natura

multidimensionale dell’empatia che viene definita come “ la capacità di agire e condividere ciò che

gli altri provano” (Albiero,Mastricardi 2006).

Non a caso l’empatia è una delle dieci life-skills identificate dall’OMS (1993):un insieme di

competenze e abilità che rendono gli individui in grado di affrontare efficacemente le esigenze ed i

cambiamenti della vita quotidiana.L’empatia e l’interesse sincero per l’altro, così come il rispetto

inducono lo sviluppo del senso di giustizia e del ragionamento morale. Questo aspetto rappresenta

un livello di funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale incompatibile con atteggiamenti

di aggressività (Salfi, Monteduro, 2003).

Goleman( 1996) conferma:”siccome l'educazione delle emozioni ci porta a quell'empatia che è la

capacità di leggere le emozioni degli altri e siccome,senza percezione dele esigenze e della

disperazione altrui,non può esserci preoccupazione per gli altri,la radice dell'altruismo sta

nel'empatia che si raggiunge con quelll'educazione emotiva che consente a ciascuno di conseguire

quegli atteggiamenti morali dei quali i nostri tempi hanno grande bisogno:l'autocontrollo e la

compassione”

Il progetto prende spunto dalla sintesi di queste scoperte, dai costrutti teorici quali l' intelligenza

emotiva ,la teoria dell’attaccamento di Bowlby e il punto di vista evoluzionistico dell’empatia.

Identificazione

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La formazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare e multiprofessionale tra Azienda Sanitaria

Locale e Istituzione Scolastica ha permesso nel setting scuola di arrivare ad un progetto motivato e

partecipato. Sono stati analizzati i dati provenienti dalla Commissione Salute della Scuola, dal

sistema di autovalutazione con particolare attenzione agli esiti relativi al successo formativo degli

studenti, dai questionari di customer satisfaction somministrati a docenti, studenti e famiglie, dalle

indicazioni del Consiglio d’Istituto e dalle proposte migliorative, uniti all'analisi della letteratura

scientifica.

Si è pensato pertanto alla costruzione di un progetto finalizzato alla sensibilizzazione degli

studenti, dei docenti e dei genitori su temi legati al mondo delle emozioni e il loro inserimento

nella programmazione scolastica complessiva, al fine di considerare tra le proposte didattiche

anche i fattori emotivi, per favorire una formazione globale della personalità dei ragazzi,

considerata nella molteplicità dei suoi aspetti. Ci siamo però trovati di fronte ad una vasta letteratura

scientifica sul tema delle emozioni ma ad una scarsa letteratura scientifica sulle riflessioni sul tema

provenienti dall’ambito scolastico, su possibili declinazioni in ambito scolastico e su quali

caratteristiche debba assumere l’intervento. (Marmocchi et al. 2004;Piatti & Terzi 2008, Ianes

2007).

Alcune riflessioni condivise si sono ulteriormente aggiunte:

- Le scuole di massa del XXI secolo sono frequentate da studenti culturalmente ed

etnicamente diversi, con differente capacità e motivazioni ad apprendere con una

percentuale molto alta di ragazzi che si disimpegnano via via che procedono nel loro

percorso scolastico.(Per quanto riguarda l'abbandono scolastico oggi l'Italia si mostra

in ritardo sui Paesi UE con un indice ESL( Early School Leavers) del 17,6% ,mentre

la situazione regionale mostra ancora lontano il Piemonte dal target indicato

dall'Europa, con un 16,3% nel 2012).9

Le classi mostrano nel tempo un aumento di comportamenti che non dipendono da

disturbi di tipo psicopatologico o causati da un ritardo cognitivo, ma atteggiamenti

disfunzionali come la scarsa partecipazione, la mancanza di concentrazione, le

difficoltà relazionali e la carenza di senso critico che non permettono all’alunno di

utilizzare a pieno le sue capacità cognitive, affettive e relazionali. Le difficoltà di

apprendimento sono ormai generalizzate, nelle classi di ogni ordine e grado. Le

difficoltà e le lacune che i ragazzi di oggi mostrano nella loro quotidianità: ansia,

9 Dati del Servizio Statistico MIUR- Focus Dispersione Scolastica-Giugno 2013www.hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d..../Focus_dispersione_scolastica_5pdf.

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incompetenza relazionale, difficoltà di attenzione, di apprendimento e di riflessione

sono confermate anche dalla letteratura (Mariani et al. 2003).

- I ragazzi mostrano una modalità percettiva e conoscitiva diversa rispetto al passato,

per loro la scuola e il suo sapere spesso non rappresentano uno stimolo alla

conoscenza. Dimostrano interesse soprattutto verso contenuti semplificati come

quelli veicolati dai mass-media che sono ritenuti fonti di reale socializzazione e

conoscenza. Preferiscono una percezione visiva, molto veloce e frammentata che

propone un processo culturale superficiale e approssimativo perché non richiede al

soggetto una riflessione approfondita; “i dati di cui la ricerca attuale dispone

indicano che la qualità dei risultati e la profondità del pensiero si deteriorano se c’è

l’applicazione continua su più fronti (attività multitasking), mentre altre indagini

puntano l’attenzione sulla possibile scomparsa del tempo morto mentale necessario

per distendersi e riflettere.” ( Calvani, 2007).

- Nella nostra società sembra evidenziarsi un analfabetismo in fatto di ascolto,un

narcisismo forte e la continua sollecitazione massmediale ha valorizzato

maggiormente l’immagine rispetto alla parola con “una progressiva prevalenza del

parlare sull’ascoltare” (Rossi 2005 )

- Il predominio della logica che tutto spiega ha tradizionalmente caratterizzato la

filosofia, la psicologia e la pedagogia dove a lungo si è criticato il mondo dei

sentimenti privilegiando lo sviluppo cognitivo piuttosto che quello del cuore. Sapere

e sentire non sono opposti ma interconnessi nell’esistenza umana e i sentimenti sono

la base del pensiero, del ragionamento morale o sociale e dell’etica.

A ciò si aggiungono le richieste di aiuto da parte dei genitori sempre più pressanti e le segnalazioni

alle scuole che avvengono quando il ragazzo comincia ad assumere i seguenti comportamenti:

• è irrequieto

• non si concentra

• non è motivato ad applicarsi

• ha comportamenti aggressivi verso i compagni

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• non apprende

• è passivo, apatico, triste

• si isola a casa e a scuola

Le domande pertanto che si pongono gli insegnanti e gli psicopedagogisti sono molte e complesse,

e quelle più ricorrenti sono:

Le difficoltà di apprendimento, in assenza di deficit, rivelano un aspetto problematico di tipo

emotivo?

Perché, pur in assenza di aspetti problematici, si smorza il desiderio di apprendere?

Per favorire l’apprendimento la scuola deve tener maggiormente conto dei fattori emotivi

ponendoli alla stregua di quelli cognitivi?

Stiamo perdendo delle forme di sapere? I ragazzi mostrano cambiamenti, non solo sul contenuto

delle conoscenze, ma sul modo in cui sono argomentate?

Queste sono le risposte che abbiamo formulato all’interno del gruppo di lavoro, dopo aver

consultato la letteratura scientifica , prodotta da ricercatori e psicopedagogisti:

1. Le difficoltà di apprendimento dell’alunno così come i comportamenti aggressivi o apatici,

non sono altro che l’espressione delle difficoltà di relazionarsi con se stesso e con gli altri ed

esprimono vissuti di inadeguatezza (Blandino,Granieri 1995); se la mente è occupata da

sofferenze primarie non può dedicarsi ad assolvere ulteriori compiti cognitivi/produttivi.

