1 prefazione genealogia valent

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1 1 Vittorio Buzzi I Valent e Genealogia di una stirpe friulana dal 1500 ad oggi. Fonti: Archivi ecclesiastici di Venzone , Portis e Pioverno

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Page 1: 1 Prefazione Genealogia Valent

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Vittorio Buzzi

I Valent e … Genealogia di una stirpe friulana dal 1500

ad oggi.

Fonti: Archivi ecclesiastici di Venzone , Portis e Pioverno

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INDICE Premessa ……………………………………………………………… pag. 3 Compendio: Nome e cognome – origine storica …………………. pag. 5 Il Nome ………………………………………………… pag. 6 Origine del cognome o nome di famiglia o casato … pag. 7 Fonti ……………………………………………………. pag. 9 Origine del cognome Valent…………………………. pag. 10 Note generali ………………………………………….. pag. 12 Soprannomi …………………………………………… pag. 13 Osservazioni di carattere generale …………………. pag. 16 Curiosità storiche ……………………………………... pag. 21 Prezzi granaglie ………………………………………. pag. 23 Bibliografia …………………………………………… pag. 25

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Premessa L’Archivistica è una scienza che sembra appartenere ad una sorta di corporazione composta da paladini che la “proteggono” da tutte le contaminazioni e dissuadono i non edotti nelle sue discipline dall’osare un libero approccio alle fonti. Si propugna la necessità di analizzare gli archivi con lo sguardo “d’insieme” della storia e si respinge la ricerca ed evidenziazione di fatti particolari considerandoli una frammentazione della memoria.(*) La memoria tuttavia è anche una somma di frammenti che raccontano e danno connotato al passato e possono servire da stimolo per approfondimenti legati all’appartenenza. Gli Archivi Parrocchiali sono una fonte a volte unica ed insostituibile per ritrovare le proprie radici; la loro inaccessibilità, la impossibilità di consultarli per mancanza di catalogazione, la supposta estraneità rispetto ad un contesto comune, rappresentano un vero e smisurato danno per tutti noi. Il primo passo è quello di conoscere gli archivi ed il loro contenuto, inventariarli e renderli largamente accessibili, farli sentire come patrimonio irrinunciabile, una sorta di orgoglioso lascito della storia ad ognuno di noi. Il rischio più grande che stiamo oggi correndo è quello del definitivo degrado dei documenti (pergamene, carta, stampe, litografie, fotografie, ecc.) che si stanno dissolvendo e la cui scrittura sta inesorabilmente sbiadendo. Fra poco tempo queste fonti non potranno più raccontare alcunché. Esse rappresentano per il nostro paese una vera “materia prima”, una risorsa culturale con enormi potenzialità. Il salvataggio è un itinerario costoso che la politica non vuole e non può finanziare, ma è urgentissimo. Molte persone appartenenti alla “terza età”, previo qualche breve istruzione, potrebbero essere coinvolte con grande gratificazione personale ed a costi modestissimi nelle attività più urgenti di inventario e salvataggio su supporto digitale. La conservazione degli archivi rappresenta una forma di giustizia nei confronti dei nostri predecessori ed un filo che unendo il presente con il passato ci dà consapevolezza delle nostre origini e del nostro andare e ci aiuta a plasmare un futuro a misura di uomo. Gli archivi parrocchiali che all’inizio ho frequentato soprattutto per fini genealogici - quindi frammentari e specifici - mi hanno aiutato a cogliere ed apprezzare anche aspetti e peculiarità che delineano un contesto storico nel suo evolvere.

(*) Concetti palesati alla presentazione presso l’Università di Udine del quaderno “Archivistica Ecclesiastica – Introduzione allo studio” di Angelo Turchini – Civita Editoriale – Nov. 2006.

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Cosa spinge un uomo del nostro tempo, del 2000, a frugare nel passato, nei suoi resti? Il fascino dell’ignoto, il desiderio di scoperta, l’ambizione di padroneggiare gli avvenimenti, il possesso della chiave interpretativa, la speranza del ritrovamento di un tesoro, lo stimolo della conoscenza, l’odore delle cose e delle carte vecchie, la bellezza dei dettagli, la meraviglia per i risultati consentiti da tecnologie primitive, il confronto dei pensieri, tutto ciò condito con una buona dose di umana vanità ci trasforma in instancabili rovistatori. Tuttavia, qualunque sia l’impulso dominante, l’esplorazione del passato eseguita senza infingimenti e manipolazioni è ancora necessaria perché troppi nostri convincimenti sono frutto di semplificazioni intellettuali ed interpretative. Tante sono le differenze che distinguono noi dai nostri avi ma sono pure moltissime le cose che ci accomunano, che evidenziano una sorta di strana simmetria, una forma di traslazione che ci induce a pensare alla ripetitività ciclica di fatti ed atteggiamenti. Un’osservazione attenta ed imparziale degli accadimenti e del loro contesto storico e temporale ci racconta un popolo condizionato da un esteso e dominante fatalismo, ci riferisce di una generale rassegnazione a convivere con l’impossibile e l’improbabile, di una sorta di doveroso, quasi supino, accoglimento di un destino inappellabile. La dignitosa accettazione della fatica e della povertà, l’adattabilità a mettere le forze in comune (struttura patriarcale delle famiglie) sono i simboli di un mondo per noi ormai improponibile e rappresentano pure la ragione della nostra ribellione, del nostro rifiuto di ogni accadimento che non ci veda protagonisti, sono i bersagli del processo evolutivo dominato dall’egoismo umano. La vaga nostalgia di alcuni valori fondanti della coesistenza - che sembrano ormai scomparsi – non deve assecondare giudizi apparentemente facili ma incoraggiare occasioni di riflessione.

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Compendio

Nome e cognome – origine storica Nell’antica Grecia le persone venivano identificate con il solo nome proprio, con quello del padre e talvolta dal luogo di origine ed è un metodo che traspare anche dai primi versi dell’Iliade: Pelide (figlio di Peleo) Achille – Atride (figlio di Atreo) Agamennone – Criseide, figlia di Crise (originario della città di Crisa). Questo sistema si manifestò in modo dissimile ma corrispondente tra i popoli indoeuropei che lo ereditarono: i suffissi patronimici “vic”,“ig”,“ic” (figlio di) furono tipici delle popolazioni slave, i corrispondenti “ssen / sson” furono specifici delle nazioni nordiche, così “son” per i britannici ed “ov” per i russi, mentre le genti germaniche adottarono il genitivo sassone. I latini, popolazione celtica, si identificavano con il nome personale e con l’attributo della “gens” (clan, tribù) di appartenenza, usanza comune anche ad altre popolazioni celtiche

come irlandesi e scozzesi. Il detto latino “In nomen omen” (nel nome c’è un destino) e quello di Plauto “Nomen atque omen” (nome ed augurio) rivelano che fin dall’antichità il nome, al di là dell’aspetto

identificativo, assumeva grande importanza per il suo significato intrinseco ed a volte dedicatorio. L’uso del cognome, indicante la famiglia risale all’antica Roma. Mentre nei tempi arcaici veniva utilizzato un solo nome, già negli ultimi secoli della Repubblica romana (509 ÷ 27 a.C.) per le persone libere si adottavano tre nomi “tria nomina”:

“prenomen”: distingueva l’individuo in somiglianza del nostro nome proprio;

“nomen”: rappresentava la “gens” o famiglia;

“cognomen”: sorta di soprannome di distinzione delle omonimie.

es.: Caio: “prenomen” = nome proprio; Giulio: “nomen” = nome di famiglia = “Giulia gens”; Cesare: “cognomen” = soprannome.

In alcuni casi, per diversificare meglio una persona rispetto ad un’altra, si aggiungeva anche un quarto nome “agnomen” ed alcuni nobili aggiungevano di proprio arbitrio altri nomi–cognomi creando a volte liste lunghissime (1).

Attorno al quinto secolo d. C. la differenza fra “nomen” e “cognomen” si andò attenuando e diventò usuale l’impiego di un solo nome “signum” o “supernomen” che aveva la caratteristica di non essere ereditato e di avere un significato prontamente comprensibile (es. il nome imperiale “Augustus” = consacrato dagli auguri = favorito da buoni auspici). Dopo la caduta dell’Impero romano ogni persona veniva identificata solo dal nome personale che poteva avere una derivazione patronimica, toponomastica, fisica, estetica o caratteriale e che, in ambito familiare, poteva modificarsi assumendo una forma vezzeggiativa. La propagazione del cristianesimo e le ripetute invasioni barbariche favorirono la diffusione di nuovi nomi che, aggiungendosi a quelli già in uso, ne aumentò la scelta permettendo di identificare gli individui senza particolari difficoltà.

1) i lunghi elenchi di cognomi della nobiltà spagnola ne sono un lascito.

