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L’uomo condorL’uomo condorLudovica Battiati 3 iLudovica Battiati 3 i

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''Spingendo quotidianamente i nostri limiti, riusciamo, a piccoli passi, a superare le paure che ci vietano il possesso della nostra esistenza'‘

Angelo d’Arrigo, 45 anni, deltaplanista di fama mondiale

votato“per amore della natura e della conoscenza”all’impresa

strema, era l’uomo che volava come fanno gli uccelli. Dagli

uccelli aveva imparato, con loro ha volato, con loro ha vissuto.

Il rapporto che Angelo aveva con le aquile, in particolare con Gea e Chumi, era diventato a tal punto simbiotico che

anche le aquile avevano imparato qualcosa da lui e gli erano volate accanto

fin sopra l’Everest;

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le gru lo avevano seguito,invece,in volo dal circolo polare artico fino al mar

Caspio. D’Arrigo, laureato all’università dello sport di Parigi, ma innamorato

della montagna, esce dalla sua metropoli per cimentarsi negli sport

estremi. Viveva con la moglie e con i tre figli sulle pendici dell’Etna, non lontano da dove è

finito tragicamente quello che era un volo normale, su un aereo normale, ben diverso dalle sue imprese quasi ai confini

della realtà. Nel ricordo di D’Arrigo c’è prima di tutto la visione popolaresca dell’uomo

che ha adottato gli uccelli più affascinanti ed ha volato con loro sulle

più alte montagne del mondo, sulle rotte migratorie smarrite, sui cieli della

fantasia che, col suo deltaplano, sono diventati i cieli magici della realtà: uomo d’avventura ma anche uomo di scienza,

di ecologia, studioso di tecnologia d’avanguardia, missionario del rispetto

della natura, compagno di vita degli uccelli, capace di farsi amare al punto di

diventare la loro mamma.

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Con i suoi titoli d’istruttore di volo, di maestro di sci e di guida alpina riesce a vivere delle sue passioni legate agli sport “plein air”. Progetta e realizza delle “Prime” sulle Alpi nelle sue tre specialità: sci estremo, alpinismo

e volo libero. Dal Monte Bianco al Cervino, dall’Aiguille Verte all’Aiguille du Midi, Angelo

riesce ad esprimere il suo stile di vita con successo.

Realizzando dei documentari amatoriali sulle sue “imprese” che divulga nelle scuole e

nei centri culturali della capitale francese, Angelo ha contribuito allo sviluppo ed alla popolarizzazione degli sport estremi, dove

l’individuo e la natura sono gli assoluti protagonisti.

Denominato, allora in Francia, “ le Funambulle de l’extreme”, Angelo progetta di operare anche fuori Europa, l’Himalaya e le

Ande.

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In occasione di un reportage per una rete nazionale francese, Angelo vola per la prima volta dal vulcano più alto d’Europa in piena

eruzione: l’Etna. Attratto dal contrasto degli elementi di

questo paesaggio sicilano, al quale sono legate le sue origini, Angelo decide di stabilirsi

sulle falde del Vulcano e crea una scuola di volo libero: l’Etna Fly.

Ambientato in un quadro unico e spettacolare, dove i quattro elementi aria acqua terra e fuoco si mescolano, questo centro di addestramento al volo libero si è

trasformato, oggi, in un centro turistico basato sulla pratica di sport estremi: il No

limitis Etna center. Dopo anni di agonismo in volo libero e due titoli mondiali con il deltaplano a motore, Angelo decide di

allontanarsi dal circuito delle competizioni per potersi dedicare ai voli record ma soprattutto

all’emulazione del volo dei rapaci per la ricerca del volo istintivo.

Avvia un progetto intitolato “ Metamorphosis” che è uno studio

analitico delle tecniche di volo dei più grandi rapaci dei cinque Continenti.

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La prima tappa del progetto Metamorphosis, ciò che D’Arrigo chiama la “ riscoperta

dell’istinto del volo, abbandonato il volo matematico volto al traguardo”, ha visto la

traversata del Sahara, dalle dune di Chott el-Djerid alla Sicilia, con i falchi migratori, nel

2001.

L’amore per i pennuti però viene da lontano, è ancestrale, e si è manifestato la prima volta

alla vista di un gabbiano in picchiata sulle falesie della Normandia; da allora, D’Arrigo non ha smesso di studiare le creature alate, perfezionando la sua ala sino a diventare, in

volo, come uno di loro. Anche altre nuove imprese. Il suo volo si è fermato a Comiso, vicino Catania. Una fine strana, per chi ha amato il deltaplano al punto da girare con

esso mezzo mondo. A nome di tutta la Calabria, il saluto più sincero nel viaggio

verso le aquile una tragica fatalità'' Dalle Aquile delle Alpi ai rapaci

dell’Himalaya e dagli avvoltoi dell’America Latina e dell’Australia, Angelo impara ad osservarli e convivere con loro, nel loro

elemento e con le loro regole gerarchiche.