2. Grazie alle recenti scoperte delle neuroscienze sappiamo che le sinapsi cerebrali alla nascita

formano una specie rete a maglie molto larghe che man mano si infittisce a seconda degli

stimoli a cui siamo sottoposti. Il processo della formazione delle sinapsi dura tutta la vita ma

avviene in modo più intenso prima dei 10-12 anni (Poletti 2007) e una volta costruita la rete,

le sinapsi utilizzate vengono mantenute in funzione, quelle inutilizzate vengono rimosse

(Synaptic Pruning di GM. Edelman o darwinismo neurale10); dunque la struttura del cervello

è modellato dalla esperienza e dalla conoscenza. Tra sinapsi e apprendimento quindi esiste

un rapporto molto stretto, l’aumento delle connessioni è un indicatore non solo degli

apprendimenti realizzati dall’individuo ma anche della possibilità di ottenerne dei nuovi.

Diventa quindi chiara la ragione del mancato apprendimento scolastico di molti allievi che

non acquisiscono nuove conoscenze proprio perché mancano di una rete di conoscenze

10 Edelman GM.,Neural Darwinism: the theory of neuronal group selection ,New York: Books 1987

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indispensabili per attivare un aumento di connessioni. E’ importante poi analizzare il

“cervello emotivo” che ha un ruolo fondamentale nell’apprendimento; esso è un sistema di

strutture che media memoria, apprendimento, comportamento ed emozioni. Cognitività ed

emozioni sono due aspetti del funzionamento umano che si intersecano e si intrecciano

proprio perché i processi razionali si fondano su una radice emotiva e le emozioni

comprendono anche processi cognitivi e sensoriali (Immordino-Yang, Damasio 2007).

3. Se davvero si è convinti che la finalità ultima dell’apprendimento scolastico debba essere

quella di consentire agli allievi un repertorio di strategie cognitive e comportamentali che

consentano loro di affrontare situazioni complesse in modo creativo, la scuola deve allora

proporsi di intervenire non solo sul versante cognitivo ma anche sul versante emotivo; per

fare ciò non è necessario lavorare con strumenti psicoanalitici che non appartengono alla

formazione dei docenti ma bisogna utilizzare competenze che appartengono alla sfera psico-

pedagogica come emozioni e razionalità, valorizzando la molteplicità delle intelligenze.

(Gardner 1987)

4. Gli insegnanti testimoniano un cambiamento negli atteggiamenti cognitivi, così come molti

studiosi confermano; si sono estese le funzioni cognitive dei ragazzi favorendo un nuovo

tipo di intelligenza capace di costruire la conoscenza utilizzando insieme più canali ricettivi;

infatti si è passati dall’uso di una intelligenza sequenziale, tipica dell’occhio esercitato su

una visione alfabetica (lettura e scrittura di testi) ad una intelligenza simultanea tipica della

percezione visiva multimediale in cui prevale la simultaneità di molti stimoli senza un

ordine specifico. I cambiamenti negli atteggiamenti cognitivi tra cui pensiero parallelo,

attività multitasking, approccio open source alle fonti del sapere, accesso randomizzato alla

conoscenza, connessione, orientamento al gioco, sono ormai descritti da molti autori

(Calvani 2007).

Definiti alcuni concetti chiave, ci siamo interrogati su come proporre interventi che, oltre che teori-

camente fondati, tenessero conto della situazione reale sulla quale si impatta, costituita dal mondo

della scuola nei suoi aspetti organizzativi e dalle opinioni dei soggetti che vivono il mondo della

scuola. Abbiamo pertanto condotto un’indagine conoscitiva nella scuola e poiché le scuole su que-

sta materia hanno discrezionalità e sono spesso anche bombardate da molte proposte, la condizione

per una ricezione della tematica è verificare sul campo quali metodologie di intervento si sarebbero

rivelate più adeguate a integrarsi nel nostro contesto reale. Per raccogliere concezioni e rappresenta-

zioni sulle emozioni abbiamo optato per un approccio fenomenologico, in quanto in questo approc-

cio teorico: “I soggetti sono incarnati nel mondo, i loro vissuti sono la forma delle loro percezioni

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della realtà” (Tarozzi, 2009). Inoltre, non ci interessava effettuare una ricerca su “fatti

oggettivi”,quanto piuttosto l'analisi del senso che quei fatti “oggettivi” assumono per i soggetti, que-

sto perché volevamo comprendere i significati che le persone danno alla realtà che abitano ed in-

fluenzano, più che estrapolare fatti incontrovertibili ma non utili al nostro scopo. Definito l’approc-

cio epistemologico, lo strumento reputato migliore per raccogliere dati qualitativi, è stata l’intervi-

sta semi-strutturata.

Dai risultati (contenuti nel report) è apparso evidente che l’attenzione alla dimensione emotiva sia

una delle sfide della scuola del terzo millennio. La conoscenza del proprio spazio interiore permette

infatti di valorizzare tutti i vissuti e tutte le diversità (D.Goleman & G.Tienzin 2004).

Diagnosi educativa

I dati analizzati per ricavare i determinanti provengono dall'analisi dei dati in possesso delle scuole

e dall'esame di articoli di giornali nazionali, esaminati e rielaborati attraverso una discussione

partecipata.

Determinanti predisponenti

Le difficoltà di gestione dei sentimenti e le conseguenti difficoltà relazionali rappresentano i segna-

li della mancanza di sensibilità nei confronti dell'altro, una testimonianza di ciò la troviamo negli

episodi di violenza fra gli adolescenti, sempre più frequenti nelle scuole e nei luoghi frequentati dai

giovani. Molti preadolescenti o adolescenti non sono neppure in grado di cogliere la gravità delle

loro azioni, non hanno coscienza di ciò che hanno compiuto.

Si tratta di un disturbo emozionale ed esemplificazioni di questa criticità, riscontrabili all'osserva-

zione degli alunni e confermati dalla letteratura, sono in diversi ambiti:

• Chiusura in se stessi o problemi sociali: preferenza a restare soli; non comunicare; rimu-

ginare in silenzio; essere privi di energia; sentirsi infelici; dipendere eccessivamente da-

gli altri.

• Ansia e depressione: essere soli; nutrire molte paure e preoccupazioni; avere il bisogno

di essere perfetti; non sentirsi amati; sentirsi nervosi o tristi e depressi.

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• Difficoltà nell'attenzione e nella riflessione: incapaci di fare attenzione o di restare sedu-

ti tranquilli; agire senza riflettere; essere troppo nervosi per con centrarsi; avere risultati

scolastici scadenti; incapacità di distogliere la mente da un pensiero fisso.

• Aggressività e comportamenti antisociali: frequentare ragazzi che si cacciano nei guai;

mentire e imbrogliare; litigare spesso; trattare gli altri con cattiveria; distruggere gli og-

getti altrui; disobbedire a casa e a scuola; essere testardi e di umore mutevole; parlare

troppo; prendere in giro gli altri in maniera eccessiva; avere un temperamento collerico.

