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All’Interno NEWS: MBE curiosità da Verona | 2014 vs 2013 Chi vende più moto e scooter in Italia | M. Clarke Valvole radiali, diametrali, oppure? | N. Cereghini Campioni e tasse, ahi ahi | SBK: I test precampionato di Portimao e Jerez Numero 183 27 Gennaio 2015 75 Pagine Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Special BMW R nineT by Moto Sumisura presentata al Motor Bike Expo Aspettando DopoGP Marco Melandri “Volevo la SBK, ma sono cambiati i programmi” Novità Honda RC213V-S andrà in vendita quest’anno | PROVA CROSSOVER | KAWASAKI VERSYS 1000 da Pag. 2 a Pag. 17

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All’InternoNEWS: MBE curiosità da Verona | 2014 vs 2013 Chi vende più moto e scooter in Italia | M. Clarke Valvole radiali, diametrali, oppure? | N. Cereghini Campioni e tasse, ahi ahi | SBK: I test precampionato di Portimao e Jerez

Numero 18327 Gennaio 2015

75 Pagine

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SpecialBMW R nineT by Moto Sumisura presentata al Motor Bike Expo

Aspettando DopoGP Marco Melandri “Volevo la SBK, ma sono cambiati i programmi”

NovitàHonda RC213V-S andrà in vendita quest’anno

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KAWASAKI VERSYS 1000

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MISSIONE COMPIUTALa maxi crossover di Akashi si rinnova nell’estetica e cambia ancora di più sottopelle. E’ veloce, comoda, efficace e finalmente belladi Edoardo LicciardelloFoto James Wright & Ula Serra i Prats

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Kawasaki Versys 1000 ABS Prezzo 12.290 €PREGI Comfort e motore DIFETTI Vibrazioni a 7.000 giri

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L o ammettiamo: quando abbiamo visto per la prima volta la Kawa-saki Versys, ad EICMA 2011, sia-mo rimasti molto perplessi. Un po’ perché lo schema tecnico a quattro cilindri era una scelta di

rottura assoluta ed apparentemente illogica per le maxienduro/crossover, un po’ perché l’esteti-ca non era esattamente allineata ai canoni tradi-zionali dei mercati di noi sud-europei. Se il primo fattore di perplessità si è dissolto come neve al sole al primo contatto, il secondo è rimasto ed è stato evidentemente condiviso con il merca-to, che non ha premiato la Versys 1000 quanto avrebbe meritato per sostanza ed equilibrio. Kawasaki è corsa ai ripari con grande prontez-za, conscia dell’importanza del segmento, e ad Intermot 2014 ha svelato una Versys ben più

accattivante esteticamente, promettendo una maggior efficacia nell’uso turistico e – con qual-che ritocco sottopelle – qualcosa in più anche nell’impiego sportivo.

Ritocchi esteticiIniziamo dall’estetica: Kawasaki, nel creare la so-rella maggiore della famiglia Versys, ha lavorato pesantemente di bisturi su cupolino e fianchetti determinando una linea molto diversa e decisa-mente più piacevole di quella precedente anche se certo meno personale Qualcuno ha suggerito qualche somiglianza a proposte della concorren-za, ma restiamo convinti che la Versys, fin dal primo sguardo, sia identificabile senza dubbio come una Kawasaki. E pensiamo che difficilmen-te il pubblico europeo possa ritenerla meno ac-cattivante della precedente. Il nuovo cupolino,

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con il gruppo ottico orizzontale invece che ver-ticale, è più protettivo, efficiente aerodinamica-mente e studiato per creare deportanza alle alte velocità migliorando la stabilità della Versys. Il Plexiglass è regolabile in altezza (da 30 a 65mm – purtroppo è però necessario fermarsi per agire sui manettini di regolazione) per cucirsi addosso il livello di protezione desiderata a seconda del momento. Migliora anche il comfort in sella gra-zie ad un imbottitura in materiale diverso e più sostanzioso. La ciclistica (sempre incentrata su un telaio a doppio trave in alluminio, su cui però sono cambiati gli attacchi motore per smorzare le vibrazioni) cambia con diverse tarature delle sospensioni, con il monoammortizzatore poste-riore a schema Horizontal Back-Link ora dotato di una nuova molla più rigida e registro remoto per il precarico. La forcella Kayaba a regolazio-ni separate sui due steli, anch’essa modificata nella taratura, ha ricevuto come la sorella mino-re gambali più estesi che migliorano la rigidità

dell’avantreno. Con l’irrobustimento del telaiet-to reggisella – ritenuto necessario per gestire il maggior carico del trittico di valige – sono stati sostituiti i cerchi da 17 pollici con unità più resi-stenti, che per l’occasione calzano diversi pneu-matici di primo equipaggiamento, i Bridgestone T30, a sottolineare il totale abbandono di ambi-zioni fuoristradistiche da parte della Versys. In termini di dotazione vale la pena di sottolineare l’arrivo della frizione antisaltellamento Assist & Slipper, dotata di doppia camma con un’unità a profilo addolcito per alleggerire lo stacco (ora bastano tre molle spingidisco invece di cinque) senza compromettere la capacità di trasmettere la potenza generata dal motore, e l’adozione già nell’allestimento di serie del cavalletto centra-le – decisione che assieme all’irrigidimento del telaietto reggisella porta purtroppo ad un au-mento del peso. Modifiche anche in tema d’im-pianto frenante, con l’arrivo dell’ABS a due cana-li Bosch 9.1 che lavora con dischi da 310 mm e

pastiglie decisamente più aggressive di deriva-zione Z1000. Il propulsore non aveva un gran bisogno di ritocchi bisogno di ritocchi: si tratta dell’unità a quattro cilindri con distribuzione bial-bero plurivalvole già utilizzata sulla precedente versione della naked Z1000 ma profondamente modificata per adattarne l’erogazione all’uso specifico. Già che c’erano (e senza fare troppo rumore) i tecnici Kawasaki hanno apportato profondi cambiamenti a livello di cilindri, teste, iniettori e filtro. Il risultato è un passaggio della potenza massima da 118 a 120 cavalli a 9.000 giri riducendo i consumi del 5% ed adeguando in anticipo il propulsore alla normativa Euro-4. Invariata infine la dotazione elettronica già completa: la Versys 1000 consente di sceglie-re se utilizzare la potenza piena (mappatura Full) o ridotta al 75% (mappa Low) attraverso il

controllo dei corpi farfallati secondari e una va-riazione della fasatura d’accensione. Resta in-fatti anche l’alimentazione a doppia farfalla: alla valvola principale controllata direttamente dal pilota attraverso il comando a cavo se ne affian-ca infatti una seconda gestita completamente dalla centralina. Lo schema, che migliora l’effi-cienza della combustione a tutti i regimi, riesce a coniugare elevata potenza con dolcezza del-la risposta. Il cruscotto, direttamente derivato dall’unità in uso sulla “vecchia” Z1000SX, è do-tato di indicatore di economia della guida. La ca-valleria viene comunque imbrigliata dal sistema di controllo trazione K-TRC – direttamente deri-vato da quello utilizzato sulla superbike ZX-10R – a tre livelli di intervento. In risposta alle richie-ste degli utenti, Versys 1000 ha infine aumenta-to la sua capacità di carico grazie ad un telaietto

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reggisella rinforzato, unità che ora integra il nuo-vo sistema di valige con apertura monochiave. Ampliata anche la disponibilità di accessori: oltre alle già citate valigie (Kawasaki offre il trittico la-terali + bauletto, per una capienza totale di 103 litri) in tinta, gli amanti della Versys troveranno diversi optional studiati per migliorare comfort e sicurezza soprattutto nell’uso turistico. Da se-gnalare i fendinebbia a LED montati in zona ante-riore, il lucchetto per il casco e l’indicatore della marcia inserita.

Al primo contattoGià dal primo sguardo la Versys 1000 suscita un compiaciuto “finalmente!”, perché se la vali-dità del vecchio modello non trovava purtroppo riscontro nell’aspetto estetico, ora l’apparenza va di pari passo con la sostanza. Come per la

sorella minore troviamo più riuscite le livree bi-colore, che movimentano e slanciano la vista laterale, ma l’eleganza delle tinte unite e la… kawasakità dell’arancione hanno un loro innega-bile fascino. Le finiture sono irreprensibili prati-camente ovunque, fatto salvo per i comandi dei faretti e delle manopole riscaldate optional, che mantengono un aspetto posticcio e stonato in un quadro di grande qualità. Citiamo per dovere di cronaca i registri della forcella poco accessibili e il comando a cavo della frizione poco in tono con una moto di questa levatura, ma come ve-dremo successivamente si tratta di annotazioni che trovano scarso riscontro nella pratica. La strumentazione è chiara e leggibile, e i comandi al manubrio piacevoli al tatto. Il motore, pronto all’avviamento, si sveglia con un ringhio sornio-ne gradevole che promette meraviglie; tiriamo la

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frizione e restiamo basiti per la sua leggerezza. Lo stacco è morbido e preciso, senza strappi, e la dolcezza dell’erogazione – siamo in mappa Low – fa il resto: ci districhiamo nel traffico mattutino con facilità, grazie ad un motore di una pulizia, vigore e progressività rare. La posizione di guida, rialzata e rilassata, offre la peculiarità di un ma-nubrio più basso della media della categoria – a metà fra una adventure e una naked – dalla piega ed ampiezza molto naturali. Una doverosa pre-messa: la nostra prova ha avuto inizio in una di quelle giornate in cui si vorrebbe restare a letto, con una pioggia torrenziale che si è trasforma-ta in nebbia e nevischio con temperature vicine allo zero al salire verso l’Etna. Provare la Versys 1000 in queste condizioni potrebbe sembrare inutile, ma trattandosi di una moto dalla voca-zione tanto sportiva quanto turistica lo riteniamo

la sostanza è di ottimo livello. L’elettronica, pe-raltro, si è dimostrata davvero a punto; il control-lo di trazione, impostato sul livello più conserva-tivo, è entrato in azione più volte permettendoci di restare in piedi anche sui micidiali, scivolosis-simi lastricati dei paesi alle pendici dell’Etna.