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Il nome La nostra nozione di nome, friulano “non”, si associa a quella dell’individuazione, precisazione. Nomare un neonato è dargli dignità di persona, unicità, è un inizio di dialogo e rappresenta una chiamata alla vita, ed è per questo che nel mondo cristiano è un atto che si compie durante il rito battesimale o della rinascita. L’assortimento dei nomi propri utilizzati nelle nostre antiche comunità era tuttavia abbastanza limitato ed a ciò contribuiva forse anche la primitiva consuetudine di nominare, per fini identificativi, il figlio come il padre. Una rilevante peculiarità era rappresentata dall’alternarsi dei nomi nei discendenti, consuetudine probabilmente derivante dall’ossequio dedicatorio verso i propri predecessori che a lungo ha condizionato la scelta del nome, ad esempio: Bernardo (capostipite ) ↓ Bernardo ↓ Francesco ↓ Bernardo ↓ Francesco

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Origine del Cognome o nome di famiglia o casato. La forte crescita dimensionale degli insediamenti, iniziata dopo l’anno 1000, evidenziò l’inadeguatezza del superstite sistema uninominale romano di identificazione degli individui e pose il problema della distinzione di persone diverse aventi lo stesso nome. Il primo efficace strumento per la differenziazione degli omonimi e per la loro attribuzione ad un casato fu il parziale recupero del sistema di nomare della Repubblica romana e cioè l’adozione del cognome. I primi nomi di famiglia in Italia, peculiarità identificativa delle classi privilegiate, apparvero tra il IX e l’XI sec. e, per i primogeniti dei nobili, rappresenteranno l’identificazione con il casato ed il suo perpetuarsi. I cognomi furono un fenomeno che andò crescendo fino a raggiungere, in epoca rinascimentale, una buona diffusione, non come caratteristica ereditaria bensì come strumento di distinzione della persona. Il Concilio di Trento nel 1563, per evitare il matrimonio fra consanguinei, impose alle Parrocchie l’obbligo della tenuta dell’elenco dei battesimi con indicati nomi propri e di famiglia. Questo atto istituzionalizzò l’uso del cognome inteso in senso moderno e riconfermò le sue peculiarità di ereditarietà ed immutabilità che erano già divenute regola alla fine del Medioevo:. Solo nel XVIII sec. tuttavia, per la necessità di porre ordine ad una popolazione sempre più numerosa, si impose per legge l’adozione dei cognomi. I cognomi si formarono con percorsi alquanto diversi:

A) L’adozione della consuetudine o legge della patronimia, un sistema che poteva esprimersi come segue:

Il capostipite (es. Bernardo) dava origine alla famiglia;

Il primo figlio del capostipite Bernardo assumeva lo stesso nome del padre “Bernardo” ed era questo il segno di identificazione;

Gli ulteriori eredi assumevano un nome (es. Francesco, Giobatta, Antonio) con l’indicazione di appartenenza “di” Bernardo;

L’appendice “di Bernardo”, col tempo, diventava il segno distintivo del casato e si trasformava anche nella grafia dando origine al cognome Di Bernardo.

B) La professione o mestiere che diventava componente caratterizzante e generatrice

di cognomi diversi:

es. a) Nicolò Fabbro Ferraio (I 61 della Genealogia)

↓ ↓ Fabbro / Del Fabbro ← → Ferrario / Ferrari ↓ Clonfero / Clonfaro (facitore di “clanfe” = grappe)

es. b) Della Siega (sorta di derivazione onomatopeica dal friulano “Sèe”-“Siéa”-“Sièe”-“Sièje”= sega)

↓ Siega

C) La toponomastica ovvero il luogo di provenienza che diveniva elemento qualificante e di distinzione di coloro che provenivano dall’esterno o dai margini dell’ insediamento:

de Riu = De Rivo di Mont = De Monte di Colle = Colle

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Non c’è una statistica relativa all’origine dei cognomi ma gli studi sulla loro formazione consentono di attribuirne le seguenti derivazioni:

1. 35 % dal capostipite ; 2. 35% dalla toponomastica ; 3. 15% dalle caratteristiche fisiche del capostipite ; 4. 10% dalla professione, mestiere od occupazione ; 5. 3% di derivazione straniera recente ; 6. 2% nome augurale che la carità cristiana riservava ai trovatelli.

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Fonti In Italia, nel periodo che precede l’istituzione Napoleonica dello stato civile comunale avvenuta nel 1804(1), i registri parrocchiali dei battesimi costituiscono l’unica annotazione continuativa dei nati.

I documenti delle Chiese di Portis, Venzone e Pioverno, la cui consultazione mi è stata generosamente concessa dal Parroco don Roberto Bertossi, hanno origine con il 1551(2) (Venzone = Peitscheldorf) e 1592 (Portis). La consultazione dei registri antichi redatti in un latino a volte approssimativo, già faticosa a causa della non facile interpretazione di una grafia frequentemente illeggibile e sbiadita, è stata ingarbugliata dal già citato metodo di alternanza nominativa che complica l’identificazione dei personaggi che avevano lo stesso nome ed erano figli di padri omonimi. Il costume remoto, protrattosi anche nel 1800, di non menzionare nei registri di battesimo il nome della madre o di indicarlo privo di cognome e di patronimico ed a volte con il cognome del marito, ha intricato ulteriormente le cose. La dissonanza tra il nome registrato sul libro dei battesimi e quello sui registri civili e la predilezione nell’impiego comune del secondo (3), la pratica abbastanza diffusa di privilegiare in famiglia l’uso del secondo o terzo nome di battesimo o addirittura di adottare un nominativo prettamente domestico e non ufficiale (4) hanno, in alcune circostanze, influito negativamente sulla chiarezza delle registrazioni di matrimonio e di morte. L’identificazione necessaria per questa ricerca genealogica è stata possibile soltanto incrociando tra loro in un paziente e laborioso “puzzle” tutti i dati (nascite, matrimoni, morti, parentele, ecc.) e facendo una scrupolosa attenzione alle date ed all’età dei personaggi. Solo dopo il 1850 si trovano menzionati con assiduità i soprannomi che, sempre attraverso un accurato confronto di date ed età, aiutano ad identificare i personaggi fra tanti omonimi ed appartenenti allo stesso casato. Un notevole aiuto nel districare la matassa è venuto dai Registri Anagrafici che nelle Parrocchie venivano fatti saltuariamente al fine di censire la popolazione. A Portis, fortunatamente, fu compilato un “Indice dei matrimoni dal 1650 al 1851” che ha permesso il superamento di alcuni ostacoli interpretativi.

(1) Dopo l’istituzione nel 1804 dell’Anagrafe Civile la tenuta dei registri di “Stato Civile” fu spesso demandata ai parroci che già la svolgevano dal 1563 (Concilio di Trento). A questo periodo risalgono i primi registri prestampati che rispondono a requisiti informativi ben precisi e normati. Durante la dominazione austriaca (1815÷1865) lo “Stato Civile” resta affidato alle parrocchie. Dopo la Grande Guerra nei territori liberati dal giogo austriaco i registri restano affidati alle parrocchie fino al 1920 e diventano comunali solo dal 1921. Generalmente i Comuni hanno un’Anagrafe che risale al 1866 anche se divenne obbligatoria solo nel 1871 dopo l’unificazione d’Italia. I censimenti - quelli civili sono datati 1861, 1881, 1901, 1921, 1931, ecc.- venivano eseguiti anche dai parroci che compilavano i “registri anagrafici per N° civico” (1840, 1922, 1942) o lo “stato anagrafico della popolazione” (1941). Erano elenchi fatti forse per agevolare il calcolo della decima (quartes),

eseguiti mnemonicamente dai sacerdoti, quindi con possibili dimenticanze ed inesattezze ed a volte gli individui erano identificati con un nome domestico non rispondente a quello ufficiale.

(2) Venzone anticipò di 12 anni le direttive Conciliari del 1563. (3) es.: Emidio Cromazio Valent (I 3159) civ. Leonardo, ecc. (4) es.: Caterina Valent (I 559) chiamata Giovanna, Caterina Valent (I 2067) nominata Maria e Domenico Valentino Valent (I 2306) chiamato Giovanni, Francesco Valent (I 2595) nominato Carlo, ecc.

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Origine del cognome “Valent” Il desiderio di possedere un “quarto di nobiltà” ha alimentato, senza alcun fondamento storico, la leggenda della discendenza da nobili russi insediatisi a Resia. Sull’origine di “Valent” si possono fare solo delle vaghe ipotesi:

1. dai nomi latini “Valentinus” o “Valentinianus” poi contrattisi quando da patronimici si sono trasformati in valore identificativo del casato;

2. da “valens” (valente, gagliardo, robusto) (1) 3. dalla suggestiva appartenenza ai seguaci di Valentinus (2° sec. d. C), gnostico

iniziatore della teoria di Pleroma ed Eoni e di cui il mosaico dell’Aula Nord della Basilica di Aquileia è pregno.