“Anche se nessuno di questi problemi, considerato isolatamente, suscita preoccupazione, preso in-

sieme a tutti gli altri diventa il segnale di un cambiamento dell'atmosfera, di un nuovo tipo di tossi-

cità che si infiltra e avvelena l'esperienza stessa dell'infanzia e dell'adolescenza, rivelando impres-

sionanti lacune di competenza emozionale. Questo malessere sembra un prezzo che la vita moderna

impone a tutti i ragazzi del mondo.”( Goleman 96)

Determinanti Rinforzanti

Le difficoltà di gestione dei sentimenti e le conseguenti difficoltà relazionali, aspetti che la

letteratura riporta come problematiche dell'età evolutiva(Goleman & Tenzin 2004, D’Alfonso 2005)

generano inoltre l'incapacità di riconoscere e nominare le proprie emozioni, sintomi di quello che

viene identificato come “analfabetismo emotivo” (Ianes 2007).

DeterminantiAbilitanti

Risulta dunque importante elaborare progetti che propongano un potenziamento (empowerment)

delle capacità di lettura delle emozioni e dei sentimenti propri ed altrui da parte dei ragazzi per pre-

venire un disagio che può avere conseguenze anche gravi sia per quanto riguarda l'individuo sia per

quanto riguarda l'ambito sociale in cui vivono quotidianamente.

Per riflettere sui modelli educativi e sulle proposte pedagogiche significative bisogna dichiararne in-

nanzitutto il limite euristico all’interno della società complessa, multiforme e in continua trasforma-

zione. Ciò significa che il principale atteggiamento pedagogico è mettersi all’ascolto consapevoli

che il problema parte dagli adulti che spesso non accompagnano responsabilmente i percorsi di edu-

cazione ai sentimenti.

Consapevoli che la conoscenza approfondita dell’altro mette in gioco anche la conoscenza altrettan-

to approfondita di sé, cioè di coloro che sono coinvolti nel progetto, abbiamo pensato ad un proget -

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to di co-costruzione in cui si intrecciano competenze trasversali (narrative, etologiche, emozionali

e relazionali) all’interno di una prospettiva ecologic o -sistemica di salute affinché le diverse figure

professionali possano collaborare tra loro inducendo, attraverso un percorso educativo, quei cam-

biamenti auspicati.

Obiettivi generali condivisi

- Migliorare il BenEssere relazionale (con gli animali e con i pari).

- Sperimentare nuove modalità di alfabetizzazione emotiva e che potrebbero operare una

sintesi equilibrata tra insegnamento che utilizza l’intelligenza simultanea dei media (codici

iconici) con l’insegnamento di tipo sequenziale (legato a scrittura e/o lettura).

Obiettivi specifici condivisi

- Alfabetizzazione emotiva con i film (empowerment del ragazzo ) e relationschip con

l'eterospecifico.

- Introdurre il cooperative learning.

- Attivare un’alleanza con una Onlus del territorio al fine di far conoscere agli insegnanti le

finalità pedagogiche che un’ attività assistita con gli animali può assumere.

Scelta del Target

I criteri scelti dai docenti ed esplicitati nel POF per quanto riguarda la formazione delle classi prime

prevedono che gli alunni siano il più eterogenei possibili, sia per quanto riguarda il sesso e la

provenienza sia per quanto riguarda il profitto scolastico e le loro capacità di apprendimento. Per

questa ragione nelle classi gli insegnanti debbono prevedere delle attività propedeutiche alla

formazione del gruppo-classe al fine di amalgamare le inevitabili e opportune differenze, costruire

nuove alleanze educative e attivare rapporti positivi tra i ragazzi. Anche i programmi e soprattutto le

proposte, narrative e filmiche, fornite da molte antologie supportano questo tipo di scelta mirata

alla conoscenza di sé, dei propri compagni e del mondo animale.

Metodologia e buone pratiche

Il progetto integra tra loro diverse metodologie:

1) Analisi di film

Già Aristotele affermava che la tragedia ha come effetto quello di sollevare l’anima dalle passioni

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attribuendo all’arte ed alla rappresentazione teatrale una funzione di “catarsi”, di purificazione

intesa come una liberazione piacevole indotta dal piacere dell’arte e coglie nell’arte un momento di

scarico delle emozioni che, come affermato nella Poetica, purifica poiché libera emotività di cui

Aristotele intuiva la natura vitale per l’uomo. Con sorprendente anticipo Aristotele aveva intuito il

potenziale educativo dell’opera teatrale,un posto dove esperire emozioni ad una distanza di

sicurezza, lo stesso che ci si propone di avviare con l’utilizzo del film a scopo educativo. Qualcosa

di simile esiste nel cinema tant’è che negli USA molti psicoterapeuti utilizzano la Movie Therapy,

terapia che usa film opportunamente selezionati, (Mastronardi 2005) con i loro pazienti.

“Le pratiche formative che si avvalgono del cinema hanno stimolato riflessioi a livelo storico-

educativo,tecnologico-didattico,e teoretico-pedagogico connesse a“valori educativi

,fondamentali”quali la capcità di organizzare le conoscenze ,imparare la condizioe umana e in

definitiva imparare a vivere poiché il cinema riproduce il reale ma anche lo costruisce ( Malavasi

et al. 2005).Per una formazione che intenda nutrire le competenze emotive attraverso trame o

sequenze rivolte alla crescita esistenziale,il cinema rappresenta pertanto lo strumento ideale”.(Iori

2012). Il cinema rivela l’appartenenza ad un luogo comune, quindi ad una comune umanità. E’ in

questo senso che si può parlare di esperienza umana.

“La straordinaria efficacia del cinema con cui la proiezione cinematografica dà l’impressione del

fluire della vita pone le rappresentazioni filmiche degli eventi formativi su un piano di realtà

testuale certamente singolare 11 l'esperienza di vedere un film può essere paragonata ad un sogno.

I film hanno la stessa duttilità temporale e spaziale, la stessa immediatezza, la stessa perturbata

nitidezza dei sogni; vedere un film rappresenta un’esperienza che fa uscire da se stessi e proietta in

un mondo nel quale i vincoli della propria realtà si allentano … peculiari modalità espressive

conferiscono al testo filmico una forza evocativa che si avvale di tutte le forme d’arte proprie della

cultura umana …. il cinema è una finestra sull’interiorità personale, uno sguardo dell’altro sul mio

mondo e viceversa che posta in sé le caratteristiche dell’occhio del regista ma anche quelle dello

spettatore” (Agosti 2003).

Il ragazzo dunque impara che attraverso le immagini si possono esprimere sentimenti, sensazioni,

punti di vista, idee e comprende che dietro le immagini in movimento ci sono emozioni, domande

rispetto ai grandi temi dell’esistenza umana. Il cinema dunque è un formidabile strumento di

formazione, incide sulla creazione dell’immaginario, aiuta a sentire e guardare in modo diverso lo

spazio vicino e lontano ed in particolare il cinema di valore costituisce uno degli universi di

11 Per una trattazione esaustiva cfr. L. Galliani La progettualità audiovisiva nella scuola PAVIA 1984;A. Agosti, Cinema ed educazione audiovisiva

ed educazione alla creatività CEDAM Padova 2001; P. Mottana L’opera dello sguardo, Braci di pedagogia immaginale Moretti & Vitale Bergamo

2002; P. Malavasi Pedagogia e formazione delle risorse umane, Vita e pensiero 2003.