Guida da sportivaFortunatamente il meteo ci ha dato tregua, per-mettendoci di assaggiare anche le potenziali-tà dinamiche della Versys 1000. La qualità che colpisce maggiormente è l’equilibrio generale della moto. Il motore è un vero gioiello, soprat-tutto quando si può sfruttare la mappa a poten-za piena: regolare e pulitissimo anche a regimi a tre cifre, si irrobustisce rapidamente e si esi-bisce in una spinta dolce ma sempre più vigo-rosa, accompagnato da un vigoroso ruggito di

aspirazione che cede il passo all’urlo allo scarico quando si esplorano le zone alte del contagiri. I centoventi cavalli non intimidiscono ma si sento-no tutti, anche se percepire la differenza rispetto al propulsore precedente in termini di potenza massima è compito da riservare ad un banco prova. Ben più facile notare invece l’abbattimen-to delle vibrazioni, principale difetto del modello precedente. Come per la sorella minore, non se ne trova più traccia su manubrio e pedane, men-tre resta purtroppo un fastidioso picco attorno ai 7.000 giri, sensibile soprattutto in rilascio e a gas costante. Il problema è però ampiamente tolle-rabile, un po’ perché in accelerazione il regime critico si supera in un batter d’occhi, ma anche e soprattutto perché affligge praticamente solo la guida sportiva, dove il gusto supera decisamen-te il fastidio per il problema. In autostrada, nel

invece estremamente probante. La Kawasaki ne è uscita a pieni voti; la protezione si è rivelata di ottimo livello, soprattutto con il plexiglass nella posizione più elevata. Il corpo resta quasi com-pletamente coperto, e la protezione delle gambe che ha del soprannaturale. Le valige (che con-tengono agevolmente un casco integrale, anche quelli di estrazione fuoristradistica con frontino) hanno mostrato una tenuta all’acqua pressoché totale – attenzione solo al corretto posiziona-mento delle guarnizioni, che possono spostarsi nei continui apri/chiudi. E’ però la confidenza offerta da motore e ciclistica a colpire maggior-mente: anche in condizioni davvero impegnative la Versys si è rivelata sincera e capace di istillare fiducia e serenità al pilota. Quando una moto del peso e della potenza della Versys si guida tanto bene anche in situazioni del genere è segno che

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rapporto più alto la velocità massima prescritta dal codice porta il motore a girare a 5.000 giri, e per arrivare ai 7.000 di cui sopra bisogna es-sere disposti a rischiare la patente. Tutto que-sto ben di dio motoristico trova riscontro in una ciclistica davvero riuscita. La massa, rilevante sulla bilancia, sembra perdere almeno 50 kg una volta in movimento. Merito dei freni, capaci ora di fermare la Versys anche quando si fa sul se-rio, ma anche e soprattutto di quote azzeccate e di una taratura delle sospensioni praticamente perfetta, che praticamente nessuno vorrà modi-ficare al netto dell’adeguamento del precarico alla presenza di bagagli o passeggero e che non fa rimpiangere (troppo) la mancanza di unità ad assistenza elettronica. Neutra, precisa e relati-vamente agile considerate le masse in gioco, la Versys si presta di buon grado alla sparata sul

misto, dove crediamo possa diventare una gran brutta cliente per diverse rivali anche più blaso-nate. Il tutto pur restando comoda e conforte-vole, quasi riposante (la sella accoglie a meravi-glia tanto il pilota quanto il passeggero) nell’uso disimpegnato e nel turismo ad ampio raggio. A questo proposito, vale la pena di segnalare un consumo medio durante la nostra prova attorno ai 6 litri per 100 chilometri, ma, come già detto per la sorella minore, non sarà difficile ottenere risultati migliori.

Tirando le sommeLa Kawasaki Versys 1000 è migliorata sotto tut-ti gli aspetti. Al di là di quanto modestamente dichiarato dai tecnici giapponesi, al netto di al-cune raffinatezze tecniche e di una manciata di cavalli – fattori che hanno sicuramente un loro

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peso, ma che non su tutti apprezzano allo stesso modo – non troviamo né fuori luogo né impari il confronto sul piano funzionale e prestazionale con la concorrenza europea. La nuova Versys è una moto molto riuscita: protettiva, funzionale, divertente e prestazionale, e capace soprattutto di infondere tanta sicurezza e confidenza al suo pilota. I già pochi difetti della versione preceden-te sono stati eliminati o comunque fortemente smussati. La Versys 1000 è già disponibile nelle colorazioni Candy Burnt Orange/Metallic Spark Black, Pearl Stardust White/Metallic Spark Black, Flat Ebony/Metallic Spark Black ad un prezzo di 12.290 euro franco concessionario. Una quotazione sicuramente competitiva, che però sale sensibilmente negli allestimenti Tou-rer+ e Grand Tourer. Analogamente a quanto avviene per la sorella da 650 centimetri cubici, l’allestimento Tourer+ comprende il set di va-lige con borse interne, i paramani neri, i faretti supplementari, l’indicatore del rapporto inseri-to e la protezione adesiva sul serbatoio e viene proposta ad un prezzo di 13.680 Euro, offrendo un risparmio di 260 euro rispetto all’acquisto separato dei singoli accessori. La Grand Tourer aggiunge a quanto sopra il bauletto V47 con rela-tiva borsa interna e la presa 12v e costerà 14.280 euro, per un risparmio di 370 euro. Una cifra non certo esagerata considerando l’allestimento del mezzo, ma che pur in un contesto di superiore dotazione la porta un po’ troppo vicino alle ver-sioni base delle concorrenti europee. Prima di decidere, però, dateci retta: provatela...

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Casco AGV AX-8 Dual EvoGiacca Clover CrossoverPantaloni Clover Voyager WPStivali TCXGuanti Ixon

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OKawasaki Versys 1000 ABS 12.290 euro

Tempi: 4Cilindri: 4Cilindrata: 1043 ccDisposizione cilindri: in linea, trasversaleRaffreddamento: a liquidoAvviamento: EPotenza: 120 cv (88.2 kW) / 9000 giriCoppia: 10.4 kgm (102 Nm) / 7500 giriMarce: 6, cambio meccanicoFreni: DD/D Misure freni: 310/250 mmMisure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’Normativa antinquinamento: Euro 3Lunghezza: 2240 mmLarghezza: 895 mmAltezza sella: 1400 mmCapacità serbatoio: 21 lSegmento: Turismo

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HONDA RC213V-SIN VENDITA QUEST’ANNOdi Maurizio Gissi | Nei giorni scorsi sono circolate voci sul presunto prezzo della V4 ispirata alla MotoGP Open di casa Honda. La notizia è però un’altra

L a Honda RC213V-S, addomesticata versione street legal della V4 schierata nel campionato MotoGP, è stata una delle vedette dell’ultima Eicma. Presen-

tata in veste di prototipo, ha fatto colpo perché per la prima volta Honda ha deciso di produrre la replica di una moto da gran premio. Molto più fe-dele ai modelli da gara di quanto ha fatto in pre-cedenza, a partire dalla tranquilla NS400R del 1984 per arrivare alla RC45 da superbike di dieci anni dopo, perché la moto vista a Milano era di fatto una RCV1000R dotata di fari e scarico ca-talizzato . Ovvero la versione omologabile della moto che ha debuttato l’anno scorso in MotoGP nella categoria Open e che ha un costo di un mi-lione di euro. Considerato il pregio della base di partenza è perciò normale chiedersi quanto cara potrebbe essere la moto di serie. Al Salone si è parlato di un prezzo ipotetico, e non ufficiale, oltre centomila euro. Poi più nulla fino a inizio gennaio, alla pubblicazione di un articolo sul sito giapponese The Asahi Shimbun che ha indicato con certezza un prezzo di vendita di 20 milioni di yen, pari a qualcosa meno di 150mila euro. Nes-suna conferma è arrivata dalla HRC come dalla Honda ma la cifra ha fatto il giro del mondo. La notizia interessante è piuttosto che Honda ha

effettivamente pianificato l’entrata in produzio-ne della RC213V-S nella seconda metà dell’an-no, entro l’estate per l’esattezza. La moto sarà costruita dalla HRC (come capitato raramente in precedenza per alcuni modelli non da corsa, vedi la NR750 che è stata costruita in 320 esemplari e venduta al corrispettivo di 80.000 euro attuali) e la vendita non avverrà attraverso i tradizionali canali distributivi. Per il prezzo dovremo quindi aspettare ancora un po’ di tempo. Prezzo che dipenderà natural-mente da quali componenti saranno scelte, per la ciclistica e non solo, da quali materiali verran-no impiegati nel motore (anche in relazione alla potenza che Honda vorrà rendere disponibile), dal tipo di elettronica utilizzata e, non ultimo, da quante moto Honda ha pianificato di produrre. L’aver presentato la moto in veste di prototipo ha dato modo di misurare le reazioni del pubbli-co e le attese dei vari mercati potendo ritarare il pacchetto offerto. La Ducati Desmosedici RR, la prima MotoGP re-plica, è stata prodotta fra il 2007 e il 2008. Ven-duta al prezzo di 60.000 euro e in circa 1.500 esemplari ha generato ricavi prossimi ai 90 mi-lioni di euro. Un buon affare, non soltanto a favo-re dell’immagine di marca.

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BMW R NINET BY MOTO SUMISURA AL MOTOR BIKE EXPOdi Andrea Perfetti | A Verona è stata svelata la R nineT realizzata da Frank Augello per Alessandra Soresina. Un’opera d’arte che si ispira alla mitica R32 del 1923

A Verona è stata svelata la spettacola-re BMW R 1200 nineT realizzata da Frank Augello di Moto Sumisura per la biologa e documentarista milanese,

Alessandra Soresina. La fantastica special è sta-ta svelata oggi al Motor Bike Expo di Verona da Frank Augello e Ola Stenegard, che ha posto la sua firma sul design di molte moto bavaresi (R nineT e S1000RR, giusto per citarne un paio). La moto di Frank si è ispirata in modo evidente alla mitica BMW R32 del 1923, la prima moto re-alizzata a Monaco di Baviera col marchio BMW. In particolare il bellissimo serbatoio della nineT

Sumisura ha un design molto vicino a quello del-la sua nobile antenata. Tutta la special è stata realizzata interamente a mano da Frank. Il ser-batoio è posto sotto la sella e contiene 8,5 litri di benzina. Le manopole sono di metallo (come tutta la moto, da cui è bandita la plastica) e ri-chiamano i bracciali di Alessandra. Il manubrio è in ergal ricavato dal pieno, così come molti altri dettagli. Pensiamo alle luci posteriori. Il faro an-teriore è invece realizzato lavorando a mando la testa di una moto a 2 valvole. La strumentazione originale è ospitata all’interno di un grande gu-scio in alluminio, ovviamente ricavato dal pieno.

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Subito dopo il disvelo abbiamo intervistato Ola Stenegard, capo del design di BMW Motorrad. Inevitabile chiedergli cosa ne pensa della NineT Sumisura di Frank Augello; sotto il video trovate la traduzione in italiano. «Onestamente prima di oggi non sapevo cosa aspettarmi, perché Sumi-sura ha tante frecce al suo arco, ma quando l’ha svelata si è rivelata una moto come solo lui può fare» ha commentato Stenegard. «Ha tutti i suoi marchi di fabbrica, c’è tantissimo lavoro in ogni dettaglio, e di ciascuno vi può raccontare la sto-ria: cosa lo ha ispirato nel fare i supporti dei por-tanumero, perché ha scelto di fare quei pezzi in ottone, perché la finitura grezza del serbatoio. E’ davvero affascinante parlare con lui, perché ha un approccio personale alla customizzazione; ho incontrato Frank un paio di volte, la prima volta proprio qui a Verona, credo. C’è una grande sen-sibilità nelle sue moto, come ho detto prima ogni parte ha una storia un’idea un’ispirazione. E’ come se scrivesse una poesia su acciaio, allumi-nio, ottone, legno e la traducesse in quest’opera d’arte su ruote. Quando ho visto la moto finita ho

capito che aveva avuto un approccio completa-mente diverso da quello che mi immaginavo. Le lavorazioni sono splendide dappertutto. Si vede che ha impegnato molto tempo su ogni detta-glio. Ed è anche la prima volta che ho visto parti ricavate di macchina su una sua special. Credo che comunque riassuma nella sua essenza molte delle storie raccontate da Alessandra. Ha un cer-to feeling africano, riesco a riconoscere tratti di artigianato tunisino, marocchino, le lavorazioni di ottone e acciaio che si ritrovano nella moto, il che è molto bello». Frank ha speso giorni di lavoro manuale certosi-no, scelto i migliori material per realizzare la sua R nine Sumisura. Il risultato è la perfetta sintesi di passato, presente e futuro di BMW. Il tutto è sta-to rivisto alla luce dell’esperienza professionale di Alessandra Soresina. Nei prossimi giorni tro-vete sempre su Moto.it il video dedicato a questa incredibile Special. A lei abbiamo dedicato i video che raccontano la storia di Frank e Alessandra, il loro incontro e la nascita del progetto R nineT by Sumisura.