Si può immaginare pure una relazione tra il cognome ed il borgo “Valent” di Tramonti di Sotto ma mancano riscontri che consentano di capire se e chi ha dato il nome a chi. Le dimensioni di questo villaggio, documentate ancora molto piccole nel 1850, fanno però dubitare seriamente sulla sua funzione di culla di un casato che nel 1700 a Portis era già molto consistente. I Valent - che rappresentano ancor oggi la stirpe più numerosa del Comune di Venzone - in principio erano insediati nella parrocchia di Portis e più precisamente nei Piani (Stazione per la Carnia) (2). Da qui si diffusero a Venzone, Pioverno ed altri borghi. Questa distribuzione territoriale, che si evince dai libri, pare pure avvalorata dal fatto che nella Parrocchia di S. Andrea di Venzone, nei periodi sotto elencati non sono registrati eventi riguardanti i Valent:

1594 ÷ 1642: nessun matrimonio; 1642 ÷ 1712: nessun decesso; 1712 ÷ 1743: nessun battesimo.

Nel tempo alcuni dei cognomi hanno subito delle variazioni di scrittura [es.: Bellina (Bilini/a) – Colle (di Colle) - Gollino (Gulini) – De Monte (di Mont) - Siega (della Siega) – Zamolo (Zamul)], mentre Valent ed altri (es.: Di Bernardo – Limerutti – Stringari - Di Michieli –- ecc.) hanno mantenuto invariata la loro grafia. Il capostipite dei Valent è Simeone (I 0) morto il 15 luglio del 1594 e sepolto nel cimitero di S. Bartolomeo di Portis nella “tomba di famiglia” (3), precisazione che ci fa supporre un certo livello di censo. Di esso non si conosce né la data di nascita, né quella di matrimonio e neppure il nome della moglie ma solo quello di due figli Antonio (I 4) [+ 05.12.1626] e Giovanni (I 5) [+ 03.11.1622]. Tra i primi Valent appaiono tre nomi che restano avulsi dalla genealogia e sono: Giovanni (I 1) padre di Giorgio (I 2) [+ 13.12.1602] e Leonardo (I 3) [+ 15.12.1669 a 70 anni] figlio di Simeone (I 0 ?).

(1) Il cognome “Valens” appare in una stele funeraria di Aquileia del 2° sec. d.C,, riferito a Marcus Antonius, oriundo della tribù Fabia di Berito (città delle leggi di Fenicia in oriente). L’iscrizione è particolarmente significativa riguardo al tema dell’integrazione sociale di un immigrato. (Vedasi “Le pietre e le stelle” di

Renato Jacumin, ed. Paolo Gaspari 2008, pag. 104). (2) L’intera genealogia Valent trae origine da un unico capostipite e non - come l’epoca potrebbe

giustificare - da una pluralità di soggetti . Questa particolarità fa supporre che questa stirpe non fosse autoctona e che l’insediamento in questo luogo fosse abbastanza recente.

(3) Questo particolare non è in contraddizione con l’ipotesi di non autoctonia esposta nella nota precedente.

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Il cognome appare menzionato – come mi informa Pietro Bellina della segreteria dell’Associazione “Amici di Venzone” – anche in altre, a volte più remote, occasioni:

1. 19.06.1324: obiit Reinardus Valent (Scalon C. – I libri degli anniversari di Cividale del Friuli Istitutpo Storico Italiano per il Medio Evo Pio Paschini – Graphic Linea Tavagnacco – maggio 2008, pag. 624);.

2. 1327: Valent filg Mançon lb. J di ueli (Pieve di S. Maria di Gemona, quaderno n. 986, c. 9v) [In Vicario F. – Quaderni gemonesi del Trecento, pieve di Santa Maria – Forum 2007 Editrice Universitaria Udinese – Grafiche Tielle di Sequals, marzo 2007];

3. 1363: Ricevey di Valent Mançon di Got per fit so dnr vij (Pieve di S. Maria di Gemona, quaderno n. 1007, c.13v)[In Vicario F. c.s.];

4. 1467: Item spendei per conzi VII bozi XXV comperado dali tutori deli fioli di Toni

Valent in rason de I III ss XIII lu conzo monta I XXXIII s XII (PIE - quaderno del

cameraro anno 1467, 85c ); 5. 1470: Item spendei per chumision de conselio da la Fradalia per braz III di biritin che io

feze far uno zupero al fiolo de Andrea di Blas di Pluern e uno zupero al fiol di Toni

Valent e uno per de calze per uno monta lu pano a s XLVIII lu braz I VII s III (PIE –

quaderno del cameraro anno 1470, 248f); 6. 1492, marzo: Item per broche de conzar lorgano Haue pre Bernardin s. 1

Item haue mastro Valent per 2 ferri da metter in suso deli organi s. 6 – [Spilimbergo ( Tesolini L. Organi e organisti a Spilimbergo 1300 - 1981) Spigolatura

d’archivio – AGRAF Udine agosto 1981, pag. 97)]; 7. 1504: Antonio Valent (Resia numero unico primavera 1967, Soc. Fil. Friulana); 8. 28.01.1586: Simeone Valent (I 0 ?) padrino di battesimo di Maddalena Tonussi f. di

Michele di Portis (Venzone, Archivio Parrocchiale) 9. 14.02.1586: Lucia (I 6) moglie di Antonio Valent madrina di battesimo di Valentino

Linassi di Chiusaforte ed abitante a Portis (Venzone – Arch. Parrocchiale);

10. 1631: Petri Valentis [Iscrizione sulla pila (intorno al bordo) dell’acquasantiera della

Chiesa di San Giorgio di Resia] (Resia, Marinelli pag. 18). Nel casato dei Valent l’alternanza dei nomi tra padre, figlio e nipote è altissima e la loro ripetizione è quasi insistita. La tabella che segue mette in luce questa peculiarità ed evidenzia, anche se con qualche differenza, la sua valenza generale per tutti gli individui della presente genealogia:

Pr. Maschi Q.tà

Valent. Q.tà Totale Genealoia

Pr. Femmine Q.tà Valent.

Q.tà Totale Genealogia

1 Francesco 135 288 1 Maria 235 615

2 Giovanni 96 312 2 Anna 140 376

3 Valentino 96 161 3 Lucia 121 279

4 Antonio 89 279 4 Caterina 113 234

5 Simeone 81 99 5 Maddalena 89 201

6 Pietro 67 229 6 Giovanna 56 128

7 Domenico 64 150 7 Paola 40 66

8 Giobatta 62 185 8 Domenica 31 73

9 Giacomo 53 179 9 Margherita 24 47

10 Giuseppe 47 178

11 Leonardo 37 99

12 Sebastiano 30 42

13 Paolo 21 68

Tot. 878 2269 849 2019

Ventidue nomi appaiono, come primo o secondo nominativo, 1727 volte su 2254, ovvero la ripetizione nominale riguarda quasi il 77% degli individui di cognome Valent e la percentuale cresce se si analizzano anche le discendenze della linea femminile del casato.

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Note generali: 1. Il nome latino Jacobus è stato tradotto in Giacomo anziché Jacopo perché nel mondo

friulano è prevalente questa versione.

2. Nicolò è la traduzione preferita del latino Nicolaus.

3. Luigia è prevalsa su Luisa nella versione di Aloisia.

4. Girolamo è la traduzione di Hieronymus.

5. Simone è il primo ad apparire poi compare Simeone. Entrambi sono presenti contemporaneamente e, forse per errore di scrittura, anche in sovrapposizione. Per semplificazione genealogica si è privilegiato Simeone.

6. Giobatta è la versione che accomuna Giovanni Battista e Gianbattista.

7. Il nome Sabbata, derivante da “Sante Sabide” - sconosciuta all’agiografia ufficiale - appare sette volte nel 1700 e due soltanto nel 1800 poi, dopo un prima timida correzione con Sabina, scompare definitivamente. Il nome infatti seguì la sorte del culto di “Sante Sabide” il quale, essendo correlato alla solennizzazione del Sabato secondo l’uso ebraico diffuso nelle campagne aquileiesi, venne osteggiato fino ad ottenerne l’annullamento ma, paradossalmente, senza cancellare la dedicazione di una ventina di sacelli ed oratori friulani situati vicino ad una fonte d’acqua sorgiva (es. la Cripta della Pieve di S, Margherita del Gruagno).

8. La ripetitività dei nomi in una famiglia veniva infranta occasionalmente, e forse per ragioni di deferenza, dando alla neonata il nome della madrina o più raramente al neonato quello del padrino.

9. I bimbi nati morti e quindi senza battesimo erano indicati da un generico “infantulus” o da “Nescio Nomen” e venivano solitamente sepolti in terreno non consacrato “fuori porta” del camposanto.

10. In caso di morte prematura di un neonato, il successivo primo figlio degli stessi genitori assumeva generalmente il nome del fratello scomparso.

11. I cognomi “Pascoli” e “Tonussi”, espressioni latine al genitivo, sono stati tradotti

naturalmente in Pascolo e Tonusso. Tuttavia le forme con desinenza “i” sopravvivono in quantità minoritaria ed in siti diversi.