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significazione in grado di guidare verso atteggiamenti costruttivi l’umanità intera. “Nel cinema

come nella fiaba il contatto con emozioni raccontate o rappresentate da altri, non implicando il

diretto coinvolgimento, permette di acquisire una molteplicità di informazioni relative alle varie

esperienze emozionali, ai possibili modi di viverle ed esprimerle,alla possibilità stessa di

elaborarle e renderle ,nonostante la sofferenza che implicano, produttive e arricchenti sul piano

esistenziale.Così è come se il soggetto si esercitasse ,anticipando sul piano del possibile esperienze

emotive e modalità per accettarlee non subirle” (Contini1992). Il cinema è un’eccezionale

opportunità per lo sviluppo emotivo del ragazzo, per ri-conoscere le emozioni rivivendole e

scoprendole, comprendendone il lessico e nominando ciò che avviene nella vita interiore, primo

requisito della consapevolezza emotiva; la narrazione infatti aiuta i ragazzi a costruire un

vocabolario di sentimenti ,una grammatica del sentire e la visione del film equivale all’incontro con

le emozioni altrui che suscitano le nostre.

Il progetto se pur inserito nel solco della metodologie di analisi di film (Bertetto 2006, Bellour

2005 Rondolino 2007,Costa 1993,) si ispira alla metodologia e buone pratiche dell’Associazione

“Aiace Torino” ,sezione piemontese dell’Associazione Italiana Cinema d’Essai nata nel 1968,

pioniere in Piemonte sull’educazione al linguaggio cinematografico e audiovisivo e che da oltre

venticinque anni “fa scuola” e che oggi costituisce un centro per la didattica del cinema e degli

audiovisivi con un ruolo riconosciuto a livello cittadino e regionale.

Da sempre l’associazione è impegnata in un'attività di media literacy volta a formare spettatori che,

oltre ad assaporare l'aspetto ludico della visione, possano apprezzare la qualità e il valore artistico

dei prodotti cinematografici, attraverso corsi di cinema,attività di didattica degli audiovisivi rivolta

al mondo scolastico,corsi di aggiornamento per gli insegnanti e corsi di formazione per gli studenti

delle Scuole dell’Infanzia, delle Primarie, delle Secondarie di I e II grado, riconosciuti dal MIUR-

USR Piemonte - USP Torino, in collaborazione con Regione Piemonte - Assessorato all’Istruzione,

Città di Torino e una Divisione Servizi Educativi con produzione di materiali propri come buone

pratiche.

Esiste una vasta gamma di possibilità legate all'utilizzo degli audiovisivi nell'ambito dell'attività

didattica intendendo con tale definizione l'impiego di materiale vario in funzione di supporto a

specifici argomenti e percorsi.Diverse sono le ipotesi di lavoro largamente sperimentate nell'ambito

della lettura del film, ma in nessuna di queste si può prescindere da un approccio metodologico,

dove l’obiettivo di ogni percorso sta nell’evidenziare quei meccanismi, soluzioni narrative e

linguistiche che stanno alla base del funzionamento del film e della sua capacità di parlare di alcuni

temi pur senza dimenticare il contesto di riferimento dell'opera; il che significa nel nostro caso

corretta comprensione del significato e della successione e combinazione di immagini e suoni,

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significato che è eminentemente narrativo dal momento che la principale funzione del cinema

spettacolare è quella di raccontare una storia, con qualche elemento di lettura legato al

riconoscimento degli elementi costitutivi del linguaggio filmico (elementi visivi, verbali, musicali)

e loro combinazione, il tutto opportunamente modificato per raggiungere gli obiettivi pedagogici. I

Per usare la narrazione cinematografica come dispositivo formativo, sono state studiate apposite

griglie di lettura che permettono una revisione critica attraverso domande stimolo che favoriscono il

processo di comprensione del proprio mondo emotivo, permettono di evidenziare dialoghi,

dinamiche relazionali, relazioni simboliche, metafore, significazioni, stile, e tutti gli accorgimenti

che suscitano i vissuti di identificazione e differenziazione con i personaggi, procedimento

profondamente pedagogico per “osservare osservandosi”.

L’accompagnamento guidato del film attraverso l’esplicitazione dei passaggi importanti e

significativi è fondamentale e l’esplicitazione delle emozioni serve per cogliere tutti gli elementi

evocativi affinchè possa essere un’occasione di cambiamento e crescita personale. I film aventi per

protagonisti gli animali risultano particolarmente efficaci sul piano educativo e si prestano a

coltivare compassione, serenità e fiducia; l’educazione alla cura di un animale è un importante

apprendistato alla cura e alla dedizione agli altri. Incoraggiare la tenerezza verso coloro che hanno

bisogno di essere accuditi (animali, fratelli più piccoli, compagni di scuola in difficoltà) produce

benefìci per lo sviluppo emotivo.

2) Zooantropologia didattica

La zooantropologia, termine coniato da H. Montagner, nasce come scienza di analisi del rapporto

con il non-umano come interazione relazionale e rapporto dialogico (Marchesini 2005) e studia il

significato beneficiale della relazione e le diverse leve che ne permettono l’applicazione. La

zooantropologia assume un modo diverso di vedere l’animale non considerandolo oggetto di

conoscenza bensì soggetto relazionale e dà valore agli esseri viventi in virtù della loro specificità e

soggettività, portatori di una particolare visione del mondo (statuto di alterità); per la

zooantropologia la reificazione e l’antropomorfizzazione conducono ad una strumentalizzazione del

non-umano che pertanto non viene messo in grado di poter realizzare il ruolo di partner. In un

momento di grande cambiamento culturale per quanto riguarda l’animale, la zooantropologia che

considera l’animale un’entità dialogica, pone come oggetto di studio e di applicazione le capacità

innate di tutti gli esseri sociali di dialogare con le diversità attraverso il linguaggio comune

dell’empatia. La relazione non è un metodo, è un modo di esprimere se stessi e di sviluppare la

propria personalità e nuove competenze attraverso il rapporto con gli altri. L’incontro tra specie

diverse (uomo e animale) è caratterizzato da dialogo e confronto, condivisione e co-esistenza,

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libertà e crescita. L’approccio cognitivo zooantropologico si occupa di un particolare ambito della

interazione uomo-animale, quella della relazione e valutazione dei contributi beneficiali utilizzati a

scopi didattici, educativi e pedagogici e non si avvale dell’animale in quanto tale ma dei “contenuti

referenziali” della relazione uomo-animale ovvero della capacità del mondo animale di suscitare

interesse, di stimolare il confronto , di sollecitare attenzione , di indurre apertura e relazione. Il

progetto aderisce alle buone pratiche della SIUA (Istituto di formazione zooantropologica) e

l'operatore Asl è specificatamente formato in tal senso. 12

3)Educazione assistita con gli animali (EAA)

Gli interventi denominati EAA( Educazione assistita con gli animali) ) sono l’insieme di scienze

medico-sociali che operano attraverso la realizzazione di relazioni eterospecifiche (tra specie

diverse). Come ha affermato Morrison (2007), le mediazioni di animali domestici verso gli esseri

umani sono rivolte a tutte le età dell’uomo, dalla primissima infanzia alla quarta età, e soddisfano

esigenze di educazione, ricreazione e sostegno terapeutico vero e proprio. Le E AA si possono

configurare come un laboratorio psico-socio-educativo che si sviluppa lungo l’asse

salute/benessere/inclusione sociale , con finalità di promozione del benessere e di salutogenesi degli

esseri umani e di ampliamento di occasione di partecipazione e di approfondimento delle

conoscenze per minori, famiglie e insegnanti.

Poiché l’Azienda Sanitaria Locale TO5 non possiede le figure professionali atte all’espletamento di

dell' intervento di EAA previsto , proponiamo una Onlus di attività socioassistenziali e servizi con

animali diretta da un' etologa (Ph.D) e medico veterinario esperto in tali attività con una

metodologia conforme alle Linee Nazionali sugli Interventi Assistiti con gli Animali 13, basata su un

approccio etologico e con una metodologia brevettata per Healthy Dog Walk.