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DUCATI SCRAMBLER A MOTOR BIKE EXPO CON TRE SPECIALUna delle moto più attese della stagione è stata esposta anche a Verona, assieme a tre interessanti rivisitazioni di altrettanti importanti customizer

U na sorpresa firmata Ducati ha atte-so i visitatori a Verona. Assieme alla Scrambler di serie, a Borgo Panigale hanno deciso di presentare le prime

tre versioni Special realizzate da tre importanti customizer. Deus Ex Machina, Officine Mermaid e Mr. Martini hanno interpretato rispettivamente le Scrambler Full Throttle, Urban Enduro e Clas-sic. Queste prime realizzazioni rappresentano il punto di partenza per ulteriori collaborazio-ni future. Scrambler è un mondo fatto di libera espressione, condivisione e passione. Un motivo in più per affidare la preparazione delle prime tre Scrambler customizzate a tre eccellenze italiane che hanno fatto “dell’hand made” il loro punto di forza. L’indicazione data ai tre customizer è stata di totale libertà di interpretazione. Deus Ex Machina di Milano ha proposto la propria idea della Full Throttle, Officine Mermaid, sem-pre di Milano, ha interpretato alla sua maniera la Urban Enduro, mentre Mr. Martini di Verona ha realizzato la propria Classic. Sulla Scrambler di Deus – come ha raccontato Filippo Bassoli di Deus Italy - la parte regina della moto è riserva-ta al bodywork in alluminio, con all’estremità il codone in pezzo unico e la tabella porta nume-ro e faro ispirata alle moto da Speedway. Ma a completare il progetto ci sono anche il parafan-go asimmetrico e tanti piccoli dettagli come il

posizionamento del filtro conico nel telaio, il freno a disco e ovviamente lo scarico dedicato. Il nome Hondo Grattan è quello del cavallo che ha vinto tutto sul circuito di Harold Park. Presen-tando la sua moto Nicola Martini ha ricordato che lo stile richiama un design più americano che anglosassone viste anche le radici del pro-getto originale Scrambler degli anni settanta. Sebbene lo stile sia Cafè Racer questa moto ha un mix di elementi che la rendono unica. Infatti su particolari come lo scarico alto e le gomme tassellate è rimasto il concetto di Scrambler. Da questa fusione nasce anche il nome della moto: S.C.R. - Scrambler Cafè Racer. E’ stato sostitu-ito il cupolino, il codone posteriore, lo scarico completo, i supporti pedane e manubrio, il mono ammortizzatore posteriore ed è stato dato un nuovo colore. Dario Mastroianni, di Officine Mer-maid, ha invece sottolineato che la moto è sta-ta Scratch, dall’inglese graffiato, rovinato. Lo si vede subito dal serbatoio, sverniciato e trattato a mano. I parafanghi, in ferro, sono stati lasciati grezzi e spazzolati a mano. Sulla moto è rimasto solo l’essenziale. All’anteriore una forcella a steli tradizionali con cerchio anteriore da 21” e poste-riore da 18”, mentre sella e manopole sono state realizzate in pelle verde vintage, ispirate allo stile western. Ci sono il faro anteriore di profondità tipo “rally” e un faretto spot laterale.

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MOTOR BIKE EXPO 2015LE STRANEZZE DEL SALONE DI VERONA Motor Bike Expo, tenutosi dal 23 al 25 gennaio, è più di ogni altro appuntamento sinonimo di curiosità e originali espressioni del mondo moto. Ecco quello che abbiamo scovato passeggiando nei padiglioni della fiera di Verona

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2014 VS 2013CHI VENDE PIÙ MOTO E SCOOTER IN ITALIAdi Maurizio Gissi | Il 2014 è stato il primo anno anno positivo nelle immatricolazioni di moto e scooter dal lontano 2007. Ecco le marche che hanno guadagnato e quelle che hanno perso rispetto al 2013

L a ripresa delle vendite nel 2014 è stata contenuta nell’1,4%, poca cosa, ma è stata significativa perché era dal 2007 che le immatricolazioni continuavano

a calare in maniera molto pesante. Il saldo 2014, immatricolazioni oltre 50 cc di moto e scooter, è stato di 156.046 unità contro le 153.863 del 2013, anno che aveva accusato perdite pari al 20% (-11% le moto e -24% gli scooter). I ciclo-motori venduti nell’intero 2014, non considerati in questa occasione e in questi grafici, sono stati 26.727 con un calo del 15,5% in un anno. Se li si somma a scooter e moto oltre 50 cc, il dato tota-le del 2014 accusa una flessione dell’1,5% rispet-to al 2013. Le moto hanno trainato la crescita delle immatricolazioni con 54.532 unità, mentre gli scooter hanno sostanzialmente riconfermato i volumi dell’anno precedente con 101.514 veicoli e un +0,4%. Questo per quanto concerne le im-matricolazioni totali, ma quali sono state le Case che hanno incrementato il loro risultato? Non tutte hanno avuto modo di sorridere.

Non conta quante, ma quali novitàCi sono due scooter per ogni nuova moto vendu-ta e questo avvantaggia in classifica le Case che producono gli scooter. Meglio ancora se assieme alle moto. Come si nota nel grafico in alto, Honda si conferma anche nel 2014 leader del mercato, in Italia lo è storicamente, crescendo legger-mente di più del mercato stesso e conquistando quasi un quarto delle vendite: il 23,7%. La Piag-

gio mantiene il secondo posto, ma lasciando sul terreno il 3,5% delle vendite rispetto al 2013: è la sola marca della top ten ad avere perso ven-dite nel 2014. Yamaha, al terzo posto con una crescita che vale un +13% sull’immatricolato dell’anno precedente, si è avvicinata a Piaggio avendo aggiunto nei listini sia nuovi scooter e sia nuova moto. Kymco e BMW confermano i ri-spettivi quarto e quinto posto del 2013, mentre nel gruppo delle prime dieci è uscita Ducati (nel 2013 al sesto posto e quest’anno all’undicesimo) e la Suzuki è risalita dal decimo all’ottavo posto. Le prime venti Case del 2013 si sono riconferma-te nel 2014 con soltanto sporadici cambiamenti di posizione. Dalla decima posizione in poi, nel 2014 hanno guadagnato terreno soltanto la SYM e la Benelli, vale a dire che il piccolo aumento del-le vendite complessive del 2014 è stato appan-naggio delle marche maggiori.

Il sorpasso di Monaco fra le moto Il comparto moto è cresciuto del 3,3% nel corso del 2014. Fra le prime quindici marche sono però soltanto sei quelle che ne hanno beneficiato. BMW, che nel 2013 aveva compiuto uno storico sorpasso ai danni di Honda diventando per la pri-ma volta la marca moto più venduta in Italia, ha rinforzato la sua posizione avvicinandosi a quota diecimila moto. Con un incremento del 12% e ot-tenendo il 18% della quota di mercato del seg-mento moto. Honda, confermata al secondo po-sto, ha perso l’8%, mentre Yamaha ha compiuto

Mercato

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un balzo importante passando dal settimo posto del 2013 al terzo del 2014. Per Yamaha l’aumen-to in termini percentuali è stato superiore al 60%, grazie all’arrivo dell’accoppiata MT-09 e MT-07 che si è rivelata la più adatta a soddisfare le richieste di qualità, design, prestazioni e prez-zo. Crescita superiore al 30% per Suzuki, che ha beneficiato dell’introduzione della V-Strom 1000, e crescita a doppia cifra anche per KTM che sta salendo in maniera progressiva da alcuni anni. Harley-Davidson cresce anch’essa, forte di una distribuzione delle vendite incredibilmente polverizzata su molti modelli e questo le dà mag-giore stabilità. Ad arretrare rispetto al 2013 sono principalmente Ducati (-14% nell’anno del suo massimo storico nel mondo), Kawasaki che per-de il 17% e Triumph il 9%. Aprilia scende addirit-

tura del 23%, ma si parla ormai di un migliaio di unità soltanto. Rispetto a quanto accade nel set-tore scooter va osservato come le vendite siano distribuite su di un numero superiore di marche.

Scooter sotto il segno di Honda Se Honda ha ceduto la prima piazza fra le moto, si presa con decisione quella fra gli scooter. Con un aumento del 35% - conquistato soprattut-to nella seconda parte dell’anno - ha infatti su-perato i 29mila scooter immatricolati, cifra che vale da sola il 29% del mercato scooter. Mercato che è rimasto praticamente lo steso del 2013. Come dire che quasi uno scooter venduto ogni tre è un marchiato Honda. La serie SH, 150, 300 e 125 nell’ordine, si conferma quindi un fenome-no commerciale assoluto. Piaggio è saldamente

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al secondo posto ma, come abbiamo scritto più sopra, ha perso il 3,5%. Migliora del 7%, invece, Kymco che consolida la terza piazza davanti a una stabile Yamaha. Queste quattro marche assieme, Honda, Piaggio, Kymco e Yamaha, posseggono l’83% del mercato, tutti gli altri co-struttori si dividono il 17% delle immatricolazio-ni scooter in Italia. Fra le marche “minori” sono cresciute SYM, Derbi e Quadro. Entra all’undi-cesimo posto la Kawasaki, con un solo modello, la sola delle quattro giapponesi finora assente nel segmento. Hanno perso terreno LML, -35%,

Aprilia (che è calata del 30%) e BMW, scesa del 20%.