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Osservare, studiare ed imitare il volo istintivo dei grandi veleggiatori è stato per lui un percorso naturale che gli ha permesso di perfezionare la sua tecnica di volo.

Lo studio lo porta alla convivenza con le sue aquile e con loro sorvola l’Everest in volo libero, senza motore, sorvola il circolo polare artico. Non è mai solo, in cielo. Nel 2002 ha aiutato le gru a tornare a casa,dalla Siberia al Mar Caspio:decollato a nord del circolo polare artico, ha seguito le antiche rotte migratorie per oltre 5.500 chilometri, per guidare la grande migrazione di una specie di gru in via d’estinzione, le Siberian Cranes, fino ad arrivare in Iran. Durante il volo il suo deltaplano è diventato il nido per alcune uova, e lui stesso ha nutrito, con un finto becco, i pulcini che sono nati in volo. Le gru lo seguivano come uno di loro. Nel 2004 con l’aquila Gea ha sorvolato l’Everest, nel 2005 con l’altra aquila, Nike, il Sahara. In dicembre ha cambiato tipo di rapace, questa volta passando attraverso i nidi del condor e sorvolando l’Aconcagua, il monte più alto del continente americano.

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Questa è stata la sua ultima impresa, intrapresa per il lancio

della “sedici” (da tempo D’Arrigo era legato all’immagine della Fiat), durante la quale volando a quota

9.100 con il suo deltaplano ha stabilito il nuovo record mondiale di

altitudine. La missione sull’Everest è stata

certamente una delle più impegnative: dopo il decollo

dall'aeroporto militare di Guidonia, il deltaplano di D'Arrigo

si è sganciato dal traino di un apparecchio

ultraleggero ed è rientrato sulla pista di Guidonia dopo oltre due ore

di volo. L'impresa di D'Arrigo

rientra in un complesso programma di test su mezzi ed attrezzature in

vista del prossimo sorvolo dell'Everest. Prima del test in volo sono state eseguite prove a terra,

grazie anche all’appoggio dell’Aeronautica Militare.

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Le varie prove a terra ed in volo mirano ovviamente a sottoporre le attrezzature alle condizioni che si riscontreranno durante il sorvolo dell'Everest: il freddo agisce sui materiali rendendoli più fragili, mentre con l'altitudine e la rarefazione dell'aria aumentano i rischi d'ipossia, vale a dire la mancanza d'ossigeno al cervello, tanto che il pilota ha testato anche due sistemi di respirazione artificiale, uno primario ed uno di soccorso, quello che in caso di necessità gli permette di scendere velocemente a quote più vivibili.

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Entriamo in punta di piedi nei dettagli tecnici e scientifici della missione per

focalizzarci tra poco su quello che Nital, come partner della missione ha messo a

disposizione.Una tripla sfida, umana, tecnica, e nella

simbiosi tra l'uomo e la tecnologia. La sfida umana parte dall'imprinting

che D'Arrigo, sulle orme del grande etologo Konrad Lorenz ha dato ad una coppia di

aquile himalyane, nate sotto le ali del suo deltaplano e già abituate, ancora allo stato

embrionale, ad ascoltare la voce di D'Arrigo. D'Arrigo ha insegnato a queste aquile a volare prima, a cacciare poi. La grande

sfida sarà risalire la corrente ascensionale dell'Everest, superarlo e planare, insieme

alle sue aquile verso il Nepal. In un'intervista D’Arrigo ha

dichiarato che la sensazione più forte che aveva provato durante tale

missione era stata nel momento in cui lo sguardo aveva abbracciato tutta la

catena dell’Himalaya, l’altopiano tibetano e il versante nepalese.

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La sensazione più negativa era data dalla continua consapevolezza che, a differenza

degli scalatori dell’Everest che in qualunque momento potevano abbandonare la missione e tornare indietro in attesa di situazioni più

favorevoli, lui non solo non poteva interrompere la missione ( era volo libero a quasi 10.000 m. d'altezza!!!), ma doveva

pure preoccuparsi di monitorizzare il punto di atterraggio: quello prescelto era, infatti,

occluso da un fronte nuvoloso, fortunatamente la missione si era conclusa

positivamente con un atterraggio tecnico nei pressi di una piramide del CNR

A questo punto appare interessante trascrivere testualmente alcune righe tratte

dal diario di bordo di d’Arrigo, al fine di comprendere meglio il suo stato d’animo e le difficoltà che ha incontrato e caparbiamente

superato.