Ovviamente la Scuola, che supporta gli oneri di tale intervento, è libera di scegliere un altro

operatore purchè altrettanto qualificato e con metodologia conforme alle Linee Guida Nazionali.

Tutta l’attività di EAA si svolge nella Scuola ed è sotto la responsabilità della Scuola

medesima. T utta l'attività,gli obiettivi, il metodo e gli strumenti di monitoraggio e valutazione sono

stati predisposti in co-progettazione con gli insegnanti, il medico veterinario e l'etologo; la

calendarizzazione, la verifica del setting operativo prima e dopo l'attività,l'idoneità sanitaria e

comportamentale dei cani ,lo svolgimento di tutto quello che prevede l'attività progettata e gli

eventuali adeguamenti da mettersi in atto saranno a cura congiuntamente dell'insegnante tutor di

progetto e dell'etologo/medico veterinario( equipe operativa), tenuto conto delle rispettive

12 SIUA Istituto di formazione zooantropologica - Bologna diretto dal Prof. Marchesini Roberto13 Conferenza Stato- Regioni del 23/372015,recepite dalla Regione Piemonte con DGR 24-3177 del 1874/2016

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competenze. L’equipe di EAA dunque è formata dall’insegnante tutor e responsabile di progetto ,

dal referente della Onlus, che nel caso della nostra proposta, sarà un’etologa (Ph.D) e medico

veterinario di grande esperienza in IAA e dal coadiutore del cane. Tale attività verrà filmata( previa

autorizzazione dei genitori all'attività con i cani e relativa liberatoria per le riprese) e valutata

dall'equipe operativa tramite le schede osservazionali, etologiche, di autoespressione e di contatto-

cura per quanto riguarda il ragazzo e schede di monitoraggio del comportamento del cane ai fini

della tutela del benessere animale. Le schede summenzionate sono tratte dal MOR-Manuale

Operativo della Regione Veneto curato dal gruppo di studio MOR del progetto Net Pet Therapy ,ri-

modulate sugli obiettivi del progetto e consultabili nel dossier strumenti.

Modelli psicopedagogici

La narrazione

Ognuno di noi è unico ed è riconoscibile dall’aspetto fisico, da come cammina, dalla gestualità,

dalla voce e soprattutto dal modo che ha di relazionarsi con gli altri. L’identità non si limita agli

aspetti esteriori, ma anche a quelli più profondi della personalità ed è legata al riconoscimento che il

soggetto riceve dagli altri14. L’identità, cioè il senso di essere noi stessi, garantisce al soggetto di

ritrovarsi, di essere riconoscibile nel tempo da parte degli altri, ed è strettamente legata alla

costruzione del sé, è frutto della personale rielaborazione della cultura di appartenenza prodotta dal

gruppo sociale in cui l’individuo è inserito poiché ognuno di noi affonda le proprie radici nella

storia familiare e in quella del gruppo a cui appartiene. La nostra identità è un fenomeno dinamico

che si evolve nel tempo e si estrinseca attraverso il racconto che facciamo di noi stessi e della nostra

vita.

Queste affermazioni mantengono il loro valore anche ad un livello più generale. Per poter cogliere

pienamente la cultura occidentale nei suoi molteplici aspetti positivi ed anche molto negativi, ad

esempio, dobbiamo far riferimento alle prime narrazioni legate alla mitologia babilonese di

Gilgamesch, alla mitologia classica e alla narrazione dell’Iliade e dell’Odissea, poemi in cui

ritroviamo tutti i grandi temi dell’esistenza umana: la nascita della civiltà, l’amore, la morte,

l’amicizia, il rapporto uomo-divinità, la vita dopo la morte, il potere, il concetto di limite, ecc..

Altrettanto importanti sono state e sono le fiabe che, attraverso la sapiente selezione attuata da una

millenaria cultura popolare comune a tutti i popoli della terra, ci permettono di accedere a temi

molto profondi, come la paura di affrontare la vita con le sue avversità, attivando in sé sia le

capacità di sopportazione sia di contrapposizione, se è necessario. Personaggi scarni e14 Il primo ad occuparsi di questo tema fu uno dei padri della psicologia: William James (1890).

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apparentemente semplici permettono un’identificazione in colui che narra o ascolta la narrazione,

identificazione che dà un accesso immediato alla rielaborazione inconscia della propria esperienza

personale.

Nell' ottocento e nel novecento, la narrazione si é espressa soprattutto attraverso romanzi e

successivamente anche per mezzo di testi filmici che descrivono e indagano un po’ tutte le possibili

scelte umane e, attraverso innumerevoli esempi di personaggi, ci hanno fornito e ci forniscono

modelli di comportamento spesso contrastanti e diverse letture ed interpretazioni del mondo,

permettendo così ai lettori e agli spettatori di avere qualche riferimento per orientarsi in

quell’intricato dedalo di scelte che caratterizza la vita. Secondo Jerome Bruner15 il pensiero

narrativo ed il pensiero scientifico hanno funzioni diverse ma altrettanto importanti.

Il pensiero narrativo permette di:

in relazione a sé in relazione agli altri

- strutturare la propria esistenza - comprendere le azioni altrui

- attribuirle un significato - riconoscere gli scopi e i sentimenti

Il pensiero scientifico permette di strutturare un principio fondamentale, quello di causa - effetto.

Il pensiero narrativo permette di attribuire un significato all’esistere: organizzando tutte le

informazioni relative all’agire umano ci permette di fornire un’interpretazione plausibile ai

comportamenti propri ed altrui16 . I personaggi del mito, delle fiabe e da ultimo dei romanzi e dei

film possono essere compresi solo se posti in relazione con le nostre sensazioni, solo se legati ai

nostri stati psichici e alla nostra esperienza passata e presente.

Attraverso la narrazione, l’individuo, a partire dalla prima infanzia, costruisce la propria identità,

viene a conoscenza della propria cultura e dei suoi valori e attraverso i vari personaggi con cui man

mano viene a contatto, riconosce i propri stati d’animo e li lega a determinati racconti, apprende ad

esprimere le emozioni, anche negative, sottoponendole, se è necessario, ad un vaglio.

Il bambino in questo contesto costruisce in sé anche l’idea di un personaggio speciale: se stesso.

Tutte le forme di narrazione, comprese quelle legate alla vita quotidiana familiare e scolastica, con-

corrono a formulare il concetto di personaggio narrativo e parallelamente alla formazione della indi-

vidualità soggettiva nel bambino che impara a percepire se stesso come personaggio che agisce in

15 J.S. Bruner“Actual minds, possible worlds” – 1986 trad. it. “ La mente a più dimensioni” 199816 Smorti A. “Il pensiero narrativo” 1994

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certe circostanze, tra altri personaggi e insieme ad altri personaggi, per raggiungere degli obiettivi

propri17.

Secondo Maura Striano18, le esperienze umane non rielaborate attraverso il pensiero narrativo non

producono conoscenza funzionale al vivere in un contesto socio-culturale, ma rimangono, invece,

accadimenti ed eventi opachi; non sono comprensibili, né, tanto meno, sono collocabili all'interno

di una storia (personale o collettiva che sia); restano eventi privi di senso e di significato sul piano

culturale, personale, sociale e sono perciò destinate all'oblio. La narrazione ha quindi una funzione

epistemofilica: quella di innescare processi di elaborazione, interpretazione, comprensione, rievoca-

zione di esperienze, accadimenti, fatti, dando ad essi una forma che renda possibile:

a) descriverli e raccontarli ad altri;

b) tentare di spiegarli alla luce delle circostanze, delle intenzioni, delle aspettative di chi ne è

protagonista;

c) conferire loro senso e significato, collocandoli nel contesto di copioni, routine, repertori so-

cio-culturalmente codificati.