12. Il cognome Ferrario, allontanandosi da Venzone e migrando verso la città di Udine, tende a modificarsi in Ferrari.

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Soprannomi I soprannomi rappresentano anch’essi un parziale recupero del sistema di nomare della Repubblica romana. Nati nel periodo di formazione dei nomi di famiglia come accorgimento per distinguere persone diverse con nomi e cognomi uguali, uniformati allo stesso principio ispiratore dei cognomi, hanno poi identificato anche i casati o le loro ramificazioni. I soprannomi, essendo legati alla lingua corrente, hanno generalmente una matrice friulana ed in alcuni casi discendono:

dai nomi [es. Bastianello da Sebastiano - Bortolazzo da Bartolomeo – Cechiti da Francesco - Gustinello da Agostino – Peresin da Pietro - Simonello e Simonut da Simone / Simeone – Titai da Giobatta - Toneto, Tonan e Tonacul da Antonio –– Venuzie da Benvenuto - Zuanoto da Zuan (Giovanni) - ecc.];

dalla professione (es. Stradin - Barcarul);

dall’aspetto (es. Rizot);

dal borgo di residenza (es. Scis, Rossits, Rozza);

da antichi termini friulani (es. Chiotul da Chiò = casa);

dal comportamento, carattere o abitudini (es. Bochion, Bochiate, Cigar);

dall’acquisizione ed integrazione del soprannome materno (es. Marietta, che si aggiunge al paterno Nicul fino a soppiantarlo – Bulo associato al Gnerve paterno);

dal soprannome della moglie imposto al marito quando questi “al leve cuc” andava ad

abitare in casa di lei. Frequentemente il soprannome era - e resta - una parola “astratta” senza significato né relazione con cose o persone e poteva trarre origine “da una fresca interpretazione popolana, comica, satirica, qualche lampeggiamento di fantasia e di spirito” ed anche da un vezzo, gioco, difetto o abitudine magari acquisita dal soggetto in tenera età (es. Nicul = Niciul = Nizzul = altalena, dondolo – Capìte = velu li cal càpite = eccolo che arriva – Benado = storpiatura infantile di Bernardo). In alcuni casi si può immaginare anche una derivazione dal latino, es Munirulis da:

Monerula = gazza;

oppure:

Munire = fortificare.

L’abitazione di questa stirpe era circondata da un’alta cinta, aveva l’aspetto di una fortificazione ed era perciò comunemente soprannominata “Vatican”. Questo fatto induce a privilegiare la derivazione del soprannome da “munire”.

Il medesimo soprannome, annotato da mani diverse, si trova registrato in modo disuguale infatti la sua scrittura, soprattutto quando il significato non era immediatamente comprensibile, rappresentava la traduzione onomatopeica di un suono, spesso friulano, che i vari autori potevano recepire in maniera difforme (es. Menisi, Menizil, Menizi).

Anche l’approssimata grafia dei soprannomi, qui riprodotta senza variazioni, denota il grossolano tentativo di conversione del suono primigenio:

o Bochion ≈ Bocion (sboccato) o Buzulite diminutivo di Bùssul ≈ Bùzzul (bicchiere) ? o Cigar ≈ Sigar (sigaro) o Chiandele ≈ Ciandele (candela) o De Lunge ≈ De Lùngie (della lunga) o Gnoch = Gnòc ≈ docile, tranquillo, sempliciotto ? ≈ nomignolo

dispregiativo di Tedesco ? o Grif = Grêf (greve) o Jache = derivazione da Jacum, Giacomo (Indiv.cod. 910) o Menisi, Menizil, Menizi ≈ Menìssul (germoglio che ha già un certo

sviluppo)? o Nicul ≈ Nìciul (culla, altalena) o Quaggio ≈ Quàcio (quatto, tranquillo)? o Zeche ≈ Sècie (secca) ? ≈ Zècie (germoglio di buon getto) ?

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Si registra anche il fenomeno della non continuità di un soprannome che, per una sorta di filiazione, dava origine a diramazioni che generavano nuove famiglie (es. Menizi → Brighe, Tonan, Chiotul oppure Chiotul → Capìte). In un registro anagrafico di Portis del 1854, che spazia dall’ultima decade del 1700 al 1880, sono elencate le famiglie residenti, il numero civico della loro abitazione - indicato senza distinzione tra Portis e Piani di Portis - ed i soprannomi. Per i Valent si contano ben 58 soprannomi differenti:

N° Progr.

N° Civico

Primi portatori soprannome (Valent)

Codice Individ.

Data di nascita

Soprannomi

01 135 Francesco 1222 09.09.1809 Badado

02 129 D Giobatta Giuseppe 1913 15.09.1844 Bambinello

03 111 B Sebastiano 498 26.06.1781 Bastianello

04 114 Domenico 526 02.11.1772 Bochion

05 129 A Pietro 961 04.04.1806 Bochiate→Buzulite →Zuanoto

06 111 B Bartolomeo 1207 26.03.1819 Bortolazzo

07 126 Francesco 865 22.12.1804 Cechiti

08 126 Agostino Valentino 1754 08.05.1835 Cechiti →Gustinello

09 109 Giovanni Giacomo 861 01.07.1793 Cechiti→Rai→Annate

10 109 E Giobatta 2147 09.09.1842 Cechiti →Titai

11 105 Candido 1254 13.04.1835 Chiandele

12 106 Pietro Francesco Giobatta 2145 31.12.1835 Cigar →Cechiti

13 127 Giovanni Valentino 1684 13.02.1822 Chint

14 112 Pietro 1267 16.08.1806 Dalmine

15 117 B Sebastiano Stefano 1224 02.09.1814 Dende

16 129 D Valentino 986 23.03.1815 De Lunge

17 129 E Francesco Giacomo 981 13.11.1803 De Lunge

18 120 C Francesco 878 14.08.1796 De Strade

19 122 Valentino 2061 22.07.1838 De Strade

20 131 Sebastiano Pietro 765 11.09.1825 Gambo →Cont →Pup

21 128 Francesco 970 24.03.1799 Luz

22 109 B Nicolò 2985 11.10.1868 Luz →Grif

23 113 Simeone 1115 09.01.1812 Menizi →Brighe

24 113 Domenico 1122 08.02.1826 Menizi →Chiotul

25 113 Antonio 1119 13.12.1818 Menizi →Tonan

26 133 B Simeone Pietro Serafino 760 05.01.1810 Monato

27 111 Leonardo 698 03.03.1765 Munirulis

28 133 A Leonardo Serafino 1223 05.12.1811 Nau

29 138 B Valentino 1590 30.10.1835 Nicul →Marietta

30 125 Francesco 600 10.09.1788 Peresin

31 123 Pietro Antonio 788 14.10.1821 Peresin

32 110 Giovanni Andrea 1225 04.02.1817 Quaggio →Rabit →Babit

33 117 A Paolo Tommaso 1829 07.03.1820 Rauli

34 119 Domenico 1139 06.12.1796 Riz →Jache

35 132 D Simeone Francesco Giovanni Leonardo

686 11.01.1793 Rizot →Nait

36 118 Simeone 1839 06.09.1836 Sauli

37 120 B Simeone Biagio 873 01.02.1785 Simonello

38 Antonio Candido 1244 17.01.1831 Simonello →Tonacul →Marion

39 139 Francesco 701 24.07.1774 Simonut

40 103 A Francesco 1448 24.07.1851 Simonut → Gnerve → Bullo

41 120 A Antonio 876 18.04.1790 Toneto

42 132 A Valente 815 06.04.1821 Valenz →Stradin

43 112 Benvenuto 1268 23.02.1809 Venuzie

44 119 Domenico 1255 07.06.1837 Ville

45 124 Francesco 908 26.07.1820 Zeche →Piani

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L’assortimento non si ferma qui. Dai vari registri emerge un’ulteriore quarantina di soprannomi dei Valent che testimonia la grande dimensione del casato e le sue numerose proliferazioni. Di seguito sono elencati con il nome ed il codice dei primi portatori:

N° Progr.

Primi portatori soprannome (Valent)

Codice Individ.