”Centrare le condizioni favorevoli, individuare le strategie "volatorie" e

soprattutto nel difficile durante la traversata, sono stati gli obiettivi tecnici

del mio percorso.

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Far corrispondere i miei programmi alle esigenze burocratiche d'enti locali, tutori degli spazi aerei e gente dietro le scrivanie (che non sempre condivide la nostra passione per il volo e soprattutto per il nostro tipo di volo libero), non è stato facile.Ma la mia avventura è andata avanti, con la mia equipe, preziosa, efficiente. Voglio ringraziare il mio compagno d'avventura Richard Meredith, grande pilota di delta a motore, mio antagonista nei vari campionati che ci siamo disputati insieme orsono alcuni anni orsono.Un grande ringraziamento ai miei partners tecnici: Icaro 2000, Woody Valley, Metamorfosi e Aire Cornizzolo che mi hanno agevolato prendendo in considerazione le mie esigenze tecniche e a volte uscendo dai loro standard costruttivi.Ma questo sogno è scaturito da un grande desiderio che ci accomuna ed è la grande voglia di volare e scoprire altri orizzonti verso i quali andare con la voglia di nuovo. Per me questa è l'avventura.

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Desideravo capire cosa prova un migratore nel corso di un suo viaggio, viaggio dettato dal suo istinto che io posso solo provare a

imitare.Volevo sentirmi uno di loro rientrando a

casa mia e proveniente da un altro continente, un migratore e così è stato. Ma ancora e soprattutto in volo non smettevo di pensare che ad accoglierli, questi rapaci stremati, non trovano amici, giornalisti né

champagne... spesso uomini vigliacchi dietro canne di fucile.

Ho dedicato questa impresa alla memoria di Patrick de Gayardon”.

Over Everest, il deltaplano con il quale D’Arrigo sorvolò la catena Himalayana oggi

si trova al Museo della Scienza e della tecnologia di Milano, che è uno dei più

prestigiosi del mondo. Il professor Fiorenzo Galli, direttore del Museo, amico ed

estimatore di D’Arrigo, racconta la storia della piuma di Leonardo, l’ala che D’Arrigo riprodusse al computer,

collaudò nella galleria del vento di Orbassano e poi fece volare. L’idea

Leonardesca era giusta!

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Galli ha ribadito la convinzione di d’Arrigo: “se Leonardo avesse potuto usufruire di

materiali più leggeri, la storia dell’aviazione sarebbe iniziata 500 anni

prima”. ''Spingendo quotidianamente i nostri

limiti, riusciamo, a piccoli passi, a superare le paure che ci vietano il possesso della nostra esistenza''

Questa frase sintetizza il pensiero di D’Arrigo e, soprattutto, spiega le

motivazioni che lo hanno spinto ad “osare” sempre di più, fino a quel tragico

26 Marzo 2006……

La notizia dell'improvvisa morte di Angelo d'Arrigo è stata una di quelle

notizie che lasciano senza parole. Eppure, un personaggio come lui, in

tutta la sua vita agonistica-scientifica ha fatto i conti con la morte

continuamente, ogni volta che le sue sfide si spostava una tacca più

avanti, sempre più vicino ad un nuovo limite estremo.

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Solo che le imprese di Angelo d'Arrigo non erano folli esibizioni da sportivo svitato, non erano sfide al destino mirate solo a fare diventare il confine dell'estremo sempre più arduo, le sue erano ricerche scientifiche, erano un regalo a tutti noi che tramite queste comprendevamo i segreti della natura e le meravigliose possibilità della tecnologia. Gli occhi di Angelo d'Arrigo erano i nostri occhi che volavano sopra il mondo.

Angelo d'Arrigo, all’età di 45 anni, è precipitato con un velivolo a motore durante una dimostrazione a Comiso. Con lui c'era un ufficiale dell'aeronautica in pensione suo amico, il generale Giulio De Marchis, 70 anni, anche lui morto.I due si trovavano a bordo di un piccolo aereo da turismo, un biposto ultraleggero Sky Arrow, modello 650 Tnt, alla cui guida era il generale De Marchis, che all'improvviso - per cause da accertare - è precipitato. Testimoni oculari hanno riferito agli investigatori di non avere visto il velivolo esplodere in aria ma precipitare di punta.