La didattica che utilizza un dispositivo narrativo (es. un testo filmico) si configura quindi come

“studio narrativo delle vite e delle azioni umane”, con uno specifico focus sulla contestualità delle

esperienze; essa fa uso di materiali, su cui esercita un processo ermeneutico. Si può affermare, par-

tendo dal presupposto che non vi è né una sola verità assoluta nella realtà umana né una sola corret-

ta lettura e interpretazione di un testo narrativo, che i principali strumenti conoscitivi sono gli esseri

umani, riconosciuti come osservatori, portatori di un proprio personale punto di vista, che si incon-

tra e dialoga con quello dei soggetti osservati (in questo caso il confronto si struttura tra il soggetto,

il gruppo dei pari e il docente) .

Il confronto si sviluppa su diversi piani ed a diversi livelli, permette di esplorare e comprendere il

mondo interno degli individui, di conoscere se stessi, di rivelare agli altri chi siamo.

Il pensiero narrativo nell'esperienza educativa assume perciò particolare rilevanza sia quando si in-

tenda realizzare processi di ricostruzione di azioni in situazione (allo scopo di identificare caratteri-

stiche precedentemente ignorate di una situazione o di assegnare nuovi significati ad elementi noti

(...); sia quando si intenda esplicitare il pensiero di un soggetto e la visione che questi ha del suo

agire a partire dal proprio background culturale, dalla propria storia, dalle proprie esperienze (…);

sia, infine, quando si voglia esercitare un processo di ricostruzione di credenze, preconcetti, teorie

17 Il pensiero narrativo e la costruzione del sè -i racconti del sè- di M. C Levorato in Psicologia Contemporanea, n. 179, 2003, Giunti18 Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale, Dipartimento di Scienze dell'educazione e dei processi cultura li e formativi, Università degli Studi di Firenze; Dottore di ricerca in Scienze dell'Educazione presso l'Università degli Studi di Perugia.

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implicite che condizionano, orientano e vincolano l'agire di un soggetto in determinati contesti so-

cio-culturalmente determinati, come quelli in cui si inscrive l'agire educativo in tutta la sua com-

plessità e pregnanza conoscitiva19.

Vantaggi

Tutte le forme di narrazione comprese quelle legate alla vita quotidiana familiare e scolastica

concorrono a costruire il pensiero narrativo e parallelamente alla formazione della individualità

soggettiva nel bambino/ragazzo che impara a percepirsi come personaggio che agisce, tra altri

personaggi, per raggiungere degli obiettivi propri.

Lo sviluppo del pensiero narrativo nei gruppi a scuola presenta i seguenti punti di forza:

1. agisce su tutto il gruppo classe;

2. aiuta a instaurare un rapporto positivo con il gruppo classe, poiché lavora con materiali e

strumenti vicini alla cultura di appartenenza degli alunni (plasmata dalle grandi agenzie

narrative: tv, cinema, industria musicale ecc.);

3. è coerente con le finalità stesse del percorso educativo e va quindi ad affiancare il lavoro

del consiglio di classe; in particolare, agendo sull'autoefficacia percepita - quanto ogni

soggetto crede alle proprie capacità di attivare risorse cognitive e comportamentali atte

ad ottenere i risultati attesi – ha un forte impatto sulla motivazione e sulle dinamiche di

relazione;

4. attraverso il lavoro di testualizzazione consente di lavorare secondo una logica progettua-

le e di elaborare dei prodotti che si presentano come dei veri e propri "manufatti indivi-

duali e di gruppo".

Limiti

Bisogna saper cogliere gli interessi di chi ascolta e proporre temi coinvolgenti, adatti all'età, al

momento storico e ai vissuti dell'individuo o del gruppo a cui ci si rivolge.

Il brainstorming

Il brainstorming prevede :

- una prima fase, in cui viene a fuoco il problema e ciascuno viene invitato ad esprimere

liberamente la propria opinione a riguardo, Il moderatore invita tutti a non esprimere giudizi

di valore o critiche e cerca di favorire la discussione;

19Maura Striano,La razionalità riflessiva nell'agire educativo, 2001

33

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- una seconda fase, detta convergente, in cui le idee vengono condivise e sottoposte ad un

processo di rielaborazione, da parte del gruppo.

Per essere efficace questa tecnica deve rispettare alcune regole:

1. Proporre in gruppo la dimensione del ''gioco" che libera la creatività ma impone

delle norme (es.: rispetto dei turni di intervento e dell'opinione altrui).

2. I membri del gruppo si devono ascoltare reciprocamente e cercando un confronto

allargato e non duale.

3. Le idee espresse da ciascun individuo non devono essere sottoposte a un giudizio

denigratorio ma possono essere vagliate e rielaborate in gruppo.

Vantaggi

Questo strumento può stimolare:

- Lo spirito di gruppo, le relazioni e la comunicazione interpersonale;

- Il cambiamento degli schemi mentali e degli atteggiamenti

- Il rispetto delle idee altrui e della altrui potenzialità;

- Ascolto attivo;

La capacità di utilizzare anche i contributi altrui.

Limiti i, migliorare la qualità della

necessità di un moderatore in grado di gestire i problemi legati alla conflittualità che può nascere

dall'interazione tra i partecipanti.

Il Cooperative learning

Per vivere in questa società tecnologica è necessario sapersi adattare velocemente ai cambiamenti e

rendersi conto che ormai gli uomini sono sempre di più legati l’uno agli altri in una interdipendenza

planetaria, ma nonostante ciò troppo spesso a livello di percezione soggettiva ci si comporta ancora

in modo eccessivamente individualistico, mentre i problemi che attanagliano il mondo odierno

possono essere affrontati solo in modo cooperativo. Diventa importante allora per le nuove

generazioni acquisire abilità nelle relazioni interpersonali ed” imparare ad imparare”, processo che

li interesserà per tutta la vita; ognuno di noi ha margini di miglioramento, cosiddetta zona di

sviluppo prossimale, (Vygotsky L.S.,M.Cole 1978) ove ha la possibilità di sviluppare al massimo le

sue doti grazie all’intervento collaborativo con gli altri.

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Il cooperative learning è uno specifico metodo di insegnamento e apprendimento che pur partendo

da prospettive teoriche diverse ( Jhonson & Jhonson 1996, M.Comoglio 1996, E.Cohen 1999,

R.Slavin1983,1990,S.Kagan2000) applica particolari tecniche di cooperazione nell’apprendimento

in classe; gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni cercando

di migliorarsi reciprocamente ed è caratterizzato dai seguenti elementi: positiva interdipendenza,

responsabilità individuale, interazione faccia a faccia, uso appropriato delle abilità collaborative,

valutazione del lavoro. Rispetto all’apprendimento competitivo o individualistico, il cooperative

learning mostra questi vantaggi: migliori risultati degli studenti migliorando la motivazione

intrinseca e sviluppando migliori capacità di ragionamento e senso critico, relazioni più positive tra

gli alunni e maggior benessere psicologico sviluppando più senso di autoefficacia e autostima e

sopportando meglio lo stress.