Data di nascita

Sprannomi

01 Francesco 479 11.02.1746 Babit - Rabit

02 Simeone 1429 17.04.1836 Baco

03 Andrea Pietro 1656 21.07.1843 Botul

04 Simeone 1142 10.04.1805 Boz – Rogo

05 Lino Fiorenzo 4176 13.05.1929 Brigne - Silver

06 Valentino 333 18.10.1714 Carpanet

07 Francesco 1045 02.05.1769 Cecat

08 Francesca 1751 06.01.1831 Cechiti - Sepus

09 Francesco 838 04.04.1757 Cechiti - Tape

10 Antonio 863 25.05.1799 Cechiti - Tonin

11 Francesco 3814 09.12.1878 Checagno

12 Leonardo 410 08.03.1746 Checon

13 Simeone Francesco 886 06.03.1802 Checon – Simonut - Baco

14 Francesco 528 17.03.1775 Chechisse – Checomato - Dalmine

15 Domenico 1371 04.09.1814 Cicin

16 Francesco 1448 24.07.1851 Cuco – Gnerve

17 Giovanni Antonio 1029 27.05.1752 De Codine

18 Antonio 665 17.01.1777 Gambo – Cont - Pup

19 Giovanni 906 18.11.1815 Gnerve

20 Luigi Valentino 2611 02.10.1881 Loghe

21 Domenico Francesco 1284 16.03.1810 Menoto - Pradus

22 Francesco 1423 06.10.1826 Miro

23 Giuseppe 1915 15.08.1850 Nani - Loghe

24 Francesco Giacomo 981 13.09.1803 Nani - Lungo

25 Valentino Giovanni 986 23.05.1815 Nani – Tinachio – De Lungie

26 Paolo Tommaso 1829 07.03.1820 Pauliti – Rauli – Sauli

27 Pietro Nicolò Serafino 802 09.11.1814 Peresin – Baile

28 Valentino 1708 22.12.1846 Pichiele

29 Pietro 508 09.08.1739 Pieron - Valot

30 Giobatta 2757 03.01.1847 Pradus

31 Sebastiano 1986 05.12.1835 Re

32 Paolo 668 17.06.1769 Rossate

33 Pietro 1192 11.04.1806 Scof

34 Simeone 2305 11.06.1841 Simonello – Gaile

35 Leonardo 698 03.03.1765 Simonut di la - Munirulis

36 Valentino 1994 10.04.1863 Stradarul

37 Giobatta 562 22.04.1753 Titos

38 Leonardo 393 02.03.1701 Valot

39 Leonardo 419 02.09.1792 Valot – Neto

40 Angelo Giovanni Girolamo 1372 31.03.1817 Villo

In genealogia sono pure annotati molti altri soprannomi, a volte di curioso ed interessante significato, che non identificano una dinastia ma sono esclusivamente personali e che possono interessare al massimo la sola generazione successiva. (es. Brusecjasis, Fugio, Morite, Tonore, Zuet, Zuncule, ecc.)

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Osservazioni di carattere generale

o In questa genealogia, che conta 6507 individui e 2811 famiglie, si trovano compresi tutti i Valent originari di Portis, Pioverno e Venzone fino a oltre il 2000 e sono registrate solo una o due generazioni dei discendenti dalla linea femminile del casato.

o I cognomi che si intrecciano per matrimonio con i Valent e che appaiono nella discendenza del ramo femminile, sono:

Bellina N° 478 Clapiz N° 70 Di Bernardo N° 421 Gollino N° 69 Zamolo N° 392 Limerutti N° 65 Pascolo N° 161 Temporal N° 57 Fadi N° 141 Tomat N° 52 Bressan N° 86 Fornera N° 41

Questi numeri si possono interpretare come dato esclusivamente demografico ma possono anche raccontare insistite affinità relazionali - di certo fortemente condizionate dalla ristrettezza dell’ambito geografico insediativo - tra i Valent ed i suddetti casati.

o L’albero genealogico qui presentato non è soltanto un elenco di nomi e date, ma contiene tutti i dati registrati sui libri senza alcuna concessione a deduzioni anche plausibili:

Nascita / Battesimo: luogo, data, ora, ostetrica, padrini, sacerdote

(ministrante); Cresima: luogo, data e qualche volta il Vescovo; Morte: luogo, data e talvolta la causa; Sepoltura: luogo, data, sacerdote. Matrimonio: luogo, data, testimoni, sacerdote e talora il grado di

consanguineità tra gli sposi e la relativa dispensa;

o Le date corrispondono al calendario Gregoriano.

o In alcuni casi tra i libri delle Curazie di Portis e Pioverno e quelli della Parrocchiale di Venzone - che per prevalenza gerarchica trascriveva nei suoi registri anche i dati delle chiese filiali - non c’è conformità. Si sono privilegiate le annotazioni delle Curazie perché registrate direttamente e non frutto di trascrizione successiva. Anche i padrini ed i testimoni a volte sono diversi e tuttavia sono stati tutti menzionati.

o Le date di nascita non desunte dai registri dei battesimi ma ricavate da quelli

anagrafici, di matrimonio, ecc., possono essere leggermente imprecise. Esse infatti rappresentano solitamente il momento più importante dell’origine dei cristiani che non era quello della nascita ma quello della “Rinascita alla Grazia” ovvero del primo sacramento.

o Nei registri più antichi le date di morte e di sepoltura non sono distinte ed è forse privilegiata quella della tumulazione che rappresenta formalmente la discesa agli inferi, il luogo che, secondo Socrate, si divideva in due poli: i Campi Elisi dei beati ed il tartaro, il friulano “boboros”, dei malvagi. Il momento dell’inumazione è forse favorito perché raffigura l’inizio della risurrezione cristiana, dell’apocatastasis ovvero del percorso salvifico universale nel segno di

Giona (Aquileia, mosaico dell’aula Teodoriana).

o Le parrocchie ospitanti erano solite notificare a quelle di origine gli eventi che riguardavano gli individui nati altrove. Questa consuetudine si è andata attenuando e quindi i dati non trovati nei libri, ma direttamente comunicati dagli interessati possono essere incompleti o contenere degli errori. La carenza di notifica riguarda a volte le nascite ma soprattutto i battesimi e gli altri sacramenti. Paradossalmente, un registro impreciso è più attendibile della memoria.

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o Nelle “Note” si trovano registrati i richiami per la ricerca bibliografica: Paese =

Parrocchia – Registro, pagina, N° progressivo, ecc.

o I matrimoni tra consanguinei di 4° e 3° risultano piuttosto frequenti e molto rari quelli di 2°.

o L’età del matrimonio per le donne si aggira normalmente tra i 15 ed i 23 anni, per gli uomini dai 25 ai 54 anni. Numerose sono le annotazioni del consenso paterno per le spose minorenni.

o Appaiono frequenti i casi in cui l’età della moglie risulta sensibilmente maggiore rispetto a quella del consorte. Forse per il marito emigrante e lungamente assente la maturità della donna - che doveva prevalentemente dedicarsi a fare “pan, fruz e liscìe” - rappresentava un elemento di maggiore affidabilità.

o Il matrimonio tra vedovi necessitava della dispensa della Curia.

o A volte i matrimoni vengono celebrati in ore antelucane o di primissima mattina e ciò non dettato da incipienti gravidanze ma forse per l’esigenza di non perdere ore di lavoro e – nei primi decenni del 1900 – forse per combinare le coincidenze ferroviarie del breve viaggio di nozze.

o Il sagrestano ed il suo aiutante furono per un lungo periodo i “copari dal anèl” di tutti

gli sposi del paese, infatti furono i soli testimoni di nozze ammessi e ritenuti “istituzionali”; soltanto nel corso del 19° secolo ad uno dei due poté subentrare un parente oppure un amico degli sposi ed a volte questi non aveva ancora raggiunto la maggiore età.

o I padrini di battesimo “santul e santule” dei neonati erano sempre in coppia, un maschio ed una femmina ed erano “copari e comari di san Zuan” dei genitori dei loro figliocci. Frequentemente uno dei due apparteneva ad uno dei casati di maggior censo del paese. Il medico Stringari ed alcuni membri della sua famiglia risultano, fino alla loro estinzione, padrini della maggioranza dei neonati di Portis.

o Alla nascita, in caso di pericolo di morte, la levatrice “comari” somministrava il

battesimo al neonato e ne dava comunicazione al sacerdote che lo registrava. In caso di sopravvivenza del pargolo il battesimo veniva ripetuto in chiesa durante una “cerimonia suppletiva e confirmatoria” che consentiva al sacerdote di ricevere l’aleatorio diritto di stola che - proprio per le sue peculiarità di incertezza, eventualità e variabilità - era compreso nella definizione friulana “inciàrz di stòle”. Questa elemosina costituiva un provento indispensabile per la sopravvivenza dei curati che erano negletti dalle ben più facoltose pievi o parrocchie da cui dipendevano.

o La scelta di padrini e testimoni evidenzia inoltre la reiterata tendenza a privilegiare

quasi sempre i membri di casati con i quali le famiglie avevano particolari affinità o intrattenevano stretti rapporti relazionali.

o La natalità, diffusamente numerosa, appare sovente rispettare una cadenza periodica

spiegabile con l’emigrazione stagionale dei capi famiglia.

o Il numero di figli per famiglia varia da un massimo di 12 dei tempi più remoti, si attesta nel medio periodo sui 6 ÷ 8 e si riduce ad 1 ÷ 2 nei tempi più recenti. Si nota che gli sposi minorenni, a causa della loro lunga fertilità, danno origine alle figliolanze più numerose.

o Il Battesimo veniva somministrato fino ai primi anni del 1800 entro la giornata della nascita o al più tardi entro il giorno successivo. In seguito l’intervallo tra nascita e battesimo si allungò fino a otto e più giorni raggiungendo e superando, dopo il 1960, anche i tre mesi.

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o I figli illegittimi, nati fuori del matrimonio, venivano a volte battezzati con sveltezza, quasi alla chetichella, in ore antelucane e, sovente, con l’assistenza di un solo padrino.

o Il numero dei bambini nati fuori dal matrimonio appare sensibile, favorito forse dal limite minimo di età imposto per il matrimonio a coloro che erano arruolati nelle forze di pubblica sicurezza (carabinieri, finanzieri, ecc.). Questi pargoli, a seguito delle nozze della madre, solitamente venivano:

- legittimati se lo sposo era il padre naturale; - adottati se lo sposo non era il padre naturale.