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Inutili i soccorsi, pur se tempestivi. Subito sul posto il procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, che coordina le indagini della polizia.La manifestazione di volo ultraleggero era stata organizzata dall'amministrazione provinciale di Ragusa e dall'istituto tecnico Fabio Besta del capoluogo ibleo all'aviopista di Comiso, nei pressi dell'aeroporto. L'ultraleggero intorno alle 11.30, poco dopo il decollo, è stato visto virare bruscamente e schiantarsi su alcuni alberi di ulivo. L'aereo è precipitato da una altezza di circa 150 metri. L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo ha aperto un'inchiesta sull'incidente e ha già disposto l'invio di un proprio investigatore per gli accertamenti tecnici di competenza. Il velivolo è stato messo sotto sequestro dal magistrato inquirente.''Sono arrivata a Comiso venerdì a bordo di questo aereo, pilotato dal generale De Marchis. L'aereo era uno dei più nuovi, era perfettamente collaudato e la manutenzione era stata effettuata di recente. Era uno degli aerei di proprietà della ditta, che li mantiene sempre in perfetta efficienza''.

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A dirlo è Arabella Bortolotti, dell'ufficio commerciale di Sky Arrows, la ditta costruttrice dell'aereo. ''Il generale De Marchis era stato il collaudatore di questo aereo, prima che esso venisse immesso in commercio. Lo conosceva benissimo e lo aveva pilotato più volte - aggiunge -. L'aereo stava effettuando una virata in fase d'atterraggio. Probabilmente è andato in stallo. Appare tutto assurdo. A bordo di quell'aereo c'erano due tra i migliori piloti italiani''.Di 'stallo in virata' ha parlato anche Biagio Picarella, istruttore di volo della 'Sorvoliamo Onlus', l'associazione che ha organizzato, in collaborazione con la provincia, la manifestazione a Comiso. E Toti Costanzo, presidente dell'associazione, ha aggiunto: ''Il generale De Marchis era uno dei migliori piloti che io abbia conosciuto. Un errore del genere è inspiegabile. È accaduto qualcosa che possiamo paragonare a quello che succede al falegname esperto che si sega le dita, o al pilota di Formula Uno che non si ferma allo stop.

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L'incidente è stato causato da una tragica fatalità''. due piloti sono deceduti sul

colpo. L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo ha aperto

un'inchiesta sull'incidente e ha già disposto l'invio di un proprio

investigatore per gli accertamenti tecnici di competenza. Il velivolo è stato messo sotto sequestro dal

magistrato inquirente.''Sono arrivata a Comiso venerdì a bordo di questo aereo, pilotato dal

generale De Marchis. L'aereo era uno dei più nuovi, era perfettamente collaudato e la manutenzione era

stata effettuata di recente. Era uno degli aerei di proprietà della ditta, che

li mantiene sempre in perfetta efficienza''. A dirlo è Arabella Bortolotti, dell'ufficio commerciale di Sky Arrows,

la ditta costruttrice dell'aereo. ''Il generale De Marchis era stato il

collaudatore di questo aereo, prima che esso venisse immesso in

commercio. Lo conosceva benissimo e lo aveva pilotato più volte - aggiunge -. L'aereo stava effettuando una virata in fase d'atterraggio. Probabilmente è

andato in stallo. Appare tutto assurdo.

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A bordo di quell'aereo c'erano due tra i migliori piloti italiani''.Di 'stallo in virata' ha parlato anche Biagio Picarella, istruttore di volo della 'Sorvoliamo Onlus', l'associazione che ha organizzato, in collaborazione con la provincia, la manifestazione a Comiso. E Toti Costanzo, presidente dell'associazione, ha aggiunto: ''Il generale De Marchis era uno dei migliori piloti che io abbia conosciuto. Un errore del genere è inspiegabile. È accaduto qualcosa che possiamo paragonare a quello che succede al falegname esperto che si sega le dita, o al pilota di Formula Uno che non si ferma allo stop. Molto caute le dichiarazioni del procuratore di Ragusa, Agostino Fera, che coordina l'indagine: ''Non possiamo dire nulla circa le cause dell'incidente. Potrebbe trattarsi di errore del pilota, o di un guasto meccanico. Abbiamo richiesto la consulenza di un pilota specializzato dell'Aeronautica militare che arriverà da Sigonella''. ''L' inchiesta è in corso'', ha aggiunto il sostituto procuratore Nicoletta Mari.

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''È ovvio che solo le perizie tecniche potranno dirci quali siano state le cause di questo terribile

incidente''.Angelo d'Arrigo la settimana prima del tragico evento, dalla base dell'Aeronautica militare di

Sigonella aveva annunciato quale sarebbe stata la prossima sfida in volo: ''Il mio obiettivo è

sorvolare il sesto continente: l'Antartide'', aveva detto. ''Io mi sto già preparando perché tutto sia

pronto nei prossimi mesi. Non ci sono limiti a quello che si può fare ma occorre una

grandissima preparazione fisica e un eccellente supporto scientifico e tecnologico''.