Le prime 50 Marche per immatricolazioni totali nel 2014Questa classifica considera la somma delle im-matricolazioni di moto e scooter in Italia, quindi i mezzi superiori a 50 cc. Il dato Honda aggiunge alle importazioni la produzione italiana. Il tota-le Piaggio comprende anche gli scooter Vespa. Solamente 18 marche superano le mille unità im-matricolate. Guarda tutte le classifiche

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NUOVE RECORD DELLE VENDITE BMW NEL MONDOdi Maurizio Gissi | Per il quarto anni di fila il numero di moto, e scooter, BMW vendute nel mondo è aumentato. Il nuovo record storico per Monaco è di 123.495 unità, il 7,2% in più. Crescita confermata anche in Italia, quarto mercato. E le altre novità sono in arrivo

P er la prima volta è stato superato il muro delle 120.000 moto BMW vendute nel mondo. Il 2014 è stato il quarto anno consecutivo che ha visto

crescere la produzione e le vendite a livello glo-bale. Dalle 115.215 unità del 2013 BMW è passata al nuovo record di 123.495 moto e scooter. Un incremento del 7,2%. Il solo mese di dicembre ha visto una crescita a doppia cifra, 10,9%. Il nume-ro di novità lanciate l’anno scorso, cinque, fra le quali vanno annoverate la R nineT e la GS 1200 Adventure si è aggiunto alle altre recenti nume-rose novità, vedi la prima GS 1200 raffreddata a liquido in vendita dal 2013, che hanno contrad-distinto una politica molto aggressiva di BMW da almeno cinque anni a questa parte. Come ulteriore spinta va osservata la crescita del mer-cato moto in alcuni importanti Paesi, come ad esempio Gran Bretagna, Germania, Francia (e persino la Spagna che ha ripreso a salire meglio dell’Italia), segno di una ripartenza dell’econo-mia che da noi non c’è ancora stata. Con il 25% del mercato di riferimento, BMW è la prima mar-ca in Germania e il mercato domestico è il prin-cipale per le moto bavaresi, che in patria hanno venduto 21.714 veicoli. Quasi un quinto dell’inte-ra produzione. Al secondo posto ci sono gli Stati Uniti, 15.301 veicoli venduti e quasi l’8% in più, poi la Francia a quota 11.600 e l’Italia al quarto posto. Il nostro mercato è da sempre molto im-portante per BMW e in molte occasioni è stato il secondo/terzo più grande al mondo. Nel 2014 è

cresciuto nuovamente, passando dai 10.035 veicoli del 2013 al numero di 10.821. Ma nel solo comparto moto l’aumento per BMW è stato del 12% negli ultimi dodici mesi e con 9.660 imma-tricolazioni la marca tedesca guida la classifica delle moto più vendute. La R 1200GS è stata ancora una volta la moto più venduta in Italia e per BMW è la più prodotta. Nel mondo ne sono state vendute oltre 40.000 nel 2014 (24.380 GS e 16.242 GS Adventure). La R 1200RT è quindi al terzo posto, 12.140, e la nuova R nineT agguanta il quarto (con 8.488 unità) nel suo primo anno di vendita. La S 1000R e la S 1000RR hanno superato le 10.000 unità. I modelli di gamma media, più venduti sono stati: F 800 GS/GS Adventure (7.040/4.278 unità), F 700 GS (6.499 unità), F 800 R (3.953 unità) e F 800 GT (3.901 unità). Discreto il risultato otte-nuto dai maxi scooter C 650 GT e C 600 Sport con 6.391 unità vendute. Le prossime novità in arrivo saranno la rinnovata S 1000 RR, in vendita a partire dalla primavera del 2015, mentre due novità boxer come R 1200R e R 1200RS saran-no lanciate nel corso della stagione. A queste si aggiungono la nuova Crossover S1000XR e la naked F 800 R. Nel corso del 2014 BMW ha venduto nel mondo anche 2.118.000 autovetture. Nel 2013, ultime dato disponibile, l’utile lordo del gruppo è stato di 7,9 miliardi di euro con un fatturato di 76 miliar-di di euro. Il numero di dipendenti era di 110.351 unità.

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DISTRIBUZIONEVALVOLE RADIALI, DIAMETRALI, OPPURE? di M. Clarke | Alcune disposizioni delle valvole di impostazione alternativa rispetto a quelle usuali sono state impiegate con successo. In passato ma anche oggi

Q uando si adottano quattro valvole per cilindro, ci sono due modi nei quali esse possono venire disposte. Il primo prevede che esse siano tut

te parallele e non è adatto ai motori di alte prestazioni ad accensione per scintilla; per i diesel però è da anni la soluzione standard. L’altro invece prevede che le coppie di valvole (di aspirazione e di scarico) siano di-sposte su due piani inclinati tra loro di un certo angolo, il che impartisce alla camera di combu-stione una forma a tetto e consente di disporre

la candela in posizione centrale. Questo schema da anni domina la scena, per quanto riguarda i motori a ciclo Otto di più elevata potenza speci-fica. Già nei primi anni del Novecento però c’era stato chi aveva pensato di disporre le quattro valvole radialmente, in modo da ottenere una camera di combustione di forma emisferica, cioè dotata della conformazione che consente di avere il minor rapporto tra superficie e volu-me. In questo modo inoltre le valvole potevano avere dimensioni molto considerevoli; in altre parole, era possibile sfruttare al meglio lo spazio

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Tecnica

geometricamente disponibile. Il complesso del-la distribuzione diventava però più macchinoso, rispetto a quelli tipici della soluzione convenzio-nale, e anche per quanto riguarda la conforma-zione e la disposizione dei condotti ci potevano essere delle difficoltà, se il motore aveva più di un cilindro. Occorre sottolineare a questo pro-posito che, se si escludono i primissimi anni del motorismo, il settore motociclistico è sempre stato svantaggiato rispetto a quello automobili-stico sotto l’aspetto degli investimenti e quindi dei mezzi di ricerca e di sviluppo disponibili. D’al-tro canto, alcune soluzioni tecniche è più facile adottarle sui motori monocilindrici (o bicilindrici

a V o boxer), dato che hanno le teste singole; c’è abbondante spazio attorno alla zona della came-ra di combustione, senza dover fare i conti con i condotti e gli organi della distribuzione dei cilin-dri adiacenti. È abbastanza logico quindi che, an-che per quanto riguarda le valvole radiali, siano state le moto ad essere protagoniste.

Le prime quattro valvole della storiaIl primo brevetto relativo a una testa con quattro valvole risale al 1906 ed è dovuto alla Hotchkiss. Il primo esempio di motore con quattro valvole radiali effettivamente realizzato (e impiegato in

Le due sezioni del motore Rudge 250 del 1930 consentono di osservare la disposizione radiale delle quattro valvole e la forma emisferica della camera di combustione

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gara) è costituito dall’Alcyon monocilindrico del 1912. Il sistema di comando adottato era ad aste e bilancieri. Per lungo tempo quando si parlava di motori motociclistici a quattro valvole, anche se ci sono stati interessanti esempi di impiego di questa soluzione da parte di altri costruttori, la prima casa che veniva in mente era la Rudge-Whitworth. Questa azienda inglese infatti ha pro-dotto per diverso tempo ottime monocilindriche di elevate prestazioni, con distribuzione ad aste e bilancieri, dotate di quattro valvole. Le prime ri-salgono alla metà degli anni Venti; le quattro val-vole erano disposte due da un lato e due dall’al-tro della testa, secondo lo schema classico.

La disposizione radiale è stata adottata sul-le moto ufficiali a partire dal 1930 per la 350 e dall’anno successivo per la 250. Nel 1932 anche il modello Ulster, prodotto in piccola serie, ha im-piegato questa soluzione, che prevedeva un uni-co albero a camme montato nella parte destra del basamento. Ciascuna delle due aste aziona-va un bilanciere il quale a sua volta ne muoveva un altro (per comandare la valvola di destra) che infine agiva su di un terzo (per azionare la valvola più lontana, piazzata cioè sulla sinistra). In tutto si avevano quindi tre bilancieri per comandare le due valvole di scarico e altrettanti per quelle di aspirazione. Dal 1931 la Rudge 500 ufficiale è

Tecnica

Questo disegno, da un brevetto BMW, consente di osservare la disposizione dei condotti e degli organi della distribuzione bialbero, con due bilancieri a dito per ogni valvola, studiata da Apfelbeck

Nell’ultima evoluzione dei suoi bicilindrici boxer con raffreddamento aria-olio la BMW impiega eccentrici leggermente troncoconici. Ogni albero a camme aziona una valvola di aspirazione e una di scarico

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stata dotata di una testa con valvole “semi-ra-diali” (le due di aspirazione erano parallele e le due di scarico inclinate), utilizzata anche sulla Ulster a partire dal 1933. Pure un’altra casa in-glese, meno famosa, negli anni Trenta ha svilup-pato una distribuzione ad aste e bilancieri con quattro valvole disposte radialmente. Si tratta della Excelsior, che ha utilizzato questa soluzio-ne sulla sua Mechanical Marvel di 250 cm3. Nel basamento c’erano due alberi a camme, colloca-ti uno davanti e l’altro dietro la zona di appoggio del cilindro. Nel frattempo un giovane tecnico austriaco, Ludwig Apfelbeck, aveva iniziato ad interessarsi alle teste con valvole radiali e, nella seconda metà degli anni Trenta aveva ottenuto alcuni interessanti brevetti relativi a vari schemi decisamente innovativi. In particolare, questo brillante progettista proponeva una disposizione “diametrale” delle valvole, con le due omologhe (ossia entrambe di aspirazione o entrambe di scarico) non adiacenti ma piazzate nelle zone opposte della camera. E come disposizione pre-feribile, per quanto riguarda i condotti di aspira-zione, indicava quella downdraft (cioè verticale), al posto di quella laterale (ossia orizzontale o quasi), prevista dallo schema usuale. Nei primi anni Cinquanta l’inglese BSA per un certo perio-do ha preso in considerazione l’idea di prende-re parte ai Gran Premi. La classe prescelta era la 250, per la quale il tecnico Bert Hopwood ha progettato una bella monocilindrica che è stata presentata nel 1952 ma che non è mai uscita dal-lo stadio di prototipo. In questo caso ciascuna delle quattro valvole radiali veniva azionata da un semplice e leggero bilanciere a due bracci. Nel-la parte superiore della testa erano piazzati due alberi a camme (con due eccentrici ciascuno), inclinati uno rispetto all’altro e in presa tra loro per mezzo di due ingranaggi conici. Il sistema era brillante e meccanicamente pregevole, ma assai complesso dal punto di vista realizzativo. Una ventina di anni dopo una soluzione del gene-re è stata sviluppata dall’Alfa Romeo per un suo motore sperimentale dotato di una splendida

testa a quattro valvole per cilindro con camere di combustione perfettamente emisferiche. Ne-gli anni Sessanta Apfelbeck ha lavorato a lungo per la BMW. In particolare, per la casa bavarese ha progettato un paio di interessantissime teste a quattro valvole con camere emisferiche e di-stribuzione bialbero, che sono state realizzate e provate su motori quadricilindrici di 1600 e 2000 cm3. Sono state sperimentate tanto una solu-zione con condotti pressoché orizzontali, che “sfociavano” ai due lati della testa, quanto una con valvole diametrali; in questo secondo caso c’erano otto condotti di aspirazione verticali e al-trettanti di scarico, che fuoriuscivano quattro da una parte e quattro dall’altra della testa stessa. Con questi motori, installati in una monoposto di Formula Due, sono anche stati ottenuti alcuni record mondiali. Lo schema adottato prevedeva due bilancieri a dito per ogni valvola.