Essi, per carenza di aggiornamento dei registri parrocchiali figurano a volte disordinatamente indicati con il cognome della madre o quello del padre. Un’indagine nei libri comunali potrebbe risultare interessante ed avvalorare la tesi che per gli atti di legittimazione e di adozione si privilegiasse, a causa della loro importanza civilistica, la registrazione in Comune.

o Su 2023 individui di cui si conoscono le date di nascita e morte, si evidenzia questa statistica:

Mortalità infantile: < ad 1 anno: 15 % nel 1° anno: 7 % nel 2° anno : 3,3 % dal 3° al 5° anno: 3 %

____________ 28,3 % nei primi 5 anni di vita

Mortalità generale:

da 0 a 9 anni: 30,15 %

da 10 a 19 “ : 3,6 % } da 20 a 29 “ : 5,14 % } da 30 a 39 “ : 4,4 % } 27,24 % da 40 a 49 “ : 6,1 % } da 50 a 59 “ : 8 % }

da 60 a 69 “ : 13,2 % } da 70 a 79 anni: 15,5 % } 40,4 % da 80 a 89 anni: 11,7 % }

da 90 a 99 anni: 1,9 %

Nei secoli scorsi e fino ai primi decenni del 1900 - per carenze igieniche, sanitarie, alimentari, ecc. – si registrava una sorta di selezione naturale dei nati e, durante l’infanzia, quasi un terzo di essi periva. La mortalità delle puerpere era tanto elevata da passare in proverbio: “Une fèmine ha vièrte la sepoltùre par cinquànte dîs dopo il part”. Circa il 60 % degli individui sopravvissuti in quel contesto temporale ed ambientale risulta però particolarmente longevo. Si rileva che la mortalità prematura tra i figli illegittimi è più alta di quella dei figli legittimi. La mortalità non mostra impennate particolari per l’attraversamento dei periodi bellici.

C’è notizia di qualche decesso, avvenuto lontano dal paese natio – anche in Ungheria – mentre viene prestato il servizio militare nell’esercito imperiale austroungarico.

La peste del 1629 (vedi pag. 23 “Prezzi granaglie”) sembra l’evento più falcidiante verificatosi nel Comune, superiore all’epidemia di colera che imperversò a metà del 1800 e forse più cruento del devastante terremoto del 06 maggio 1976.

Centenari: Paola Salandino (I 44) moglie di Giovanni Valent (I 5), mori nel 1671; Giacomo Valent (I 837), n.28.03.1756 - m. 02.04.1856.

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o L’analfabetismo sia maschile che femminile è molto diffuso fino agli inizi del 1900. Nel

1881 in provincia di Udine il 62,45 % della popolazione era illetterata.

o I mestieri, che lasciano intuire la situazione socio-economica degli indagati, sono indicati a partire dagli ultimi lustri del 1800 - rappresentano l’attività prevalente e non esclusiva praticata all’atto del matrimonio e perciò suscettibile di variazione nel corso dell’ esistenza - e sono così riassumibili: maschili: villico (n. 508), muratore (n. 313), bracciante/manovale (n. 44), fabbro

(n. 40), sarto (n. 33), falegname (n. 32), montanaro (boscaiolo)(n. 13), artiere (n. 8), cappellaio (n. 8), casaro (n. 6), carradore (n. 6), carpentiere (n. 5), segantino (n. 4), fornaciaio (n. 1), insegnante (n. 1) e, dall’ultima parte del 1800, ferroviere (n. 61);

femminili: villica (n. 562), casalinga (n. 378), impiegata (n. 22), sarta (n. 11), insegnante (n. 2).

o I proprietari di piccoli appezzamenti di campagna erano classificati come “possidenti” (n. 28).

o La sopravvivenza delle famiglie, che doveva essere abbastanza difficile, era affidata frequentemente al reddito derivante dall’emigrazione dei capi famiglia, prima nell’Impero Austro-Ungarico “lis Giermaniis”, in Romania, in Serbia, poi nel XX sec. anche verso il Belgio e soprattutto la Francia mentre verso la Svizzera, in dissonanza con il resto del Friuli, non si registrò alcun flusso migratorio. Il Belgio e la Francia durante la Grande Guerra avevano subito gravi distruzioni ed i nostri emigranti - prevalentemente muratori, fornaciai, carpentieri e manovali - trovarono facile impiego nella ricostruzione. La Svizzera - che grazie alla sua neutralità ed alla sua funzione di banca per tutti i traffici si era giovata del periodo bellico per acquisire prosperità –assorbiva invece prevalentemente manodopera per le sue manifatture trovandola nel resto del Friuli. Fondamentale contributo veniva pure dal faticoso lavoro delle donne e dalla loro oculata amministrazione delle poche sostanze. Nelle famiglie disunite dall’emigrazione le mogli surrogavano i mariti caricandosi di responsabilità rilevanti e primarie inconsuete per il genere femminile disegnando così, con largo anticipo, quell’emancipazione che le donne in Europa conquistarono solo durante la Prima Guerra Mondiale allorché dovettero forzatamente sostituire in molte attività il personale maschile chiamato alle armi. Si intuisce pure che la struttura patriarcale costituiva un pilastro economico fondamentale per la famiglia e che, anche se di difficile gestione “ tociave gloti amâr e spudâ dolz”, non creava problemi di convivenza degni di essere registrati.

o Fino ai primi decenni del 1900 si registra la frequente pratica del levirato, antica

usanza del popolo ebraico e di altri popoli semitici, secondo la quale, se un uomo sposato moriva senza figli, suo fratello o il suo parente più prossimo doveva sposare la vedova ed il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto. La motivazione addotta per questa legge era quella di assicurare al defunto una discendenza, cosa che era ed è tuttora ritenuta di grande importanza tra i popoli semitici. Essa però aveva anche un’altra importante funzione sociale, quella di garantire un marito alla vedova che, in una società in cui le donne non potevano lavorare, aveva bisogno di un uomo il quale, traendola da una situazione di assoluta precarietà, provvedesse al suo sostentamento. Il levirato nella nostra terra era tuttavia sostanzialmente diverso, esso non era obbligatorio ed era applicato anche in presenza di eredi naturali del defunto, insomma era motivato prevalentemente da ragioni di sostentamento dei famigliari sopravvissuti ed era comunque soggetto a dispensa in quanto i cognati che si univano in matrimonio erano assimilati a parenti di 1° - Il nostro levirato, seppure dissimile, è una traccia concreta dell’esistenza dei forti legami che abbiamo con le radici giudaico-cristiane che sono alla base della nostra storia e della nostra cultura.

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o L’emigrazione sia interna che esterna, in origine di tipo stagionale, nel XX secolo si trasforma anche in stanziale e, in molti casi diventa definitiva. Il cordone ombelicale con il proprio paese di origine tuttavia non viene reciso anzi, in alcuni casi, si consolida battezzando i figli, nati altrove, presso il proprio fonte natio e frequentemente, anche chi è emigrato in modo definitivo, quando decede, si fa inumare nel camposanto dove riposano i suoi avi.

o L’effetto delle Leggi Razziali del 1938 fa capolino nella registrazione del matrimonio tra Lucio Valent ed Antonia Clara Zamolo (24.02.1940) che vengono dichiarati entrambi “di razza ariana e cittadinanza italiana” (cod. F 1934 – Portis Reg. Matrim.9 – pag 48 N° 48) e ciò ben prima del 1943 e dell’occupazione tedesca.

o Dall’analisi delle date di nascita, morte ed a volte di matrimonio appare una ripetuta ma misteriosa simmetria, ovvero gli eventi accadono a distanza di anni nello stesso giorno (es. nascita il giorno 13 e morte il 13) o nel medesimo mese (es. nascita in gennaio

e morte in gennaio).

Gradi di parentela: 1. nella linea retta il grado si calcola contando le persone fino allo stipite comune, senza contare il

capostipite; 2. nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti sino allo

stipite comune (da escludere) e da questo discendendo all’altro parente.

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Curiosità storiche I sacerdoti generalmente erano i soli soggetti alfabetizzati di una comunità e svolgevano perciò anche la funzione di cronisti della loro epoca riportando “a futura memoria” gli

accadimenti particolari o degni di nota. La collocazione di queste annotazioni appare diversa e singolare, apparentemente legata alle due componenti dell’essere umano: anima e corpo. Ciò che l’uomo alla sua morte deve abbandonare, non può portare con sé nell’aldilà, le cose del “corpo”, ciò che non ha avuto in proprietà ma soltanto in temporaneo possesso, ciò di cui è stato protagonista oppure soltanto - e forse ignaro - testimone, venivano registrate sul libro dei morti quasi ad evidenziarne la caducità e sancirne la separazione. La fondazione o la benedizione di una nuova chiesa invece era assimilata alle cose “dell’anima”, alla rinascita battesimale, era un lascito ai posteri ed un auspicio e quindi veniva segnata sul libro dei battesimi.

14.03.1605: funerale del papa Clemente VIII, il cui pontificato fu adombrato dalle vicende di Giordano Bruno e Beatrice, Lucrezia e Giacomo Cenci. (Venzone – Morti 1° Reg.)