Il cooperative learning del progetto è eseguito con la tecnica del jigsaw classroom inventato da

Aronson (1978) variato poi da Slavin (1980), denominato jigsawII, così strutturato:

L’insegnante forma i “gruppi casa”( 4-5 persone), eterogenei, utilizzando le informazioni in suo

possesso derivanti dall’accoglienza e dai colloqui con i genitori; sceglie uno studente per gruppo

come “esperto” ( generalmente l'alunno più maturo) , dispone gli argomenti che riguardano il

film( personaggi, trama, significato,linguaggio cinematografico ecc. ispirandosi alla griglia di

analisi del film) e li affida ad ogni alunno; è importante che il numero degli argomenti coincida con

il numero dei gruppi.

Poi temporaneamente i membri cosiddetti “esperti”,cioè coloro che hanno lo stesso argomento da

approfondire e che provengono ognuno da un gruppo diverso, si riuniscono e lavorano insieme;

ogni gruppo costruisce una mappa dell’argomento affidato che presenteranno e spiegheranno al

gruppo.

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Gli esperti tornano nel “gruppo casa” e ogni membro presenta l’argomento approfondito al gruppo:

cioè “insegnano” ciò che hanno appreso e discusso agli altri membri.

L’insegnante gira tra i gruppi osservando i processi e intervenendo quando sorgono problemi ( per

es.uno dei membri disturba o domina gli altri).

Alla fine della sessione di lavoro gli alunni eseguono la griglia di analisi del film.

Vantaggi

Interdipendenza positiva

Pari opportunità di successo

Interdipendenza delle risorse

Apprendere attraverso la mediazione dei compagni

Limiti

Gestione cooperativa della classe

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ALBERO DEI PROBLEMI

37

Analfabetismo emotivo

Difficolta a

conoscersi e

riconoscersi

disconoscimento

della specificità

animale

Carente esperienza

relazionale

Immersione

passiva media

Non

consapevolezza

emozioni (e loro

comunicazione)

negli animali

Difficoltà di

apprendimento

Approccio

educativo

aprioristico

OUT

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ALBERO DEGLI OBIETTIVI E CLUSTERING

c

38

Alfabetizzazione

emotiva

Riconoscimento delle

emozioni

Riconoscimento

globale

dell'altro

Consapevolezza emozioni (e loro comunicazione)

negli animali

Coinvolgimento

emotivo

Utilizzo

costruttivo

media

Miglio re

apprendimento

Riconoscimento

bisogni studenti

I ragazzi sperimentano

la relazione

e scambiano emozioni

con l'eterospecifico

I ragazzi ri-conoscono

le emozioni rivivendole

e costruiscono un vocabolario

della vita interiore

OUT

Strategia

educativaStrategia

etologica/ educativa

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Destinatari intermedi: gli insegnanti

Obiettivo generale Introduzione metodi

innovativi

Nr. Scuole che

aderiscono

Obiettivo specifico Cooperative learning in

classe

Nr. classi

Risultati Interventi didattici su

materia specifica con CL

Nr. interventi

Attività Intervento in classe degli

insegnanti

Nr. insegnanti

ANALISI DI PIANIFICAZIONE

Quadro logico e sostenibilità

Logica intervento indicatori Fonti verifica ipotesi

Obiettivo

generale

Migliorare benessere

relazionale(conanimali

e con i pari)

Dati Epidemiologici

Dati Rubric

S.S.Igiene urbana

Vet.Rubric monitoraggio

e valutazione

Obiettivi

specifici alfabetizzazione

emotiva

Nr, gruppi che

partecipano al

laboratorio sul

film

Griglia film e

rubric di

risultato

Disponibilità dei

ragazzi al lavoro

di gruppo

Risultati attesi 1)interscambio

emozionale con il

cane(relationschip)

2)condivisione

emotivo-affettiva

Nr. Ragazzi che

riescono a

eseguire gli

esercizi in coppia

con il cane

Nr ragazzi che

partecipano alla

visione motivata

e accompagnata

del film

Schede

osservazionali di

EAA e scheda di

vissuto emotivo

Report

insegnante

Disponibilità dei

ragazzi a

lavorare con il

cane

disponibilità alla

visione

consapevole e

attenta del film

e all’educazione

audiovisiva del

film

Attività 1)Formazione

frontale

2)Visione film

3)Laboratorio

4) EAA

MEZZI COSTI Disponibilità dei

ragazzi alla

partecipazione

attiva

PRECONDIZIONI

39

Parte del progetto svolto dalla scuola

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PIANO ATTIVITA’

In ordine cronologico:

1) Lezione frontale condotta dall’operatore aslto5 interattiva e multimediale con attività di tipo

referenziale che prevedono la partecipazione globale e interpretativa del ragazzo.

2) Laboratorio sul film ,che comprende:

Prima fase : la motivazione

Comprende la fase di preparazione ad una visione consapevole e attenta; si chiede ai ragazzi di

guardare il film come al cinema senza interruzioni, senza parlare ,senza alzarsi (come a casa): tutto

ciò è molto importante perché non venga interrotto il fluire emotivo durante la visione cosicchè il

ragazzo possa rimanere in contatto con i suoi sentimenti immerso nell’atmosfera tipica del

cinematografo.

Seconda fase: la visione

Il film scelto è Hachiko, film di qualità, adeguato al target dal punto di vista linguistico, narrativo e

psicologico. Tale opera cinematografica è stata ritenuta alfabetizzante emotivamente per gli

argomenti trattati, per avere una trama lineare semplice, con personaggi poco ambigui e dal profilo

ben delineato e con la caratteristica della favola: protagonisti principali, antagonista, una difficoltà

da superare, l’aiuto. La visione del film insieme ad un adulto “stimolante” la riflessione, educa alla

visione del film. Il ragazzo si lascia andare ai contenuti, alle immagini, alla musica ,ai suoni, ai

ricordi, e questo gli permette un intimo contatto con l’emotività e con un intenso processo empatico.

Alla fine del film il ragazzo porta con sé un insieme di esempi, di sentimenti, di conoscenze che per

lui sono valori, contenuti, messaggi identificativi, destinati ad orientarlo nella realtà. E’ per questo

che il film di qualità diviene un valido strumento per l’alfabetizzazione emotiva ,strumento in grado

di ampliare insieme alla competenza emotiva l’abilità narrativa degli alunni. Durante la visione

l’insegnante redige un report osservando il comportamento degli alunni e aiutandosi con la relativa

scheda di osservazione per l'insegnante( vedi dossier strumenti).

Terza fase: il brainstorming

Al termine della visione l’insegnante attraverso la tecnica del brainstorming raccoglie le impressioni

sul film, le emozioni e le sensazioni.

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Quarta fase: il cooperative learning

L’insegnante formalizza i gruppi utilizzando le informazioni in suo possesso derivanti

dall’accoglienza e dai colloqui con i genitori. I gruppi applicano la tecnica del jigsaw classroom.

Quinta fase: riflessione personale

Ogni ragazzo riflette e si esprime ,attraverso la parte personale della griglia del film, su emozioni,

sentimenti e pensieri.

Alla fine del lavoro, viene lasciato all’insegnante un’ulteriore scheda e griglia di analisi su un altro

film di qualità “Inside out” utile al proseguimento del lavoro sul riconoscimento delle emozioni.Si

propone anche facoltativamente un'esercizio denominato “ patto di amicizia con la classe”nel quale

ciascun ragazzo assume due impegni per rafforzare, migliorare il benessere relazionale e il percorso

formativo ed educativo di ciascuno; questi impegni sottoforma di frasi esplicite,verranno esposte

nell'aula su di un cartellone e saranno un punto di riferimento per tutto l'anno scolastico.