Le valvole radiali riscoperte da HondaLe quattro valvole radiali sono state riportate alla ribalta dalla Honda nel 1983, quando sono entra-ti in produzione i nuovi monocilindrici delle serie XL e XR. In questo caso la distribuzione era mo-noalbero e ogni eccentrico comandava la propria valvola per mezzo di un bilanciere a due bracci e di un bilanciere a dito. In seguito la soluzione è stata anche impiegata sul modello Dominator di 650 cm3, esso pure di grande successo. In ag-giunta alle teste con quattro valvole veramente radiali o “diametrali” per ogni cilindro e camere di combustione emisferiche, vanno ricordate anche quelle nelle quali le coppia di valvole omo-loghe sono collocate una da una parte e una dall’altra, rispetto al centro della testa, e giaccio-no su due piani inclinati tra loro di un certo an-golo, come nel classico schema bialbero che da anni domina la scena, ma sono azionate da cam-me leggermente troncoconiche. In questo caso le due valvole di aspirazione (e spesso anche quelle di scarico) non sono perfettamente pa-rallele tra loro; gli steli formano infatti un piccolo

Tecnica

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angolo (in genere si tratta di alcuni gradi soltan-to), e divergono mano a mano che si allontanano dalla camera. Quest’ultima ha una conformazio-ne che si discosta in misura pressoché trascura-bile dalla classica a tetto e non si avvicina nean-che lontanamente a quella emisferica. Le camme troncoconiche necessarie per azionare le valvole agiscono su punterie a bicchiere o su bilancieri a dito. Il primo brevetto relativo a una soluzione di questo genere risale al 1924 ed è dovuto alla inglese Napier. La Porsche ha iniziato ad impie-garla nei primi anni Ottanta sul suo motore TAG V6 sovralimentato di Formula Uno. A livello di coefficiente di efflusso ci possono essere (forse)

lievissimi vantaggi in quanto mano a mano che le valvole si sollevano dalle sedi i loro funghi si al-lontanano progressivamente dalle pareti laterali della camera e del cilindro, il che riduce la loro “schermatura” da parte delle pareti stesse. Pure per quanto riguarda la forma della camera può darsi che ci sia un piccolissimo miglioramento. Questa soluzione viene impiegata su diversi mo-tori da competizione. In campo motociclistico va segnalata la sua re-cente adozione da parte della BMW (per alcuni bicilindrici boxer, nei quali la scelta è stata detta-ta dalla necessità di contenere l’ingombro delle teste) e della MV Agusta.

A partire dal 1983 la Honda ha utilizzato a lungo, con grande successo, teste con distribuzione monoalbero, valvole radiali e camera di combustione emisferica, sviluppate per i suoi monocilindrici da enduro

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SUPERCROSSSPUNTA LA BANDIERA NERA, TROPPI CONTATTIdi Pietro Ambrosioni | Retroscena e dietrologia sulla scelta di dare bandiera nera a Reed e soprattutto, cosa c’è dietro alle tante critiche?

M i piace fare il bastian contrario, lo ammetto. Qualche volta mi sono bruciato, e ve ne parlerò nei prossimi giorni, ma molte volte ho

avuto ragione. Se ne ho la possibilità mi prendo sempre il lusso di aspettare qualche giorno pri-ma di commentare un evento clamoroso, come ad esempio quanto avvenuto nella gara di Super-cross di sabato scorso ad Anaheim 2.Voglio vedere cosa dicono gli altri, voglio tro-

vare una potenziale falla nel loro ragionamento (che spesso è a caldo, dettato dalle deadline inesistenti del “giornalismo internet” del web) e voglio provare a fare la voce fuori dal coro. Non lo faccio solo per il gusto di essere diverso, mi sento genuinamente spinto a cercare una visio-ne diversa dei fatti, per offrire ai lettori lo spunto per una interpretazione alternativa a quanto fat-to diligentemente filtrare dalla maggior parte dei media, specialmente americani.

On the road

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La polemica di questa settimana, ovviamente, è la bandiera nera rifilata in finale a Reed, dopo la sua reazione al contatto con Canard. Andiamo per gradi: se non avete visto l’episodio incrimina-to o vivete sulla luna o per gli ultimi quattro giorni la vostra connessione internet non ha funziona-to. Facebook, Twitter, Instagram e letteralmente qualsiasi sito web è pieno zeppo di immagini e commenti a riguardo.Comunque, ecco in due parole quello che è suc-cesso: Trey Canard ha steso Reed nel tentativo di superarlo ed è a sua volta caduto. Al momento di rialzarsi e ripartire, Reed, che era ripassato da-vanti, ha dato una spallata a Canard, spingendo-lo all’esterno e facendolo cadere contro le balle di protezione. Innanzi tutto due cose: Canard non mi è sembrato centrare Reed apposta. Trey non è tipo da tirarsi indietro (chiedetelo a Villo-poto quando entrambi correvano in 250) ma allo stesso tempo credo che questa volta abbia sem-plicemente sbagliato. Lui stesso ha ammesso di aver pensato che Reed andasse a curvare all’e-sterno, e invece ha finito per pararglisi davanti, generando la collisione e la caduta. Visto da fuori l’incidente non è sembrato altro che un contatto fortuito e secondo me la cosa sarebbe dovuta finire lì. Non per Reed, che ha voluto vendicarsi “accompagnando” Canard fuori pista. E qui è ar-rivata la bandiera nera, di cui parlo più avanti. Sui vari media si legge che Reed abbia solo dato una innocente spallata a Trey, il quale però in quel momento stava togliendosi una lente a strappo e dunque aveva una mano sola sul manubrio. Il risultato è stato la sua caduta. Riguardando il re-play a me sembra invece che Reed non si limiti ad una semplice spallata ma letteralmente ac-compagni Canard verso l’esterno. Lo fa in modo talmente lento che Seely, che in quel momento li seguiva, ha il tempo di passare entrambi all’in-terno. Io credo che Reed abbia sbagliato, il suo atto è completamente gratuito e non rientra tra i contatti di gara, ma rappresenta una vera e pro-pria reazione, pure goffa. E il gesto è così pale-se che la direzione di gara non poteva restare a

guardare.Eccoci alla bandiera nera: il segnale di squalifi-ca è stato dato a Reed da John Gallagher, che da anni rappresenta la FIM alle gare di Super-cross AMA. Credo che la parola magica qui sia FIM, non “bandiera nera”. Non si è ancora infatti sbollita la polemica sulla squalifica per doping di Stewart che la lunga mano della FIM ancora una volta arriva a tirare uno schiaffone in faccia agli americani, in casa loro. Apriti cielo! Ed ecco che in men che non si dica è partita l’ennesima cro-ciata. Reed che intasa Twitter di messaggi ironici sulla bandiera nera, arrivando a promuovere una rivolta online (per modo di dire) e dicendo che a Oakland vestirà un completo nero e una patch sul retro dei pantaloni che recita “black flag”.Il popolo del motocross lo sostiene ciecamente e la sensazione generale è quella di una caccia alle streghe contro la FIM.Gallagher si è difeso dicendo che ha sventola-to la bandiera nera perché riteneva che il gesto di Reed avrebbe potuto generare a sua volta la razione di Canard. A chi dice “impossibile, non sono ragazzini” rispondo di andare a riguardarsi il video di Atlanta 2011, con le belle sportellate tra Stewart e… Reed. Forse fa parte dello spettaco-lo, ma certi spettacoli non dovrebbero far parte dello sport professionistico. In fondo credo che Reed se la sia un po’ cercata in tutti questi anni. Ci sono molti piloti molto più “duri” di lui, uno tra tutti Andrew Short, che da fuori sembra un che-rubino ma in pista si trasforma in un demonio. Lo sapevate che è talmente difficile da superare che Carmichael e Stewart lo chiamano “The Smiling Assassin”? Se gli dai un colpetto ti aspetta al varco e ti abbatte come lo Zeppelin. Anche qui YouTube insegna: andatevi a vedere i filmati del-le sue “lezioni di danza” impartite a Broc Tickle nelle prime gare del 2014.E non dimentichiamoci quegli stinchi di santo di Josh Hansen, Jason Lawrence, Justin Barcia, Mike Alessi, lo stesso Stewart e suo fratello Mal-clom, e via dicendo. Ma loro, tutti loro, lo fanno zitti zitti, senza promettere nulla e quasi mai con

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gesti troppo plateali (beh, insomma…).Reed ha una sacco di precedenti che purtroppo da qualche anno lo tengono al centro del mirino. Una storia di episodi in pista, sul podio e ai micro-foni dei giornalisti, iniziata nella stagione 2009 dopo la gara di Jacksonville. Sul podio dopo la gara quasi arrivò alle mani con Stewart, a causa di un sorpasso aereo davvero pericoloso messo in atto dall’allora pilota Yamaha. Reed da quella volta ha iniziato a promettere fuoco e fiamme ma l’unica “vendetta” che ab-bozzò fu un timido colpetto a Stewart durante la finale di Las Vegas, quando il titolo 2009 era ancora in palio. James fece una breve divagazio-ne fuori pista e rientrò alle spalle dell’australiano, controllandolo fino all’arrivo ed aggiudicandosi il campionato. A distanza di anni ancora mi chie-do perché Reed non abbia davvero buttato fuori Stewart quella volta: dopo tante promesse sa-rebbe stato il momento di dargli “una lezione” e

andare a vincere il titolo, lasciando poi alla AMA e alla FIM la difficile scelta se squalificarlo o meno e consegnare invece la corona all’avversario… boh!Tornando a sabato, la bandiera nera sicuramen-te rappresenterà d’ora in poi un precedente e vedremo sempre più piloti e team manager in-vocarla a gran voce dopo il minimo contatto: purtroppo non vedo alternative e sicuramente lo sport un po’ ne risentirà.Un’ultima osservazione per chiudere: a chi dice che nelle ultime tre gare si siano visti tanti sorpassi duri e “takeout” e si chiede come mai vengano usati due pesi e due misure nel caso di Reed rispondo. Non fate come quegli auto-mobilisti fermati dalla Polstrada, che mentre estraggono patente e libretto piangono miseria: “gaurdaquantovannovelocituttiglialtriperche-nonfermiancheloro”.Peace & Love, a presto.

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NICO CEREGHINICAMPIONI E TASSE, AHI AHIMarquez ha messo per ora la retromarcia, Lorenzo e Pedrosa sono svizzeri, quasi tutti hanno la residenza altrove, Rossi è rientrato dal 2008. Noi, che paghiamo fino all’ultimo euro, possiamo almeno prenderli in giro?

E’ lecito fissare dove si vuole la propria residenza? Pare di sì, purché sia residenza reale e non fittizia come per esempio fu contestato prima a Capirossi a Montecarlo e poi a Melandri a Derby (GB). Ma se la residenza è effettiva, allora si può fare. Possiamo prendercela con l’Europa, che una politica fi-scale unitaria ancora non l’ha, e ogni milionario trova a cento chilometri da casa un paradiso fiscale pronto ad accoglierlo. I nostri campioni hanno la stra-da spianata verso residenze vantaggiose, e dopo qualche pasticcio e qualche condanna hanno imparato l’arte. Rossi, come ricorderete, aveva scel-to Londra e fu contestato dal fisco nel 2007. Inviò a varie tivù una cassetta registrata e quella mossa non giovò alla sua popo-larità. Di fonte alla generale incaz-zatura, e benché il famoso tri-butarista italiano Uckmar gli suggerisse di fare opposizione all’Agenzia delle Entrate, prefe-rì vivere in pace e pagare in fret-ta. Con lo sconto, versò trenta-cinque milioni di euro contro i 112 contestati. Poco? Sì, ma è la prassi, e comunque dal 2008 è l’unico sportivo milionario residente in Italia. Gli altri stan-no tutti fuori. Cosa possiamo fare? Arrabbiarci serve a poco, soltanto a farci venire il mal di pancia. Che almeno ci sia con-cesso di prenderli un po’ in giro. Ridiamoci sopra che fa bene alla salute.