30.06.1611 – ore 22: Giobatta Voraio, sacerdote di 29 anni, fu trucidato alle ore 22 presso la casa di Odorico Polli da Giuseppe e Leonardo Fadi. (Venzone – Morti 1° Reg.)

25.01.1638: a Pioverno andarono a fuoco 4 case, ad uno “Michul” non restarono neppure gli stracci per coprirsi. (Venzone – Morti 2° Reg.)

27.05.1824: Giobatta Valent ( I 671) f. di Giovanni ed i capi famiglia di Pioverno si impegnano a pagare il sacerdote per l’insegnamento della dottrina nel loro borgo.

Domenica 10.11.1851: alluvione del Fella. “Buona parte dei ponti sopra Dogna franarono ed il legname ostruì e ruppe i ponti” (a valle?). Nella Parrocchia di Dogna morirono 13 persone. (Portis - Morti 7° Reg.)

07.08.1855: primo caso di morte per colera a Portis. Si trattava di Canciano Zamolo f. di Nicolò “Sat” e Caterina Pascolo f. di Canciano. Fu sepolto di notte senza le consuete cerimonie. (Portis – Morti 7° Reg.)

14.09.1855: don Felice Tavoschi di Comeglians, parroco di Venzone, morì di colera. (Portis – Morti 7° Reg.)

01.09.1859: don Pasquale Della Stua, Arciprete di Moggio, su mandato della Curia Arciv., benedisse il nuovo cimitero di Portis. (Portis – Morti 7° Reg.)

03.03.1863: Mons. Baldassarre De Giudici, ex Curato di Portis ed effettivo Canonico dell’insigne Collegiata di Cividale, su delega della Curia Arciv., sede vacante, benedì e pose la prima pietra della nuova parrocchiale di Portis. (Portis – Battesimi 7° Reg.)

27.02.1876, domenica: don Pasquale Della Stua, Canonico Udinese, abate di Moggio, benedì la nuova Chiesa di Portis ed ufficiò il primo rito sacro. (Portis – Battesimi 7° Reg.)

12.03.1876: l’Arciv. di Udine Andrea Casasola consacrò la nuova chiesa di Portis ed assegnò, per la ricorrenza del rito, la 2^ domenica dopo Pasqua. (Portis – Battesimi 7°

Reg.)

Agli ultimi di gennaio 1878 partirono per l’America: - Pietro Bellina f. di Pietro “Cromazio” di 36 anni, ammogliato; - Andrea Limerutti f. di Carlo “Scaiole” di 31 anni, vedovo. (Portis – Morti 7° Reg.)

Alla fine di gennaio 1879 Lucia Foraboschi fu Daniele, 22 anni, di Moggio, seguì il marito Pietro Bellina in America. (Portis – Morti 7° Reg.)

1885: i capi famiglia di Pioverno si impegnano a corrispondere al sacerdote per l’insegnamento della dottrina da farsi nel loro borgo quanto convenuto nell’ultimo contratto del 1883.

26.01.1928: inaugurazione della Chiesa dei Piani di Portis dedicata a S. Pietro Apostolo.

01.06.1943. presso l’Ist. Rizzoli di Bologna morì Arturo Clapiz f. di Leonardo ed Olivia Piva, Sergente Maggiore Artiglieria Julia di 30 anni, ferito sul fronte Russo - primo caduto di Portis nella 2^ guerra mondiale. (Portis – Morti 8° Reg.)

21.07.1943: l’aviere Vittorio Valent f. di Pietro “Gustinello” e Domenica Valent, di anni 25 circa, morì a Rodi. (Portis – Morti 8° Reg. – pag. 149 N° 15)

04.02.1947: a causa di una forte nevicata si ruppero i cavi dell’alta tensione e quattro persone rimasero fulminate nella neve: Attilio Di Bernardo “Chisse” – Assunta Bulfon – Giacomo Bellina “Verdure” – Matilde Di Bernardo. (Portis – Morti 8° Reg.)

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Franco Valent “Gustinello” mi ha inviato questo ricordo: ”Avevo nove anni e in quel giorno, era di domenica, ero andato da mia nonna Giovanna Valent “Ninai” che abitava con mia zia Angelina Temporal a Portis nell`ultima casa della “stréte de fontane”, di fronte alla casa di Nando. La “stréte” faceva poi una curva a sinistra dove incominciavano gli scalini per andare alla chiesa. Sopra queste case passava l’elettrodotto dell´alta tensione. Era caduta molta neve e, come si apprese molto tempo dopo, a causa della rottura di un isolatore un cavo cadde a terra senza che nessuno si accorgesse e rimase coperto dalla bianca coltre proprio nella curva della “strette”. Le prime persone che passarono, ignare, rimasero fulminate dai 20000 Volt. Io stavo per andare in Chiesa quando sentii gridare. Uscii precipitosamente di casa e vidi una scena agghiacciante: tre persone erano a terra riverse ed una quarta si dimenava tra gli spasmi urlando. La porta di casa distava circa quindici metri ed istintivamente mi diressi verso quella persona che si dibatteva per aiutarla e capire quello che stava succedendo. Avevo fatto appena tre o quattro passi quando mi sentii attratto da una forza immane, caddi a terra scosso da convulsioni, dolore e sussulti in tutto il corpo. Urlavo di terrore. Qualcuno mi afferrò per i piedi e mi recuperò salvandomi. Era Nando che, richiamato dalle grida, immaginò quanto stava succedendo. Sembra un brutto romanzo, morirono 4 persone e mia zia e Nando si salvarono per miracolo. Non credo che i famigliari delle vittime abbiano riscosso alcun indennizzo. Mia zia ebbe sempre il terrore dell’elettricità ed una certa debolezza di cuore, fu perseguitata da incubi anche in età avanzata ed ogni volta che raccontava l’accaduto era scossa dal pianto. „

10.10.1965: Caduti di Portis nella Guerra 1915 ÷ 18 e registrati sulla campana grande di S. Rocco:

1. Bellina Angelo 11. Ferrario Simeone 2. Bolt Giovanni 12. Foraboschi Pietro 3. Bolt Antonio 13. Goi Massimo 4. Di Bernardo Lodovico 14. Limerutti Giovanni 5. “ “ Domenico 15. Tonussi Valentino 6. “ “ Italico 16. Treu Pietro 7. “ “ Leonardo 17. Zamolo Francesco 8. “ “ Taddeo 18. “ Giobatta 9. “ “ Guerrino 19. “ Pietro 10. De Michielis Antonio 20. “ Pietro

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Prezzi granaglie Alcune delle tabelle sotto riportate rappresentano una vera rarità e costituiscono uno strumento prezioso per l’analisi storica e statistica della vita nel nostro territorio. Prezzo medio al 30.06.1628 a Udine (già fortemente influenzato dalla grande carestia dell’epoca) – Archivio Comun. BCU, b 242 (*)

Frumento Segala Avena Sorgo turco Miglio Saraceno Sorgo rosso Fava

£ / Staio 19 15 10 12 12 10 8 14

Lo staio friulano corrispondeva a 73,16 litri e si divideva in 6 persenali. La conversione tra unità di volume ed unità di peso per il frumento seguiva questa regola: 1 staio = 120 libbre grosse x 477 g/cad. = 57,24 Kg. Venzone, [Reg. Morti 2 (05.02.1618 ÷ 24.11.1641). pag. 85, N° 78] – Mercoledì 05.06.1629 (1) Il sacerdote Claudio Voraio, ammalato con “febbre e petecchie” raccontò la grandissima carestia che colpì il paese in quel tempo. Era in corso la guerra del Monferrato con la discesa del Re di Francia in soccorso del Duca di Mantova ed era anche l’epoca della peste descritta da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”. Per documentare la gravità della situazione don Voraio registrò i prezzi astronomici che, a causa della carestia e della peste, furono raggiunti dalle granaglie e dai fagioli. La popolazione, non avendo i mezzi per comperare il cibo, si nutriva di crusca e ghiande e moriva, forse anche per costipazione, cadendo in strada. I morti furono 26 in giugno, 20 in luglio, 13 in agosto e don Voraio a causa delle sue precarie condizioni di salute si sottrasse alla consueta e puntuale registrazione dei decessi limitandosi ad elencare semplicemente i nomi delle vittime.