  Ad un mese dalla morte è stata organizzata

presso l’auditorium delle ciminiere di Catania una manifestazione in omaggio di Angelo D’Arrigo, alla quale hanno partecipato politici, giornalisti,

ufficiali dell’aeronautica e semplici cittadini: erano in tanti alle Ciminiere per proporre iniziative concrete nello spirito del grande

trasvolatore, per fare in modo che il ricordo dello stesso non svanisca.

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Portano già il nome di Angelo D’Arrigo una Fondazione nata per aiutare i

bambini poveri del Perù, un sentiero naturalistico del Parco dell’Etna, il centro recupero fauna selvatica

Valcorrente. Ad Angelo sarà dedicato

quest’anno il premio “l’uomo e lo sport” che da oltre vent’anni viene assegnato a Giarre alle personalità sportive più importanti del mondo.

Ad Angelo sarà assegnata la gold medal, il massimo riconoscimento del

settore attribuito dalla federazione internazionale aeronautica, e sarà

dedicato il convegno organizzato il 30 Maggio in collaborazione con

l’aeronautica militare e l’Università la Sapienza di Roma.

Il Presidente della Regione ha altresì annunciato di avere inoltrato richiesta all’Unesco per annettere

l’Etna ai beni dell’Umanità e accanto al nome del nostro vulcano ci sarà

anche quello di Angelo.

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Inoltre è in programma la realizzazione di una nuova sede del Museo vulcanologico catanese nel quale si vorrebbe ospitare il deltaplano con cui D’Arrigo ha sorvolato

l’Everest, oggi esposto al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, ma ciò non sarà facile tenuto conto che il direttore

di tale museo, Fiorenzo Galli ha già fatto sapere che non intende rinunciare

all’originale del deltaplano. L’altra importante iniziativa riguarda l’intitolazione della nuova Aerostazione

internazionale catanese, idea lanciata da Candido Cannavò che ribadisce: sarebbe

bellissimo dare il suo nome al nuovo aeroporto; significherebbe credere in una

citta che si alza, che vola, che sogna: perché senza i sogni non si vive.

Mi sembra interessante concludere questo lavoro riportando il commovente

messaggio con cui la moglie Laura D’Arrigo, in occasione del convegno alle Ciminiere, lo

ricorda e lo descrive: Io ho solo avuto il meraviglioso

privilegio di condividere la genialità, la fantasia, la passione, l’amore, il coraggio, la

determinazione, la profondità di Angelo.

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Lui aveva l’innata capacità di comunicare un senso di libertà, di suscitare emozioni e fantasie che diventavano realtà nelle sue

imprese ai limiti dell’immaginabile. Guardava il mondo dall’alto e un po’ più in

là sapeva leggere oltre l’orizzonte. Ha condotto l’imprinting con gli uccelli, volato con la piuma di Leonardo, sorvolato

l’Everest, da quel grande aviatore e pioniere che era.

Ha realizzato i suoi sogni che coincidevano con quelli di molti uomini, le aspirazioni più grandi e irraggiungibili. Ma non aveva doti divine Angelo: lavorava,

studiava, preparava minuziosamente i suoi progetti con tenacia, caparbietà,

professionalità. Ed è riuscito a dare un senso alla sua esistenza.

Ha realizzato i suoi sogni con grande naturalezza e con un entusiasmo che si

leggeva nelle sue parole e nel suo sguardo, nel suo sorriso limpido, quello di chi ha

conosciuto la libertà autentica e di chi vive in simbiosi con la natura.

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Ha saputo vivere i suoi successi in punta di piedi, senza rumore,

rimando se stesso. Ed è per questo che, senza clamore, cercherò di

portare avanti il suo ultimo evento incompiuto, la reintroduzione di Inca e Maya, la coppia di condor nati in cattività per essere reintrodotti in

Perù, nella valle sagrata dove sono quasi estinti.

Sempre secondo le sue volontà ho deciso di istituire una Fondazione

per portare avanti il suo progetto umanitario in favore dei più

bisognosi, a partire dai bambini poveri del Perù, per aiutarli a

realizzare il sogno di un futuro diverso.

In quest’ultima migrazione, quest’ultima metamorfosi, Ti auguro, Angelo, voli infiniti e sconfinati, spazi goduti in un’altra domensione. Porta con Te in alto i Tuoi sogni e i nostri:

quelli in cui ti hanno insegnato a credere.