C iao a tutti! Uno spirito-so lettore, che si firma “wolf.wolf” e non guar-

da da anni le cerimonie della premiazione della MotoGP, ha fatto una buona proposta: con quei piloti che nascono in un Paese e poi stabiliscono altrove la loro residenza, sven-toliamo sopra i podi la doppia bandiera; così identifichiamo chi ha fatto certe scelte fiscali. Le tasse, argomento spinoso.

A noi tocca pagarle fino all’ul-timo euro, ai milionari invece no. A Capodanno mi ero pro-posto di andare ad Andorra per indagare su Marquez, ma poi Marc ha precisato che la casa nel Principato sui Pirenei l’ha presa, sì, ma le tasse le paghe-rà ancora in Spagna. Vedremo quanto resisterà. L’impressio-ne è che si sia spaventato di fronte all’indignazione popo-lare, perché la sua prima di-chiarazione (“vado ad Andorra per allenarmi in quota”) non era bastata. Magari avrebbe

potuto ammettere: “Risparmio cinque milioni di tasse l’anno, è legale e non siate ipocriti, lo fareste anche voi. L’hanno fat-to Pedrosa e Lorenzo, che sono andati ad abitare in Svizzera”. Ma la verità è scomoda e anche Lorenzo e Pedrosa trovereb-bero qualche scusa, magari verrebbe fuori che sono molto golosi di cioccolata. Come Max Biaggi disse a suo tempo che andava a Montecarlo perché gli piace il mare, che effettivamen-te a Roma non c’è e in Italia, come sanno tutti, scarseggia.

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E’ LECITO FISSARE DOVE SI VUOLE LA PROPRIA RESIDENZA? PARE DI SÌ, PURCHÉ SIA RESIDENZA REALE E NON FITTIZIA

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ASPETTANDO DOPOGP. MARCO MELANDRI: “VOLEVO LA SBK, MA SONO CAMBIATI I PROGRAMMI”di Giovanni Zamagni | Come mai ha vinto meno di quel che si merita? Come va l’Aprilia MotoGP? Come vive il ritorno nel Motomondiale? Risponde Marco Melandri, ospite di Aspettando DopoGP

L’ ospite della settima puntata di Aspettando DopoGP è Marco Melandri, ex-pilota MotoGP, poi Superbike e quest’anno di nuo-

vo MotoGP. Il ravennate salirà in sella all’Aprilia ufficiale gestita dal team di Fauso Gresini. Un progetto ambizioso e che rilancia nella massi-ma categoria un pilota di cristallino talento ma che non è riuscito a vincere quanto meritava. «Ho vinto meno di altri piloti per un insieme di

concause - spiega Melandri - sono stato tante volte al posto giusto nel momento sbagliato e spesso prima che il team mi seguisse sono stato criticato duramente» Sul passaggio dalla SBK alla MotoGP raccon-ta come avesse pensato di fare due anni nelle derivate dalla serie, «poi qualcosa è cambiato, sono arrivati dei rumors, ma sembrava fosse una mossa commerciale. Poi mi è stato detto che la SBK non era più nei piani e che si doveva fare

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la MotoGP. L’unico mio freno è la mancanza di adrenalina che ci sarà nel far sviluppare la moto piuttosto che competere per vincere» «All’inizio sarà difficile ma lavorerò con Aprilia per far crescere la moto e sarò sicuro che di più non c’è. Questa è una grande motivazione. Quello che mi è mancato sempre in passato è cucirmi una moto addosso per fare l’ultimo piccolo step e giocarmi veramente il mondiale»

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DALL’IGNA, DUCATI“ALMENO UNA VITTORIA NEL 2015”Il capo del Reparto Corse di Borgo Panigale conferma la direzione di sviluppo presa con la Desmosedici 2015 e la presenza a Sepang-1 con una versione aggiornata della GP14

L a GP15 è quasi pronta, parola di Gigi Dall’Igna. L’ingegnere, ospite di un’in-teressante intervista su MotoGP.com, ha confermato di essere nelle fasi finali

della realizzazione della nuova MotoGP Ducati, anche non la si potrà vedere in pista nel primo appuntamento di Sepang (in programma dal 4 al 7 di febbraio) dove il team di Borgo Panigale porterà l’ultimo aggiornamento – denominato GP14.3 – dell’attuale Desmosedici, che costitu-isce comunque il riferimento per la genesi della GP15. «La GP15 partirà da un assetto molto vici-no a quello della GP14.3, ovvero della moto che

utilizzeremo ai test di Sepang-1; da lì inizierà poi lo sviluppo vero e proprio della nuova Desmo-sedici» ha commentato Dall’Igna. «Parlando del progetto GP15 abbiamo parlato di febbraio, ma per il debutto della moto abbiamo sempre fatto riferimento al secondo appuntamento in Ma-lesia. Speravo di poter anticipare la tabella di marcia ma purtroppo non mi è stato possibile; gli ultimi componenti sono quasi pronti e a breve inizieremo il montaggio della moto al comple-to » Conferme anche per la direzione di svilup-po intrapresa: un motore più piccolo rispetto a quello utilizzato sulla GP14 – le cui dimensioni e

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robustezza non sono più adeguate ad uno schema tecnico che non fa più affidamento sul propulso-re come elemento portante – pur mantenendo-ne fermi i capisaldi. «Sarà una moto completa-mente diversa, che potrà contare sulla classica distribuzione desmodromica, ma il 4 cilindri di 90 gradi sarà più piccolo e ci aiuterà con i diversi set-up» Pur nel contesto di evoluzione continua, concetto giustamente caro a Gigi Dall’Igna, la Desmosedici GP15 costituisce quindi una piccola rivoluzione, logico completamento del cambia-mento iniziato con l’adozione del telaio a doppio trave in alluminio del 2011. Un percorso che può

evidentemente portare ad un unico obiettivo, sulla scorta della crescita già mostrata quest’an-no. «Nel corso della scorsa stagione volevamo arrivare a 10 secondi dal primo» commenta Dall’Igna. «Un obiettivo difficile, ma abbiamo la-vorato sodo e specie nell’ultima parte del Cam-pionato 2014 l’abbiamo centrato. Quest’anno ne abbiamo un altro ancora più grande: vincere almeno una gara. Sarà un’impresa ardua perché dovremo scontrarci contro i 4 piloti più forti in attività e contro due Case che rappresentano lo stato dell’arte della MotoGP. Ma ce la metteremo tutta per portare a casa questo risultato»

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AL MOTORLAND ARAGON FREDDO E PIOGGIA ROVINANO I TEST SBKdi Carlo Baldi | Primo giorno piovoso e secondo troppo freddo per testare le moto in versione 2015. Per il team Honda ed i team Kawasaki è tutto rimandato ai test di Jerez

I l meteo ha negato al team Pata Honda Ten Kate, al team Kawasaki KRT ed ai due team Kawasaki privati di Pedercini e Grillini, la possibilità di svolgere il corposo

programma di lavoro che si erano prefissati. La pioggia di lunedì 19 ed il freddo di martedì 20 (in mattinata la temperatura dell’asfalto era di 6 gra-di) hanno permesso solo pochi giri agli infreddo-liti piloti, che ora torneranno in pista a Jerez dal 26 al 28 Gennaio, prima di spedire le loro moto in Australia per i test ufficiali ed il primo round

del mondiale Superbike 2015. Il vice campione del mondo Tom Sykes martedì non ha percorso nemmeno un giro, neppure quando nel pomerig-gio il termometro era salito oltre i 10 gradi. Rea si è limitato a testare nuove soluzioni alla frizione e al cambio, mentre Guintoli e Van der Mark hanno provato qualche set up, peraltro già utilizzati nei precedenti giorni di prove svoltesi a Portimao dal 14 al 16 Gennaio. Il debuttante pilota olandese alla fine è stato quello che ha percorso più giri di tutti (60) nella due giorni di Aragon. I test si sono

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svolti sulla pista in versione GP (5.077 km) e non in configurazione Superbike (5.344 km) per cui i tempi (ufficiosi) fatti segnare non sono compa-rabili con quelli delle prove o delle gare disputate negli anni precedenti. Sul freddo asfalto arago-nese il più veloce è stato Guintoli, che ha pre-ceduto di sette decimi il compagno di squadra Van der Mark, seguito ad un decimo da Salom con la Ninja di Pedercini. Più lento Ponsson, che però era al debutto assoluto sulla Kawasaki del team Grillini. Non hanno dichiarato il loro miglior tempo sul giro Jonathan Rea ed il compagno di Ponsson, l’altro debuttante Santiago Barragan. Salom, che si è aggiudicato la classe EVO nel 2014, quest’anno corre con il team Pedercini ma sarà supportato dalla Kawasaki sia per quanto riguarda il materiale che per la parte tecnica. Al Motorland Aragon è salito per la prima volta sulla sua nuova Ninja, ma a causa del freddo non ha potuto provare più di tanto ed ha utilizzato un motore in configurazione EVO, in quanto il mo-

tore 2015 gli verrà consegnato solo in Australia prima dei test ufficiali.

La parola ai pilotiSylvain Guintoli: «Nonostante la pioggia i test di Portimao della settimana scorsa sono stati posi-tivi ed abbiamo provato per la prima volta la CBR in versione 2015, con tempi sul giro interessanti ed alla fine del test mi sono sentito maggiormen-te a mio agio. Anche i test di Aragon sono stati tutto sommato positivi, nonostante il grande freddo. Abbiamo lavorato sull’erogazione della potenza, sul freno motore e sull’equilibrio gene-rale della moto. I risultati sono stati interessanti». Michael van der Mark: «Questa mattina faceva molto freddo e quindi sono stato molto attento a non scivolare. In serata il tracciato era in buone condizioni ed ho potuto percorrere molti giri, che poi era quello di cui avevo bisogno. Tutto som-mato sono abbastanza soddisfatto, visto che abbiamo provato molte soluzioni diverse. Spero

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che i prossimi test di Jerez si possano disputare in condizioni decisamente più favorevoli».

Jonathan Rea: «A dire il vero abbiamo potuto provare ben poco ed abbiamo lavorato ad alcune idee che avevamo e che riguardavano il cambio e la frizione, anche in funzione della partenza. Alla fine ho girato poco e d’ora in poi dovremo lavorare sia sul set up che sulle prestazioni della moto. A Jerez dovremo tirare fuori il meglio da me e dalla mia moto».

Tom Sykes: «Siamo a metà gennaio e non ab-biamo potuto provare molto a causa del clima sfavorevole e quindi dovremo recuperare il tem-po perduto. Avremmo voluto testare molte cose,

ma non è stato possibile e quindi giriamo pagina anche perché tra pochi giorni saremo di nuovo in pista a Jerez dove spero potremo provare svol-gere il lavoro che non abbiamo potuto svolgere qui».