Frumento Segala Sorgo turco Miglio Saraceno Sorgo rosso Fava Fagioli

£ / Staio 50 ÷ 60 36 ÷ 40 35 ÷ 40 27 ÷37 24 > 20 ÷ 24 33 > 33

Prezzi pagati nel 1671 dagli arciducali (Relaz. di Francesco Grimani Provveditore Generale della Patria del Friuli e Governatore di Palma)

Frumento Vino

Soldi / Staio 16 Soldi / conza 21 Conzo = 77,98 litri

Polesine. Prezzi del 1699

Frumento Segala Miglio Orzo Legumi

£ / Staio 4 3 2 2 3

Prezzi di Mediocrità rilevati sulla piazza di Udine: (da archivio di S. Margherita del Gruagno)

Anno Frumento Segala Avena Sorgo Turco Miglio Sorgo rosso Orzo pil. Orzo dec. Fagioli Vino

1848 16,49 10,1 10,43 10,48 6,02 20,27 9,14 15,13 15,54

1849 13,89 9,13 9,18 7,7 4,2 15,9 9,61 9,95 15,04

1850 13,15 9,22 8,73 8,49 5,09 14,02 8,37 8,2 16,54

1851 13,29 8,75 9,03 9,33 6,04 13,18 7,07 10,53 33,08

1852 14,93 10,15 8,19 9,62 5,78 13,53 7,25 9,04 36,19

1853 21,8 14,3 11,66 16,21 7,18 26,38 12,9 21,02 58,67

1854 22,16 15,45 9,8 17,81 6,88 21,58 10,82 15,6 70

1855 22,49 15,1 11,62 11,25 5,26 20,61 10,58 13,32 72,5

1856 20,6 12,06 10,78 11,13 6,76 21,57 11,07 14,46 46,76

1857 16,9 9

1858 14 9

1859 16 9

1860 14,25 9,24 15,2

L’unità di misura non è espressa

================================= (*) Bibliografia: Alessio Fornasin – “Il mercato dei grani di Udine. Indagine per una storia dei prezzi in Friuli (se. XVI ÷ XVIII)”.

(1) Questa annotazione attesta che in quell’anno vi fu forse una pandemia di tifo petecchiale oppure che la peste si era diffusa in Friuli già nel 1629 contrariamente a quanto Giuseppe Marchetti in “Friuli. Uomini e tempi” nella biografia di Ciro di Pers scriveva: «Nel 1631penetrava in Friuli la peste bubbonica che fino all’anno prima aveva desolato Milano, come si legge nei “Promessi Sposi„, e turbe di lupi affamati discesero dai monti seminando stragi nei paesi: Ciro di Pers cantò in rima quegli orrori, allargando il suo poetico lutto a tutta l’Italia.» Altre fonti attestano che il Friuli, negli anni 1629 e 1630 fu colpito da una terribile carestia, le febbri malariche falcidiarono la popolazione e l’epizoozia provocò la morte di moltissimi animali. Ad Udine affluirono torme di affamati e molti perirono per inazione. La fuga contagiò tutti e molti friulani ripararono anche a Venezia tanto che i veneziani chiamarono il 1629 «l’anno dei furlani».

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Consiglio dell’Economia provinciale di Udine – Prezzi medi all’ettolitro ed al quintale del decennio 1918 ÷ 1927 (Legge 11 giugno 1925 N° 998: (da archivio di S. Margherita del Gruagno)

Anno Frumento Segala Avena Granoturco Sorgo rosso Vino

£ / hl £ / q £ / hl £ / q £ / hl £/ q £ / hl £ / q £ / hl £ / q £ / hl

1918 45,31 60,00 36,76 50,00 20,31 45,00 32,51 45,00 20,00 40,00 120

1919 65,14 86,25 52,43 71,30 29,07 64,40 46,53 64,40 20,00 40,00 120

1920 86,09 114 67,65 92,00 36,56 80,00 65,03 90,00 23,75 47,50 255

1921 96,25 127,45 68,25 92,82 38,40 82,84 61,20 34,70 33,33 66,66 219

1922 88,00 115,20 72,12 98,08 45,05 99,57 84,33 116,70 27,18 54,37 174

1923 75,59 100,00 61,71 83,92 37,17 82,32 69,80 96,59 24,60 49,20 155

1924 86,71 114,82 64,64 85,18 41,38 91,65 64,68 89,51 28,43 56,86 155

1925 126,70 167,63 107,37 146,02 58,76 130,15 79,91 110,58 32,95 65,90 160

1926 135,62 179,58 92,61 129,09 57,04 126,33 80,10 110,84 30,46 60,92 194,75

1927 99,45 131,68 74,56 101,395 45,17 100,055 59,15 81,86 26,03 52,006 170,7

1928 100,94 170

1929 94,15 63,44 41,16 76,76 25,3 159,08

Media 90,48 119,66 69,81 94,68 40,89 90,23 64,32 89,018 26,673 53,341 172,345

Tabella di conguaglio tra il peso e la misura dei cereali: Frumento: 1 hl = Kg 75,725 - Granoturco: 1 hl = Kg 75,265 - Avena: 1 hl = Kg 45,150 c.a - Segala: 1 hl = Kg 73,535 Sorgo rosso: 1 hl = Kg 50 c.a

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BIBLIOGRAFIA GENERALE Venzone: Battesimi Libro 1 e 2 + 4 frammenti 03.02.1551 ÷ 1750 “ 3 04.01.1594 ÷ 30.04.1608 “ 4 03.05.1608 ÷ 03.02.1642 “ 5 1633 ÷ 1658 (per famiglia) “ 6 1573 ÷ 1612 (per famiglia) “ 7 26.04.1712 ÷ 21.01.1743 (nessun Valent) “ 8 31.01.1743 ÷ 14.03.1767 “ 9 19.03.1767 ÷ 27.12.1794 “ 10 1795 ÷ 1819 (per famiglia) “ 11 1819 ÷ 1833 (per famiglia) “ 12 21.03.1837 ÷ 01.06.1857 “ 13 1859 ÷ 1886 “ 14 1887 ÷ 1900 “ 15 1901 ÷ 1910 “ 16 1911 ÷ 1920 “ 17 1921 ÷ 1939 “ 18 1939 ÷ 1950 “ 19 1951 ÷ 1979 “ 20 1980 ÷ 2003 Reg. Nascite 1 1816 ÷ 1820 “ “ 2 1824 ÷ 1832 “ “ 3 1833 ÷ 1840 “ “ 4 1840 ÷ 1847 “ “ 5 30.05.1847 ÷ 30.08.1852 “ “ 6 27.08.1852 ÷ 1857 “ “ 7 01.01.1857 ÷ 13.12.1865 “ “ 8 01.01.1866 ÷ 1871 “ “ 9 01.09.1871 ÷ 1878 Matrimoni Libro I e II 1626 ÷ 1750 Libro III e IV 25.04.1594 ÷ 27.01.1642 (nessun Valent) “ V 02.03.1642 ÷ 09.02.1712 “ VI 1712 ÷ 1795 “ VII 27.01.1796 ÷ 30.01.1850 “ VIII 15.07.1815 ÷ 15.10.1840 Reg. 9 22.11.1840 ÷ 31.12.1857 “ 3 1858 ÷ 31.08.1871 Libro VIII 1851 ÷ 1900 “ IX 1901 ÷ 1910 “ X 1911 ÷ 1929 “ XI 1930 ÷ 1939 “ XII 1939 ÷ 1949 “ XIII 1950 ÷ 1975 “ XIV 1976 ÷ 1992 Morti Libro 1 1594 ÷ 1618 “ 2 02.1618 ÷ 24.11.1641 “ 3 04.03.1642 ÷ 31.03.1712 (Nessun Valent) “ 4 16.03.1712 ÷ 28.12.1742 “ 5 02.01.1743 ÷ 25.08.1770 “ 6 29.08.1770 ÷ 30.07.1835 “ 7 02.10.1835 ÷ 26.12.1860 “ 8 1861 ÷ 1900 “ 9 1901 ÷ 1910 “ 10 1911 ÷ 1920 “ 11 1921 ÷ 1972 “ 12 1972 ÷ 1993 Registro Anagraf. x N° Civ. 1840 c.a “ 1922 “ 1942

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Pioverno: Battesimi Libro 1 1911 ÷1953 “ 2 1911 ÷ 1948 “ 3 1962 ÷ 1972 (nessun Valent) Matrimoni Libro 1 1962 ÷ Morti Libro 1911 ÷ 1949

Stato Anagraf. della popolazione 1941

Portis: Battesimi Libro 1 1613 ÷ 1628 * “ 2 1652 ÷ 1668 ** “ 3 1668 ÷ 1721 *** “ 4 1722 ÷ 1755 **** “ 5 1755 ÷ 1777 “ 6 1778 ÷ 1826 “ 7 1826 ÷ 1882 “ 8 1883 ÷ 1910 “ 9 1911 ÷ 1952 “ 10 1953 ÷ 2003 I ÷ II 1758 ÷ 1776 III ÷ IV 1759 ÷ 1852 Matrimoni Libro 2 1650 ÷ 1666 vedi ** “ 3 1666 ÷ 1722 vedi *** “ 4 1722 ÷ 1735 vedi **** “ 5 1757 ÷ 1776 “ 6 1778 ÷ 1825 “ 7 1826 ÷ 1910 “ 8 1911 ÷ 1929 “ 9 1929 ÷ 1963 “ 10 1963 ÷ 2007 Morti Libro 1 1602 ÷ 1630 vedi * “ 2 1650 ÷ 1666 vedi ** “ 3 1666 ÷ 1722 vedi *** “ 4 - “ 5 1755 ÷ 1776 “ 6 1778 ÷ 1826 “ 7 1826 ÷ 1910 “ 8 1911 ÷ 1961 “ 9 1962 ÷ 1997

N.B.: I primi 4 libri di Battesimo di Portis, contrassegnati da asterischi, contengono anche le registrazioni dei matrimoni e dei morti.