3) Intervento di EAA

L’intervento è effettuato nella scuola, previa sopralluogo preventivo, ha la durata di circa due ore ed

è suddiviso in tre parti:

1) Ricapitolazione di alcuni aspetti della etologia del cane aiutandosi con la dimostra-

zione pratica degli assunti.

2) Esercitazione alla conduzione corretta del cane

3) Attivazione di Dog Walking a piccoli gruppi

Mentre due gruppi partecipano al Dog Walking , un terzo gruppo riproduce i gesti dei cani

mettendo in azione il gioco “far finta di …”

Il punto 1, esprimendosi con la dimostrazione pratica di come comunica il cane, suscita in

successione: attenzione – interesse – curiosità – voglia di comunicare a voce il proprio pensiero e la

propria ilarità.

Nel punto 2 si attiva la concentrazione nello svolgere in modo corretto le disposizioni date. “E’ una

cosa da grandi condurre bene, dunque, io ne sono capace!”

Nel punto 3 l’attivazione di un’attività motoria, di gruppo, in cui ogni singolo piccolo conduttore

deve trovare sincronia con il cane che sta conducendo, si seguono le regole, si media con il cane, si

attivano facoltà psicomotorie e si permette di rappresentare i vissuti legati al proprio corpo. La

seconda pratica del terzo punto è l’attivazione del gioco “far finta di …”. Far finta di essere un cane

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o un lupo agisce sull’identità in una situazione estremamente ludica, cosa che permette di

comprendere potenzialità nascoste in modo incisivo.Successivamente all'incontro con il cane il

ragazzo compila una scheda di verbalizzazione di vissuto emotivo.

L’equipe di EAA è formata dall’insegnante tutor e responsabile di progetto, e dal referente

dell’Associazione scelta; nel caso della Onlus proposta,sarà un’etologa (Ph.D) e medico veterinario.

Tutta l’attività è monitorata con apposite schede osservazionalie filmata previo consenso dei

genitori ( vedi fac-simile di liberatoria in dossier strumenti).Infine, una riunione finale tra

insegnante tutor di progetto ed etologa per gli eventuali adeguamenti da mettere in atto, aiutandosi

con le riprese filmate che permettono di rivedere nel dettaglio l'attività.

AZIONE MULTILIVELLO

A partire dalla preadolescenza i ragazzi sono impegnati a costruire la propria identità e quindi

devono differenziarsi dalla famiglia di appartenenza, perciò acquisiscono sempre più importanza le

relazioni con i coetanei e con altri adulti significativi, ma i giovani hanno ancora bisogno del

supporto della famiglia che deve continuare a sostenerli, avendo fiducia in loro e nelle loro capacità

di elaborare costruttivamente il lutto dell'infanzia e dell'onnipotenza perduta.

I genitori continuano a rappresentare il principale punto di riferimento per i figli, ma non più

l'unico e ciò crea in loro un senso di mancanza e d'inadeguatezza che però devono essere superati

per non abdicare al ruolo genitoriale ed educativo (Jeammet 2009).

Se il ragazzo è adeguatamente sostenuto da una persona adulta acquista maggiore autonomia e

maggiore fiducia in se stesso (Pianta 1999 cit. in Kanizsa 2007) e, come dimostrano le recenti

ricerche svolte in questo ambito, il supporto della famiglia, della scuola e del gruppo dei pari sono

altrettanto importanti per un adeguato sviluppo dei giovani (Schonert-Reichl 2010, Guhn 2012).

La percezione di avere una buona relazione con i genitori, con la comunità educante e con il

gruppo dei pari costituisce dunque un elemento essenziale per uno sviluppo armonico e positivo dei

giovani (Proctor et al.2009, Valois et al. 2009 cit. in Oberle 2010,Battistich 2005 cit. in Oberle

2010) e il grado con cui un individuo è interconnesso in una comunità è vitale per la salute e il

benessere della persona (De Piccoli 2014 p.72).

Si propongono degli incontri laboratoriali per fornire ai genitori, chiamati a svolgere un compito

così complicato e coinvolgente, spunti di riflessione e di confronto con esperti e con coloro che

condividono la stessa esperienza educativa.

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Logica Indicatori Fonte verifica Ipotesi

Obiettivospecifico

Conoscenzafenomeno

Nr. Genitoricoinvolti

Reportpresenze

I genitori nonsottovalutano

RisultatoPotenziamentocapacitàgenitoriale

Grado diautoconsapevolezzaemotiva

Test di J.Gottman*

Adesione al test

Attività Laboratorio conaudiovisivo

Mezzi Costi Partecipazione

* tratto da J. Gottman Intelligenza emotiva per un figlio.Guida per i genitori, 1997

CRONOGRAMMA

Attività Operatori 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 121 ASL2 Scuola3 ASL

1 Lavoro di 6 h( 2h frontali + 2h per la visione del film+ 2h intervento di EAA)2 Coordinamento laboratorio sul film 2h (1-6) e attività di EAA 2h e valutazione; invio schedaprenotazione progetto(9)3 Chiusura progetto, valutazione e raccolta schede di sintesi; eventuale ri-orientamento(7); (9)riprogrammazione, calendarizzazione e (10)avvio.

Analisi finanziaria

Attività Mezzi Costi

Attività per obiettivo Riunioni / contattiMateriali audio-visiviFilmComputer /LIM videoproiettoreMateriale didattico

Costo risorse umane ASL

Attività per la valutazione Alleanza educativa con la scuola

Costo risorse umane della scuola

EQUITA’

Il progetto è orientato all’equità, e coerente con il Piano Strategico Europeo per le diseguaglianze in

salute; infatti nel documento Investing Children The European Child And Adolescent Healty

Strategy 2015-2020 si elencano gli scopi della strategia sulla riduzione delle diseguaglianze tra cui

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compare ”rendere i bambini e gli adolescenti in grado di realizzare il loro piano di salute, sviluppo e

benessere”.

SOSTENIBILITA’

- Il progetto è sostenuto dalle scuole aderenti, che eseguendo una parte importante del

lavoro ,rendono possibile la sostenibilità del progetto; ottimo rapporto costo-

beneficio dunque grazie al lavoro svolto dalla scuola.

- Il progetto è coerente con i concetti di Salute 2020,con gli obiettivi del PNP (Piano

nazionale della Prevenzione) ed stabilmente inserito nel PLP (Piano Locale della

Prevenzione).

- Il progetto risulta co-progettato e partecipato con la scuola, inserito nel PTOF della

scuola e nel patto educativo con le famiglie.

VALUTAZIONE DI PROCESSO E DI ESITO

Vedi schema del quadro logico e relative schede (dossier strumenti).

VINCOLI AL PROGETTO

- L’inserimento del progetto nel PTOF della scuola e nel patto educativo con le

famiglie

- La richiesta di attivazione del progetto (vedi scheda adesione) indirizzata al

Dipartimento di Prevenzione dell’AslTO5 e firmata dal Dirigente Scolastico.

- Un’aula video adeguata

- Uno spazio adeguato per l’attività di EAA

PROSECUZIONE DEL PROGETTO

La ripetizione del progetto è legata alla domanda di attivazione del progetto che le scuole inoltrano

ogni anno al Dipartimento di Prevenzione.

DOCUMENTAZIONE

Il dossier degli strumenti allegato al progetto permette di ricostruire tutta l’attività svolta.

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Informazioni

Dipartimento di Prevenzione Aslto5 Dott.ssa Maura Luisa Luchetti – Resp. di Progetto Tel. 011/94294651 - fax: 011/0469227e-mail:[email protected]

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