David Salom: «La moto che ho guidato ad Ara-gon è molto simile a quella che ho utilizzato l’an-no scorso. Solo la parte elettronica è stata mi-gliorata. Il mio tempo sul giro non è stato buono, ma con il freddo che faceva non si poteva fare di più. Ci siamo limitati a sistemare manubrio e pedane, anche perché ero fermo da due mesi ed ho dovu-to ritrovare il feeling con la moto. Per fortuna abbiamo un altro test a Jerez tra po-chi giorni».

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HASLAM È IL PIÙ VELOCE NEI TEST SBK DI PORTIMAOdi Carlo Baldi | A Portimao il meteo concede solo mezza giornata ai piloti della Superbike. Haslam è il più veloce davanti a Lowes, ai due piloti Ducati ed alla BMW di Barrier. La caduta di ieri ha condizionato Max Biaggi

C osì come era successo al Motorland Aragon, anche a Portimao il me-teo ha messo i bastoni tra le ruote ai numerosi team della Superbike,

che si erano dati appuntamento all’autodromo “do Algarve” di Portimao, per due giorni di test. Ieri, giovedì 22, la pioggia ha costretto tutti a percorrere soli pochi giri, mentre oggi dopo una mattinata trascorsa nei box, in attesa che la pi-

sta si asciugasse, nel pomeriggio i piloti hanno potuto sfruttare per qualche ora un tracciato finalmente asciutto. Ieri l’unica notizia rilevante è stata la scivolata di Biaggi. Max ha battuto la spalla a terra, ma per fortuna senza gravi conse-guenze, visto che oggi il sei volte campione del mondo era regolarmente al suo posto nel box del team Aprilia Red Devils. E come a salutare in modo benaugurale l’inizio della collaborazione

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tra il team di Andrea Petricca e la casa di Noale, è arrivato il miglior tempo assoluto di Leon Ha-slam, che fermando i cronometri sul tempo di 1’43”5 ha preceduto Lowes ed i due piloti Ducati, gli ufficiali Davies e Giugliano, che hanno chiuso nell’ordine. Certo stiamo parlando solo di una sessione di test, ma il fatto che anche a Porti-mao Haslam abbia confermato quanto di buono aveva fatto vedere a Novembre sulla pista di Je-rez, in occasione del suo debutto assoluto sulla RSV4, riempie di ottimismo il team italiano, che deve difendere il titolo di campione del mondo. Oggi invece debutto assoluto per Jordi Torres. Per il giovane spagnolo è stata la prima volta in Superbike, sull’Aprilia,sulla pista di Portimao e con le gomme Pirelli. I suoi risultati si possono considerare più che soddisfacenti. Torres ha in-fatti dimostrato un grande potenziale e ora spera

che a Jerez il meteo sia favorevole, per consen-tirgli di incrementare il feeling con la sua RSV4.

Ecco le dichiarazioni dei due piloti del team Aprilia Red DevilsLeon Haslam: «Di sicuro il tempo non è stato cle-mente nei nostri confronti in questi due giorni di test, ma sono comunque contento. Questo po-meriggio siamo stati veloci e sento crescere il fe-eling con la RSV4 giro dopo giro. C’è ancora mol-to lavoro da fare, ma non vedo l’ora di tornare in pista a Jerez per confermare i nostri progressi e puntare ad essere in forma per l’inizio del cam-pionato».

Jordi Torres: «Non posso che essere conten-to di quanto ho fatto oggi. Abbiamo sfruttato al meglio la mezza giornata con pista asciutta. Il

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feeling è già buono, la moto lavora alla grande ed il team è perfetto. Ora dobbiamo girare il più possibile, devo prendere confidenza con gomme nuove, moto nuova e, qui a Portimao, anche con una pista che non conoscevo. Chiudere i test a poco più di 2 secondi da un pilota esperto e velo-ce come Leon mi fa ben sperare, ora speriamo di trovare bel tempo a Jerez per continuare a cre-scere». La scivolata di ieri ha in parte condiziona-to le prestazioni di Max Biaggi nel secondo gior-no di prove, ma il sei volte campione del mondo è riuscito comunque a portare a termine 47 giri in totale, iniziando a lavorare allo sviluppo della RSV4 in versione 2015.Max Biaggi: «Il tempo a disposizione è stato

veramente poco e poi bisogna anche conside-rare che la scivolata di ieri mi ha un po’ limitato. Non sono ancora ai livelli di prestazione ottimali, ma abbiamo già iniziato a lavorare su alcuni det-tagli. Tornare in pista è sempre bello ma devo riprendere confidenza. Ho bisogno di girare di più e quindi speriamo di trovare bel tempo a Je-rez, per fare un bel lavoro». Secondo tempo per Alex Lowes, anche se a pari merito con Chaz Da-vies, in quanto i due inglesi hanno fatto segnare lo stesso crono di 1’44”0. Il giovane pilota della Suzuki ed il suo compagno di team, il francese Randy De Puniet, che ieri avevano percorso solo qualche giro di pista, oggi hanno invece mes-so in carniere rispettivamente 50 e 40 tornate.

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De Puniet ha proseguito il suo apprendistato sul-la GSX-R1000 potenziata Yoshimura, reso più complicato da una pista che non conosceva. I due hanno portato a termine un programma di lavoro che prevedeva lo sviluppo del nuovo mo-tore Suzuki in versione 2015, il test di una nuova frizione e di alcuni set up. A Portimao per la prima volta le Ducati Superbi-ke ufficiali hanno portato in pista il logo del nuovo sponsor Aruba.it. Alla guida delle loro nuove Pa-nigale, Davies e Giugliano hanno potuto testare alcune soluzioni elettroniche e nuove sospensio-ni. Nonostante il meteo avverso, i due sono riu-sciti a raccogliere dati importanti, ma anche loro sperano che tra pochi giorni a Jerez la pista sia asciutta ed il clima mite.

Davide Giugliano: «Sono stati due giorni di test compromessi dal maltempo. Abbiamo iniziato a lavorare sull’asciutto solo nel pomeriggio di oggi. E’ stato un primo assaggio con le moto in configurazione 2015. Ci siamo concentrati sulla ricerca di un set-up di base sia per l’elettronica che per la ciclistica, con gomme usurate non ci siamo mai preoccuparti più di tanto del tempo sul giro. Fortunatamente abbiamo altro due gior-ni di test a Jerez che ci serviranno per prepararci bene, prima di partire per Phillip Island. Speria-mo di trovare un buon meteo che ci consenta di lavorare per tutti e due i giorni».

Chaz Davies: «E’ stato bello ritornare in moto dopo la pausa invernale. Sfortunatamente il me-teo ha limitato il nostro lavoro e non abbiamo potuto valutare sino in fondo alcune nuove solu-zioni, in quanto le condizioni della pista non sono mai state perfette. Il feeling con la moto è comunque già buono e questo è positivo. A questo punto spero vera-mente di trovare delle buone condizioni meteo nel prossimo test di Jerez, per continuare a la-vorare e soprattutto per confrontarci con tutti gli altri team». Buone le prestazioni di Sylvain Barrier con la sua

S 1000RR in versione 2015. Il francese è stato costantemente veloce ed ha chiuso a soli tre de-cimi da Giugliano. Matteo Baiocco ha dimostra-to di trovarsi a suo agio sulla Panigale del team Althea, forte dei numerosi test svolti lo scorso anno con la bicilindrica di Borgo Panigale. Sta facendo un po fatica invece il suo compagno di colori Nico Terol che ha chiuso all’ultimo po-sto della classifica dei tempi, ma giustamente lo spagnolo proveniente dalla Moto2 ha sfruttato questi test per prendere confidenza con la sua nuova moto, senza badare al tempo sul giuro. Grazie a Niccolò Canepa nel team EBR si respira aria nuova. Il pilota genovese ha girato sullo stesso tempo di Torres. Dopo qualche giornata di prove svolte a dicem-bre in America, in questi due giorni Canepa ha dimostrato di poter dare una grande mano al suo team nello sviluppo di una moto che lo scorso anno si era messa in luce solo perché era sempre in fondo alla classifica. Il suo compagno di squadra nonché team ma-nager, l’americano Larry Pegram, si è limitato a prendere confidenza con la pista di Portimao. Leandro Mercado ha fatto ritorno in pista dopo la frattura al polso rimediata a novembre nei test di Jerez e giustamente non ha voluto forzare, specialmente sul bagnato, in quanto una caduta avrebbe potuto compromettere la sua parteci-pazione alle gare di Phillip Island. Leon Camier è tornato alla guida della MV F4 che aveva già utilizzato lo scorso anno nelle due gare americane di Laguna Seca (in sostituzione di Corti) ed ha iniziato quel lavoro di messa a punto che dovrebbe portare la moto di Schiranna a ri-sultati migliori rispetto a quelli ottenuti nel 2014. E ora qualche giorni di riposo per i piloti, che ri-saliranno in moto a Jerez il 26 e 27, quando tro-veranno in pista anche i team Kawasaki ed il Pata Honda Ten Kate. Sarà un gustoso anticipo dei test ufficiali austra-liani del 16 e 17 Febbraio e del successivo primo round mondiale.

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REA È IL PIÙ VELOCE NELLA PRIMA GIORNATA A JEREZdi Carlo Baldi | Kawasaki e Ducati davanti a tutti con il solo Lowes in grado di inserirsi nelle prime posizioni. Biaggi al lavoro sulla SBK di Noale. Test finiti per Guintoli caduto dopo soli 4 giri

L unedì 26 gennaio si è conclusa sul cir-cuito di Jerez de la Frontera in Spagna la prima delle due giornate di test alle quali prendono parte tutti i principali

team del campionato delle derivate dalla serie. Il più veloce è stato Jonathan Rea che solo nelle fasi finali è stato avvicinato da Alex Lowes, fermatosi a dodici millesimi dal miglior crono dell’inglese

della Kawasaki. Terzo posto per l’altra Kawasaki, quella del vice campione del mondo Tom Sykes, autore anche di una innocua scivolata. Dietro alle due verdone ed alla Suzuki di Lowes, trovia-mo i due alfieri della Ducati, con Giugliano che ha fatto meglio di Davies anche se per soli ventisei millesimi. Questi cinque piloti sono stati gli uni-ci a scendere sotto il muro del 1’42. I tempi delle

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prove vanno sempre presi con le molle, ma il “dre-am team” Kawasaki ha impressionato e solo nel finale, grazie ad un giro velocissimo, Alex Lowes ha interrotto la leadership delle moto di Akashi. Ma le Ducati non sono lontane ed entrambi i pilo-ti delle bicilindriche bolognesi si sono confermati molto veloci. Kawasaki e Ducati su tutti quindi, con il solo Lowes i grado di inserirsi al vertice, tra i piloti che hanno rotto il muro del 1’42. Sorride il team BMW con Sylvain Barrier. Nonostante una moto molto diversa da quella dello scorso anno, il giovane francese è risultato già molto veloce ed in grado di fare meglio di De Puniet e di Van der Mark (scivolato senza conseguenze nel tar-do pomeriggio) che domani sarà l’unico pilota Honda in pista, in quanto le condizioni di Guin-toli sono risultate peggiori di quanto potessero sembrare in un primo momento. Per il francese distorsione al rachide cervicale e contusione alla caviglia destra, che domani verrà sottoposta ad ulteriori controlli. Test finiti per il campione del mondo 2014, che domani farà ritorno a casa, nella speranza di riprendersi al meglio in tempo per l’Australia. Torres è stato il primo dei piloti Aprilia mentre Haslam ha percorso solo sei giri ed in seguito è stato fermo a lungo nel suo box. Rientrato in pista nel tardo pomeriggio, senza trasponder, Leon ha messo insieme una deci-ma di giri, il migliore dei quali in 1’42. Nel box a fianco di quello dei due piloti del team Aprilia Red Devils, hanno lavorato i tester Michael Laverty e Max Biaggi. Entrambi hanno testato nuovi accor-gimenti destinati sia alle Superbike che alle GP ed il miglior tempo (ufficioso) del sei volte cam-pione del mondo è stato di 1’42”190. E a proposi-to di GP, si è vista oggi in azione anche quella che dovrebbe essere la Kawasaki GP, guidata dallo svizzero Dominique Aegerter. E’ per ora solo una derivata dalla Ninja Superbike, ma rappresenta il primo passo verso quella che sarà la verdona che correrà in futuro nel campionato mondiale pro-totipi. Nel team Althea Ducati Matteo Baiocco è stato più veloce del suo compagno di squadra Nico Terol anche se per soli diciannove millesimi,

ma lo spagnolo si migliora costantemente e non ci stupiremmo di vederlo nelle posizioni alte della classifica già nelle due gare australiane, che tra meno di un mese apriranno il campionato 2015. Dietro alle due Ducati del team Althea troviamo quella del team Barni. Leandro “Tati” Mercado non avverte dolore al polso fratturato nella cadu-ta dei test di novembre proprio qui a Jerez, ma deve prendere maggiore confidenza con la Pani-gale in versione superbike. Chiudono la classifica odierna le due EBR di Canepa e Pegram. Rispetto allo scorso anno nel box delle bicilindriche ame-ricane si respira un’aria completamente diversa, ma per Canepa ed il “pilota manager” Pegram il lavoro da fare è ancora moltissimo.

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MOTOR BIKE EXPO HONDA HA PRESENTATO IL TEAM PATAdi Cristina Bacchetti | Sylvain Guintoli e Michael van der Mark, entrambi Campioni mondiali nel 2014, formano per il 2015 la squadra Honda Pata. Li abbiamo incontrati a Verona, dove ci hanno raccontato le loro aspettative per il 2015

I due piloti, entrambi Campioni del Mondo nel 2014 (SBK Guintoli, Supersport van de Mark), hanno già testato a Portiamo e Aragon le moto in configurazione 2015.

Nonostante le condizioni meteo avverse, en-trambi i piloti si sono dichiarati soddisfatti dello sviluppo della CBR1000RR Fireblade Pata SP, su

cui il Team olandese ha lavorato per rispondere ai requisiti tecnici richiesti dalle nuove normati-ve del regolamento 2015. Il Campione Superbike in carica, Guintoli, e il suo giovane compagno di squadra, van der Mark, torneranno in Spagna per due giorni di test a Jerez, lunedì 26 e martedì 27 gennaio.

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Sylvain GuintoliNegli anni scorsi la differenza tra Aprilia, Ka-wasaki e Honda era notevole in termini di com-petitività. Pensi che con le nuove regole SBK nel 2015 il divario sarà annullato?«Sì, credo proprio di sì. L’anno scorso la Honda non è affatto andata male, Rea è arrivato terzo in Campionato, ma è vero che su alcuni circuiti manca un po’ di potenza. Con le nuove regole saremo tutti un po’ più vicini in termini di presta-zioni.»

A fine stagione Aprilia aveva dichiarato che non sarebbe rimasta in SBK, ma ora pare abbia cambiato i suoi piani, visto che sarà presente con il Team Red Devils. Qualche rimpianto?«No, ho avuto una bella esperienza di due anni

con Aprilia e ne sono molto contento, ma quando è stato il momento di prendere una decisione per il 2015, dopo il titolo vinto nel 2014, non ho esita-to ad accettare questa nuova sfida e proverò a vincere anche con la Honda.»

Certo, dopo esserti aggiudicato il titolo con Aprilia, non sarebbe male replicare con Honda. Aspettative?«Riuscire a riconfermarsi non sarà facile, ma come ho già detto questa per me è una bella sfi-da, e spero di poter ottenere ottimi risultati an-che quest’anno.»

Cosa pensi del tuo nuovo compagno di squa-dra, van der Mark?«Van der Mark arriva dalla 600, è una new entry

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in Superbike ed è molto giovane, io ho un po’ di esperienza in più, quindi credo che saremo deci-samente un bel team e spero che lui abbia modo di crescere molto in fretta, per arrivare presto allo stesso livello. Siamo entrambi Campioni del Mondo, ma siamo due piloti molto diversi e credo che questo sia un bene per la squadra.»

Michael van der MarkHai già provato la Honda SBK, come ti è sem-brata la moto e com’è stato il salto dalla 600 al 1000?«Sì, ho avuto modo di provare la moto nei test che si sono appena conclusi, mi trovo molto bene e la moto è decisamente competitiva. Non vedo l’ora di scendere in pista e confrontarmi con gli avversari. Per quanto riguarda il salto di cilindrata,

ho guidato una Supersport per diversi anni, co-noscendola alla perfezione, due giri di pista ed ero in sintonia con la moto. Ovviamente con una Superbike il discorso è diverso, devo “prendere le misure” ma già mi trovo bene e la CBR mi pia-ce molto.»

Hai vinto il Mondiale Supersport e due volte la 8 ore di Suzuka. Il Team si aspetta indubbia-mente tanto da te per il 2015.«Sì, il Team ha delle aspettative, ma realistiche: sanno che nonostante le mie buone precedenti prestazioni non è comunque semplice andare subito forte in Superbike, quindi non ci si aspet-ta che io vinca la prima gara, ovvio, ma è molto tempo che lavoriamo insieme e sanno che posso rapidamente migliorare le mie performance per puntare presto ai primi posti.»

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Dopo molti anni l’Olanda può finalmente van-tare un pilota veloce e promettente in un Mon-diale. Più orgoglio o più responsabilità sulle spalle?«Non sento molto il peso della responsabilità. Vero che da molti anni non si sente il nome di un pilota olandese a questi livelli, ma è decisamen-te di più l’orgoglio di essere arrivato dove sono e aver riportato i colori olandesi in un Mondiale.»

Carlo FioraniCon i nuovi regolamenti della SBK ritieni che Honda possa lottare per il titolo?«Penso e spero di sì, il regolamento 2015 è più orientato alla produzione di serie e la nostra moto è sempre stata una delle più vicine alla serie. Abbiamo già fatto i primi test ad Aragon e Portimao e abbiamo visto che le prestazioni sono molto buone rispetto alla versione 2014. Gli altri dovranno abbassare le loro performance, per ri-spondere al nuovo regolamento, ma dobbiamo ovviamente aspettare la prima gara per capire quanto effettivamente possiamo essere compe-titivi e quanto bene siamo riusciti ad interpretare le nuove normative tecniche.»

Cosa puoi dirci riguardo la partecipazione di Honda Ten Kate nel Mondiale Supersport?«Siamo riusciti a mantenere il Team, nonostan-te il periodo difficile e nonostante la classe 600 abbia subito la crisi, quindi non è stato facile per noi ed eravamo tentati, dopo la vittoria di van der Mark, di chiudere in bellezza. Poi, in realtà, riteniamo che la 600 sia una classe comunque importante proprio perché fa nascere e cre-scere giovani piloti e nuovi talenti. Quindi, forse non è più molto interessante dal punto di vista commerciale, ma lo è ancora da un punto di vi-sta sportivo, perché rappresenta perfettamente l’anello di congiunzione tra la Superstock e la Superbike. Grazie all’aiuto di Pata, che ha este-so la sponsorizzazione anche quest’anno, siamo riusciti a mantenere il Team e proprio a testimo-nianza dell’impegno di Honda a crescere nuovi talenti, abbiamo scelto Kyle Smith che arriva da un percorso di trofei giovanili in Spagna, poi è passato alla Superstock con lo stesso Team che ha gestito la Junior Cup, l’abbiamo sempre “tenuto d’occhio” e ora parte dalla Supersport sperando di poter avere gli stessi risultati otte-nuti con van der Mark.»

SÌ, IL TEAM HA DELLE ASPETTATIVE, MA REALISTICHE: SANNO CHE NONOSTANTE LE MIE BUONE PRECEDENTI PRESTAZIONI NON È COMUNQUE SEMPLICE ANDARE SUBITO FORTE IN SUPERBIKE

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SUPERCROSSCANARD DOMINA A OAKLANDdi Massimo Zanzani | Prima vittoria stagionale del pilota Honda mentre Roczen cade e finisce 16°; debutto vincente anche per Stewart nella 250

S uspense e colpi di scena nella quarta prova Supercross che ha registrato la prima vittoria stagionale di Trey Canard e il passaggio al comando

del campionato dell’ufficiale KTM Ryan Dungey. La concitata finale 450 ha dopo aver infatti regi-strato l’holeshot di Andrew Short ha visto Chad Reed portarsi al comando e Ken Roczen strap-pargli la posizione nel corso del primo giro, an-che se però poco dopo l’ex iridato tedesco ha

mancato l’atterraggio da un triplo e dopo essere finito a terra è ripartito ultimo chiudendo la se-rata al 16° posto. Via libera quindi alla lotta per il gradino più alto del podio, che ha coinvolto Reed, il quale dopo la caduta del capoclassifica della Suzuki aveva ripreso le redini della situazione, e Canard verso il quale l’australiano nella gara pre-cedente aveva avuto un comportamento scor-retto tanto da essere stato squalificato. Al pilo-ta Honda sono comunque bastati pochi giri per

Motocross

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prendere il sopravvento ed involarsi verso la sua prima vittoria stagionale davanti a Dungey, auto-re di un bel recupero,che grazie al suo secondo posto consecutivo e alla defezione di Roczen, è passato in testa al campionato. «Non so che dire - ha commentato Canard - nei primi giri non pensavo che sarei riuscito ad arrivare sul podio, visto il ritmo che c’era. E’ stata lunga, ma alla fine la rimonta ha pagato e sono proprio contento del mio risultato». «Sono entusiasta di correre la prossima prova con la tabella rossa - ha invece

detto Dungey - mi sarebbe piaciuto vincere an-che la gara di oggi, ma sono contento che i miei consistenti risultati mi abbiano portato in testa al campionato. Il mio obbiettivo è continuare su questa strada e continuare a lavorare per la vittoria finale». Terza piazza per Reed, che si è lasciato alle spalle Eli Tomac, partito 7°, e Cole Seely. Prima affermazione dell’anno anche per Malcom Stewart, che si è aggiudicato la 250 Co-sta Ovest davanti al capoclassifica Cooper Webb e al pilota del Minnesota Alex Martin.

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SUPERCROSS ANAHEIM II, LE

FOTO PIÙ BELLESpettacolare secondo appuntamento ad Anaheim.

Ecco gli scatti più belli che raccontano la gara dentro e fuori dalla pista

di M. Zanzani

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